A TUTTO SOCRATE! di: Isabel, Alessia, Federica, Alice, Benitha 3LL
1.
2. Siamo nell’Atene del V secolo: la città ha combattuto la
guerra del Peloponneso e, sconfitta da Sparta, nel 404
viene dominata dal regime oligarchico dei trenta tiranni
(trenta famiglie aristocratiche). Dopo un anno viene
restaurata la democrazia, che però è troppo debole per
riuscire a risollevare la città dal punto di vista
economico, perciò si crea una fase di crisi morale e
spirituale caratterizzata da lotte politiche interne.
In questo periodo si discute sulla virtù (cioè il bene
comune per la città) e sul fatto che sia insegnabile e/o un
dono della natura.
3. Socrate nasce nel 469 a.C. ad Atene da uno scultore e
un’ostetrica; è molto severo nei confronti dei suoi allievi e
anche nelle sue critiche verso le fazioni politiche ateniesi, e
per questo motivo si inimica tutti i gruppi politici che si
contendevano il potere. La dialettica socratica ha come
obiettivo la trasparenza e la libertà della coscienza, considerato
il luogo privilegiato della ricerca della verità. Poiché questa
evidenza non è l'esito del percorso dialettico ma una sua
condizione, il metodo è coerente con una precisa definizione
di filosofia, cioè che la filosofia è ricerca della verità nel
luogo privilegiato della coscienza.
Nel 399 Socrate viene processato e condannato a morte con
due accuse:
- Accusa di empietà (non credere negli dèi tradizionali);
- Accusa di corruzione dei costumi dei giovani.
4. C’è una scappatoia prevista dalla legge: infatti, su richiesta
dell’imputato si può scegliere l’esilio al posto della
condanna a morte; il capo degli accusatori è Anito, che
sostiene che i socratici si siano compromessi con il regime
dei trenta. Socrate però sfida i giudici: al posto di richiedere
l’esilio pretende il massimo onore riservato agli eroi a cui
viene affidato un posto nel Pritaneo (edificio pubblico in cui
risiede il primo magistrato di Atene e il focolare della città),
dove vanno le persone che si sono rese utili alla città e a cui
viene dato il pasto gratis per un intero anno. Il tribunale di
Atene conferma la sua condanna a morte: Socrate rifiuta
ogni offerta di fuga e muore per avvelenamento da cicuta.
5. Per questione socratica s’intende il problema di determinare il
contenuto storico del pensiero di Socrate perché lui sceglie di non
scrivere nulla per via del fatto che riteneva che la filosofia
dovesse essere insegnata attraverso dei dialoghi aperti con i suoi
studenti.
Al pensiero di Socrate risaliamo attraverso quattro fonti
indirette:
1) Aristofane: commediografo che nel 423 a.C. scrive “Le
nuvole”, opera di parodia di Socrate, accusato di corrompere le
abitudini dei giovani ateniesi;
2) Platone: non è facile distinguere il suo pensiero da quello
del maestro perché il protagonista dei suoi dialoghi è Socrate
ma Platone gli fa esprimere anche le sue idee. Esistono 12
dialoghi fino a “Gorgia”in cui sono contenute le vere idee del
maestro.
6. 3) Senofonte: fu solo un uditore di Socrate ma ci ha
lasciato alcuni scritti in cui lo descrive;
4) Aristotele: non conobbe di persona Socrate ma fu
allievo di Platone e quello che dice su Socrate è
abbastanza valido. Il maestro faceva parte del demos e
credeva nei valori della democrazia, ma visto
l’andamento di quest’ultima nel periodo di crisi di
Atene inizia a parlarne negativamente.
7. Tra il 420 e il 418 a.C. un certo Cherofante si reca
all’oracolo di Delfi e gli chiede: “Tra gli ateniesi
c’è qualcuno di più sapiente di Socrate?”.
La Pizia, sacerdotessa dell’oracolo, gli dice che
non esiste nessuno più sapiente di lui, ma quando
il diretto interessato viene a saperlo inizia a fare
indagini tra il popolo, in particolare tra coloro che
erano conosciuti per la loro sapienza.
Alla fine scopre che ad Atene non esistono veri
sapienti ma solo specialisti in campi particolari del
sapere per via del fatto che non sono in grado di
trasmettere la verità.
8. Socrate dice “Io so di non sapere, mentre i miei concittadini
ateniesi credono di sapere molte cose che in realtà non sanno”.
Inoltre dice anche che il dubbio genera la ricerca: dato che la
filosofia è la ricerca della verità, quindi essa è figlia del dubbio;
secondo lui, chi non dubita mai ciò a cui è stato educato non
cercherà mai la verità.
Prima che la Pizia desse questa risposta, Socrate riteneva che il
più sapiente fosse Protagora che, in risposta, dice che bisogna
sempre cercare l’utile; Socrate sembra d’accordo su ciò nel
dialogo con Protagora, però dice che nell’identificare l’utile c’è
una distorsione prospettica perché noi valutiamo come utili i
vantaggi immediati senza calcolare con esattezza ciò che è utile
ma distante nel tempo.
9. Socrate attaccava i politici ateniesi del tempo perché, secondo
lui, loro promettevano al popolo cose utili solo al momento e non
anche nel futuro. Lui diceva che la virtù è “ricercare il bene”, ma
questo bene va identificato con esattezza guardando lontano nel
tempo ciò che è davvero utile.
Dato che la conoscenza di una situazione basata sul calcolo dei
suoi elementi è scienza, allora lui dice che la virtù è scienza, cioè
devo conoscere davvero bene una situazione per poter dire ciò che
è utile per essa.
Inoltre, dato che la virtù è scienza, allora quando conosco il bene
non posso non farlo; secondo Socrate, coloro che commettono il
male lo fanno solo perché lo hanno confuso con il bene. Se la
virtù è conoscenza, allora il vizio è ignoranza (manca la volontà).
10. Il maestro dice anche che la virtù è ciò che realizza
pienamente la natura umana; Socrate è il primo che
identifica “l’uomo”, cioè “l’uomo è la sua anima” (psike),
che identifica come la sede della ragione, dell’io
consapevole. Da questa definizione nascono il soggetto
“uomo” e la filosofia morale (che dice cosa sono uomo e
virtù).
Si dice anche che si ha una visione unilaterale dell’uomo per
via del fatto che si può sapere che cosa sia “bene” ma ci
vuole volontà per farlo.
11. Il significato che la parola “anima” ha acquisito nel tempo
deriva dalle dichiarazioni di Socrate; sempre nel dialogo
“Protagora”, il maestro viene definito come il medico
dell’anima perché lui diceva di sapere cosa giovasse ad essa
e perché andava in giro per Atene dicendo che la cosa
fondamentale fosse conoscere e avere cura di se stessi
sviluppando al massimo la virtù, cioè la conoscenza del bene
(ciò che rende l’anima perfetta).
12. Con Socrate inizia anche la riflessione filosofica
sull’amicizia: per lui il vero amico è colui che è buono
moralmente e la bontà d’animo è la migliore difesa dal male,
perciò il maestro vuole insegnare ai suoi studenti ad essere
felici.
Inoltre, il buon politico è un uomo moralmente perfetto che
è capace di prendersi cura delle anime altrui.
13. Socrate era stato accusato di aver introdotto nuove
divinità in quanto non credeva negli dèi della
concezione politeista e antropomorfa della religione
greca. Il filosofo, quando si riferisce al divino, usa
sempre il singolare (uno=bene) e dice di sentire dentro
di sè una voce da lui chiamata “Daimonion” (tradotto
con “Demoni”, considerati intermediari tra l’uomo e il
divino). Questa sua voce interiore non gli dava consigli
sulle cose da fare, ma gli diceva cosa doveva evitare. Il
Daimonion gli avrebbe detto di non occuparsi di
politica, ma non gli ha mai trasmesso i suoi valori
morali perché per lui questi valori derivavano solo dalla
ragione, dall’intelletto.
14. Il metodo filosofico di Socrate è il metodo
dialettico, cioè il metodo della dimostrazione per
assurdo introdotto da Zenone. Secondo il filosofo il
dialogo era un modo per mettere a nudo l'anima delle
persone. Nei dialoghi Socrate partiva sempre dalla sua
frase ''io so di non sapere'' e fingeva di condividere le
idee del proprio interlocutore, ma in seguito attraverso
vari ragionamenti il filosofo faceva in modo che
l'avversario si contraddicesse. Il metodo messo in atto
da Socrate prende il nome di “metodo ironico
maieutico” poiché il filosofo si definisce un “ostetrico
dell'anima”: attraverso il dialogo, l'anima gravida di
conoscenza è costretta a partorire.
15. Nei propri dialoghi il filosofo chiede all'avversario di
definire l'argomento di discussione scelto, in seguito
dimostra che ciò che sostiene l'oppositore ha dell'assurdo
(rende le idee dell’avversario delle caricature o le riduce
all’assurdo) e chiede una nuova definizione. Socrate quindi
dimostra che anche la seconda definizione non è corretta e
continua a chiedere e a confutare le idee dell'interlocutore
fino a quando quest'ultimo ammette di aver sbagliato. Non
tutti gli avversari di Socrate reagiscono allo stesso modo
davanti al suo metodo: infatti i più intelligenti ammettono di
non sapere e chiedono aiuto, ma alcuni non hanno il
coraggio di ammettere la propria ignoranza e accusano
Socrate di essere un corruttore.
16. DIALOGO di LACHETE: dialogo scritto da Platone in cui
si discute sul coraggio. Socrate chiede a Lachete (un
generale) di definire il coraggio, alla risposta “il
coraggio è saper stare al proprio posto”, il filosofo
controbatte dicendo che il coraggio non si dimostra solo
in guerra. Il generale quindi cambia la propria
definizione dicendo “ il coraggio è forza d'animo e
intelligenza”: a questa seconda definizione Socrate
ribatte dicendo che una persona che fa una spesa
intelligente ed ha la forza di farla non è coraggiosa. Alla
fine, Lachete ammette di non sapere cosa sia il
coraggio.
17. DIALOGO di IPPA MAGGIORE: dialogo scritto
sempre da Platone in cui si discute sul concetto di
bello. Alla domanda di Socrate “Cos’è il
bello?”, Ippia risponde con “il bello è una ragazza
bella”. Allora il maestro dice che con l'aggettivo
''bella'' si può definire anche una pentola e che la
bellezza è relativa al termine di paragone che
abbiamo (anche una ragazza bella può essere
brutta confrontata con una dea). Alla fine Ippia
ammette la propria ignoranza.
18. DIALOGO di GORGIA: in questo dialogo di Platone
si discute sulla retorica. Alla domanda di Socrate
“Definisci la retorica”, Gorgia afferma che la
retorica è la “scienza dei discorsi”, ma Socrate
ribatte dicendo che è una definizione generica dato
che tutte le scienze si servono di discorsi. Dopo
molti tentativi di dare una definizione precisa di
“retorica”, Gorgia ammette di non sapere cosa sia
la retorica.
19. I suoi interlocutori possono essere divisi in due
parti, gruppi: la prima parte, quella degli uomini
mediocri, si arrabbiano, la loro superbia è tale che
non ammettono di essere ignoranti, perciò vanno
in crisi.
Invece la seconda parte è caratterizzata dagli
uomini intelligenti che, pur andando in crisi,
ammettono la loro ignoranza e hanno l’umiltà di
chiedere a Socrate di guidarli verso la verità: da
ciò nasce l’arte ostetricia.
20. Come abbiamo detto prima, Socrate si definisce un ostetrico
dell’anima perché, attraverso un dialogo con lui, l’anima che
è gravida di conoscenza riesce a partorire (fa venire alla luce
la verità che è già conenuta nell’animo umano). Per Socrate
non tutte le anime sono gravide: i suoi dialoghi sono rivolti
solo e soltanto alle persone valide; da ciò nasce l’arte
maieutica, cioè l’arte rivolta all’anima gravida. Però, il
maestro non si è fatto delle domande fondamentali: “Chi
feconda l’anima?”, “Perché alcune anime sono gravide e altre
no?”. Inoltre bisogna anche introdurre il problema della
libera scelta: Socrate non se lo poneva quando diceva che
“quando so cos’è il bene allora lo faccio”. I fondamentali di
Socrate (concetto di anima/virtù/divino, metodo dialettico)
saranno ripresi da Aristotele e Platone.