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TRIMESTRALE DI CULTURA E INFORMAZIONE SINDACALE DELLA FEDERAZIONE CISL UNIVERSITÀ
Anno XVIII - N. 2/2014
Aprile - Giugno
Sindacato Università20
“Mobbing”: è un termine inglese comparso nel
nostro Paese la fine del secolo scorso proveniente
dal nord Europa, ha sostituito l’italiano “violenza
morale”, ma non è usato dai Paesi di lingua anglo-
sassone che preferiscono termini quale work
abuse, harassment o simili. In Italia il mobbing,
quale fenomeno, ha avuto grandissima notorietà
nella prima decade di questo secolo anche se pochi
ne conoscevano e ne conoscono il reale significato.
Secondo la più recente statistica (Eurispes Rap-
porto Italia 2013) il 23,5% dei lavoratori dichiara di
aver subìto almeno una volta forme di sopruso o
persecuzione da parte del datore di lavoro, colle-
ghi, e incredibile da parte di sottoposti; comunque
i superiori restano i principali responsabili delle
azioni di mobbing. Nella realtà possiamo dire che
è un fenomeno diffusissimo ed in espansione i cui
valori reali non conosceremo mai. Dal 2000 al 2010
tutte le parti politiche del nostro Paese, al solo
scopo di dimostrarsi sensibili al problema sociale
in questione, hanno finalizzato decine di proposte
di legge di cui chiaramente nessuna è andata in
porto. La mancanza di tale normativa, cioè la man-
canza di una precisa definizione, fa da cassa di ri-
sonanza alla più totale confusione per cui abbiamo
moltissimi lavoratori convinti di essere mobbiz-
zati, e non lo sono, altri invece non sanno di es-
serlo. Solo di recente per avere un minimo di chia-
rezza, dinanzi ad un fenomeno che grazie alla crisi
si sta espandendo a macchia d’olio, la cassazione
ha sentenziato qualcosa che personalmente defini-
rei “meglio di niente”.
Nella sentenza n. 87 del 10 gennaio 2012 la Corte di
Cassazione ha così chiarito:
“il mobbing consiste in una condotta del datore di lavoro
sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del
dipendente sul luogo di lavoro, che si risolve in sistema-
tici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per as-
sumere forme di prevaricazione o di persecuzione psico-
logica, da cui può conseguire la mortificazione morale e
l´emarginazione del lavoratore, con effetto lesivo del suo
equilibrio fisio-psichico e della sua personalità”.
Ed aggiunge ancora: “ai fini della configurabilità della
condotta lesiva sono rilevanti:
– la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento
persecutorio;
– l’evento lesivo della salute o della personalità del di-
pendente;
– la molteplicità di comportamenti di carattere persecu-
torio, illeciti o anche leciti se considerati singolar-
mente, che siano stati posti in essere in modo sistema-
tico e prolungato contro il dipendente con intento
vessatorio;
– il nesso tra la condotta del datore o del superiore ge-
rarchico e il pregiudizio all’integrità psicofisica del la-
voratore”.
L‘orientamento e dottrinale e giurisprudenziale
più recente configura il mobbing anche nei casi in
cui lo stesso non abbia determinato l’insorgenza di
patologie, anche se è altrettanto vero che almeno
nella frequenza dei casi denunciati il mobbing ab-
bia determinato disturbi di vario tipo quali: ansia,
crisi di panico, sindromi depressive, difficoltà di
concentrazione, disturbi del sonno, perdita di me-
moria e così via. Nell’attuale contesto lavorativo,
dove domina la perdita dei posti di lavoro, il ricor-
M O B B I N G
Serve una legge per un
fenomeno in crescita
di Fernando Cecchini - Responsabile Sportello Disagio Lavorativo
Fernando Cecchini
Sindacato Università 21
rere al mobbing quale ancora di difesa dalle umane
prepotenze è andato via via scemando, ci si è resi
conto che avere giustizia portando giuste rivendi-
cazioni in tribunale è tutt’altro che semplice, così
come è ben difficile ottenere risarcimenti. Ciò, in
mancanza di alternative, costringe il lavoratore ad
accettare qualsiasi trattamento pur di portare a
casa di che vivere. Per altro l’affermare da parte del
lavoratore di essere vittima di mobbing è una pe-
sante inesattezza in quanto tale riconoscimento
spetta solo al magistrato dopo aver vagliato i fatti;
aggiungo però che nel lavoratore esiste una forte
sofferenza per il vissuto per cui sarebbe più giusto
definirlo vittima di “disagio lavorativo”. Secondo
l’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul
Lavoro con questo termine si identifica la soffe-
renza che ha origine da una serie di tematiche che
vanno dallo stress dovuto a disorganizzazioni lavo-
rative, al mobbing causato da ripetute molestie
morali, al burnout provocato dalla delusione pro-
fessionale, alle molestie sessuali, a casi di umilia-
zione e prepotenza e a violazioni contrattuali.
In un recente convegno INAIL, il direttore generale
Giuseppe Lucibello ha illustrato la diminuzione di
denunce relative ad infortuni mortali ma ha sotto-
lineato l’aumento delle malattie professionali: 46.000
denunce nel 2012 e 51.000 nel 2013. Tra queste c’è
l’emersione delle patologie muscolo scheletriche e
delle patologie di origine psicosociale. Come ho
potuto rilevare di recente tramite l’attività dello
Sportello la situazione è grandemente cambiata,
quando il fenomeno mobbing è esploso, le vittime
preferenziali erano i livelli più elevati e più retribuiti
del settore privato ed in parte anche del pubblico; ti-
picamente i quadri o gli impiegati di alto livello con
una età intorno ai 50 anni, troppo giovani per an-
dare in pensione e troppo vecchi per rimanere in
azienda. Il persecutore (o mobber) era tipicamente
la direzione aziendale/capo. Oggi la crisi ha mutato
almeno in parte anche le figura del mobber; la no-
vità è che spesso i mobbers sono i lavoratori stessi,
soprattutto nelle piccole realtà, i quali coalizzati tra
di loro puntano all’espulsione di un collega al fine
di garantire l’ingresso ad un altro di loro gradi-
mento, parente, figlio, convivente o altro. Anche la
tipologia si è differenziata. Oggi vengono colpite an-
che le professioni più umili, addetti pulizie, facchi-
naggio ecc. indipendentemente dall’età. Tra i motivi
scatenanti è la mentalità aziendale dove “nessuno è
indispensabile”, non sono più valide né esperienza
né capacità, per cui nell’ottica di un maggior ri-
sparmio tutti possono essere colpiti, sostituiti, rim-
piazzati da professionalità nettamente meno valide,
questo grazie anche a più vantaggiose tipologie
contrattuali. Tipicamente la “vittima” è una persona
onesta, incapace di coalizzarsi per nuocere a terzi,
spesso è brillante, creativa, con maggior esperienza,
non accetta pratiche illegali. A volte la ragione sca-
tenante è il ritorno dalla maternità, l’essere portatore
di disabilità, il non aver accettato molestie sessuali,
l’essere omosessuale, di altra nazionalità o religione,
a volte è la figura introversa del “capo”, che sia
proprietario o responsabile, che si sente onnipotente
e a cui tutto è dovuto.
Va aggiunto che le lavoratrici sono le più colpite, la
loro presenza allo “sportello” è mediamente del
65% valore elevato tenendo presente che la presenza
femminile nel mondo del lavoro è del 35%.
Rispetto al passato sono fortemente diminuiti i la-
voratori che in cerca di tutela si rivolgono allo Spor-
tello d’Ascolto sindacale. Il contatto in passato av-
veniva per avere giustizia e capire come
comportarsi magari sulla scia di una qualche sen-
tenza di successo. Con la parola mobbing tutto sem-
brava più semplice si era trovata una forma di pa-
nacea, ti accuso di mobbing e avrò giustizia, magari
poi trovo anche un nuovo posto di lavoro. Ora tutto
è cambiato, innanzi tutto è quasi impossibile trovare
una nuova occupazione e l’arrivare a soluzione è
difficile, per cui il contatto con lo sportello avviene
solo nei casi in cui si è certi dell’imminente licenzia-
mento. Più spesso incontro vittime di situazioni
impossibili certe di non avere un nuovo lavoro, ma
con la determinazione di non voler rientrare in
azienda. Questo scenario riguarda principalmente
il settore privato, nel pubblico spesso dinanzi a si-
tuazioni pesantemente negative si sopporta al fine
di conservare il posto di lavoro.
A vantaggio del pubblico impiego, previsti dai con-
tratti, abbiano i “Comitati Unici di Garanzia per le
pari opportunità”, tali comitati lavorano per preve-
nire le discriminazioni dovute non soltanto al ge-
nere, ma anche all’età, alla disabilità, all’origine et-
nica, alla lingua, alla razza e, per la prima volta,
all’orientamento sessuale. I CUG assumono tutte le
funzioni che la legge ed i contratti collettivi attribui-
vano ai “Comitati per le Pari Opportunità” ed ai
“Comitati paritetici sul fenomeno del mobbing” e
rappresenteranno un interlocutore unico, più effi-
cace e completo al quale i lavoratori potranno rivol-
gersi nel caso subiscano una discriminazione e vo-
gliano porvi rimedio.
A fronte del dilagare di questi fenomeni la CISL dal
2000 ha posto a disposizione dei lavoratori lo “Spor-
tello d’Ascolto” la cui attività si configura come un
servizio gratuito pensato per rispondere alle proble-
matiche lavorative della cittadinanza. Lo Sportello
si pone l’obiettivo di fornire consulenza e/o sup-
porto in situazioni di difficoltà. I lavoratori possono
condividere i propri vissuti e rileggerli secondo le
modalità più adeguate grazie all’aiuto di un profes-
sionista esperto in problematiche del lavoro; ciò
permette di trovare soluzioni che da soli non si è in
grado di scorgere. Spesso è importante poter chie-
dere una risposta ad una figura capace di ascoltare,
comprendere, incoraggiare e sostenere; figura a
Sindacato Università22
volte difficile da trovare nella società odierna. Que-
sto contatto, favorendo una riflessione attiva sulle
problematiche e le difficoltà personali, permette di
trovare le risorse più adeguate per far fronte ad
una determinata situazione. L’insoddisfazione del
lavoratore per la situazione vissuta si manifesta ge-
neralmente attraverso particolari stati d’animo, so-
matizzazioni e reazioni comportamentali causa di
serie patologie. Il colloquio viene svolto, normal-
mente previo appuntamento ed in forma indivi-
duale; gli operatori possono essere contattati in vari
modi: e-mail, telefonicamente o visitandoli presso la
Sede CISL previo appuntamento. In funzione del-
l’etica che li contraddistingue gli operatori garanti-
scono l’assoluta riservatezza, sia per quanto ri-
guarda le modalità che i contenuti delle
conversazioni, in rispetto alla legge sulla privacy.
Nell’incontro il lavoratore espone i suoi problemi,
da questi è importante comprendere se esiste un at-
teggiamento persecutorio finalizzato o viceversa si
tratta di cattiva organizzazione del lavoro; in fun-
zione di questo viene suggerito il comportamento
da tenere per migliorare il rapporto con l’azienda.
Se necessario, in accordo con il lavoratore, l’opera-
tore contatterà le strutture sindacali preposte cer-
cando, con il loro intervento, di risolvere le contro-
versie tramite una mediazione con i responsabili
dell’azienda. Nel caso di situazioni particolari, qua-
lora le opere di mediazione non abbiano avuto esito
o non siano possibili, l’operatore seguirà costante-
mente lo sviluppo della vicenda suggerendo solu-
zioni per giungere al miglior compromesso. Per far
questo, grazie alla decennale esperienza, l’operatore
può rivolgersi a giuslavoristi, medici del lavoro,
medici competenti, medici legali, SPRESAL, Ispet-
torato del Lavoro, Centri del Disagio Lavorativo, Si-
stema Sanitario Nazionale/ASL, naturalmente alle
strutture CISL sul territorio e quant’altro al fine di
porre l’azienda dinanzi alle proprie responsabilità.
Gli ottimi risultati conseguiti sino ad ora incorag-
giano a portare avanti questo progetto che si è rive-
lato essere una valida opportunità per instaurare un
clima di sempre maggior benessere nell’ambiente
lavorativo. Lo Sportello, con obiettivi di preven-
zione, è quindi un servizio di promozione della sa-
lute intesa nel senso più ampio che ne dà l’Organiz-
zazione Mondiale della Sanità: “benessere fisico,
psichico, socio-relazionale in ambiente di lavoro”.
Quale prevenzione al fenomeno mobbing, secondo
una parte della giurisprudenza, il D.lgs. 81/08 dedi-
cato alla salute e sicurezza in ambiente di lavoro do-
vrebbe essere un valido ostacolo al fenomeno. Il
D.lgs. 81/08 all’articolo 28: Oggetto della valutazione
dei rischi, prevede:
“1. La valutazione ... deve riguardare tutti i rischi
per la sicurezza e la salute dei lavoratori ivi com-
presi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti
a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo
stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’ac-
cordo europeo dell’8 ottobre 2004”.
Tale accordo si è concluso l’8 ottobre 2004 a livello
europeo ed è stato firmato il 9 giugno 2008 da:
CONFINDUSTRIA, CONFARTIGIANATO e CGIL,
CISL, UIL.
Nel testo si fa esplicitamente riferimento allo stress
generato dalla tipologia di lavoro e da come esso è
organizzato su cui il datore di lavoro deve interve-
nire preventivamente valutandone il rischio; per
cui esclude tassativamente il mobbing in ogni sua
forma di attuazione
Circa la valutazione dello Stress Lavoro Correlato la
“Commissione Consultiva Permanente per la Salute
e Sicurezza sul Lavoro” ha dato le seguenti indica-
zioni: il datore di lavoro e le altre figure aziendali
preposte, al fine di valutare l’esistenza dello SLC
debbono prendere in esame non singoli lavoratori,
ma gruppi omogenei per mansioni o partizioni la-
vorative che risultino esposti a rischio stress dello
stesso tipo secondo una individuazione che ogni da-
tore di lavoro può autonomamente effettuare in ra-
gione di una effettiva organizzazione aziendale (es.
turnisti, particolari settori ecc.). Sempre su indica-
zione della Commissione esiste una precisa proce-
dura esecutiva che prevede più passaggi al fine di
eliminare organizzazioni aziendali stressoggene
Per dirlo più semplicemente per mobbing si intende
la somministrazione di una serie di violenze morali,
o atteggiamenti persecutori, possibili causa di stress
verso, normalmente, una singola vittima. Per stress
lavoro correlato si intende la somministrazione di
un pesante e disorganizzato carico di lavoro, di cui
non ne risente solo un singolo, ma un gruppo omo-
geneo di lavoratori, questo al fine di dar luogo alla
procedura valutativa ed eliminazione delle anoma-
lie organizzative.
Per cui se solo un singolo lavoratore, parte di un
gruppo omogeneo è l’unico a rimanere vittima di
stress da lavoro questa situazione non merita di es-
sere valutata e non sarà riportata nel DVR (Docu-
mento Valutazione dei Rischi) così come dispone il
D.lgs. 81/08. Su questo parte della magistratura non
è d’accordo in quanto secondo l’articolo del cc 2187-
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio del-
l’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro
l’esperienza e la tecnica, sono necessarie ha tutelare l’in-
tegrità fisica e la personalità morale dei prestatori di la-
voro” Per cui è evidente che anche nel singolo caso
il datore di lavoro deve intervenire qualsiasi sia la
causa dello stress.
Concludo questa breve esposizione circa le proble-
matiche di un mondo del lavoro sempre più difficile
e sempre più lontano da quanto previsto dall’Art.
41 della nostra Costituzione “L’iniziativa economica
privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l’utilità; sociale o in modo da recare danno alla si-
curezza, alla libertà, alla dignità umana”.

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Mobbing: Serve una legge per un fenomeno in crescita di Fernando Cecchini

  • 1. Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - 70% Roma TRIMESTRALE DI CULTURA E INFORMAZIONE SINDACALE DELLA FEDERAZIONE CISL UNIVERSITÀ Anno XVIII - N. 2/2014 Aprile - Giugno
  • 2. Sindacato Università20 “Mobbing”: è un termine inglese comparso nel nostro Paese la fine del secolo scorso proveniente dal nord Europa, ha sostituito l’italiano “violenza morale”, ma non è usato dai Paesi di lingua anglo- sassone che preferiscono termini quale work abuse, harassment o simili. In Italia il mobbing, quale fenomeno, ha avuto grandissima notorietà nella prima decade di questo secolo anche se pochi ne conoscevano e ne conoscono il reale significato. Secondo la più recente statistica (Eurispes Rap- porto Italia 2013) il 23,5% dei lavoratori dichiara di aver subìto almeno una volta forme di sopruso o persecuzione da parte del datore di lavoro, colle- ghi, e incredibile da parte di sottoposti; comunque i superiori restano i principali responsabili delle azioni di mobbing. Nella realtà possiamo dire che è un fenomeno diffusissimo ed in espansione i cui valori reali non conosceremo mai. Dal 2000 al 2010 tutte le parti politiche del nostro Paese, al solo scopo di dimostrarsi sensibili al problema sociale in questione, hanno finalizzato decine di proposte di legge di cui chiaramente nessuna è andata in porto. La mancanza di tale normativa, cioè la man- canza di una precisa definizione, fa da cassa di ri- sonanza alla più totale confusione per cui abbiamo moltissimi lavoratori convinti di essere mobbiz- zati, e non lo sono, altri invece non sanno di es- serlo. Solo di recente per avere un minimo di chia- rezza, dinanzi ad un fenomeno che grazie alla crisi si sta espandendo a macchia d’olio, la cassazione ha sentenziato qualcosa che personalmente defini- rei “meglio di niente”. Nella sentenza n. 87 del 10 gennaio 2012 la Corte di Cassazione ha così chiarito: “il mobbing consiste in una condotta del datore di lavoro sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente sul luogo di lavoro, che si risolve in sistema- tici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per as- sumere forme di prevaricazione o di persecuzione psico- logica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l´emarginazione del lavoratore, con effetto lesivo del suo equilibrio fisio-psichico e della sua personalità”. Ed aggiunge ancora: “ai fini della configurabilità della condotta lesiva sono rilevanti: – la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio; – l’evento lesivo della salute o della personalità del di- pendente; – la molteplicità di comportamenti di carattere persecu- torio, illeciti o anche leciti se considerati singolar- mente, che siano stati posti in essere in modo sistema- tico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; – il nesso tra la condotta del datore o del superiore ge- rarchico e il pregiudizio all’integrità psicofisica del la- voratore”. L‘orientamento e dottrinale e giurisprudenziale più recente configura il mobbing anche nei casi in cui lo stesso non abbia determinato l’insorgenza di patologie, anche se è altrettanto vero che almeno nella frequenza dei casi denunciati il mobbing ab- bia determinato disturbi di vario tipo quali: ansia, crisi di panico, sindromi depressive, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, perdita di me- moria e così via. Nell’attuale contesto lavorativo, dove domina la perdita dei posti di lavoro, il ricor- M O B B I N G Serve una legge per un fenomeno in crescita di Fernando Cecchini - Responsabile Sportello Disagio Lavorativo Fernando Cecchini
  • 3. Sindacato Università 21 rere al mobbing quale ancora di difesa dalle umane prepotenze è andato via via scemando, ci si è resi conto che avere giustizia portando giuste rivendi- cazioni in tribunale è tutt’altro che semplice, così come è ben difficile ottenere risarcimenti. Ciò, in mancanza di alternative, costringe il lavoratore ad accettare qualsiasi trattamento pur di portare a casa di che vivere. Per altro l’affermare da parte del lavoratore di essere vittima di mobbing è una pe- sante inesattezza in quanto tale riconoscimento spetta solo al magistrato dopo aver vagliato i fatti; aggiungo però che nel lavoratore esiste una forte sofferenza per il vissuto per cui sarebbe più giusto definirlo vittima di “disagio lavorativo”. Secondo l’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro con questo termine si identifica la soffe- renza che ha origine da una serie di tematiche che vanno dallo stress dovuto a disorganizzazioni lavo- rative, al mobbing causato da ripetute molestie morali, al burnout provocato dalla delusione pro- fessionale, alle molestie sessuali, a casi di umilia- zione e prepotenza e a violazioni contrattuali. In un recente convegno INAIL, il direttore generale Giuseppe Lucibello ha illustrato la diminuzione di denunce relative ad infortuni mortali ma ha sotto- lineato l’aumento delle malattie professionali: 46.000 denunce nel 2012 e 51.000 nel 2013. Tra queste c’è l’emersione delle patologie muscolo scheletriche e delle patologie di origine psicosociale. Come ho potuto rilevare di recente tramite l’attività dello Sportello la situazione è grandemente cambiata, quando il fenomeno mobbing è esploso, le vittime preferenziali erano i livelli più elevati e più retribuiti del settore privato ed in parte anche del pubblico; ti- picamente i quadri o gli impiegati di alto livello con una età intorno ai 50 anni, troppo giovani per an- dare in pensione e troppo vecchi per rimanere in azienda. Il persecutore (o mobber) era tipicamente la direzione aziendale/capo. Oggi la crisi ha mutato almeno in parte anche le figura del mobber; la no- vità è che spesso i mobbers sono i lavoratori stessi, soprattutto nelle piccole realtà, i quali coalizzati tra di loro puntano all’espulsione di un collega al fine di garantire l’ingresso ad un altro di loro gradi- mento, parente, figlio, convivente o altro. Anche la tipologia si è differenziata. Oggi vengono colpite an- che le professioni più umili, addetti pulizie, facchi- naggio ecc. indipendentemente dall’età. Tra i motivi scatenanti è la mentalità aziendale dove “nessuno è indispensabile”, non sono più valide né esperienza né capacità, per cui nell’ottica di un maggior ri- sparmio tutti possono essere colpiti, sostituiti, rim- piazzati da professionalità nettamente meno valide, questo grazie anche a più vantaggiose tipologie contrattuali. Tipicamente la “vittima” è una persona onesta, incapace di coalizzarsi per nuocere a terzi, spesso è brillante, creativa, con maggior esperienza, non accetta pratiche illegali. A volte la ragione sca- tenante è il ritorno dalla maternità, l’essere portatore di disabilità, il non aver accettato molestie sessuali, l’essere omosessuale, di altra nazionalità o religione, a volte è la figura introversa del “capo”, che sia proprietario o responsabile, che si sente onnipotente e a cui tutto è dovuto. Va aggiunto che le lavoratrici sono le più colpite, la loro presenza allo “sportello” è mediamente del 65% valore elevato tenendo presente che la presenza femminile nel mondo del lavoro è del 35%. Rispetto al passato sono fortemente diminuiti i la- voratori che in cerca di tutela si rivolgono allo Spor- tello d’Ascolto sindacale. Il contatto in passato av- veniva per avere giustizia e capire come comportarsi magari sulla scia di una qualche sen- tenza di successo. Con la parola mobbing tutto sem- brava più semplice si era trovata una forma di pa- nacea, ti accuso di mobbing e avrò giustizia, magari poi trovo anche un nuovo posto di lavoro. Ora tutto è cambiato, innanzi tutto è quasi impossibile trovare una nuova occupazione e l’arrivare a soluzione è difficile, per cui il contatto con lo sportello avviene solo nei casi in cui si è certi dell’imminente licenzia- mento. Più spesso incontro vittime di situazioni impossibili certe di non avere un nuovo lavoro, ma con la determinazione di non voler rientrare in azienda. Questo scenario riguarda principalmente il settore privato, nel pubblico spesso dinanzi a si- tuazioni pesantemente negative si sopporta al fine di conservare il posto di lavoro. A vantaggio del pubblico impiego, previsti dai con- tratti, abbiano i “Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità”, tali comitati lavorano per preve- nire le discriminazioni dovute non soltanto al ge- nere, ma anche all’età, alla disabilità, all’origine et- nica, alla lingua, alla razza e, per la prima volta, all’orientamento sessuale. I CUG assumono tutte le funzioni che la legge ed i contratti collettivi attribui- vano ai “Comitati per le Pari Opportunità” ed ai “Comitati paritetici sul fenomeno del mobbing” e rappresenteranno un interlocutore unico, più effi- cace e completo al quale i lavoratori potranno rivol- gersi nel caso subiscano una discriminazione e vo- gliano porvi rimedio. A fronte del dilagare di questi fenomeni la CISL dal 2000 ha posto a disposizione dei lavoratori lo “Spor- tello d’Ascolto” la cui attività si configura come un servizio gratuito pensato per rispondere alle proble- matiche lavorative della cittadinanza. Lo Sportello si pone l’obiettivo di fornire consulenza e/o sup- porto in situazioni di difficoltà. I lavoratori possono condividere i propri vissuti e rileggerli secondo le modalità più adeguate grazie all’aiuto di un profes- sionista esperto in problematiche del lavoro; ciò permette di trovare soluzioni che da soli non si è in grado di scorgere. Spesso è importante poter chie- dere una risposta ad una figura capace di ascoltare, comprendere, incoraggiare e sostenere; figura a
  • 4. Sindacato Università22 volte difficile da trovare nella società odierna. Que- sto contatto, favorendo una riflessione attiva sulle problematiche e le difficoltà personali, permette di trovare le risorse più adeguate per far fronte ad una determinata situazione. L’insoddisfazione del lavoratore per la situazione vissuta si manifesta ge- neralmente attraverso particolari stati d’animo, so- matizzazioni e reazioni comportamentali causa di serie patologie. Il colloquio viene svolto, normal- mente previo appuntamento ed in forma indivi- duale; gli operatori possono essere contattati in vari modi: e-mail, telefonicamente o visitandoli presso la Sede CISL previo appuntamento. In funzione del- l’etica che li contraddistingue gli operatori garanti- scono l’assoluta riservatezza, sia per quanto ri- guarda le modalità che i contenuti delle conversazioni, in rispetto alla legge sulla privacy. Nell’incontro il lavoratore espone i suoi problemi, da questi è importante comprendere se esiste un at- teggiamento persecutorio finalizzato o viceversa si tratta di cattiva organizzazione del lavoro; in fun- zione di questo viene suggerito il comportamento da tenere per migliorare il rapporto con l’azienda. Se necessario, in accordo con il lavoratore, l’opera- tore contatterà le strutture sindacali preposte cer- cando, con il loro intervento, di risolvere le contro- versie tramite una mediazione con i responsabili dell’azienda. Nel caso di situazioni particolari, qua- lora le opere di mediazione non abbiano avuto esito o non siano possibili, l’operatore seguirà costante- mente lo sviluppo della vicenda suggerendo solu- zioni per giungere al miglior compromesso. Per far questo, grazie alla decennale esperienza, l’operatore può rivolgersi a giuslavoristi, medici del lavoro, medici competenti, medici legali, SPRESAL, Ispet- torato del Lavoro, Centri del Disagio Lavorativo, Si- stema Sanitario Nazionale/ASL, naturalmente alle strutture CISL sul territorio e quant’altro al fine di porre l’azienda dinanzi alle proprie responsabilità. Gli ottimi risultati conseguiti sino ad ora incorag- giano a portare avanti questo progetto che si è rive- lato essere una valida opportunità per instaurare un clima di sempre maggior benessere nell’ambiente lavorativo. Lo Sportello, con obiettivi di preven- zione, è quindi un servizio di promozione della sa- lute intesa nel senso più ampio che ne dà l’Organiz- zazione Mondiale della Sanità: “benessere fisico, psichico, socio-relazionale in ambiente di lavoro”. Quale prevenzione al fenomeno mobbing, secondo una parte della giurisprudenza, il D.lgs. 81/08 dedi- cato alla salute e sicurezza in ambiente di lavoro do- vrebbe essere un valido ostacolo al fenomeno. Il D.lgs. 81/08 all’articolo 28: Oggetto della valutazione dei rischi, prevede: “1. La valutazione ... deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori ivi com- presi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’ac- cordo europeo dell’8 ottobre 2004”. Tale accordo si è concluso l’8 ottobre 2004 a livello europeo ed è stato firmato il 9 giugno 2008 da: CONFINDUSTRIA, CONFARTIGIANATO e CGIL, CISL, UIL. Nel testo si fa esplicitamente riferimento allo stress generato dalla tipologia di lavoro e da come esso è organizzato su cui il datore di lavoro deve interve- nire preventivamente valutandone il rischio; per cui esclude tassativamente il mobbing in ogni sua forma di attuazione Circa la valutazione dello Stress Lavoro Correlato la “Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro” ha dato le seguenti indica- zioni: il datore di lavoro e le altre figure aziendali preposte, al fine di valutare l’esistenza dello SLC debbono prendere in esame non singoli lavoratori, ma gruppi omogenei per mansioni o partizioni la- vorative che risultino esposti a rischio stress dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni da- tore di lavoro può autonomamente effettuare in ra- gione di una effettiva organizzazione aziendale (es. turnisti, particolari settori ecc.). Sempre su indica- zione della Commissione esiste una precisa proce- dura esecutiva che prevede più passaggi al fine di eliminare organizzazioni aziendali stressoggene Per dirlo più semplicemente per mobbing si intende la somministrazione di una serie di violenze morali, o atteggiamenti persecutori, possibili causa di stress verso, normalmente, una singola vittima. Per stress lavoro correlato si intende la somministrazione di un pesante e disorganizzato carico di lavoro, di cui non ne risente solo un singolo, ma un gruppo omo- geneo di lavoratori, questo al fine di dar luogo alla procedura valutativa ed eliminazione delle anoma- lie organizzative. Per cui se solo un singolo lavoratore, parte di un gruppo omogeneo è l’unico a rimanere vittima di stress da lavoro questa situazione non merita di es- sere valutata e non sarà riportata nel DVR (Docu- mento Valutazione dei Rischi) così come dispone il D.lgs. 81/08. Su questo parte della magistratura non è d’accordo in quanto secondo l’articolo del cc 2187- “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio del- l’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro l’esperienza e la tecnica, sono necessarie ha tutelare l’in- tegrità fisica e la personalità morale dei prestatori di la- voro” Per cui è evidente che anche nel singolo caso il datore di lavoro deve intervenire qualsiasi sia la causa dello stress. Concludo questa breve esposizione circa le proble- matiche di un mondo del lavoro sempre più difficile e sempre più lontano da quanto previsto dall’Art. 41 della nostra Costituzione “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità; sociale o in modo da recare danno alla si- curezza, alla libertà, alla dignità umana”.