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Il Mobbing ovvero la sindrome delle organizzazioni malate
Orientamenti della Cgil nazionale di Luisa Benedettini

Con questa nota vorrei illustrare sinteticamente gli orientamenti maturati dalla
Cgil nazionale non tanto e non solo riguardo all’analisi del problema Mobbing
ma soprattutto riguardo all' individuazione di percorsi e strumenti sindacali
capaci di prevenire il verificarsi di questo fenomeno nei posti di lavoro.
L'analisi
Circa l'analisi, a nostro avviso occorre adottare un approccio globale al
fenomeno Mobbing,
In altri termini per una corretta valutazione del mobbing riteniamo sia
indispensabile analizzare il contesto socio-culturale e lavorativo in cui si
collocano i singoli episodi ed anche i diversi punti di vista dei soggetti coinvolti.
Quest'approccio globale e "multidisciplinare", a nostro avviso, è un passaggio
obbligato, la premessa necessaria per raggiungere un consenso sulla portata
del problema, sulla genesi dei singoli episodi e sulle misure da adottare per
porvi rimedio.
L'approccio che proponiamo serve a far meglio apprezzare e capire le molteplici
sfaccettature del problema e, quindi, anche ad individuare quali soggetti
devono attivarsi, a quali livelli, e quali strumenti o servizi possono essere
offerti per una efficace prevenzione del fenomeno.
Per esemplificare, anche schematicamente, la complessità del problema basta
fare un semplice elenco dei principali soggetti potenzialmente coinvolti.
L’azienda
L’aggressore
La vittima
I colleghi
Il delegato sindacale, il RLS, il sindacato esterno
La famiglia
L’avvocato
Lo psicologo, lo studioso, il ricercatore
Il parlamentare
L’esponente deI governo nazionale o locale
E' quasi banale constatare che se il fenomeno mobbing o i singoli casi vengono
osservati dal punto di vista di ciascuno di questi soggetti, con ogni probabilità
emergeranno molteplici e contrastanti definizioni del o stesso. Vediamone
alcune.
L'azienda e i colleghi potrebbero sostenere la tesi che quel che viene spacciato
per Mobbing in effetti non è altro che un "modo" obbligato, quindi legittimo,
per "selezionare" o "disfarsi" di personale, colleghi, avversari o concorrenti
rompiscatole, scomodi, …oppure un effetto non eliminabile di processi di
riorganizzazione, ristrutturazione…
Uno psicologo, un medico aziendale, gli esperti potrebbero ritenere che si tratti
di banali episodi creati e ingigantiti da soggetti affetti da mania di
persecuzione, masochismo, fragilità psicologica…ovvero, se visti dall'altra
parte, di azioni cattive perpetrate da soggetti con personalità sadica,
perversa…
Avvocati, magistrati, istituto assicuratore, parlamentari saranno interessati
piuttosto alla definizione legale di una precisa casistica di atti definibili come
mobbing e dei danni alla salute e patrimoniali che esso provoca onde
impostare più agevolmente vertenze, sentenze, sanzioni, risarcimenti.
I sindacati, i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i delegati sindacali
potrebbero - anzi dovrebbero - considerare il mobbing sempre e comunque
come inaccettabili atti di violenza psicologica perpetrati durante il lavoro da
combattere, denunciare e prevenire innanzitutto individuandone le cause
scatenanti interne all'organizzazione.
Certo, rispetto a questa varietà di punti di vista sul fenomeno, i valori e la
cultura dominante di un determinato paese in un determinato periodo incidono
fortemente.
L’abitudine a rapporti conflittuali sul lavoro, il carrierismo, il conformismo, il
clientelismo, i miti della competitività senza regole, della flessibilità senza
qualità, l'incultura del lavoro sono "disvalori" purtroppo assai diffusi in Italia
(vedi la sempre valida vignetta di Ege). Va da sé, quindi, che le reazioni al
mobbing ed i comportamenti dei vari soggetti saranno conseguenti.
Al sindacato in questo momento dovrebbe interessare far conoscere il proprio
punto di vista e confrontarlo con quello degli altri soggetti, in particolare con
quello delle aziende che purtroppo però sono le grandi assenti nelle molte
occasioni di dibattito pubblico.
Per la Cgil, per un sindacato dei diritti e della solidarietà, il mobbing è violenza
e, in quanto tale, illecita, sempre, cioè anche a prescindere dalle caratteristiche
del "bersaglio" e dal contesto organizzativo in cui nasce. Subito dopo però va
detto che per il sindacato la sola e concreta soluzione del problema sta proprio
nell'analisi accurata dei fattori interni alle organizzazioni che di volta in volta
hanno scatenato il mobbing. Ma su questo aspetto decisivo tornerò fra poco.
Questo nostro approccio tuttavia non basta a modificare gli atteggiamenti
correnti, attualmente maggioritari , di sottovalutazione della gravità e della
estensione del fenomeno mobbing, dei suoi costi sociali ed economici, per non
parlare di chi arriva a giustificarlo o di chi manifesta irrisione o fastidio.
Per questi motivi siamo favorevoli ad un intervento legislativo ad hoc.
Sancirebbe finalmente la condanna sociale, la pericolosità, la riprovazione
generale di comportamenti vessatori e di molestia psicologica che
contraddistinguono il mobbing. E tuttavia dobbiamo constatare che dal luglio
1996 ad oggi sono stati presentati da tutte le parti politiche ben sei proposte di
legge che non hanno fatto nessun passo avanti.
Nel frattempo il sindacato non può permettersi di attendere la legge per agire.
Le basi giuridiche per un intervento sindacale , a nostro avviso, ci sono già e
sono chiare.
Basti solo pensare all'art. 2087 del codice civile e all'impianto generale del
D.Lgs 626/94 quando stabilisce che il datore di lavoro deve adattare il lavoro
all'uomo e non viceversa, deve valutare ogni rischio per la salute e sicurezza e
adottare misure di prevenzione efficaci, insieme ai lavoratori e ai loro
rappresentanti per la sicurezza e utilizzando il Servizio di prevenzione e
protezione e il medico competente.
Ciò detto è evidente che il sindacato in azienda può fare molto a tutela dei
diritti dei lavoratori semplicemente imparando ad utilizzare spazi, regole e
poteri di consultazione, contrattuali e legislativi che già ci sono.
Un primo percorso
Ecco dunque già delineato un primo percorso da seguire quando al sindacato si
presenta un caso di mobbing (parlo ad esempio dell'Ufficio salute e sicurezza
della Cgil nazionale).
All'interessato consigliamo:
se nell'azienda c’è il sindacato, di rivolgersi prima di tutto al
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) o, in sua
assenza, alla Rsu o Rsa. L'obiettivo assegnato al delegato è aprire
un confronto con l'azienda che porti ad analizzare caso con l'ausilio
del Spp e del medico competente e ad individuare e rimuovere le
cause che l'hanno provocato (ovviamente se le cause sono interne
all'organizzazione).
Se i delegati aziendali non riescono (a volte perché non si sentono
preparati ad affrontare queste tematiche, a volte per indisponibilità
della controparte) ad aprire un confronto serio con l’azienda per
bloccare il mobbing, allora occorre investire del problema il
"sindacato esterno" (di categoria in primo luogo) fino a giungere,
se necessario, al sindacato nazionale se si tratta di grandi aziende
pubbliche o private con più unità produttive distribuite sul territorio
nazionale.
L'obiettivo in quest'ultimo caso potrebbe andare oltre la soluzione
del singolo caso e acquisire una più vasta portata. Si potrebbe ad
esempio valutare insieme alla controparte datoriale l'incidenza del
fenomeno nelle aziende del gruppo e in relazione a questa decidere
di adottare veri e propri codici di comportamento anti-mobbing da
allegare ai contratti nazionali o aziendali.
Se il confronto sindacato-azienda non dovesse dare esiti
soddisfacenti occorrerà purtroppo prendere in considerazione la
strada della denuncia e quindi della vertenza legale, allertando gli
Uffici vertenze di categoria o confederali che il sindacato mette a
disposizione dei propri iscritti curando la loro sensibilizzazione sul
problema.
4) Durante tutto questo percorso, infine, il sindacato deve coltivare e
sviluppare nei propri terminali - siano essi funzionari dirigenti e delegati,
sportelli o uffici vertenze - la capacità di ascolto, di valutazione dell'
attendibilità dei ricorrenti e di orientamento, se necessario, verso Servizi di
diagnosi e sostegno psicologico presenti nel territorio.
Su quest'ultimo aspetto - quello dei servizi di sostegno psicologico - riteniamo
che il sindacato confederale abbia un ruolo specifico da giocare. Infatti rientra
nella strategia sindacale confederale della Cgil esercitare una pressione sulle
istituzioni affinché sia garantito il diritto costituzionale alla salute tramite la
promozione di un sistema di servizi sanitari (dal ruolo nuovo del medico di
famiglia ai servizi territoriali) sempre più capaci di interpretare e rispondere
anche ai fabbisogni di salute che emergono dai posti di lavoro.
E assurdo ma vero che si sia arrivati al punto che, presso l'unico centro
pubblico specializzato per la diagnosi (solo diagnosi, badate) di Mobbing, - Il
centro per il disadattamento lavorativo presso la Clinica del lavoro di Milano -,
ci sia una lista d'attesa fino ad aprile.

Un intervento sindacale strutturale
Da quanto detto finora dovrebbe risultare chiaro che il nostro obiettivo di fondo
deve essere quello di prevenire il mobbing - anche perché la "soluzione"
bonaria o per via legale dei singoli casì è veramente difficilissima - e che lo
strumento principale che proponiamo alle nostre controparti per raggiungere
tale obiettivo è quello della contrattazione di codici di comportamento antimobbing sulla falsariga di alcune esperienze fatte con i codici contro le
molestie sessuali.

Alcuni passaggi obbligati

Vediamo ora schematicamente quali sono i passaggi obbligati interni/esterni
che precedono e accompagnano la fase di confronto negoziale vero e proprio e
quasi sono i contenuti fondamentali di questi codici.
SensibilizzaRSI - ARE dirigenti, funzionari, delegati (RLS/RSU),
uffici vertenze, Organismi paritetici ex art. 20 del D.Lgs 626/94 su:
Cosa è il mobbing : il mobbing è violenza,
sopraffazione, sfruttamento..
Cause del mobbing: attriti,
conflitti, cattiva gestione delle
risorse umane, carenze dei
sistemi informativi e di
comunicazione, cattiva
organizzazione del lavoro
(sottocarico, sovraccarico,
scarsa autonomia, costrittività,
ecc.), sottovalutazione degli
effetti sulla salute delle persone
e dell’azienda del mancato
governo dei fattori precedenti.
Di qui l'individuazione di gran
parte del mobbing presente nei
luoghi di lavoro come sindrome
delle organizzazioni malate.
Formare i dirigenti, funzionari, delegati (RLS/RSU) ad
intraprendere:
Azioni di prevenzione: come si apre un confronto con
l’azienda sui casi di mobbing e come lavorare per
giungere all’adozione di codici di comportamento
antimobbing
Individuazione/sperimentazione/contrattazione dei contenuti dei
codici sulla falsariga dell' Ordinanza svedese, tradotta e diffusa
dalla Cgil nazionale proprio per dare agli Rls, ai delegati ai dirigenti
di categoria una buona traccia da usare ne l confronto con le
controparti.
I presupposti fondamentali dei codici sono:
. Dichiarare la comune volontà di bandire il Mobbing:
1) rifiuto individuale e dell’azienda a qualsiasi
atteggiamento offensivo 2) predisporre procedure che
facilitino il dialogo e la concreta soluzione dei problemi
· Intervenire subito per stroncare i singoli episodi di
mobbing: 1) definendo una procedura che individui "chi
e come deve informare chi", 2) attivando il Servizio di
prevenzione e protezione, compreso il medico
competente, che deve farsi un’idea obiettiva delle
cause e dei problemi per rimuoverli, se necessario
ricorrendo ad esperti esterni; 3) definire procedure che
prevedano la cooperazione di tutte le parti interessate
nella individuazione delle soluzioni.
Il sindacato deve infine garantire la tutela legale dei propri iscritti
quando fallisca l’azione negoziale e contrattuale, attrezzando
opportunamente i propri Uffici vertenze.

Questa è per sommi capi la linea di comportamento che il sindacato dovrebbe
portare avanti.
Per attuarla concretamente non ci nascondiamo che servirà del tempo. Non
tutte le categorie, i delegati e gli stessi Rls sono in grado oggi di affrontare
correttamente questa tematica così ostica e complessa.
C'è da dire però che per ovviare a queste difficoltà e carenze diverse strutture
confederali della Cgil, a volte in accordo con alcune specifiche categorie
(Toscana, Campania/Bancari e assicuratori, Udine, Roma centro/Commercio
ecc.), stanno attrezzandosi con sportelli o numeri verdi di prima accoglienza e
orientamento.
A livello confederale nazionale, per parte nostra, abbiamo assunto anche
l'iniziativa di coinvolgere la Commissione consultiva nazionale presso il
Ministero del lavoro, affinché tutte le parti ivi rappresentate (associazioni
datoriali, sindacali, enti e istituzioni che hanno compiti in materia di salute e
sicurezza sul lavoro), affrontino il problema nel suo complesso ed elaborino
una Linea guida nazionale - è stato istituito e sta lavorando un gruppo di
lavoro ad hoc - che da un lato incoraggi le parti sociali all'adozione di codici di
comportamento e dall'altro lato impegni le principali istituzioni, gli enti e istituti
di ricerca a fare la loro parte.
A proposito di istituzioni, pensiamo innanzitutto a direttive centrali (del
Ministero della Sanità) e delle Regioni/Assessorati regionali volte alla
sensibilizzazione/formazione dei medici di famiglia e dei servizi territoriali delle
Asl affinché siano in grado di offrire alle vittime del mobbing il necessario
supporto diagnostico/psicologico.
L'Ispesl dovrebbe promuovere, coinvolgendo le parti sociali, la ricerca sul
campo. Su iniziativa sindacale si sta infatti realizzando una grande indagine in
Lombardia. L'ispesl dovrebbe inoltre diffondere di più e meglio le conoscenze,
aggiornare e armonizzare i protocolli diagnostici, promuovere la formazione e
l'aggiornamento dei medici competenti e del personale dei Servizi territoriali.
Infine, anche per l'Inail c'è del lavoro da fare. I danni alla salute, a volte
purtroppo permanenti derivanti dal Mobbing di origine lavorativa, devono
essere indennizzati. L'Istituto deve rispondere a questa esigenza innanzitutto
formando il proprio personale a gestire con la dovuta competenza e sensibilità
sociale anche queste nuove patologie correlate al lavoro.

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Il Mobbing ovvero la sindrome delle organizzazioni malate - Orientamenti della Cgil nazionale di Luisa Benedettini

  • 1. Il Mobbing ovvero la sindrome delle organizzazioni malate Orientamenti della Cgil nazionale di Luisa Benedettini Con questa nota vorrei illustrare sinteticamente gli orientamenti maturati dalla Cgil nazionale non tanto e non solo riguardo all’analisi del problema Mobbing ma soprattutto riguardo all' individuazione di percorsi e strumenti sindacali capaci di prevenire il verificarsi di questo fenomeno nei posti di lavoro. L'analisi Circa l'analisi, a nostro avviso occorre adottare un approccio globale al fenomeno Mobbing, In altri termini per una corretta valutazione del mobbing riteniamo sia indispensabile analizzare il contesto socio-culturale e lavorativo in cui si collocano i singoli episodi ed anche i diversi punti di vista dei soggetti coinvolti. Quest'approccio globale e "multidisciplinare", a nostro avviso, è un passaggio obbligato, la premessa necessaria per raggiungere un consenso sulla portata del problema, sulla genesi dei singoli episodi e sulle misure da adottare per porvi rimedio. L'approccio che proponiamo serve a far meglio apprezzare e capire le molteplici sfaccettature del problema e, quindi, anche ad individuare quali soggetti devono attivarsi, a quali livelli, e quali strumenti o servizi possono essere offerti per una efficace prevenzione del fenomeno. Per esemplificare, anche schematicamente, la complessità del problema basta fare un semplice elenco dei principali soggetti potenzialmente coinvolti. L’azienda L’aggressore La vittima I colleghi Il delegato sindacale, il RLS, il sindacato esterno La famiglia L’avvocato Lo psicologo, lo studioso, il ricercatore Il parlamentare L’esponente deI governo nazionale o locale
  • 2. E' quasi banale constatare che se il fenomeno mobbing o i singoli casi vengono osservati dal punto di vista di ciascuno di questi soggetti, con ogni probabilità emergeranno molteplici e contrastanti definizioni del o stesso. Vediamone alcune. L'azienda e i colleghi potrebbero sostenere la tesi che quel che viene spacciato per Mobbing in effetti non è altro che un "modo" obbligato, quindi legittimo, per "selezionare" o "disfarsi" di personale, colleghi, avversari o concorrenti rompiscatole, scomodi, …oppure un effetto non eliminabile di processi di riorganizzazione, ristrutturazione… Uno psicologo, un medico aziendale, gli esperti potrebbero ritenere che si tratti di banali episodi creati e ingigantiti da soggetti affetti da mania di persecuzione, masochismo, fragilità psicologica…ovvero, se visti dall'altra parte, di azioni cattive perpetrate da soggetti con personalità sadica, perversa… Avvocati, magistrati, istituto assicuratore, parlamentari saranno interessati piuttosto alla definizione legale di una precisa casistica di atti definibili come mobbing e dei danni alla salute e patrimoniali che esso provoca onde impostare più agevolmente vertenze, sentenze, sanzioni, risarcimenti. I sindacati, i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i delegati sindacali potrebbero - anzi dovrebbero - considerare il mobbing sempre e comunque come inaccettabili atti di violenza psicologica perpetrati durante il lavoro da combattere, denunciare e prevenire innanzitutto individuandone le cause scatenanti interne all'organizzazione. Certo, rispetto a questa varietà di punti di vista sul fenomeno, i valori e la cultura dominante di un determinato paese in un determinato periodo incidono fortemente. L’abitudine a rapporti conflittuali sul lavoro, il carrierismo, il conformismo, il clientelismo, i miti della competitività senza regole, della flessibilità senza qualità, l'incultura del lavoro sono "disvalori" purtroppo assai diffusi in Italia (vedi la sempre valida vignetta di Ege). Va da sé, quindi, che le reazioni al mobbing ed i comportamenti dei vari soggetti saranno conseguenti. Al sindacato in questo momento dovrebbe interessare far conoscere il proprio punto di vista e confrontarlo con quello degli altri soggetti, in particolare con quello delle aziende che purtroppo però sono le grandi assenti nelle molte occasioni di dibattito pubblico. Per la Cgil, per un sindacato dei diritti e della solidarietà, il mobbing è violenza e, in quanto tale, illecita, sempre, cioè anche a prescindere dalle caratteristiche del "bersaglio" e dal contesto organizzativo in cui nasce. Subito dopo però va detto che per il sindacato la sola e concreta soluzione del problema sta proprio nell'analisi accurata dei fattori interni alle organizzazioni che di volta in volta hanno scatenato il mobbing. Ma su questo aspetto decisivo tornerò fra poco. Questo nostro approccio tuttavia non basta a modificare gli atteggiamenti correnti, attualmente maggioritari , di sottovalutazione della gravità e della
  • 3. estensione del fenomeno mobbing, dei suoi costi sociali ed economici, per non parlare di chi arriva a giustificarlo o di chi manifesta irrisione o fastidio. Per questi motivi siamo favorevoli ad un intervento legislativo ad hoc. Sancirebbe finalmente la condanna sociale, la pericolosità, la riprovazione generale di comportamenti vessatori e di molestia psicologica che contraddistinguono il mobbing. E tuttavia dobbiamo constatare che dal luglio 1996 ad oggi sono stati presentati da tutte le parti politiche ben sei proposte di legge che non hanno fatto nessun passo avanti. Nel frattempo il sindacato non può permettersi di attendere la legge per agire. Le basi giuridiche per un intervento sindacale , a nostro avviso, ci sono già e sono chiare. Basti solo pensare all'art. 2087 del codice civile e all'impianto generale del D.Lgs 626/94 quando stabilisce che il datore di lavoro deve adattare il lavoro all'uomo e non viceversa, deve valutare ogni rischio per la salute e sicurezza e adottare misure di prevenzione efficaci, insieme ai lavoratori e ai loro rappresentanti per la sicurezza e utilizzando il Servizio di prevenzione e protezione e il medico competente. Ciò detto è evidente che il sindacato in azienda può fare molto a tutela dei diritti dei lavoratori semplicemente imparando ad utilizzare spazi, regole e poteri di consultazione, contrattuali e legislativi che già ci sono. Un primo percorso Ecco dunque già delineato un primo percorso da seguire quando al sindacato si presenta un caso di mobbing (parlo ad esempio dell'Ufficio salute e sicurezza della Cgil nazionale). All'interessato consigliamo: se nell'azienda c’è il sindacato, di rivolgersi prima di tutto al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) o, in sua assenza, alla Rsu o Rsa. L'obiettivo assegnato al delegato è aprire un confronto con l'azienda che porti ad analizzare caso con l'ausilio del Spp e del medico competente e ad individuare e rimuovere le cause che l'hanno provocato (ovviamente se le cause sono interne all'organizzazione). Se i delegati aziendali non riescono (a volte perché non si sentono preparati ad affrontare queste tematiche, a volte per indisponibilità della controparte) ad aprire un confronto serio con l’azienda per bloccare il mobbing, allora occorre investire del problema il "sindacato esterno" (di categoria in primo luogo) fino a giungere, se necessario, al sindacato nazionale se si tratta di grandi aziende pubbliche o private con più unità produttive distribuite sul territorio nazionale. L'obiettivo in quest'ultimo caso potrebbe andare oltre la soluzione del singolo caso e acquisire una più vasta portata. Si potrebbe ad
  • 4. esempio valutare insieme alla controparte datoriale l'incidenza del fenomeno nelle aziende del gruppo e in relazione a questa decidere di adottare veri e propri codici di comportamento anti-mobbing da allegare ai contratti nazionali o aziendali. Se il confronto sindacato-azienda non dovesse dare esiti soddisfacenti occorrerà purtroppo prendere in considerazione la strada della denuncia e quindi della vertenza legale, allertando gli Uffici vertenze di categoria o confederali che il sindacato mette a disposizione dei propri iscritti curando la loro sensibilizzazione sul problema. 4) Durante tutto questo percorso, infine, il sindacato deve coltivare e sviluppare nei propri terminali - siano essi funzionari dirigenti e delegati, sportelli o uffici vertenze - la capacità di ascolto, di valutazione dell' attendibilità dei ricorrenti e di orientamento, se necessario, verso Servizi di diagnosi e sostegno psicologico presenti nel territorio. Su quest'ultimo aspetto - quello dei servizi di sostegno psicologico - riteniamo che il sindacato confederale abbia un ruolo specifico da giocare. Infatti rientra nella strategia sindacale confederale della Cgil esercitare una pressione sulle istituzioni affinché sia garantito il diritto costituzionale alla salute tramite la promozione di un sistema di servizi sanitari (dal ruolo nuovo del medico di famiglia ai servizi territoriali) sempre più capaci di interpretare e rispondere anche ai fabbisogni di salute che emergono dai posti di lavoro. E assurdo ma vero che si sia arrivati al punto che, presso l'unico centro pubblico specializzato per la diagnosi (solo diagnosi, badate) di Mobbing, - Il centro per il disadattamento lavorativo presso la Clinica del lavoro di Milano -, ci sia una lista d'attesa fino ad aprile. Un intervento sindacale strutturale Da quanto detto finora dovrebbe risultare chiaro che il nostro obiettivo di fondo deve essere quello di prevenire il mobbing - anche perché la "soluzione" bonaria o per via legale dei singoli casì è veramente difficilissima - e che lo strumento principale che proponiamo alle nostre controparti per raggiungere tale obiettivo è quello della contrattazione di codici di comportamento antimobbing sulla falsariga di alcune esperienze fatte con i codici contro le molestie sessuali. Alcuni passaggi obbligati Vediamo ora schematicamente quali sono i passaggi obbligati interni/esterni che precedono e accompagnano la fase di confronto negoziale vero e proprio e quasi sono i contenuti fondamentali di questi codici.
  • 5. SensibilizzaRSI - ARE dirigenti, funzionari, delegati (RLS/RSU), uffici vertenze, Organismi paritetici ex art. 20 del D.Lgs 626/94 su: Cosa è il mobbing : il mobbing è violenza, sopraffazione, sfruttamento.. Cause del mobbing: attriti, conflitti, cattiva gestione delle risorse umane, carenze dei sistemi informativi e di comunicazione, cattiva organizzazione del lavoro (sottocarico, sovraccarico, scarsa autonomia, costrittività, ecc.), sottovalutazione degli effetti sulla salute delle persone e dell’azienda del mancato governo dei fattori precedenti. Di qui l'individuazione di gran parte del mobbing presente nei luoghi di lavoro come sindrome delle organizzazioni malate. Formare i dirigenti, funzionari, delegati (RLS/RSU) ad intraprendere: Azioni di prevenzione: come si apre un confronto con l’azienda sui casi di mobbing e come lavorare per giungere all’adozione di codici di comportamento antimobbing Individuazione/sperimentazione/contrattazione dei contenuti dei codici sulla falsariga dell' Ordinanza svedese, tradotta e diffusa dalla Cgil nazionale proprio per dare agli Rls, ai delegati ai dirigenti di categoria una buona traccia da usare ne l confronto con le controparti. I presupposti fondamentali dei codici sono: . Dichiarare la comune volontà di bandire il Mobbing: 1) rifiuto individuale e dell’azienda a qualsiasi atteggiamento offensivo 2) predisporre procedure che facilitino il dialogo e la concreta soluzione dei problemi · Intervenire subito per stroncare i singoli episodi di mobbing: 1) definendo una procedura che individui "chi e come deve informare chi", 2) attivando il Servizio di prevenzione e protezione, compreso il medico competente, che deve farsi un’idea obiettiva delle cause e dei problemi per rimuoverli, se necessario ricorrendo ad esperti esterni; 3) definire procedure che
  • 6. prevedano la cooperazione di tutte le parti interessate nella individuazione delle soluzioni. Il sindacato deve infine garantire la tutela legale dei propri iscritti quando fallisca l’azione negoziale e contrattuale, attrezzando opportunamente i propri Uffici vertenze. Questa è per sommi capi la linea di comportamento che il sindacato dovrebbe portare avanti. Per attuarla concretamente non ci nascondiamo che servirà del tempo. Non tutte le categorie, i delegati e gli stessi Rls sono in grado oggi di affrontare correttamente questa tematica così ostica e complessa. C'è da dire però che per ovviare a queste difficoltà e carenze diverse strutture confederali della Cgil, a volte in accordo con alcune specifiche categorie (Toscana, Campania/Bancari e assicuratori, Udine, Roma centro/Commercio ecc.), stanno attrezzandosi con sportelli o numeri verdi di prima accoglienza e orientamento. A livello confederale nazionale, per parte nostra, abbiamo assunto anche l'iniziativa di coinvolgere la Commissione consultiva nazionale presso il Ministero del lavoro, affinché tutte le parti ivi rappresentate (associazioni datoriali, sindacali, enti e istituzioni che hanno compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro), affrontino il problema nel suo complesso ed elaborino una Linea guida nazionale - è stato istituito e sta lavorando un gruppo di lavoro ad hoc - che da un lato incoraggi le parti sociali all'adozione di codici di comportamento e dall'altro lato impegni le principali istituzioni, gli enti e istituti di ricerca a fare la loro parte. A proposito di istituzioni, pensiamo innanzitutto a direttive centrali (del Ministero della Sanità) e delle Regioni/Assessorati regionali volte alla sensibilizzazione/formazione dei medici di famiglia e dei servizi territoriali delle Asl affinché siano in grado di offrire alle vittime del mobbing il necessario supporto diagnostico/psicologico. L'Ispesl dovrebbe promuovere, coinvolgendo le parti sociali, la ricerca sul campo. Su iniziativa sindacale si sta infatti realizzando una grande indagine in Lombardia. L'ispesl dovrebbe inoltre diffondere di più e meglio le conoscenze, aggiornare e armonizzare i protocolli diagnostici, promuovere la formazione e l'aggiornamento dei medici competenti e del personale dei Servizi territoriali. Infine, anche per l'Inail c'è del lavoro da fare. I danni alla salute, a volte purtroppo permanenti derivanti dal Mobbing di origine lavorativa, devono essere indennizzati. L'Istituto deve rispondere a questa esigenza innanzitutto formando il proprio personale a gestire con la dovuta competenza e sensibilità sociale anche queste nuove patologie correlate al lavoro.