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LE PROPOSTE DI LEGAMBIENTE SUL NUOVO PIANO REGIONALE
SULLA QUALITA' DELL'ARIA
PREMESSA
Come si evince dai dati dell’ultimo “Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014” redatto dell’Agenzia
Europea per l’Ambiente, l’Italia rappresenta una delle situazioni più critiche a livello europeo,
soprattutto per quanto riguarda alcuni inquinanti quali il PM10, il PM2,5 e l’ozono. Nonostante un
trend degli ultimi 10 anni in leggero miglioramento, il 2015 si è ancora aperto con diverse città
italiane alle prese con alti livelli di PM10 nell’aria; dati in linea con il monitoraggio fatto dalla
campagna di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio” nel 2014, in cui ben 33 su 88 capoluoghi (il
37% di quelli monitorati) ha visto almeno una centralina di monitoraggio urbana in cui è stato
superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il PM10.
La conformazione geografica dell'area padana non aiuta di certo la dispersione degli inquinanti in
atmosfera, anzi, contribuisce alla stagnazione degli inquinanti e impedendone la dispersione. Nelle
Regioni del Nord Italia si registrano infatti i dati più preoccupanti di smog e proprio per questo è
necessario un impegno maggiore per contrastare questo preoccupante fenomeno, mettendo in
campo delle politiche di riduzione delle emissioni di inquinanti.
Analizzando i dati relativi ai primi 100 giorni del 2015 la situazione dell’inquinamento atmosferico
in Piemonte appare già fuori controllo. Torino, Asti e Alessandria hanno già consumato il “bonus”
dei 35 superamenti della soglia massima giornaliera consentita per PM10. Dati in linea con quelli
dell’anno appena concluso che hanno visto il 50% delle centraline piemontesi superare i limiti di
legge. Come denunciato nell’annuale dossier Mal’aria di Legambiente, Alessandria e Torino
svettano nel 2014 tra le 5 peggiori città italiane per numero di sforamenti di PM10, rispettivamente
con 86 giorni oltre i limiti ad Alessandria e 77 a Torino. Tra le piemontesi seguono con 66
superamenti Asti e con 60 Vercelli, a fronte sempre dei 35 giorni consentiti per legge.
Preoccupanti anche i livelli medi raggiunti dalle polveri PM2,5 che superano i 25µg/m3
ad
Alessandria, Asti, Vercelli, Torino, Ivrea, Borgaro, Chieri e Settimo Torinese. Ma oltre i limiti nei
primi 100 giorni dell’anno sono anche i valori medi del biossido di azoto a Torino, Novara,
Vercelli, Biella, Alessandria e Asti. Alti a Torino e Vercelli anche i livelli di O3 raggiunti nell’estate
2014. L’ozono troposferico è infatti un inquinante che, diversamente dalle polveri sottili, raggiunge
alti valori di concentrazione soprattutto d’estate e nei periodi d’alta pressione. Un ruolo essenziale
nel processo di formazione è svolto dalle radiazioni solari, che innescano reazioni fotochimiche di
trasformazione degli inquinanti primari.
Le cause e le ricadute sulla salute umana
I processi di combustione sono la causa dell'inquinamento atmosferico: i trasporti, la produzione di
energia, le produzioni industriali e il riscaldamento tra i principali imputati dello smog. Le maggiori
concentrazioni di inquinanti si misurano nelle aree urbane, laddove la densità della popolazione e
le attività ad essa legate raggiungono livelli elevati.
In città la fonte principale di inquinamento atmosferico è il trasporto su strada, dove i passi avanti
fatti sull’efficienza dei motori non hanno consentito di ottenere risultati evidenti nel miglioramento
della qualità dell’aria, visto l’elevato numero di veicoli in circolazione e l’incremento dei diesel;
segue il riscaldamento domestico, prevalentemente derivante dall’uso di legna o combustibili
fossili particolarmente inquinanti come l’olio combustibile o il gasolio.
Il nostro è il Paese con il più alto numero di morti premature dovute all’inquinamento da ozono:
con circa 3.400 vittime all’anno (dato relativo al 2011) precede la Germania, la Francia e la Spagna.
Per quanto riguarda le morti premature dovute alle polveri sottili (PM2,5), nello stesso anno l’Italia
si attesta al secondo posto con circa 64.000 vittime, dietro solo alla Germania. In generale a livello
europeo oltre il 90% della popolazione residente nei centri urbani è esposta a valori di polveri sottili
(PM2,5) e di Ozono troposferico (O3) superiori a quelli previsti dalla normativa vigente. Gli impatti
dell’inquinamento atmosferico si trasformano di conseguenza in morti premature e costi sanitari;
secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea
l’inquinamento atmosferico ha causato oltre 400 mila morti premature con costi ingentissimi per i
vari sistemi sanitari che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno nella sola Europa. Ad
ulteriore conferma dell’impatto sanitario arriva anche la decisione dello IARC (l’Agenzia
internazionale di ricerca sul cancro) di inserire l’esposizione all’inquinamento dell’aria, e in
particolare ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1.
Le macropolitiche contro lo smog
Gli elevati livelli di inquinamento atmosferico in Italia sono alla base di una procedura
d’infrazione a causa della “Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità
dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia” e se non verrà presto posto
rimedio si arriverà ad una condanna con conseguenti sanzioni, come già avvenuto nel 2012.
Giace fermo al Parlamento Europeo, in attesa di approvazione, il pacchetto europeo sulla qualità
dell’aria presentato a fine 2013 che, seppur migliorabile in alcuni aspetti, porterebbe ad un
miglioramento delle azioni (e di conseguenza dei risultati) sull'inquinamento atmosferico.
Anche a livello nazionale però mancano pianificazioni coraggiose e stringenti. Per far fronte a
questo ritardo sollecitiamo la Regione Piemonte a riproporre, proponendosi come capofila, il
coordinamento delle Regioni del Bacino Padano sul tema della qualità dell'aria. Ben consapevoli
che le azioni locali, seppur importanti, non possano essere esaustive è indispensabile un lavoro
coordinato con le altre Regioni del Nord Italia che presentano caratteristiche analoghe alla nostra.
PROPOSTE
Il metodo
Alla luce dei dati sull'inquinamento atmosferico registrati in Piemonte e della difficoltà di agire in
modo strutturale e coordinato in tutta la Regione è indispensabile aggiornare il piano regionale sulla
qualità dell'aria, vecchio ormai di ben 14 anni. Per fare un passo avanti rispetto alle politiche
emergenziali o alle iniziative spot messe in atto nelle diverse città è necessario un piano regionale
che sappia coordinare le iniziative territoriali, che fissi obiettivi ambiziosi ma che indichi gli
strumenti concreti per raggiungerli. Non c'è bisogno di nuove analisi (quelle redatte dall'Arpa sono
più che esaustive) né di enunciazioni di principio, ma sono urgenti misure immediatamente
praticabili. Per questo la prima indicazione che ci sentiamo di dare alla Regione Piemonte è il
principio della concretezza con cui deve essere steso il piano.
In secondo luogo, ma proprio per far sì che il piano non rimanga un ottimo strumento chiuso in un
cassetto, è necessario un lavoro di confronto e integrazione con le altre politiche e pianificazioni
delle diverse direzioni regionali, in particolar modo con il settore dei trasporti, delle infrastrutture,
dell'urbanistica e delle politiche industriali.
E' opportuno inoltre che venga previsto un meccanismo di controllo dei risultati attesi. Affinché il
piano regionale non rimanga un documento di principi o indicazioni, è necessario attivare strumenti
di controllo sulla sua efficacia, che perdurino negli anni a venire e che siano efficaci sia per la
Regione stessa, sia per le Amministrazioni comunali piemontesi.
Un'ultima indicazione di metodo che ci sentiamo di suggerire è di sfruttare l'occasione della
revisione del piano regionale per avviare una grande campagna di sensibilizzazione rivolta ai
cittadini sulle buone abitudini da mettere in atto per contribuire a ridurre gli inquinanti immessi in
atmosfera e un'attività di formazione rivolta agli amministratori sui contenuti del piano stesso.
Nel merito
La vera sfida per combattere gli alti livelli di smog si deve combattere nelle città, a partire dalla
fonte principale: i trasporti e la mobilità urbana. La riduzione del parco auto circolante (in Italia
maggiore rispetto alla media europea) deve essere l'obiettivo principale da porsi. Per muoversi in
modo sostenibile dentro le città è indispensabile progettare i nuovi spazi urbani e riadattare quelli
esistenti in modo che siano facilitati gli spostamenti a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. E'
indispensabile progettare piani regolatori attenti alla localizzazione dei servizi primari (scuole,
servizi per la salute e l'incontro), in particolare quelli rivolti ai bambini e agli anziani, in modo tale
che essi siano raggiungibili "a piedi" dalle abitazioni e quindi siano davvero di prossimità (come
peraltro prevedono le leggi vigenti, purtroppo in larga parte disattese).
Città a misura di pedone e ciclista sono inevitabilmente città meno inquinate (anche per quanto
riguarda l'inquinamento acustico) ma anche più sicure e più vivibili. Devono replicarsi in modo
capillare le zone 30 nelle aree residenziali (concepite con le caratteristiche europee), estendendo
inoltre il limite dei 30 km orari in tutto il territorio cittadino ad eccezione delle grandi vie di
scorrimento. Vanno previste delle congestion charge zone al fine di limitare il traffico veicolare
privato e reperire risorse economiche da destinare al trasporto pubblico. Vanno aumentati i posteggi
per le biciclette, soprattutto nei luoghi di interscambio con i mezzi di trasporti utilizzati dai
pendolari, così come vanno costruiti e resi appetibili i posteggi di interscambio alle porte della città.
Per reperire le risorse necessarie, il piano regionale dovrebbe inserire l'obbligo di destinare alla
mobilità ciclabile almeno il 15% dei proventi delle multe destinati alla sicurezza stradale (del 50%
previsto per legge e deliberato dai Comuni) e almeno il 10% dei proventi delle sanzioni ad
interventi di moderazione del traffico. Le amministrazioni comunali dovrebbero inoltre essere
obbligate dal piano regionale ad aggiornare costantemente i propri Pums (Piani urbani della
mobilità sostenibile).
Per rilanciare l’idea di una #MobilitàNuova è necessario partire dalle scuole, per creare un reale e
duraturo cambiamento culturale e per tutelare il territorio in cui si vive con la nascita di “un’Area
B” in prossimità di ogni scuola, per liberarle dall’invasione delle automobili e per fare in modo che
i Bambini possano recuperare spazi urbani per il movimento e per il gioco, dove imparino a
crescere, a socializzare e a relazionarsi col mondo senza sentirsi costretti dalle pareti domestiche e
dai rischi del traffico. Non si può parlare di rigenerazione urbana senza prendere in considerazione
l’interscambio fra scuola e territorio. Chiediamo, dunque, che intorno alle scuole vengano istituite
delle ZTL: zone con fasce orarie di divieto di transito e limite di velocità di 30 chilometri all’ora,
dove sia vietato parcheggiare e sostare e dove vengano realizzati percorsi sicuri e attrezzati per gli
studenti che vanno in bici o a piedi. Per contenere il rischio di incidenti, innanzitutto, e ridurre
l’inquinamento laddove i più piccoli trascorrono molte ore. Andare a scuola a piedi o in bicicletta fa
bene alla salute e all’ambiente, rinforza il cuore e le ossa, aiuta a bruciare grassi e calorie e migliora
l’umore. Inoltre non usare l’auto migliora l’aria che respiriamo: secondo i calcoli di Legambiente
infatti 100 studenti che vanno a scuola senza usare l’auto fanno risparmiare all’ambiente oltre una
tonnellata di CO2 all’anno.
Nel chiedere uno sforzo ai cittadini affinché cambino le loro abitudini di spostamento è
indispensabile un incremento dell'offerta dei mezzi pubblici, che hanno visto in questi anni una
sostanziale riduzione in termini di risorse e di offerta, sia a livello urbano che extraurbano. Rispetto
ai tagli al trasporto pubblico si sottolinea in particolar modo la pessima condizione del trasporto
ferroviario pendolare che, nonostante abbia visto un potenziamento del nodo di Torino, ha subito
tagli di corse e soppressioni di intere linee nelle aree più periferiche della regione (con l'ovvia
conseguenza che numerose persone ora sono obbligate a usare l'auto di proprietà per recarsi a
scuola o al lavoro, dato evidenziato anche dal numero di pendolari piemontesi in diminuzione negli
ultimi 2 anni).
In sintesi, si propone alla Regione Piemonte e alle città piemontesi di adottare i principi della Carta
di Bologna, documento conclusivo degli Stati Generali della Mobilità Nuova, che si sono tenuti a
Bologna lo scorso mese di aprile.
Per raggiungere l'obiettivo della diminuzione del parco auto circolante nella nostra Regione è però
necessario prevedere infrastrutture idonee non solo nei centri urbani ma su tutto il territorio
regionale. Non c'è bisogno di grandi opere molto impattanti per il territorio, molto costose e dalla
dubbia utilità, è necessario invece tornare ad investire sul trasporto pubblico per i pendolari, a
partire da quello ferroviario, utilizzato quotidianamente da migliaia di persone. In Piemonte dal
2010 ad oggi sono stati effettuati tagli complessivi del 7,5% al servizio e sono state soppresse ben
14 linee; la conseguenza è che ci sono 33 mila persone in meno ogni giorno sui treni piemontesi.
Anche in periodo di crisi economica il problema non è l'assenza di risorse ma la loro allocazione:
l'investimento regionale per il trasporto ferroviario regionale è pari allo 0,4% del bilancio, mentre
dovrebbe essere almeno del 5% e mentre continua ad essere carente l'offerta dei mezzi pubblici si
continua ad investire in grandi opere, strade e autostrade. Questa tendenza va assolutamente
invertita!
Anche il settore energetico e di gestione del calore può dare un contributo significativo alla
riduzione dell'inquinamento atmosferico nella nostra regione. L'energia solare e le altre fonti
energetiche rinnovabili che non prevedono la combustione possono sostituire gli impianti esistenti
di produzione energetica o di calore attualmente esistenti, contribuendo al miglioramento della
qualità dell'aria. Per questo motivo è necessario che la programmazione regionale preveda forme di
incentivo per la diffusione dell'energia sostenibile. E' opportuno però che ogni nuovo impianto
previsto in uno dei Comuni in Zona di Piano per la qualità dell'aria debba essere obbligatoriamente
caratterizzato da un bilancio ambientale positivo anche a livello locale. Negli altri Comuni (non in
Zona di Piano) il raggiungimento del bilancio ambientale positivo anche a livello locale, se non può
essere un obbligo, dovrebbe essere almeno una linea guida.
Altrettanto sforzo va fatto nella direzione della rigenerazione urbana, affinché i tantissimi edifici
attualmente poco performanti dal punto di vista dell'efficienza energetica vengano riqualificati, così
che venga diminuito il loro fabbisogno energetico per il consumo di energia elettrica e per il
riscaldamento/raffrescamento. Devono quindi essere attivate politiche ed azioni volte a favorire e
facilitare gli interventi per rendere più efficienti sotto il profilo energetico il patrimonio edilizio
esistente, in modo tale che innanzitutto si riduca sensibilmente il fabbisogno energetico degli edifici
Ripensare le città dal punto di vista energetico e della mobilità vuol dire riflettere anche su quali
città vogliamo per il prossimo futuro. Una interessante riflessione da fare riguarda anche il verde in
città affinché i criteri minimi per il verde urbano già previsti sia a livello nazionale che regionale si
traducano in realtà su tutto il territorio regionale e soprattutto che diano un contributo effettivo in
termini di qualità ambientale e miglioramento della qualità dell'aria. La Regione dovrebbe
prevedere nel piano misure e azioni specifiche per migliorare tale aspetto, con il fine anche di far sì
che si progettino piani regolatori dei Comuni costituenti le conurbazioni, a partire da quella
torinese, e piani territoriali (ossia sovracomunali) che creino le condizioni per "irrorare" natura in
città, ossia per tutelare e potenziare le aree verdi, collegandole tra loro, in modo tale che si realizzi
una vera e propria rete/maglia ecologica urbana connessa alle aree agricole periurbane (creando
opportunità di attivazione anche di spazi agricoli urbani).
Altrettanta attenzione andrà data al tema dell'agricoltura e a quali misure mettere in campo
affinché anche questo settore, spesso trascurato da questo punto di vista, sia più sostenibile. Un
esempio è la vecchia pratica agricola dell’abbruciamento delle stoppie del riso, e più in generale dei
residui vegetali, che non andrebbe più consentita laddove vengono superati i limiti di inquinamento
previsti per legge. Questa vecchia abitudine dovrebbe essere definitivamente archiviata a favore
dell’interramento delle stoppie, pratica ormai messa in atto dalla maggior parte delle aziende
risicole con benefici sia ambientali che agronomici; mentre i residui vegetali possono utilmente
essere compostati a livello domestico o in appositi centri di raccolta.
Anche l’incremento di siepi e filari campestri negli ambiti caratterizzati da monocolture cerealicole,
peraltro prevista dalle condizionalità imposte dalla nuova PAC, contribuisce ad un miglioramento
dell’aria attraverso l’intercettazione delle polveri e degli inquinanti in genere, accompagnata dalla
produzione di ossigeno.
Il piano, che dovrà concentrarsi sulle misure strutturali, dovrà però prevedere anche misure
emergenziali da mettere in atto durante i picchi di sforamento di alcuni inquinanti, soprattutto ozono
e polveri sottili.
Infine si suggerisce alla Regione Piemonte di investire maggiormente nell'attività di monitoraggio e
di ricerca, sfruttando le professionalità presenti in Arpa Piemonte. Ad esempio sarebbero utili
specifiche indagini epidemiologiche e campagne sperimentali su particolato ultra fine e black
carbon.
L'UNIONE FA LA FORZA
La programmazione regionale, così come la pianificazione delle azioni previste nei vari capoluoghi,
sarà più efficace se costruita tramite un percorso partecipato, in cui i portatori di interessi siano
consultati e con cui si mantenga un confronto attivo e continuativo nel tempo.
Per questo proponiamo alla Regione Piemonte di attivare un tavolo permanente sul tema della
qualità dell'aria, di cui facciano parte le città con più di 20.000 abitanti, i comuni a loro limitrofi e
quelli in cui si evidenzia il superamento di uno o più valori limite aumentati del margine di
tolleranza; l'Arpa e le Associazioni ambientaliste e impegnate sui temi della mobilità sostenibile.
Torino, 16 maggio 2015

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Piano aria legambiente_piemonte

  • 1. LE PROPOSTE DI LEGAMBIENTE SUL NUOVO PIANO REGIONALE SULLA QUALITA' DELL'ARIA PREMESSA Come si evince dai dati dell’ultimo “Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014” redatto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’Italia rappresenta una delle situazioni più critiche a livello europeo, soprattutto per quanto riguarda alcuni inquinanti quali il PM10, il PM2,5 e l’ozono. Nonostante un trend degli ultimi 10 anni in leggero miglioramento, il 2015 si è ancora aperto con diverse città italiane alle prese con alti livelli di PM10 nell’aria; dati in linea con il monitoraggio fatto dalla campagna di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio” nel 2014, in cui ben 33 su 88 capoluoghi (il 37% di quelli monitorati) ha visto almeno una centralina di monitoraggio urbana in cui è stato superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il PM10. La conformazione geografica dell'area padana non aiuta di certo la dispersione degli inquinanti in atmosfera, anzi, contribuisce alla stagnazione degli inquinanti e impedendone la dispersione. Nelle Regioni del Nord Italia si registrano infatti i dati più preoccupanti di smog e proprio per questo è necessario un impegno maggiore per contrastare questo preoccupante fenomeno, mettendo in campo delle politiche di riduzione delle emissioni di inquinanti. Analizzando i dati relativi ai primi 100 giorni del 2015 la situazione dell’inquinamento atmosferico in Piemonte appare già fuori controllo. Torino, Asti e Alessandria hanno già consumato il “bonus” dei 35 superamenti della soglia massima giornaliera consentita per PM10. Dati in linea con quelli dell’anno appena concluso che hanno visto il 50% delle centraline piemontesi superare i limiti di legge. Come denunciato nell’annuale dossier Mal’aria di Legambiente, Alessandria e Torino svettano nel 2014 tra le 5 peggiori città italiane per numero di sforamenti di PM10, rispettivamente con 86 giorni oltre i limiti ad Alessandria e 77 a Torino. Tra le piemontesi seguono con 66 superamenti Asti e con 60 Vercelli, a fronte sempre dei 35 giorni consentiti per legge. Preoccupanti anche i livelli medi raggiunti dalle polveri PM2,5 che superano i 25µg/m3 ad Alessandria, Asti, Vercelli, Torino, Ivrea, Borgaro, Chieri e Settimo Torinese. Ma oltre i limiti nei primi 100 giorni dell’anno sono anche i valori medi del biossido di azoto a Torino, Novara, Vercelli, Biella, Alessandria e Asti. Alti a Torino e Vercelli anche i livelli di O3 raggiunti nell’estate 2014. L’ozono troposferico è infatti un inquinante che, diversamente dalle polveri sottili, raggiunge alti valori di concentrazione soprattutto d’estate e nei periodi d’alta pressione. Un ruolo essenziale nel processo di formazione è svolto dalle radiazioni solari, che innescano reazioni fotochimiche di trasformazione degli inquinanti primari. Le cause e le ricadute sulla salute umana I processi di combustione sono la causa dell'inquinamento atmosferico: i trasporti, la produzione di
  • 2. energia, le produzioni industriali e il riscaldamento tra i principali imputati dello smog. Le maggiori concentrazioni di inquinanti si misurano nelle aree urbane, laddove la densità della popolazione e le attività ad essa legate raggiungono livelli elevati. In città la fonte principale di inquinamento atmosferico è il trasporto su strada, dove i passi avanti fatti sull’efficienza dei motori non hanno consentito di ottenere risultati evidenti nel miglioramento della qualità dell’aria, visto l’elevato numero di veicoli in circolazione e l’incremento dei diesel; segue il riscaldamento domestico, prevalentemente derivante dall’uso di legna o combustibili fossili particolarmente inquinanti come l’olio combustibile o il gasolio. Il nostro è il Paese con il più alto numero di morti premature dovute all’inquinamento da ozono: con circa 3.400 vittime all’anno (dato relativo al 2011) precede la Germania, la Francia e la Spagna. Per quanto riguarda le morti premature dovute alle polveri sottili (PM2,5), nello stesso anno l’Italia si attesta al secondo posto con circa 64.000 vittime, dietro solo alla Germania. In generale a livello europeo oltre il 90% della popolazione residente nei centri urbani è esposta a valori di polveri sottili (PM2,5) e di Ozono troposferico (O3) superiori a quelli previsti dalla normativa vigente. Gli impatti dell’inquinamento atmosferico si trasformano di conseguenza in morti premature e costi sanitari; secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea l’inquinamento atmosferico ha causato oltre 400 mila morti premature con costi ingentissimi per i vari sistemi sanitari che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno nella sola Europa. Ad ulteriore conferma dell’impatto sanitario arriva anche la decisione dello IARC (l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di inserire l’esposizione all’inquinamento dell’aria, e in particolare ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1. Le macropolitiche contro lo smog Gli elevati livelli di inquinamento atmosferico in Italia sono alla base di una procedura d’infrazione a causa della “Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia” e se non verrà presto posto rimedio si arriverà ad una condanna con conseguenti sanzioni, come già avvenuto nel 2012. Giace fermo al Parlamento Europeo, in attesa di approvazione, il pacchetto europeo sulla qualità dell’aria presentato a fine 2013 che, seppur migliorabile in alcuni aspetti, porterebbe ad un miglioramento delle azioni (e di conseguenza dei risultati) sull'inquinamento atmosferico. Anche a livello nazionale però mancano pianificazioni coraggiose e stringenti. Per far fronte a questo ritardo sollecitiamo la Regione Piemonte a riproporre, proponendosi come capofila, il coordinamento delle Regioni del Bacino Padano sul tema della qualità dell'aria. Ben consapevoli che le azioni locali, seppur importanti, non possano essere esaustive è indispensabile un lavoro coordinato con le altre Regioni del Nord Italia che presentano caratteristiche analoghe alla nostra. PROPOSTE Il metodo Alla luce dei dati sull'inquinamento atmosferico registrati in Piemonte e della difficoltà di agire in modo strutturale e coordinato in tutta la Regione è indispensabile aggiornare il piano regionale sulla qualità dell'aria, vecchio ormai di ben 14 anni. Per fare un passo avanti rispetto alle politiche emergenziali o alle iniziative spot messe in atto nelle diverse città è necessario un piano regionale che sappia coordinare le iniziative territoriali, che fissi obiettivi ambiziosi ma che indichi gli strumenti concreti per raggiungerli. Non c'è bisogno di nuove analisi (quelle redatte dall'Arpa sono più che esaustive) né di enunciazioni di principio, ma sono urgenti misure immediatamente praticabili. Per questo la prima indicazione che ci sentiamo di dare alla Regione Piemonte è il principio della concretezza con cui deve essere steso il piano.
  • 3. In secondo luogo, ma proprio per far sì che il piano non rimanga un ottimo strumento chiuso in un cassetto, è necessario un lavoro di confronto e integrazione con le altre politiche e pianificazioni delle diverse direzioni regionali, in particolar modo con il settore dei trasporti, delle infrastrutture, dell'urbanistica e delle politiche industriali. E' opportuno inoltre che venga previsto un meccanismo di controllo dei risultati attesi. Affinché il piano regionale non rimanga un documento di principi o indicazioni, è necessario attivare strumenti di controllo sulla sua efficacia, che perdurino negli anni a venire e che siano efficaci sia per la Regione stessa, sia per le Amministrazioni comunali piemontesi. Un'ultima indicazione di metodo che ci sentiamo di suggerire è di sfruttare l'occasione della revisione del piano regionale per avviare una grande campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini sulle buone abitudini da mettere in atto per contribuire a ridurre gli inquinanti immessi in atmosfera e un'attività di formazione rivolta agli amministratori sui contenuti del piano stesso. Nel merito La vera sfida per combattere gli alti livelli di smog si deve combattere nelle città, a partire dalla fonte principale: i trasporti e la mobilità urbana. La riduzione del parco auto circolante (in Italia maggiore rispetto alla media europea) deve essere l'obiettivo principale da porsi. Per muoversi in modo sostenibile dentro le città è indispensabile progettare i nuovi spazi urbani e riadattare quelli esistenti in modo che siano facilitati gli spostamenti a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. E' indispensabile progettare piani regolatori attenti alla localizzazione dei servizi primari (scuole, servizi per la salute e l'incontro), in particolare quelli rivolti ai bambini e agli anziani, in modo tale che essi siano raggiungibili "a piedi" dalle abitazioni e quindi siano davvero di prossimità (come peraltro prevedono le leggi vigenti, purtroppo in larga parte disattese). Città a misura di pedone e ciclista sono inevitabilmente città meno inquinate (anche per quanto riguarda l'inquinamento acustico) ma anche più sicure e più vivibili. Devono replicarsi in modo capillare le zone 30 nelle aree residenziali (concepite con le caratteristiche europee), estendendo inoltre il limite dei 30 km orari in tutto il territorio cittadino ad eccezione delle grandi vie di scorrimento. Vanno previste delle congestion charge zone al fine di limitare il traffico veicolare privato e reperire risorse economiche da destinare al trasporto pubblico. Vanno aumentati i posteggi per le biciclette, soprattutto nei luoghi di interscambio con i mezzi di trasporti utilizzati dai pendolari, così come vanno costruiti e resi appetibili i posteggi di interscambio alle porte della città. Per reperire le risorse necessarie, il piano regionale dovrebbe inserire l'obbligo di destinare alla mobilità ciclabile almeno il 15% dei proventi delle multe destinati alla sicurezza stradale (del 50% previsto per legge e deliberato dai Comuni) e almeno il 10% dei proventi delle sanzioni ad interventi di moderazione del traffico. Le amministrazioni comunali dovrebbero inoltre essere obbligate dal piano regionale ad aggiornare costantemente i propri Pums (Piani urbani della mobilità sostenibile). Per rilanciare l’idea di una #MobilitàNuova è necessario partire dalle scuole, per creare un reale e duraturo cambiamento culturale e per tutelare il territorio in cui si vive con la nascita di “un’Area B” in prossimità di ogni scuola, per liberarle dall’invasione delle automobili e per fare in modo che i Bambini possano recuperare spazi urbani per il movimento e per il gioco, dove imparino a crescere, a socializzare e a relazionarsi col mondo senza sentirsi costretti dalle pareti domestiche e dai rischi del traffico. Non si può parlare di rigenerazione urbana senza prendere in considerazione l’interscambio fra scuola e territorio. Chiediamo, dunque, che intorno alle scuole vengano istituite delle ZTL: zone con fasce orarie di divieto di transito e limite di velocità di 30 chilometri all’ora, dove sia vietato parcheggiare e sostare e dove vengano realizzati percorsi sicuri e attrezzati per gli studenti che vanno in bici o a piedi. Per contenere il rischio di incidenti, innanzitutto, e ridurre l’inquinamento laddove i più piccoli trascorrono molte ore. Andare a scuola a piedi o in bicicletta fa bene alla salute e all’ambiente, rinforza il cuore e le ossa, aiuta a bruciare grassi e calorie e migliora l’umore. Inoltre non usare l’auto migliora l’aria che respiriamo: secondo i calcoli di Legambiente infatti 100 studenti che vanno a scuola senza usare l’auto fanno risparmiare all’ambiente oltre una
  • 4. tonnellata di CO2 all’anno. Nel chiedere uno sforzo ai cittadini affinché cambino le loro abitudini di spostamento è indispensabile un incremento dell'offerta dei mezzi pubblici, che hanno visto in questi anni una sostanziale riduzione in termini di risorse e di offerta, sia a livello urbano che extraurbano. Rispetto ai tagli al trasporto pubblico si sottolinea in particolar modo la pessima condizione del trasporto ferroviario pendolare che, nonostante abbia visto un potenziamento del nodo di Torino, ha subito tagli di corse e soppressioni di intere linee nelle aree più periferiche della regione (con l'ovvia conseguenza che numerose persone ora sono obbligate a usare l'auto di proprietà per recarsi a scuola o al lavoro, dato evidenziato anche dal numero di pendolari piemontesi in diminuzione negli ultimi 2 anni). In sintesi, si propone alla Regione Piemonte e alle città piemontesi di adottare i principi della Carta di Bologna, documento conclusivo degli Stati Generali della Mobilità Nuova, che si sono tenuti a Bologna lo scorso mese di aprile. Per raggiungere l'obiettivo della diminuzione del parco auto circolante nella nostra Regione è però necessario prevedere infrastrutture idonee non solo nei centri urbani ma su tutto il territorio regionale. Non c'è bisogno di grandi opere molto impattanti per il territorio, molto costose e dalla dubbia utilità, è necessario invece tornare ad investire sul trasporto pubblico per i pendolari, a partire da quello ferroviario, utilizzato quotidianamente da migliaia di persone. In Piemonte dal 2010 ad oggi sono stati effettuati tagli complessivi del 7,5% al servizio e sono state soppresse ben 14 linee; la conseguenza è che ci sono 33 mila persone in meno ogni giorno sui treni piemontesi. Anche in periodo di crisi economica il problema non è l'assenza di risorse ma la loro allocazione: l'investimento regionale per il trasporto ferroviario regionale è pari allo 0,4% del bilancio, mentre dovrebbe essere almeno del 5% e mentre continua ad essere carente l'offerta dei mezzi pubblici si continua ad investire in grandi opere, strade e autostrade. Questa tendenza va assolutamente invertita! Anche il settore energetico e di gestione del calore può dare un contributo significativo alla riduzione dell'inquinamento atmosferico nella nostra regione. L'energia solare e le altre fonti energetiche rinnovabili che non prevedono la combustione possono sostituire gli impianti esistenti di produzione energetica o di calore attualmente esistenti, contribuendo al miglioramento della qualità dell'aria. Per questo motivo è necessario che la programmazione regionale preveda forme di incentivo per la diffusione dell'energia sostenibile. E' opportuno però che ogni nuovo impianto previsto in uno dei Comuni in Zona di Piano per la qualità dell'aria debba essere obbligatoriamente caratterizzato da un bilancio ambientale positivo anche a livello locale. Negli altri Comuni (non in Zona di Piano) il raggiungimento del bilancio ambientale positivo anche a livello locale, se non può essere un obbligo, dovrebbe essere almeno una linea guida. Altrettanto sforzo va fatto nella direzione della rigenerazione urbana, affinché i tantissimi edifici attualmente poco performanti dal punto di vista dell'efficienza energetica vengano riqualificati, così che venga diminuito il loro fabbisogno energetico per il consumo di energia elettrica e per il riscaldamento/raffrescamento. Devono quindi essere attivate politiche ed azioni volte a favorire e facilitare gli interventi per rendere più efficienti sotto il profilo energetico il patrimonio edilizio esistente, in modo tale che innanzitutto si riduca sensibilmente il fabbisogno energetico degli edifici Ripensare le città dal punto di vista energetico e della mobilità vuol dire riflettere anche su quali città vogliamo per il prossimo futuro. Una interessante riflessione da fare riguarda anche il verde in città affinché i criteri minimi per il verde urbano già previsti sia a livello nazionale che regionale si traducano in realtà su tutto il territorio regionale e soprattutto che diano un contributo effettivo in termini di qualità ambientale e miglioramento della qualità dell'aria. La Regione dovrebbe prevedere nel piano misure e azioni specifiche per migliorare tale aspetto, con il fine anche di far sì che si progettino piani regolatori dei Comuni costituenti le conurbazioni, a partire da quella torinese, e piani territoriali (ossia sovracomunali) che creino le condizioni per "irrorare" natura in
  • 5. città, ossia per tutelare e potenziare le aree verdi, collegandole tra loro, in modo tale che si realizzi una vera e propria rete/maglia ecologica urbana connessa alle aree agricole periurbane (creando opportunità di attivazione anche di spazi agricoli urbani). Altrettanta attenzione andrà data al tema dell'agricoltura e a quali misure mettere in campo affinché anche questo settore, spesso trascurato da questo punto di vista, sia più sostenibile. Un esempio è la vecchia pratica agricola dell’abbruciamento delle stoppie del riso, e più in generale dei residui vegetali, che non andrebbe più consentita laddove vengono superati i limiti di inquinamento previsti per legge. Questa vecchia abitudine dovrebbe essere definitivamente archiviata a favore dell’interramento delle stoppie, pratica ormai messa in atto dalla maggior parte delle aziende risicole con benefici sia ambientali che agronomici; mentre i residui vegetali possono utilmente essere compostati a livello domestico o in appositi centri di raccolta. Anche l’incremento di siepi e filari campestri negli ambiti caratterizzati da monocolture cerealicole, peraltro prevista dalle condizionalità imposte dalla nuova PAC, contribuisce ad un miglioramento dell’aria attraverso l’intercettazione delle polveri e degli inquinanti in genere, accompagnata dalla produzione di ossigeno. Il piano, che dovrà concentrarsi sulle misure strutturali, dovrà però prevedere anche misure emergenziali da mettere in atto durante i picchi di sforamento di alcuni inquinanti, soprattutto ozono e polveri sottili. Infine si suggerisce alla Regione Piemonte di investire maggiormente nell'attività di monitoraggio e di ricerca, sfruttando le professionalità presenti in Arpa Piemonte. Ad esempio sarebbero utili specifiche indagini epidemiologiche e campagne sperimentali su particolato ultra fine e black carbon. L'UNIONE FA LA FORZA La programmazione regionale, così come la pianificazione delle azioni previste nei vari capoluoghi, sarà più efficace se costruita tramite un percorso partecipato, in cui i portatori di interessi siano consultati e con cui si mantenga un confronto attivo e continuativo nel tempo. Per questo proponiamo alla Regione Piemonte di attivare un tavolo permanente sul tema della qualità dell'aria, di cui facciano parte le città con più di 20.000 abitanti, i comuni a loro limitrofi e quelli in cui si evidenzia il superamento di uno o più valori limite aumentati del margine di tolleranza; l'Arpa e le Associazioni ambientaliste e impegnate sui temi della mobilità sostenibile. Torino, 16 maggio 2015