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Paola Pallottino
4. Figure
Illustrazione: definizione e tecniche
Il 21 aprile 2022 la professoressa Paola Pallottino ha tenuto una conversazione online
per il programma Conversazioni di pittura promosse dall’Associazione Romana
Acquerellisti (ARA) e da Ticonzero. Questo è il testo della conversazione
corredato dalle immagini.
9 settembre 2022
Codice ISSN 2420-8442
Mentre molte storie dell’illustrazione includono la miniatura nel
loro esame, va subito dichiarato che, d’ora in avanti, per
illustrazione si intenderà solo ed esclusivamente ogni multiplo
ottenuto tramite la riproduzione a stampa di un artefatto di
natura grafico-pittorica, commissionato dall’industria editoriale,
e pertanto reperibile nei relativi prodotti come libri e periodici.
Questo per evidenziare subito, accanto alla sua natura di merce -
l’attività dell’illustrare è comunque legata alla committenza
editoriale - la sua peculiare caratteristica di multiplo, che la
separa anni luce dalla miniatura, che costituisce sempre un
esemplare unico.
Fig. 1 - Arca di Noè, in Libro d’ore detto di Carlo V, manoscritto francese, inizi
XVI sec. Miniatura anonima: esempio di esemplare unico vs l’immagine
riprodotta.
Ne consegue che la data di nascita dell’illustrazione,
retrodatabile a quei proto-libri rappresentati dai primi libri
xilografici nei quali testo e figure venivano incisi in un solo
blocco: va meglio collocata a partire dai prodotti post-
gutemberghiani, ovvero dai primi libri tipografici a caratteri
mobili forniti di illustrazioni.
Fatte salve, quindi, tutte le edizioni il cui apparato iconico
si riduca ad una sola tavola, generalmente in frontespizio e in
seguito in antiporta, emerge subito un’altra caratteristica
dell’illustrazione, ovvero quella dell’impossibilità della sua
fruizione simultanea, ma della forzata scansione della sua
lettura.
L’esigenza di ottenere altrettanti multipli tutti simili fra loro
comportava, come nell’impressione dei punzoni o dei sigilli,
la realizzazione di una matrice. Le principali matrici per la
stampa, prima dell’avvento della fotografia, si dividono in tre
famiglie che, oltre ai supporti cartacei e gli inchiostri,
prevedono l’impiego di specifici torchi ovvero: la stampa
rilievografica, calcografica e planografica.
Fig. 2 - Cristo davanti a Pilato, in Passio veneziana, il più antico libro italiano con testo
inciso xilograficamente insieme alla figura, primi decenni XV sec., Xilografia anonima.
LA RILIEVOGRAFIA
La matrice per la stampa rilievografica, (dalla quale deriverà
la stampa a caratteri mobili), è costituita prevalentemente da
tavolette di legno, ma anche da lastrine metalliche e in seguito
di linoleum. La sua tecnica prevede il disegno a rovescio sulla
matrice e l’incisione a scavo con appositi strumenti da taglio;
Fig. 3 - Strumenti per l’incisione xilografica: sgorbie, coltelli, caprette, ecc.
la successiva inchiostrazione delle parti salvate in rilievo e la
stampa finale contro il foglio di carta attraverso la pressione di
una stecca d’osso o, meglio, del torchio a vite.
Fig. 4 - Torchio a vite per la stampa rilievografica
L’essenziale splendore lineare delle xilografie che
illustrano il capolavoro di Manuzio alla fine del secolo,
Fig. 5 - F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Venezia,
Manuzio, 1499. Xilografia attribuita al Maestro del Polifilo
con la successiva adozione dei tagli incrociati,
evolverà in quella ricchezza segnica che caratterizzerà
la grande xilografia cinquecentesca,
Fig. 6 - S. Cristoforo con volo di uccelli, 1500-1502. Xilografia di Albrecht Dürer
fino all’impiego scientifico, splendidamente esemplato
nell’illustrazione - un unicum in assoluto - di un testo botanico
che mostra i ritratti del pittore che riprende l’esemplare dal
vero, di quello che riporta il disegno sulla tavoletta di legno,
fino a quello che l’inciderà.
Fig. 7 - Pictores operis (Heinrich Füllmaurer e Albrech Meyer pittori, Viet Rudolph Speckle incisore),
in L. Fuchs, De Historia Stirpium, Basileae, Officina Isingriniana, 1542. Xilografia colorata all’acquerello
Oltre alla coloritura manuale sulle stampe, come nell’immagine
precedente, già dal Rinascimento la più veloce coloritura a
stampini prevedeva la creazione di sagome ritagliate e svuotate
per ciascun colore, da posizionare sulla porzione designata
dell’immagine da colorare a pennello o a spruzzo.
Fig. 8 - La lezione di anatomia, in J. de Ketham, Fasciculo de medicina, Venezia, De’ Gregori,
1493. Xilografia anonima colorata a stampini
Il progressivo perfezionamento della colorazione a
stampini, evolverà nella raffinata stampa al pochoir.
Fig. 9 - Coloquinte, in Maurice Pillard Verneuil, Etude de la plante, Paris,
Libraire Centrale des Beaux-Arts, 1908. Illustrazione tipografica colorata al pouchoir
All’esigenza del colore, avrebbe provveduto anche la
tecnica della stampa a registro di più legni inchiostrati
e stampati a registro in gamme di grigi, o colori diversi,
definita stampa a chiaroscuro o camaïeux.
Fig. 10 - Diogene, 1530 ca. Xilografia a chiaroscuro ‘camaïeux’ a 4 legni di Ugo da Carpi
Destinate, infine, al culto, all’impiego per
copertine e, più raramente alla stampa, già nel
Rinascimento si era diffusa la pratica
dell’incisione su lastrine di metalli pregiati: oro
e argento, ottenuta tramite la battitura di punzoni
raffiguranti piccoli motivi decorativi che, se
inchiostrate, davano luogo all’opus interrasile,
ovvero a stampe alla maniera criblée.
Fig. 11 - Figura di Cristo, seconda metà del XV sec. ‘Opus interrasile’
o incisione anonima alla ‘maniera criblée
Mentre, per usi pubblicitari e artistici, si sarebbe
affermato l’impiego di matrici in linoleum (brevettato
nel 1863 per usi industriali), la cui morbidezza avrebbe
accelerato il processo incisorio consentendo ampie
campiture.
Fig. 12 - A. Palazzeschi, Bestie del ‘900, Firenze, Vallecchi, 1951.
Linoleum a due colori di Mino Maccari
Nel Novecento si affermerà la rinascita della
xilografia con il legno originale di filo che
prevedeva vivaci contrasti del bianco e nero
ottenuti attraverso ampie campiture.
Fig. 13 - La paresse, 1896. Xilografia in legno originale di filo di Félix Vallotton
Alla fine del Settecento le tavolette in ‘legno di
filo’, tagliate verticalmente seguendo la venatura
che non consentivano errori pena la perdita della
matrice, verranno sostituite da tavolette in ‘legno
di testa’ bois debout, tagliate perpendicolarmente
alla fibra introdotte in Europa da Thomas Bewick.
Fig. 14 - Leone, 1799. Xilografia in legno di testa, per il proprietario di un serraglio, di Thomas Bewick
Si aggiunga che la durezza del bosso favoriva
l’impiego di bulini che consentiva segni sempre
più precisi e sottili ma che, in caso di errori si
poteva salvare l’incisione tramite la sostituzione
del solo blocchetto di legno da correggere o,
addirittura, la si poteva suddividere in blocchi
destinati alla specialità: figure, interni, paesaggi,
dei singoli incisori, poi legati e ricomposti per la
stampa come per i leggendari ‘tonalisti’ di Dorè.
Fig. 15 - Les Contes de Perrault, Paris, Hachette, 1862.
Xilografia in legno di testa su disegno di Gustave Doré
Alla fame di immagini dovuta al moltiplicarsi
dei tanti periodici illustrati, risponderà
l’impiego di una serie di ausili meccanici
come rotelle e pettini metallici per accelerare
l’incisione di xilografie industriali.
Fig. 16 - Tolette da spiaggia, «La Gran moda» n. 16, Milano, 16 luglio
1890. Xilografia industriale di Jean Pauquet.
Mentre la conquista del colore nel legno di testa
avrà il nome di Edmund Evans che, con la
chromoxylography perfezionerà la tecnica di Ugo
da Carpi, procedendo all’incisione di altrettanti
legni per ciascuna tonalità di colore, da stampare
progressivamente a registro.
Fig. 17 - Fortune and the boy, in Baby’s own Æsop, London, Routledge & Sons, 1887 Xilografia a colori
di Edmund Evans su disegno di Walter Crane
LA CALCOGRAFIA
Fatta leggendariamente risalire alla fortuita
‘stampa’ su un panno umido di un niello
votivo, immagine di oreficeria incisa su
lamina d’oro o d’argento i cui solchi
venivano riempiti da un amalgama nero per
far risaltare l’immagine sul metallo prezioso.
Fig. 18 - Incoronazione della Vergine, 1459-1464. Niello
attribuito a Maso Finiguerra. (London, British Museum)
Contrariamente alla xilografia, la calcografia
non prevede la stampa delle superfici in
rilievo, ma di quelle - opportunamente
riempite di inchiostro - scavate tramite
l’incisione diretta su una matrice metallica,
in genere rame, con uno strumento
denominato bulino
Fig. 19 - 19- Bulini per l’incisione della stampa calcografica
o incise attraverso l’impiego di un mordente, la
cui stampa richiede uno speciale torchio a rulli.
Fig. 20 - Torchio a stella per la stampa calcografica (bulino, puntasecca, acquaforte, acquatinta,
maniera nera, vernice molle, ecc.).
Incidendo, inchiostrando e stampando
la lastra in momenti successivi, se ne
potranno evidenziare i diversi stati.
Fig. 21 - Tête de l’Apollon du Belvédère, s.d. (XIX sec.) Stampe di un bulino in stati successivi
di incisione calcografica di Antoine Szretter
Chiamasi puntasecca, l’incisione ottenuta da una lastra non
ripulita dalle ‘barbe’ metalliche sollevate dal bulino che, in
stampa, potranno dare luogo a un suggestivo effetto di
morbidezza del segno.
Più complessa la pratica dell’acquaforte che prevede la
copertura della lastra con una vernice cerosa, sulla quale con
appositi aghi o chiodi, si riporterà il disegno a rovescio fino a
toccare il metallo; in seguito, la lastra verrà immersa in acido
nitrico che ‘morderà’ il metallo nelle parti scoperte creando
solchi più o meno profondi attraverso la pressione diretta o i
successivi ‘stati’ di morsura nell’acido. Una volta ripulita la
lastra dalla vernice, la si potrà inchiostrare nei solchi incisi e
stampare contro la carta facendola passare attraverso i rulli del
torchio a stella che imprimeranno la stessa pressione in ogni
punto.
L’acquaforte evolverà in seguito in una serie di tecniche
calcografiche quali: acquatinta, maniera nera, vernice molle,
eccetera, spesso combinate fra loro e il bulino.
Fig. 22 - Que pico de oro! (Che professore meraviglioso!), in Los Caprichos,
Madrid, 1799. Acquatinta di Francisco Goya y Lucientes
Anche per l’acquaforte, la conquista del
colore sarà affidata alla stampa, in sequenza
e a registro, di altrettante lastre inchiostrate
per ciascun colore.
Fig. 23 - ‘Angelo anatomico’, in Jacques Gautier D’Agoty, Essai d’anatomie, Paris, 1745. Calcografia a
colori di più rami diversamente inchiostrati rifinita a tempera e vernice dell’A
LA PLANOGRAFIA
Stampa a matrice piana di pietra, più nota come
‘litografia’ e in seguito di zinco, utilizza un
procedimento fisico-chimico, scoperto da Aloys
Senefelder come veloce mezzo di riproduzione, che la
brevettò nel 1799.
Questa ‘stampa chimica su pietra’, in genere la pietra
di Solnhofen che, opportunamente levigata e disegnata
con una matita grassa, ha la particolarità di trattenere
nelle parti non disegnate un sottile velo d’acqua, che il
segno grasso respinge. Sulla pietra così trattata,
l’inchiostro verrà respinto dalle parti inumidite e
trattenuto dalle parti grasse. Con il torchio litografico,
che striscia il ‘coltello’ (segmento di legno rivestito di
cuoio) sul foglio di carta verrà impresso solo l’inchiostro
che si deposita sulle parti disegnate e non sulle altre. In
seguito, verranno utilizzate lastre in metallo poroso quali
zinco o alluminio. Fig. 24 - Torchio litografico
Tecnica in grado di conservare la ‘mano’
dell’artista, la litografia assurgerà a stampa d’arte.
Fig. 25 - Rue Trasnonain le 15 avril 1834, «L’Association mensuelle», Paris, luglio 1834.
Litografia di Honoré Daumier
Nel 1836, con l’introduzione
del colore: ‘cromolitografia’,
che prevedeva la stampa a
registro anche di dodici pietre
inchiostrate a colori diversi
Fig. 26 - Tavola riassuntiva degli stati progressivi
della litografia, in Enciclopedia delle Arti e delle Industrie,
Torino, 1885
La cromolitografia
diventerà subito
popolare per il suo
vasto impiego nel
manifesto pubbli-
citario.
Fig. 27 - France-Champagne, Paris, E. Ancourt, 1891.
Manifesto cromolitografico cm. 80 x 60 di Pierre Bonnard
nell’illustrazione dei libri:
Fig. 28 - Impara a contare, Milano, Vallardi, s.d. Cromolitografia anonima
venne impiegata soprattutto
nei periodici.
Fig. 29 - «Lustige Blätter», n. 1, Berlino, 1898. Copertina cromolitografica di Julius Klinger
Altra tecnica planografica, affermatasi nella seconda
metà dell’Ottocento e bruscamente abbandonata con
l’avvento del retino fotografico, fu l’illustrazione su
papier procédée: carta trattata con una superficie gessosa
grigia, rigata o quadrettata, sulla quale, una volta
eseguito il disegno a matita o a penna, si procedeva
‘grattando’ via le luci in modo da far affiorare il bianco
presente sotto lo strato grigio, così che a seconda della
pressione esercitata, le linee grigie scomparivano o si
assottigliavano fino a lasciare una sottile trama puntinata
o rigata, che all’atto della riproduzione restituiva una
mezza tinta molto luminosa.
Fig. 30 - Un diavolo compiacevole, in Epaminonda Provaglio, La bella Maga Lona, Roma, E. Perino, 1894.
Zincografia da disegno su papier procédée di Leonida Edel
LA SERIGRAFIA
Succedanea della fotografia, ma inventata
dai Fenici e sviluppata dai Giapponesi che
utilizzarono telai in seta, la serigrafia è
una tecnica di stampa di tipo
permeografico che, oltre alla seta, oggi
utilizza come matrice vari tipi di tessuti
tesi su un telaio di legno o metallo.
Fig. 31 - Telaio per la stampa serigrafica
La permeografia si basa su un processo di
impermeabilizzazione di delimitate zone del tessuto
di stampa, in modo da consentire all’inchiostro di
permeare, ovvero attraversare, il tessuto lasciato
libero per stampare la superficie posta sotto il quadro
serigrafico. Il passaggio dell’inchiostro alla superficie
di stampa, si ottiene tramite pressione e scorrimento
di una barra detta spremitore o racla.
Fig. 32 - Mignonne, allons voir si la rose, Ode de Ronsard, XVI sec.500 esemplari, Milano,
Tip. Lucini, 1960. Illustrazione serigrafica di Italo Zetti
LA FOTOGRAFIA
“Arte nata da un raggio e da un veleno” (A. Boito
1877), la fotografia consente la riproduzione
fotochimica di immagini captate da una camera
oscura. La prima immagine verrà ‘fissata’ nel 1822
da Joseph Nicéphore Niépce che, in associazione
con Louis Daguerre metterà a punto una tecnica atta
a ‘stampare’ su carta trattata chimicamente un
esemplare unico denominato dagherrotipo. Ma solo
l’applicazione del retino di William Henry Fox
Talbot, griglia per la scomposizione della luce,
brevettato nel 1852, avrebbe consentito di
moltiplicare all’infinito la stampa delle fotografie.
Fig. 33 - Vari tipi di retini e loro applicazioni
In seguito, la separazione dei colori tramite l’impiego di appositi filtri che nella ripresa selezionavano i
colori primari in altrettanti cliché o pellicole, avrebbe consentito la stampa tipografica o offset a colori.
Fig. 34 - Della foresta equatoriale. Bozzetto a tempera cm. 17,3 Fig. 35 - Della foresta equatoriale, nel nostro, Sogno a cinque colori,
Bologna, Pontenuovo, 1975. Illustrazione tipografica
IL DIGITALE
Concludiamo con le illustrazioni digitali
realizzate tramite la ‘computer grafica’:
disciplina informatica che ha per oggetto
la creazione e la manipolazione di
immagini per mezzo del computer,
sottolineando che le tecniche e i software
che permettono tale attività spaziano
dalle scienze della geometria a quelle
dell’ottica e della fisica.
Con la sostituzione dei pixel
dell’immagine digitale all’immagine
analogica, si aprirà dunque un nuovo,
sterminato universo di illustrazioni.
Fig. 36 - P. W. Eastwick and L. L. Hunt, So You’re Not Desiderable...,
«The New York Times», May 16, 2014. Illustrazione digitale di Olimpia Zagnoli
Crediti
Tutte le illustrazioni tecniche provengono dal volume del grafico Heinrich Hussmann, Über das Buch, Wiesbaden, G. Pressler, 1968

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BRUNO CECCOBELLI.pdf, anni 80 mostra a Todi
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4. Illustrazione.pdf

  • 1. Paola Pallottino 4. Figure Illustrazione: definizione e tecniche Il 21 aprile 2022 la professoressa Paola Pallottino ha tenuto una conversazione online per il programma Conversazioni di pittura promosse dall’Associazione Romana Acquerellisti (ARA) e da Ticonzero. Questo è il testo della conversazione corredato dalle immagini. 9 settembre 2022 Codice ISSN 2420-8442
  • 2. Mentre molte storie dell’illustrazione includono la miniatura nel loro esame, va subito dichiarato che, d’ora in avanti, per illustrazione si intenderà solo ed esclusivamente ogni multiplo ottenuto tramite la riproduzione a stampa di un artefatto di natura grafico-pittorica, commissionato dall’industria editoriale, e pertanto reperibile nei relativi prodotti come libri e periodici. Questo per evidenziare subito, accanto alla sua natura di merce - l’attività dell’illustrare è comunque legata alla committenza editoriale - la sua peculiare caratteristica di multiplo, che la separa anni luce dalla miniatura, che costituisce sempre un esemplare unico. Fig. 1 - Arca di Noè, in Libro d’ore detto di Carlo V, manoscritto francese, inizi XVI sec. Miniatura anonima: esempio di esemplare unico vs l’immagine riprodotta.
  • 3. Ne consegue che la data di nascita dell’illustrazione, retrodatabile a quei proto-libri rappresentati dai primi libri xilografici nei quali testo e figure venivano incisi in un solo blocco: va meglio collocata a partire dai prodotti post- gutemberghiani, ovvero dai primi libri tipografici a caratteri mobili forniti di illustrazioni. Fatte salve, quindi, tutte le edizioni il cui apparato iconico si riduca ad una sola tavola, generalmente in frontespizio e in seguito in antiporta, emerge subito un’altra caratteristica dell’illustrazione, ovvero quella dell’impossibilità della sua fruizione simultanea, ma della forzata scansione della sua lettura. L’esigenza di ottenere altrettanti multipli tutti simili fra loro comportava, come nell’impressione dei punzoni o dei sigilli, la realizzazione di una matrice. Le principali matrici per la stampa, prima dell’avvento della fotografia, si dividono in tre famiglie che, oltre ai supporti cartacei e gli inchiostri, prevedono l’impiego di specifici torchi ovvero: la stampa rilievografica, calcografica e planografica. Fig. 2 - Cristo davanti a Pilato, in Passio veneziana, il più antico libro italiano con testo inciso xilograficamente insieme alla figura, primi decenni XV sec., Xilografia anonima.
  • 4. LA RILIEVOGRAFIA La matrice per la stampa rilievografica, (dalla quale deriverà la stampa a caratteri mobili), è costituita prevalentemente da tavolette di legno, ma anche da lastrine metalliche e in seguito di linoleum. La sua tecnica prevede il disegno a rovescio sulla matrice e l’incisione a scavo con appositi strumenti da taglio; Fig. 3 - Strumenti per l’incisione xilografica: sgorbie, coltelli, caprette, ecc.
  • 5. la successiva inchiostrazione delle parti salvate in rilievo e la stampa finale contro il foglio di carta attraverso la pressione di una stecca d’osso o, meglio, del torchio a vite. Fig. 4 - Torchio a vite per la stampa rilievografica
  • 6. L’essenziale splendore lineare delle xilografie che illustrano il capolavoro di Manuzio alla fine del secolo, Fig. 5 - F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Manuzio, 1499. Xilografia attribuita al Maestro del Polifilo
  • 7. con la successiva adozione dei tagli incrociati, evolverà in quella ricchezza segnica che caratterizzerà la grande xilografia cinquecentesca, Fig. 6 - S. Cristoforo con volo di uccelli, 1500-1502. Xilografia di Albrecht Dürer
  • 8. fino all’impiego scientifico, splendidamente esemplato nell’illustrazione - un unicum in assoluto - di un testo botanico che mostra i ritratti del pittore che riprende l’esemplare dal vero, di quello che riporta il disegno sulla tavoletta di legno, fino a quello che l’inciderà. Fig. 7 - Pictores operis (Heinrich Füllmaurer e Albrech Meyer pittori, Viet Rudolph Speckle incisore), in L. Fuchs, De Historia Stirpium, Basileae, Officina Isingriniana, 1542. Xilografia colorata all’acquerello
  • 9. Oltre alla coloritura manuale sulle stampe, come nell’immagine precedente, già dal Rinascimento la più veloce coloritura a stampini prevedeva la creazione di sagome ritagliate e svuotate per ciascun colore, da posizionare sulla porzione designata dell’immagine da colorare a pennello o a spruzzo. Fig. 8 - La lezione di anatomia, in J. de Ketham, Fasciculo de medicina, Venezia, De’ Gregori, 1493. Xilografia anonima colorata a stampini
  • 10. Il progressivo perfezionamento della colorazione a stampini, evolverà nella raffinata stampa al pochoir. Fig. 9 - Coloquinte, in Maurice Pillard Verneuil, Etude de la plante, Paris, Libraire Centrale des Beaux-Arts, 1908. Illustrazione tipografica colorata al pouchoir
  • 11. All’esigenza del colore, avrebbe provveduto anche la tecnica della stampa a registro di più legni inchiostrati e stampati a registro in gamme di grigi, o colori diversi, definita stampa a chiaroscuro o camaïeux. Fig. 10 - Diogene, 1530 ca. Xilografia a chiaroscuro ‘camaïeux’ a 4 legni di Ugo da Carpi
  • 12. Destinate, infine, al culto, all’impiego per copertine e, più raramente alla stampa, già nel Rinascimento si era diffusa la pratica dell’incisione su lastrine di metalli pregiati: oro e argento, ottenuta tramite la battitura di punzoni raffiguranti piccoli motivi decorativi che, se inchiostrate, davano luogo all’opus interrasile, ovvero a stampe alla maniera criblée. Fig. 11 - Figura di Cristo, seconda metà del XV sec. ‘Opus interrasile’ o incisione anonima alla ‘maniera criblée
  • 13. Mentre, per usi pubblicitari e artistici, si sarebbe affermato l’impiego di matrici in linoleum (brevettato nel 1863 per usi industriali), la cui morbidezza avrebbe accelerato il processo incisorio consentendo ampie campiture. Fig. 12 - A. Palazzeschi, Bestie del ‘900, Firenze, Vallecchi, 1951. Linoleum a due colori di Mino Maccari
  • 14. Nel Novecento si affermerà la rinascita della xilografia con il legno originale di filo che prevedeva vivaci contrasti del bianco e nero ottenuti attraverso ampie campiture. Fig. 13 - La paresse, 1896. Xilografia in legno originale di filo di Félix Vallotton
  • 15. Alla fine del Settecento le tavolette in ‘legno di filo’, tagliate verticalmente seguendo la venatura che non consentivano errori pena la perdita della matrice, verranno sostituite da tavolette in ‘legno di testa’ bois debout, tagliate perpendicolarmente alla fibra introdotte in Europa da Thomas Bewick. Fig. 14 - Leone, 1799. Xilografia in legno di testa, per il proprietario di un serraglio, di Thomas Bewick
  • 16. Si aggiunga che la durezza del bosso favoriva l’impiego di bulini che consentiva segni sempre più precisi e sottili ma che, in caso di errori si poteva salvare l’incisione tramite la sostituzione del solo blocchetto di legno da correggere o, addirittura, la si poteva suddividere in blocchi destinati alla specialità: figure, interni, paesaggi, dei singoli incisori, poi legati e ricomposti per la stampa come per i leggendari ‘tonalisti’ di Dorè. Fig. 15 - Les Contes de Perrault, Paris, Hachette, 1862. Xilografia in legno di testa su disegno di Gustave Doré
  • 17. Alla fame di immagini dovuta al moltiplicarsi dei tanti periodici illustrati, risponderà l’impiego di una serie di ausili meccanici come rotelle e pettini metallici per accelerare l’incisione di xilografie industriali. Fig. 16 - Tolette da spiaggia, «La Gran moda» n. 16, Milano, 16 luglio 1890. Xilografia industriale di Jean Pauquet.
  • 18. Mentre la conquista del colore nel legno di testa avrà il nome di Edmund Evans che, con la chromoxylography perfezionerà la tecnica di Ugo da Carpi, procedendo all’incisione di altrettanti legni per ciascuna tonalità di colore, da stampare progressivamente a registro. Fig. 17 - Fortune and the boy, in Baby’s own Æsop, London, Routledge & Sons, 1887 Xilografia a colori di Edmund Evans su disegno di Walter Crane
  • 19. LA CALCOGRAFIA Fatta leggendariamente risalire alla fortuita ‘stampa’ su un panno umido di un niello votivo, immagine di oreficeria incisa su lamina d’oro o d’argento i cui solchi venivano riempiti da un amalgama nero per far risaltare l’immagine sul metallo prezioso. Fig. 18 - Incoronazione della Vergine, 1459-1464. Niello attribuito a Maso Finiguerra. (London, British Museum)
  • 20. Contrariamente alla xilografia, la calcografia non prevede la stampa delle superfici in rilievo, ma di quelle - opportunamente riempite di inchiostro - scavate tramite l’incisione diretta su una matrice metallica, in genere rame, con uno strumento denominato bulino Fig. 19 - 19- Bulini per l’incisione della stampa calcografica
  • 21. o incise attraverso l’impiego di un mordente, la cui stampa richiede uno speciale torchio a rulli. Fig. 20 - Torchio a stella per la stampa calcografica (bulino, puntasecca, acquaforte, acquatinta, maniera nera, vernice molle, ecc.).
  • 22. Incidendo, inchiostrando e stampando la lastra in momenti successivi, se ne potranno evidenziare i diversi stati. Fig. 21 - Tête de l’Apollon du Belvédère, s.d. (XIX sec.) Stampe di un bulino in stati successivi di incisione calcografica di Antoine Szretter
  • 23. Chiamasi puntasecca, l’incisione ottenuta da una lastra non ripulita dalle ‘barbe’ metalliche sollevate dal bulino che, in stampa, potranno dare luogo a un suggestivo effetto di morbidezza del segno. Più complessa la pratica dell’acquaforte che prevede la copertura della lastra con una vernice cerosa, sulla quale con appositi aghi o chiodi, si riporterà il disegno a rovescio fino a toccare il metallo; in seguito, la lastra verrà immersa in acido nitrico che ‘morderà’ il metallo nelle parti scoperte creando solchi più o meno profondi attraverso la pressione diretta o i successivi ‘stati’ di morsura nell’acido. Una volta ripulita la lastra dalla vernice, la si potrà inchiostrare nei solchi incisi e stampare contro la carta facendola passare attraverso i rulli del torchio a stella che imprimeranno la stessa pressione in ogni punto. L’acquaforte evolverà in seguito in una serie di tecniche calcografiche quali: acquatinta, maniera nera, vernice molle, eccetera, spesso combinate fra loro e il bulino. Fig. 22 - Que pico de oro! (Che professore meraviglioso!), in Los Caprichos, Madrid, 1799. Acquatinta di Francisco Goya y Lucientes
  • 24. Anche per l’acquaforte, la conquista del colore sarà affidata alla stampa, in sequenza e a registro, di altrettante lastre inchiostrate per ciascun colore. Fig. 23 - ‘Angelo anatomico’, in Jacques Gautier D’Agoty, Essai d’anatomie, Paris, 1745. Calcografia a colori di più rami diversamente inchiostrati rifinita a tempera e vernice dell’A
  • 25. LA PLANOGRAFIA Stampa a matrice piana di pietra, più nota come ‘litografia’ e in seguito di zinco, utilizza un procedimento fisico-chimico, scoperto da Aloys Senefelder come veloce mezzo di riproduzione, che la brevettò nel 1799. Questa ‘stampa chimica su pietra’, in genere la pietra di Solnhofen che, opportunamente levigata e disegnata con una matita grassa, ha la particolarità di trattenere nelle parti non disegnate un sottile velo d’acqua, che il segno grasso respinge. Sulla pietra così trattata, l’inchiostro verrà respinto dalle parti inumidite e trattenuto dalle parti grasse. Con il torchio litografico, che striscia il ‘coltello’ (segmento di legno rivestito di cuoio) sul foglio di carta verrà impresso solo l’inchiostro che si deposita sulle parti disegnate e non sulle altre. In seguito, verranno utilizzate lastre in metallo poroso quali zinco o alluminio. Fig. 24 - Torchio litografico
  • 26. Tecnica in grado di conservare la ‘mano’ dell’artista, la litografia assurgerà a stampa d’arte. Fig. 25 - Rue Trasnonain le 15 avril 1834, «L’Association mensuelle», Paris, luglio 1834. Litografia di Honoré Daumier
  • 27. Nel 1836, con l’introduzione del colore: ‘cromolitografia’, che prevedeva la stampa a registro anche di dodici pietre inchiostrate a colori diversi Fig. 26 - Tavola riassuntiva degli stati progressivi della litografia, in Enciclopedia delle Arti e delle Industrie, Torino, 1885
  • 28. La cromolitografia diventerà subito popolare per il suo vasto impiego nel manifesto pubbli- citario. Fig. 27 - France-Champagne, Paris, E. Ancourt, 1891. Manifesto cromolitografico cm. 80 x 60 di Pierre Bonnard
  • 29. nell’illustrazione dei libri: Fig. 28 - Impara a contare, Milano, Vallardi, s.d. Cromolitografia anonima
  • 30. venne impiegata soprattutto nei periodici. Fig. 29 - «Lustige Blätter», n. 1, Berlino, 1898. Copertina cromolitografica di Julius Klinger
  • 31. Altra tecnica planografica, affermatasi nella seconda metà dell’Ottocento e bruscamente abbandonata con l’avvento del retino fotografico, fu l’illustrazione su papier procédée: carta trattata con una superficie gessosa grigia, rigata o quadrettata, sulla quale, una volta eseguito il disegno a matita o a penna, si procedeva ‘grattando’ via le luci in modo da far affiorare il bianco presente sotto lo strato grigio, così che a seconda della pressione esercitata, le linee grigie scomparivano o si assottigliavano fino a lasciare una sottile trama puntinata o rigata, che all’atto della riproduzione restituiva una mezza tinta molto luminosa. Fig. 30 - Un diavolo compiacevole, in Epaminonda Provaglio, La bella Maga Lona, Roma, E. Perino, 1894. Zincografia da disegno su papier procédée di Leonida Edel
  • 32. LA SERIGRAFIA Succedanea della fotografia, ma inventata dai Fenici e sviluppata dai Giapponesi che utilizzarono telai in seta, la serigrafia è una tecnica di stampa di tipo permeografico che, oltre alla seta, oggi utilizza come matrice vari tipi di tessuti tesi su un telaio di legno o metallo. Fig. 31 - Telaio per la stampa serigrafica
  • 33. La permeografia si basa su un processo di impermeabilizzazione di delimitate zone del tessuto di stampa, in modo da consentire all’inchiostro di permeare, ovvero attraversare, il tessuto lasciato libero per stampare la superficie posta sotto il quadro serigrafico. Il passaggio dell’inchiostro alla superficie di stampa, si ottiene tramite pressione e scorrimento di una barra detta spremitore o racla. Fig. 32 - Mignonne, allons voir si la rose, Ode de Ronsard, XVI sec.500 esemplari, Milano, Tip. Lucini, 1960. Illustrazione serigrafica di Italo Zetti
  • 34. LA FOTOGRAFIA “Arte nata da un raggio e da un veleno” (A. Boito 1877), la fotografia consente la riproduzione fotochimica di immagini captate da una camera oscura. La prima immagine verrà ‘fissata’ nel 1822 da Joseph Nicéphore Niépce che, in associazione con Louis Daguerre metterà a punto una tecnica atta a ‘stampare’ su carta trattata chimicamente un esemplare unico denominato dagherrotipo. Ma solo l’applicazione del retino di William Henry Fox Talbot, griglia per la scomposizione della luce, brevettato nel 1852, avrebbe consentito di moltiplicare all’infinito la stampa delle fotografie. Fig. 33 - Vari tipi di retini e loro applicazioni
  • 35. In seguito, la separazione dei colori tramite l’impiego di appositi filtri che nella ripresa selezionavano i colori primari in altrettanti cliché o pellicole, avrebbe consentito la stampa tipografica o offset a colori. Fig. 34 - Della foresta equatoriale. Bozzetto a tempera cm. 17,3 Fig. 35 - Della foresta equatoriale, nel nostro, Sogno a cinque colori, Bologna, Pontenuovo, 1975. Illustrazione tipografica
  • 36. IL DIGITALE Concludiamo con le illustrazioni digitali realizzate tramite la ‘computer grafica’: disciplina informatica che ha per oggetto la creazione e la manipolazione di immagini per mezzo del computer, sottolineando che le tecniche e i software che permettono tale attività spaziano dalle scienze della geometria a quelle dell’ottica e della fisica. Con la sostituzione dei pixel dell’immagine digitale all’immagine analogica, si aprirà dunque un nuovo, sterminato universo di illustrazioni. Fig. 36 - P. W. Eastwick and L. L. Hunt, So You’re Not Desiderable..., «The New York Times», May 16, 2014. Illustrazione digitale di Olimpia Zagnoli
  • 37. Crediti Tutte le illustrazioni tecniche provengono dal volume del grafico Heinrich Hussmann, Über das Buch, Wiesbaden, G. Pressler, 1968