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SCENARI FINANZIARI
JOHN MAULDIN'STHOUGHTS FROM THE FRONTLINE
Newsletter settimanale - Versione Italiana a cura di Horo Capital
Banzai! Banzai! Banzai!
di John Mauldin | 8 giugno 2013 - Anno 4 - Numero 19
In questo numero:
La sventura demografica
Trovare dei giapponesi ottimisti
Ho lanciato una freccia .... nel mio piede
Signori, ci offrono il loro fianco
Banzai! Banzai! Banzai!
Monaco, Cipro, Belgrado (?), Croazia e Svizzera
Ho lanciato una freccia verso l’alto
E' caduta a terra, ma io non so dove ....
- Henry Wadsworth Longfellow
Siamo come i bambini, infatti non sapendo che eravamo politicamente scorretti a così tanti
livelli vorremmo gridare "Geronimo!" Quando giocavamo a fare la guerra o ci si preparava
a fare un qualcosa di particolarmente avventato. (Per chi non lo conoscesse, Geronimo
era un capo Apache piuttosto temibile che ha provocato delle pesanti perdite al Messico e
alla cavalleria americana.) Sam Houston e i suoi compagni hanno gridato: "Ricordate
Alamo!" Mentre stavano cavalcando verso Santa Ana a San Jacinto. I britannici sono
andati a combattere gridando "God Save the Queen [o King]!" Infatti ogni buon film di
guerra ha il suo momento memorabile dove presenta la carica della battaglia.
In Giappone, il termine Banzai! letteralmente significa "10 mila anni" e può essere usato
per augurare a qualcuno una lunga vita e felicità. Ma durante la seconda guerra mondiale
"Banzai!" È stato urlato in battaglia. Era l'equivalente giapponese di "Viva il re!" - Ma per i
soldati che stavano dal lato opposto, questo ha avuto il significato di un attacco feroce e
suicida.
Se i banchieri centrali di tutto il mondo pensano di sentire un grido di battaglia del tipo
"Banzai!" direttamente dalle labbra dei loro fratelli giapponesi, a questo punto potrebbero
non essere così lontani dalla verità, questo perché i giapponesi hanno in realtà avviato un
percorso folle che vuole combattere la deflazione a tutti costi. Come per tutte le grandi
battaglie suicide, almeno nelle leggende e nelle tradizioni, una volta che il grido è stato
lanciato e la forte carica è partita non ci può più essere la possibilità di tornare indietro.
Nelle ultime tre settimane sto continuamente commentando quello che personalmente
penso sia una folle strada che i giapponesi hanno intrapreso, e quello che penso possa
essere considerato nella storia l'esperimento di politica monetaria più scandaloso,
intrigante e disperato da parte di una grande potenza economica. I giapponesi stanno
rapidamente arrivando al loro Endgame, ossia raggiungere il limite della loro capacità di
prendere in prestito del denaro a tassi di interesse che siano economicamente sostenibili.
Se i tassi di interesse sulle obbligazioni giapponesi arrivassero solo anche ad un mero
2,2%, l'80% delle entrate fiscali servirà solo per pagare gli interessi sul loro debito. Con un
rapporto debito - PIL pari al 245% si trovano in una situazione profondamente disperata e
loro lo sanno. E quando ci si trova in periodi disperati, sono necessarie solo delle misure
disperate.
Per raggiungere il loro obiettivo ossia avere la possibilità di trovare una via d'uscita al loro
problema deflazionistico, i giapponesi hanno bisogno sia dell'inflazione che della crescita
reale. La crescita reale può arrivare solo da un forte aumento delle esportazioni ed invece
l'inflazione può anche venire da un aumento dei prezzi all'esportazione. Entrambi i risultati
possono essere ottenuti con un indebolimento dello yen. Come ho mostrato in
precedenza, hanno bisogno di svalutare lo yen di circa il 15-20% l'anno per molti anni, al
fine di poter raggiungere l’obiettivo.
Il che dovrebbe essere abbastanza facile, almeno in teoria. Riguardo all’inflazione c’era
una famosa frase di Milton Friedman che diceva così "è sempre e ovunque un fenomeno
monetario". Se si desidera creare dell’inflazione e svalutare la propria valuta, basta
stampare più soldi. A quel punto se la cosa non funzione si procede con un secondo turno
per aumentare la produzione, e se anche questo non è abbastanza si può passare ad un
terzo turno e poi si può decidere di andare a tutta velocità anche durante i fine settimana.
E poi a quel punto arriverà il momento di costruire un altro stabilimento di stampa.
Ma questa è la teoria. In pratica, per il Giappone potrebbe essere molto più difficile sia
crescere che generare inflazione rispetto a quanto potrebbe esserlo per altre nazioni di
uguale importanza. Oggi ci concentreremo sulla demografia giapponese. La lettera di
questa settimana è piena di grafici e tabelle, che non dipingono assolutamente un bel
quadro della situazione.
Ed ora possiamo anche noi urlare "Banzai!" Insieme ci caliamo immediatamente sui dati
sulla demografia giapponese.
La sventura demografica
Creare inflazione è l'obiettivo, ma il primo ministro Abe e la Banca del Giappone attraverso
il suo governatore Kuroda devono affrontare un compito molto difficile. A differenza dello
Zimbabwe, l’Argentina ed una serie di altri paesi con delle valute che sono oramai defunte,
in Giappone la cosa non è quella di semplicemente accumulare una quantità insostenibile
di debito e quindi stampare delle tonnellate di soldi. Se la cosa fosse così semplice, in
questo momento avremmo un inflazione dilagante in tutto il Giappone; questo in un paese
dove i giapponesi hanno preso a prestito una infinità quantità di soldi, molto superiore a
qualsiasi paese presente nella storia moderna (in particolar modo rispetto alla loro
dimensione). E mentre i loro sforzi per creare inflazione sono stati fino ad ora
completamente inutili, questo non è avvenuto sicuramente per una mancanza di tentativi: i
giapponesi hanno portato avanti in modo attivo un quantitative easing per molti anni. Carl
Weinberg di High Frequency Economics scrivendo su Globe and Mail, ci offre una sintesi
molto appropriata del dilemma giapponese:
L'Istituto Nazionale sulla demografia e sull’assistenza sociale prevede che la popolazione
in età lavorativa del Giappone si ridurrà nei prossimi 17 anni a 67,7 milioni di persone
entro il 2030, rispetto ai 81,7 milioni che era nel 2010. Prendiamo il 2030 come l’ultimo
punto della riflessione che vogliamo fare oggi, perché quasi tutte le persone che faranno
parte della popolazione in età lavorativa entro il 2030, ossia 17 anni a partire da oggi sono
già nate. L’immigrazione e l’emigrazione sono elementi che non incidono. Invece il declino
pari ad un 17 per cento della popolazione in età lavorativa è una certezza, non una
previsione. In media avremo un calo dello 0,9 per cento l'anno. Inoltre, le proiezioni ufficiali
mostrano un aumento della popolazione con un età superiore ai 64 anni pari a 36.900.000
nel 2030 rispetto ai 29,5 milioni che c'erano nel 2010. Se il tasso di partecipazione alla
forza lavoro rimane costante, si stima che il numero di persone che saranno alla ricerca di
un lavoro scenderà nel 2030 a 56,5 milioni rispetto ai 65,5 milioni di oggi e ai 66 milioni del
2010.
Cosa succede quando diminuisce la popolazione di una nazione e contestualmente anche
la percentuale di persone in età lavorativa? Nel primo e più semplice livello di analisi, la
produzione potenziale dell'economia in esame diminuisce: con meno lavoratori in grado di
produrre si hanno meno beni. Questo non significa che a quel punto il PIL dovrebbe
diminuire; degli incrementi di produttività potrebbero compensare un calo della forza
lavoro. Inoltre, un aumento del tasso di partecipazione della forza lavoro potrebbe
diminuire l'effetto di diminuzione di una popolazione in età lavorativa. Tuttavia, anche se il
tasso di partecipazione della forza lavoro dovesse aumentare al 100 per cento entro il
2030 rispetto al 81 per cento di oggi (che non potrà mai succedere, perché alcune persone
dovranno dedicarsi alla cura delle persone anziane e ai bambini, inoltre alcuni hanno delle
disabilità oppure non hanno delle competenze o un istruzione adeguata), ci saranno
comunque nel 2030 meno lavoratori disponibili rispetto a quello che ci sono oggi.
Noi prevediamo che il rapporto debito-PIL ed il rapporto debito-per-lavoratore cresceranno
senza sosta nel corso dei prossimi 17 anni e anche oltre. Inoltre, l'aumento del rapporto tra
lavoratori che saranno in pensione e che sarà pari al 32 per cento della popolazione
rispetto all’attuale 23 per cento, significa che le persone che nel 2030 avranno ancora un
impiego dovranno rinunciare ad una quota crescente del loro reddito per sostenere le
persone che saranno in pensione. Il reddito disponibile diminuirà con maggiore velocità in
relazione alla diminuzione del numero dei lavoratori e questo scenderà molto più
velocemente rispetto al calo della produzione e dell'occupazione. La domanda globale di
lavoratori diminuirà – e così anche il loro reddito disponibile – e questo molto più
velocemente della produzione per almeno i prossimi 17 anni. Anche la domanda
scenderà, in quanto anche i nuovi pensionati spenderanno di meno rispetto agli anni
durante i quali guadagnavano.
Soltanto sulla base dei fattori demografici il calo della domanda aggregata, tra oggi e il
2030, supererà il declino che arriverà dalla produzione creando una persistente e ampia
capacità in eccesso nell'economia. I prezzi devono per forza scendere in un'economia
dove il numero di operatori è in costante aumento. Inoltre, il persistente avanzare della
tecnologia probabilmente continuerà ad aumentare in futuro la produzione per singolo
lavoratore. Con una domanda ed una produzione complessiva che continuano a diminuire,
gli incrementi di produttività abbasseranno i costi della manodopera e questi creeranno
una maggiore pressione verso il basso sui prezzi. La disinflazione e la deflazione sono i
compagni di un declino demografico.
Andrew Cates un economista di UBS con sede a Singapore, ha pubblicato questa
settimana uno studio molto significativo sul rapporto tra inflazione e demografia. Egli
osserva che i paesi che hanno delle popolazioni molto più anziane tendono ad avere una
minore inflazione. Che non è quello che però i libri di testo suggeriscono, ma è ciò che i
dati invece rivelano:
Dal momento che i dati demografici sull’invecchiamento inizieranno ora ad avere un posto
molto più importante nelle prospettive dei più importanti paesi sviluppati ed in via di
sviluppo, questo avrà chiaramente una certa importanza su come l'inflazione potrebbe
evolversi a partire da questo momento. Di conseguenza tutto questo potrebbe essere di
maggiore importanza nell'impostare la politica monetaria ed una più ampia prospettiva di
crescita globale, e come pure dei mercati finanziari.
Diamo prima un'occhiata ai dei dati reali. Nel grafico qui sotto vi mostriamo i livelli medi di
inflazione nel corso degli ultimi 5 anni a confronto con la variazione a 5 anni del rapporto di
dipendenza (dependency ratio). Quest'ultimo è il rapporto tra le persone molto anziane e
giovanissime verso la popolazione che si trova ancora in età lavorativa. Uno spostamento
su tale rapporto implica che la popolazione in un dato paese è sempre più giovane (e
viceversa il contrario). Il grafico mostra quindi che i paesi che negli ultimi anni sono
diventati sempre più anziani hanno in genere dei tassi di inflazione molto bassi, e nel caso
del Giappone una forte deflazione. Nel frattempo i paesi che in questi ultimi anni sono
diventati sempre più giovani, come l'India, la Turchia, l'Indonesia e il Brasile hanno dovuto
affrontare dei tassi di inflazione relativamente elevati.
Cates non guarda solo al Giappone, ma ha una visione molto più globale. Tuttavia, il
Giappone risalta molto in questo grafico. (Non ho un link, in quanto questa ricerca è solo
disponibile per UBS in questo momento) ho aggiunto un rettangolo rosso per evidenziare il
Giappone:
E mentre la correlazione non è una causalità, il seguente grafico che mostra l’inflazione vs
la crescita della popolazione in Giappone non fa altro che confermare la situazione.
E riportiamo ancora un altro grafico del Mr. Cates. Egli osserva che i libri di testo
economici ci segnalano che una forza lavoro che diminuisce tende ad aumentare la
pressione verso l’alto sui salari (il lavoro è solo una risorsa in ingresso sul lato dell'offerta)
e così alla fine si finisce nell’avere una inflazione da costi:
Questo però non tiene conto di una serie di altri fattori che hanno probabilmente una certa
rilevanza nel processo interno di generazione di inflazione. I cambiamenti demografici per
esempio influenzeranno la domanda naturale di una economia di beni durevoli, il mercato
immobiliare e gli aggregati creditizi. Quest'ultimo dato è certamente confermato dalla
ragionevole stretta correlazione che esiste tra il credito e l'invecchiamento, come è
possibile vedere dal grafico che è qui sotto riportato.
Trovare dei giapponesi ottimisti
Suona negativo come quello che ci siamo detti prima, ossia si può trovare chi pensa che
l'economia giapponese possa girare intorno a se stessa, che l'inflazione possa salire per
sempre e che i tassi di interesse giapponesi anche data la quantità di moneta che è stata
stampata non aumenteranno. Scherzi a parte.
Bloomberg News ha fatto un sondaggio intervistando cinque ex funzionari della Banca del
Giappone i quali ritengono che "le plusvalenze dei rendimenti dei titoli di Stato saranno
contenute nel corso dei prossimi due anni". Quattro dei cinque non credono sia possibile
che inflazione andrà oltre il 2%. Anche con una macchina di stampa che lavorasse a pieno
regime.
Potete convincervi che Abenomics riuscirà a realizzare una crescita nominale pari al 3 o al
4%. Basta dare uno sguardo a questa storia raccontata con un grafico interattivo da
Reuters Breakingviews. (La schermata riportata qui di seguito è solo destinata a
stuzzicare la vostra curiosità.) Provate a giocare con le variabili del grafico e scoprirete ciò
che pensiate sia possibile. Se si parte dal trend che è in corso, la crescita del PIL
potenziale è molto inferiore al 1%.
Ma cosa succede se come Andy Mukherjee a Breakingviews diventate maggiormente
ottimista? Le donne giapponesi che partecipano alla forza lavoro sono una percentuale
pari a circa il 63%, il più basso tasso di partecipazione femminile tra le nazioni sviluppate.
Che cosa potrebbe succedere se il tasso di partecipazione delle donne aumentasse
drammaticamente perché vengono creati 250.000 posti di lavoro come Abe ha promesso?
E se gli anziani decidessero di lavorare molto più a lungo? E se gli uomini decidessero di
lavorare ancora di più (anche se hanno uno dei più alti tassi di partecipazione). E a quel
punto che il tasso di disoccupazione potesse diminuire di, diciamo un 40%.
Se si fanno queste ipotesi allora si può arrivare a un tasso di crescita del 1,5% (il che
come ho mostrato la scorsa settimana, non è neanche lontanamente sufficiente!). Abe
deve affrontare una grande scommessa e cioè che la creazione di inflazione incoraggerà
la gente a consumare, nella speranza che a quel punto le cose possano andare ancora
meglio. Non importa che gli anziani non la pensino così. Ma queste sono le persone che in
Giappone hanno maggior soldi da spendere. Il programma di Abe è l'ennesimo caso di un
esercizio sulla base della teoria economica, dettata dai libro di testo piuttosto che essere
dettata dal guardare in faccia la realtà.
Con l'invecchiamento della popolazione significa che qualcuno deve prendersi cura dei
genitori che invecchiano. E in Giappone (come in molti altri posti) la responsabilità ricade
di solito sulle donne le quale abbassano così il tasso di partecipazione femminile al mondo
del lavoro. E quindi da dove arriveranno quei 250.000 nuovi posti di lavoro? E chi pagherà
per loro? Inoltre, Abe promette che entro il 2020 il governo giapponese sarà in surplus e
che entro pochi anni il tasso di crescita del deficit sarà inferiore rispetto al tasso di crescita
nominale del PIL. Quali programmi dovranno tagliare per pagare quei nuovi lavoratori? In
Giappone ci sono molto più anziani che bambini.
Mentre siamo in tema di promesse, Abe dice che anche lui entrerà negli accordi di libero
scambio con il resto dell'Asia e degli Stati Uniti rendendo maggiormente aperta anche
l'economia giapponese. Tutto questo mentre la sua moneta sta precipitando del 15%
rispetto a un anno fa, sconvolgendo i suoi vicini e cambiando drasticamente gli equilibri
sugli scambi? Ora lui vuole giocare nella sandbox global-trade? Ero su Bloomberg con
Tom Keene questa mattina. Uno degli altri ospiti stava parlando del Giappone che aveva
deciso di aprire dei negoziati di libero scambio con gli Stati Uniti; parlando ovviamente del
riso che il Giappone come è noto protegge mantenendolo forzatamente poco costoso.
"Allora" ho risposto, "il Giappone ha deciso che vuole far scendere il valore dello yen del
50% e poi aprirsi al commercio del riso?" Non ero sorpreso dalla cosa. Io sono un gran
fautore del libero scambio, ma il Giappone parla di libero scambio solo ora quando sono
sull'orlo di una crisi, mi sembra un po' ipocrita.
Ho lanciato una freccia ... nel mio piede
Abe ha proposto un pacchetto di riforme economiche che comprende "tre frecce": un
aggressivo allentamento monetario, lavoro e altre riforme strutturali (che saranno
politicamente molto difficili da raggiungere) destinati a indurre una crescita degli
investimenti nel settore privato ed una politica fiscale flessibile (qualunque cosa questo
significhi, immagino che se è "flessibile" significa che qualsiasi cosa venga decisa va
bene). Ha tenuto un discorso questa settimana parlando di queste riforme ed il mercato ha
prontamente ha risposto. Le "riforme" che ha propagandato erano simili alle precedenti.
Non che io pensi che Abe avesse molte altre scelte. Ci sono delle elezioni molto critiche il
mese prossimo. Sta sollecitando una politica che permette ai datori di lavoro di avere le
mani un più libere nel licenziare e quindi questa cosa non è in grado di conquistare molti
elettori, ma la riforma la deve fare sul serio se vuole avere qualche speranza di limitare il
disastro che deve affrontare.
Mi dispiace per i pensionati che vivono in Giappone. Mi viene in mente quel meraviglioso
film giapponese degli anni '50, La ballata di Narayama. E' raffigurato ubasute (姥 舍,
"abbandonando una vecchia donna"), una consuetudine praticata in Giappone nel lontano
passato, in base al quale gli infermi o gli anziani venivano lasciati su una montagna o in
qualche altro luogo desolato e lasciati lì a morire.
Anche se non è così semplice le scelte politiche degli ultimi 20 anni stanno producendo
dei risultati pari all'abbandono degli anziani come citato sopra. E' solo un approccio di più
lungo periodo, rispetto a quello proposto nel film.
Signori, ci offrono il loro fianco
Il mio amico e serio narratore Bill Bonner, racconta la storia della battaglia della Marna
nella prima guerra mondiale, ponendola in relazione con l'inflazione. Cito (con poche
modifiche):
Per quale ragione è così importante parlare di inflazione visto che c'è ne così poca. Ci fa
pensare che questa storia [inflazione / deflazione] possa avere una ritorsioni. Vi ricordate
la famosa battuta rivolta al generale tedesco von Kluck: "Tu stupido Kluck"?
Von Kluck stava inseguendo i francesi lungo la Marna nel 1914. La vittoria sembrava a
portata di mano; e i francesi si stavano ritirando. Von Kluck, che aveva ricevuto l'ordine di
attaccare Parigi decise invece di continuare la battaglia contro l'esercito francese. Egli era
convinto di essere in grado di batterli.
Tutto quello che doveva fare era mantenere la pressione ... e si sarebbero arresi.
Tuttavia alcuni dei suoi comandanti sul campo rilevarono che stavano conquistando
pochissimi prigionieri. Normalmente un esercito che viene battuto ha molti soldati
scoraggiati e confusi. Poiché ve ne erano così pochi, i comandanti pensarono che
l'esercito francese era ancora tutto lì intatto e che in modo ordinato si stava ritirando e che
quindi poteva aggirarli e sorprenderli in qualsiasi momento.
I comandanti avevano ragione. Il vecchio generale francese Gallieni che era a capo della
guarnigione di Parigi, si rese immediatamente conto che i tedeschi stavano commettendo
un errore fatale. Inseguendo le truppe lungo la Marna invece di attaccare Parigi si erano
esposti ad un contrattacco.
Si dice che abbia quindi detto al suo staff "Signori, ci offrono il loro fianco".
I francesi accettarono l'offerta: e attaccarono. Utilizzando migliaia di mezzi, si spostarono
molto rapidamente dalla valle della Marna e a quel punto sorpresero i tedeschi che erano
completamente impreparati. La battaglia della Marna trasformò quindi l'esito della guerra.
Banzai! Banzai! Banzai!
I giapponesi stanno caricando le linee di battaglia deflazionistiche, gridando "Banzai!"
Questo attacco è tutto o niente. Penso che i giapponesi stanno offrendo agli
investitori il loro fianco. I mercati ci hanno mostrato che questa battaglia non sarà
unilaterale. Ma voglio continuare a ribadire quello che vado dicendo da tempo: essere
short del debito giapponese sarà il miglior trade di questo decennio. Questa è la maggiore
posizione che detengo nel mio portfolio personale. Come ho detto a Tom Keene questa
mattina, è mia intenzione (e ancora di più una speranza) far pagare ad Abe-san e Kuroda-
san un pezzo del mio nuovo appartamento, in quanto attraverso la loro politica stanno
provocando la completa distruzione dello yen.
Avrò successo? Il tempo lo deciderà, intanto i fondi pensione pubblici giapponesi hanno
annunciato che ridurranno le loro posizioni sulle obbligazioni locali, aumentando in
contemporanea la loro quota in azioni locali ed estere. Non è stato fornito alcun periodo di
tempo durante il quale attueranno la politica, anche se abbiamo degli elementi che ci
dicono che hanno già iniziato. (da Kiron Sarkar.)
E' arrivato il momento di concludere la lettera di questa settimana, ma questi sono
argomenti su cui dovremo tornare nuovamente. Ma prima di terminare, voglio segnalarvi
un altra tabella in cui mi sono imbattuto mentre ricercavo dei documenti su questo
argomento. Si tratta di un confronto del rapporto sulla dipendenza tra i diversi paesi
sviluppati. Questo è il rapporto tra pensionati e persone sotto i 16 anni rispetto a coloro
che fanno parte della forza lavoro. Come si può vedere il Giappone non si trova in ultima
posizione. La Francia, l'Italia e l'Ungheria hanno dei risultati demografici che sono ben
peggiori.
Monaco, Cipro, Belgrado (?), Croazia e Svizzera
Io sono a casa per una settimana. Finalmente ho chiuso il mio mutuo per il mio
appartamento e i lavori per trasformarli in solo appartamento incominceranno lunedì.
Vado a Monaco per una decina di giorni per tenere un discorso al GAIM, poi ho un paio di
giorni di riposo prima di andare a Nicosia, Cipro, dove sto iniziando a pianificare delle
riunioni e riuscirò a tenere anche un intervento pubblico presso l'università. Passerò la
notte in qualche posto sulla strada che porta verso le coste della Croazia, dove trascorrerò
il fine settimana con quel genio malvagio e divertente di un economista irlandese David
McWilliams e la sua famiglia, prima di tornare nuovamente a Ginevra e poi tornare a casa.
Il vostro analista dei mutui che è orgoglioso di essere padre di un bambino (yen),
John Mauldin
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  • 1. SCENARI FINANZIARI JOHN MAULDIN'STHOUGHTS FROM THE FRONTLINE Newsletter settimanale - Versione Italiana a cura di Horo Capital Banzai! Banzai! Banzai! di John Mauldin | 8 giugno 2013 - Anno 4 - Numero 19 In questo numero: La sventura demografica Trovare dei giapponesi ottimisti Ho lanciato una freccia .... nel mio piede Signori, ci offrono il loro fianco Banzai! Banzai! Banzai! Monaco, Cipro, Belgrado (?), Croazia e Svizzera Ho lanciato una freccia verso l’alto E' caduta a terra, ma io non so dove .... - Henry Wadsworth Longfellow Siamo come i bambini, infatti non sapendo che eravamo politicamente scorretti a così tanti livelli vorremmo gridare "Geronimo!" Quando giocavamo a fare la guerra o ci si preparava a fare un qualcosa di particolarmente avventato. (Per chi non lo conoscesse, Geronimo era un capo Apache piuttosto temibile che ha provocato delle pesanti perdite al Messico e alla cavalleria americana.) Sam Houston e i suoi compagni hanno gridato: "Ricordate Alamo!" Mentre stavano cavalcando verso Santa Ana a San Jacinto. I britannici sono andati a combattere gridando "God Save the Queen [o King]!" Infatti ogni buon film di guerra ha il suo momento memorabile dove presenta la carica della battaglia. In Giappone, il termine Banzai! letteralmente significa "10 mila anni" e può essere usato per augurare a qualcuno una lunga vita e felicità. Ma durante la seconda guerra mondiale "Banzai!" È stato urlato in battaglia. Era l'equivalente giapponese di "Viva il re!" - Ma per i soldati che stavano dal lato opposto, questo ha avuto il significato di un attacco feroce e suicida. Se i banchieri centrali di tutto il mondo pensano di sentire un grido di battaglia del tipo "Banzai!" direttamente dalle labbra dei loro fratelli giapponesi, a questo punto potrebbero non essere così lontani dalla verità, questo perché i giapponesi hanno in realtà avviato un percorso folle che vuole combattere la deflazione a tutti costi. Come per tutte le grandi battaglie suicide, almeno nelle leggende e nelle tradizioni, una volta che il grido è stato lanciato e la forte carica è partita non ci può più essere la possibilità di tornare indietro. Nelle ultime tre settimane sto continuamente commentando quello che personalmente penso sia una folle strada che i giapponesi hanno intrapreso, e quello che penso possa essere considerato nella storia l'esperimento di politica monetaria più scandaloso, intrigante e disperato da parte di una grande potenza economica. I giapponesi stanno rapidamente arrivando al loro Endgame, ossia raggiungere il limite della loro capacità di prendere in prestito del denaro a tassi di interesse che siano economicamente sostenibili. Se i tassi di interesse sulle obbligazioni giapponesi arrivassero solo anche ad un mero 2,2%, l'80% delle entrate fiscali servirà solo per pagare gli interessi sul loro debito. Con un rapporto debito - PIL pari al 245% si trovano in una situazione profondamente disperata e loro lo sanno. E quando ci si trova in periodi disperati, sono necessarie solo delle misure
  • 2. disperate. Per raggiungere il loro obiettivo ossia avere la possibilità di trovare una via d'uscita al loro problema deflazionistico, i giapponesi hanno bisogno sia dell'inflazione che della crescita reale. La crescita reale può arrivare solo da un forte aumento delle esportazioni ed invece l'inflazione può anche venire da un aumento dei prezzi all'esportazione. Entrambi i risultati possono essere ottenuti con un indebolimento dello yen. Come ho mostrato in precedenza, hanno bisogno di svalutare lo yen di circa il 15-20% l'anno per molti anni, al fine di poter raggiungere l’obiettivo. Il che dovrebbe essere abbastanza facile, almeno in teoria. Riguardo all’inflazione c’era una famosa frase di Milton Friedman che diceva così "è sempre e ovunque un fenomeno monetario". Se si desidera creare dell’inflazione e svalutare la propria valuta, basta stampare più soldi. A quel punto se la cosa non funzione si procede con un secondo turno per aumentare la produzione, e se anche questo non è abbastanza si può passare ad un terzo turno e poi si può decidere di andare a tutta velocità anche durante i fine settimana. E poi a quel punto arriverà il momento di costruire un altro stabilimento di stampa. Ma questa è la teoria. In pratica, per il Giappone potrebbe essere molto più difficile sia crescere che generare inflazione rispetto a quanto potrebbe esserlo per altre nazioni di uguale importanza. Oggi ci concentreremo sulla demografia giapponese. La lettera di questa settimana è piena di grafici e tabelle, che non dipingono assolutamente un bel quadro della situazione. Ed ora possiamo anche noi urlare "Banzai!" Insieme ci caliamo immediatamente sui dati sulla demografia giapponese. La sventura demografica Creare inflazione è l'obiettivo, ma il primo ministro Abe e la Banca del Giappone attraverso il suo governatore Kuroda devono affrontare un compito molto difficile. A differenza dello Zimbabwe, l’Argentina ed una serie di altri paesi con delle valute che sono oramai defunte, in Giappone la cosa non è quella di semplicemente accumulare una quantità insostenibile di debito e quindi stampare delle tonnellate di soldi. Se la cosa fosse così semplice, in questo momento avremmo un inflazione dilagante in tutto il Giappone; questo in un paese dove i giapponesi hanno preso a prestito una infinità quantità di soldi, molto superiore a qualsiasi paese presente nella storia moderna (in particolar modo rispetto alla loro dimensione). E mentre i loro sforzi per creare inflazione sono stati fino ad ora completamente inutili, questo non è avvenuto sicuramente per una mancanza di tentativi: i giapponesi hanno portato avanti in modo attivo un quantitative easing per molti anni. Carl Weinberg di High Frequency Economics scrivendo su Globe and Mail, ci offre una sintesi molto appropriata del dilemma giapponese: L'Istituto Nazionale sulla demografia e sull’assistenza sociale prevede che la popolazione in età lavorativa del Giappone si ridurrà nei prossimi 17 anni a 67,7 milioni di persone entro il 2030, rispetto ai 81,7 milioni che era nel 2010. Prendiamo il 2030 come l’ultimo punto della riflessione che vogliamo fare oggi, perché quasi tutte le persone che faranno parte della popolazione in età lavorativa entro il 2030, ossia 17 anni a partire da oggi sono già nate. L’immigrazione e l’emigrazione sono elementi che non incidono. Invece il declino pari ad un 17 per cento della popolazione in età lavorativa è una certezza, non una previsione. In media avremo un calo dello 0,9 per cento l'anno. Inoltre, le proiezioni ufficiali
  • 3. mostrano un aumento della popolazione con un età superiore ai 64 anni pari a 36.900.000 nel 2030 rispetto ai 29,5 milioni che c'erano nel 2010. Se il tasso di partecipazione alla forza lavoro rimane costante, si stima che il numero di persone che saranno alla ricerca di un lavoro scenderà nel 2030 a 56,5 milioni rispetto ai 65,5 milioni di oggi e ai 66 milioni del 2010. Cosa succede quando diminuisce la popolazione di una nazione e contestualmente anche la percentuale di persone in età lavorativa? Nel primo e più semplice livello di analisi, la produzione potenziale dell'economia in esame diminuisce: con meno lavoratori in grado di produrre si hanno meno beni. Questo non significa che a quel punto il PIL dovrebbe diminuire; degli incrementi di produttività potrebbero compensare un calo della forza lavoro. Inoltre, un aumento del tasso di partecipazione della forza lavoro potrebbe diminuire l'effetto di diminuzione di una popolazione in età lavorativa. Tuttavia, anche se il tasso di partecipazione della forza lavoro dovesse aumentare al 100 per cento entro il 2030 rispetto al 81 per cento di oggi (che non potrà mai succedere, perché alcune persone dovranno dedicarsi alla cura delle persone anziane e ai bambini, inoltre alcuni hanno delle disabilità oppure non hanno delle competenze o un istruzione adeguata), ci saranno comunque nel 2030 meno lavoratori disponibili rispetto a quello che ci sono oggi. Noi prevediamo che il rapporto debito-PIL ed il rapporto debito-per-lavoratore cresceranno senza sosta nel corso dei prossimi 17 anni e anche oltre. Inoltre, l'aumento del rapporto tra lavoratori che saranno in pensione e che sarà pari al 32 per cento della popolazione rispetto all’attuale 23 per cento, significa che le persone che nel 2030 avranno ancora un impiego dovranno rinunciare ad una quota crescente del loro reddito per sostenere le persone che saranno in pensione. Il reddito disponibile diminuirà con maggiore velocità in relazione alla diminuzione del numero dei lavoratori e questo scenderà molto più velocemente rispetto al calo della produzione e dell'occupazione. La domanda globale di lavoratori diminuirà – e così anche il loro reddito disponibile – e questo molto più velocemente della produzione per almeno i prossimi 17 anni. Anche la domanda scenderà, in quanto anche i nuovi pensionati spenderanno di meno rispetto agli anni durante i quali guadagnavano. Soltanto sulla base dei fattori demografici il calo della domanda aggregata, tra oggi e il 2030, supererà il declino che arriverà dalla produzione creando una persistente e ampia capacità in eccesso nell'economia. I prezzi devono per forza scendere in un'economia dove il numero di operatori è in costante aumento. Inoltre, il persistente avanzare della tecnologia probabilmente continuerà ad aumentare in futuro la produzione per singolo lavoratore. Con una domanda ed una produzione complessiva che continuano a diminuire, gli incrementi di produttività abbasseranno i costi della manodopera e questi creeranno una maggiore pressione verso il basso sui prezzi. La disinflazione e la deflazione sono i compagni di un declino demografico. Andrew Cates un economista di UBS con sede a Singapore, ha pubblicato questa settimana uno studio molto significativo sul rapporto tra inflazione e demografia. Egli osserva che i paesi che hanno delle popolazioni molto più anziane tendono ad avere una minore inflazione. Che non è quello che però i libri di testo suggeriscono, ma è ciò che i dati invece rivelano: Dal momento che i dati demografici sull’invecchiamento inizieranno ora ad avere un posto molto più importante nelle prospettive dei più importanti paesi sviluppati ed in via di sviluppo, questo avrà chiaramente una certa importanza su come l'inflazione potrebbe
  • 4. evolversi a partire da questo momento. Di conseguenza tutto questo potrebbe essere di maggiore importanza nell'impostare la politica monetaria ed una più ampia prospettiva di crescita globale, e come pure dei mercati finanziari. Diamo prima un'occhiata ai dei dati reali. Nel grafico qui sotto vi mostriamo i livelli medi di inflazione nel corso degli ultimi 5 anni a confronto con la variazione a 5 anni del rapporto di dipendenza (dependency ratio). Quest'ultimo è il rapporto tra le persone molto anziane e giovanissime verso la popolazione che si trova ancora in età lavorativa. Uno spostamento su tale rapporto implica che la popolazione in un dato paese è sempre più giovane (e viceversa il contrario). Il grafico mostra quindi che i paesi che negli ultimi anni sono diventati sempre più anziani hanno in genere dei tassi di inflazione molto bassi, e nel caso del Giappone una forte deflazione. Nel frattempo i paesi che in questi ultimi anni sono diventati sempre più giovani, come l'India, la Turchia, l'Indonesia e il Brasile hanno dovuto affrontare dei tassi di inflazione relativamente elevati. Cates non guarda solo al Giappone, ma ha una visione molto più globale. Tuttavia, il Giappone risalta molto in questo grafico. (Non ho un link, in quanto questa ricerca è solo disponibile per UBS in questo momento) ho aggiunto un rettangolo rosso per evidenziare il Giappone: E mentre la correlazione non è una causalità, il seguente grafico che mostra l’inflazione vs la crescita della popolazione in Giappone non fa altro che confermare la situazione.
  • 5. E riportiamo ancora un altro grafico del Mr. Cates. Egli osserva che i libri di testo economici ci segnalano che una forza lavoro che diminuisce tende ad aumentare la pressione verso l’alto sui salari (il lavoro è solo una risorsa in ingresso sul lato dell'offerta) e così alla fine si finisce nell’avere una inflazione da costi: Questo però non tiene conto di una serie di altri fattori che hanno probabilmente una certa rilevanza nel processo interno di generazione di inflazione. I cambiamenti demografici per esempio influenzeranno la domanda naturale di una economia di beni durevoli, il mercato immobiliare e gli aggregati creditizi. Quest'ultimo dato è certamente confermato dalla ragionevole stretta correlazione che esiste tra il credito e l'invecchiamento, come è possibile vedere dal grafico che è qui sotto riportato.
  • 6. Trovare dei giapponesi ottimisti Suona negativo come quello che ci siamo detti prima, ossia si può trovare chi pensa che l'economia giapponese possa girare intorno a se stessa, che l'inflazione possa salire per sempre e che i tassi di interesse giapponesi anche data la quantità di moneta che è stata stampata non aumenteranno. Scherzi a parte. Bloomberg News ha fatto un sondaggio intervistando cinque ex funzionari della Banca del Giappone i quali ritengono che "le plusvalenze dei rendimenti dei titoli di Stato saranno contenute nel corso dei prossimi due anni". Quattro dei cinque non credono sia possibile che inflazione andrà oltre il 2%. Anche con una macchina di stampa che lavorasse a pieno regime. Potete convincervi che Abenomics riuscirà a realizzare una crescita nominale pari al 3 o al 4%. Basta dare uno sguardo a questa storia raccontata con un grafico interattivo da Reuters Breakingviews. (La schermata riportata qui di seguito è solo destinata a stuzzicare la vostra curiosità.) Provate a giocare con le variabili del grafico e scoprirete ciò che pensiate sia possibile. Se si parte dal trend che è in corso, la crescita del PIL potenziale è molto inferiore al 1%.
  • 7. Ma cosa succede se come Andy Mukherjee a Breakingviews diventate maggiormente ottimista? Le donne giapponesi che partecipano alla forza lavoro sono una percentuale pari a circa il 63%, il più basso tasso di partecipazione femminile tra le nazioni sviluppate. Che cosa potrebbe succedere se il tasso di partecipazione delle donne aumentasse drammaticamente perché vengono creati 250.000 posti di lavoro come Abe ha promesso? E se gli anziani decidessero di lavorare molto più a lungo? E se gli uomini decidessero di lavorare ancora di più (anche se hanno uno dei più alti tassi di partecipazione). E a quel punto che il tasso di disoccupazione potesse diminuire di, diciamo un 40%. Se si fanno queste ipotesi allora si può arrivare a un tasso di crescita del 1,5% (il che come ho mostrato la scorsa settimana, non è neanche lontanamente sufficiente!). Abe deve affrontare una grande scommessa e cioè che la creazione di inflazione incoraggerà la gente a consumare, nella speranza che a quel punto le cose possano andare ancora meglio. Non importa che gli anziani non la pensino così. Ma queste sono le persone che in Giappone hanno maggior soldi da spendere. Il programma di Abe è l'ennesimo caso di un esercizio sulla base della teoria economica, dettata dai libro di testo piuttosto che essere dettata dal guardare in faccia la realtà. Con l'invecchiamento della popolazione significa che qualcuno deve prendersi cura dei genitori che invecchiano. E in Giappone (come in molti altri posti) la responsabilità ricade di solito sulle donne le quale abbassano così il tasso di partecipazione femminile al mondo del lavoro. E quindi da dove arriveranno quei 250.000 nuovi posti di lavoro? E chi pagherà per loro? Inoltre, Abe promette che entro il 2020 il governo giapponese sarà in surplus e che entro pochi anni il tasso di crescita del deficit sarà inferiore rispetto al tasso di crescita nominale del PIL. Quali programmi dovranno tagliare per pagare quei nuovi lavoratori? In Giappone ci sono molto più anziani che bambini. Mentre siamo in tema di promesse, Abe dice che anche lui entrerà negli accordi di libero
  • 8. scambio con il resto dell'Asia e degli Stati Uniti rendendo maggiormente aperta anche l'economia giapponese. Tutto questo mentre la sua moneta sta precipitando del 15% rispetto a un anno fa, sconvolgendo i suoi vicini e cambiando drasticamente gli equilibri sugli scambi? Ora lui vuole giocare nella sandbox global-trade? Ero su Bloomberg con Tom Keene questa mattina. Uno degli altri ospiti stava parlando del Giappone che aveva deciso di aprire dei negoziati di libero scambio con gli Stati Uniti; parlando ovviamente del riso che il Giappone come è noto protegge mantenendolo forzatamente poco costoso. "Allora" ho risposto, "il Giappone ha deciso che vuole far scendere il valore dello yen del 50% e poi aprirsi al commercio del riso?" Non ero sorpreso dalla cosa. Io sono un gran fautore del libero scambio, ma il Giappone parla di libero scambio solo ora quando sono sull'orlo di una crisi, mi sembra un po' ipocrita. Ho lanciato una freccia ... nel mio piede Abe ha proposto un pacchetto di riforme economiche che comprende "tre frecce": un aggressivo allentamento monetario, lavoro e altre riforme strutturali (che saranno politicamente molto difficili da raggiungere) destinati a indurre una crescita degli investimenti nel settore privato ed una politica fiscale flessibile (qualunque cosa questo significhi, immagino che se è "flessibile" significa che qualsiasi cosa venga decisa va bene). Ha tenuto un discorso questa settimana parlando di queste riforme ed il mercato ha prontamente ha risposto. Le "riforme" che ha propagandato erano simili alle precedenti. Non che io pensi che Abe avesse molte altre scelte. Ci sono delle elezioni molto critiche il mese prossimo. Sta sollecitando una politica che permette ai datori di lavoro di avere le mani un più libere nel licenziare e quindi questa cosa non è in grado di conquistare molti elettori, ma la riforma la deve fare sul serio se vuole avere qualche speranza di limitare il disastro che deve affrontare. Mi dispiace per i pensionati che vivono in Giappone. Mi viene in mente quel meraviglioso film giapponese degli anni '50, La ballata di Narayama. E' raffigurato ubasute (姥 舍, "abbandonando una vecchia donna"), una consuetudine praticata in Giappone nel lontano passato, in base al quale gli infermi o gli anziani venivano lasciati su una montagna o in qualche altro luogo desolato e lasciati lì a morire. Anche se non è così semplice le scelte politiche degli ultimi 20 anni stanno producendo dei risultati pari all'abbandono degli anziani come citato sopra. E' solo un approccio di più lungo periodo, rispetto a quello proposto nel film.
  • 9. Signori, ci offrono il loro fianco Il mio amico e serio narratore Bill Bonner, racconta la storia della battaglia della Marna nella prima guerra mondiale, ponendola in relazione con l'inflazione. Cito (con poche modifiche): Per quale ragione è così importante parlare di inflazione visto che c'è ne così poca. Ci fa pensare che questa storia [inflazione / deflazione] possa avere una ritorsioni. Vi ricordate la famosa battuta rivolta al generale tedesco von Kluck: "Tu stupido Kluck"? Von Kluck stava inseguendo i francesi lungo la Marna nel 1914. La vittoria sembrava a portata di mano; e i francesi si stavano ritirando. Von Kluck, che aveva ricevuto l'ordine di attaccare Parigi decise invece di continuare la battaglia contro l'esercito francese. Egli era convinto di essere in grado di batterli. Tutto quello che doveva fare era mantenere la pressione ... e si sarebbero arresi. Tuttavia alcuni dei suoi comandanti sul campo rilevarono che stavano conquistando pochissimi prigionieri. Normalmente un esercito che viene battuto ha molti soldati scoraggiati e confusi. Poiché ve ne erano così pochi, i comandanti pensarono che l'esercito francese era ancora tutto lì intatto e che in modo ordinato si stava ritirando e che quindi poteva aggirarli e sorprenderli in qualsiasi momento. I comandanti avevano ragione. Il vecchio generale francese Gallieni che era a capo della guarnigione di Parigi, si rese immediatamente conto che i tedeschi stavano commettendo un errore fatale. Inseguendo le truppe lungo la Marna invece di attaccare Parigi si erano esposti ad un contrattacco. Si dice che abbia quindi detto al suo staff "Signori, ci offrono il loro fianco". I francesi accettarono l'offerta: e attaccarono. Utilizzando migliaia di mezzi, si spostarono molto rapidamente dalla valle della Marna e a quel punto sorpresero i tedeschi che erano
  • 10. completamente impreparati. La battaglia della Marna trasformò quindi l'esito della guerra. Banzai! Banzai! Banzai! I giapponesi stanno caricando le linee di battaglia deflazionistiche, gridando "Banzai!" Questo attacco è tutto o niente. Penso che i giapponesi stanno offrendo agli investitori il loro fianco. I mercati ci hanno mostrato che questa battaglia non sarà unilaterale. Ma voglio continuare a ribadire quello che vado dicendo da tempo: essere short del debito giapponese sarà il miglior trade di questo decennio. Questa è la maggiore posizione che detengo nel mio portfolio personale. Come ho detto a Tom Keene questa mattina, è mia intenzione (e ancora di più una speranza) far pagare ad Abe-san e Kuroda- san un pezzo del mio nuovo appartamento, in quanto attraverso la loro politica stanno provocando la completa distruzione dello yen. Avrò successo? Il tempo lo deciderà, intanto i fondi pensione pubblici giapponesi hanno annunciato che ridurranno le loro posizioni sulle obbligazioni locali, aumentando in contemporanea la loro quota in azioni locali ed estere. Non è stato fornito alcun periodo di tempo durante il quale attueranno la politica, anche se abbiamo degli elementi che ci dicono che hanno già iniziato. (da Kiron Sarkar.) E' arrivato il momento di concludere la lettera di questa settimana, ma questi sono argomenti su cui dovremo tornare nuovamente. Ma prima di terminare, voglio segnalarvi un altra tabella in cui mi sono imbattuto mentre ricercavo dei documenti su questo argomento. Si tratta di un confronto del rapporto sulla dipendenza tra i diversi paesi sviluppati. Questo è il rapporto tra pensionati e persone sotto i 16 anni rispetto a coloro che fanno parte della forza lavoro. Come si può vedere il Giappone non si trova in ultima posizione. La Francia, l'Italia e l'Ungheria hanno dei risultati demografici che sono ben peggiori.
  • 11. Monaco, Cipro, Belgrado (?), Croazia e Svizzera Io sono a casa per una settimana. Finalmente ho chiuso il mio mutuo per il mio appartamento e i lavori per trasformarli in solo appartamento incominceranno lunedì. Vado a Monaco per una decina di giorni per tenere un discorso al GAIM, poi ho un paio di giorni di riposo prima di andare a Nicosia, Cipro, dove sto iniziando a pianificare delle riunioni e riuscirò a tenere anche un intervento pubblico presso l'università. Passerò la notte in qualche posto sulla strada che porta verso le coste della Croazia, dove trascorrerò il fine settimana con quel genio malvagio e divertente di un economista irlandese David McWilliams e la sua famiglia, prima di tornare nuovamente a Ginevra e poi tornare a casa. Il vostro analista dei mutui che è orgoglioso di essere padre di un bambino (yen),
  • 12. John Mauldin subscribers@mauldineconomics.com Copyright 2010-2013 John Mauldin. All Rights Reserved Copyright 2010-2013 Horo Capital. Tutti i Diritti Riservati Disclaimer: La presente pubblicazione è distribuita da Horo Capital srl. Pur ponendo la massima cura nella traduzione della presente pubblicazione e considerando affidabili i suoi contenuti, Horo Capital srl non si assume tuttavia alcuna responsabilità in merito all’esattezza, completezza e attualità dei dati e delle informazioni nella stessa contenuti ovvero presenti sulle pubblicazioni utilizzate ai fini della sua predisposizione. Di conseguenza Horo Capital srl declina ogni responsabilità per errori od omissioni. Horo Capital srl si riserva il diritto, senza assumersene l'obbligo, di migliorare, modificare o correggere eventuali errori ed omissioni in qualsiasi momento e senza obbligo di avviso. La presente pubblicazione viene fornita per meri fini di informazione ed illustrazione, non costituendo in nessun caso offerta al pubblico di prodotti finanziari ovvero promozione di servizi e/o attività di investimento né nei confronti di persone residenti in Italia né di persone residenti in altre giurisdizioni, a maggior ragione quando tale offerta e/o promozione non sia autorizzata in tali giurisdizioni. Le informazioni fornite non costituiscono un'offerta o una raccomandazione per effettuare o liquidare un investimento o porre in essere qualsiasi altra transazione. Esse non possono essere considerate come fondamento di una decisione d'investimento o di altro tipo. Qualsiasi decisione d'investimento deve essere basata su una consulenza pertinente, specifica e professionale. Tutte le informazioni pubblicate non devono essere considerate una sollecitazione al pubblico risparmio o la promozione di alcuna forma d'investimento né raccomandazioni personalizzate ai sensi del Testo Unico della Finanza trattandosi unicamente di informazione standardizzata rivolta al pubblico indistinto. Né Horo Capital srl né John Mauldin potranno essere ritenuti responsabili, in tutto o in parte, per i danni (inclusi, a titolo meramente esemplificativo, il danno per perdita o mancato guadagno, interruzione dell’attività, perdita di informazioni o altre perdite economiche di qualunque natura) derivanti dall’uso, in qualsiasi forma e per qualsiasi finalità, dei dati e delle informazioni presenti nella presente pubblicazione. Ogni decisione di investimento e disinvestimento è pertanto di esclusiva competenza del Cliente che può decidere di darvi o meno esecuzione con qualsivoglia intermediario autorizzato; qualsiasi eventuale decisione operativa presa dal Cliente in base alle informazioni pubblicate è, infatti, da considerarsi assunta in piena autonomia decisionale e a proprio esclusivo rischio. Il Contenuto presente nella pubblicazione può essere riprodotto unicamente nella sua interezza ed esclusivamente citando il nome di Horo Capital srl e di John Mauldin, restandone in ogni caso vietato ogni utilizzo commerciale. Si intende per Contenuto tutte le analisi, grafici, immagini, articoli i quali sono tutti protetti da copyright. Horo Capital srl ha la facoltà di agire in base a/ovvero di servirsi di qualsiasi elemento sopra esposto e/o di qualsiasi informazione a cui tale materiale si ispira ovvero è tratto anche prima che lo stesso venga pubblicato e messo a disposizione della sua clientela. Horo Capital srl può occasionalmente, a proprio insindacabile giudizio, assumere posizioni lunghe o corte con riferimento ai prodotti finanziari eventualmente menzionati nella presente pubblicazione. In nessun caso e per nessuna ragione Horo Capital srl, sarà tenuta, ad agire
  • 13. conformemente, in tutto o in parte, alle opinioni riportate nella presente pubblicazione. Ogni violazione del copyright in qualsiasi modo si esprima ai danni di Horo Capital srl e John Mauldin, sarà perseguita legalmente. Per iscriversi alla newsletter GRATUITA settimanale SCENARI FINANZIARI cliccare qui: www.scenarifinanziari.it/Registrazione.aspx Per modificare il proprio indirizzo email di invio della newsletter, effettuare il login su www.scenarifinanziari.it e andare sulla pagina di registrazione. Per cancellare l'iscrizione alla newsletter scrivere una mail a:info@scenarifinanziari.it Thoughts from the Frontline 3204 Beverly Drive Dallas, Texas 75205 Horo Capital Independent Financial Advisory Firm Via Silvio Pellico, 12 20121 Milano Tel. 02 89096674 - rcarraro@horocapital.it