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La comunicazione non verbale: Nord e Sud Italia a confronto
1. Metodi e Tecniche di Analisi della Comunicazione e dei Processi
Cognitivi
Stefania Menici
Matricola 3405119
Anno Accademico 2007/2008
Comunicazione non verbale, matrimonio e tradimento tra Nord e
Sud Italia.
Gruppo di ricerca: Nord e Sud Italia: un confronto tra
comunicazione non verbale, matrimonio e tradimento.
Agnese Donati, Michela Favini, Belén Maviglia, Stefania Menici
Università Cattolica del Sacro Cuore
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2. INDICE
1. Abstract pag. 3
2. Introduzione e premesse teoriche pag. 4
3. Obiettivi e ipotesi del lavoro pag. 11
4. Metodi, tecniche e strumenti pag. 12
5. Percorso di analisi pag. 15
6. Discussione ragionata pag. 18
7. Bibliografia pag. 20
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3. ABSTRACT
La ricerca come il luogo di provenienza possa influire sulla gesticolazione di 20 soggetti sottoposti
ad una serie di domande (10 con provenienza Nord Italia e 10 con provenienza Sud Italia).
Le interviste semistrutturate, svolte da un’intervistatrice di sesso femminile, vengono
videoregistrate e valutate da tre giudici nel numero di gesti prodotti secondo una griglia di
valutazione precedentemente costruita.
Si indaga inoltre l’opinione del campione nei confronti di due argomenti: matrimonio e tradimento,
le risposte vengono poi sottoposte ad analisi del contenuto.
Secondo l’ipotesi sperimentale i soggetti del Sud avrebbero dovuto produrre un numero maggiore di
gesti dei soggetti del Nord.
I risultati non hanno confermato l’ipotesi, né in riferimento alla comunicazione non verbale, né
riguardo all’analisi del contenuto, ma hanno permesso di individuare limiti e punti di forza
dell’esperimento e di suggerire spunti e riflessioni sulle metodologie impiegate.
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4. INTRODUZIONE E PREMESSE TEORICHE
Comunicare è ciò che facciamo continuamente e il nostro corpo è l’unico mezzo che ci permette di
entrare in contatto con il resto del mondo.
Non vi è alcun dubbio che nell’uomo il sistema comunicativo apparentemente più importante sia
quello verbale. Tale indiscutibile predominanza del sistema verbale ha permeato gli interessi
di ricerca fino a pochi anni fa ed ha portato molti autori a trascurare la possibilità di altri sistemi
comunicativi, o comunque a considerarli di importanza minore.
In realtà oltre allo svolgersi del discorso verbale vi è tutto un altro universo comunicativo che
avviene nella maggior parte dei casi nell’inconsapevolezza degli interlocutori, ma che per molti
versi addirittura ‘dirige’ l’espressione verbale dei contenuti : la comunicazione non verbale.
Lo studio della comunicazione non verbale ha radici relativamente antiche: la prima monografia
dedicata all’argomento risale al XVII sec. Nel XVIII sec. lo studio di questi fenomeni – e in
particolare del gesto – era considerato un elemento determinante per la comprensione dell’origine
del pensiero e del linguaggio, possiamo già infatti risalire a degli studi di Diderot (1751) e
Condillac (1756).
La ricerca concernente la sfera non verbale era però ancora asistematica, suo unico scopo era quello
di suffragare le innumerevoli teorie filosofiche sull’origine della società.
I primi studi autonomi sulla CNV risalgono alla prima metà del ‘900: K. Lorenz (1939) e Eibl-
Eibesfeldt (1949). L’approccio è prevalentemente zoologico o biologico.
L’importanza di questo campo di studi è andata crescendo nella seconda metà del ‘900,
coinvolgendo un numero considerevole di discipline.
Anche alcuni studiosi di linguistica si sono interessati all’argomento, come Bloomfield (1933), il
quale afferma che “Il gesto accompagna il parlato ed è soggetto a convenzioni sociali. Tuttavia il
suo meccanismo è ovvio”.
Pike, un altro linguista, sostiene un approccio alla CNV dalla prospettiva della teoria unificata della
struttura del comportamento umano, secondo la quale, la lingua è solo una fase dell’attività umana e
non dovrebbe essere dissociata da altre fasi. Per provare la sua teoria, Pike citò un gioco in cui le
parole di una frase erano progressivamente sostituite da gesti. Il gioco descritto dimostra che forme
non verbali posso essere strutturalmente integrate con forme verbali.
Lo studio scientifico della comunicazione non verbale risale quindi al periodo immediatamente
successivo al secondo conflitto mondiale; la prima metà del secolo è stata infatti caratterizzata, tra
gli altri, da isolati studi sulla voce, l’abbigliamento e il volto.
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5. Con gli anni ’50 si è invece avuto un significativo incremento del numero di ricerche sulla
comunicazione non verbale, ma è a partire dagli anni ’60 che si è manifestata una vera e propria
esplosione dell’attenzione da parte dei ricercatori psicosociali.
Inizialmente la definizione di comunicazione non verbale comprendeva l’intero insieme di “tutto
ciò che è non verbale”.
Questo implicava che sotto l’etichetta di CNV si raccogliessero fenomeni disparati, quali: gesti
delle mani e della testa, espressioni facciali, gesti vocali, abbigliamento (Argyle, 1982).
Una definizione del genere è intuitivamente troppo vasta, possiamo invece sostenere che si tratti di
una trasmissione intenzionale di informazione da un emittente A a un ricevente B.
La classificazione più esaustiva del Comportamento non verbale è di Ekman e Friesen (1969), che
classificano il comportamento non verbale umano secondo sei tratti:
• Condizioni esterne;
• Rapporto col comportamento verbale associato;
• Consapevolezza nell’emissione;
• Intenzionalità dell’emissione;
• Feedback dal ricevente;
• Tipo di informazione veicolata.
Secondo i parametri appena elencati, Ekman e Friesen (1976) suddividono il comportamento non
verbale in tre categorie:
Atti informativi, se forniscono informazioni riguardo al parlante, ma non sono intenzionali;
Atti comunicativi, se sono chiaramente e intenzionalmente mirati a trasmettere un
significato al ricevente;
Atti interattivi, se tendono a modificare o influenzare il comportamento interattivo del
ricevente.
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6. La concezione innatista e la teoria neuroculturale
Un primo contributo intitolato “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” scritto
nel 1872 da Charles Darwin sostiene che le espressioni del volto veicolano gli stessi stati emotivi in
tutte le culture, e che queste espressioni si sono sviluppate a causa della loro utilità per la
sopravvivenza.
Gli psicologi evoluzionisti cercano di individuare gli aspetti universali (innati) della comunicazione
non verbale e a questo proposito sono state individuate espressioni facciali ben definite che
corrispondono alle sei emozioni di base (rabbia, paura, felicità, tristezza, sorpresa e disgusto),
vengono universalmente riconosciute in culture molto diverse (Ekman e coll 1984, Izard, 1994).
La teoria bio-evoluzionista spiega come e perchè pattern di comportamenti si siano evoluti
dall’inizio dei tempi. Le teorie evoluzioniste non si sono sviluppate con lo scopo di spiegare e
predire i comportamenti comunicativi, ma sono animate dalla voglia di capire come le
caratteristiche delle specie cambino e si sviluppino nel tempo. È solo recentemente che ricerche di
questo tipo sono state applicate allo studio della comunicazione non verbale.
I concetti chiave che guidano il paradigma bioevoluzionistico rispetto alla comunicazione non
verbale sono 4:
1. tratti ereditari sono passati di generazione in generazione perché garantivano sopravvivenza
e successo riproduttivo;
2. l’evoluzione aiuta a spiegare percezioni, preferenze, e comportamenti, inclusi fenomeni
quali affiliazione, attaccamento, altruismo, dominanza e sessualità;
3. processi evoluzionisti aiutano a spiegare la somiglianza cross-culturale in queste percezioni,
preferenze e comportamenti, senza però sottovalutare l’influenza delle forze ambientali e
culturali. L’evoluzione è però la fondamentale e ultima spiegazione del comportamento,
rispetto a cultura e ambiente;
4. alcune differenze di genere nella comunicazione non verbale possono essere collegate a
processi evoluzionisti come la’ccoppiamento e l’adattamento riproduttivo.
Anche se alcuni studiosi hanno difficoltà ad accettare la prospettiva bioevoluzionistica perché la
considerano troppo deterministica (Andersen, 1998) è difficile negare che la biologia e l’evoluzione
non abbiano un impatto sulla comunicazione non verbale. Evidenze empiriche derivate da studi
sulle somiglianze cross-culturali nell’espressione delle emozioni e in altri comportamenti non
verbali (Eibl- Eibesfeldt 1989; Fridlund 1994) suggeriscono che i processi evolutivi hanno dato
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7. forma al comportamento umano durante i secoli, come dimostrano le ricerche sui bambini
nell’encoding e decoding di comportamenti vocali e cinesici, indipendentemente dalla cultura
(Oster e Ekman 1978).
La concezione di Darwin fu ripresa da vari studiosi, tra cui Izard, che ha proposto la teoria
differenziale delle emozioni, le quali, attraverso l’esecuzione di programmi nervosi innati,
producono la configurazione di determinate espressioni facciali e movimenti corporei (Anolli,
2006).
Ekman fa invece riferimento alla teoria neuroculturale secondo la quale le configurazioni espressive
tipiche delle emozioni sono innate ed universali, mentre le differenze culturali sono da ricercarsi in:
situazioni che suscitano particolari emozioni e regole che governano l’espressione emotiva. Il
termine “neuro” si riferisce al programma espressivo neuromotorio. Il termine “culturale” si
riferisce soprattutto alle “circostanze attivanti” ed alle “regole di esibizione”
(intensificazione,attenuazione, neutralizzazione,simulazione, dissimulazione).
Un punto critico di questo paradigma è che la genetica è privilegiata rispetto all’ambiente nella
spiegazione del comportamento umano.
Il dibattito natura-cultura è oggetto di scontro tra gli studiosi sin dal 1700. Gli evoluzionisti
sostengono che l’ambiente sia preso in considerazione nella loro visione. Per esempio Simspon e
Kenrick (1997) precisano che la cultura e la genetica lavorano insieme per fornire le migliori
predizioni del comportamento umano. Tuttavia sostengono anche che le differenze culturali
possono essere spiegate dai processi evoluzionistici perché le persone di varie culture avevano
differenti opportunità ambientali che hanno permesso loro di sviluppare un certo adattamento.
Per questo è difficile falsificare questi approcci. È comunque importante riconoscere il fatto che le
caratteristiche genetiche che erano adattative nel passato possono non esserlo più al giorno d’oggi. I
cambiamenti genetici avvengono infatti più lentamente di quelli culturali.
Paradigma socioculturale
Secondo questo approccio la comunicazione non verbale è appresa nel corso dell’infanzia al pari
della lingua e presenta variazioni sistematiche da cultura a cultura, dal sistema dei gesti e delle
espressioni facciali (Anolli, 2006).
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8. Un assunto fondamentale che distingue questo paradigma dal precedente è che il comportamento
interpersonale e i suoi significati sono appresi tramite conoscenze sociali o culturali e quindi
modificabili.
Questo spiega, per esempio, non solo perché i comportamenti e i loro significati cambino molto da
cultura a cultura, ma anche perché senza l’accesso alle conoscenze di un’altra cultura le persone
trovino spesso le comunicazioni cross-culturali così impegnative.
Per questo per capire come le persone apprendono e attribuiscono significati a comportamenti
comunicativi si è fatto riferimento alla teoria dell’apprendimento sociale di Bandura (1977) e ad
approcci focalizzati sulla costruzione sociale del significato come ad esempio il modello del
significato sociale di Burgoon e Newton (1991).
Centrali in questo paradigma sono due idee:
1. la maggior parte della comunicazione non verbale è appresa, piuttosto che innata;
2. la maggior parte del significato della comunicazione non verbale è un prodotto di
un’influenza socio-culturale. Questo paradigma sembra avere una validità di facciata perché
è un approccio che possiamo riscontrare nel modo di vivere la quotidianità delle persone.
Queste posizioni corrono il rischio di cadere in una forma radicale di relativismo culturale,
difficilmente sostenibile e oggi non più seguita (Anolli, 2006).
Interdipendenza fra natura e cultura
Considerate separatamente queste due teorie forniscono dettagliate ma incomplete spiegazioni dei
fattori che influenzano la comunicazione non-verbale. Tenuto conto invece di una prospettiva
integrata offrono invece una cornice teorica più ricca e comprensiva: la biologia e l’ambiente
sociale interagiscono insieme, e questo permette di superare i limiti dei due paradigmi.
Oggi è diventata dominante fra gli studiosi la prospettiva dell’interdipendenza tra natura e cultura
nell’origine e nella conformazione della CNV. Le strutture e i processi neurofisiologici condivisi in
modo universale a livello di specie umana sono organizzati in configurazioni differenti secondo le
culture di appartenenza (Anolli, 2006).
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9. Nel processo comunicativo non verbale intervengono sia il sistema piramidale (area motoria e
premotoria) sia il sistema extrapiramidale (situato nel corpo striato e nel tronco encefalico).
Questi agiscono in modo coordinato e sincrono attraverso circuiti funzionalmente interconnessi e
meccanismi interdipendenti che facilitano o inibiscono l’attività dei motoneuroni per l’esecuzione e
gli aggiustamenti progressivi dei movimenti volontari, nonché per l’influenza sulle reazioni motorie
automatiche o semivolontarie che accompagnano tali movimenti (Anolli, 2006).
Si integrano così processi automatici e volontari. Quindi la comunicazione non verbale non esula
dal controllo dell’attenzione e della coscienza, la variabilità del grado di controllo e della
consapevolezza è situata su un continuum neurofisiologico.
Questo determina la plasticità della CNV che permette l’apprendimento, ad esempio nei gesti, in
una modalità simile a quella che si realizza per il linguaggio.
Per quanto riguarda le predisposizioni genetiche, esse sono declinate secondo linee e procedure
distinte e differenziate che conducono a modelli comunicativi diversi e, talvolta, assai distanti tra
loro a livello non verbale (Anolli, 2006).
Ad esempio nelle società latine la manifestazione delle emozioni è incoraggiata e sostenuta in base
al principio della spontaneità e naturalezza. Si tratta infatti di culture della parola e della vicinanza.
Passiamo quindi a definire cosa sia o meno la gestualità, essendo questo il fenomeno al quale siamo
più interessati, A. Kendon (2005) afferma che “la parola gesto è utilizzata come etichetta per
quell’insieme di azioni visibili che i riceventi percepiscono come governati da un intento
comunicativo chiaro e riconosciuto.[…] Tuttavia, se il termine gesto si riferisce a tutti i movimenti
il cui intento comunicativo è chiaro e manifesto, la definizione risulta troppo vaga.”
Sempre Kendon (2005) definisce la gesticolazione: l’insieme dei gesti che co-occorrono col parlato
e sembrano avere una stretta relazione con una frase o parte di essa. L’opinione degli studiosi non è
chiara sul fatto se considerare i movimenti della testa come gesti: Cassell et al. (1994) definisce i
movimenti della testa per “sì” e “no” movimenti facciali, anche se esprimono significati chiari e
ampiamente condivisi, Morris (1977) li definisce invece – genericamente – segnali.
Secondo i principi della semiotica un segnale si può definire come un qualsiasi fenomeno che
fornisca informazioni al ricevente, il termine segnale, quindi, non implica intenzionalità.
Ma i movimenti della testa che hanno un significato chiaro e condiviso, nonché arbitrario (ad es. i
movimenti per “sì” e “no” e la forma di saluto) sono da considerarsi gesti a tutti gli effetti.
Questi sono solo alcuni esempi rispetto alle vaste e differenti ricerche nel settore, prendendo ad
esempio un indicatore che abbiamo considerato, quale la bocca, che abbiamo distinto per la
valutazione in sorriso, angoli giù e altro, rifacciamoci al sorriso: si tratta di uno dei segnali
fondamentali della specie umana e, a livello filogenetico, costituisce un’omologia dell’espressione
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10. facciale delle scimmie, consistente nel “mostrare i denti in silenzio” (silent bared-teeth face); in
ambito umano non è un segnale uniforme ed univoco, ma copre una gamma estesa di fenomeni
assai diversi tra loro. Ekman (1985) ha individuato 19 configurazioni diverse di sorriso: abbiamo
utilizzato nella ricerca sorriso spontaneo (o sorriso Duchenne) ce riguarda il volto intero, e il sorriso
simulato (o sorriso non-Duchenne) che consiste nell’attivare solo i muscoli zigomatici della parte
inferiore del volto (Anolli, 2006).
Avendo citato alcuni fenomeni comunicativi della comunicazione non verbale possiamo dunque
arrivare a dare una definizione che sia onnicomprensiva: ”Insieme di diversi fenomeni e processi
comunicativi che vanno dalle qualità prosodiche e paralinguistiche della voce, alla mimica facciale,
ai gesti, allo sguardo, alla prossemica e all’aptica, alla cronemica per giungere alla postura,
all’abbigliamento, al trucco” (Anolli, 2006).
Descritti i contributi teorici più importanti passiamo dunque a descrivere il passaggio successivo nel
nostro percorso di ricerca.
L’interesse verso la comunicazione non-verbale è venuto incontro ad una nostra curiosità personale,
determinata dal luogo comune secondo cui gli Italiani provenienti dal Sud Italia gesticolino più
degli Italiani provenienti da Nord.
A livello di ricerche in letteratura prese in considerazione, è stato studiato e preso ad esempio un
lavoro di Ricci Bitti del 1976.
Lo studioso indaga esattamente il nostro stesso costrutto, e cioè la comunicazione non verbale,
ipotizzando appunto una differenza significativa nel numero di gesti emessi tra soggetti del Nord e
del Sud, e in particolare, i risultati confermano la direzionalità da lui ipotizzata: i soggetti del Sud
producono un numero totale superiore di gesti, e un numero significativamente maggiore di gesti di
autocontatto (gesti ad attori: hand-to-face).
Per quanto riguarda la metodologia il campione di Ricci Bitti è composto da 16 soggetti maschi, in
particolare si tratta studenti retribuiti con un età compresa tra i 20 e i 24 anni.
I soggetti erano sottoposti a 4 interviste di 3 minuti su diversi argomenti. Due di queste interviste
erano effettuate da un collaboratore di sesso maschile e due da uno di sesso femminile.
Il criterio di definizione per categorizzare Nord e Sud Italia è stato cercato su varie fonti. Abbiamo
trovato testi che documentano l’origine storica di questa distinzione risalenti all’ XI Sec. (Pizzi,
Marascio, Mastronardi, 2007): lo spartiacque geografico scelto arbitrariamente per dividere Nord e
Sud era lo Stato Pontificio.
Kendon (2005) cita un manuale tedesco del 1500 in cui gli abitanti del Sud Italia venivano descritti
con una grande propensione alla gestualità. Sempre lo stesso autore cita poi un trattato sui dialetti di
Napoli dove, si diceva che i napoletani faccessero un “uso spettacolare del corpo”.
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11. Citiamo inoltre una distinzione tra culture di contatto e di non-contatto (Contarello, 1980), nel
particolare le culture latine e arabe vengono classificate come culture del contatto.
Riguardo all’analisi del contenuto, avendo deciso di indagare la posizione dei nostri soggetti
riguardo a temi quali il matrimonio e il tradimento, abbiamo svolto delle ricerche sulla base di dati
Istat (dati rilevati sul biennio 2004-2005, ma pubblicati nel 2007), in particolare:
Area Tasso matrimoni ogni 1000 Tasso divorzi ogni 1000
abitanti abitanti
Nord 4,9 4
Sud 3,8 1,8
Prendiamo dunque il tasso di divorzi come indicatore surrogato del tradimento, in quanto una delle
possibili cause dello stesso.
OBIETTIVI E IPOTESI DI LAVORO
Viste queste premesse la nostra ricerca ha due obiettivi: prima di tutto analizzare la comunicazione
non verbale in una prospettiva culturale, in particolare su soggetti la cui provenienza sia Nord o Sud
Italia.
In secondo luogo ci proponiamo di indagare le opinioni del nostro campione riguardo a due
argomenti, nel dettaglio matrimonio e tradimento.
È quindi una ricerca che, partendo da un interesse verso la comunicazione non verbale passa poi ad
indagare anche la sfera del verbale.
Più specificatamente infatti le nostre ipotesi vanno in questa direzione: ipotizziamo infatti che si
ripetano i risultati della ricerca di Ricci Bitti e quindi che ci sia una differenza significativa nel
numero di gesti, in particolare la direzionalità di questa nostra ipotesi alternativa (H1) è che vi sia
una quantità di gesti significativamente maggiore nei soggetti provenienti dal Sud Italia.
Ipotizziamo anche una differenza di genere nel numero dei gesti emessi.
In riferimento invece al secondo obiettivo della nostra ricerca supponiamo che le opinioni riguardo
a matrimonio e tradimento si differenzino in relazione alla provenienza dei nostri soggetti.
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12. METODI, TECNICHE E STRUMENTI
Per descrivere il nostro campione possiamo dire che è composto da 20 soggetti con età compresa tra
i 19 e i 25 anni, di ambo i sessi, la cui provenienza varia nell’ordine di Nord/Sud Italia . Nel
dettaglio si tratta di 9 maschi e 11 femmine, e, ancora più specificatamente, di 6 maschi provenienti
dal Nord Italia, 3 maschi dal Sud Italia e 4 femmine provenienti dal Nord Italia e 7 femmine dal Sud
Italia, quindi 10 soggetti Sud e 10 Nord.
È stata creata un’intervista strutturata facendo in modo che la prima parte servisse come
introduzione rispetto alla seconda, in cui c’erano le domande che ci interessavano per l’analisi del
contenuto. Dividiamo quindi per comodità riguardo all’analisi dei gesti e del contenuto, l’intervista
in due parti, la prima, non saliente con domande appunto generiche e introduttive, e la seconda,
saliente, con domande specifiche su matrimonio e tradimento.
Nel dettaglio:
NON SALIENTE
Presentati, dì come ti chiami, quanti anni hai, da dove vieni
Cosa studi?
Ti piace?
Credi che continuerai con questo tipo di studi? Perché?
Che lavoro ti piacerebbe fare?
E per fare questo ti piacerebbe rimanere a vivere a Milano?
Ti piace Milano?
E lo stile di vita milanese?
E i milanesi?
SALIENTE
Nel futuro ti vedi sposato o convivente?
Credi che il matrimonio ai nostri giorni sia un valore importante? Perché?
Dimmi tre parole che associ all’idea di matrimonio
In che ordine metteresti: AMORE, SESSUALITA’, FEDELTA’ e COMUNANZA DI
INTERESSI in un rapporto di coppia?
Se dico tradimento a cosa pensi?
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13. Pensi sia peggio essere traditi o tradire? Perché?
Le prime tre cose che ti vengono in mente pensando al concetto di tradimento.
Seguendo soprattutto indicazioni teoriche che fanno riferimento a Ekman e scegliendo gli indicatori
che sembravano più pertinenti agli obiettivi della ricerca abbiamo creato una griglia di valutazione
dei gesti, che possiamo così descrivere:
• Sguardo : interlocutore; su; giù; lato
• Bocca : sorriso simulato; sorriso spontaneo; angoli giù; altro
• Busto : spostamento
• Spalle : alza/abbassa
• Autocontatto : volto-capelli-collo; arti superiori; arti inferiori
• Eterocontatto (presenza)
• Automanipolazione : volto-capelli-collo; arti superiori; arti inferiori
• Eteromanipolazione (presenza)
• Chiusura : braccia; gambe
• Apertura : braccia; gambe
È stata poi creata successivamente, sulla base dei pareri dati dai soggetti, una griglia di rilevazione
per avere dei criteri di classificazione delle risposte per procedere all’analisi del contenuto.
Come setting viene quindi allestita la sala regia di Via Nirone dove è disponibile uno specchio
monodirezionale in modo da avere il miglior utilizzo possibile delle telecamere a circuito chiuso, le
quali sono puntate solo sul soggetto e non sull’intervistatore, e in particolare una è diretta
all’osservazione del volto, mentre una seconda consente di visualizzare l’intera figura.
Tra l’intervistatore e l’intervistato viene posta una scrivania, per permettere all’intervistatrice una
minima libertà di movimento senza essere vista (sempre per non influenzare il non verbale), e per
creare una distanza fisica concreta tra i due attori.
L’intervistatrice ha il compito di mantenere un atteggiamento costante a livello di non verbale, in
modo da eliminare il più possibile questa variabile interveniente e sceglie di mantenere un livello
minimo di gesticolazione ed espressività facciale.
L’intervista non ha una durata temporale prestabilita, i soggetti hanno la possibilità di rispondere
impiegando tutto il tempo di cui necessitano, e per facilitare un’interazione spontanea e il più
naturale possibile viene ideata una consegna sperimentale che possa appunto garantire risultati
attendibili e materiale abbastanza ricco da condurre poi un’analisi del contenuto. È inoltre
13
14. opportuno sottolineare l’inganno di fronte al quale venivano posti i soggetti: non veniva loro
rivelato il vero scopo della ricerca, come dimostra la consegna sperimentale:
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Laboratorio di Psicologia Cognitiva
Sede di Milano, Via Nirone 15
Buongiorno, sta per partecipare a un’intervista che si propone di conoscere la vita dei giovani
che vivono o studiano a Milano e le loro idee sul futuro: è importante che risponda
sinceramente alle domande che le verranno poste, sentendosi libero di esprimere qualsiasi
pensiero.
Grazie per la collaborazione
I soggetti erano accompagnati nell’aula, veniva loro detto di accomodarsi e di leggere la consegna,
scritta su un foglio poggiato sulla scrivania. Al termine della lettura faceva il suo ingresso la nostra
intervistatrice.
I materiali utilizzati per l’analisi della comunicazione non verbale sono dunque le videoregistrazioni
delle interviste realizzate in Via Nirone, le quali sono state visualizzate da tre esaminatori diversi
per fare successivamente una media delle valutazioni, facendo infine il rapporto della media
ottenuta con l’unità di tempo, sia per la parte Non Saliente che per la parte Saliente. I dati ottenuti
vengono inseriti in Excel e successivamente elaborati tramite il programma statistico SPSS.
Infine in riferimento all’analisi del contenuto consideriamo le trascrizioni delle risposte dei soggetti
alla parte saliente dell’intervista.
Per quanto riguarda il disegno sperimentale e quindi la descrizione delle variabili sperimentali
riconosciamo, come variabili indipendenti:
Provenienza dal Nord o dal Sud Italia
Genere
E come variabili dipendenti:
Numero di gesti emessi durante l’intervista
Atteggiamento nei confronti del matrimonio e del tradimento
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15. PERCORSO DI ANALISI
Per quanto riguarda le analisi statistiche, è stato applicato il Test di Mann-Whitney per l’analisi del
numero dei gesti emessi in relazione alle variabili indipendenti: provenienza (Nord/Sud) e genere.
E, sempre in riferimento a queste due variabili abbiamo applicato un’ ANOVA a misure ripetute per
cogliere un’eventuale differenza tra la parte Saliente e Non Saliente dell’intervista.
L’analisi del contenuto è stata svolta, dopo ricerche sulle differenti metodologie e sul significato
della stessa (Losito, 1993), tramite Tavole di contingenza e Chi-quadrato per valutare le seguenti
domande rispetto sempre naturalmente alle variabili Nord/Sud e genere:
– Sposato o convivente
– Il matrimonio è ancora un valore importante
– Cosa pensi del tradimento
– È meglio tradire o essere traditi
È stata eseguita poi un’altra ANOVA a misure ripetute per analizzare le risposte alla domanda in
relazione a Nord/Sud e genere:
– Metti in ordine Amore, Sessualità, Fedeltà e Comunanza di interessi
È necessario specificare che dopo varie “discussioni” è stato deciso di considerare le 4 categorie
come sottolivelli di un’unica variabili, chiamata “scelta”.
Sono poi state effettuate varie analisi statistiche descrittive.
Come risultati, in merito ai gesti, abbiamo ottenuto un’unica significatività, e in particolare in
direzione esattamente opposta rispetto alle nostre ipotesi di partenza rispetto all’influenza della
variabile provenienza: è infatti emerso una significatività nel numero di gesti di autocontatto viso-
collo-capelli nella parte Saliente dell’intervista, rispetto ai soggetti del Nord (Sig .029, U .000).
Non è emersa invece nessuna significatività rispetto alla variabile indipendente genere.
15
16. Non è stata riscontrata nessuna differenza significativa tra le parti Non Saliente e Saliente né
rispetto al Nord/Sud né rispetto al genere, mentre è emersa una differenza significativa nel numero
totale dei gesti rispetto alla parte Saliente/Non Saliente dell’intervista: maggior numero di gesti
totali nella parte Non Saliente:
– Sguardo interlocutore (Sig .000, F 20,372)
– Sguardo giù (Sig .042, F 4,777)
– Sorriso simulato (Sig .023, F 6,196)
– Bocca altro (Sig .020, F 6,566)
16
17. Passando invece all’analisi del contenuto è importante sottolineare l’unica significatività riscontrata
in merito alla domanda: “Sposato o convivente?”. In particolare i soggetti del Sud hanno risposto
“sposato” un numero di volte significativamente maggiore rispetto ai soggetti del Nord (Sig .029,
Chi2 5,495). Anche qui non è stata riscontrata nessuna significatività rispetto alla variabile genere.
L’analisi delle frequenze mostra che l’ordine generale di importanza rispetto agli item proposti è
stato: Amore(1,450 ; IC95% 1,08-1,81), Fedeltà(2,450 ; IC95% 1,94-2,95), Comunanza di
interessi(2,900 ; IC95% 2,39-3,40), Sessualità(3,200 ; IC95% 2,87-3,52).
Sempre rispetto all’analisi del contenuto emerge una significatività sul totale del campione rispetto
alla posizione assegnata alle 4 possibili risposte: In particolare abbiamo rilevato differenze
significative tra: Amore e Sessualità ( Sig .000; F 76,034), Amore e Fedeltà unita a Comunanza di
Interessi (Sig .001; F 17,873). Dato che Fedeltà e Comunanza di interessi avevano valori medi
simili, li abbiamo uniti in un'unica variabile che abbiamo usato per dei confronti in modo da
valutare a quale sottolivello fosse attribuibile la significatività: è quindi risultata essere l’Amore.
Per quanto riguarda le statistiche descrittive, è risultato che il matrimonio risulta un valore
importante per il 90% del nostro campione. Dal campione totale delle risposte ottenute alla
domanda “3 concetti vicini al matrimonio” abbiamo ricavato 7 categorie tematiche con le seguenti
frequenze: Famiglia(60%), Amore(50%), Sentimenti Positivi(45%), Futuro(35%), Dovere(25%),
Sentimenti Negativi(10%), Sessualità(10%).
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18. In riferimento al tradimento invece, le frequenze rispetto alla domanda “Cosa pensi del
matrimonio?” rivelano che esso è percepito in modo totalmente negativo dal 55% dal nostro
campione, in una possibile scelta tra totalmente negativo, negativo con comprensione o accettabile.
Inoltre dal campione totale delle risposte ottenute alla domanda “3 concetti vicini al tradimento”
abbiamo ricavato 4 categorie tematiche con le seguenti frequenze: Sentimenti negativi (80%),
Espressione concetto(50%), Valori etici(40%), Conseguenze(15%).
DISCUSSIONE RAGIONATA
Esaminando dunque i dati raccolti, è subito evidente come i risultati da noi raggiunti non
convalidino le conclusioni della ricerca cui ci rifacevamo di Ricci Bitti (1976): l’autocontatto viso-
collo-capelli nella parte Saliente è significativamente maggiore nei soggetti che provengono dal
Nord. Le cause di questa disconferma possono essere sia le parziali differenze metodologiche (Le
interviste erano 4 su 4 argomenti diversi, a tempo limitato ed svolte da 2 intervistatori di sesso
maschile e 2 di sesso femminile); oppure alla distanza temporale tra i due studi. Non è infatti da
sottovalutare il diverso contesto nel quale ci troviamo oggi rispetto agli anni ’70-’80, i cambiamenti
culturali che possono essere occorsi, la multiculturalità della nostra società e il fatto che il nostro
campione fosse composto sì da studenti provenienti dal Sud, ma che vivono per la maggior parte
dell’anno, da un tempo che varia da uno a tre anni, a Milano.
Sguardo Interlocutore, Sguardo Giù, Sorriso Simulato e Bocca Altro sono i 4 gesti che hanno avuto
una differenza rispetto alle parti Non Saliente e Saliente ma indipendentemente dal Genere e dalla
Provenienza. Tre di questi con valori maggiori nella parte Non Saliente.
Crediamo che questo possa essere dovuto o ad un effetto familiarità con l’ambiente: con il passare
dei minuti il soggetto potrebbe essersi abituato alla situazione e aver familiarizzato con il nuovo
ambiente, inoltre nella parte Saliente l’argomento era più rilevante ai fini personali e più specifico.
Dalle nostre analisi descrittive risulta che il matrimonio è ancora un valore importante per la
maggior parte dei soggetti, in particolare per i soggetti del Sud appare chiara una forte preferenza
rispetto alla convivenza. Il concetto associato al matrimonio più nominato è la famiglia, con ben il
60% di preferenze.
Inoltre in un rapporto di coppia l’Amore è considerata la variabile più importante mentre la meno
importante è risultata essere la Sessualità.
Il tradimento è visto come totalmente negativo da più della metà dei soggetti, e in riferimento ad
esso i Sentimenti Negativi sono stati il concetto più nominato.
Rispetto alle nostre ipotesi iniziali il genere si è rivelato ininfluente in tutte le analisi effettuate.
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19. Volendo analizzare in modo critico la nostra ricerca ci si rende conto della carenza di letteratura
specifica sull’argomento, il nostro campione è relativamente piccolo (20 soggetti) e costituito solo
da studenti, nello specifico poi, i nostri soggetti del Sud vivono al Nord per motivi di studio.
Potrebbe inoltre esserci un effetto desiderabilità sociale (dare risposte più socialmente accettabili), o
risposte superficiali.
Oltre a ciò potrebbe esserci stato da parte nostra un effetto aspettative nel conteggio dei gesti, in
quanto mentre visualizzavamo i filmati eravamo a conoscenza della provenienza dei soggetti.
Infine sarebbe possibile un effetto Hawthorne: chi sa di essere osservato cambia il proprio modo di
comportarsi per il semplice fatto di essere osservato.
A livello di analisi statistiche ci siamo poi rese conto della scorrettezza nell’applicazione del
modello ANOVA a misure ripetute rispetto alla domanda “Metti in ordine di importanza Amore,
Sessualità, Fedeltà e Comunanza di interessi” : risulta infatti inesatto l’utilizzo di quest’analisi a
variabili qualitative, poiché improprio calcolarne la media.
Naturalmente riscontriamo anche dei punti di forza: innanzitutto l’originalità dell’argomento
affrontato, la neutralità dell’atteggiamento dell’intervistatrice e la costanza della stessa (differenza
rispetto ala lavoro di Ricci Bitti). Abbiamo inoltre imparato a coordinarci a livello di gruppo di
ricerca, e appreso l’utilizzo di nuove tecnologie, strumenti, procedure, e metodologie, tutte
competenze che non avremmo potuto acquisire ad un determinato livello se non attraverso la
pratica.
Alla luce dei limiti e dei punti di forza siamo in grado di suggerire degli spunti e fornire dei consigli
nel caso si volesse ripetere questa ricerca nel futuro.
Innanzitutto suggeriamo la ricerca di un metodo per standardizzare le interviste in modo che i dati
ottenuti da ricerche condotte in luoghi e da gruppi diversi potrebbero essere più facilmente
confrontabili.
Sarebbe inoltre utile che intervistatori e collaboratori in sala regia fossero diversi dai valutatori, per
evitare un possibile effetto di aspettative.
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