2. PERCHÈ SIAMO ANTISTALINISTI
A cura di Eugenio Gemmo, Direzione Nazionale – Partito Comunista dei Lavoratori
Revisione e impaginazione: Simone Raul Luraghi
Fotocopiato in proprio
Giugno 2012
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3. INTRODUZIONE
Se attualmente il comunismo (che possiamo dichiarare non essersi mai ancora realizzato)
è così stigmatizzato nell’immaginario collettivo, è anche e soprattutto colpa dello
stalinismo, che oltre a tradire gli ideali del marxismo si è ipocritamente impossessato di
simboli e definizioni che non gli appartengono affatto.
Questo facilita il compito ai borghesi, ai capitalisti, ai fascisti, per farla breve a tutti i
nostri nemici (e non solo) che in malafede (o, e questo forse è ancora peggio, essendone
convinti) ci additano come rappresentanti di un’ideologia portatrice di terrore, miseria,
distruzione e morte.
Con grande fatica, i compagni onesti e non facilmente manipolabili da testi revisionisti
(Josif era un esperto di tali tecniche menzognere, fu addirittura un precursore del
fotoritocco) cercano di spiegare che il comunismo non è “quella roba lì”, che anzi lo
stalinismo è la negazione assoluta del comunismo. Basti pensare a certi temi
fondamentali, tra cui ad esempio internazionalismo, centralismo democratico,
abbattimento dello stato, equa distribuzione dei redditi e delle risorse.
Qualcuno afferma che parlare di Stalin e Trotskij oggi sia anacronistico e che i comunisti
dovrebbero unirsi per combattere insieme il nemico comune (il capitalismo) lasciandosi
alle spalle i vecchi rancori, frutto di storia passata. La questione non è quella di “tifare”
per uno dei due personaggi storici o quella di unire due diverse correnti del comunismo,
ma è quella di non ripetere gli errori (e gli orrori) che hanno trasformato un nobile ideale
in un regime totalitario, probabilmente il peggiore che la storia abbia mai conosciuto, con
le sue violente persecuzioni e i suoi efferati assassinii di persone innocenti, tra cui
compagni, comunisti, anarchici, insomma chiunque fosse al di fuori dalle grazie di una
mente squilibrata, quella del tiranno Stalin.
Un comunista può anche non definirsi trotskijsta, di sicuro però non può definirsi
stalinista.
Non ritengo sia necessario definirsi trotskijsti, anche perché un trotskijsta non ha il culto
della personalità; Trotskij è stato un ottimo compagno come potrebbero essercene altri
nel passato, nel presente e nel futuro; oserei dire che il trotskijsmo “non esiste”, se non
per differenziarsi dallo stalinismo, essendo stato Trotskij, nell’epoca stalinista, colui che
più di tutti poteva rappresentare il comunismo tradito da Stalin.
Bisogna pretendere senza incertezze da tutti i partiti comunisti (e sedicenti comunisti) il
rifiuto dello stalinismo. Anche un solo piccolo dubbio o tentennamento su questo punto
è inammissibile.
Questo testo, a cura del compagno Eugenio Gemmo, ritengo possa aiutare ad
approfondire questi concetti, specie per chi possa ancora avere dei dubbi circa la “bontà”
dello stalinismo.
Buona lettura.
Simone Raul Luraghi – Partito Comunista dei Lavoratori
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4. I COMUNISTI ITALIANI NEI GULAG DI STALIN
Per molto tempo argomenti "spinosi" come quello delle vittime comuniste dello
stalinismo è stato rimosso, cancellato. In questo quadro fatto di complicità e
omissioni, il PCI e altre organizzazioni operaie hanno svolto un ruolo
accondiscendente o passivo alle menzogne fabbricate da Mosca. È giunto il momento
di ricordarne alcune (la lista di questi compagni sarebbe lunghissima) e riflettere sul
perché nel paese della rivoluzione operaia siano potute accadere simili cose.
Tanti degli italiani che tra gli anni venti e trenta del secolo scorso si rifugiarno in
URSS, fecero tale scelta per le loro idee politiche o perchè ricercati per "reati "politici
dal regime fascista. Reduci dalle galere fasciste erano per esempio Angela Iuren,
Natale Premoli e Giuseppe Venini, solo per fare alcuni dei molti nomi di comunisti
che finiranno la loro vita nei gulag di Stalin o fucilati.
Angela Juren. Deportata in Kazakistan dopo essere arrestata a Kerc nel 1938. Nata a
Trieste nel 1904, faceva la sarta e nel 1923 si era iscritta al Partito Comunista D'Italia.
Per due anni, tra il 1927 e 1929, era stata rinchiusa nel carcere di Viterbo condannata
dal regime fascista per attività comunista. Emigrata in URSS fu subito arrestata
naturalmente con l'accusa di attività controrivoluzionaria.
Natale Premoli. Nato a Milano nel 1906, giovanissimo si era iscritto alla FGCI. Nel
1925 viene arrestato dai fascisti per attività comunista, scontata la pena viene
espatriato in Francia. Dalla finedegli anni 20 ai primi anni 30 svolge numerose
missioni politiche per il movimento comunista, rientrando clandestinamente in Italia,
e viene nuovamente arrestato. Nella prima metà degli anni trenta riesce a
raggiungere l'URSS. Nel 1938 viene arrestato a Mosca per attività spionistica, morirà
nel novembre dello stesso anno nel lager di Ustvymskij.
Sorte simili a quello di Natale toccò al compagno Giuseppe Venini, anch'egli
arrestato nel 1939 nel paese di Stalin e fucilato dopo pochi mesi con l'accusa di
trotskismo sovversivo. Ovviamente il pericoloso anticomunista di Venini aveva
passato, circa 10 anni prima, 5 anni nelle prigioni fasciste con l'accusa di attività
comunista.
Futuro macabro toccò anche a Ernani Civillari e Lino Manservigi. I due avevano
partecipato attivamente alle occupazioni delle fabbriche a Torino nel 1920. Colpiti dal
mandato di cattura il PCI decise di inviarli a Mosca come delegati del III congresso
dell'Internazionale Comunista. Si stabilirono in URSS e 17 anni dopo furono
deportati e fucilati: per Stalin erano dei pericolosi fascisti e trotskisti.
Vittori Penco. Operaio di orgine triestina membro della FGCI e poi del PCI. Vittorio
emigrò nella Russia Sovietica nel 1928 per sottrarsi a due processi fascisti pendenti su
di lui. Nel 1940, dodici anni dopo il suo arrivo in URSS, viene arrestato e condannato
ad 8 anni nel gulag di Uchto-Izemsk, ma la sua pena sarà nuovamente inasprita con
la classica accusa di "deviazione trotskista". Uscirà (uno dei pochi) nel 1949 e nella
prima metà degli anni 50 rientrerà in Italia chiudendosi in un assoluto mutismo.
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5. Edmondo Peluso. Nato a Napoli il 12 febbraio del 1882, sin da giovanissimo aderì al
movimento internazionalista e socialista. Renitente di leva, per il suo pacifismo, fu
costretto a ripiegare all'estero. Sostenne nel 1915 il movimento zimmervaldiano
(raggruppamento internazionalista guidato da Lenin e Trotsky per la costituzione di
un nuovo movimento e una nuova internazionale dopo il tradimento della II
internazionale). Nel 1921 aderì al PCI, buon pubblicista (lo stesso Lenin ne apprezzò
le doti), collaborò in particolar modo con l"ordine nuovo" di Gramsci e "L'Unità", di
cui divenne anche direttore. Durante il fascismo, come a molti altri dirigenti del PCI,
viene dato l'ordine di espatriare dall'Italia. Sfogliando il fasciscolo di Peluso presso
l'archivio di stato a Roma si legge: "Impiegato presso l'ufficio di propaganda del
Kremlino". Nel 1930 il regime fascista si allarma: Peluso ha scritto un testo sulla
stampa comunista tedesca sul penitenziario di Santo Stefano in difesa di Gramsci e
Terracini. Nella seconda metà degli anni 30 emigra in URSS e nel 1940 e viene
arrestato. Da lì in poi di lui, come di molti, spariscono le tracce.
Di italiani rinchiusi e periti nei gulag ve sono tanti altri, basti ricordare Luigi
Calligarsi, Francesco Ghezzi, Otello Gaggi e il famoso Dante Corneli. Ricordarli
tutti sarebbe un lavoro immenso.
Credo sia giusto dare anche respiro storiografico ad all’esperienza altrettanto tragica
delle compagne vittime dello stalinismo e, soprattutto, mostrare le condizioni di vita
all'interno dei campi lager di Stalin. Sulle condizioni di vita del genere femminile
esistono straordinarie testimonianze di donne sopravvisute alle dure pene inflitte dal
regime di Stalin. Opere fondamentali come quelle di Olga Adamova Slizberg,
Marghert Buber-Neumann, Nina Gagen Torn, Evgenija Ginzburg, Ekaterina
Olitskaija, ecc. Questi testi dipingono con una cruda realtà la vita che le donne
conducevano all'interno dei campi di prigionia. Naturalmente la carcerazione
femminile seguiva lo stesso processo di quella maschile con accuse di attività
controrivoluzionaria, spionisticha e di trotskismo. La vita nel campo, per il genere
femminile, è molto più dura. Ad esempio nel campo lager di Solovki a gestire il
"settore" femminile è Olga Ivanova Sirodova, famosa per la sua irascibilità e per la
gestione di una fitta rete, all'interno del campo, di prostituzione, a cui è difficile
sfuggire anche quando il corpo è sfiorito. La stalinista Olga non si accontenta di ciò,
ma quando l'OGUP autorizza l'affitto dei prigionieri sul continente, lei organizza un
traffico di schiave per il Medio Oriente. Il concubinato è il solo modo per sfuggire ad
Olga. Le detenute che invece non si concedono alle guardie vengono destinate ai
lavori più pesanti, vengono drogate e malmenate finchè non cedono ai loro aguzzini.
Altro esempi per descrivere in che modo e in che dignità da “comunista” Stalin
utilizzase le sue prigioni, riguarda l'assenza di igiene e di cure mediche. Secondo le
statistiche, la sifilide fece dei danni enormi ed incurabili tra le più giovani. Quando
rimanevi incinta eri costretta ad abortire e alle isole Solovki i responsabili del campo
non si potevano permettere il lusso di mantenere future madri. In questo contesto
fatto di violenze, torture e umiliazioni per il genere femminile, vogliamo ricordare
alcune persone, compagne come Olga Diner, Angela Juren, Paola Zingarelli, Nadia
Lachtina, Lidia Pankratova. Queste sono solo alcune delle donne (italiane o mogli di
italiani) trucidate da Stalin.
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6. Oggi, per citare Togliatti, "nessuno può mettere in dubbio" le falsità e le accuse con
cui i capi della rivoluzione e del comunismo mondiale furono eliminati. Lo
stalinismo non era un giudice di un tribunale operaio, ma un usurpatore dell'opera
socialista. Un potere la cui fonte non era più la volontà del proletariato, ma
l'onnipotenza di un apparato degenerato formatosi sotto la direzione di Stalin. La
crisi del marxismo, di cui tanto si parla, è soprattutto una crisi di verità. Oggi ancora
il vero nodo storico è liberarsi dallo stalinismo nella prassi e nella teoria.
Testi consultati:
Brodoskij - Le Isole del Martirio
E. Dundovich, F.Gori - Italiani nei Lager di Stalin
A. Leonetti - Le Vittime Italiane dello stalinismo in URSS
R. Duguet - Un bagne en Russie Ruge
Stettner - Archipel Gulag: Stalinism Zwangslager
O. Volkov - Le tenebres
B. Cederholm - Dans les prisons de l'URSS 1924-26
J.J Rossi - Le manual de Gulagh
D. Lichacev - La mia Russia
G. Herling - Un mondo a parte
P. Robotti - La Prova
O. Chlevenijuk - The History of Gulag
Salamov - I Racconti di Koylma
Ragspi
Ginzburg - Viaggio nella vertigine
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7. COME STALIN HA MASSACRATO I RIVOLUZIONARI
L’INVENZIONE DELLA FANTOMATICA COSPIRAZIONE
Nel gennaio del 1936 il capo della
sezione politica segreta dell NKVD[1]
Molcanov ha riunito una quarantina dei
suoi migliori agenti comunicadogli che
saranno impegnati in un caso di
cospirazione. Il loro compito è quello di
ottenere delle confessioni, a qualunque
costo delle confessioni dei più illustri tra
i vecchi dirigenti bolscevichi. Stalin in
prima persona si occupò di seguire la
vicenda[2]. L'opposizione unificata in
URSS era ormai politicamente e
fisicamente distrutta: Zinoviev,
Kamenev e altri migliaia di veri
bolscevichi erano in prigione o nei gulag da tempo, mentre Trotskij era in esilio da
quasi dieci anni. La macchina guidata da Stalin, al contrario, stava diventando un
vero e proprio “tritacarne di rivoluzionari”.
Il massacro iniziò. Circa trecento detenuti furono prelevati dai campi o dalle prigioni:
bisognava (compito primario del NKVD) tirare fuori una trentina di confessioni per
poter far pressione poi sugli altri oppositori come in un macabro gioco all'incastro.
Chi si rifiutò venne eliminato immediamente e solo le "confessioni" estorte
appariranno agli atti del processo. Non tutto, però, filò come previsto da Stalin: i
vecchi dirigenti del partito Bolscevico opposero una strenua resistenza. La tortura
non bastò, si dovette ricorrere ad altro: Zinoviev, ad esempio, poichè soffriva di
asma, venne tenuto per giorni in una cella riscaldata all’eccesso[3]. Macrokskij cedette
solamente dopo 90 ore continue di interrogatorio; Smirnov tenne duro sino alla fine,
finchè non vide la figlia portata via dagli sbirri Stalinisti[4]; infine anche il
propagandista Ter Vaganin dovette cedere[5]. Ora tutto era pronto: Stalin stava per
cancellare non solo la storia del bolscevismo, ma anche i suoi uomini.
L’inizio dei processi
Il primo processo di Mosca si aprì il 19 agosto. Tra i banchi degli imputati
comparvero Zinoviev, Kamenev, Ter Vaganian, Smirnov, ed alcuni collaboratori di
Lenin come Evdokimov, Bakev ed altri. Ma tra gli stessi banchi degli imputati
sedevano dei provocatori stalinisti, sconosciuti ai membri dell'opposizione. Trotskij
vedendo le foto dei giornali ricercò le facce di un Mill, di un Well... (sic!).
A dirigere il processo contro gli accusati, una sorta di pubblico ministero, è Andrej
Januarevic Visinskij, ex menscevico passato nelle file del bolscevismo alla fine della
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8. guerra civile, rettore all'Università di Mosca e già noto per la caccia ai trotskisti. Una
parentesi su Visinskij è dovuta. Nel 1988 un noto giurista sovietico, Arkadi Vaksberg,
in un articolo su "Liturjna Gazeta" ha fornito qualche altro dettaglio biografico su
Visinskij: fu presidente del tribunale distrettuale nel 1917, il quale emise, durante la
sua direzione, un mandato di cattura contro Lenin accusato di essere, pensate un po’,
un "agente tedesco"! Insomma Stalin scelse l'uomo giusto per questo processo.
Visinskij, non avendo potuto fucilare Lenin in persona, riverserà il suo odio contro i
principali collaboratori di quest’ultimo. Il "cacciatore di Lenin" si scagliò contro gli
accusati, definedoli "cani rabbiosi, degenerati, etc". Visinskij creò un nuovo tipo di
processo penale, fino ad allora sconosciuto, in cui non vi era assolutamente bisogno
di prove. A cosa servono le prove quando si tratta di "fetide carogne"[6]?
Il capo d'accusa era tanto ovvio quanto inverosimile: gli accusati avevano dato vita,
dal 1932, ad un centro "zinovista-trotskijsta" di matrice terroristica, votato alla pratica
del terrore individuale "contro i dirigenti del Partito". Si sostenne, sempre sotto
l'egemonia giudiziaria del "cacciatore", che essi avevano progettato una serie di
attentati terroristici contro Vorisolov, Stalin ed altri dirigenti di apparato e che loro
era stata anche la regia dell'attentato di Kirov. Tutto ciò ovviamente (e ci
mancherebbe altro), eterodiretto da Trotskij.
L'epicentro delle confessioni fu l'imputato Holzman. Questi era stato l'intermediaro
tra Sedov (figlio di Trotskij) e Smirnov. Egli affermava di aver incontrato Sedov più
volte, anche a Berlino, e di aver ricevuto da lui biglietti criptati, messaggi in codice.
Asseriva inoltre di essersi recato a Copenhagen, su consiglio di Sedov, nel 1932,
contestualmente al soggiorno danese di Trotskij. Dopo aver incontrato Sedov nella
hall dell'Hotel Bristol, disse di essersi recato nella presunta residenza di Trostkij
(sulla quale non fornì nessun dettaglio) e di aver ricevuto da Trostkij in persona
l'ordine di uccidere Stalin.
L'imputato Louriè sostenne che Trostkij complottava con un uomo di Himmler, capo
delle SS. David "confessò" che Trotskij, nel corso di un incontro (anche qui senza
specificare nè dove, nè come, né quando) gli avrebbe ordinato di uccidere Stalin
durante il XVII congresso.
Le purghe staliniste
Ma per comprendere a fondo il fenomeno dei processi di Mosca, che tra poco
riprenderemo, è utile soffermarsi su come l'apparato trita uomini guidato Stalin
stava, tra una purga e l'altra, dissolvendo il partito. Che fine facevano gli uomini che,
in un modo o nell'altro, cercavano seppur cautamente di opporsi al regime?
Alcuni cercarono di utilizzare le stesse armi dell'NKVD, ovvero l'accusa inesistente,
per tentare di arrestare la logica repressiva dei processi. Questo è il caso del
Commissario del Popolo alla Sanità, Kaminiskij, il quale accusa Berja (vice di Ezov)
di essere stato al soldo di un’organizzazione nazionalista armena. Kaminiskij venne
preso e fucilato. Poi fu la volta di Postyscev, che espresse anche egli forti dubbi sulle
modalità dei processi: Postyscev venne destituito e fucilato dopo mesi di sofferenze.
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9. Stalin intanto si era sbarazzato anche del suo vecchio amico Sergej Ordzonikdze, di
cui aveva poco prima fatto fucilare il fratello maggiore Papulja. Il 16 febbraio del ’37,
l'NKVD compì una perquisizione in casa di Sergej. Egli dunque chiamò adirato
Stalin: “L'NKVD potrebbe benissimo compiere una perquisizione anche in casa mia,
non si sa mai” gli rispose Stalin, “Non c'è niente di strano”[7]. Il 17 febbraio Sergej
andò da Stalin ed ebbe con lui una agitata discussione. Forse era pronto a rompere
con lui pubblicamente. Tornò a casa e trovò l'NKVD che gli propose di suicidarsi. Il
dottor Levin attendeva nell'anticamera per certificare la morte per problemi cardiaci.
Questo egregio medico verrà fucilato anch'esso durante il terzo processo di Mosca.
Ancor prima di Sergej, Stalin aveva fucilato suo cognato Aliosa Svanidze, con il quale
avevano spesso diviso la cena[8]. Inoltre, nel giugno del ’37, un processo a porte
chiuse (per evitare ulteriori gaffe) libera Stalin dai dirigenti georgiani: Mdivani,
Enukidze, etc.
Un esempio ancora più grottesco della paranoia dell'attentato che colpisce Stalin ce lo
fornisce la storia della sua bibliotecaria. Ella, che per usare un eufemismo “era un po'
in là con gli anni”, organizza (così si convince Stalin) un complotto per ucciderlo in
combutta con due ufficiali della Guardia del Cremlino: Rjabanin e Cerniavskij. Ma il
paradosso non finisce qui: la polizia segreta questa volta non scopre nulla. Stalin
allora si presta al ruolo di funzionario dell’NKVD ed in quattro e quattr’otto
smaschera tutti i cospiratori e li fa fucilare[9].
Infine, prima di tornare al secondo processo, un ultimo accenno alle epurazioni di
Stalin nelle file dell'esercito, dopo aver sterminato l'intero apparato di partito. L'odio
che investe Stalin nei confronti del Maresciallo Tuchaceveskij (probabilmente perchè
più di una volta il maresciallo aveva evidenziato le responsabilità di Stalin sulla
questione polacca) lo porta ad ammazzargli la moglie, la madre, la sorella e i due
fratelli. Non contento, fa poi deportare altre tre sue sorelle. Per concludere, il
glorioso Maresciallo aveva una figlia troppo giovane per essere deportata, così Stalin
la fa rinchiudere in un asilo e la farà deportare una volta raggiunta la maggiore
età[10].
Le purghe colpiranno proprio tutti: in Bierolussa la metà dei membri del partito
viene spazzata via e simile sorte tocca anche all'Ucraina.
Nell'estate del ’37 Stalin fece uscire di prigione Rykov e Bucharin, in prigione dal
secondo processo, e li fece condurre di fronte al Comitato Centrale. Essi si rifiutarono
di confessare i loro presunti crimini. Stalin non ebbe pietà: "Riportateli in prigione,
che si difendano laggiù"[11]. Bucharin, Rakoskij, Rykov ed altri furono messi a tacere
nel terzo processo.
Il secondo processo
Abbiamo visto le accuse del primo processo, le purghe tra un processo e l’altro e il
relativo metodo del terrore (che colpì addirittura l’anziana bibliotecaria) tipico di un
vero serial killer. Ora non ci resta che analizzare il secondo processo e la
commissione Dewey.
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10. Nel ’37 si aprì il secondo processo. Tra i diciotto imputati figuravano: Pjatakov,
Radek, Serebriajkov, Drobnis, Muralov ed altri. Furono accusati di aver costituito un
centro di "riserva" (ovviamente) di matrice terroristica zinovista-trotskista, in
sostituzione al primo, azzerato dal primo processo. L’accusa tende a dimostrare che
Trotskij siglò un accordo con la gerarchia nazista e che gli accusati agivano in
accordo con lo spionaggio tedesco. Uno di loro, forse per originalità, era una spia
giapponese. Tutti gli accusati (grande intuizione di Stalin) avevano compiuto, al
contrario del primo processo, gravi sabotaggi. Tra deragliamenti di treni e
manomissioni industriali, i vecchi rivoluzionari sarebbero diventati, in pochi mesi,
gli ispiratori futuri di Tom Cruise nella celeberrima saga "Mission Impossible".
Tredici degli accusati furono condannati a morte. Stalin aveva definitivamente
polverizzato qualsiasi etica e l’intera storia rivoluzionaria.
La commissione Dewey
Trotskij, travolto dalle menzogne, spinse alla formazione di una commissione
d'inchiesta diretta da Dewey. Il risultato, dopo numerose udienze, fu inequivocabile:
non colpevole!
Nella contro-inchiesta venne dimostrato, senza possibilità di smentita, che Sedov non
poteva essere a Copenhagen alla data in cui Holzman sosteneva lo avesse
accompagnato da Trotskij. Dimostrò quindi che Holzman non si era recato a
Copenhagen e che non aveva dunque potuto incontrare Trotskij, nè riceverne
presunte direttive terrorsitiche. La riprova viene dal paradosso che la demolizione
dell’Hotel Bristol (in cui gli stalinisti sostenevano che Holzman avesse incontrato
Sedov) era avvenuta nel 1917 (difficile incontrare qualcuno in una hall di un albergo
demolito ben 15 anni prima). Allo stesso modo, basandosi non solo sulle
testimonianze ma anche sulla documentazione ufficiale proveniente dalle autorità
francesi, la commissione dimostrò l'impossibilità dell'incontro che Trotskij avrebbe
avuto, sempre secondo le infallibili confessioni di Mosca, con il giornalista sovietico
Romm al Bois de Boulogne: anche qui si dimostra come Trotskij (già in esilio
controllato) non poteva essersi recato a Parigi. Assieme dunque all'incontro con
Romm, spariscono anche le "istruzioni terroristiche" che egli avrebbe consegnato
perchè le trasmettesse a Radek. Inoltre venne smentita anche la possibilità stessa del
viaggio aereo di Pjatakov da Berlino ad Oslo nel dicembre del 1935, mostrando come
le confessioni di quest'ultimo fossero totalmente inventate, nonostante gli sforzi dei
lacchè di Stalin per riattoparle. Con l'impossibilità di questo viaggio caddero anche le
pretese confidenziali di Trotskij sui rapporti con i nazisti, nonchè l'organizzazione da
parte dei nazisti del viaggio di Pjatakov.
La determinazione della commissione Dewey ebbe i suoi effetti sino a prima
dell'implosione dello stalinismo. Se nel 1988 in URSS rivoluzionari come Bucharin,
Rykov, Rakosvskij e altre vittime dei processi di Mosca sono stati riabilitati, è merito
anche di Dewey e delle sue inchieste.
Stalin da allora in poi preferì assassinare in segreto i suoi uomini ed annunciare solo
quando voleva, come un novello Tomás de Torquemada, la confessione.
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11. Perché i rivoluzionari confessarono
Si tratta di una domanda spinosa, in cui si sono riversate molteplici risposte tra cui
quella proposta da Arthur Koestler nel libro "Mezzanotte nel secolo", scritto nel 1939,
in cui Rubachov, uno degli imputati al processo, ricorda fortemente Bucharin: i
metodi violenti, dunque, si aggiungono all´intimidazione psicologica.
Nel 1936, poco dopo il primo processo, Leon Sedov scrisse il Libro rosso sul processo
di Mosca, piccola pubblicazione diffusa allora dal movimento trotskista francese.
Sedov scrive: "No, sul banco degli imputati c´erano soltanto le ombre dello Smirnov
della guerra civile o dello Zinovev dei primi anni dell´Internazionale Comunista. Sui
banchi degli imputati c´erano uomini infranti, schiacciati, finiti. Prima di ucciderli
fisicamente, Stalin li aveva spezzati moralmente". Dopo aver dimostrato come Stalin
avesse raggiunto i propri scopi "con prudenza, progressivamente, sospingendo la
gente gradatamente, sempre più in basso", continua: "Per questo è superficiale
paragonare il comportamento degli imputati di Mosca a quello tenuto di fronte ai
carnefici fascisti da alcuni coraggiosi militanti. Questi non erano frustrati da un
decennio di predominio stalinista; non erano isolati come le vittime di Stalin,
sentivano dietro di sé il sostegno del proletariato mondiale". In più, sempre Sedov, fa
notare che solo i militanti che hanno "confessato" hanno avuto diritto al processo; gli
altri, la maggioranza, sono stati fucilati.
Trotskij, dopo il secondo processo, nel 1937, scrisse "I Crimini di Stalin", in cui dà una
spiegazione dei due processi avvenuti e ne prospetta un altro: "Gli ingenui
domandano: come fa Stalin a non avere paura che le vittime denuncino il falso in
udienza? Un rischio del genere è del tutto insignificante. La maggior parte degli
imputati tremano non solo per sé, ma anche per i propri familiari. Non è facile
decidersi a sfruttare l´udienza per la denuncia se si ha una moglie, un figlio, una
figlia, nelle mani della GPU. Le confessioni "spontanee" di ogni imputato sono la
semplice prosecuzione delle sue abiure precedenti. Come convincere il pubblico e
l´umanità intera che per dieci anni non si è fatto altro che calunniare se stessi?".
Note:
1. ^ “Commissariato del Popolo per gli Affari Interni”, ovvero la Polizia Segreta
sovietica
2. ^ Krivitiskij - op. cit., pp. 218-225
3. ^ A. Orlov - Secret History of Stalin's Crimes, pp. 112-118
4. ^ P. Broue - La Rivoluzione perduta, pp. 797
5. ^ A. Orlov - Secret History, pp. 137
6. ^ A. Vaksberg - Literaturnja Gazeta , 27 gennnaio 1988
7. ^ Dubinskij-Muchadze - Ordzonikdze, pp. 6
8. ^ J.J. Marie - Stalin, pp. 180
9. ^ Krivitiskij - op. cit., pp. 196
10. ^ L. Nikulin Tuchaceveskij - Oktjabr n°5 1963, pp. 147
11. ^ Krivitiskij - op. cit., pp. 228
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12. LA DEMOCRAZIA NEL PARTITO BOLSCEVICO
COME STALIN HA STRANGOLATO IL PARTITO
La degenerazione burocratica, iniziata nella prima metà degli anni 20, in URSS non
trova la sua causa fondamentale nel malfunzionamento del partito. L'involuzione
sovietica trova le sue origini, soprattutto ma non solo, nelle contraddizioni oggettive
internazionali (fallimento dei processi rivoluzionari in Europa, accerchiamento
capitalistico, ecc.) e della società sovietica (ricerca di stabilità sociale, il crescere
dell'apparato, ecc.). Ma sarebbe un errore, un grave errore, sottovalutare il peso
politico delle "scelte di partito" nel processo di burocratizzazione dello stesso. È
indubbio che se alcune correnti (uomini, gruppi dirigenti) in determinati momenti
storici avessero avuto un atteggiamento e una sensibilità diverse probabilmente il
processo degli eventi non avrebbe assunto le stesse forme.
Il partito sotto la guida di Lenin dal 1903 al 1916
Tutti converranno, probabilmente, che il principio di un’ampia democrazia implica le
seguenti condizioni necessarie: in primo luogo la completa pubblicità e, in secondo
luogo, l'elettività di tutte le funzioni[1]. La storia del partito bolscevico, al contrario di
quanto la falsa storiografia stalinista ha tentato di far apparire, è la storia di un
partito aperto alla discussione e non al monolitismo fatto cieca obbedienza al capo.
Sin dalle sue origini, il partito di Lenin ha avuto un percorso caratterizzato di
scissioni, ricomposizioni e lotte intestine.
Nel 1903, durante il secondo congresso della Socialdemocrazia Russa tenutosi a
Bruxelles e a Londra, si creò la prima frattura all'interno del partito. Le divergenze
nacquero quando nel congresso si pose la questione dello statuto. Da un lato vi era la
maggioranza (bolscevichi in russo) guidata da Lenin che affermava: "È considerato
membro del partito chiunque ne accetti il programma e lo appoggi sia materialmente
che con la partecipazione personale, all'interno delle organizzazioni di partito"[2].
Dall'altro lato vi era la minoranza (menscevichi in russo) che con Martov, il suo
leader, affermava: "È considerato membro del partito chiunque ne accetti il
programma, lo appoggi materialmente e presti una regolare cooperazione personale
sotto la direzione di una delle sue organizzazioni". Questa può sembrare una
differenza di poco conto, ma in realtà la proposta di Lenin era rivolta ha forgiare
un’organizzazione di quadri, centralizzati, pronti ad egemonizzare il futuro processo
rivoluzionario.
Un altro scontro degno di nota si ebbe sulla questione del boicottaggio alla Duma
(una sorta di parlamento con limitati poteri) nel 1906 nelle file del Partito
Socialdemocratico (bolscevichi e menscevichi si erano “formalmente unificati” al IV
congresso di Stoccolma). In due occasioni, uniche nella storia, Lenin votò con i
Menscevichi per la partecipazione del partito alle elezioni. Così, nelle elezioni
supplementari della I Duma in Georgia nel 1906 e alla conferenza del partito che si
tenne nel 1907 per la partecipazione della Socialdemocrazia alle elezioni della II
12
13. Duma, Lenin si schiero al fianco dei menscevichi, del Bund, in opposizione ai
Bolscevichi Bogdanov e Lunacarskij che erano per il boicottaggio.
Tra il 1907 e il 1908 Lenin affrontò la lotta con gli "otzvisti" ("richiamatori" in russo).
Questa corrente all'interno della frazione bolscevica voleva "richiamare" i
rappresentanti socialdemocratici dalla Duma. Gli otzovisti reputavano deleteria la
partecipazione della Socialdemocrazia alle istituzioni di stato. Lenin la pensava in
modo diametralmente opposto. Questo è un esempio tipico del metodo leninista:
secondo Lenin ci si doveva servire (fece per questo approvare un documento) della
Duma come di una piattaforma per l'agitazione rivoluzionaria[3].
Per Lenin, dunque, era essenziale un un partito centralizzato e disciplinato, ma al
tempo stesso il partito doveva avere piena libertà di discussione e libertà di voto:
"Abbiamo accettato il principio del centralismo democratico, la garanzia dei diritti di
ogni minoranza e di ogni opposizione leale, l'autonomia di ogni organizzazione di
partito, l'elettività, la responsabilità e la revocabilità di tutti i funzionari di partito" [4].
"Il principio del centralismo democratico e dell'autonomia delle instanze periferiche
significa appunto libertà di critica in ogni sede, purché non violi l'unità nelle azioni
concrete"[5].
Negli stessi anni, sino al 1910, un’ennesima divergenza divampò nelle file della
frazione bolscevica, quella dell’"ultimatismo". La frazione ultimatista, chiamata così
perchè voleva che la delegazione socialdemocratica alla Duma ricevesse un
ultimatum con l'imposizione di assumere una posizione intransigente di principio,
era attiva particolarmente a Pietroburgo. Gli ultimatisti, tra cui si annoverano
Bogdanov e Aleksinskij, assunsero una posizione molto rigida anche sulla questione
sindacale e sulla attività legate del partito.
Negli anni a seguire la frazione di Lenin fu immersa nella discussione riguardante la
"costruzione di Dio" (empirocriticismo). Questo dibattito filosofico animato da Gorkij
e Lunacarskij si legava con l'idea mistica, tratta dalla filosofia di Mach e Bogdoanv,
per cui il socialismo era una sorta di religione.
Ci fu anche la discussione avanzata dai "conciliazionisti" montata da Rykov, Nogin,
Kamenev e altri. I conciliazionisti volevano l'unità politica sostanziale con la frazione
dei menscevichi.
Il partito sotto la guida di Lenin dal 1917 al 1922
Le divergenze (sempre pubbliche) tra i dirigenti del partito/frazione bolscevico non
si arrestarono neanche durante la rivoluzione di ottobre.
Sino all'aprile del 1917, in altre parole sino alla pubblicazione delle famose "Tesi
d'aprile", vi fu una spaccatura forte all'interno del partito. La "Pravda", diretta da
Stalin, si era rifiutata nei primi mesi del ’17 di pubblicare tre delle quattro "Lettere da
lontano" scritte da Lenin in esilio, secondo cui non bisognava sostenere il governo
provvisorio ma occorreva preparare la rivoluzione proletaria, trasformare la guerra
imperialista in guerra civile e rifiutarsi di cadere in un atteggiamento
13
14. "socialpatriottico". Insomma la destra dei bolscevichi guidata da Kamenev e Stalin
non lesinava in quanto ad opposizione verso Lenin e Trotskij.
Sempre nel 1917, poco prima della presa del palazzo d'inverno, Zinoviev e Kamenev
espressero il loro dissenso, su il giornale vicino all'area menscevica di Gorkij sulla
conquista del potere.
Riazanov e Lovonskij, sempre con il libero dibattito, votarono contro lo scioglimento
(proposta bolscevica) dell'assemblea costituente.
Nel 1918, prima della firma del trattato di pace di Brest-Litovsk, la sinistra bolscevica
capeggiata da Bucharin espresse quasi quotidianamente su una rivista fatta su
misura la loro posizione di contrarietà alla firma del trattato.
Il bolscevico Ossinskij propose nel 1918 sulla rivista "Kommunist" una gestione
dell'industria lontana dalla allora concezione del partito.
Ancora, non possiamo dimenticare le correnti che si vennero a formare nei
primissimi anni ’20 come l'opposizione operaia, il gruppo la verità operaia, il gruppo
di Ignatev, l'opposizione centralista democratica, ecc[6].
Insomma, il partito di Lenin era un’organizzazione viva e forgiata nel dibattito
interno. Certo, qualcuno potrà obbiettare che la scelta del X congresso di vietare la
formazione di frazioni fu una scelta contraddittoria rispetto al percorso politico
svolto sino allora dal bolscevismo. Naturalmente la proibizione delle correnti
organiche, alla luce dei fatti (soprattutto per l'uso strumentale che ne fece Stalin), non
fu una scelta felice, ma va anche ricordato che Lenin non arrivò mai a misure
amministrative e militaresche di repressione nei confronti di alcuni e per di più Lenin
arrivò a proibire momentaneamente e solamente (causa difficoltà dell’economia
russa) le frazioni, ma non le tendenze. Quindi la libera discussione interna rimaneva,
seppur nei confini del partito, inalterata.
Il partito di Lenin e di Trotskij non era un docile strumento che eseguiva gli ordini
senza pensare, ma era un’organizzazione costituita da comunisti che avevano una
determinata sensibilità politica basata sulla propria formazione fatta di sfumature e
diversità di opinione.
Come Stalin ha strangolato il partito
Siamo nel ’22: solamente 4 righe sulla Pravda annunciano che Stalin è il nuovo
segretario del Partito[7]. Stalin è un personaggio di secondo livello per lo più
sconosciuto ai militanti di base del partito. Forse fu proprio il suo incolore politico
che lo agevolò nell'ascesa all'interno dell'apparato.
Nel 1923 siamo nel periodo del cosiddetto interregno. Lenin è malato e si è aperta la
lotta di successione. Zinoviev, Kamenev e Stalin legati tra loro, più che da affinità di
vedute politiche, da un’invidia incontenibile verso Trotskij (non tolleravano che
Troskij il bolscevico dell'ultima ora gli avesse rubato la scettro della popolarità nel
partito) si alleano tra loro. Obbiettivo: ridimensionare Trotskij e il suo peso politico.
14
15. La campagna politica contro Trotskij e il "trotskismo" procede bene per i tre:
l'apparato è saldo nelle loro mani, seppur non riescono a primeggiare nel dibattito
politico e son costretti a ricorrere al metodo calunniatore come sosterrà in seguito
Kamenev[8]. Trotskij anima l'Opposizione di Sinistra e risponde alla campagna di
accuse del suo presunto deviazionismo politico scrivendo le Lezioni d’Ottobre, un
testo che ricorda come Zinoviev e company si opposero alla politica di Lenin durante
i giorni della rivoluzione. Redige anche un altro testo degno di nota, Il Nuovo Corso,
un appello per il ritorno della libera discussione tra le file del Partito.
Intanto, nel 1923, nel piano della battaglia antitrotskista, Zinoviev inizia ad
intravedere il pericolo di onnipotenza di Stalin. A Kislovodsk convoca una sorta di
riunione segreta per cercare di ridimensionare lo strapotere del segretario
generale[8b]. Nel 1925 la Troika si frantuma, Zinoviev e Kamenev rompono con Stalin
e formano l'Opposizione di Leningrado che ben presto si alleerà con l'Opposizione di
Trotskij dando vita all'Opposizione unificata.
La lotta, nonostante l'Ottimismo di Kamenev, non poteva essere vinta: “Basta che Lei
(riferito a Trotskij) si sieda vicino a Zinoviev e il partito capirà subito qual è il vero
comitato centrale”[9]. L'Opposizione Unificata fu schiacciata, i suoi dirigenti e
militanti furono imprigionati nei gulag e uccisi (alcuni, pochissimi, giudicati nei
processi farsa di Mosca). Medesima sorte accadde all'Opposizione di Destra di
Bucharin. Quando Stalin ebbe finito con i compagni di partito, passò alle armi i capi
militari, i fedeli compagni di corrente della prima ora, i dirigenti dell’ NKVD, ecc.
Ma come è possibile che un partito, come abbiamo visto, ove il libero dibattito
(seppur duro) era un tassello fondamentale per la formazione dello stesso si sia
ridotto a strumento di terrore e supina ubbidienza?
Krupskaij (moglie di Lenin): "Se Ilic (Lenin) fosse in vita sarebbe in prigione."[9b]
Modifica dell'apparato
Alcune delle prime modifiche che Stalin fece, in modo arbitrario, riguardarono la
struttura organizzativa del partito e la creazione all'interno della segretaria di una
sezione di organizzazione e di istruzione, corpo volante di ispettori incaricati di
controllare le organizzazioni locali. Questo gli permetterà di avviare le prime
sostituzioni e/o rimozioni di chi non considerava fedelissimo a lui. In
contemporanea, sempre nei primi anni ’20, l'Ufficio politico decise di inviare un
osservatore al collegio della Ghepù (ex Ceka, polizia sovietica) con l’intento di
rassicurare i cittadini sovietici. Il partito non avrebbe permesso soprusi da parte della
polizia sovietica. Stalin creò inoltre una segretaria personale, fuori dagli organismi di
partito, dal ruolo indefinito. Stalin, per formare questa segreteria, chiama al suo
servizio giovani funzionari estranei alla lotta del bolscevismo: Ezov[10], Smitten,
Bauman, Poskerebysev, ecc.
Intanto Stalin affianca alla sua opera di rimozione e sostituzione quella del terrore,
che in seguito sarà la sua principale prerogativa. Se dovessimo, in questa sede,
elencare tutti i nomi di rivoluzionari, amici, parenti e vicini di casa vittime delle
15
16. purghe staliniste non credo basterebbero (senza ironia) due anni, ma un esempio tra i
primi, forse per questo esplicativo, deve essere citato perchè in questa triste vicenda
si racchiudono tutti gli aspetti di Stalin: odio, paura, disprezzo e sadismo.
Frunze era un uomo della corrente di Zinoviev. Nel 1925 Stalin stava rompendo con
Zinoviev. Frunze aveva da poco sostituito Trotskij nella carica di commissario alla
guerra dopo le dimissioni forzate del capo dell'Opposizione di sinistra. Il nuovo
commissario al guerra soffriva di una forte ulcera allo stomaco che due giorni
curativi nel Caucaso avevano praticamente guarito. I medici, conoscendo anche la
debolezza cardiaca di Frunze, consideravano assai pericoloso effettuare
un’operazione. Stalin incaricò il medico del CC del Partito (con l'ausilio di manovre
politiche) di far ammettere al collegio medico l'importanza di un’operazione a
Frunze. Frunze fu costretto ad entrare in sala operatoria ove morì sotto i ferri. Poche
settimane dopo, il laido Vorosilov lo sostituì. Qualche mese più tardi, la rivista
letteraria "Krasnaja Nov", diretta dal critico Voronskij, pubblicava una novella del
giovane scrittore B. Pilniak, “Storia della luna non spenta”, ovvero la morte del
comandante in capo, che ci descrive il comandante Garvrilov operato per forza di
ulcera, oramai guarita, allo stomaco, su ordine dell'"uomo dalla schiena dritta"[11], il
capo della troika che governa il paese. L'Ufficio politico fa sequestrare il racconto e
sia Pilniak che Voronskij moriranno nei gulag stalinisti.
Stalin intanto fa aumentare i membri del CC; allargando così la sua influenza. Ormai
è la segreteria ad avere il potere assoluto. Non era più come sotto Lenin ove il
Congresso di Partito eleggeva un Comitato Centrale il quale, a sua volta, eleggeva un
Segretario Generale. Sotto Stalin questo modello era stato sostanzialmente ribaltato
ed era il Segretario Generale a determinare la composizione del Politburo e del
Comitato Centrale.
Un fatto singolare che pone l'accento su quanto sia importante il funzionamento
democratico di un partito: nel corso del XVII congresso del PCUS, nel 1934 (Procacci,
“Storia del XX secolo”), Kirov, protetto di Stalin, ma forse più sobrio di lui
nell'amministrare il partito, fu eletto segretario con le modalità di voto segreto.
Naturalmente Stalin manipolò e invalidò le votazioni del congresso. A riprova di tale
avvenimento vi sono due prove storiche.
La prima ci viene dalla testimonianza storica di Saumjan, uno dei pochi sopravvissuti
alle purghe: "Alcuni delegati e soprattutto quelli che ricordavano il testamento di
Lenin cominciavano a pensare che era ora di togliere a Stalin l'incarico di segretario
generale per trasferirlo ad altro incarico[12].
La seconda testimonianza (questa indiretta) è la vittoria silenziosa che gli uomini che
sostennero Kirov ottennero al congresso. Infatti, Kirov entra nella segreteria insieme
a Zdanov, Kaganovic e Stalin. Ma Stalin, cosa molto strana per un partito cui le forme
sono l'abc, non viene nominato come segretario generale, bensì come semplice
segretario[13].
Dunque è chiaro che la democrazia interna è uno strumento utile contro i germi
dell'ipercentralismo, ma un aspetto ancora è doveroso da spiegare: come può un
politico di secondo livello come Stalin aver raggiunto tale posizione, ma soprattutto
16
17. perchè? Qui sotto riportiamo un episodio che dipinge bene la sua pochezza
ideologica.
Durante il dibattito della XV conferenza di partito Stalin afferma: "…le tesi che hanno
determinato tutta la linea della nostra rivoluzione e la sua opera di ricostruzione, le
tesi che riguardano la possibilità della vittoria del socialismo in un paese solo".
Questa citazione, a detta di Stalin, è da attribuire ad un singolo passaggio di Lenin.
Ma Kamenev sostenne che quella citazione non si riferiva alla Russia. Stalin ripose
inorridito: "Questo è incredibile, è inaudito, e si presenta come una diretta calunnia
del compagno Lenin... una falsificazione di Lenin!". Prese la parola Trotskij e citò le
parole di Lenin nella loro interezza: "La vittoria completa della rivoluzione socialista
in un paese solo è impensabile, essa richiede la cooperazione attiva di almeno vari
paesi progrediti fra i quali non si può porre LA RUSSIA!"
Insomma, un uomo più furbo che abile.
La burocrazia
Il problema della burocrazia sovietica si pone come il problema dell'apparato di
partito, ovvero il problema dei funzionari, degli intellettuali piccolo borghesi che
svolgono ruoli di direzione media o superiore all'interno del partito. All'interno di
questa spira sociologica si somma un altro aspetto, quello del conservatorismo. La
capacità di questi strati, estranei al proletariato, è di mantere dei privilegi materiali e
culturali rispetto alla popolazione sovietica.
È indiscutibile che la burocrazia nell'URSS sia cresciuta grazie al fenomeno d’ascesa
sociale (mascherato da una sorta d’equilibrio internazionale): quelli che occupano dei
posti privilegiati vogliono continuare ad occuparli mentre nuove leve, disposte a
tutto, sono pronti a rimpiazzarli[14]. Nei fatti vuol dire avere i "conti fissi in banca": un
burocrate d’apparato poteva acquistare ciò che voleva mantenendo comunque la
stessa somma in conto deposito, nonostante la penuria di cibo, vestiario e quant'altro
per i cittadini sovietici. Inoltre, i magazzini speciali di staliniana fattura, nascosti al
popolo dietro la parvenza di abitazioni, avevano il pregio di avere tutto, anche
l'impensabile.
Sotto la responsabilità di Lenin, un funzionario di partito percepiva uno stipendio
pari un operaio specializzato, sotto la segreteria di Stalin il rapporto passò da 1 a
12[15].
Certamente è importante ricordare che solamente gli eventi di carattere
internazionale avrebbero scosso il sistema sovietico e rigenerato il partito, ma è anche
vero che noi come marxisti rivoluzionari dobbiamo porci delle regole (ancora oggi in
seno ai partiti riformisti poco rispettate) per evitare tali derive.
Noi del PCL (basta leggersi lo statuto) abbiamo posto un limite di retribuzione dei
funzionari, essendo contro i privilegi materiali.
Altro aspetto è la regola dell'eleggibilità e revocabilità degli degli eletti, dei
funzionari, dei segretari, ecc., a tutti i livelli. Infine la libertà di discussione.
17
18. Chi pensa che lo stalinismo sia stato il frutto di un incidente di percorso o, peggio
ancora, dice che oggi siccome è passato è inutile parlarne, forse non sa o non vuole
vedere (credo per una sorta di occlusione mentale) il disastro e le sconfitte che ha
rappresentato per il movimento operaio.
Note:
1. ^ Lenin - Che fare?
2. ^ Zinoviev - Storia del Partito Comunista Russo
3. ^ Il PCUS nelle risoluzioni (IV conferenza)
4. ^ Lenin - Opere complete - Vol. 10
5. ^ Lenin - Opere complete - Vol. 10
6. ^ R. V. Daniels - La coscienza della rivoluzione
7. ^ J.J. Marie Stalin
8. ^ P. Brouè - La rivoluzione perduta
8b. ^ J.J. Marie Stalin
9. ^ P. Brouè - La rivoluzione perduta
9b. ^ P. Brouè La rivoluzione perduta
10. ^ Ezov, futuro capo della Ceka, diede il nome alla triste epopea di sangue delle
purghe "ezvocina"
11. ^ J.J. Marie Stalin
12. ^ Pravda coll. 1964
13. ^ Krasinikov Kirov
14. ^ E. Mandel - La burocrazia
15. ^ O. Chelevniuk - Stalin e la società sovietica negli anni del terrore
18
19. LENIN E LA LOTTA CONTRO STALIN
Già durante il periodo
rivoluzionario, Lenin aveva
duramente polemizzato con Stalin
riguardo alla posizione assunta da
quest'ultimo come responsabile,
insieme a Kamenev, della Pravda nei
confronti del governo Borghese di
Kerenskij: "La nostra tattica è
completamente suicida, nessun
appoggio al governo Kerenskij..."[1].
La Pravda di Stalin pubblicava
articoli dal chiaro contenuto
collaborazionista con il governo
borghese: "fintanto che continua sulla strada di soddisfare le rivendicazioni operaie"
e a "difendere le recenti conquiste democratiche... "[2]. La "Pravda", diretta da Stalin,
si era rifiutata nei primi mesi del ’17 (già si potevano intravedere i metodi che in
futuro caratterizzeranno Stalin) di pubblicare tre delle quattro "lettere da lontano"
scritte da Lenin in esilio, secondo cui non bisognava sostenere il governo provvisorio,
ma occorreva preparare la rivoluzione proletaria, trasformare la guerra imperialista
in guerra civile e rifiutarsi di cadere in un atteggiamento "socialpatriottico".
Lo stesso Molotov, uno dei pochi sopravvissuti alle purghe staliniste, racconta: "Tu
(Stalin si riferisce a Molotov) nel periodo iniziale di aprile sei stato più di tutti vicino
a Lenin". Insomma un'implicita ammissione da parte di Stalin della sua politica
conciliazionista a sostegno di Kerenskij[3].
Nelle sue memorie Suchanov scrive: “Nei bolscevichi in questo periodo, oltre a
Kamenev, compare Stalin. Durante il tempo della sua modestia attività nel comitato
esecutivo (egli) produceva, non su me solo, l'impressione di una macchina grigia, che
a volte dava una luce smorta senza conseguenze. Di lui in sostanza non c'è più nulla
da dire”.
In più, riguardo al ruolo di Stalin nella Rivoluzione Russa, enpassant è interessante la
documentazione del testo di J.Reed (I dieci giorni che sconvolsero il mondo). Il libro,
ricordiamo, è vidimato da Lenin. Si dipinge in modo corretto la figura di Stalin, o
meglio non la si dipinge.
La lotta contro la burocrazia
Sin dal 1919, il partito bolscevico, per evitare il crescente lievitare d’uomini
d’apparato, burocrati all'interno del partito, istituì il Rabkrin (Commissariato del
Popolo per l'ispezione operaia e contadina). Al vertice di questo commissariato, il
Partito Bolscevico mise Stalin, per le sue capacità organizzative mostrate in passato.
19
20. Dunque Lenin già dal 1919, a meno di due anni dalla Rivoluzione, avvertiva un
pericolo di burocratizzazione del Partito. Uomini estranei alla rivoluzione, molti di
essi senza principi, perfetti aspiranti burocrati, si stavano attrezzando per salire sul
carro dei vincitori.
Nel 1922, il pericolo di deviazione burocratica agli occhi dei Lenin si fa più pressante:
"Il nostro programma di partito, un documento che l'autore dell’ABC del comunismo
conosce bene (riferito a N. Bucharin), dimostra che il nostro stato è uno stato operaio
con distorsioni burocratiche"[4].
Lenin nota quindi, anche prima di Trotskij, il pericolo d’involuzione del partito. Si
avvicina a Trotskij e propone a lui di formare un blocco politico contro Stalin.
Trostkij racconta: “Lei (Lenin a Trotskij) propone di iniziare una lotta non solo contro
la burocrazia di Stato, ma anche contro l'Ufficio organizzativo del Comitato
Centrale?” Io mi misi a ridere, sorpreso. L'ufficio organizzativo era l'anima
dell'organizzazione staliniana. “Può darsi”. “Ebbene (continuò Lenin), io le propongo
un blocco contro la burocrazia in genere e, in particolare, contro l'ufficio
organizzativo”. “È un onore (risposi) formare un blocco buono con una buona
persona"[5].
Così ha inizio l'ultima lotta di Lenin
Uno dei primi scontri con Stalin, Lenin lo ebbe sulla questione del monopolio del
commercio estero.
La maggioranza dei massimi dirigenti del Partito, con Stalin in testa, erano favorevoli
all'abolizione o al forte ridimensionamento del monopolio del commercio estero. La
politica del gruppo dirigente guidata Stalin supponeva che una ripresa degli scambi
economici con l'estero avrebbero favorito la NEP (New Economic Policy: fu l'ingresso
dell'economia capitalistico statale nella società sovietica). Trotskij si espresse contro
questa politica. secondo Trostkij questa scelta non avrebbe fatto che indebolire lo
stato operaio sovietico nei confronti degli avversari di classe. Lenin concorda con le
posizioni di Trotskij.
Ma gli avvenimenti precipitano. Durante la riunione del comitato centrale del 6
ottobre del 1922 (Lenin assente) si scelse di adottare, sotto la spinta del Commissario
del Popolo alle finanze Sokolnikov, delle deroghe al monopolio del commercio
estero. Lenin rimase di stucco. Secondo la testimonianza di Lewin, "considerò il fatto
come un vero e proprio colpo contro di lui"[6]. Lenin, per reagire a questo duro colpo,
si mise prima a discutere con alcuni membri del partito, tra cui Trotskij, poi inviò una
lettera di protesta a Stalin in cui "proponeva di aggiornare tale scelta alla prossima
riunione del Plenum del Comitato Centrale"[7]. Ma la resistenza di Stalin si fece più
dura del previsto. Stalin scrisse: "La lettera del compagno Lenin non mi ha fatto
mutare idea sulla giustezza della decisione del Comitato Centrale del 6 ottobre in
merito al monopolio del commercio estero"[8]. Tuttavia la questione non fu liquidata
così. La questione del commercio estero sarebbe stata discussa nel successivo
comitato centrale. La battaglia si avvia e Lenin affila le armi e discute con Trotskij la
linea politica da adottare. I due concordano sull'importanza del monopolio del
20
21. commercio estero. Lenin scrive a Trotskij: "Penso che ci siamo messi pienamente
d'accordo. Vi prego di dichiarare all'assemblea plenaria la nostra solidarietà. Spero
che la nostra decisione sarà approvata. Se contrariamente alle nostre aspettative la
nostra decisione sarà respinta, ci rivolgeremo alla frazione del congresso dei Soviet e
dichiareremo di sottoporre la questione al congresso del partito" [8a]. Allo stesso
tempo Lenin scrisse una lettera a Stalin e ai membri del comitato centrale: "Mi sono
anche accordato con Trotskij per la difesa delle mie opinioni sul monopolio del
commercio estero. Sono convinto che Trotskij sosterrà le mie opinioni non peggio di
me[9].
Lenin e Trotskij vinsero la loro prima battaglia contro Stalin. Il 18 dicembre il
Comitato Centrale annullò la precedente decisione. Lenin scrisse a Trotskij : "Sembra
che siamo riusciti senza colpo ferire, con un semplice movimento di manovra.
Propongo di fermarsi e continuare l'offensiva"[10].
Stalin, come commissario del Rabrikim, stava praticando una politica completamente
diversa dall'idea che Lenin aveva di esso. Il georgiano, invece di porre un freno
all'ingresso dei nuovi uomini di apparato, rimosse e promosse personale a suo
gradimento. Mise nei posti chiavi del Partito "comunisti" a lui devoti per aver
ricevuto un avanzamento di carriera.
Nel 1920 Trotskij aveva notato e evidenziato i "difetti" del Rabkrim e le sue pericolose
oscillazioni burocratiche. Lenin, nel primo periodo della "reggenza" di Stalin, non
comprese subito l'entità del problema che si sviluppava nel Rabrikim, ma poi muta
idea e si fece avanti per dare battaglia anche su questo punto: "Questa idea fu
suggerita dal compagno Trotskij, sembra un bel po' di tempo fa. Allora io ero
contrario, ma dopo aver osservato la questione in modo più approfondito trovo in
sostanza che sia un'idea sensata"[11].
Ancora Lenin sempre sul Rabrikin: "Diciamolo pure, il Commissariato per il popolo e
l'ispezione contadina e operaia non gode ora di nessun prestigio. Tutti sanno che non
esiste peggior organizzazione dell'ispezione operaia e contadina e che, nelle
condizioni attuali, è inutile pretendere da questo Commissariato del popolo
qualcosa."[12].
Ora il terreno di lotta si sposta sulla questione "georgiana". Lenin indirizzava le sue
dure critiche a Stalin riguardanti il suo metodo di direzione. La questione
"georgiana" fu una sorta di catalizzatore per Lenin, il quale aveva capito che con
Stalin non poteva "giocare" di "fioretto". Decise di scrivere quello che fu
soprannominato il "Testamento".
IL 30 dicembre del 1922 Lenin scrive: “L'apparato che diciamo nostro ci è di fatto
alquanto estraneo; è un guazzabuglio borghese e zarista e in mancanza dell'aiuto
degli altri paesi non c'è possibilità di disfarsene”[13].
Lenin si rese conto con chi aveva a che fare solo verso la fine del 1922, quando ebbe
chiaro i metodi che Stalin usava per silenziare il dissenso dei compagni georgiani. Il
ruolo di regista di Stalin, in questo puzzle burocratico, divenne chiaro. Senza che
Lenin e, ancor peggio, il Politburo ne fossero a conoscenza, Stalin, insieme a
21
22. Dzergenskij e Orgionkidze, aveva realizzato un vero e proprio colpo di Stato nel
partito georgiano. Lenin dettò, dal suo letto, una serie di note riguardanti questa
vicenda, ma non si limitò a definire la politica di Stalin come un errore di percorso,
bensì come una scelta frutto del peggior nazionalismo grande russo: "Non c'è dubbio
che la percentuale infinitesimale dei lavoratori russi affogherà in quella marea di
gentaglia sciovinista grande-russa come una mosca nel latte"[14].
La lotta per la rimozione di Stalin
La "destalinizzazione" Krusceviana in realtà ha rivelato quello che era già noto. Ma
l'aspetto importante delle "rivelazioni" di Krusciov è che esse hanno costituito,
involontariamente, una conferma sulla veridicità delle documentazioni di Trotskij.
Alla fine degli anni ’60 M. Lewin affermò che quanto Mosca stava pubblicando era la
garanzia delle corrette testimonianze lasciate da Trotskij.
Tra questi testi "scoperti" da Krusciov vi sono quelle lettere inviate dal Lenin,
soprannominate il "Testamento", tra il dicembre 1922 e i primi di gennaio del 1923.
Lenin è preoccupato del rischio della scissione del Partito e della coesione del
Comitato Centrale. "Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la
questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotskij. I rapporti
tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione,
che potrebbe essere evitata ".
Passa poi ad una breve caratterizzazione dei due: “Il compagno Stalin, divenuto
segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono
sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il
compagno Trotskij, come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione
del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti
capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha
anche un’eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato
puramente amministrativo dei problemi. Queste due qualità dei due capi più
eminenti dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro
partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire
improvvisamente. Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le
loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti
nell'ottobre Zinoviev e Kamenev non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non
glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotskij.
Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono
queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro
bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e
importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il
prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima
perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è
qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente
la dialettica). Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di
grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto
22
23. amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione
politica. Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il
momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino
l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria
unilateralità”.
La prima riflessione che scaturisce questo testo è che Lenin considerava sullo stesso
piano Trostkij e Stalin con buona pace di Zionoviev, Kamenev, Bucharin, Radek, ecc.
Lo stesso Lewin afferma: "Per il posto riconosciuto da Stalin, aveva di che stupire il
paese, ferire Trotskij, sorprendere sgradevolmente Zinoviev e Kamenev."
Probabilmente, come lo stesso Lewin afferma, Lenin aveva intuito il grande potere
che Stalin si era creato.
Dunque Lenin evidenza da un lato le capacità superiori di Trotskij e dall'altro le
incapacità di Stalin di saper gestire il potere. Ma è anche vero che Lenin critica a
Trotskij il suo passato di "menscevico" e le sue posizioni assunte durante il dibattito
sul sindacato.
Ma questa sorta di giudizio di equilibrio, tra i due, in Lenin si rompe. Lenin pensa
oramai solamente alla rimozione di Stalin: "Stalin è troppo grossolano, e questo
difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa
intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di
pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo
posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno
Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più
cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza
può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista
dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin
e Trotskij, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere
un'importanza decisiva".
Ecco cosa è successo tra il 24 dicembre del 1922 e il 4 gennaio del 1923. Siamo certi
che Stalin non sia stato disposto ad accettare le critiche, siamo altrettanto certi che il
blocco politico formato da Lenin con Trotskij lo spaventava. Stalin, dunque, perde il
controllo e chiama la moglie di Lenin, la Krupskaija. La riempie d’insulti, la colpa
della compagna di Lenin sarebbe stata quella di non aver rispettato le indicazione
mediche riguardanti il marito. Secondo Stalin, Lenin avrebbe lavorato (scrivendo le
bombe contro di lui) quando non avrebbe dovuto e questo per la negligenza della
moglie. La Krupskaija lo stesso giorno avverte Kamenev, vicepresidente del governo,
chiedendo protezione contro le volgarità mosse da Stalin nei suoi confronti. Lenin
poco giorni dopo scopre l'accaduto e scrive a Stalin: "Ciò che ha fatto, con la sua
grossolanità, verso mia moglie, lo considero fatto contro di me". Come sostiene
Lewin, l'autore dell'Ultima battaglia di Lenin, è da escludere che l'incidente avvenuto
tra Stalin e la Krupskaija abbia potuto indurre Lenin ad un atto politico per
modificare i rapporti di forza nel Comitato Centrale del Partito. Lenin aveva altre
ragioni. Era una persona che soppesava le parole, sapeva vedere gli aspetti più
importanti delle questione politiche. Era un genio della strategia politica. Aveva fin
troppo chiaro che Stalin andava rimosso.
23
24. Solo il tempo fu tiranno: Lenin si ammalò di nuovo poco prima di morire e fu
incapace di proseguire la sua lotta contro Stalin.
Rimane convincente la testimonianza di Trotskij nella sua autobiografia riguardo agli
ultimi giorni di Lenin: “Lenin si preparava ora (dopo il 4 gennaio) non solo a deporre
Stalin dalla Segreteria Generale, ma anche squalificandolo davanti al partito. A
proposito del monopolio del commercio estero, nella questione nazionale, nella
questione del regime di partito, dell'Ispezione degli operai e dei contadini e della
commissione di controllo, Lenin impiantò le cose in modo da dare al XII congresso il
colpo di grazia a Stalin e, insieme a lui, alla burocrazia, alle consorterie, all'arbitrio”.
Note:
1. ^ Lenin - Lettere da lontano
2. ^ Pravda
3. ^ Cuev - Centoquaranta colloqui con Molotov
4. ^ Lenin - Opere complete Volume 32
5. ^ Trotskij - La mia vita
6. ^ M. Lewin - L'ultima battaglia di Lenin
7. ^ Lenin - Opere complete Volume 33
8. ^ Fotieva Iz Vospominjiamij
8a. ^ Lenin - Opere complete Volume 45
9. ^ Lenin - Opere complete Volume 45
10. ^ Trotskij - La mia vita
11. ^ Lenin - Opere complete Volume 36
12. ^ Lenin - Opere complete Volume 36
13. ^ Lenin - Opere complete Volume 36
14. ^ Lenin - Opere complete Volume 36
24
25. ALLEGATO
Tratto dal “Testamento di Lenin” (1922)
La Lettera al Congresso, conosciuta sotto il nome di "Testamento" fu dettata da Lenin dal 23
al 26 dicembre 1922 e il "Supplemento alla lettera del 24 dicembre 1922" il 4 gennaio 1923.
Ne fu data lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. Il
congresso decise all'unanimità di non pubblicarla, considerando che, essendo rivolta al
congresso, non ne era stata prevista la pubblicazione sulla stampa. Per decisione del CC del
PCUS, queste lettere di Lenin furono portate a conoscenza ai delegati del XX Congresso del
PCUS e poi alle organizzazioni del partito. Nel 1956 furono pubblicate nel Kommunist n.9.
Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti
nella nostra struttura politica. Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più
importanti.
In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad
alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale
riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro CC nel caso in cui il corso degli
avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener
conto).
Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe
condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan, andando così incontro,
fino ad un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotskij.
Per quel che riguarda il primo punto, vale a dire l'aumento del numero dei membri
del CC, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare
seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli
gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di
tutto il partito. Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe
operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da
parte di essa. Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro
partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a
mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la
stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.
Per stabilità del Comitato Centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti
contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere
presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia Mysl (mi pare fosse S. F.
Oldenburg)[1] aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per
quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro
partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa
scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.
Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e
inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In
25
26. questo caso sarebbe inutile prendere questi o quei provvedimenti e in generale
discutere sulla stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso,
capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro
troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare. Intendo stabilità
come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre
qui una serie di considerazioni di natura puramente personale. Io penso che, da
questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri
del CC come Stalin e Trotskij. I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una
buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la
quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri
del CC a 50 o a 100 persone.
Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un
immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con
sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotskij come ha già dimostrato la
sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si
distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più
capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una
tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.
Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale CC possono eventualmente
portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la
scissione può avvenire improvvisamente.
Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità
personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre
Zinoviev e Kamenev[2] non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si
può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotskij.
Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono
queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro
bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e
importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il
prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima
perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è
qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente
la dialettica).
Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime
capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo
dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.
Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel
presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione per
completare le proprie conoscenze ed eliminare la propria unilateralità.
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27. Aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922
Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel
rapporto tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale.
Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo
incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti,
si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere
più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno
capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io
penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto
sopra sui rapporti tra Stalin e Trotskij, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza
che può avere un'importanza decisiva.
Lenin – 4 gennaio 1923
Note:
1. ^ L'osservatore politico della rivista dell'emigrazione bianca Russkaja Mysl, diretta
da Piotr Struve, pubblicata nel 1922 a Praga, non era S. F. Oldenburg (come è
indicato nella lettera), ma S. S. Oldenburg. S. F. Oldenburg, famoso orientalista
russo, era nel 1922 segretario perpetuo dell'Accademia delle scienze.
2. ^ Zinoviev e Kamenev nelle riunioni del CC del 10 (23) e del 16 (29) ottobre 1917
avevano preso posizione e votato contro la risoluzione di Lenin sulla
preparazione immediata dell'insurrezione armata. Essendosi trovati, nelle due
riunioni del CC, di fronte a una decisa opposizione, Kamenev e Zinoviev il 18
ottobre pubblicarono sul giornale menscevico Novaia Gizn una dichiarazione in
cui rivelavano che i bolscevichi stavano preparando l'insurrezione e
affermavano di considerarla un'avventura. In tal modo essi avevano tradito un
segreto essenziale del partito, cioè la decisione di organizzare l'insurrezione
entro breve termine. Nello stesso giorno Lenin condannava duramente questo
atto nella Lettera ai membri del partito bolscevico.
27
28. TOGLIATTI, IL BUROCRATE CONTRORIVOLUZIONARIO
La storia politica di Palmiro Togliatti è la
storia di uno peggiori personaggi che il
movimento operaio abbia conosciuto,
secondo per orrori solo a Stalin. Hannah
Arendt ne "La banalità del male" dà un
quadro pulito del genere di persone alla
Togliatti. Un losco individuo, Togliatti, senza
etica e dignità, pronto a supinarsi ai voleri
del suo padre padrone Stalin senza la minima
riflessione, un burocrate.
Cerchiamo con ordine di ripercorrere,
cronologicamente, le sue tappe politiche.
Nel 1921, anno fondativo del Partito
Comunista d'Italia, Togliatti è un semplice
redattore dell’“Ordine Nuovo”, tanto che a
Livorno durante le sessioni del congresso non
è tra i partecipanti. “Era rimasto a Torino a fare il giornale”[1]. Anche se, per onestà
intellettuale, su un'altra biografia[2] si scrive che “partecipa al congresso con la
delegazione di Torino”.
Insomma, Stalin (lo stesso che durante la rivoluzione russa aveva avuto, per tutti gli
storici onesti, un ruolo di secondo piano e "conciliazionista") diviene per magia negli
anni ’30, a regime oramai strangolato, il leader incontrastato della rivoluzione
secondo solo a Lenin oramai salma.
Nel 1926, quando all'interno del PCUS infuriava la lotta tra l'opposizione di sinistra e
la burocrazia stalinista, Gramsci scrive una lettera, indirizzata ai compagni sovietici e
tenuta segreta per molto tempo, riguardo alla lotta intestina: "Voi state distruggendo
l'opera vostra, voi degradate la funzione di dirigente che il partito comunista russo
aveva conquistato per impulso di Lenin: i vostri doveri di militanti russi possono
essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del proletariato internazionale.
Togliatti risponde stizzito a Gramsci (non vale la pena neanche citare il testo), sempre
sotto ordine di Stalin.
Uno dei grandi meriti di "Ercoli" fu quello di aver "aiutato" a liquidare da
coprotagonista assieme a Stalin le opposizioni interne. Nella metà degli anni venti
Togliatti assunse, a livello internazionale, un posizione di destra (corrente Bucharin),
ma quando vide il modo con cui gli oppositori venivano trattati, Togliatti si allineò
da buon paggio a Stalin. Stalin non poteva tollerare opposizioni interne e correnti
(come era previsto nel partito di Lenin[3]) e procedette all'eliminazione prima politica
e poi fisica dell'opposizione trotskista. Così, al medesimo tempo, fece Togliatti con i
Trotskisti italiani Tresso, Ravazzoli e Leonetti. Forte, Togliatti, di una maggioranza
nella segreteria del PCI ottenuta grazie alla complicità di un altro laido individuo
28
29. (Secchia) accusa i tre di deviazionismo e li fa espellere dal Partito. Le calunnie di
Togliatti perseguiteranno il compagno sino alla sua morte e oltre. Tresso morì nel
1944 in Francia, fucilato da Stalinisti[4].
Togliatti, non saturo del suo operato in Italia, da buon stalinista si preoccupa di
"ripulire" le diverse opposizioni comuniste nel resto dell'Europa. Prima di tutto toccò
ai Polacchi e al PCP: “Quale responsabile incaricato dell'Internazionale comunista
alla cura e al controllo dei partiti comunisti dell'Europa centrale seguì la vicenda del
partito comunista polacco”[5]. "Vicenda" che sotto la sua "cura" portò allo
scioglimento del Partito comunista polacco e alla eliminazione fisica, quasi totale, di
tutti i membri del comitato centrale.
Poi venne il turno della Spagna. Togliatti era considerato "il consigliere e
l'animatore"[6] della rivoluzione spagnola. Criticava "l'infantilismo anarchico".
Riversava, come fatto in passato, il suo odio contro trotskisti e anarchici. Non
sappiamo che ruolo ha avuto Togliatti, al contrario dei suoi amici Vidali e Orlov,
nella morte di Nin[7], ma sarebbe difficile escludere che come responsabile dell'IC
(Internazionale Comunista) non sapesse.
Naturalmente Ercoli accusa di fascismo le "spie trotskiste" accusandole con
disprezzo, ma ai veri fascisti lanciava appelli di benevolenza: "Noi siamo disposti a
batterci con voi per la realizzazione del programma fascista"[8]. Mentre Gramsci e
altri compagni erano chiusi nelle carceri fasciste, Togliatti dalla sua comoda poltrona
di Mosca attaccava i veri rivoluzionari e, ogni tanto, lanciava la sponda di
"collaborazione" con i fascisti di Mussolini.
Anche sulle moltissime vittime, comuniste, dello stalinismo chiuse e uccise nei gulag
staliniani Togliatti (etica profonda comunista) non mosse nemmeno un dito[9].
Negli anni ’40, dopo la liberazione dal nazifascismo, Togliatti, eseguendo la tattica
stalinista e antileninista dei fronti popolari, assunse il ministero di Grazia e Giustizia
del governo borghese italiano. Tra le prime misure prese dal nuovo ministro vi fu
"l'amnistia" per i fascisti e la repressione dei moti contadini in Sicilia.
Si potrebbe continuare parlando della "via italiana al socialismo", o dei suoi numerosi
articoli che elogiavano Stalin dopo la soppressione di rivoluzionari come Zinoviev,
Kamenev, Bucharin, dell'epurazione di Trotskij e così via, ma non basterebbero
duecento pagine. Meglio dunque, forse più utile, soffermarci sulla “coerenza” e
“autonomia di pensiero” di Togliatti.
Negli anni ’20, durante i primi anni di vita dell'internazionale, Togliatti era stato
buchariniano ,poi virò e divenne stalinista.
Nel 1943 accettò con grande esaltazione lo scioglimento della III internazionale, ma
nel ’47 con la stessa esaltazione applaudì alla sua ricostruzione sotto le vesta del
Cominform, salvo poi essere di nuovo felice per il suo definitivo scioglimento del ’56.
Con la stessa disinvoltura avvalorò la condanna di Tito, stendendo anche il testo di
accusa, poi si congratulò con il "comunismo" jugoslavo. Fu artefice e protagonista
della repressione stalinista e dopo l'avvento Krusciov (XX Congresso) si allineò alla
presunta destalinizzazione.
29
30. Insomma un uomo vile, senza etica, pronto a sacrificare i princìpi del comunismo per
un posto nell'apparato dei privilegiati. Ma la vita di Togliatti e la sua sgradevolezza
hanno anche un altro significato politico, spesso dimenticato, ma oggi attualissimo.
Quando molti compagni, legittimamente, oggi parlano e scrivono di "unità dei
comunisti", sarebbe opportuno domandarsi prima: quali sono i comunisti?
Note:
1. ^ Conversando con Togliatti
2. ^ Togliatti – a cura della Commissione propaganda del PCI
3. ^ I Protocolli del CC Bolscevico del 1917-1918
4. ^ Tresso – Gruppo Facebook "Pietro Tresso"
5. ^ Conversando con Togliatti
6. ^ Trent'anni di vita del Partito Comunista Italiano
7. ^ Andreu Nin, fondatore e massimo dirigente del POUM spagnolo
8. ^ G. Siniga – Togliatti e Stalin – Documenti
9. ^ Alfonso Leonetti – Vittime italiane dello stalinismo in URSS
30
31. INDICE
Pag. 3
INTRODUZIONE
Pag. 4
I COMUNISTI ITALIANI NEI GULAG DI STALIN
Pag. 7
COME STALIN HA MASSACRATO I RIVOLUZIONARI
L’INVENZIONE DELLA FANTOMATICA COSPIRAZIONE
Pag. 12
LA DEMOCRAZIA NEL PARTITO BOLSCEVICO
COME STALIN HA STRANGOLATO IL PARTITO
Pag. 19
LENIN E LA LOTTA CONTRO STALIN
Pag. 25
ALLEGATO
Tratto dal “Testamento di Lenin” (1922)
Pag. 28
TOGLIATTI, IL BUROCRATE CONTRORIVOLUZIONARIO
32. PERCHÈ SIAMO ANTISTALINISTI
A cura di Eugenio Gemmo, Direzione Nazionale – Partito Comunista dei Lavoratori
Revisione e impaginazione: Simone Raul Luraghi
Fotocopiato in proprio
Giugno 2012