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Reddito per tutti:  una vita serena  in una società attiva, giusta e solidale Il modello sociale che noi vogliamo
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Prefazione Le tendenze demografiche, i grandi cambiamenti nella coscienza dei bisogni, la globalizzazione sregolata e una crescita dell’economia che rimane al di sotto del potenziale, stanno progressivamente sgretolando la rete delle vecchie sicurezze. Una visione integrata dei vari elementi che concorrono al benessere dei cittadini deve partire dalla nascita, attraversare la scuola, la vita lavorativa, il pensionamento attivo, fino alla naturale conclusione della vita di ciascuno. Ridurre la povertà e l’emarginazione consente di prevenire malattie, così come un aumento della qualità dell’occupazione e delle occasioni di lavoro si traduce in una crescita complessiva dell’economia. La sfida a cui siamo chiamati non è solamente economica ma, prima di tutto, progettuale e culturale. Vogliamo riproporre la centralità della persona e pensiamo a un Welfare   delle opportunità capace di garantire la continua autosufficienza intervenendo, laddove manchi il lavoro, con un’offerta di reddito costante e servizi formativi personalizzati, stimolando comportamenti e stili di vita responsabili, utili a sé e agli altri.
Proposta  di Reddito per tutti
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Nell’attuale struttura degli ammortizzatori sociali vi sono innumerevoli iniquità di trattamento (criteri di eleggibilità, durata, ammontare dei benefici). Mentre non ancora applicata, per quanto già operativa sul piano normativo, è una elementare regola di responsabilità che vuole sanzionato con la decadenza dal beneficio o dalla indennità il percettore del trattamento che rifiuti una occasione congrua di lavoro o un percorso formativo di riqualificazione professionale. La rigidità dei trattamenti costituisce, soprattutto con riferimento ai gruppi più tutelati, un ostacolo oggettivo ai processi di mobilità e al dinamismo del mercato del lavoro. Le varie forme di sostegno al reddito non solo non seguono un disegno di incentivazione per il rapido reinserimento lavorativo, ma concorrono esse stesse ad alimentare una fiorente economia sommersa che non ha pari nel resto del mondo industrializzato. In conseguenza della proposta su indicata, viene a cadere il pregiudizio assai diffuso che il disoccupato possa diventare un approfittatore. Oltre a dover dedicare il suo tempo all’aiuto e alla sicurezza del territorio, dovrà studiare, scegliendo da catalogo il corso preferito, con l’obiettivo di rientrare al più presto al lavoro. E’ infatti da questi corsi che potranno attingere le aziende ed enti per assumere, suggerendo costantemente percorsi utili all’evoluzione delle loro imprese.
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La spesa sociale non va tagliata: essa va governata e riorientata in modo da rendere il sistema non solo finanziariamente sostenibile, ma anche più equo ed efficiente perché realmente in grado di   incoraggiare la natalità, abbattere le barriere, facilitare la mobilità, anche in situazioni di mobbing, combattere le discriminazioni, prevenire i bisogni, contrastare la povertà.
I rapporti di lavoro devono essere regolati in termini semplici e chiari e devono essere   stabilite regole a garanzia del pagamento puntuale e sollecito ai fornitori di beni e servizi a Enti e a privati, altrimenti soggetti a fallimento e scoraggiati ad investire in attività autonome e libere professioni.
3. La sostenibilità Il nostro welfare ,  da una parte è finanziato da troppo pochi attivi e dall’altra non contribuisce ad aumentarne il numero. Esso dà oggi troppo a troppo pochi, viziato come è da privilegi difesi corporativamente e da diseconomie dovute a inefficienze gestionali e a imponenti stratificazioni normative che, parallelamente alla evoluzione dei rapporti economici e sociali, ne hanno largamente eroso l’impianto originario e la funzionalità. In questa prospettiva il primo intervento possibile, per realizzare un modello sociale sostenibile e garantire risorse adeguate, è allargare drasticamente la base dei contribuenti, cioè di coloro che, attraverso la partecipazione al mercato del lavoro regolare, concorrono a sostenere il modello sociale stesso. I target   di Lisbona (tasso di occupazione del 70 per cento, con 60 per cento di occupazione femminile e 50 per cento di occupazione degli over 50) non sono un miraggio, ma un obiettivo realistico, considerata anche l’imponente quota di economia sommersa, nella misura in cui sapremo liberare il lavoro dai troppi disincentivi normativi che ancora comprimono la vitalità e il dinamismo del mercato del lavoro senza offrire vere tutele alle persone.
3. La sostenibilità Scoraggianti sanzioni devono quindi essere previste per chi viene trovato a lavorare in nero mentre percepisce reddito minimo garantito, così come al suo datore di lavoro in nero. Ma è piuttosto difficile che questo avvenga se per 3 ore al giorno il disoccupato deve essere reperibile e disponibile per le attività a cui accennavamo prima di salvaguardia del territorio, e altre 2 ore per la formazione. Resta il tempo giusto per ripassare i compiti e riposare.  Inoltre, ponendo un tetto alle retribuzioni dirigenziali sproporzionate rispetto a qualsiasi valutazione di resa umana nel lavoro, e impedendo l’assegnazione di doppi e più incarichi a chi già ne possiede uno, avremo risorse sufficienti da destinare a chi attualmente si trova in condizioni di povertà estrema.
Contro l’evasione e l’elusione: il sistema dei voucher ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
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4. La governance (da inserire)   ................. .....................................

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  • 12. La spesa sociale non va tagliata: essa va governata e riorientata in modo da rendere il sistema non solo finanziariamente sostenibile, ma anche più equo ed efficiente perché realmente in grado di incoraggiare la natalità, abbattere le barriere, facilitare la mobilità, anche in situazioni di mobbing, combattere le discriminazioni, prevenire i bisogni, contrastare la povertà.
  • 13. I rapporti di lavoro devono essere regolati in termini semplici e chiari e devono essere stabilite regole a garanzia del pagamento puntuale e sollecito ai fornitori di beni e servizi a Enti e a privati, altrimenti soggetti a fallimento e scoraggiati ad investire in attività autonome e libere professioni.
  • 14. 3. La sostenibilità Il nostro welfare , da una parte è finanziato da troppo pochi attivi e dall’altra non contribuisce ad aumentarne il numero. Esso dà oggi troppo a troppo pochi, viziato come è da privilegi difesi corporativamente e da diseconomie dovute a inefficienze gestionali e a imponenti stratificazioni normative che, parallelamente alla evoluzione dei rapporti economici e sociali, ne hanno largamente eroso l’impianto originario e la funzionalità. In questa prospettiva il primo intervento possibile, per realizzare un modello sociale sostenibile e garantire risorse adeguate, è allargare drasticamente la base dei contribuenti, cioè di coloro che, attraverso la partecipazione al mercato del lavoro regolare, concorrono a sostenere il modello sociale stesso. I target di Lisbona (tasso di occupazione del 70 per cento, con 60 per cento di occupazione femminile e 50 per cento di occupazione degli over 50) non sono un miraggio, ma un obiettivo realistico, considerata anche l’imponente quota di economia sommersa, nella misura in cui sapremo liberare il lavoro dai troppi disincentivi normativi che ancora comprimono la vitalità e il dinamismo del mercato del lavoro senza offrire vere tutele alle persone.
  • 15. 3. La sostenibilità Scoraggianti sanzioni devono quindi essere previste per chi viene trovato a lavorare in nero mentre percepisce reddito minimo garantito, così come al suo datore di lavoro in nero. Ma è piuttosto difficile che questo avvenga se per 3 ore al giorno il disoccupato deve essere reperibile e disponibile per le attività a cui accennavamo prima di salvaguardia del territorio, e altre 2 ore per la formazione. Resta il tempo giusto per ripassare i compiti e riposare. Inoltre, ponendo un tetto alle retribuzioni dirigenziali sproporzionate rispetto a qualsiasi valutazione di resa umana nel lavoro, e impedendo l’assegnazione di doppi e più incarichi a chi già ne possiede uno, avremo risorse sufficienti da destinare a chi attualmente si trova in condizioni di povertà estrema.
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