2. L’eterno rapporto di causa ed effetto
"Se vuoi conoscere le cause create nel
passato, guarda gli effetti che si manifestano
nel presente. Se vuoi conoscere gli effetti
che si manifestano nel futuro, guarda le
cause che vengono create nel presente
2
3. Lo sforzo e la deformazione
L’effetto dell’applicazione di
forze sui materiali è di indurre
deformazioni transitorie e/o
permanenti
Il comportamento meccanico di
un materiale è descritto
mediante relazioni tra carichi
applicati e deformazioni
La determinazione delle
distribuzioni degli sforzi e delle
deformazioni derivanti da
carichi esterni applicati
permette di dimensionare le
parti in fase di progettazione
Antonio Licciulli Scienza e tecnologia dei materiali
3
5. La resistenza meccanica
La resistenza meccanica è il
massimo sforzo che un generico
meteriale, sotto forma di provino, è in
grado di sopportare prima della
rottura.
La resistenza meccanica dei
materiali ai vari tipi di sollecitazione
può essere misurata con prove
specifiche di compressione, trazione,
flessione, taglio e torsione e pertanto
si parlerà rispettivamente di
resistenza a compressione, resistenza
a trazione ....
Antonio Licciulli Scienza e tecnologia dei materiali
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6. Analisi meccaniche sui materiali
Le proprietà meccaniche vengono determinate in prove di
laboratorio
Le prove meccaniche si differenziano in base alla
sollecitazione applicata. Il carico applicato può essere:
Trazione
Flessione
Compressione
Taglio
Torsione
Rispetto al tempo la distribuzione della sollecitazione applicata
può essere:
Istantanea
Continua
Alternata
Prove meccaniche effettuate ad alta temperatura consentono
di apprezzare le proprietà termostrutturali
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7. Prove di trazione
Sono le prove più comunemente
utilizzate per determinare le
proprietà meccaniche quali modulo
elastico, resistenza, allungamento a
rottura, tenacità
Si applica una deformazione
controllata ad un provino a osso di
cane (una traversa è fissa, l’altra
mobile)
Si misura la risposta del campione
in termini di forza
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8. Sistema di misura e geometria del provino
Lo sforzo e la deformazione si calcolano da:
Allungamento del provino
Forza del provino
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9. Il modulo elastico o di Young Young modulus
La deformazione elastica è la
deformazione reversibile indotta da uno
sforzo esterno agente sul materiale
Quando la forza agente viene annullata, si Shear modulus
azzera anche la deformazione
La proporzionalità tra σ ed ε è chiamata
legge di Hooke
La rigidità (stiffness) di un materiale è
legata alla forza dei legami interni al
materiale
Bulk modulus
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10. Rappresentazione grafica
Il modulo è dato dalla pendenza della retta nel campo elastico
σ
σe
α
εe ε
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12. Carico di snervamento
Il valore della tensione in
corrispondenza della quale il
materiale inizia a deformarsi
plasticamente, passando da
un comportamento elastico
reversibile ad un
comportamento plastico
caratterizzato da
deformazioni irreversibili che
non cessano al venir meno
della causa sollecitante
Il limite apparente di
elasticità o carico di
snervamento è quello che
induce 0.2% di deformazione
permanente
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13. Modulo di Poisson ν
In campo elastico, applicando una tensione
monoassiale longitudinale, oltre alla deformazione
longitudinale imposta, si verifica una contrazione
trasversale ad essa proporzionale, misurabile dalla
variazione del diametro del provino.
La costante di proporzionalità tra le deformazioni è
il coefficiente di Poisson (valore positivo) che può
essere valutato misurando la deformazione
trasversale e utilizzando la relazione Se il
comportamento è isotropo, detto z l’asse di trazione,
il modulo di Poisson è definito:
Per un materiale ideale dovrebbe essere ν=0.5
Nei materiali più comunemente 0.25< ν<0.4
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14. Duttilità e fragilità
La duttilità definisce la capacità del
materiale di deformarsi
(allungamento percentuale) prima
della rottura
La duttilità può anche essere
determinata dalla riduzione di
sezione (strizione) del provino
Per la conservazione del volume
infatti vale A*L=cost
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15. Materiali duttili
In un materiale duttile lo sforzo cresce fino a
raggiungere un valore massimo
Successivamente lo sforzo comincia a
diminuire per effetto dello scorrimento
plastico
Il valore massimo dello sforzo è detto
resistenza a trazione o modulo di rottura MOR
Nei materiali metallici la duttilità è legata
al movimento delle dislocazioni
Nelle materie plastiche, la deformazione
plastica è legata allo scorrimento delle catene
polimeriche
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16. Fragilità e duttilità
Raggiunto il limite della deformazione
elastica, un materiale si può comportare in due
modi:
Il campione si rompe
Il campione continua a deformarsi, e la
deformazione resta anche dopo che la forza
agente viene annullata
I due tipi di comportamento definiscono la
fragilità e la duttilità di un campione
I materiali duttili presentano comportamento
simile a trazione e a compressione
Per i materiali fragili la rottura è innescata in
punti di difetti. I materiali fragili resistono
molto meglio a compressione, dal momento
che la compressione tende a chiudere il
difetto, e non ad ampliarlo
Fragilità e duttilità dipendono anche dalla
temperatura
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17. Materiali fragili
Nei materiali fragili, l’impossibilità degli atomi di scorrere provoca la
rottura catastrofica del materiale quando la forza applicata supera la
forza di legame
La resistenza dovrebbe essere quindi proporzionale al modulo elastico
Ciò si verifica solo in parte, dal momento che i materiali fragili sono
molto sensibili alle proprietà superficiali (cricche)
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18. Strizione
Quando la sezione del provino non
si riduce in modo costante si entra
nel campo di strizione,
L’allungamento non è più
omogeneo (uniforme su tutta la
lunghezza)
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19. Sforzo reale e deformazione reale
Per motivi pratici, lo sforzo e la deformazione si calcolano
come mostrato in precedenza
Lo sforzo che agisce realmente sul provino è
σr
σi
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20. Influenza della struttura
Per strutture cristalline CFC rimangono duttili anche a basse
temperature
Invece le strutture CCC ed EC presentano una netta
transizione tra comportamento duttile e comportamento fragile
abbassando la T di prova
Lo stesso comportamento viene evidenziato da polimeri e
ceramici
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21. Resilienza o tenacità
Capacità di un materiale di
immagazzinare energia nel σ Alta resistenza, bassa duttilità, bassa resilienza
campo elasto-plastico prima di
arrivare a rottura media resistenza, media duttilità, alta resilienza
La tenacità è pari all’area
sottostante la curva σ/ε
La resilienza dipende da
resistenza e duttilità
bassa resistenza, alta duttilità, bassa resilienza
ε
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23. La resistenza a flessione
Per i materiali fragili si preferisce calcolare le proprietà
meccaniche attraverso prove di flessione
Infatti in prove di trazione la notevole sensibilità dei materiali
ai difetti fa si che la rottura possa avvenire in corrispondenza
dei morsetti di prova
Nella prova a flessione l’assenza di ammorsaggi permette di
ottenere risultati più significativi
Spessore
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24. Diagramma delle tensioni
La tensione media su una sezione è nulla poichè la
compressione e la trazione si bilanciano
F
Compressione
-
Spessore
0
Trazione +
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25. La durezza
La durezza si definisce come la resistenza di un materiale alla
deformazione plastica localizzata
Per determinare la durezza si usa un penetratore (fatto di un materiale
molto più duro del materiale da testare)
Dall’area o l’impronta del penetratore sulla superficie del materiale se
ne determina la durezza
Le prove di durezza sono di diversi tipi:
Brinell
Vickers
Knoop
Rockwell
I risultati ottenuti seguendo le diverse procedure non possono essere
confrontati
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26. La durezza e la SCALA DI MOHS
La durezza è una misura che TENERI (si scalfiscono con
indica la resistenza ad essere l'unghia)
scalfito. Nella scala di Mohs, 1 Talco
composta da dieci minerali; ogni
elemento scalfisce i precedenti e 2 Gesso
viene scalfito dai successivi SEMI DURI (si rigano con una
punta d'acciaio)
3 Calcite
4 Fluorite
5 Apatite
DURI (non si rigano con la
punta di acciaio)
6 Ortoclasio
7 Quarzo
8 Topazio
9 Corindone
10 Diamante (Carborundum)
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27. La durezza di Brinell (UNI 560-75)
La prova di Brinell consiste nel far penetrare una sfera
di acciaio molto duro di diametro "D" mediante
applicazione di un carico "F", e nel misurare il diametro
"d" dell'impronta lasciata dal penetratore sulla superficie
del pezzo, dopo avere tolto il penetratore.
I valori normati di F e di D sono
F = 29400 N (=3000 kgf)
D = 10 mm
σmax=1/3 HB
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28. Durezza Vickers (UNI 1955-75)
Il penetratore Vickers è
costituito da una piramide
retta, a base quadrata, di
diamante, con l'angolo al
vertice (angolo fra due facce
opposte) di 136°
La prova si svolge
applicando un carico di 294
N ( = 30 kgf) per 10-15 s
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29. Prove di impatto
Nelle prove di impatto un provino viene
portato a rottura sotto l’urto di una massa in
caduta libera pendolare
Le prove di impatto permettono di ricavare la
tenacità (energia assorbita a frattura) di un
materiale
La prova di impatto, in cui la forza è applicata
a velocità elevatissime, accentua il carattere
fragile di un materiale
Le prove sono condotte seguendo due
tipologie di prova:
Charpy
Izod
Le prove vengono anche condotte in presenza
di intaglio per determinare la sensibilità dal
materiale
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30. Prove Izod e Charpy
W=P(h-h’)
R=W/S
La resistenza si può calcolare per unità di
lunghezza ( in corrispondenza
dell’intaglio) o di area (superficie del
campione all’intaglio)
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31. Analisi delle curve σ/ε
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32. Quesito tipo
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33. Il creep
Per effetto di un carico applicato costante, il materiale può
continuare a deformarsi anche per tempi molto lunghi
Il comportamento è più accentuato alle alte temperature (per
i metalli a T>0.4Tf, per i polimeri a tutte le temperature)
Il fenomeno di creep è legato a fenomeni di scorrimento nei
metalli e di deformazione viscosa nei polimeri
Nelle prove di creep si applica uno sforzo costante al provino
e se ne misura la deformazione nel tempo
Aumentando la deformazione, si misura la diminuzione di
modulo elastico
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34. Curve di creep
Il comportamento di un materiale a creep si può descrivere
individuando tre distinte zone nel diagramma tempo-
deformazione:
Creep primario: la velocità di creep diminuisce nel tempo
Creep secondario: la velocità di creep si mantiene costante
Creep terziario: la velocità di creep aumenta nel tempo
Deformazione
tempo
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35. Stress relaxation
Applicando una deformazione costante al materiale, si misura
il decadimento della forza necessaria a mantenere tale
deformazione costante
σ
T
t
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36. La fatica
I test a fatica studiano il comportamento meccanico di
materiali soggetti a cicli di carico al di sotto del limite di rottura
Resistenza a fatica: livello di carico a cui il materiale cede ad
un determinato numero di cicli
La fatica è la causa più importante di cedimento nei metalli
Per un acciaio il limite di resistenza a fatica per N=∞ (Limite
di fatica) si ottiene al 40-50% della resistenza a trazione
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37. Prove di fatica
Vengono eseguite su uno strumento, detto macchina di Moore
(flessione rotante)
Nel caso in cui lo sforzo medio sia nullo (-σf<σ< σf) si determina per
ogni valore di σf il numero di cicli Nf perché il provino si rompa
La tensione è quella nel punto più sollecitato (la tensione media sulla
sezione è nulla)
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38. Curva di Wohler
Riportando il numero lo sforzo in funzione del numero di cicli si
determina la curva di fatica
La resistenza a fatica va calcolata in corrispondenza di un certo
numero di cicli (σf(Nf))
Campo di resistenza quasi statica (Nf<103): la σf raggiunge valori
prossimi a quelli della resistenza a rottura
Limite di fatica: è il tratto orizzontale, anche per N→∞ il materiale non
si rompe (generalmente per σf<0.4-0.6 σr)
Nf=K σf-m
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39. Parametri importanti
I principali fattori che influenzano la vita a fatica:
Fattori legati all'applicazione del carico
entità della tensione alternata,
presenza di una tensione media,
tipo di sollecitazione (normale-tangenziale, sollecitazione mono/
bi/tri-assiale),
gradiente della tensione
Fattori legati alla resistenza e allo stato del materiale
caratteristiche meccaniche,
temperatura,
corrosione,
tensioni residue
Fattori legati alla geometria dell'elemento
forma,
dimensioni,
finitura superficiale
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