Materiale del workshop "web 2.0, una moda o una opprtunità per le aziende", del 29/10/2010 presso la sala conferenze della fiera di Longarone, in occasione di ARREDAMONT 2010; Organizzato e patrocinato da D.R. Lovewood.
Community Manager: un lavoro di moda… se chiedessimo alla madre di un CM che lavoro fa suo figlio, risponderebbe: bravo fiol… lavora molto.. É molto bravo
Molte, troppe volte (come professionista d’internet) mi trovo nella situazione in cui un cliente mi dice: voglio una pagina su facebook…
Normalmente rispondo in 2 modi diversi, a seconda del cliente, della giornata..ecc…
Te la meriti?
É proprio necessario?
Attualmente esiste evidentemente una supervalorazione del concetto di reti sociali… prima di poter decidere se realmente si tratta di un’opportunitá… io credo sia assolutamente necessario comprenderne i meccanismi
Evoluzione della rete…
Esiste anche un’evoluzione “concettuale”…
Filosofia 2.0 .. Manifesto cluetrain
Economia Long Tail (grazie all’uso della tecnologia ed ai bassi costi di distribuzione, la “lunga coda” rappresenta un’opportunitá equivalente ai super-venduti)
Tribus (Seth Godin) come convertire i tuo clienti in FANS della marca
Come le aziende possono interagire secondo la filosofia 2.0?
Nel modello industriale, la produzione in serie.. L’azienda non conosce il suo cliente.. E molte volte non si sforza nemmeno di conoscerlo…
Una famosissima frase di Henry Ford IL CLIENTE PUO SCEGLIERE LA SUA MACCHINA DEL COLORE CHE PREFERISCE, SEMPRE E QUANDO SIA NERO.
Curiosamente esiste un’analogia tra il paradigma della web 2.0 ed un mercato medievale:
In un mercato medievale (o mercato di paese), le persone stabiliscono relazioni personali, chi vende si preoccupa della relazione con il cliente e della sua reputazione (per fidelizzare il cliente) stabilendo una conversazione con il suo cliente e svolgendo la funzione di “esperto” e di “educatore”
Dal Manifesto Cluetrain (un best seller della filosofia 2.0, libro scritto piu di 10 anni fa)
"E' cominciata a livello mondiale una conversazione vigorosa. Attraverso Internet, le persone stanno scoprendo e inventando nuovi modi di condividere le conoscenze pertinenti con incredibile rapidità. Come diretta conseguenza, i mercati stanno diventando più intelligenti e più velocemente della maggior parte delle aziende".
Vorrei che rispondeste voi a questa domanda… dopo aver visto il video…
É evidente che i social media rappresentano un’opportunità molto interessante per le aziende, pero… non a qualsiasi costo…
Attenzione, bisogna utilizzare una metolodogia per determinare:
Se per il nostro target ha senso partecipare nei social media
Se siamo preparati per farlo (è necessario un cambio nella filosofia aziendale)
Su quali reti sociale dobbiamo andare
Con che tipo di azioni
Dale Carnegie (seudónimo de Dale Breckenridge Carnegie, 24 de noviembre de 1888 - 1 de noviembre de 1955) fue un empresario y escritor de libros de auto ayuda, estadounidense.
Carnegie fue promotor de lo que ahora se llama asunción de responsabilidades, aunque esto sólo aparece puntualmente en sus escritos. Una de las ideas centrales de sus libros es que es posible cambiar el comportamiento de los demás, al cambiar nuestra actitud hacia ellos.
Mad Man, é un telefilm americano che parla del mondo della pubblicità e di uno spietato pubblicitario
Prima di entrare nella metodologia a utilizzare per definire il nostro Social Media Plan.. Vorrei fare una passeggiata veloce per i principali strumenti 2.0 che esistono attualmente…
Il blog è uno degli strumenti di dialogo e partecipazione per eccellenza. Usato a livello aziendale, per esempio dando voce agli specialisti o alle figure chiave, permettono la creazione di veri e propri canali di comunicazione bidirezionali tra la marca ed i consumatori. Sono altrettanto importanti per impulsare la filosofia 2.0 all’interno delle aziende e di gestire il talento aziendale attraverso delle reti di contatti non gerarchizzate.
RSS (Really Simple Syndication ) e i relativi tool di consolidazione e lettura costituiscono una scelta interessante alla distribuzione d’informazione. L'applicazione principale per cui è noto sono i feed RSS, che permettono di essere aggiornati su nuovi articoli o commenti pubblicati nei siti di interesse senza doverli visitare manualmente uno a uno.
Social Bookmarking (delicious, digg-it ed altri) sono siti che permettono all’utente di catalogare e memorizzare le risorse di internet (pagine, documenti, ecc), condividendo questi indici con altre persone.
In un sistema di social bookmarking gli utenti registrano un catalogo di risorse Internet ritenute utili ed interessanti. Sovente questi elenchi sono pubblicamente accessibili e altre persone con analoghi interessi possono visionarli, casualmente o suddivisi per categorie. Alcuni sistemi di social bookmarking salvaguardano la privacy, consentendo la registrazione di segnalibri in forma anonima, e quindi non associati ad un utente.
La categorizzazione delle risorse avviene per mezzo di "parole chiave" (tag) liberamente e informalmente scelte dall'utente (Folksonomia). La maggioranza dei servizi di social bookmarking permette agli utenti la ricerca di segnalibri associati a determinate etichette (tag), oltre all'ordinamento delle singole risorse Internet in base al numero delle segnalazioni.
Assolutamente no! La presenza sui social media deve essere una scelta aziendale da valutare con attenzione, in quanto suppone non tanto una scelta di tipo tecnologico ma appunto sociale, obbligando l’azienda a portare a termine un processo di “adeguamento” della filosofia aziendale e dei meccanismi di comunicazione dell’azienda.
In ogni caso, a prescindere dal nostro grado di partecipazione, bisogna tener presente che a effetti di reputazione della marca, oggigiorno la nostra azienda non è quello che noi trasmettiamo al mercato attraverso la pubblicità ed il marketing tradizionale ma, spesso, quello che i nostro consumatori dicono di noi. E quindi crediamo che, anche se non in modo partecipativo, sia ormai obbligatorio monitorare le reti per capire se il messaggio che stiamo trasmettendo al mercato è recepito nel modo corretto.
Il primo passo è valutare se le reti sociali realmente rappresentano un’opportunità per la nostra marca o il nostro prodotto, determinando in quali reti risiede il nostro “pubblico obbiettivo”. Se non siamo in grado di determinare se realmente il nostro target risiede su qualche social media, probabilmente non valga la pena investire le risorse necessarie per partecipare.
Il secondo passo è sicuramente valutare se, come azienda, siamo in grado di accettare le regole della comunicazione 2.0:
Ascoltare prima, parlare poi
Generare conversazioni, comunicazione bidirezionale con il mercato
Condividere, co-creare
Non pensare alle vendite, ma pensare a come aiutare i nostri clienti
Non pretendere di essere infallibili, ma SEMPRE riconoscere i nostri errori
Regole, che probabilmente suppongano un cambiamento importante nella filosofia dell’azienda e che comunque deve essere esteso a tutta l’azienda stessa. Risulterà molto piú credibile il messaggio se tutta la nostra organizzazione, dalla direzione generale all’ultimo impiegato, dimostra maggior interesse nel trovare nuovi modi per aiutare i nostri clienti che in incrementare il volume delle vendite dell’azienda.
Per questa ragione, a volte, l’ingresso nel mondo del social media rappresenta un vero e proprio cambio culturale che ha il suo riflesso anche nella filosofia dell’azienda nel mondo “reale”.
Un esempio interessante di un’azienda che agisce secondo la filosofia 2.0 è il caso di Pastas Gallo, l’azienda di produzione di pasta leader del mercato spagnolo.
Il 29 maggio 2007 Abel, un informatico di Barcellona di 29 anni, scrisse una lettera all’azienda per denunciare la mancanza di alcune lettere (a U e la W) nel pacchetti di pasta a forma di lettere dell’alfabeto, così famosa tra i più piccini. Abel creò un blog per parlare della sua rivendicazione e chiese l’aiuto alla comunità di bloggers per diffondere la sua protesta.
L’azienda rispose prontamente alla lettera, assumendo il fatto e giustificando la difficoltà di produrre la U e la W per colpa della difficoltà di creare gli stampi adeguati per tali lettere. In ogni caso l’azienda invitava Abel a visitare il centro di produzione per capire con più precisione il problema e prometteva, in una lettera che accompagnava una cesta di prodotti regalo, che avrebbero studiato il problema per cercare una soluzione.
Il blog di Abel ebbe molto successo, ne parlarono stampa e radio, invitando Abel a partecipare a programmi radiofonici.
Il 30 ottobre 2007 una lettera annunciava a Abel la disponibilità delle lettere U e W, indicando che erano state aggiunte anche la Ñ e la @ completando in questo modi tutto l’alfabeto spagnolo e dando la possibilità di scrivere indirizzi email
Il 13 novembre del 2007 Abel ringraziava pubblicamente nel suo blog Pastas Gallo per aver raccolto la sua richiesta e aggiunto le lettere che mancavano.
Pastas Gallo dimostrò in quell’occasione di essere capace di ascoltare i consumatori e, grazie alle loro indicazioni, di migliorare il prodotto. È evidente che il beneficio a livello di reputazione della marca sia stato enorme; un bell’esempio di come approfittare una situazione potenzialmente negativa per convertirla in positiva.
Un caso di “cattiva gestione del social media” è quello della multinazionale Nestlé e della sua pagina de facebook. Tutto cominciò il 17 di marzo 2010, quando Greenpeace denunciò che Nestlé utilizzava olio di palma proveniente dall’Indonesia per l’elaborazione del suo prodotto Kit-Kat. La materia prima veniva estratta dalle foreste dell’Indonesia, dove vive una specie protetta di orangután, provocando la deforestazione e la distruzione dell’habitat naturale di questa specie.
Nestlè negò le accuse ed obbligò al ritiro di un video denuncia pubblicato su You Tube, e cancellò i commenti negativi pubblicati sulla loro pagina di Facebook, provocando giustamente l’effetto contrario: aumentarono i messaggi di protesta sul muro di Facebook e si pubblicarono immagini della marca con associata la parola “Killer”.
L’azienda non fu capace di reagire a tempo comprendendo i meccanismi dei social media, pregiudicando l’immagine della marca e perdendo l’opportunità di rafforzare il rapporto con il consumatore grazie ad una buona gestione di una situazione critica.
È assolutamente necessario sapere in partenza quali sono i nostri obiettivi; per molte ragioni. Senza obiettivi non sapremo mai se abbiamo raggiunto il nostro scopo e quindi non potremmo mai giustificare alla direzione aziendale se il nostro lavoro è servito a qualcosa e se l’investimento fatto ha dato i risultati che ci aspettavamo. (tutti vorremmo conservare il nostro posto di lavoro, vero? )
Gli obiettivi, inoltre, ci aiutano a non perdere di vista il punto di arrivo, evitando di disperderci nel cammino e di cambiare la nostra rotta in continuazione (causa principale di molti progetti iniziati e mai finiti). E, in ultima istanza, gli obiettivi ci permettono di valutare la correttezza della strategia disegnata, soprattutto se a medio / lungo termine, definendo dei punti di controllo intermedi.
Gli obiettivi possono essere quantitativi (voglio incrementare le mie vendite online un 5%)
o qualitativi (voglio migliorare l’immagine della mia marca). Ovviamente, nel caso di obiettivi qualitativi, sarà molto utile determinare una serie di indicatori equivalenti che mi permettono di valutare i risultati. Nel caso del nostro esempio, migliorare l’immagine della marca (o l’esperienza dell’utente con il nostro prodotto) potrebbe essere “misurato” con un numero determinano di fans a Facebook, o in alternativa con una diminuzione delle chiamate al servizio post-vendita del 5% in 6 mesi.
Nel caso degli obbiettivi quantitativi, dovremo introdurre indicatori che siano direttamente relazionabili con il tipo canale di comunicazione che utilizziamo..
Se stiamo vendendo su internet, potremo monitorizzare direttamente le vendite.. Se abbiamo una pagina web, potremo definire l’obiettivo come un incremento delle visite alla pagina web o come la permanenza sul site, se si tratta di un blog il comportamento puo essere diverso
Cerchiamo comunque di rimanere con i piedi per terra e di non porci degli obiettivi inverosimili. Soprattutto se siamo alla prima esperienza con i Social Media, ricordando la frase (con tranello) di un amico (grazie Mau): il 75% degli utenti raccomanda nelle reti sociali la loro marca preferita!
Grazie al social media abbiamo la possibilità che le persone raccomandino la nostra marca …. pero evidentemente il nostro lavoro è essere capaci di convertirci nella loro marca preferita… fuori dal Social Media.
Un primo passo sará analizzare la nostra concorrenza per sapere cosa stanno facendo e qual’e il grado di “maturitá” delle azioni online….
Anche nei social media dobbiamo analizzare il nostro mercato e definire in nostro target. È assolutamente necessario disegnare una serie di azioni personalizzate in base agli obiettivi che ci siamo prefissati di raggiungere ed al pubblico al quale ci stiamo dirigendo.
Da qui saremo in grado di definire quali reti sociali sono per noi interessanti e studiare il tipo di azione che dovremmo innescare nelle reti sociali che finalmente sono state scelte.
Il target può essere geografico, demografico, oppure rispondere ad altri criteri e affinità, come per esempio la passione per la fotografia.
È importante analizzare a fondo non solo la tipologia di cliente (demografia, geografia), ma anche cercare di creare un profilo sociale (interessi, abitudini, amicizie) e finalmente un profilo socio-tecnografico (maniera di interagire con i social media).
Nel caso citato in precedenza (appassionati di fotografia) potremmo trovarci ad esempio di fronte a profilo di persone di età compresa tra i 20 e 50 anni, di entrambi i sessi pero prevalentemente maschile, formazione media e superiore, amante dei viaggi e dell’elettronica di consumo, capace di destinare un 10% dei suoi guadagni alla passione per la fotografia, con una certa predisposizione per la natura, che fa sport almeno una volta alla settimana.
Dal punto di vista socio-tecnografico, si tratta di persone che partecipano attivamente nelle reti sociali, condividono fotografie e tecniche per la realizzazione delle migliori foto, partecipano nei blog specializzati e solitamente hanno preferenza per una o più marche di prodotti fotografici.
STIAMO PARLANDO DI UN SASSO, UNA PIETRA.. PERO NON TUTTE LE PIETRE SONO UGUALI E NON TUTTE LE PIETRE HANNO LO STESSO TARGET E SI VENDONO ALLO STESSO PREZZO…
L’IDENTITÀ DEL NOSTRO MARCHIO SERVE PER POSIZIONARE IL NOSTRO PRODOTTO NEL SEGMENTO ADEGUATO, E GIUSTIFICARNE IL PREZZO
Personalità (moderna, conservatrice, azzardata, ecc)
Linguaggio (formale, informale, disinibito, ecc)
Immagine (logo aziendale, personaggio inventato, impiegato, dirigente)
Contesto (esperto nei prodotti, supporto al cliente, ecc.)
Nell’esempio fatto in precedenza, la nostra immagine potrebbe rispondere a un personaggio inventato (rappresentato da un avatar), amante dei viaggi e della fotografia, con una personalità moderna, un linguaggio informale ma corretto ed esperto del’arte della fotografia, con la vocazione di pubblicare informazione utile riguardante consigli e trucchi per migliorare la nostra tecnica. In questo caso la persona non parlerebbe in nome del nostro marchio, ma in qualche modo verrebbe a rappresentarlo nel mondo online.
In questo caso potremmo utilizzare i vantaggi della comunicazione persona a persona, anche se avremmo lo svantaggio di non rappresentare direttamente il nostro marchio.
Arrivati a questo punto ci resta solo la definizione delle azioni a livello di reti sociali ed il timing di esecuzione. Ma questi saranno gli argomenti del quarto (ed ultimo) post di questa miniserie dedicata ai social media.
Dovremmo scegliere i canali a utilizzare e disegnare le azioni specifiche per ogni canale. La scelta dipenderà da una serie di fattori come:
La presenza del nostro target sul canale selezionato. (evidentemente non ha molto senso disegnare una landing page su facebook sapendo a priori che il nostro target non usa prioritariamente facebook)
Il profilo socio tecnografico del nostro “consumatore”, e per cui la maniera di interagire e di relazionarsi con gli altri. In questo caso sarà importante sapere se il nostro target, ad esempio, è un gran consumatore di contenuti (e quindi la nostra attività si dovrà centrare principalmente in generare contenuti di valore utilizzando per esempio un blog corporativo), oppure se il profilo risponde più al generatore di contenuti (e quindi la nostra attività si dovrà centrare sulla generazione di conversazioni attorno ai contenuti generati da altri, come per esempio i commenti ad altri blog).
Gli obiettivi che ci siamo prefissati (incrementare le vendite, migliorare il supporto al cliente, migliorare l’immagine del marchio), che possono influire in modo decisivo sulla tipologia di rete sociale a utilizzare.
Definiremo pertanto l’uso dei vari canali, lo scopo o l’obiettivo principale e il calendario o periodicità che vogliamo utilizzare per ognuno di essi.
Potremmo quindi disegnare un blog aziendale per generare contenuti di valore per i nostri consumatori e “innescare” il dialogo, “ascoltare” la “blogosfera” e commentare gli articoli pubblicati in altri blog per mantenere il livello di conversazione nella rete.
Disegnare ed utilizzare un canale in youtube e in slideshare per pubblicare materiale relativo ai nostri prodotti (ad esempio)
creare un canale in twitter per dare supporto ai nostri clienti, dinamizzare il dialogo e mantenere una rapporto molto più diretto con il nostro pubblico.
In questa fase potremmo preferire sviluppare le nostre piattaforme sociali, nel caso in cui non sia possibile l’utilizzo di reti pubbliche già esistenti. Questo tipicamente sarà il caso di modelli B2B, o quando il nostro target è composto di professionisti (per esempio del mondo della salute) e i contenuti a trattare non sono direttamente divulgabili su internet (come ad esempio informazione relativa a prodotti farmaceutici).
In questa fase potremmo preferire sviluppare le nostre piattaforme sociali, nel caso in cui non sia possibile l’utilizzo di reti pubbliche già esistenti. Questo tipicamente sarà il caso di modelli B2B, o quando il nostro target è composto di professionisti (per esempio del mondo della salute) e i contenuti a trattare non sono direttamente divulgabili su internet (come ad esempio informazione relativa a prodotti farmaceutici).
In ogni caso, la definizione della nostra identità digitale ci servirà per stabilire in ogni momento “la forma” che useremo per partecipare nelle conversazioni sui Social Media e ci aiuterà a garantire la coerenza nei diversi canali e nelle diverse azioni che abbiamo disegnato.
Arrivati a questo punto, ci rimane la parte che solitamente dimentichiamo: il controllo. Tutto lo sforzo che abbiamo fatto fino ad ora genera un feedback che dovremmo essere in grado di analizzare ed interpretare per sapere se stiamo lavorando correttamente e stiamo raggiungendo gli obbiettivi stabiliti.
Si tratta in definitiva di stabilire un circuito di miglioramento continuo basato nei risultati delle nostre azioni nei Social Media.
L’analisi si potrà realizzare in funzione del tipo di rete utilizzata, definendo indicatori di controllo tanto quantitativo come qualitativi, oppure creando degli indicatori specifici in funzione degli obbiettivi che ci siamo prefissato.
Nel primo caso (prendendo come esempio un blog corporativo), potremmo definire come indicatori quantitativi il numero di visitatori unici, il numero di pagine viste ed il numero di suscribers via RSS; e come indicatori qualitativi la media dei commenti per post, la quantità di “conversazioni” generate partendo dai commenti ed il matching tra il nostro target ed il profilo dell’utente che visita il nostro blog.
Se parlassimo di un canale twitter, gli indicatori quantitativi sarebbero il numero di followers, il numero di risposte che si generano in media o il numero di “retwitts” che generano in media i nostri messaggi; e dal punto qualitativo il profilo del nostro follower (livello di coincidenza con il nostro target).
Ogni tipo di rete dovrà essere analizzato in base a parametri specifici. Se parliamo di una pagina web, sarà importante la media di pagine viste per ogni visita. Se parliamo di un blog, forse sarà più interessante il tempo medio di permanenza in una pagina rispetto alla media di pagine viste.
Se invece vogliamo analizzare i risultati dal punto di vista del beneficio che ci generano, dovremo definire altri tipi di indicatori. Ci interesserà sapere, ad esempio, quanti suggerimenti o critiche che abbiamo ricevuto via reti sociali sono risultati utili per migliorare il nostro prodotto o servizio, oppure come il dialogo nelle reti sia capace di ridurre il numero di commenti negativi dei nostri clienti.
In ogni caso dovremmo analizzare ed interpretare con una certa periodicità tutte le informazioni che riceviamo come feedback delle nostre azioni per sapere esattamente dove ci troviamo e se stiamo andando nella direzione giusta (quella definita dai nostri obbiettivi)