1. inizio spettacoli ore 20:45
#liberailteatro #lasoglia #drammaturgiacontemporanea #santacultura
POLVERE. DIALOGO TRA UOMO E DONNA 6-7 novembre
di Saverio La Ruina - con Saverio La Ruina e Cecilia Foti
musiche originali Gianfranco De Franco - contributo alla drammaturgia Jo Lattari - contributo alla
messinscena Dario De Luca - aiuto regia Cecilia Foti - disegno luci Dario De Luca - audio e luci Gennaro
Dolce – realizzazione quadro Ivan Donato - SCENA VERTICALE
Le botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia; l’uccisione della donna la parte conclusiva.
Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la
circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la capacità di
sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di
riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco. da un’operatrice di un Centro antiviolenza
Una drammaturgia intensa, dialoghi spietati e reali, uno spettacolo forte e sottile, un testo di stupefacente
violenza che viaggia su un tappeto di falsa pacatezza, falsa comprensione, falso amore. Nei dialoghi più
banali, nella quotidianità del rapporto tra uomo e donna, tra una tazza di the e una telefonata si conficcano
schegge acuminate.
“Non so quanto c’entri il femminicidio con questo lavoro. Ma di sicuro c’entrano i rapporti di potere all’interno
della coppia, di cui quasi ovunque si trovano tracce”. Saverio La Ruina
GIRO DI VITE 18-19 novembre
concerto di fantasmi da Henry James
con Irene Ivaldi – traduzione Nadia Fusini - progetto sonoro e programmazione luci G.u.p. Alcaro -
adattamento teatrale, ideazione e regia Valter Malosti - costume di Federica Genovesi - assistente alla
regia Elena Serra – TEATRO DI DIONISO
Nel 1898, Henry James dava alle stampe Il giro di vite (The turn of the screw), una costruzione
meravigliosamente ambigua e forse la sua novella più famosa presso il grande pubblico, anche per una bella
versione cinematografica firmata nel 1961 da Jack Clayton (The innocents). Fiumi di inchiostro, letterari e
psicanalitici, sono stati usati per leggere nelle maniere più diverse il mistero dei fantasmi, irreali e realissimi,
che ossessionano i due piccoli Miles e Flora e la loro istitutrice.
Giro di Vite è infatti un racconto di fantasmi. Forse il più celebre racconto moderno di fantasmi. Un puro,
grandissimo esercizio nel genere. Ha ragione Oscar Wilde: siamo di fronte a un racconto meraviglioso,
altrettanto violento e scioccante di una tragedia elisabettiana. Il climax che conduce al tragico snodo finale
(che vede protagonista il piccolo Miles) continua a produrre una suspense e un´emozione che neanche un
secolo di «misteri» letterari è riuscita ad appannare.
Prima del 1898 i fantasmi non apparivano – basti pensare a Frankenstein o a Cime Tempestose-, annunciati
da radiose mattinate domenicali, né vantavano la complicità di bambini belli, educati e intelligenti. Inoltre,
prima che James ci complicasse la vita rendendo insignificante e pregiudizievole la nostra interpretazione
del testo, il punto di vista del racconto aveva sempre coinciso con quello dell’autore. Ma ne Il giro di vite la
storia è raccontata attraverso gli occhi dell’istitutrice, a cui il romanziere non da un nome; e fin dalle prime
pagine viene da chiedersi se non sia opportuno dubitare di quello sguardo e soprattutto di quella sua
confessione, alla quale non vorremmo credere, incapaci come siamo di accettare il pensiero che il male
esiste e che, quando si manifesta, è sempre tutt’altro che gradevole.
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I BANQUO 26 novembre
di Tim Crouch - traduzione Pieraldo Girotto - dal Macbeth di William Shakespeare - regia Fabrizio Arcuri -
con Enrico Campanati - luci e fonica Matteo Selis – TEATRO DELLA TOSSE
Enrico Campanati, per la prima volta diretto da Fabrizio Arcuri, veste i panni di Banquo in un appassionante
one-man show che muove il pubblico tra risate e lacrime.
Banquo è una tragicommedia del drammaturgo britannico Tim Crouch, che racconta la tragedia
shakespiriana Macbeth, da un punto di vista diverso da quello canonico. Protagonista della vicenda è
Banquo, generale dell’esercito scozzese di Re Duncan, che viene ucciso da tre sicari ingaggiati da Macbeth
per eliminare un pericoloso avversario nella salita al trono. Il racconto di Crouch prende il via da questo
momento, Banquo muore e torna come fantasma diventando il protagonista/testimone dell’intera vicenda.
Banquo interpretato da Enrico Campanati entra in scena vestito di bianco e inizia a raccontare dall’aldilà la
sua versione dei fatti.Testimone impassibile degli intrighi e delle follie di palazzo non può far niente per
impedire che il destino dei diversi personaggi si compia. Racconta gli omicidi, la violenza, la follia e le guerre
che si susseguono aumentando l’efferatezza e l’orrore degli eventi, analizzando i comportamenti dei diversi
personaggi senza mai giudicarli se non in maniera tollerante.
DONNE CHE CUCINANO LA VITA 3 dicembre
di Daniela Finocchi e Laura Malaterra - riduzione teatrale e regia Laura Malaterra - canti e movimenti
Domenico Castaldo – con Ginevra Giachetti, Marta Laneri, Natalia Sangiorgio – LABPERM di
Domenico Castaldo in collaborazione con ACTI Teatri Indipendenti
Senza negare gli aspetti drammatici dell'immigrazione, lo spettacolo intende presentare gli aspetti più
emotivi, teneri e, a volte, anche divertenti delle storie di donne migranti.
Le attrici in scena danno vita ad una vicenda che lega grandi e piccoli episodi di antiche memorie a una
esistenza tutta da scoprire. Lo spettacolo è pensato per mostrare – senza dimenticare le difficoltà - le gioie e
le speranze di un cammino che oggi vediamo in Italia, ma che ha riguardato, riguarda o riguarderà ogni
Paese del mondo. Ogni posto può essere punto di partenza o di arrivo.
Canti, danze, movenze, gesti, immagini e profumi costruiscono le storie che si fondono l’una con l’altra
trasformando i pensieri di ogni donna in una narrazione coinvolgente ed emozionante, che avvicina mondi e
culture diverse in un cammino a volte doloroso ma non estraneo alla felicità e alla speranza. Per scoprire
che le donne da qualsiasi Paese provengano, a qualsiasi cultura appartengano hanno un modo assai simile
di affrontare la vita e di viverne gli eventi.
Per questo le attrici in scena si scambiano vestiti e gioielli: le storie di ognuna, le gioie, i disagi, ma
soprattutto l’amore, la condivisione e la speranza sono racchiusi nell'animo dell’altra. Uguali dal Marocco al
Brasile, dall’Ucraina all’Egitto, dall’Italia alla Cambogia.
L'importante è fermarsi a riflettere su ciò che queste donne ci hanno raccontato; capirle e ripensare le loro
esperienze, cogliere il ricordo delle madri, vedere un'ipotesi per le nostre figlie e per i nostri figli, elaborare
nuove immagini di convivenza che considerino veri valori la relazione, la cura, la dipendenza fra esseri
umani.
Perché, come conclude Soledad, “sarebbe bello pensare a tutto il mondo come a un ambiente domestico di
cui prendersi cura”.
3. inizio spettacoli ore 20:45
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PICCOLA SOCIETA' DISOCCUPATA 14-15-16 gennaio
dal teatro di Rémi De Vos - traduzione Luca Scarlini - con Ture Magro, Barbara Mazzi, Beppe Rosso -
regia e drammaturgia Beppe Rosso - scene e luci Lucio Diana - movimento Ornella Balestra - assistenti
alla regia Valeria Tardivo, Federica Alloro - ACTI TEATRI INDIPENDENTI
Il testo di Remi De Vos propone un calembour di situazioni che toccano quasi tutti i ruoli che attualmente
offre il mercato del lavoro: il precario, l’interinale, il disoccupato, il freelance, l’occupato a tempo
indeterminato o l’occupato in via di licenziamento. Più situazioni legate da un filo rosso che nell’insieme
ricostruiscono la “commedia” del mondo del lavoro in questa società postindustriale. Il testo non offre
soluzioni ma ci mette a confronto e ci presenta la “complessità” del momento trasformandola in puro gioco
teatrale. Tre attori formano una “piccola società disoccupata” (o sul punto di esserlo) interpretando vari ruoli
in un gioco cinico ed esilarante; sono personaggi che si dibattono con astuzia in una lotta senza esclusione
di colpi per conservare o trovare lavoro, una lotta del tutti contro tutti, in cui non mancano slanci d’amore,
ingenuità e momenti di grande illusione; quell’illusione che aiuta a vivere e dà la forza di andare avanti
nonostante le situazioni avverse.
E’ un viaggio dentro il mondo del lavoro contemporaneo, dove si evidenzia la fragilità individuale che di volta
in volta si trasforma in astuzia o in follia solitaria. Astuzia e follia che sono tipiche strategie arlecchinesche
per sopravvivere in un mondo insicuro ed individualista. Una commedia contemporanea dove ogni scena
apparentemente reale attraverso lo humor e il paradosso viene portata ad estreme conseguenze generando
situazioni tragicomiche irresistibili.
DEL SESSO DELLA DONNA COME CAMPO DI BATTAGLIA 4 febbraio
di Matéi Visniec - regia di Nicola Bonazzi - con Micaela Casalboni e Giulia Franzaresi – TEATRO
DELL’ARGINE
Un titolo arduo ed enigmatico per una vicenda semplice ed emozionante, che ci riporta al cuore della nostra
modernità lacerata. Due donne, Kate e Dorra, si confrontano sul tragico destino di sopraffazione toccato a
quest’ultima. Lo scenario è quello della guerra nella ex Jugoslavia. Kate, una psicologa americana chiamata
a sostenere i militari impegnati nella riapertura delle fosse comuni, si occupa ora di Dorra, una giovane
donna che ha subito violenza in un’azione di rappresaglia.
Nell’anodina tranquillità di una clinica svizzera, Dorra, dopo silenzi ostinati e furiosi, ripercorre le ragioni
dell’odio secolare di cui è stata vittima, mentre Kate annota i progressi della sua condizione, integrandoli con
osservazioni teoriche sulle pulsioni di aggressività verso la donna nelle guerre interetniche.
Quando la volontà di annientamento di Dorra sembra prevalere, un evento inatteso riapre la porta alla
speranza.
Matéi Visniec, uno dei maggiori drammaturghi europei, rilegge la violenza delle guerre balcaniche alla luce di
una sensibilità acuta e penetrante, alternando riflessione e rappresentazione, e delineando due
indimenticabili figure di donna alle prese con un dramma irriducibile, in un teatro della parola che riesce a
dare evidenza fisica al dolore e allo strazio di ogni guerra.
4. inizio spettacoli ore 20:45
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LETIZIA FOREVER 16-17-18 febbraio
testo e regia di Rosario Palazzolo - con Salvatore Nocera e con le voci di Giada Biondo, Floriana Cane,
Chiara Italiano, Rosario Palazzolo,Chiara Pulizzotto, Giorgio Salamone - scene di Luca Mannino - luci di Toni
Troia - assistente alla regia Irene Nocera – TEATRINO CONTROVERSO
Letizia forever è una donna sgrammaticata, esilarante, poetica, semplice e complicatissima, dal linguaggio
dirompente, assolutamente personale, intriso di neologismi, solecismi, e non sense semiotici che diventano
caricaturali non appena prendono di mira l’instabile certezza dei luoghi comuni. È una donna che racconta la
propria esistenza, un’esistenza fatta di soprusi, di ignoranza, di rocambolesche peregrinazioni emotive. Ed è
anche una musica,
Letizia forever, quella dei “fabulosi anni ‘80”; una musica che entra in collisione con la storia, o la sollecita,o
la sorprende. Ma Letizia forever è soprattutto una distonia della personalità, un accanimento sociale, un
rebus irrisolto, e irrisolvibile.
“Picchi, io, di mio, non la faccio troppo intelligente, la gente, intelligente di capire la storia mia, voglio dire, di
capirla vera, ca la gente non è mai troppo intelligente, per me, intelligente di capire veramente le cose”.
MALANOVA 25 febbraio
con Ture Magro - scene e luci Lucio Diana – drammaturgia Ture Magro, Flavia Gallo – SCIARA PROGETTI
Calabria: è la notte di Pasqua del 1999 ed Anna, una ragazzina di tredici anni, si allontana dalla messa per
seguire Domenico, il suo innamorato. Quella sera Anna sarà vittima di uno stupro di gruppo che si perpetrerà
per anni, tra minacce ed umiliazioni di ogni genere. La sua storia, la storia di Malanova, ribattezzata così
dagli abitanti del suo paese, ce la racconta un giovane uomo, Salvatore, che ricorda di averle voluto bene, di
averla desiderata e di averla ritrovata dentro ad una storia di violenza squallida e sconvolgente, possibile
tanto nel Sud, dove si è realmente consumata, quanto in tutti quei luoghi d'Italia dove una vita violata può
scorrere nella solitudine, nell'indifferenza e nella connivenza silenziosa. Mentre si snoda il racconto di una
delle più grandi denunce per violenza carnale mossa da una ragazzina ai danni di diverse persone,
Salvatore, attraversa a piedi piazze e i vicoli stretti in cui si cela la storia per tanto tempo taciuta , ascolta le
donne parlare di matrimoni, battesimi e funerali, partecipa alle feste ed ai riti di sempre, e si interroga sulle
cose viste e sentite, sul rispetto, sull'onore. Malanova è una donna e, soprattutto, è una di quelle che ha
violato le regole. Quale regola ha violato Malanova? In un mondo fatto di rispetto Anna ha avuto
compassione, in un mondo fatto di onore Anna ha avuto il coraggio di difendere la propria dignità.
Salvatore, interpretando e dando vita a vari ruoli, ci fa rivivere tutta la storia, decide però di non raccontarci
l'atto della violenza “perchè la ferocia di una violenza e quello che si prova a subire una violenza non è fatta
per le parole. Io vi racconterò quello che è successo dopo, perchè non è solo l’atto crudele di questa terribile
violenza ad aver cambiato la nostra vita, e il dopo che ha trasformato me e tutti gli altri”.
5. inizio spettacoli ore 20:45
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CANTO DEL POPOLO CHE MANCA 9 marzo
dal libro di Nuto Revelli “Il Popolo che manca” Einaudi editori - con Marco Revelli e Beppe Rosso – ACTI
TEATRI INDIPENDENTI
Nuto Revelli intervistò centinaia di contadini, scappava di casa per rincorrere quegli ultimi testimoni di una
civiltà che stava sparendo. Da quelle interviste viene fuori un quadro di vita incredibile e nell’ultimo libro
pubblicato da Einaudi nel 2014 “Il Popolo che manca”, ci si presenta come un grande canto corale.
La serata richiama in vita lampi di questo canto epico con radici millenarie che fu spazzata via in poche decine
di anni dal mito industriale. E’ un viaggio dentro un mondo che non c’è più; con la testimonianza diretta del
figlio Marco Revelli, commenti, letture interpretate e spezzoni di film e audio originali con la voce di Nuto.
Una “Veglia” come quelle riportate dalle testimonianze, per raccontare un mondo duro fatto di terra e pietra
che conosceva però il fantastico: un’immaginazione scatenata fatta di masche, ciulest, spirit foulet, magia e
superstizione, alimentata, appunto, dalle veglie nelle stalle, teatro di micro-comunità dove l’arte del narrare si
esaltava.
Non c’è nostalgia ma semplicemente ii far risuonare e dare corpo a quelle voci legate indissolubilmente al
territorio, che in questo caso è quello del sud Piemonte, ma che potrebbe essere assolutamente analogo a
quello di qualsiasi altra regione d’Italia.
Una “Spoon River” contadina da dove emerge una certa attualità: son bastati 30 anni di illusione industriale
per distruggere le tradizioni di un mondo millenario, ed ora la caduta della FABBRICA rivela il VUOTO in cui
siamo finiti, quasi senza accorgercene. E dopo un secolo, esaurita l’iperbole del progresso industriale, ci
ritroviamo in una società nuovamente diretta verso una condizione simile ad allora: pochissimi ricchi e una
moltitudine di poveri. Ma una povertà senza più una possibile epica narrabile se non con senso di sconfitta.
Per non parlare di economia sostenibile ed ecologica del territorio che ci fa apparire paradossalmente
interessante ed attuale il “canto” di quel popolo.
E allora da quel popolo perduto qualcosa si può ancora imparare.
LA DIVA DELLA SCALA 15-16 aprile
un progetto di Laura Curino e Alessandro Bigatti – con Laura Curino - luci e musiche Alessandro Bigatti –
ASSOCIAZIONE CULTURALE MUSE
Lo spettacolo è un monologo a più voci, che passano tutte accidentalmente attraverso la dirompente
teatralità di Laura Curino. E’ la nostra storia dalla fine degli anni settanta agli anni ottanta. E’ la storia della
faticosa e maldestra costruzione di una personalità. E’ la storia di una vocazione finalmente realizzata.
E’ uno spaccato della cultura, dell’arte e della storia del teatro della seconda metà del ‘900. E’ una divertente
e paradossale ricognizione in una visione adolescente del mondo. E’ una indagine sulle relazioni personali e
di gruppo. E’ l’eterno alternarsi di amore e disamore. E’ l’esplicazione del concetto di “diva” tra il sacro ed il
profano, dove divino e mortale si intrecciano a suon di sferzate, battute, episodi esilaranti o drammatici di
una giovane vita.
Laura, la protagonista, prende la difficile decisione di diventare un’artista e di scalare le ardue vette dell’arte.
Non potrebbe avuto idea più difficile da realizzare: sembra che tutto congiuri contro di lei. La “Scala” che
deve salire - in tutti i diversi significati della parola - è altissima. Decine di personaggi si avvicendano nel
racconto a deviarla o a sostenerla, in un susseguirsi di episodi paradossali, tragicomici, ma sempre
rigorosamente credibili, fino a quando…si apre il famoso sipario e….
6. inizio spettacoli ore 20:45
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AMA/NTI AMA/TI 6-7 maggio
drammaturgia Davide Bernardi, Monica Iannessi – regia Monica Iannessi - con Monica Iannessi, Matteo
Barbero, Davide Bernardi, Silvia Caltagirone, Patrizia Schneeberger - disegno luci Eleonora Diana
scenografie Emanuela Bartolini – costumi Monica Cafiero – movimenti di scena Marta Zen – NESSUN VIZIO
MINORE
“Ho acqua agli occhi benedetto iddio / e fremiti alle dita / ho corda al collo anima mia / e trappole alla vita/
arido sono e dimenticato / amante amato” L’amante | Ivano Fossati
Sono queste parole ad ispirare la compagnia Nessun Vizio Minore per la sua nuova produzione.
L’ordine della vita è soffrire, indipendentemente dal mondo. Così si dice. C'è chi sceglie invece,
consapevolmente, di dipendere da qualcuno: sono gli amanti. Gli inutili, i vuoti, gli acerbi: sono i protagonisti
invisibili delle storie, le leve del veloce meccanismo dell’inganno. Gli amati restano sospesi, seduti in una
sala d’attesa, nella speranza infinita di essere illuminati dalla loro luce.
EL EXILIO SEFARDI' 18 maggio
anteprima assoluta
di Moni Ovadia - con Moni Ovadia e Stefano Albarello
Un viaggiatore spagnolo del XVIII secolo, un nobile, trovandosi ad attraversare i paesi del Maghreb e del
levante mediterraneo e venendo a contatto con le comunità ebraiche di quelle terre scrisse ai regnanti
iberici del suo tempo: "noi non lo sappiamo ma lungo le coste nordafricane del mediterraneo vive una
provincia esiliata della Spagna". Chi aveva incontrato quel viaggiatore? Ebrei sefarditi, discendenti degli
ebrei spagnoli espulsi da tutta la penisola iberica da Isabella di Castiglia e Ferdinando D'Aragona con lo
scellerato editto del 1492. Accolti con benevolenza e lungimiranza dal sultano della Grande Porta in tutti i
territori dell'impero ottomano, i sefarditi formarono una nazione dell'esilio con una propria lingua, quella
spagnola del 1400, le proprie tradizioni, la propria spiritualità, i propri saperi. Exilio sefardì è un viaggio di
storie, canti e musiche nel tempo e nello spazio di quella nazione esiliata che ha irradiato i suoi bagliori fino
ai confini della nostra modernità.
7. inizio spettacoli ore 20:45
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INFO
San Pietro in Vincoli Zona Teatro - via San Pietro in Vincoli 28, Torino
inizio spettacoli ore 20:45
BIGLIETTI
intero € 14 – ridotto € 12 (over 60, under 25) – ridotto extra € 10 (studenti universitari, residenti
Circoscrizione 7, Soci Socrem)
carnet a 4 spettacoli € 40
CONTATTI
ACTI Teatri Indipendenti
0115217099 – 3313910441
info@teatrindipendenti.org
www.teatriindipendenti.org
FB Acti Teatri Indipendenti e Santa Cultura in Vincoli
ufficio stampa: Veronica Stilla – info@teatriindipendenti.org – mob. 3391957307