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puntoeffe 79
C O M E E R A V A M O
Negli erbari figurati (hortus pic-
tus) più antichi le piante sono
classificate in base alla diver-
sa tipologia (alberi, frutici, suffrutici, er-
be) e distinguendo quelle spontanee da
quelle coltivate. Questa modalità di stu-
dio, descrizione e raffigurazione delle
piante, interpretando e modificando, se
non addirittura copiando, le conoscenze
degli autori classici è praticata molto a
lungo, fino a buona parte del XVI secolo.
L’interesse e il significato storico di questi
erbari manoscritti, spesso su papiro o
pergamena, sono indiscutibilmente di
eccezionale pregio. Occorre, tuttavia,
precisare che una descrizione botanica
scientificamente corretta richiede l’uso di
una terminologia tecnica specialistica
che compare solo molto tempo dopo, nel
XVIII secolo. Fino a quel momento le de-
scrizioni risultano, quindi, brevi e in gran
parte fondate sull’analogia - raramente a
di una pianta vengono raffigurate con gli
organi del corpo che sono in grado di cu-
rare. In altre opere che vanno dal XV al
XVII secolo, custodite in varie biblioteche
dell’Italia centro-meridionale, sono de-
scritte piante che risultano medicamen-
tose in base alle virtù ricevute dalle stelle,
dai segni dello zodiaco, dai sette pianeti
all’epoca conosciuti. Accanto a queste
opere, che rappresentano per lo più un
miscuglio di superstizione e pseudome-
carattere naturalistico ma il più delle vol-
te filosofico o magico - e permeate di
astrologia e occultismo. È il caso, per
esempio, di molti erbari ispirati alle teorie
di Paracelso (1451-1493) che nella sua
Dottrina dei segni sostiene che tutte le er-
be nascondono un segno occulto della
loro utilità per l’uomo; così le foglie a for-
ma di cuore curerebbero i disturbi car-
diaci, la linfa gialla guarirebbe l’itterizia
eccetera. In quest’ottica, le diverse parti
Lo studio della botanica
si avvale storicamente
di strumenti che spesso
si rivelano espressioni
socio-culturali
e perfino artistiche
delle diverse epoche
Erbari
e cere
DI RAIMONDO VILLANO
puntoeffe 81
Gli “erbari essiccati” più
antichi (hortus siccus) costi-
tuiscono prevalentemente col-
lezioni a carattere personale,
rappresentando per gli stessi
studiosi uno strumento neces-
sario all’analisi, al confronto e
al riconoscimento delle piante.
Si presentano sotto forma di fogli ri-
legati in volumi, con i campioni di-
rettamente incollati sui fogli. An-
che l’etichettatura è inizial-
mente poco dettagliata, riportando in
genere unicamente il nome comune
della pianta o, solo nel caso di erbari più
dotti, l’insieme dei caratteri botanici de-
scrittivi ritenuti utili all’identificazione.
Con il passare del tempo si preferisce
realizzare erbari a fogli singoli, separati,
in modo da poterli incrementare e ordi-
nare liberamente. Anche le annotazioni
diventano nel tempo più precise e det-
tagliate. Verso la fine del XVIII secolo le
etichette dei campioni di erbario si ar-
ricchiscono di informazioni sulle loca-
lità e le date di raccolta, con notizie an-
che di carattere ecologico, secondo
modalità utilizzate ancora oggi.
Interessanti erbari si trovano presso la
Biblioteca Casanatense di Roma, dove
è custodito quello di G.B. Triumfetti
(1656-1708) che comprende esclusi-
vamente piante della flora siciliana e
sulla base delle quali il Tornabene prov-
vide a pubblicare nel 1887 la Flora Si-
cula e iin seguito i quattro volumi della
Flora Aetnea; il Museo Botanico di Fi-
renze, dove si conserva il pacco dell’Er-
bario di P. A. Micheli (1679- 1737).
Una priorità italiana, poiché ogni Orto e
Università ebbe la sua raccolta, è quella
della creazione degli Erbari di piante dis-
seccate a scopo scientifico, dei quali ci-
tiamo alcuni: l’Erbario di Gherardo Cibo,
conservato nella Biblioteca Angelica di
Roma nel 1532; l’Erbario di Ulisse Aldro-
vrandi in Bologna del 1551; l’Erbario di
Andrea Cisalpino in Firenze del 1563;
l’Erbario di Ferrante Imperato del 1592
in ottanta volumi di cui uno solo supersti-
te, custodito presso la Biblioteca Nazio-
nale di Napoli; Erbari vari sono conserva-
ti presso il Museo dell’Accademia di Sto-
ria dell’Arte Sanitaria in Roma, nel com-
plesso dell’antichissimo e monumentale
Ospedale di Santo Spirito.
LE CERE BOTANICHE
A partire dalla seconda metà del Sette-
cento, abili artisti realizzano presso le offi-
cine di ceroplastica non solo accuratissi-
me cere anatomiche ma anche splendide
cere botaniche di valore prevalentemente
didattico, riprodotte con assoluta fedeltà
al vero. Spesso risulta particolarmente
utile riprodurre piante esotiche che non è
possibile facilmente vedere “dal vero” in
quanto specie botaniche non presenti in
specifiche aree geografiche: per esempio
la Calceolaria crenatiflora in Italia. Le cere
botaniche sono corredate di vasi di por-
cellana che, soprattutto in Toscana, sono
prevalentemente realizzati dalla manifat-
tura Ginori di Doccia. Il nome della pian-
ta, dipinto a mano, si basa sulla classifi-
cazione linneana costituita dai nomi latini
di genere e specie. Le cere, eseguite in
Italia inizialmente sotto la guida di Felice
Fontana, per la bellezza dei modelli e l’ac-
curatezza nella definizione dei particolari
dimostrano, ancora una volta, lo stretto
rapporto fra scienza e arte.
Nel nostro Paese una importante rac-
colta di cere è presente nel Museo bota-
nico di Firenze che conserva attualmen-
te 181 esemplari di piante a grandezza
naturale tra cui la Passiflora quadran-
gularis, la Strelitzia reginae, la Justicia
cristata, e la Calceolaria crenatiflora,
opere di Francesco Calenzuoli.
dicina, ne compaiono altre
di autori provvisti di una
certa preparazione scientifi-
ca e di una spiccata indivi-
dualità, che basano le loro de-
scrizioni botaniche su osserva-
zioni personali dirette e non sui da-
ti tramandati dai testi antichi. Av-
viata verso la metà del XV secolo
l’arte della stampa, compaiono,
soprattutto in Germania, i pri-
mi erbari stampati detti “erba-
ri incunaboli”. Si tratta spesso di copie di
manoscritti medioevali a loro volta deriva-
ti, attraverso fonti arabe o persiane, da
antiche opere greche e romane. Se da un
lato le descrizioni delle piante, tranne po-
che eccezioni, risultano carenti e impre-
cise, dall’altro le illustrazioni vengono
progressivamente migliorate attraverso
riproduzioni xilografiche di pregevoli di-
pinti e disegni di artisti. L’erbario figurato
più importante dell’antichità sembra es-
sere quello della principessa Anicia, risa-
lente al VI secolo d. C.
LE PRIME STAMPE
Tra il XV e il XVI secolo, quando le tecni-
che di stampa non si sono ancora piena-
mente affermate, prende avvio una nuo-
va metodologia per la realizzazione di ta-
vole botaniche, quella della stampa con
l’ausilio di una matrice naturale, ovvero la
pianta stessa, per ottenere gli “erbari a
impressione”. Tale tecnica, dettagliata-
mente descritta anche da Leonardo nel
suo Codice Atlantico (1510-1519), pre-
vede di cospargere con nerofumo, pro-
dotto da una candela accesa sotto un
coppo, un lato della pianta, che viene poi
pressata tra due fogli, lasciando la pro-
pria impronta.
In alternativa, si può impregnare il cam-
pione con una sostanza colorante per poi
pressarlo su fogli di carta. Questo metodo
di realizzazione degli erbari non ha gran-
de diffusione, sia per l’inaffidabilità del-
l’impronta lasciata sulla carta, sia per le
difficoltà e gli inconvenienti della stessa
tecnica al confronto con i tradizionali me-
todi di stampa nel frattempo ampiamen-
te avviati. L’uso degli erbari a impressione
è completamente abbandonato nel XVIII
secolo mentre già dal principio del XVI
ha inizio l’uso di campioni essiccati per lo
studio e il riconoscimento delle piante.
C O M E E R A V A M O

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  • 1. puntoeffe 79 C O M E E R A V A M O Negli erbari figurati (hortus pic- tus) più antichi le piante sono classificate in base alla diver- sa tipologia (alberi, frutici, suffrutici, er- be) e distinguendo quelle spontanee da quelle coltivate. Questa modalità di stu- dio, descrizione e raffigurazione delle piante, interpretando e modificando, se non addirittura copiando, le conoscenze degli autori classici è praticata molto a lungo, fino a buona parte del XVI secolo. L’interesse e il significato storico di questi erbari manoscritti, spesso su papiro o pergamena, sono indiscutibilmente di eccezionale pregio. Occorre, tuttavia, precisare che una descrizione botanica scientificamente corretta richiede l’uso di una terminologia tecnica specialistica che compare solo molto tempo dopo, nel XVIII secolo. Fino a quel momento le de- scrizioni risultano, quindi, brevi e in gran parte fondate sull’analogia - raramente a di una pianta vengono raffigurate con gli organi del corpo che sono in grado di cu- rare. In altre opere che vanno dal XV al XVII secolo, custodite in varie biblioteche dell’Italia centro-meridionale, sono de- scritte piante che risultano medicamen- tose in base alle virtù ricevute dalle stelle, dai segni dello zodiaco, dai sette pianeti all’epoca conosciuti. Accanto a queste opere, che rappresentano per lo più un miscuglio di superstizione e pseudome- carattere naturalistico ma il più delle vol- te filosofico o magico - e permeate di astrologia e occultismo. È il caso, per esempio, di molti erbari ispirati alle teorie di Paracelso (1451-1493) che nella sua Dottrina dei segni sostiene che tutte le er- be nascondono un segno occulto della loro utilità per l’uomo; così le foglie a for- ma di cuore curerebbero i disturbi car- diaci, la linfa gialla guarirebbe l’itterizia eccetera. In quest’ottica, le diverse parti Lo studio della botanica si avvale storicamente di strumenti che spesso si rivelano espressioni socio-culturali e perfino artistiche delle diverse epoche Erbari e cere DI RAIMONDO VILLANO
  • 2. puntoeffe 81 Gli “erbari essiccati” più antichi (hortus siccus) costi- tuiscono prevalentemente col- lezioni a carattere personale, rappresentando per gli stessi studiosi uno strumento neces- sario all’analisi, al confronto e al riconoscimento delle piante. Si presentano sotto forma di fogli ri- legati in volumi, con i campioni di- rettamente incollati sui fogli. An- che l’etichettatura è inizial- mente poco dettagliata, riportando in genere unicamente il nome comune della pianta o, solo nel caso di erbari più dotti, l’insieme dei caratteri botanici de- scrittivi ritenuti utili all’identificazione. Con il passare del tempo si preferisce realizzare erbari a fogli singoli, separati, in modo da poterli incrementare e ordi- nare liberamente. Anche le annotazioni diventano nel tempo più precise e det- tagliate. Verso la fine del XVIII secolo le etichette dei campioni di erbario si ar- ricchiscono di informazioni sulle loca- lità e le date di raccolta, con notizie an- che di carattere ecologico, secondo modalità utilizzate ancora oggi. Interessanti erbari si trovano presso la Biblioteca Casanatense di Roma, dove è custodito quello di G.B. Triumfetti (1656-1708) che comprende esclusi- vamente piante della flora siciliana e sulla base delle quali il Tornabene prov- vide a pubblicare nel 1887 la Flora Si- cula e iin seguito i quattro volumi della Flora Aetnea; il Museo Botanico di Fi- renze, dove si conserva il pacco dell’Er- bario di P. A. Micheli (1679- 1737). Una priorità italiana, poiché ogni Orto e Università ebbe la sua raccolta, è quella della creazione degli Erbari di piante dis- seccate a scopo scientifico, dei quali ci- tiamo alcuni: l’Erbario di Gherardo Cibo, conservato nella Biblioteca Angelica di Roma nel 1532; l’Erbario di Ulisse Aldro- vrandi in Bologna del 1551; l’Erbario di Andrea Cisalpino in Firenze del 1563; l’Erbario di Ferrante Imperato del 1592 in ottanta volumi di cui uno solo supersti- te, custodito presso la Biblioteca Nazio- nale di Napoli; Erbari vari sono conserva- ti presso il Museo dell’Accademia di Sto- ria dell’Arte Sanitaria in Roma, nel com- plesso dell’antichissimo e monumentale Ospedale di Santo Spirito. LE CERE BOTANICHE A partire dalla seconda metà del Sette- cento, abili artisti realizzano presso le offi- cine di ceroplastica non solo accuratissi- me cere anatomiche ma anche splendide cere botaniche di valore prevalentemente didattico, riprodotte con assoluta fedeltà al vero. Spesso risulta particolarmente utile riprodurre piante esotiche che non è possibile facilmente vedere “dal vero” in quanto specie botaniche non presenti in specifiche aree geografiche: per esempio la Calceolaria crenatiflora in Italia. Le cere botaniche sono corredate di vasi di por- cellana che, soprattutto in Toscana, sono prevalentemente realizzati dalla manifat- tura Ginori di Doccia. Il nome della pian- ta, dipinto a mano, si basa sulla classifi- cazione linneana costituita dai nomi latini di genere e specie. Le cere, eseguite in Italia inizialmente sotto la guida di Felice Fontana, per la bellezza dei modelli e l’ac- curatezza nella definizione dei particolari dimostrano, ancora una volta, lo stretto rapporto fra scienza e arte. Nel nostro Paese una importante rac- colta di cere è presente nel Museo bota- nico di Firenze che conserva attualmen- te 181 esemplari di piante a grandezza naturale tra cui la Passiflora quadran- gularis, la Strelitzia reginae, la Justicia cristata, e la Calceolaria crenatiflora, opere di Francesco Calenzuoli. dicina, ne compaiono altre di autori provvisti di una certa preparazione scientifi- ca e di una spiccata indivi- dualità, che basano le loro de- scrizioni botaniche su osserva- zioni personali dirette e non sui da- ti tramandati dai testi antichi. Av- viata verso la metà del XV secolo l’arte della stampa, compaiono, soprattutto in Germania, i pri- mi erbari stampati detti “erba- ri incunaboli”. Si tratta spesso di copie di manoscritti medioevali a loro volta deriva- ti, attraverso fonti arabe o persiane, da antiche opere greche e romane. Se da un lato le descrizioni delle piante, tranne po- che eccezioni, risultano carenti e impre- cise, dall’altro le illustrazioni vengono progressivamente migliorate attraverso riproduzioni xilografiche di pregevoli di- pinti e disegni di artisti. L’erbario figurato più importante dell’antichità sembra es- sere quello della principessa Anicia, risa- lente al VI secolo d. C. LE PRIME STAMPE Tra il XV e il XVI secolo, quando le tecni- che di stampa non si sono ancora piena- mente affermate, prende avvio una nuo- va metodologia per la realizzazione di ta- vole botaniche, quella della stampa con l’ausilio di una matrice naturale, ovvero la pianta stessa, per ottenere gli “erbari a impressione”. Tale tecnica, dettagliata- mente descritta anche da Leonardo nel suo Codice Atlantico (1510-1519), pre- vede di cospargere con nerofumo, pro- dotto da una candela accesa sotto un coppo, un lato della pianta, che viene poi pressata tra due fogli, lasciando la pro- pria impronta. In alternativa, si può impregnare il cam- pione con una sostanza colorante per poi pressarlo su fogli di carta. Questo metodo di realizzazione degli erbari non ha gran- de diffusione, sia per l’inaffidabilità del- l’impronta lasciata sulla carta, sia per le difficoltà e gli inconvenienti della stessa tecnica al confronto con i tradizionali me- todi di stampa nel frattempo ampiamen- te avviati. L’uso degli erbari a impressione è completamente abbandonato nel XVIII secolo mentre già dal principio del XVI ha inizio l’uso di campioni essiccati per lo studio e il riconoscimento delle piante. C O M E E R A V A M O