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L'accessibilità nel prossimo piano di azione: criticità e priorità di
intervento
Fabrizio Mezzalana
architetto - Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap: FISH Onlus
NOTA DELL'AUTORE: gli allegati a cui fa riferimento il testo sono tre file in pdf non accessibile (si
tratta di scansioni a immagine) che sono sempre scaricabili sulla pagina web
http://www.slideshare.net/fabmezzalana nella sezione "Documents".
Il primo Piano di Azione biennale per la disabilità, elaborato a seguito della IV Conferenza
Nazionale sulle Politiche della disabilità tenutasi a Bologna nel luglio 2013, individuava tre priorità
di intervento in materia di accessibilità e abbattimento delle barriere architettoniche:
• la riattivazione della Commissione di studio permanente (originariamente prevista dall'art.
12 del D.M. 236/89);
• la revisione e l'aggiornamento dei regolamenti tecnici in attesa di un complessivo riordino
ed aggiornamento normativo in tema di accessibilità;
• l'adeguamento dei programmi didattici scolastici ed universitari con l’attivazione degli
insegnamenti della progettazione universale e accessibilità.
Oggi ci troviamo a dover fare un bilancio su quanto è stato attuato e a definire le priorità delle
azioni in tema di accessibilità per il prossimo programma di azione.
Nei documenti preparatori di questa V Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità
(Firenze, 16 e 17 settembre 2016) il bilancio che emerge è netto e inequivocabile:
"nel biennio di riferimento del Programma biennale tali indicazioni non hanno fatto registrare alcun
avanzamento".
Ovvero, in tema di accessibilità, barriere architettoniche e progettazione universale la situazione è
rimasta ferma, immobile.
Non c'è stato quindi alcun miglioramento, in particolare per quanto riguarda l'accessibilità
architettonica.
Vale la pena ricordare che quanto indicato nel primo programma di azione e quanto sarà definito
nel secondo programma di azione biennale che la Conferenza di Firenze si appresta ad approvare,
sono le azioni che lo Stato Italiano si è impegnato e si impegnerà ad intraprendere a seguito della
ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite (Legge 18 del
2009).
Su questo processo di individuazione delle criticità e delle conseguenti azioni per implementare i
concetti di inclusione ed anti discriminazione della Convenzione, l'Osservatorio nazionale sulla
condizione delle persone con disabilità 1
, predispone il rapporto dettagliato per l'Italia sulle misure
1
L'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito dalla legge 3 marzo 2009, n. 18, ha
funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità
con la finalità di far evolvere e migliorare l'informazione sulla disabilità nel nostro paese e, nel contempo, di fornire un
contributo al miglioramento del livello di efficacia e di adeguatezza delle politiche. In particolare, l'Osservatorio opera
in ordine:
• alla promozione dell'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità,
siglata a New York il 13 dicembre 2006;
• alla predisposizione di un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle
persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale;
• alla promozione della raccolta di dati statistici e della realizzazione di studi e ricerche sul tema;
• alla predisposizione della relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità.
L'Osservatorio è presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, o dal Sottosegretario delegato. Si avvale
del supporto di una segreteria tecnica costituita nell'ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della
Direzione Generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
adottate ai sensi dell'art 35 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che viene
inviato alle Nazioni Unite.
L'analisi operata dal Gruppo di lavoro 6 dell'Osservatorio2
ci dice chiaramente che "lo stato
complessivo dell’attuazione in Italia degli articoli 9 e 21 della Convenzione (accessibilità e mobilità,
accesso all’informazione e alla comunicazione) appare fragile, disorganico, poco sviluppato e
soprattutto poco considerato".
Si sottolinea inoltre "l’assenza di indirizzi, di supporti nonché di una politica organica promossa dal
livello nazionale a quello locale" e "la scarsa conoscenza della progettazione universale da parte
dei tecnici".
La progettazione universale - strumento indicato dalla Convenzione per conseguire l'accessibilità -
rappresenta il punto di svolta tecnico e ancor prima culturale per il superamento del concetto di
barriera architettonica così come è presente nell'impianto normativo vigente.
Come sancito dalla Convenzione, è tramite la progettazione universale (e gli adattamenti
ragionevoli) che si ottiene l'accessibilità e quindi la possibilità di "assicurare alle persone con
disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti,
all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e
comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico, sia nelle aree urbane
che nelle aree rurali."
Normativa vigente e riferimenti tecnici
Attualmente ci troviamo ad operare in un contesto tecnico normativo obsoleto e decisamente non
in linea con il concetto di non discriminazione e accessibilità contenuti nella Convenzione.
La normativa vigente si basa su tre livelli di accessibilità (accessibilità, visitabilità e adattabilità)
determinati aprioristicamente su parametri teorici che si traducono in prescrizioni che consentono
alla persona con disabilità un'accessibilità condizionata, limitata solo ad alcuni ambienti e non
contemplano l'esigenza di progettare un luogo pienamente accessibile dove tutti possono - su
base di uguaglianza - esprimere la propria autonomia.
Questo approccio è stato chiaramente superato dalla Convenzione che l'obiettivo di promuovere,
proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà
fondamentali da parte delle persone con disabilità.
Se ci soffermiamo sulle indicazioni/prescrizioni tecniche tuttora vigenti (contenute nel D.M. 236/89)
appare evidente l'enorme distanza con la realtà attuale.
I minimi prescrittivi riguardanti pendenze, larghezze di porte e passaggi, raggiungibilità di terminali
elettrici, ecc. sono il frutto di ricerche effettuate intorno alla prima metà degli anni '80.
Questi studi, come ad esempio quello effettuato dalla Regione Lazio - Assessorato ai Lavori
Pubblici in collaborazione con il Dipartimento di Disegno Industriale della Facoltà di Architettura di
Roma "La Sapienza"3
(Figura 1: Copertina di uno dei quattro volumi pubblicati dall'Assessorato
Ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di
disabilità.
Nell'ambito dell'Osservatorio è istituito un Comitato tecnico scientifico con finalità di analisi e di indirizzo scientifico ed
operano Gruppi di lavoro con il compito di approfondire particolari tematiche.
Il Regolamento dell’Osservatorio è stato disciplinato con il Decreto Interministeriale del 6 luglio 2010 n. 167.
L'organismo si è dotato di un Regolamento Interno approvato il 16 dicembre 2010.
2
Al fine di approfondire particolari tematiche l’Osservatorio ha costituito, al suo interno, aree tematiche che coprono
tutti i principali ambiti di riferimento indicati dalla Convenzione. Qui il riferimento è al Gruppo 6: L’accessibilità
(informazione mobilità, servizi) nella prospettiva dell’Universal design
3
studio di ricerca e sperimentazione affidata ad Istituti Universitari nell'ambito del programma di interventi disposti
dall'art.10 della L.R. Regione Lazio 1/82.
Lo studio viene affidato - nelle sue articolazioni - con Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 02/03/1982 n. 1370,
Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 02/03/1982 n. 1371, Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 27/12/1983 n.
8090, Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 21/12/1984 n. 9116 e Deliberazione di G.R. Regione Lazio del
09/03/1985 n. 1329.
all'ambiente della Regione Lazio nel 1990 a seguito degli Studi di ricerca e sperimentazione delle
barriere architettoniche), mostrano oggi dei limiti che non sono compatibili con l'approccio culturale
ed i principi della Convenzione e con il concetto di progettazione universale.
Innanzi tutto sono focalizzati esclusivamente sulle disabilità motorie ed in particolare sulle persone
in carozzina: le sperimentazioni dirette vedono coinvolta una sola persona con disabilità motoria,
un giovane adulto, maschio, paraplegico in carrozzina (Figura 2: Immagini della sperimentazione
dove un giovane adulto paraplegico in carrozzina determina, alzando il braccio accanto a pannelli
graduati, le altezze per la raggiungibilità e manovrabilità dei impianti degli impianti).
Nello studio-sperimentazione citato viene individuato un modello di sedia a ruote con misure
"standard", la "più adatta e la più usata", partendo da un'analisi di mercato dei prodotti all'epoca in
commercio (Figura 3: le carrozzine prese in esame dalla sperimentazione attraverso una ricerca di
mercato sugli ausili dell'epoca, sedie a ruote che appaiono antiche ed obsolete paragonate a
quelle odierne).
Questi studi, comunque importanti per l'epoca, hanno prodotto indicazioni per disabili "standard" e
tali indicazioni fanno parte del corpus normativo e regolamentale vigente.
Tutto ciò mentre il resto del mondo (anche quello del mercato degli ausili) si è mosso verso una
sempre maggiore personalizzazione delle soluzioni e dei prodotti in modo da rispondere alle
specifiche esigenze della singola persona con disabilità.
Oggi è consolidato il concetto che la misura di una sedia a ruote dipenda innanzi tutto dalle
dimensioni e dalle caratteristiche della persona che la userà e poi da che tipo di utilizzo ne farà
(come per le scarpe: chi ha il piede più grande sceglierà il numero di scarpe più grande).
Enormi sono stati i miglioramenti tecnologici, ad esempio nel campo delle sedie a ruote
elettroniche, con sistemi di comando altamente tecnologici, che permettono oggi un'autonoma
mobilità a persone che 30 anni fa sarebbero state completamente dipendenti da un assistente così
come sono sempre più efficaci (e attenti all'estetica) gli ausili per i bambini con disabilità.
Tutta questa diversità (solo nel campo delle disabilità motorie) che trova oggi spazio e ricerca
accessibilità ed autonomia non è conosciuta ne contemplata dagli strumenti normativi vigenti.
Un esempio su tutti: con i regolamenti vigenti il bagno accessibile ha dimensioni e spazi di
manovra "standard" a prescindere che si trovi in una scuola elementare (dove forse potrà andar
bene per il maestro su sedia a ruote ma non certamente per lo studente con disabilità) o in una
stazione ferroviaria.
Mentre per le persone con disabilità motoria, i minimi prescrittivi nei regolamenti vigenti sono ormai
vecchi e superati, per le persone con altri tipi di disabilità non esistono proprio indicazioni per la
realizzazione di spazi ed edifici accessibili adatti alle loro esigenze: sono trascurabili e ridotte a
poco più che un accenno le indicazioni per il superamento delle barriere percettive per le persone
con disabilità visiva; del tutto assenti i riferimenti tecnici per l'accessibilità per le persone con
disabilità uditiva (Figura 4: foto scattata durante il Convegno “MI RIGUARDA, C’È UNA PERSONA
SORDA”organizzato dalla Fiadda Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi
a Roma il 1 – 4 Settembre 2016; nella foto sono visibili diversi giovani in platea con disabilità
uditive sui quali sono visibili apparecchi acustici e impianti cocleari).
Per non parlare delle persone con disabilità intellettive e relazionale per le quali esistono diversi
studi che mettono in relazione le loro risposte funzionali e relazionali con le caratteristiche
dell'ambiente che li circonda.
Contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici esistenti
E' nel campo dei contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici esistenti
che, purtroppo, si registrano addirittura dei passi indietro rispetto agli anni passati.
La Legge 13/89 prevede che la persona con disabilità possa richiedere contributi a fondo perduto
per realizzare opere finalizzate all'eliminazione delle barriere architettoniche nell'abitazione ove ha
"stabile dimora".
Oltre ai continui problemi di finanziamento (complicati dalla sovrapposizione di competenze Stato-
Regioni) molti sono stati i problemi interpretativi soprattutto da parte dei Comuni con i quali il
Le ricerche sono state pubblicate dall'Assessorato all'ambiente della Regione Lazio in quattro volumi nel 1990, dopo la
pubblicazione del D.M. 236/89
cittadino con disabilità entra in contatto per presentare la richiesta ed ottenere l'erogazione del
contributo.
La Commissione di studio permanente4
, in particolare dalla fine del 2009 all'estate del 2012, ha
preso in esame molti quesiti inoltrati dai Comuni italiani ed ha elaborato pareri di indirizzo
sull'interpretazione normativa che chiariscono diversi aspetti sulle modalità di richiesta e di
ottenimento dei contributi.
Ad esempio si chiarisce che la persona con disabilità che non abbia ancora la residenza
nell'abitazione nella quale deve realizzare le opere di abbattimento delle barriere architettoniche
(caso classico di una persona che acquista una nuova casa e deve rimuovere le barriere per
poterci andare a vivere) può inoltrare la domanda che può essere accettata dal Comune che avrà
la possibilità di verificare l'effettiva e stabile dimora prima di erogare il contributo.
Allo stesso modo la Commissione chiarisce che - visti i tempi molto lunghi tra la richiesta e
l'ottenimento del contributo5
(Figura 5: schermata del sito del Comune di Roma sullo stato dei
finanziamenti dei contributi ex Legge 13/89: vi si legge che nel 2013 stati accreditati i fondi per
liquidare le domande presentate tra il 2006 ed il 2007. Vedi anche Allegato A)- anche gli eredi di
persone con disabilità che ne avessero fatto richiesta e che siano deceduti prima dell'ottenimento
del contributo possano beneficiarne.
I pareri emessi venivano poi pubblicati su una pagina apposita del sito del Ministero delle
Infrastrutture e messi a disposizione dei cittadini e delle istituzioni locali.
Questo lavoro di analisi dei quesiti inviati dai Comuni ha consentito in quegli anni di dare una
interpretazione ragionevole e coerente in tutto il territorio nazionale superando le discrasie
derivanti da interpretazioni parziali e locali (vedi allegato B).
Nel 2012 pur non comportando costi, la Commissione viene sciolta (dal Governo Monti) insieme ad
altre centinaia di altre commissioni ministeriali.
Da quel momento è stata anche cancellata la pagina web con i pareri e - chiaramente - non c'è più
un punto di riferimento istituzionale per orientare gli enti locali nell'interpretazione delle norme
vigenti.
Pur chiarendo che la Commissione non aveva un potere vincolante ma di orientamento, il suo
ruolo di punto di riferimento nel raccogliere i dubbi interpretativi degli enti locali risultava
determinante da un lato per dare un'interpretazione aggiornata e più legata alle condizioni attuali
delle persona con disabilità e dall'altro per elaborare proposte di aggiornamento e di modifica
normativa (compito questo attribuitogli già dall’art. 12 del D.M. 14 giugno 1989, n. 236).
In questa totale assenza di un organismo ufficiale ed autorevole di riferimento su una materia così
complessa, accade che ad esempio vengano respinte le domande per la richiesta dei contributi per
tutti quelli che non abbiano la "stabile dimora" nell'appartamento nel quale, se non rimuovono le
barriere, non possono andarci a vivere (vedi allegato C) .
Dietro questi rifiuti come "non avente titolo" non è difficile riconoscere un'idea vecchia,
discriminante e ghettizzante della persona con disabilità che possiamo concepire rinchiuso e
confinato nella propria abitazione o in un istituto (e in questi casi gli si riconosce il diritto di
accedere al contributo pubblico) ma a cui la legge sembra quasi non riconoscergli la possibilità di
essere un cittadino come gli altri che possa addirittura comprarsi una nuova casa ed andarci ad
abitare. Magari anche da solo! Altro che pieno ed uguale godimento dei diritti della Convenzione.
4
già istituita in attuazione dell’articolo 12 del decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236 e riattivata con decreto n.
B3/1/792 del 15 ottobre 2004 del Ministro delle infrastrutture dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. La Commissione è stata ricostituita su base paritetica tra
lo Stato e le Regioni e Province Autonome e ne facevano parte rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti e del Consiglio Superiore dei lavori pubblici (3), del Ministero dell’economia e delle finanze (1), del Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali (1), della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome (5) e
con la partecipazione in qualità di esperti dei rappresentanti delle maggiori associazioni di categorie interessate (FAND
e FISH).
La Commissione è stata sciolta dal Governo Monti nel 2012 insieme ad altre Commissioni ministeriali.
5
ad oggi - preso come esempio il Comune di Roma - le informazioni ufficiali sulla liquidazione dei contributi sono
aggiornate ad aprile 2013 quando sono state liquidate un totale di 26 richieste presentate tra gli anni 2004 e 2006, per
un totale di 158.450,94€.
Accessibilità e istruzione
Altro tema dolente è il rapporto tra disabilità ed il mondo della scuola e dell'università.
Ancora oggi sono pochissime le università dove, nelle facoltà tecniche, si trattino sia pure
limitatamente temi specifici sulla progettazione universale e l'accessibilità.
Nelle scuole tecniche superiori la situazione è la stessa.
Le sporadiche esperienze di professori ed insegnanti che affrontano il tema dell'accessibilità
avviene sempre in un contesto marginale, di iniziative personali mosse da passione ed
interessamento diretto, a volte sopportato e più spesso osteggiato dall'istituzione scolastica nel
suo complesso.
Negli anni passati ci sono stati alcuni disegni di legge che si muovevano in tal senso ma che, per
vari motivi, non sono approdati a nulla di buono.
La critica che viene mossa a coloro che richiedono che la progettazione universale sia parte
integrante del curriculum scolastico di un tecnico è sempre la stessa: tutti vorrebbero che gli
argomenti che gli stanno a cuore venissero insegnati nelle scuole e nelle università.
Occorre però tenere sempre presente che l'accessibilità impatta con il corpo e la vita di milioni di
persone, che la mancanza di vera accessibilità ha costi economici e sociali enormi, che la
progettazione universale può essere un'importante opportunità individuale e collettiva e -
soprattutto - che la ratifica della Convenzione significa aver scelto consapevolmente di affrontare
questo tema in termini di diritti umani.
La costruzione e la diffusione di un sapere efficace e condiviso non può non passare attraverso il
coinvolgimento delle istituzioni preposte all'educazione.
Accessibilità e partecipazione
Tra gli obblighi generali contenuti nella Convenzione che gli Stati si impegnano ad attuare c'è il
coinvolgimento attivo delle persone con disabilità attraverso le loro organizzazioni rappresentative:
Articolo 4. Obblighi generali
(...)
3. Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la
presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le
persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le
persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni
rappresentative. (...)
Questo concetto di partecipazione attiva è un tema a lungo promosso6
che nel 2003 diventa lo
slogan dell'anno europeo delle persone con disabilità: "Niente su di noi, senza di noi".
La filosofia di base che sta dietro al motto "Niente su di noi senza di noi è che nessuno meglio di‟
chi vive una certa condizione è capace di descriverla e di esprimere bisogni e necessità ad essa
correlati.
Ma non solo.
"Niente su di noi senza di noi è un metodo ed un contenuto nel cammino della promozione dei‟
diritti: la società inclusiva si può realizzare solo coinvolgendo le persone escluse nelle decisioni
che le riguardano, proprio come sancito nell'art. 4 comma 3 della Convenzione.
Una partecipazione attiva e responsabile che non deve essere limitata allo scambio di informazioni
o all'accettazione di decisioni già prese da altri ma presente ed operante in ogni fase del processo,
tale da consentire alle persone con disabilità ed alle loro organizzazioni di contribuire alla
pianificazione, applicazione, supervisione e valutazione di tutte le attività.
6
Superando.it - Fu il primo a dire al mondo “Niente su di Noi senza di Noi”di Giampiero Griffo - 22 gennaio 2016.
http://www.superando.it/2016/01/22/fu-il-primo-a-dire-al-mondo-niente-su-di-noi-senza-di-noi/
In questo modo le persone con disabilità affermano con forza di ritenersi esperti di se stessi, di non
aver bisogno di tutori legali, politici, tecnici od esperti esterni ai quali delegare le questioni che
riguardano la propria esistenza.
A ben vedere questo concetto di partecipazione ha un fondamento anche tecnico: se guardiamo
anche al recente passato - accanto ad un sostanziale disinteressa delle istituzioni deputate alla
ricerca scientifica e tecnologica - è stato grazie all'attività delle associazioni che sono stati compiuti
grande miglioramenti e passi avanti nel campo degli ausili, delle tecniche riabilitative, delle
tecnologie assitive, delle soluzioni per l'accessibilità e l'autonomia.
Si è creato così un sapere tecnico ed una capacità di approccio al tema dell'inclusione delle
persone con disabilità che risulta oggettivamente non riscontrabile altrove.
Tutti gli interlocutori politici, istituzionali, tecnici e professionali devono sapere chiaramente che le
persone con disabilità e le loro associazioni sono mature ed in grado di garantire opzioni tecniche
dello spessore necessario ad affrontare le questioni più complesse. Questo significa possedere
conoscenza, esperienza e competenza non riscontrabile altrove: il beneficio della modalità
partecipativa si estende quindi anche nella possibilità di sviluppare ed accrescere conoscenze e
competenze nei diversi settori tecnici e sociali.
Dal 2003 questo concetto è stato assorbito dagli interlocutori istituzionali che hanno cominciato a
costruire forme di partecipazione di concerto con le associazioni, prevedendo all'interno del
concetto generale di stakeholder la presenza di referenti privilegiati, portatori di competenze ed
esperienze non presenti altrove: esempio concreto è l'Osservatorio stesso, la composizione del
Comitato tecnico scientifico e quella dei diversi gruppi di lavoro.
A questo processo si è affiancato negli anni un cammino di maggiore consapevolezza delle
associazioni dei disabili, di responsabilizzazione rispetto alle diverse disabilità al loro interno e di
capacità di interlocuzione e di sintesi delle necessità e delle soluzioni proposte.
In questi ultimi anni questo riconoscimento di competenze e questo approccio di partecipazione
attiva e consapevole sembra subire qualche preoccupante indebolimento.
Sono sempre più numerosi - sia a livello locale che nazionale - esempi di partecipazione che si
limitano all'adozione dello strumento della "partecipazione on-line".
Un gruppo di esperti elabora ad esempio un documento tecnico che poi viene caricato su una
pagina web per un periodo di tempo limitato durante il quale il cittadino può esprimere la propria
opinione, proporre modifiche o integrazioni scrivendo una mail.
Chiusa la fase di consultazione pubblica il gruppo di esperti (secondo modalità che spesso non è
dato sapere) accoglierà le modifiche che riterrà opportune prima di licenziare il testo.
Cosa non va in questo processo?
Il concetto di "uno vale uno" può portare a delle storture e criticità significative:
• tutti i cittadini possono partecipare a definire misure che riguardano solo una parte di essi e
questo appare particolarmente pericoloso a fronte di una società che ancora oggi è alla
ricerca del pieno riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità (e per questo decide
di ratificare la Convenzione impegnandosi nell'applicarla);
• l'approccio iniziale (ad esempio nella stesura del documento tecnico) viene comunque
affidato ad un "esperto" che può non avere le appropriate competenze e produrre già nelle
primissime fasi del processo un documento che poi risulta difficile da migliorare con dei
semplici emendamenti;
• spesso il gruppo di esperti contatta informalmente persone con disabilità in modo non
strutturato e in base a criteri estemporanei (la conoscenza diretta, la disponibilità personale
in un dato momento, ecc.): la capacità di queste persone di parlare per se e per gli altri,
magari con esigenze diverse da quelle proprie, non è chiaramente riscontrabile in alcun
modo
• con questa modalità si perde l'opportunità di scambio - su base di reciproco riconoscimento
- di competenze ed approcci che nei gruppi di lavoro più strutturati e paritari rappresenta il
vero valore aggiunto del processo di partecipazione
Questi sono solo alcuni dei problemi derivanti dall'adozione di un processo partecipativo
semplificato; esiste molta letteratura su come condurre processi partecipativi, sui rischi e sulle
possibilità nell'adottare un metodo piuttosto che un altro.
Il ricorso alla consultazione on-line non è di per se negativo se inteso come uno strumento di un
processo più strutturato basato sul reciproco riconoscimento e sulla condivisione dell'obiettivo
comune dell'effettiva inclusione.
Le priorità per il prossimo Piano di Azione
Come detto i problemi di implementazione dei principi di accessibilità della Convenzione presenti
nel primo Piano di azione non sono stati affrontati in questi anni.
Il giudizio negativo espresso dal Gruppo di lavoro dell'Osservatorio ci impone di definire le priorità
di intervento per il prossimo biennio e richiederne con urgenza la loro applicazione, consapevoli
che sarà un percorso non facile che va però incardinato su alcuni punti chiave imprescindibili.
Limitandoci qui ai temi della progettazione universale e all'accessibilità di spazi ed edifici occorre
innanzi tutto:
• elaborare una strategia nazionale sul tema dell’accessibilità, che dovrà prevedere
l’ammodernamento complessivo della normativa di riferimento in materia di accessibilità e
barriere architettoniche e senso-percettive
• ricostituire un organismo paritetico che, sul modello della Commissione già prevista con il
d.m. 14 giugno 1989, n. 236, sia in grado di interloquire con i diversi livelli di gestione e
soggetti interessati, attuando un necessario coordinamento interistituzionale, di
promuovere e coordinare le iniziative di adeguamento normativo e tecnico, fornire azioni di
supporto e orientamento alle amministrazioni pubbliche e ai privati per l’attuazione della
normativa, anche attraverso l’elaborazione di Linee guida tecniche
• implementare lo studio della tecnica e della tecnologia atte a realizzare la progettazione
universale e l’accessibilità nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado
a indirizzo tecnico e nell'ambito degli insegnamenti impartiti presso le università
• definire ed applicare metodi e processi di partecipazione chiari, strutturati ed efficaci con le
persone con disabilità attraverso le loro associazioni
Queste priorità dovranno costituire gli assi portanti sui quali basare le azioni specifiche di tipo
legislativo, amministrativo (programmatorio ed operativo) da attuare.
15 settembre 2016

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CONFERENZA NAZIONALE DISABILITA' 2016 L'accessibilità nel prossimo piano di azione: criticità e priorità di intervento - SOLO TESTO

  • 1. L'accessibilità nel prossimo piano di azione: criticità e priorità di intervento Fabrizio Mezzalana architetto - Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap: FISH Onlus NOTA DELL'AUTORE: gli allegati a cui fa riferimento il testo sono tre file in pdf non accessibile (si tratta di scansioni a immagine) che sono sempre scaricabili sulla pagina web http://www.slideshare.net/fabmezzalana nella sezione "Documents". Il primo Piano di Azione biennale per la disabilità, elaborato a seguito della IV Conferenza Nazionale sulle Politiche della disabilità tenutasi a Bologna nel luglio 2013, individuava tre priorità di intervento in materia di accessibilità e abbattimento delle barriere architettoniche: • la riattivazione della Commissione di studio permanente (originariamente prevista dall'art. 12 del D.M. 236/89); • la revisione e l'aggiornamento dei regolamenti tecnici in attesa di un complessivo riordino ed aggiornamento normativo in tema di accessibilità; • l'adeguamento dei programmi didattici scolastici ed universitari con l’attivazione degli insegnamenti della progettazione universale e accessibilità. Oggi ci troviamo a dover fare un bilancio su quanto è stato attuato e a definire le priorità delle azioni in tema di accessibilità per il prossimo programma di azione. Nei documenti preparatori di questa V Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità (Firenze, 16 e 17 settembre 2016) il bilancio che emerge è netto e inequivocabile: "nel biennio di riferimento del Programma biennale tali indicazioni non hanno fatto registrare alcun avanzamento". Ovvero, in tema di accessibilità, barriere architettoniche e progettazione universale la situazione è rimasta ferma, immobile. Non c'è stato quindi alcun miglioramento, in particolare per quanto riguarda l'accessibilità architettonica. Vale la pena ricordare che quanto indicato nel primo programma di azione e quanto sarà definito nel secondo programma di azione biennale che la Conferenza di Firenze si appresta ad approvare, sono le azioni che lo Stato Italiano si è impegnato e si impegnerà ad intraprendere a seguito della ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite (Legge 18 del 2009). Su questo processo di individuazione delle criticità e delle conseguenti azioni per implementare i concetti di inclusione ed anti discriminazione della Convenzione, l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità 1 , predispone il rapporto dettagliato per l'Italia sulle misure 1 L'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito dalla legge 3 marzo 2009, n. 18, ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità con la finalità di far evolvere e migliorare l'informazione sulla disabilità nel nostro paese e, nel contempo, di fornire un contributo al miglioramento del livello di efficacia e di adeguatezza delle politiche. In particolare, l'Osservatorio opera in ordine: • alla promozione dell'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata a New York il 13 dicembre 2006; • alla predisposizione di un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale; • alla promozione della raccolta di dati statistici e della realizzazione di studi e ricerche sul tema; • alla predisposizione della relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità. L'Osservatorio è presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, o dal Sottosegretario delegato. Si avvale del supporto di una segreteria tecnica costituita nell'ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione Generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
  • 2. adottate ai sensi dell'art 35 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che viene inviato alle Nazioni Unite. L'analisi operata dal Gruppo di lavoro 6 dell'Osservatorio2 ci dice chiaramente che "lo stato complessivo dell’attuazione in Italia degli articoli 9 e 21 della Convenzione (accessibilità e mobilità, accesso all’informazione e alla comunicazione) appare fragile, disorganico, poco sviluppato e soprattutto poco considerato". Si sottolinea inoltre "l’assenza di indirizzi, di supporti nonché di una politica organica promossa dal livello nazionale a quello locale" e "la scarsa conoscenza della progettazione universale da parte dei tecnici". La progettazione universale - strumento indicato dalla Convenzione per conseguire l'accessibilità - rappresenta il punto di svolta tecnico e ancor prima culturale per il superamento del concetto di barriera architettonica così come è presente nell'impianto normativo vigente. Come sancito dalla Convenzione, è tramite la progettazione universale (e gli adattamenti ragionevoli) che si ottiene l'accessibilità e quindi la possibilità di "assicurare alle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali." Normativa vigente e riferimenti tecnici Attualmente ci troviamo ad operare in un contesto tecnico normativo obsoleto e decisamente non in linea con il concetto di non discriminazione e accessibilità contenuti nella Convenzione. La normativa vigente si basa su tre livelli di accessibilità (accessibilità, visitabilità e adattabilità) determinati aprioristicamente su parametri teorici che si traducono in prescrizioni che consentono alla persona con disabilità un'accessibilità condizionata, limitata solo ad alcuni ambienti e non contemplano l'esigenza di progettare un luogo pienamente accessibile dove tutti possono - su base di uguaglianza - esprimere la propria autonomia. Questo approccio è stato chiaramente superato dalla Convenzione che l'obiettivo di promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità. Se ci soffermiamo sulle indicazioni/prescrizioni tecniche tuttora vigenti (contenute nel D.M. 236/89) appare evidente l'enorme distanza con la realtà attuale. I minimi prescrittivi riguardanti pendenze, larghezze di porte e passaggi, raggiungibilità di terminali elettrici, ecc. sono il frutto di ricerche effettuate intorno alla prima metà degli anni '80. Questi studi, come ad esempio quello effettuato dalla Regione Lazio - Assessorato ai Lavori Pubblici in collaborazione con il Dipartimento di Disegno Industriale della Facoltà di Architettura di Roma "La Sapienza"3 (Figura 1: Copertina di uno dei quattro volumi pubblicati dall'Assessorato Ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità. Nell'ambito dell'Osservatorio è istituito un Comitato tecnico scientifico con finalità di analisi e di indirizzo scientifico ed operano Gruppi di lavoro con il compito di approfondire particolari tematiche. Il Regolamento dell’Osservatorio è stato disciplinato con il Decreto Interministeriale del 6 luglio 2010 n. 167. L'organismo si è dotato di un Regolamento Interno approvato il 16 dicembre 2010. 2 Al fine di approfondire particolari tematiche l’Osservatorio ha costituito, al suo interno, aree tematiche che coprono tutti i principali ambiti di riferimento indicati dalla Convenzione. Qui il riferimento è al Gruppo 6: L’accessibilità (informazione mobilità, servizi) nella prospettiva dell’Universal design 3 studio di ricerca e sperimentazione affidata ad Istituti Universitari nell'ambito del programma di interventi disposti dall'art.10 della L.R. Regione Lazio 1/82. Lo studio viene affidato - nelle sue articolazioni - con Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 02/03/1982 n. 1370, Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 02/03/1982 n. 1371, Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 27/12/1983 n. 8090, Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 21/12/1984 n. 9116 e Deliberazione di G.R. Regione Lazio del 09/03/1985 n. 1329.
  • 3. all'ambiente della Regione Lazio nel 1990 a seguito degli Studi di ricerca e sperimentazione delle barriere architettoniche), mostrano oggi dei limiti che non sono compatibili con l'approccio culturale ed i principi della Convenzione e con il concetto di progettazione universale. Innanzi tutto sono focalizzati esclusivamente sulle disabilità motorie ed in particolare sulle persone in carozzina: le sperimentazioni dirette vedono coinvolta una sola persona con disabilità motoria, un giovane adulto, maschio, paraplegico in carrozzina (Figura 2: Immagini della sperimentazione dove un giovane adulto paraplegico in carrozzina determina, alzando il braccio accanto a pannelli graduati, le altezze per la raggiungibilità e manovrabilità dei impianti degli impianti). Nello studio-sperimentazione citato viene individuato un modello di sedia a ruote con misure "standard", la "più adatta e la più usata", partendo da un'analisi di mercato dei prodotti all'epoca in commercio (Figura 3: le carrozzine prese in esame dalla sperimentazione attraverso una ricerca di mercato sugli ausili dell'epoca, sedie a ruote che appaiono antiche ed obsolete paragonate a quelle odierne). Questi studi, comunque importanti per l'epoca, hanno prodotto indicazioni per disabili "standard" e tali indicazioni fanno parte del corpus normativo e regolamentale vigente. Tutto ciò mentre il resto del mondo (anche quello del mercato degli ausili) si è mosso verso una sempre maggiore personalizzazione delle soluzioni e dei prodotti in modo da rispondere alle specifiche esigenze della singola persona con disabilità. Oggi è consolidato il concetto che la misura di una sedia a ruote dipenda innanzi tutto dalle dimensioni e dalle caratteristiche della persona che la userà e poi da che tipo di utilizzo ne farà (come per le scarpe: chi ha il piede più grande sceglierà il numero di scarpe più grande). Enormi sono stati i miglioramenti tecnologici, ad esempio nel campo delle sedie a ruote elettroniche, con sistemi di comando altamente tecnologici, che permettono oggi un'autonoma mobilità a persone che 30 anni fa sarebbero state completamente dipendenti da un assistente così come sono sempre più efficaci (e attenti all'estetica) gli ausili per i bambini con disabilità. Tutta questa diversità (solo nel campo delle disabilità motorie) che trova oggi spazio e ricerca accessibilità ed autonomia non è conosciuta ne contemplata dagli strumenti normativi vigenti. Un esempio su tutti: con i regolamenti vigenti il bagno accessibile ha dimensioni e spazi di manovra "standard" a prescindere che si trovi in una scuola elementare (dove forse potrà andar bene per il maestro su sedia a ruote ma non certamente per lo studente con disabilità) o in una stazione ferroviaria. Mentre per le persone con disabilità motoria, i minimi prescrittivi nei regolamenti vigenti sono ormai vecchi e superati, per le persone con altri tipi di disabilità non esistono proprio indicazioni per la realizzazione di spazi ed edifici accessibili adatti alle loro esigenze: sono trascurabili e ridotte a poco più che un accenno le indicazioni per il superamento delle barriere percettive per le persone con disabilità visiva; del tutto assenti i riferimenti tecnici per l'accessibilità per le persone con disabilità uditiva (Figura 4: foto scattata durante il Convegno “MI RIGUARDA, C’È UNA PERSONA SORDA”organizzato dalla Fiadda Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi a Roma il 1 – 4 Settembre 2016; nella foto sono visibili diversi giovani in platea con disabilità uditive sui quali sono visibili apparecchi acustici e impianti cocleari). Per non parlare delle persone con disabilità intellettive e relazionale per le quali esistono diversi studi che mettono in relazione le loro risposte funzionali e relazionali con le caratteristiche dell'ambiente che li circonda. Contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici esistenti E' nel campo dei contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici esistenti che, purtroppo, si registrano addirittura dei passi indietro rispetto agli anni passati. La Legge 13/89 prevede che la persona con disabilità possa richiedere contributi a fondo perduto per realizzare opere finalizzate all'eliminazione delle barriere architettoniche nell'abitazione ove ha "stabile dimora". Oltre ai continui problemi di finanziamento (complicati dalla sovrapposizione di competenze Stato- Regioni) molti sono stati i problemi interpretativi soprattutto da parte dei Comuni con i quali il Le ricerche sono state pubblicate dall'Assessorato all'ambiente della Regione Lazio in quattro volumi nel 1990, dopo la pubblicazione del D.M. 236/89
  • 4. cittadino con disabilità entra in contatto per presentare la richiesta ed ottenere l'erogazione del contributo. La Commissione di studio permanente4 , in particolare dalla fine del 2009 all'estate del 2012, ha preso in esame molti quesiti inoltrati dai Comuni italiani ed ha elaborato pareri di indirizzo sull'interpretazione normativa che chiariscono diversi aspetti sulle modalità di richiesta e di ottenimento dei contributi. Ad esempio si chiarisce che la persona con disabilità che non abbia ancora la residenza nell'abitazione nella quale deve realizzare le opere di abbattimento delle barriere architettoniche (caso classico di una persona che acquista una nuova casa e deve rimuovere le barriere per poterci andare a vivere) può inoltrare la domanda che può essere accettata dal Comune che avrà la possibilità di verificare l'effettiva e stabile dimora prima di erogare il contributo. Allo stesso modo la Commissione chiarisce che - visti i tempi molto lunghi tra la richiesta e l'ottenimento del contributo5 (Figura 5: schermata del sito del Comune di Roma sullo stato dei finanziamenti dei contributi ex Legge 13/89: vi si legge che nel 2013 stati accreditati i fondi per liquidare le domande presentate tra il 2006 ed il 2007. Vedi anche Allegato A)- anche gli eredi di persone con disabilità che ne avessero fatto richiesta e che siano deceduti prima dell'ottenimento del contributo possano beneficiarne. I pareri emessi venivano poi pubblicati su una pagina apposita del sito del Ministero delle Infrastrutture e messi a disposizione dei cittadini e delle istituzioni locali. Questo lavoro di analisi dei quesiti inviati dai Comuni ha consentito in quegli anni di dare una interpretazione ragionevole e coerente in tutto il territorio nazionale superando le discrasie derivanti da interpretazioni parziali e locali (vedi allegato B). Nel 2012 pur non comportando costi, la Commissione viene sciolta (dal Governo Monti) insieme ad altre centinaia di altre commissioni ministeriali. Da quel momento è stata anche cancellata la pagina web con i pareri e - chiaramente - non c'è più un punto di riferimento istituzionale per orientare gli enti locali nell'interpretazione delle norme vigenti. Pur chiarendo che la Commissione non aveva un potere vincolante ma di orientamento, il suo ruolo di punto di riferimento nel raccogliere i dubbi interpretativi degli enti locali risultava determinante da un lato per dare un'interpretazione aggiornata e più legata alle condizioni attuali delle persona con disabilità e dall'altro per elaborare proposte di aggiornamento e di modifica normativa (compito questo attribuitogli già dall’art. 12 del D.M. 14 giugno 1989, n. 236). In questa totale assenza di un organismo ufficiale ed autorevole di riferimento su una materia così complessa, accade che ad esempio vengano respinte le domande per la richiesta dei contributi per tutti quelli che non abbiano la "stabile dimora" nell'appartamento nel quale, se non rimuovono le barriere, non possono andarci a vivere (vedi allegato C) . Dietro questi rifiuti come "non avente titolo" non è difficile riconoscere un'idea vecchia, discriminante e ghettizzante della persona con disabilità che possiamo concepire rinchiuso e confinato nella propria abitazione o in un istituto (e in questi casi gli si riconosce il diritto di accedere al contributo pubblico) ma a cui la legge sembra quasi non riconoscergli la possibilità di essere un cittadino come gli altri che possa addirittura comprarsi una nuova casa ed andarci ad abitare. Magari anche da solo! Altro che pieno ed uguale godimento dei diritti della Convenzione. 4 già istituita in attuazione dell’articolo 12 del decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236 e riattivata con decreto n. B3/1/792 del 15 ottobre 2004 del Ministro delle infrastrutture dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. La Commissione è stata ricostituita su base paritetica tra lo Stato e le Regioni e Province Autonome e ne facevano parte rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Consiglio Superiore dei lavori pubblici (3), del Ministero dell’economia e delle finanze (1), del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (1), della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome (5) e con la partecipazione in qualità di esperti dei rappresentanti delle maggiori associazioni di categorie interessate (FAND e FISH). La Commissione è stata sciolta dal Governo Monti nel 2012 insieme ad altre Commissioni ministeriali. 5 ad oggi - preso come esempio il Comune di Roma - le informazioni ufficiali sulla liquidazione dei contributi sono aggiornate ad aprile 2013 quando sono state liquidate un totale di 26 richieste presentate tra gli anni 2004 e 2006, per un totale di 158.450,94€.
  • 5. Accessibilità e istruzione Altro tema dolente è il rapporto tra disabilità ed il mondo della scuola e dell'università. Ancora oggi sono pochissime le università dove, nelle facoltà tecniche, si trattino sia pure limitatamente temi specifici sulla progettazione universale e l'accessibilità. Nelle scuole tecniche superiori la situazione è la stessa. Le sporadiche esperienze di professori ed insegnanti che affrontano il tema dell'accessibilità avviene sempre in un contesto marginale, di iniziative personali mosse da passione ed interessamento diretto, a volte sopportato e più spesso osteggiato dall'istituzione scolastica nel suo complesso. Negli anni passati ci sono stati alcuni disegni di legge che si muovevano in tal senso ma che, per vari motivi, non sono approdati a nulla di buono. La critica che viene mossa a coloro che richiedono che la progettazione universale sia parte integrante del curriculum scolastico di un tecnico è sempre la stessa: tutti vorrebbero che gli argomenti che gli stanno a cuore venissero insegnati nelle scuole e nelle università. Occorre però tenere sempre presente che l'accessibilità impatta con il corpo e la vita di milioni di persone, che la mancanza di vera accessibilità ha costi economici e sociali enormi, che la progettazione universale può essere un'importante opportunità individuale e collettiva e - soprattutto - che la ratifica della Convenzione significa aver scelto consapevolmente di affrontare questo tema in termini di diritti umani. La costruzione e la diffusione di un sapere efficace e condiviso non può non passare attraverso il coinvolgimento delle istituzioni preposte all'educazione. Accessibilità e partecipazione Tra gli obblighi generali contenuti nella Convenzione che gli Stati si impegnano ad attuare c'è il coinvolgimento attivo delle persone con disabilità attraverso le loro organizzazioni rappresentative: Articolo 4. Obblighi generali (...) 3. Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative. (...) Questo concetto di partecipazione attiva è un tema a lungo promosso6 che nel 2003 diventa lo slogan dell'anno europeo delle persone con disabilità: "Niente su di noi, senza di noi". La filosofia di base che sta dietro al motto "Niente su di noi senza di noi è che nessuno meglio di‟ chi vive una certa condizione è capace di descriverla e di esprimere bisogni e necessità ad essa correlati. Ma non solo. "Niente su di noi senza di noi è un metodo ed un contenuto nel cammino della promozione dei‟ diritti: la società inclusiva si può realizzare solo coinvolgendo le persone escluse nelle decisioni che le riguardano, proprio come sancito nell'art. 4 comma 3 della Convenzione. Una partecipazione attiva e responsabile che non deve essere limitata allo scambio di informazioni o all'accettazione di decisioni già prese da altri ma presente ed operante in ogni fase del processo, tale da consentire alle persone con disabilità ed alle loro organizzazioni di contribuire alla pianificazione, applicazione, supervisione e valutazione di tutte le attività. 6 Superando.it - Fu il primo a dire al mondo “Niente su di Noi senza di Noi”di Giampiero Griffo - 22 gennaio 2016. http://www.superando.it/2016/01/22/fu-il-primo-a-dire-al-mondo-niente-su-di-noi-senza-di-noi/
  • 6. In questo modo le persone con disabilità affermano con forza di ritenersi esperti di se stessi, di non aver bisogno di tutori legali, politici, tecnici od esperti esterni ai quali delegare le questioni che riguardano la propria esistenza. A ben vedere questo concetto di partecipazione ha un fondamento anche tecnico: se guardiamo anche al recente passato - accanto ad un sostanziale disinteressa delle istituzioni deputate alla ricerca scientifica e tecnologica - è stato grazie all'attività delle associazioni che sono stati compiuti grande miglioramenti e passi avanti nel campo degli ausili, delle tecniche riabilitative, delle tecnologie assitive, delle soluzioni per l'accessibilità e l'autonomia. Si è creato così un sapere tecnico ed una capacità di approccio al tema dell'inclusione delle persone con disabilità che risulta oggettivamente non riscontrabile altrove. Tutti gli interlocutori politici, istituzionali, tecnici e professionali devono sapere chiaramente che le persone con disabilità e le loro associazioni sono mature ed in grado di garantire opzioni tecniche dello spessore necessario ad affrontare le questioni più complesse. Questo significa possedere conoscenza, esperienza e competenza non riscontrabile altrove: il beneficio della modalità partecipativa si estende quindi anche nella possibilità di sviluppare ed accrescere conoscenze e competenze nei diversi settori tecnici e sociali. Dal 2003 questo concetto è stato assorbito dagli interlocutori istituzionali che hanno cominciato a costruire forme di partecipazione di concerto con le associazioni, prevedendo all'interno del concetto generale di stakeholder la presenza di referenti privilegiati, portatori di competenze ed esperienze non presenti altrove: esempio concreto è l'Osservatorio stesso, la composizione del Comitato tecnico scientifico e quella dei diversi gruppi di lavoro. A questo processo si è affiancato negli anni un cammino di maggiore consapevolezza delle associazioni dei disabili, di responsabilizzazione rispetto alle diverse disabilità al loro interno e di capacità di interlocuzione e di sintesi delle necessità e delle soluzioni proposte. In questi ultimi anni questo riconoscimento di competenze e questo approccio di partecipazione attiva e consapevole sembra subire qualche preoccupante indebolimento. Sono sempre più numerosi - sia a livello locale che nazionale - esempi di partecipazione che si limitano all'adozione dello strumento della "partecipazione on-line". Un gruppo di esperti elabora ad esempio un documento tecnico che poi viene caricato su una pagina web per un periodo di tempo limitato durante il quale il cittadino può esprimere la propria opinione, proporre modifiche o integrazioni scrivendo una mail. Chiusa la fase di consultazione pubblica il gruppo di esperti (secondo modalità che spesso non è dato sapere) accoglierà le modifiche che riterrà opportune prima di licenziare il testo. Cosa non va in questo processo? Il concetto di "uno vale uno" può portare a delle storture e criticità significative: • tutti i cittadini possono partecipare a definire misure che riguardano solo una parte di essi e questo appare particolarmente pericoloso a fronte di una società che ancora oggi è alla ricerca del pieno riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità (e per questo decide di ratificare la Convenzione impegnandosi nell'applicarla); • l'approccio iniziale (ad esempio nella stesura del documento tecnico) viene comunque affidato ad un "esperto" che può non avere le appropriate competenze e produrre già nelle primissime fasi del processo un documento che poi risulta difficile da migliorare con dei semplici emendamenti; • spesso il gruppo di esperti contatta informalmente persone con disabilità in modo non strutturato e in base a criteri estemporanei (la conoscenza diretta, la disponibilità personale in un dato momento, ecc.): la capacità di queste persone di parlare per se e per gli altri, magari con esigenze diverse da quelle proprie, non è chiaramente riscontrabile in alcun modo • con questa modalità si perde l'opportunità di scambio - su base di reciproco riconoscimento - di competenze ed approcci che nei gruppi di lavoro più strutturati e paritari rappresenta il vero valore aggiunto del processo di partecipazione
  • 7. Questi sono solo alcuni dei problemi derivanti dall'adozione di un processo partecipativo semplificato; esiste molta letteratura su come condurre processi partecipativi, sui rischi e sulle possibilità nell'adottare un metodo piuttosto che un altro. Il ricorso alla consultazione on-line non è di per se negativo se inteso come uno strumento di un processo più strutturato basato sul reciproco riconoscimento e sulla condivisione dell'obiettivo comune dell'effettiva inclusione. Le priorità per il prossimo Piano di Azione Come detto i problemi di implementazione dei principi di accessibilità della Convenzione presenti nel primo Piano di azione non sono stati affrontati in questi anni. Il giudizio negativo espresso dal Gruppo di lavoro dell'Osservatorio ci impone di definire le priorità di intervento per il prossimo biennio e richiederne con urgenza la loro applicazione, consapevoli che sarà un percorso non facile che va però incardinato su alcuni punti chiave imprescindibili. Limitandoci qui ai temi della progettazione universale e all'accessibilità di spazi ed edifici occorre innanzi tutto: • elaborare una strategia nazionale sul tema dell’accessibilità, che dovrà prevedere l’ammodernamento complessivo della normativa di riferimento in materia di accessibilità e barriere architettoniche e senso-percettive • ricostituire un organismo paritetico che, sul modello della Commissione già prevista con il d.m. 14 giugno 1989, n. 236, sia in grado di interloquire con i diversi livelli di gestione e soggetti interessati, attuando un necessario coordinamento interistituzionale, di promuovere e coordinare le iniziative di adeguamento normativo e tecnico, fornire azioni di supporto e orientamento alle amministrazioni pubbliche e ai privati per l’attuazione della normativa, anche attraverso l’elaborazione di Linee guida tecniche • implementare lo studio della tecnica e della tecnologia atte a realizzare la progettazione universale e l’accessibilità nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado a indirizzo tecnico e nell'ambito degli insegnamenti impartiti presso le università • definire ed applicare metodi e processi di partecipazione chiari, strutturati ed efficaci con le persone con disabilità attraverso le loro associazioni Queste priorità dovranno costituire gli assi portanti sui quali basare le azioni specifiche di tipo legislativo, amministrativo (programmatorio ed operativo) da attuare. 15 settembre 2016