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ELFOSCIENZE


         a cura di
         Benelfser
Questo breve saggio è dedicato a
“Donne e scienza”, un’associazione
che, pur se inconsapevolmente, si
muove nello spirito elfico.


    Un particolare ringraziamento a Elisa
    Molinari che, con le sue attività nano
    scientifiche, mostra come sia possibile
    penetrare la rigidità dell’accademia
    tradizionale inserendovi elementi della cultura
    norrrena.
1. Premessa


Uno dei settori di punta della ricerca moderna è quello delle nanoscienze.
Indubbiamente un campo di ricerca affascinante, anche per le sue possibili, innumerevoli ricadute
tecnologiche in campo medico, in elettronica, nei beni consumo, e così via.

E’ però forse giusto chiedersi perché siano state invece trascurate le altre scienze, che come le
nanoscienze, affondano le loro origini nella cultura norrena (la cultura elfica originaria), come le
trollscienze e le elfoscienze.

Riteniamo dunque giusto colmare questa lacuna, iniziando dalle elfoscienze.



   2. Elfoscienze


Così come le nanoscienze si definiscono in relazione alle dimensioni metriche della materia della
quale si occupano (i nanometri: 10-9 m), così le elfoscienze si definiscono in relazione alla
caratteristica transmaterica dell’elfità, ove l’elfità è definita come l’interazione (misurabile in unità
di benserite) fra cervello umano e materia.

Anche se ormai vi sono solo labili tracce delle elfoscienze originarie (riscontrabili, ad esempio, nei
graffiti elfici che sono stati scoperti sui tronchi della foresta pietrificata di Pratislawskj), non c’è
dubbio che le elfoscienze abbiano alle spalle una lunga storia.

Certamente una storia travagliata, dal momento che le elfoscienze non sono mai state ben viste dal
mondo accademico tradizionale, tanto che si sono sempre dovute sviluppare al riparo di altre
branche scientifiche più “convenzionali” come la medicina naturale, l’ecologia, o, addirittura le
religioni (evidente a questo proposito l’utilizzo di figure rilevanti come i “profeti” nel tentativo di
diffondere alcuni risultati, anche di rilevanza pratica, ottenuti dalle elfoscienze).

Tralasciando comunque di ripercorrere questa storia (dalle iscrizioni tombali del sito archeologico
di Bundala ai manoscritti del frate danese Jel Funden), arriviamo ai nostri giorni.

Se, per certi aspetti, la situazione attuale è, come per il passato, caratterizzata dalla difficoltà di far
accettare al mondo accademico tradizionale i principi delle elfoscienze, è anche vero che adesso si
è aperta una grande opportunità per uscire dalla “clandestinità”.

Questa opportunità è data dall’ormai affermato radicamento delle nano scienze.

E va indubbiamente riconosciuto alle/ai colleghe/i nanoscienziate/i l’enorme merito di essere state/i
capaci di aver imposto le nanoscienze come scienze riconosciute (nel senso tradizionale del
termine) attraverso un loro “mascheramento” con contenuti, tecniche, linguaggi, propri delle
scienze convenzionali.

E’ quindi giunto il momento anche per le elfoscienze di “emergere”: e la via da seguire è
probabilmente quella magistralmente riassunta nella comunicazione di Nanelisa al convegno “Il
modello nanesco per la penetrazione delle nanoscenze: un percorso valido per tutte le scienze
norreniche ? ”
3. Il principio base delle elfoscienze


Normalmente si ritiene che il macrocosmo (inteso come l’insieme degli oggetti e degli esseri viventi
che rientrano nel campo della percezione sensibile degli umani non assistita da strumenti) sia
univocamente determinato da una precisa organizzazione (non necessariamente statica) del
microcosmo (definibile in termini generali, in relazione allo stadio di sviluppo delle scienze
convenzionali, attraverso espressioni quali: molecole, atomi, particelle elementari, onde
elettromagnetiche, quanti, ecc.)

L’approccio elfico è invece del tipo “top-down”: è dunque il macrocosmo che determina il
microcosmo e non viceversa.

Un notevole esempio di questo approccio è peraltro riscontrabile in uno dei pochi campi nei quali
alcune/i valorose/i elfoscienziate/i sono riuscite a “penetrare” la scienza tradizionale.
Si tratta dell’approccio che, usando il linguaggio tradizionale, viene definito come epigenetico.

Si è infatti riuscite/i, pur attraverso le inevitabili (e talvolta disastrose) distorsioni, a far penetrare
l’idea che il microcosmo (ad esempio il DNA di una cellula) è fondamentalmente influenzato, più
ancora che dall’intervento diretto di microfattori esogeni (quali molecole e radiazioni), da una
porzione di macrocosmo (ad esempio la membrana cellulare) che agisce sul microcosmo (il DNA)
attraverso il suo macrocomportamento (comportandosi cioè da organismo complesso, organizzando
dunque a sua volta il comportamento dei suoi microcomponenti, in termini, ad esempio, di reazioni
chimiche, ma comunque sempre agendo come un organismo surdeterminato grazie alla sua macro-
organizzazione).



    4. I filoni di punta delle elfoscienze


Attualmente le/gli elfoscienziate/i sono impegnate/i su molteplici filoni di ricerca, tra i quali
emergono, per quantità di risorse elfiche e naturali impegnate, i seguenti:

    -   la cosmicistica (l’influenza delle masse cosmiche sulle particelle elementari)
    -   la fitoinduzione genetica (la relazione fra genoma animale e genoma vegetale)
    -   la falsificazione animistica (l’applicazione del principio della falsificazione allo sviluppo
        psichico)
    -   la concettualità massica (l’influenza del macrocosmo sulle ideologie filosofiche)
    -   la neodinamica (lo sviluppo del IV principio della termodinamica)


Per ognuno di questi filoni vengono di seguito illustrati i presupposti scientifici, le metodologie e lo
stato dei lavori
5. La cosmicistica


L’antica cosmicistica elfica, più o meno leggendaria, riportata nei manoscritti in lingua Quenya,
caratterizza il cosmo come così costituito:
    - Arda (la terra)
    - Ilmen (lo spazio esterno)
    - Eä (l’universo)
    - Avakuma (il vuoto)

Muovendosi sulla scia della grande psicostorica Elcandur, il punto di partenza adottato è quello di
assumere che le antiche leggende siamo comunque l’illustrazione, sia pur in termini obnubilanti a
causa del suo manifestarsi nella relativa microcosmicità di Arda (la terra), dell’intero universo
(inteso come l’insieme di Eä e Avakuma).
E’ infatti dal macrocosmo di Avakuma che traggono origine Eä, Ilmen ed Arda.

L’ipotesi di partenza è dunque quella che all’origine dell’universo non sia il “big bang”, ma sia il
manifestarsi di un macrocosmo che poi organizza il suo spazio-temporale ancora informe,
articolandosi in una sempre più minuscola suddivisione di pieno-vuoto, fino a dar origine alle
galassie, alle stelle, ai sistemi planetari, alla materia, a sua volta articolatasi poi in molecole, atomi,
particelle elementari.

E’ comunque necessaria a questo punto una doverosa precisazione: non si tratta qui di un motore
immobile, di un dio, di un demiurgo.

Anche se questi concetti religiosi possono forse essere utilizzati come un veicolo per introdurre
surrettiziamente la cosmicistica, si deve prestare estrema attenzione a mantenere un certo distacco
da questo veicolo, pena una deriva incontrollabile che allontanerebbe sempre di più la cosmicistica
dall’ambito scientifico.

In realtà l’ipotesi della originale manifestazione del macrocosmo, come origine dell’universo
conosciuto, non può prescindere dal riconoscimento degli universi paralleli, l’esistenza dei quali,
anche se non ancora dimostrata, appare comunque essere in completa sintonia con quanto le più
avanzate ricerche della quantistica tradizionale stanno disvelando.

Il macrocosmo dunque, come un’entità indefinibile in un monistico universo che non riesce a
relazionarsi con gli universi paralleli, ma al di là questo realmente ipotizzabile.

Le/gli elfo scienziate/i che di questo si occupano pongono tra l’altro in evidenza come sia
scarsamente sostenibile l’ipotesi di un elemento iniziale che contenga in sé il “progetto” di un
universo, mentre appare ben più elficamente razionale il disvelarsi nella nostra dimensione spazio-
temporale di un macrocosmo che in altri universi paralleli può assumere qualunque caratteristica, e,
quindi, anche la nostra.



      6. La fitoinduzione genetica


L’analisi del meccanismo clorofilliano, l’apprezzamento della complessità di tale meccanismo,
l’attenta valutazione dell’interazione mondo vegetale – mondo animale e, in particolare, la
considerazione della trasmissione di “messaggi” tramite i feromoni, hanno indotto alcune/i elfo
scienziate/i ad analizzare più in profondità la possibile influenza del mondo vegetale su quello
umano.

Naturalmente, nel far ciò, molto ha aiutato il ricordo della quasi simbiosi elfi-foresta tipica dei
Nandor (o Elfi Silvani), quelli che rimasero nella Terra di Mezzo, senza mai superare i Monti
Brumosi.

L’ipotesi di partenza è che la sensibilità al mondo vegetale sia dovuta al permanere nel DNA umano
di alcuni geni tipici del mondo vegetale, geni che, in genere quiescenti, vengono peraltro attivati dai
feromoni emessi dal mondo vegetale.

Un interessante esperimento inverso (inverso nel senso di ribaltare l’approccio scientifico
tradizionale in quello elfico del “top-down”) riguarda un particolare composto utilizzato nella
cosiddetta “lotta biotecnica” in agricoltura.

Il composto in questione è il 1,7-dioxaspiro-5,5-undecano, un composto eterociclico prodotto in
natura dalle femmine adulte della mosca delle olive, che è il componente principale del feromone
sessuale di questa specie: esso viene utilizzato come attrattivo sessuale per i maschi della mosca
nelle trappole per il “mass trapping.
Ebbene l’ipotesi di lavoro è che un analogo composto (attualmente classificato nella chimica elfica
come “ulivo/olio/componente 343”), riscontrabile direttamente nelle ulive non ancora raccolte,
provochi l’attivazione di un gene della mosca delle olive, gene che, a sua volta trova corrispondenza
in un particolare gene del DNA umano, al quale si associa la reazione gustativa all’assorbimento di
olio d’oliva.

Questo filone di ricerca si segnala anche per una possibile, più facile, penetrazione nell’accademia
tradizionale, veicolandosi, possibilmente in maniera subliminale, attraverso il crescente interesse
per l’alimentazione cosiddetta naturale e l’ agricoltura cosiddetta biologica.



      7. La falsificazione animistica


Nello studio dei fenomeni psichici, un ramo finora abbastanza trascurato dagli studi elfici, è
recentemente emersa la figura di Franciel Mulphien, che ha ripreso le poche analisi effettuate sulle
leggendarie figure di Galadriel (la Dama di Lórien, la più grande signora dei Noldor) e di Lùthien
(la più bella di tutti i figli di Ilùtavar).

In particolare le ricerche del gruppo femmoanalitico da lei diretto si stanno indirizzando sulla
verifica della falsificabilità del matriarcato.

La posizione dominante di Galadriel , contrapposta a quella di Luthien, viene infatti analizzata
come archetipo della falsificazione (la posizione dominante di Gadriel “falsificata” dal
riduzionismo a fenomeno “estetico” di Luthien).

Una posizione questa che, come viene affermato dallo stesso gruppo femmoanalitico, poteva trovare
un facile veicolo di trasmissione in un certo “femminismo d’antan”, ma che, adesso, dovrà trovare
altre vie.
D’altra parte l’altro veicolo disponibile, la falsicabilità popperiana, sembra sempre di più limitarsi ai
paradigmi fisico-matematici-biologici, negando quindi “ab ovo” un possibile strumento di
comunicazione con l’accademia tradizionale nel campo delle cosiddette “scienze psichiche”.

Ma, tornando ai contenuti della ricerca, l’ipotesi di base fa riferimento ad un iniziale macrocosmo
femminile.

Perché un macrocosmo femminile ?
Perché si tratta di un macrocosmo che dà origine al microcosmo: quindi un macrocosmo che
genera: quindi un macrocosmo-donna.
E il genoma quindi altro non è che il prodotto di un “parto”: il prodotto del macrocosmo (che, tra
l’altro, alcune delle più battagliere scienziate vorrebbero ribattezzare “macromadre”).

Ma il genoma, secondo le più avanzate tecniche riproduttive (vedasi gli studi sulla clonazione) può
anche autoriprodursi, senza la “mediazione” di una madre: ed ecco dunque falsificato il principio
del matriarcato.




      8. La concettualità massica


Dopo la quasi-affermazione della concettualità massica, realizzatasi in alcuni gloriosi momenti del
passato, l’affermazione di questo concetto sembra trovare crescenti ostacoli nell’accademia
tradizionale.

E’ stata quindi una scelta inevitabile, quella del Consiglio Elfico della Ricerca, di assegnare
cospicue risorse alle/gli scienziate/ elfiche/i che operano nel campo della comprensione
(l’accademia tradizionale si riferisce ad essa come filosofia).

Ed il punto di partenza è stato quello di analizzare le ragioni del quasi successo del passato.

Il primo quasi successo risale infatti agli anni intorno al 400 a.c. (secondo la cronologia moderno-
papista), quando Platone scrive il VII libro di “La Repubblica”, descrivendo il mito della caverna,
dove gli oggetti altro non sono che copie imperfette delle idee.

Il secondo quasi successo si realizza, dopo altri due millenni, con le “categorie” kantiane, anche se,
in questo caso, pesa la formidabile limitazione dovuta all’ipotesi del noumeno.

In realtà, è emerso dall’analisi storica, si è trattato di un fenomeno causale: non è stata infatti
riscontrabile alcune significativa influenza delle/gli studiose/i elfici dei rispettivi periodi sulle
costruzioni filosofiche di Platone e di Kant.
Non è quindi disponibile un modello di influenza al quale far riferimento.

Entrando comunque nel merito della ricerca: l’ipotesi di base è che la conoscenza non sia solo un
graduale aumento degli strumenti interpretativi della realtà, ma sia anche, anzi, che sia soprattutto il
graduale dispiegarsi dell’influenza del macrocosmo.
La conoscenza sarebbe infatti già massivamente presente, sia pur in stato quiescente, nelle persone,
veicolata dal genoma.
Ma la sua estrinsecazione richiede una sollecitazione esterna, una sollecitazione dunque derivante
dal macrocosmo, che costituisce il nostro “esterno”.

Alla domanda se tutto il comprensibile sia già contenuto nel genoma, la risposta è dunque: lo è allo
stato potenziale, ma solo l’esterno, il macrocosmo può attivare tale potenzialità.

Come è evidente, siamo ancora ai primi stadi della ricerca: una ricerca tra l’altro resa più difficile
dall’attuale situazione dell’accademia tradizionale, che si sta sempre più indirizzante verso derive
meta-filosofiche, rincorrendo succedanei come le teorie del linguaggio ed il pensiero debole.



      8. La neodinamica


Lo scopo della ricerca è quello di ricavare una IV legge della termodinamica, che faccia i conti con
la dimensione quantistica del microcosmo.

La possibilità di diversi stati quantici per una stessa particella elementare, espressa in termini di
probabilità di sussistenza in uno dei diversi stati quantici, coniugata all’indeterminazione di una
univoca, contemporanea definizione di posizione e momento, non consentono più di individuare, a
questa scala, un livello di organizzazione definibile a livello di entropia.
Né, d’altra parte, l’introduzione della componente temporale nella caratterizzazione dello stato di
una particella ne permette una precisa allocazione.

I tentativi in corso nella fisica accademica tradizionale sono dunque di fronte ad un bivio:
proseguire nella “scomposizione” delle particelle, utilizzando sempre più astrazioni matematiche,
come le stringhe, o andare alla ricerca della particella unificante (il bosone di Higgs).

Un primo approccio elfico, che (tentativo alquanto audace) rinunciava alla contrapposizione
macrocosmo/microcosmo, proponendosi di esplorare uno stato intermedio, non meglio definito, fu
portato avanti da un piccolo gruppo di fisicocreative/i.
Il primo risultato fu clamoroso: l’approccio trovò spazio nel mondo accademico tradizionale: ne fu
infatti derivata una teoria, quella della “fusione fredda”, che però fu ben presto inficiata dalla
incapacità della attuale scienza accademica tradizionale di lasciare aprirsi un varco di novità nella
sua inattaccabile costruzione.

Anche se il Consiglio Elfico della Ricerca ha poi consentito che un piccolo gruppo di scienziate/i
continuasse a saggiare la possibilità di uno stato intermedio, la maggior parte delle/gli scienziate/i
elfici stanno ora lavorando sulla base del principio base, dell’approccio top-down.
E’ dunque il comportamento del macrocosmo che conviene analizzare, per poi derivarne, di riflesso,
le leggi che regolano il comportamento del microcosmo.
Di qui il tentativo di proporre una nuova definizione di energia, che tenga insieme gli aspetti
corpuscolari e ondulatori, nonché le sue caratteristiche multidimensionali e multi temporali.




Elen sila lumenn omentilmo
Una stella brillerà al momento del nostro incontro

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Elfoscienze

  • 1. ELFOSCIENZE a cura di Benelfser
  • 2. Questo breve saggio è dedicato a “Donne e scienza”, un’associazione che, pur se inconsapevolmente, si muove nello spirito elfico. Un particolare ringraziamento a Elisa Molinari che, con le sue attività nano scientifiche, mostra come sia possibile penetrare la rigidità dell’accademia tradizionale inserendovi elementi della cultura norrrena.
  • 3. 1. Premessa Uno dei settori di punta della ricerca moderna è quello delle nanoscienze. Indubbiamente un campo di ricerca affascinante, anche per le sue possibili, innumerevoli ricadute tecnologiche in campo medico, in elettronica, nei beni consumo, e così via. E’ però forse giusto chiedersi perché siano state invece trascurate le altre scienze, che come le nanoscienze, affondano le loro origini nella cultura norrena (la cultura elfica originaria), come le trollscienze e le elfoscienze. Riteniamo dunque giusto colmare questa lacuna, iniziando dalle elfoscienze. 2. Elfoscienze Così come le nanoscienze si definiscono in relazione alle dimensioni metriche della materia della quale si occupano (i nanometri: 10-9 m), così le elfoscienze si definiscono in relazione alla caratteristica transmaterica dell’elfità, ove l’elfità è definita come l’interazione (misurabile in unità di benserite) fra cervello umano e materia. Anche se ormai vi sono solo labili tracce delle elfoscienze originarie (riscontrabili, ad esempio, nei graffiti elfici che sono stati scoperti sui tronchi della foresta pietrificata di Pratislawskj), non c’è dubbio che le elfoscienze abbiano alle spalle una lunga storia. Certamente una storia travagliata, dal momento che le elfoscienze non sono mai state ben viste dal mondo accademico tradizionale, tanto che si sono sempre dovute sviluppare al riparo di altre branche scientifiche più “convenzionali” come la medicina naturale, l’ecologia, o, addirittura le religioni (evidente a questo proposito l’utilizzo di figure rilevanti come i “profeti” nel tentativo di diffondere alcuni risultati, anche di rilevanza pratica, ottenuti dalle elfoscienze). Tralasciando comunque di ripercorrere questa storia (dalle iscrizioni tombali del sito archeologico di Bundala ai manoscritti del frate danese Jel Funden), arriviamo ai nostri giorni. Se, per certi aspetti, la situazione attuale è, come per il passato, caratterizzata dalla difficoltà di far accettare al mondo accademico tradizionale i principi delle elfoscienze, è anche vero che adesso si è aperta una grande opportunità per uscire dalla “clandestinità”. Questa opportunità è data dall’ormai affermato radicamento delle nano scienze. E va indubbiamente riconosciuto alle/ai colleghe/i nanoscienziate/i l’enorme merito di essere state/i capaci di aver imposto le nanoscienze come scienze riconosciute (nel senso tradizionale del termine) attraverso un loro “mascheramento” con contenuti, tecniche, linguaggi, propri delle scienze convenzionali. E’ quindi giunto il momento anche per le elfoscienze di “emergere”: e la via da seguire è probabilmente quella magistralmente riassunta nella comunicazione di Nanelisa al convegno “Il modello nanesco per la penetrazione delle nanoscenze: un percorso valido per tutte le scienze norreniche ? ”
  • 4. 3. Il principio base delle elfoscienze Normalmente si ritiene che il macrocosmo (inteso come l’insieme degli oggetti e degli esseri viventi che rientrano nel campo della percezione sensibile degli umani non assistita da strumenti) sia univocamente determinato da una precisa organizzazione (non necessariamente statica) del microcosmo (definibile in termini generali, in relazione allo stadio di sviluppo delle scienze convenzionali, attraverso espressioni quali: molecole, atomi, particelle elementari, onde elettromagnetiche, quanti, ecc.) L’approccio elfico è invece del tipo “top-down”: è dunque il macrocosmo che determina il microcosmo e non viceversa. Un notevole esempio di questo approccio è peraltro riscontrabile in uno dei pochi campi nei quali alcune/i valorose/i elfoscienziate/i sono riuscite a “penetrare” la scienza tradizionale. Si tratta dell’approccio che, usando il linguaggio tradizionale, viene definito come epigenetico. Si è infatti riuscite/i, pur attraverso le inevitabili (e talvolta disastrose) distorsioni, a far penetrare l’idea che il microcosmo (ad esempio il DNA di una cellula) è fondamentalmente influenzato, più ancora che dall’intervento diretto di microfattori esogeni (quali molecole e radiazioni), da una porzione di macrocosmo (ad esempio la membrana cellulare) che agisce sul microcosmo (il DNA) attraverso il suo macrocomportamento (comportandosi cioè da organismo complesso, organizzando dunque a sua volta il comportamento dei suoi microcomponenti, in termini, ad esempio, di reazioni chimiche, ma comunque sempre agendo come un organismo surdeterminato grazie alla sua macro- organizzazione). 4. I filoni di punta delle elfoscienze Attualmente le/gli elfoscienziate/i sono impegnate/i su molteplici filoni di ricerca, tra i quali emergono, per quantità di risorse elfiche e naturali impegnate, i seguenti: - la cosmicistica (l’influenza delle masse cosmiche sulle particelle elementari) - la fitoinduzione genetica (la relazione fra genoma animale e genoma vegetale) - la falsificazione animistica (l’applicazione del principio della falsificazione allo sviluppo psichico) - la concettualità massica (l’influenza del macrocosmo sulle ideologie filosofiche) - la neodinamica (lo sviluppo del IV principio della termodinamica) Per ognuno di questi filoni vengono di seguito illustrati i presupposti scientifici, le metodologie e lo stato dei lavori
  • 5. 5. La cosmicistica L’antica cosmicistica elfica, più o meno leggendaria, riportata nei manoscritti in lingua Quenya, caratterizza il cosmo come così costituito: - Arda (la terra) - Ilmen (lo spazio esterno) - Eä (l’universo) - Avakuma (il vuoto) Muovendosi sulla scia della grande psicostorica Elcandur, il punto di partenza adottato è quello di assumere che le antiche leggende siamo comunque l’illustrazione, sia pur in termini obnubilanti a causa del suo manifestarsi nella relativa microcosmicità di Arda (la terra), dell’intero universo (inteso come l’insieme di Eä e Avakuma). E’ infatti dal macrocosmo di Avakuma che traggono origine Eä, Ilmen ed Arda. L’ipotesi di partenza è dunque quella che all’origine dell’universo non sia il “big bang”, ma sia il manifestarsi di un macrocosmo che poi organizza il suo spazio-temporale ancora informe, articolandosi in una sempre più minuscola suddivisione di pieno-vuoto, fino a dar origine alle galassie, alle stelle, ai sistemi planetari, alla materia, a sua volta articolatasi poi in molecole, atomi, particelle elementari. E’ comunque necessaria a questo punto una doverosa precisazione: non si tratta qui di un motore immobile, di un dio, di un demiurgo. Anche se questi concetti religiosi possono forse essere utilizzati come un veicolo per introdurre surrettiziamente la cosmicistica, si deve prestare estrema attenzione a mantenere un certo distacco da questo veicolo, pena una deriva incontrollabile che allontanerebbe sempre di più la cosmicistica dall’ambito scientifico. In realtà l’ipotesi della originale manifestazione del macrocosmo, come origine dell’universo conosciuto, non può prescindere dal riconoscimento degli universi paralleli, l’esistenza dei quali, anche se non ancora dimostrata, appare comunque essere in completa sintonia con quanto le più avanzate ricerche della quantistica tradizionale stanno disvelando. Il macrocosmo dunque, come un’entità indefinibile in un monistico universo che non riesce a relazionarsi con gli universi paralleli, ma al di là questo realmente ipotizzabile. Le/gli elfo scienziate/i che di questo si occupano pongono tra l’altro in evidenza come sia scarsamente sostenibile l’ipotesi di un elemento iniziale che contenga in sé il “progetto” di un universo, mentre appare ben più elficamente razionale il disvelarsi nella nostra dimensione spazio- temporale di un macrocosmo che in altri universi paralleli può assumere qualunque caratteristica, e, quindi, anche la nostra. 6. La fitoinduzione genetica L’analisi del meccanismo clorofilliano, l’apprezzamento della complessità di tale meccanismo, l’attenta valutazione dell’interazione mondo vegetale – mondo animale e, in particolare, la
  • 6. considerazione della trasmissione di “messaggi” tramite i feromoni, hanno indotto alcune/i elfo scienziate/i ad analizzare più in profondità la possibile influenza del mondo vegetale su quello umano. Naturalmente, nel far ciò, molto ha aiutato il ricordo della quasi simbiosi elfi-foresta tipica dei Nandor (o Elfi Silvani), quelli che rimasero nella Terra di Mezzo, senza mai superare i Monti Brumosi. L’ipotesi di partenza è che la sensibilità al mondo vegetale sia dovuta al permanere nel DNA umano di alcuni geni tipici del mondo vegetale, geni che, in genere quiescenti, vengono peraltro attivati dai feromoni emessi dal mondo vegetale. Un interessante esperimento inverso (inverso nel senso di ribaltare l’approccio scientifico tradizionale in quello elfico del “top-down”) riguarda un particolare composto utilizzato nella cosiddetta “lotta biotecnica” in agricoltura. Il composto in questione è il 1,7-dioxaspiro-5,5-undecano, un composto eterociclico prodotto in natura dalle femmine adulte della mosca delle olive, che è il componente principale del feromone sessuale di questa specie: esso viene utilizzato come attrattivo sessuale per i maschi della mosca nelle trappole per il “mass trapping. Ebbene l’ipotesi di lavoro è che un analogo composto (attualmente classificato nella chimica elfica come “ulivo/olio/componente 343”), riscontrabile direttamente nelle ulive non ancora raccolte, provochi l’attivazione di un gene della mosca delle olive, gene che, a sua volta trova corrispondenza in un particolare gene del DNA umano, al quale si associa la reazione gustativa all’assorbimento di olio d’oliva. Questo filone di ricerca si segnala anche per una possibile, più facile, penetrazione nell’accademia tradizionale, veicolandosi, possibilmente in maniera subliminale, attraverso il crescente interesse per l’alimentazione cosiddetta naturale e l’ agricoltura cosiddetta biologica. 7. La falsificazione animistica Nello studio dei fenomeni psichici, un ramo finora abbastanza trascurato dagli studi elfici, è recentemente emersa la figura di Franciel Mulphien, che ha ripreso le poche analisi effettuate sulle leggendarie figure di Galadriel (la Dama di Lórien, la più grande signora dei Noldor) e di Lùthien (la più bella di tutti i figli di Ilùtavar). In particolare le ricerche del gruppo femmoanalitico da lei diretto si stanno indirizzando sulla verifica della falsificabilità del matriarcato. La posizione dominante di Galadriel , contrapposta a quella di Luthien, viene infatti analizzata come archetipo della falsificazione (la posizione dominante di Gadriel “falsificata” dal riduzionismo a fenomeno “estetico” di Luthien). Una posizione questa che, come viene affermato dallo stesso gruppo femmoanalitico, poteva trovare un facile veicolo di trasmissione in un certo “femminismo d’antan”, ma che, adesso, dovrà trovare altre vie.
  • 7. D’altra parte l’altro veicolo disponibile, la falsicabilità popperiana, sembra sempre di più limitarsi ai paradigmi fisico-matematici-biologici, negando quindi “ab ovo” un possibile strumento di comunicazione con l’accademia tradizionale nel campo delle cosiddette “scienze psichiche”. Ma, tornando ai contenuti della ricerca, l’ipotesi di base fa riferimento ad un iniziale macrocosmo femminile. Perché un macrocosmo femminile ? Perché si tratta di un macrocosmo che dà origine al microcosmo: quindi un macrocosmo che genera: quindi un macrocosmo-donna. E il genoma quindi altro non è che il prodotto di un “parto”: il prodotto del macrocosmo (che, tra l’altro, alcune delle più battagliere scienziate vorrebbero ribattezzare “macromadre”). Ma il genoma, secondo le più avanzate tecniche riproduttive (vedasi gli studi sulla clonazione) può anche autoriprodursi, senza la “mediazione” di una madre: ed ecco dunque falsificato il principio del matriarcato. 8. La concettualità massica Dopo la quasi-affermazione della concettualità massica, realizzatasi in alcuni gloriosi momenti del passato, l’affermazione di questo concetto sembra trovare crescenti ostacoli nell’accademia tradizionale. E’ stata quindi una scelta inevitabile, quella del Consiglio Elfico della Ricerca, di assegnare cospicue risorse alle/gli scienziate/ elfiche/i che operano nel campo della comprensione (l’accademia tradizionale si riferisce ad essa come filosofia). Ed il punto di partenza è stato quello di analizzare le ragioni del quasi successo del passato. Il primo quasi successo risale infatti agli anni intorno al 400 a.c. (secondo la cronologia moderno- papista), quando Platone scrive il VII libro di “La Repubblica”, descrivendo il mito della caverna, dove gli oggetti altro non sono che copie imperfette delle idee. Il secondo quasi successo si realizza, dopo altri due millenni, con le “categorie” kantiane, anche se, in questo caso, pesa la formidabile limitazione dovuta all’ipotesi del noumeno. In realtà, è emerso dall’analisi storica, si è trattato di un fenomeno causale: non è stata infatti riscontrabile alcune significativa influenza delle/gli studiose/i elfici dei rispettivi periodi sulle costruzioni filosofiche di Platone e di Kant. Non è quindi disponibile un modello di influenza al quale far riferimento. Entrando comunque nel merito della ricerca: l’ipotesi di base è che la conoscenza non sia solo un graduale aumento degli strumenti interpretativi della realtà, ma sia anche, anzi, che sia soprattutto il graduale dispiegarsi dell’influenza del macrocosmo. La conoscenza sarebbe infatti già massivamente presente, sia pur in stato quiescente, nelle persone, veicolata dal genoma.
  • 8. Ma la sua estrinsecazione richiede una sollecitazione esterna, una sollecitazione dunque derivante dal macrocosmo, che costituisce il nostro “esterno”. Alla domanda se tutto il comprensibile sia già contenuto nel genoma, la risposta è dunque: lo è allo stato potenziale, ma solo l’esterno, il macrocosmo può attivare tale potenzialità. Come è evidente, siamo ancora ai primi stadi della ricerca: una ricerca tra l’altro resa più difficile dall’attuale situazione dell’accademia tradizionale, che si sta sempre più indirizzante verso derive meta-filosofiche, rincorrendo succedanei come le teorie del linguaggio ed il pensiero debole. 8. La neodinamica Lo scopo della ricerca è quello di ricavare una IV legge della termodinamica, che faccia i conti con la dimensione quantistica del microcosmo. La possibilità di diversi stati quantici per una stessa particella elementare, espressa in termini di probabilità di sussistenza in uno dei diversi stati quantici, coniugata all’indeterminazione di una univoca, contemporanea definizione di posizione e momento, non consentono più di individuare, a questa scala, un livello di organizzazione definibile a livello di entropia. Né, d’altra parte, l’introduzione della componente temporale nella caratterizzazione dello stato di una particella ne permette una precisa allocazione. I tentativi in corso nella fisica accademica tradizionale sono dunque di fronte ad un bivio: proseguire nella “scomposizione” delle particelle, utilizzando sempre più astrazioni matematiche, come le stringhe, o andare alla ricerca della particella unificante (il bosone di Higgs). Un primo approccio elfico, che (tentativo alquanto audace) rinunciava alla contrapposizione macrocosmo/microcosmo, proponendosi di esplorare uno stato intermedio, non meglio definito, fu portato avanti da un piccolo gruppo di fisicocreative/i. Il primo risultato fu clamoroso: l’approccio trovò spazio nel mondo accademico tradizionale: ne fu infatti derivata una teoria, quella della “fusione fredda”, che però fu ben presto inficiata dalla incapacità della attuale scienza accademica tradizionale di lasciare aprirsi un varco di novità nella sua inattaccabile costruzione. Anche se il Consiglio Elfico della Ricerca ha poi consentito che un piccolo gruppo di scienziate/i continuasse a saggiare la possibilità di uno stato intermedio, la maggior parte delle/gli scienziate/i elfici stanno ora lavorando sulla base del principio base, dell’approccio top-down. E’ dunque il comportamento del macrocosmo che conviene analizzare, per poi derivarne, di riflesso, le leggi che regolano il comportamento del microcosmo. Di qui il tentativo di proporre una nuova definizione di energia, che tenga insieme gli aspetti corpuscolari e ondulatori, nonché le sue caratteristiche multidimensionali e multi temporali. Elen sila lumenn omentilmo Una stella brillerà al momento del nostro incontro