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News 46/SA/2015
Lunedì, 23 Novembre 2015
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Soia non dichiarata in muffin francesi e istamina in lotti di tonno… Ritirati dal mercato
europeo 60 prodotti
Nella settimana n°46 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 60 (18 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende tre casi:
istamina in filetti di tonno pinna gialla fresco (Thunnus albacares) dal Messico,
attraverso i Paesi Bassi; soia non dichiarata in muffin dalla Francia; istamina in filetti di
tonno pinna gialla congelati dalla Spagna.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: Salmonella Newport in pollo congelato dalla Polonia;
mercurio in lombi di pesce spada fresco (Xiphias gladius) dalla Spagna; eccesso di
solfiti in gamberetti rossi congelati (Solenocera melantho) provenienti dalla Cina;
mercurio pesce spada proveniente dalla Spagna; mercurio in cernia (Epinephelus
guaza) (Epinephelus marginatus) dalla Tunisia; mercurio in dentice fresco (Dentex
dentex) dalla Tunisia.
Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: migrazione
di nichel da griglia in acciaio rivestita al cromo per microonde dalla Cina, via Hong
Kong; migrazione di cromo e manganese da lame per la preparazione dei cibi dal
Brasile; allerta per tracce di mandorle e di anacardi in ravioli di zucca refrigerati
italiani, venduti anche in Grecia; residui di pesticida (procimidone) in steli di aglio
freschi dalla Cina; aflatossine in polvere di peperoncino dall’India; eccesso di solfiti
in albicocche secche provenienti dalla Turchia; mercurio in cernia refrigerata
(Epinephelus guaza) dalla Tunisia; residui di pesticida (clorpirifos) in olive in salamoia
provenienti da Egitto; assenza di certificati sanitari per mirin (vino di riso) dalla Cina;
residui di pesticida non autorizzato (carbendazim) nel tè oolong dalla Cina;
aflatossine in nocciole sgusciate dalla Turchia.
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal
mercato, la Danimarca segnala presenza di insetti vivi (coleotteri) in vari pasta
secca, distribuita anche in Germania. (Articolo di Valeria Nardi)
Fonte:ilfattoalimentare.it
Dopo aver invaso i pesci e i molluschi la plastica si trova anche nel sale! Si
tratta di particelle di materiale usato per sacchetti, borse, bottiglie...
La microplastica che contamina pesci e molluschi (secondo un recente studio
pubblicato su Scientific Reports in percentuali che si aggirano attorno al 30% dei
primi, e al 50-60% dei secondi), si ritrova anche nel sale marino, almeno in Cina.
L’hanno rilevata i ricercatori della Donghua University di Shanghai andando a
verificarne la presenza nel sale normalmente venduto al supermercato.
Come raccontano su Environmental Science & Technology, i ricercatori hanno preso
vari campioni di 15 tra i marchi più diffusi di sale proveniente dal mare, dai laghi e di
roccia, per verificare la concentrazione di particelle di plastica per chilo di
prodotto. Hanno così scoperto che se il sale di roccia (che di solito si estrae da
grotte e giacimenti sotterranei) ne contiene tra 7 e 204 particelle per chilo, quello di
lago tra 43 e 364, quello di mare ne accumula tra le 550 e i 681 per chilo, e di molti
tipi diversi.
Alcune delle microplastiche rinvenute nel sale. Foto: Pubs.acs.org
Inoltre, nel 55% dei casi le particelle sono molto piccole, con diametro inferiore ai
200 micron, fattore che ne aumenta la pericolosità, dal momento che minore è il
diametro, e maggiore è il rischio di accumulo. Tra le microplastiche più diffuse
troviamo il cellophane, il polietilene e il polietilene tereftalato: tutti materiali utilizzati
per produrre sacchetti, shopper, bottiglie di acqua ma anche cosmetici e altre fonti
di oggetti di largo consumo oltre che dagli scarichi industriali.
Secondo l’OMS il quantitativo massimo che un essere umano può tollerare in un
anno, prima che la sua salute ne risenta, è 1.000 parti per chilo (particelle <1 mm),
un valore molto inferiore rispetto alle 11.000 che, secondo uno studio di pochi mesi
fa pubblicato su Environmental Pollution, ne assume ogni europeo abituato a
mangiare abitualmente molluschi marini di allevamento come cozze o vongole
(dove la quantità media di microplastica è di circa 360 unità per chilo per i
molluschi, 470 per le ostriche).
Secondo gli autori dello studio, però, anche consumando sale di origine marino è
facile raggiungere il valore soglia dell’OMS, e superarlo. È vero che lo studio riguarda
solo sale cinese (proveniente da diversi siti del paese), ma non ci sono ragioni valide
per ritenere che altrove la situazione sia migliore. Piuttosto, è necessario intensificare
gli sforzi per diminuire l’impiego delle plastiche derivate dal petrolio, una grande
parte delle quali, inesorabilmente, finisce nei mari e, da lì, nei nostri piatti. (Articolo di
Agnese Codignola)
Fonte: ilfattoalimentare.it
Salmone OGM approvato negli USA come alimento
Con il via libera della Food and Drug administration (FDA), l'ente governativo
statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e
farmaceutici, arriva in tavola il supersalmone biotech, che e' il primo animale
geneticamente modificato ad essere messo in vendita nei supermercati. Se negli
Stati uniti alla vendita del supersalmone si sono opposti consumatori e ambientalisti,
in Italia sono contrari al biotech nel piatto quasi 8 cittadini su 1, secondo un'indagine
Coldiretti/ixe.
Si tratta di un salmon atlantico che e' stato geneticamente modificato per crescere
molto piu' rapidamente di quello convenzionale ed e' stato prodotto dalla
aquabounty technologies, la cui maggioranza e' di proprieta' della intrexon
corporation. Il salmon OGM cresce al doppio della velocità del salmone atlantico
normale, e assume un peso fino 5 volte.
L'Aquabounty è un progetto durato 18 anni e costato almeno 60 milioni di dollari.
fermo da anni per dare tempo proprio alla FDA di valutare con attenzione aspetti di
rischio ambientale. Tra cui, la possibilità di incrocio del "supersalmone" con il
salmone selvatico- e relative rischi per gli eco-sistemi.
Fonte: sicurezzaalimentare.it
“BIO”, il marchio che è solo europeo
Con alcune sue proprie sentenze la Corte di Giustizia UE ha negato nella maniera
più assoluta la possibilità di usare come marchio registrato la menzione “BIO CON
ESTRATTI VEGETALI DI PRODUZIONE PROPRIA”.
Il marchio BIO infatti –come “ORGANIC” e le relative indicazioni- rappresenta un
marchio registrato a livello europeo entro il regolamenti comunitari –ultimo dei quali
il regolamento 834/2013- e non può essere fatto oggetto di appropriazione esclusiva
da parte di operatori (nel caso in questione, Laverana/UAMI avevano chiesto la
registrazione).
In base alla normativa UE sull’uso dei marchi.- regolamento 207/2009, sebbene infatti
il marchio BIO non sia espressamente menzionato nella sua impossibilità a essere
registrato in varie altre format- come invece a chiare lettere stabilito per i marchi di
origine DOP e IGP- ( art. 7, par.1, sub “k”), vi è una riserva generica ma
giuridicamente valida per (art. 7, par.1, sub “c”) circa
<<i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio
possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il
valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o
di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;>>
La Corte ha infatti emesso un impedimento assoluto alla registrazione, in ragione sia
della genericità del marchio, sia soprattutto della sua precedente regolazione entro
una normativa generale a livello europeo che consente l’uso del marchio BIO a tutti
gli operatori che si assoggettino ad un determinato sistema di produzione e controllo
ben codificato.
In tal senso l’articolo 23 del regolamento 834 chiarisce i termini di utilizzo del marchio
Bio o degli equivalenti.
In una precedente sentenza della Corte - Comité Andaluz de Agrucultura
Ecológica v. Administración General del Estado, Comité Aragonés de Agricultura
Ecológica C 107 04- si era poi chiarito che qualsiasi traduzione linguistica‐ ‐
equivalente a “biologico”, come peraltro depositata nel regolamento 834, non
possa essere usata se non conforme ai requisiti del biologico, nemmeno se
indirizzata a mercati europei i cui consumatori ragionevolmente non ne intendano il
significato.
Coldiretti è favorevole ad una tutela accresciuta dei marchi che promuovono
l’agricoltura europea nei suo interessi agricoli diffusi, contro ogni appropriazione da
parte di pochi soggetti concentrati.
Coldiretti chiederà una modifica al regolamento 207/2009 al fine di più
espressamente prevedere- anche alla luce dell’orientamento della Corte- una
inclusione del marchio “BIO” ed equivalenti nelle tutele rafforzate garantite
all’articolo 7.
Fonte:sicurezzaalimentare.it
In una precedente sentenza della Corte - Comité Andaluz de Agrucultura
Ecológica v. Administración General del Estado, Comité Aragonés de Agricultura
Ecológica C 107 04- si era poi chiarito che qualsiasi traduzione linguistica‐ ‐
equivalente a “biologico”, come peraltro depositata nel regolamento 834, non
possa essere usata se non conforme ai requisiti del biologico, nemmeno se
indirizzata a mercati europei i cui consumatori ragionevolmente non ne intendano il
significato.
Coldiretti è favorevole ad una tutela accresciuta dei marchi che promuovono
l’agricoltura europea nei suo interessi agricoli diffusi, contro ogni appropriazione da
parte di pochi soggetti concentrati.
Coldiretti chiederà una modifica al regolamento 207/2009 al fine di più
espressamente prevedere- anche alla luce dell’orientamento della Corte- una
inclusione del marchio “BIO” ed equivalenti nelle tutele rafforzate garantite
all’articolo 7.
Fonte:sicurezzaalimentare.it

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  • 1. News 46/SA/2015 Lunedì, 23 Novembre 2015 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Soia non dichiarata in muffin francesi e istamina in lotti di tonno… Ritirati dal mercato europeo 60 prodotti Nella settimana n°46 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 60 (18 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende tre casi: istamina in filetti di tonno pinna gialla fresco (Thunnus albacares) dal Messico, attraverso i Paesi Bassi; soia non dichiarata in muffin dalla Francia; istamina in filetti di tonno pinna gialla congelati dalla Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: Salmonella Newport in pollo congelato dalla Polonia; mercurio in lombi di pesce spada fresco (Xiphias gladius) dalla Spagna; eccesso di solfiti in gamberetti rossi congelati (Solenocera melantho) provenienti dalla Cina; mercurio pesce spada proveniente dalla Spagna; mercurio in cernia (Epinephelus guaza) (Epinephelus marginatus) dalla Tunisia; mercurio in dentice fresco (Dentex dentex) dalla Tunisia. Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: migrazione di nichel da griglia in acciaio rivestita al cromo per microonde dalla Cina, via Hong Kong; migrazione di cromo e manganese da lame per la preparazione dei cibi dal Brasile; allerta per tracce di mandorle e di anacardi in ravioli di zucca refrigerati italiani, venduti anche in Grecia; residui di pesticida (procimidone) in steli di aglio
  • 2. freschi dalla Cina; aflatossine in polvere di peperoncino dall’India; eccesso di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; mercurio in cernia refrigerata (Epinephelus guaza) dalla Tunisia; residui di pesticida (clorpirifos) in olive in salamoia provenienti da Egitto; assenza di certificati sanitari per mirin (vino di riso) dalla Cina; residui di pesticida non autorizzato (carbendazim) nel tè oolong dalla Cina; aflatossine in nocciole sgusciate dalla Turchia. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Danimarca segnala presenza di insetti vivi (coleotteri) in vari pasta secca, distribuita anche in Germania. (Articolo di Valeria Nardi) Fonte:ilfattoalimentare.it Dopo aver invaso i pesci e i molluschi la plastica si trova anche nel sale! Si tratta di particelle di materiale usato per sacchetti, borse, bottiglie... La microplastica che contamina pesci e molluschi (secondo un recente studio pubblicato su Scientific Reports in percentuali che si aggirano attorno al 30% dei primi, e al 50-60% dei secondi), si ritrova anche nel sale marino, almeno in Cina. L’hanno rilevata i ricercatori della Donghua University di Shanghai andando a verificarne la presenza nel sale normalmente venduto al supermercato. Come raccontano su Environmental Science & Technology, i ricercatori hanno preso vari campioni di 15 tra i marchi più diffusi di sale proveniente dal mare, dai laghi e di roccia, per verificare la concentrazione di particelle di plastica per chilo di prodotto. Hanno così scoperto che se il sale di roccia (che di solito si estrae da grotte e giacimenti sotterranei) ne contiene tra 7 e 204 particelle per chilo, quello di lago tra 43 e 364, quello di mare ne accumula tra le 550 e i 681 per chilo, e di molti tipi diversi.
  • 3. Alcune delle microplastiche rinvenute nel sale. Foto: Pubs.acs.org Inoltre, nel 55% dei casi le particelle sono molto piccole, con diametro inferiore ai 200 micron, fattore che ne aumenta la pericolosità, dal momento che minore è il diametro, e maggiore è il rischio di accumulo. Tra le microplastiche più diffuse troviamo il cellophane, il polietilene e il polietilene tereftalato: tutti materiali utilizzati per produrre sacchetti, shopper, bottiglie di acqua ma anche cosmetici e altre fonti di oggetti di largo consumo oltre che dagli scarichi industriali. Secondo l’OMS il quantitativo massimo che un essere umano può tollerare in un anno, prima che la sua salute ne risenta, è 1.000 parti per chilo (particelle <1 mm), un valore molto inferiore rispetto alle 11.000 che, secondo uno studio di pochi mesi fa pubblicato su Environmental Pollution, ne assume ogni europeo abituato a mangiare abitualmente molluschi marini di allevamento come cozze o vongole (dove la quantità media di microplastica è di circa 360 unità per chilo per i molluschi, 470 per le ostriche). Secondo gli autori dello studio, però, anche consumando sale di origine marino è facile raggiungere il valore soglia dell’OMS, e superarlo. È vero che lo studio riguarda solo sale cinese (proveniente da diversi siti del paese), ma non ci sono ragioni valide per ritenere che altrove la situazione sia migliore. Piuttosto, è necessario intensificare gli sforzi per diminuire l’impiego delle plastiche derivate dal petrolio, una grande parte delle quali, inesorabilmente, finisce nei mari e, da lì, nei nostri piatti. (Articolo di Agnese Codignola) Fonte: ilfattoalimentare.it Salmone OGM approvato negli USA come alimento Con il via libera della Food and Drug administration (FDA), l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, arriva in tavola il supersalmone biotech, che e' il primo animale geneticamente modificato ad essere messo in vendita nei supermercati. Se negli Stati uniti alla vendita del supersalmone si sono opposti consumatori e ambientalisti, in Italia sono contrari al biotech nel piatto quasi 8 cittadini su 1, secondo un'indagine Coldiretti/ixe. Si tratta di un salmon atlantico che e' stato geneticamente modificato per crescere molto piu' rapidamente di quello convenzionale ed e' stato prodotto dalla
  • 4. aquabounty technologies, la cui maggioranza e' di proprieta' della intrexon corporation. Il salmon OGM cresce al doppio della velocità del salmone atlantico normale, e assume un peso fino 5 volte. L'Aquabounty è un progetto durato 18 anni e costato almeno 60 milioni di dollari. fermo da anni per dare tempo proprio alla FDA di valutare con attenzione aspetti di rischio ambientale. Tra cui, la possibilità di incrocio del "supersalmone" con il salmone selvatico- e relative rischi per gli eco-sistemi. Fonte: sicurezzaalimentare.it “BIO”, il marchio che è solo europeo Con alcune sue proprie sentenze la Corte di Giustizia UE ha negato nella maniera più assoluta la possibilità di usare come marchio registrato la menzione “BIO CON ESTRATTI VEGETALI DI PRODUZIONE PROPRIA”. Il marchio BIO infatti –come “ORGANIC” e le relative indicazioni- rappresenta un marchio registrato a livello europeo entro il regolamenti comunitari –ultimo dei quali il regolamento 834/2013- e non può essere fatto oggetto di appropriazione esclusiva da parte di operatori (nel caso in questione, Laverana/UAMI avevano chiesto la registrazione). In base alla normativa UE sull’uso dei marchi.- regolamento 207/2009, sebbene infatti il marchio BIO non sia espressamente menzionato nella sua impossibilità a essere registrato in varie altre format- come invece a chiare lettere stabilito per i marchi di origine DOP e IGP- ( art. 7, par.1, sub “k”), vi è una riserva generica ma giuridicamente valida per (art. 7, par.1, sub “c”) circa <<i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;>> La Corte ha infatti emesso un impedimento assoluto alla registrazione, in ragione sia della genericità del marchio, sia soprattutto della sua precedente regolazione entro una normativa generale a livello europeo che consente l’uso del marchio BIO a tutti gli operatori che si assoggettino ad un determinato sistema di produzione e controllo ben codificato. In tal senso l’articolo 23 del regolamento 834 chiarisce i termini di utilizzo del marchio Bio o degli equivalenti.
  • 5. In una precedente sentenza della Corte - Comité Andaluz de Agrucultura Ecológica v. Administración General del Estado, Comité Aragonés de Agricultura Ecológica C 107 04- si era poi chiarito che qualsiasi traduzione linguistica‐ ‐ equivalente a “biologico”, come peraltro depositata nel regolamento 834, non possa essere usata se non conforme ai requisiti del biologico, nemmeno se indirizzata a mercati europei i cui consumatori ragionevolmente non ne intendano il significato. Coldiretti è favorevole ad una tutela accresciuta dei marchi che promuovono l’agricoltura europea nei suo interessi agricoli diffusi, contro ogni appropriazione da parte di pochi soggetti concentrati. Coldiretti chiederà una modifica al regolamento 207/2009 al fine di più espressamente prevedere- anche alla luce dell’orientamento della Corte- una inclusione del marchio “BIO” ed equivalenti nelle tutele rafforzate garantite all’articolo 7. Fonte:sicurezzaalimentare.it
  • 6. In una precedente sentenza della Corte - Comité Andaluz de Agrucultura Ecológica v. Administración General del Estado, Comité Aragonés de Agricultura Ecológica C 107 04- si era poi chiarito che qualsiasi traduzione linguistica‐ ‐ equivalente a “biologico”, come peraltro depositata nel regolamento 834, non possa essere usata se non conforme ai requisiti del biologico, nemmeno se indirizzata a mercati europei i cui consumatori ragionevolmente non ne intendano il significato. Coldiretti è favorevole ad una tutela accresciuta dei marchi che promuovono l’agricoltura europea nei suo interessi agricoli diffusi, contro ogni appropriazione da parte di pochi soggetti concentrati. Coldiretti chiederà una modifica al regolamento 207/2009 al fine di più espressamente prevedere- anche alla luce dell’orientamento della Corte- una inclusione del marchio “BIO” ed equivalenti nelle tutele rafforzate garantite all’articolo 7. Fonte:sicurezzaalimentare.it