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Retail operations
in evoluzione
EstrattodaLargoConsumon.2/2017©EditorialeLargoConsumosrl
Cambiamento degli stili di consumo e sfide della multicanalità
spingono i retailer a rinnovarsi sul piano culturale
e strutturale: in che modo?
ORGANIZZAZIONE
I FORUM
DI LARGO CONSUMO
62
DISTRIBUZIONE
n che modo i retailer italiani interpretano il cambiamento
dei modelli di business e organizzativi? A questa e ad al-
tre domande ha cercato di dare risposte il Forum “Retail
Operations: i modelli organizzativi evolvono” lo scorso
25 novembre a Milano presso la sede di Confimprese, partner
di Largo Consumo nella realizzazione di questo momento di
confronto.
«La multicanalità è la chiave di volta per il cambiamento
delle abitudini di consumo, dei processi di vendita e dell’or-
ganizzazione del punto di vendita», ha osservato in apertura
Armando Garosci, giornalista di Largo Consumo e modera-
tore della tavola rotonda, organizzata proprio per raccogliere
testimonianze sullo stato dell’arte del retail alla luce delle nuo-
ve esigenze dei clienti. Lo spunto iniziale è venuto dalla testi-
monianza video di Cristiano Flamigni, direttore Retail New
Format del gruppo MFE2, realtà sotto cui sono compresi i mar-
chi Toys Center, Bimbo Store, Prénatal e King Jouet con 329
punti di vendita e circa 3.000 persone impiegate. Secondo
I
l’idea che Flamigni ha illustrato nell’intervista, la chiave di vol-
ta per il retailer oggi è fare della produttività di negozio non
semplicemente un dato a consuntivo ma un obbiettivo guida da
darsi a priori per guidare le proprie scelte, da raggiungere otti-
mizzando i processi, coinvolgendo le risorse umane, trasfor-
mando l’”arte” che anima il negozio in una nuova “scienza”
della vendita. È il concetto dell’ingegnerizzazione del model-
lo retail, nato dalle grandi catene francesi e messo in atto dal-
l’Esselunga di Caprotti per prima in Italia, ma ancora da fa-
re proprio capillarmente nel nostro Paese. E questo soprattutto
alla luce di un concetto di multicanalità che esige una presenza
dei rivenditori anche nel mondo virtuale. MFE2 ha annunciato
l’intenzione di volervisi adeguare lanciando nella prossima pri-
mavera una app che consente di consultare gli assortimenti in
maniera innovativa, ponendo le premesse per poter disporre di
una sorta di “chiosco evoluto” a disposizione degli utenti-clien-
ti. Come si muovono invece altri grandi marchi del retail?
BRICOCENTER:
VOCAZIONE ALLA PROSSIMITÀ
Fabrizio Leopardi, direttore Sviluppo Persone di Bricocen-
ter, ha ricordato le tappe di un brand nato da La Rinascente e
sviluppatosi negli anni Ottanta-Novanta. Insieme a Leroy
Merlin, Zodio e Bricoman, Bricocenter è ora parte del grup-
po Adeo in Italia. Con 53 negozi diretti e 13 in franchising,
1.500 impiegati, Bricocenter vanta due tipi di format: il nego-
zio in centro città con una dimensione di meno di 1.500 mq e
20 dipendenti, dedicato soprattutto al bricolage di manuten-
zione, riparazione e sostituzione, e il negozio di media pro-
vincia da 2.500 mq con 20-25 collaboratori e gamme un po’
più ampie rispetto al centro città. Il tasso di conversione, vale
a dire di persone che effettivamente comprano rispetto a quel-
Retail operations in evoluzione
ORGANIZZAZIONE
Cambiamento degli stili di consumo e sfide della multicanalità spingono
i retailer a rinnovarsi sul piano culturale e strutturale: in che modo?
di Floriana Liuni e Armando Garosci
IFORUM
DILARGOCONSUMO
Approfondimenti: www.largoconsumo.info/tag/Layout e Format
Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla
tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo
• In che modo rendere un’idea adeguata dell’evoluzione in atto
dei modelli organizzativi in ambito retail? E per quanto
riguarda, nello specifico, quella riguardante i format e i nuovi
concept espositivi?
• Quali spunti di riflessione si possono innestare su questi temi
alla luce dei grandi cambiamenti che interessano la cultura
del mercato, investito dalla “rivoluzione” cui si sta assistendo
in questi anni sul piano degli stili di vita e dei comportamenti
d’acquisto, da un lato, e della multicanalità dall’altro?
I temi della tavola rotonda:
LARGO CONSUMO n. 2/2017
62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 62
DISTRIBUZIONE
le che entrano in negozio, è intorno al 60%, con una cliente-
la stratificata su 6 target principali. L’impatto dell’organizza-
zione sulle risorse umane è quello della ricerca di modelli di
coinvolgimento del personale mirati a far acquisire al perso-
nale l’autonomia necessaria ad ottimizzare il lavoro. D’altro
canto, nota Leopardi, se dare autonomia è importante, è pur
vero che si tratta di processi da gestire in maniera univoca ed
efficiente anche alla luce del fattore tempo, sempre più priori-
tario ai tempi dell’e-commerce. In che modo? «Alle 9 del mat-
tino facciamo il briefing del giorno, socializzato su What-
sApp, in modo che tutti abbiano chiari gli obbiettivi e il senso
della giornata – esemplifica Leopardi -. Il riassortimento degli
scaffali avviene al di fuori degli orari di apertura. È un pro-
cesso complicato da gestire. Occorre darsi delle priorità sul ne-
gozio e coinvolgere attivamente tutti i comparti». A proposito
delle tecnologie in grado di migliorare la vendita, «da tre mesi
– racconta Leopardi - abbiamo dotato ogni collaboratore di un
dispositivo mobile tramite il quale, su gruppi interni o esterni
con i clienti su WhatsApp, condividere le esperienze di vendi-
ta. Questo aiuta tutti a trovare nuovi spunti e a sviluppare mi-
gliori soluzioni. Altra tecnica è quella del “bollino”: ogni volta
che un prodotto viene venduto lo si associa a nome, numero e
codice del venditore. Ciò consente di ingegnerizzare non solo i
processi ma anche le relazioni. E consente al cliente di contat-
tare subito il venditore anche per assistenza post vendita».
Spunti per il futuro? «Stiamo allargando l’insieme dei servizi
che offriamo ai clienti per approfondire la nostra vocazione di
prossimità. Anche il nostro nuovo sito internet avrà un approc-
cio totale verso il bisogno del cliente, permettendo, oltre alla
navigazione classica che consente la ricerca del singolo prodot-
to per caratteristiche, anche una per “utilizzo”, che comprenda
tutti i prodotti che soddisfano un determinato bisogno. Ovvia-
mente – conclude Leopardi – in tutto questo la formazione del
personale sarà essenziale, per condividere e diffondere capil-
larmente le best practices adottate dai diversi negozi».
TIGER ITALIA 1:
LA CREAZIONE DELL’EXPERTISE
Per Javier Gomez, country manager di Tiger Italia 1 (so-
cietà del gruppo Flying Tiger Copenhagen), il punto focale su
cui concentrarsi per vincere la concorrenza sulle vendite è
l’elemento di giocosità che caratterizza fin dal recente sbarco di
Tiger in Italia. Flying Tiger Copenhagen è presente nel nostro
Paese con Tiger Italia 1, 2 e 3, che coprono tutto il territorio na-
zionale e sono partecipate al 50% dagli stessi partner locali. Ti-
ger Italia 1, che si estende per il Centro Nord, è oggi la società
più grande con 49 negozi, 71 milioni euro di fatturato, 600 per-
sone impiegate di cui la stragrande maggioranza con contratti a
tempo indeterminato. Sono 17 le famiglie di prodotti trattate,
con duemila novità all’anno e diverse campagne ed esposizioni
che ruotano nel corso dei mesi. Ma prima di arrivare a questo
risultato è stato necessario compiere diversi piccoli passi so-
prattutto all’inizio dell’avventura, quando la casa madre dane-
se, nata senza grandi pretese di espansione, non dava alcuna li-
nea guida ma si affidava totalmente all’iniziativa personale dei
partner locali, nonché alla loro capacità di testare (e sbagliare)
le migliori soluzioni.
«Il lato positivo di tutto questo – spiega Gomez – è che in
questo modo abbiamo creato noi stessi la nostra expertise, sce-
gliendo un concept fai da te che avvicinasse il cliente al pro-
dotto, permettendogli di raggiungerlo e usarlo per divertirsi an-
che solo con l’esposizione».
Qual è l’apporto della tecnologia a questo approccio? «Al
momento abbiamo una piattaforma per raccogliere i feedback
dei clienti – risponde Gomez – ma stiamo studiando una nuova
soluzione che porti anche on line la dimensione del divertimen-
to per il cliente. Ai fini della vendita, il parametro che vogliamo
migliorare non è quello del tasso di conversione, che al momen-
to è del 70%, quindi più che soddisfacente, anche se molti dei vi-
sitatori del nostro negozio entrano proprio solo per divertirsi con
i nostri prodotti, e poi raccontarlo e condividerlo con gli amici.
Quello che al momento ci interessa sviluppare sono soluzioni di
cross selling». Il che può anche essere un modo di riutilizzare le
eventuali rimanenze di magazzino. «Con un turnover di 200 pro-
dotti al mese – spiega Gomez – la gestione di magazzino diven-
ta fondamentale. Il nostro team studia, sulla base dei dati a di-
sposizione, quali prodotti vengono più venduti e in quali negozi,
in modo che si possano ideare combinazioni ottimali tra articoli
con le migliori prospettive di vendita. In questo modo si riduco-
no le rimanenze. Gli ultimi pezzi, comunque – conclude Gomez
– vengono venduti sotto forma di surprise bag a prezzi ridotti o
dati in abbinamento ad acquisti minimi».
EXPERT:
LA NECESSITÀ DI PERSONALIZZARE IL SERVIZIO
Roberto Omati, direttore generale di Expert, ha descritto il
format della catena, che comprende 445 negozi con una metra-
tura media di poco inferiore ai 1.000 mq, tipica dei negozi di
prossimità ubicati nei centri abitati: «Il fatturato del Gruppo Ex-
pert Italy, nel 2016, ha raggiunto un 1,93 miliardi di Euro (al
pubblico, IVA esclusa), l’insegna è al massimo della sua noto-
rietà, dopo 50 anni di attività e continua ad essere leader nel re-
tail del settore – ha spiegato –. Il fatto di avere un format di
prossimità è stato provvidenziale per noi perché, tra le peculia-
rità che risultano essere punti di forza e di competitività, spic-
cano: costi di funzionamento contenuti; presenza del titolare;
persone conosciute e competenti. Non solo. I nostri negozi ben
si adattano anche al nuovo modello di retail basato sulla multi-
canalità perché il cliente potrà scegliere online e ritirare nel ne-
gozio di fiducia, ubicato vicino alla sua abitazione». Secondo
Omati l’innovazione nel retail oggi è fondamentale: «Alcune
categorie di prodotti, come smartphone e dispositivi mobili,
hanno favorito lo sviluppo delle vendite nel nostro settore, pur
se parte di queste hanno compensato le perdite di numerose ca-
tegorie di prodotto che ormai non esistono più oppure che, di
fatto, non si commercializzano più attraverso i negozi; da qui,
l’emergente e concreta difficoltà di riduzione dei margini ». Si
lavora quindi alla ricerca di soluzioni che possano rappresen-
I partecipanti alla tavola rotonda
azienda
MFE2
Bricocenter
Tiger Italia 1
Expert
Tally Weijl
Temsi
Ikea Food
America Graffiti
L’Erbolario Franchising
Nau!
Primadonna
funzione
Direttore Retail New Format
Direttore Sviluppo Persone
Partner
Direttore Generale
Country Manager
Country General Manager
Risk & Compliance Manager
Italy
Direttore Commerciale
Amministratore Delegato
Presidente
Head of Business Development
nome
Cristiano Flamigni
Fabrizio Leopardi
Javier Gomez
Roberto Omati
Marco Dellapiana
Emiliano Russomando
Dino Maldera
Fabio La Corte
Andrea Prange
Fabrizio Brogi
Franco Chiarizio
Servizio fotografico: Gustavo Venturini - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)
̈
63LARGO CONSUMO n. 2/2017
62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 63
64 LARGO CONSUMO n. 2/2017
DISTRIBUZIONE
tare valide alternative per
il recupero dei margini e
per distinguersi dai com-
petitors; ad esempio, lo
sviluppo dell’offerta nel
campo dei servizi a valore
aggiunto «Cresce l’esi-
genza e l’aspettativa dei
clienti di soluzioni perso-
nalizzate; ad esempio,
quando si sostituisce un
device come lo smartpho-
ne oppure come il laptop,
è necessario fare il setup
software e trasferire i dati
dal vecchio apparato al
nuovo; oltre a ciò, spesso
è richiesta la possibilità di
acquistare degli accessori personalizzati come la cover». Il Va-
lore di un addetto vendita competente e gentile, in grado di of-
frire un giusto consiglio e la rassicurazione, sono poi un im-
portante passo successivo. «Con lo sviluppo del concept “Ex-
pert People” abbiamo voluto valorizzare questa distintività di
Expert ed il valore offerto dalle nostre persone – spiega Omati.
Questo nuovo concetto, lo stiamo declinando sia nella pubblici-
tà (non più centrata solo sulla semplice comunicazione dell’of-
ferta di convenienza), ma anche nell’attività di training motiva-
zionale di tutti i collaboratori che sono coinvolti e “ci mettono il
loro volto”».
TALLY WEIJL:
IL NEGOZIO COME “BRAND THEATER”
Una storia più giovane è quella di Tally Weijl, marchio di
“fast fashion” da 10 anni in Italia, oggi con oltre 200 punti di
vendita (di cui 160 in franchising). Racconta il country general
manager Marco Dellapiana: «Il contesto competitivo è “to-
sto”, ma l’azienda cresce, pur restando di proprietà familiare:
quest’anno apriremo 29 punti di vendita e contiamo di prose-
guire con questo ritmo nei prossimi anni.
Il nostro scontrino medio è di 25 euro, specchio di un busi-
ness model veloce, con rotazione mensile e 12 collezioni al-
l’anno, destinate a un pubblico femminile giovane. In Italia la
cliente media ha 18/19 anni (l’obbiettivo è ampliare il target fi-
no ai 25-30), e rappresenta per noi una sfida. Si tratta infatti
della cosiddetta “generazione Z”, che si affaccia per la prima
volta al mercato ma lo fa a metà tra il reale e il virtuale. Le
clienti sono selettive, sempre connesse alla tecnologia e molto
informate, quindi il “customer journey” va gestito in sinergia
tra on line e offline. Il punto di vendita fisico deve diventare il
brand theater, dove il brand si declina e vive, concretizzando
l’emozione vissuta anche on line». La multicanalità è quindi
un fattore centrale, anche se le clienti italiane si differenziano
per tassi di conversione on line inferiori a quelli di negozio.
«Questo accade perché le ragazze si informano sul sito, ma
poi vengono in negozio ad acquistare con le mamme o con le
amiche, trasformando il momento dell’acquisto anche in mo-
mento di socializzazione». Come si quantificano tutti questi
comportamenti? «Da tempo non usiamo più i kpi solo come
consuntivo, ma anche nella pianificazione – conclude Della-
piana –. Sicuramente l’aspetto su cui lavorare è il servizio al
cliente e il suo coinvolgimento. Un anno e mezzo fa l’azienda
puntava all’uniformità di linee guida sul punto di vendita, con
focus sull’efficienza.
Oggi riscontriamo un
trend leggermente nega-
tivo relativamente alle
presenze in negozio, ma
un aumento del tasso di
conversione, fatto che
dipende dal migliora-
mento della cultura del
bisogno e del merchan-
dising, che deve preve-
dere la possibilità di una
certa autonomia nel-
l’esercizio dei punti di
vendita e il fatto che i
clienti siano un po’ me-
no numerosi, ma più in-
formati. Per ottimizzare
ulteriormente il rapporto
col cliente stiamo quindi sviluppando un sistema di CRM che ci
aiuti a gestire meglio i dati a nostra disposizione».
TEMSI:
IN AMBITO RETAIL TUTTO È MISURABILE
Tutto questo riporta all’esigenza di ingegnerizzare l’arte del-
la vendita attraverso l’attenta scienza della gestione dei dati.
Ben lo sa Emiliano Russomando, partner della società di con-
sulenza Temsi, nata 40 anni fa da un team di ingegneri specia-
lizzati nell’ottimizzazione dei processi di fabbriche metalmec-
caniche o manifatturiere. La svolta nel campo della gdo è arri-
vata negli anni Ottanta-Novanta, quando la società viene avvi-
cinata da Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, che per pri-
mo delegò a Temsi il compito di ingegnerizzare i processi di
vendita retail, ancora affidati alla libera iniziativa dei “botte-
gai”. È l’inizio di una collaborazione lunga 13 anni.
«Ottenemmo risultati duplici – racconta Russomando -: sco-
primmo che i supermercati non sono altro in effetti se non una
fabbrica in termini di possibilità di efficientamento. Magazzino,
tempistica, allestimenti: tutto è ingegnerizzabile. Non c’è diffe-
renza tra costruire un prodotto e allestire uno scaffale, è sempre
possibile ottimizzare i tempi da utilizzare altrimenti, soprattutto
nelle funzioni “front”, di servizio al cliente. Dopo di allora ab-
biamo lavorato con tantissimi retailer, soprattutto nel mondo dei
servizi». Le dimensioni “arte” e “scienza” nel campo della ven-
dita per Russomando , dunque, sono interdipendenti e vitali allo
stesso modo entrambe. «I dati sono importanti, ma la sfida è sa-
perli usare. Oggi spesso i kpi vengono usati a consuntivo; noi
stiamo invece tentando di portare a conoscenza la tecnica dello
standard operativo, basato non su quanto si è fatto fino a quel
momento o sui dati relativi al resto della catena, o dei competi-
tor, ma sulle caratteristiche specifiche del negozio, chiedendo a
ciascuno quello che può dare. Riscontriamo poi che esistono
molti slogan e intuizioni, ma manca una misurazione di questi
servizi. Anche il servizio, infatti, si può codificare e misurare,
per ottimizzarlo. Per esempio, i livelli di coda desiderata, i con-
tatti con i clienti, la durata delle conversazioni. Potrebbe sem-
brare un concetto che uccide l’anima del commercio, ma non è
così. Usare bene il tempo infatti va a tutto vantaggio del cliente».
IKEA FOOD:
BIO, AMBIENTE, CORTESIA
Un concetto condiviso anche da Dino Maldera, risk and
compliance manager Italy di Ikea Food, secondo cui l’inge-
Da sinistra, Emiliano Russomando (Temsi), Armando Garosci (Largo Consumo),
Marco Dellapiana (Tally Weijl), Roberto Omati (Expert), Javier Gomez (Tiger
Italia I) e Fabrizio Leopardi (Bricocenter).
62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 64
65
DISTRIBUZIONE
gnerizzazione dei processi non può che giovare alla shopping
experience. Il business Ikea Food nasce come marginale rispet-
to a quello del celebre negozio di mobili e accessori per la ca-
sa, creato quasi solo allo scopo di prolungare la permanenza dei
clienti in negozio, ma è diventato ormai un sistema a sé. «Ikea,
che sembra un’azienda così “easy”, è in realtà molto struttura-
ta e ricca di dati e indicatori di performance internazionali in
continuo confronto per identificare i migliori potenziali da rag-
giungere – spiega Maldera -. Per quanto riguarda l’Italia, per
esempio, sappiamo che su 100 clienti Ikea circa 80 passano an-
che dal food, declinato nei tre format del self service, la botte-
ga di prodotti 100% Svezia e il fast food.
In Italia abbiamo anche il coffee bar, che altrove non esiste
perché non c’è la cultura dell’aprire il ristorante alle 8.30 appo-
sta per la colazione. Lo scontrino medio alimentare è vicino
ai 6,50 euro, tenendo presente che i prezzi sono molto demo-
cratici». Una condizione, unita alla crisi e al conseguente taglio
dei ticket restaurant, che fa sì che molti lavoratori scelgano Ikea
Food per la pausa pranzo, e spesso si presentino solo al risto-
rante senza passare per il negozio principale.Altro driver di svi-
luppo è il biologico, presente da sempre sugli scaffali di Ikea
Food dati gli ideali di salvaguardia dell’ambiente propri del
marchio, ma che oggi esercita un appeal particolare, facendo
dello spin off della catena svedese una delle realtà bio più im-
portanti d’Italia, tanto da far meritare al nostro Paese il premio
“polpetta d’oro”, istituito ispirandosi al piatto più celebre del
menu Ikea. Punti di forza e debolezza del modello Ikea Food?
«Da tempo abbiamo lasciato da parte il focus sulla produttività
– risponde Maldera -. Ora per noi la sfida più importante è sa-
per mettere le persone giuste al posto giusto. La cosa difficile
non è tanto trovare le persone: sono tanti i giovani entusiasti dei
rapporti informali e dei valori Ikea: bio, ambiente, cortesia, ca-
pacità di offrire esperienze di shopping a 360 gradi. Il difficile è
proprio collocare bene tutte queste risorse, a livello mondiale».
AMERICA GRAFFITI:
AL CENTRO LA RELAZIONE “ONE-TO-ONE”
Tutt’altro genere di ristorante è America Graffiti, catena ita-
liana in chiave USA anni Cinquanta che dal 2008 offre piatti di
carne, hamburger e tex-mex adatti ormai anche al pubblico tri-
colore. Il tutto condito dalla passione dei suoi fondatori per il
sogno americano, con tanto di rock’n’roll, motori e pin up. «La
nostra storia è piacevole e complessa – racconta il direttore
commerciale Fabio La Corte –. Siamo nati come attività fami-
liare, entrati in banca solo col nostro business plan e abbiamo
dovuto lottare per avere i fondi per aprire i primi ristoranti. Og-
gi il network ,anche grazie al
successo del progetto Franchi-
sing avviato nel 2011, apre 15
ristoranti all’anno, consta di
61 locali che fatturano in me-
dia 1,8 milioni nella versione
Diner, e puntiamo ai 100 loca-
li entro il 2018. Il format scel-
to è quello del Diner all’ame-
ricana: 400-600 mq con tavoli
che ruotano anche 2-3 volte
nei weekend.Abbiamo poi an-
che il Fast Food,150-200 mq,
formula ideale per aprire nelle
food court dei centri commer-
ciali e dei cinema. Le apertu-
re, come negli USA, sono set-
te giorni alla settimana, offrendo il servizio a pranzo e cena».
Quanto agli aspetti gestionali del ristorante questi sono tutti or-
ganizzati dal franchising nel manuale operativo sulla base di un
preciso percorso formativo che offre soluzioni organizzate e
procedurizzate riguardo ai problemi principali da gestire come
per esempio «la gestione e gli approvvigionamenti delle mate-
rie prime, le preparazioni, il sistema di evasione dei piatti, la
conservazione, gli scarti, eccetera. Tutto è finalizzato alla capa-
cità di soddisfare le aspettative del cliente, che vuole godersi a
pieno l’atmosfera USA anni Cinquanta». Margini di migliora-
mento? «Si tratta di un tipo di approccio al cliente che va com-
preso da parte degli addetti italiani di sala – risponde La Corte
–. Per esempio non è così scontato dire il proprio nome e co-
gnome al cliente, gestirlo in modalità “one to one”, metterci la
faccia insomma. Serve anche un tipo di approccio diverso sulla
gestione delle critiche ai piatti o al servizio: solitamente nei ri-
storanti italiani si tende a difendere il proprio operato più che a
pensare alla soddisfazione del cliente. La nostra Academy ope-
ra tutti i giorni per portare questa cultura nei programmi di for-
mazione che durante l’anno coinvolgono gli oltre 1.200 opera-
tori che lavorano nel Network America Graffiti». Quanto ai
punti di forza diAmerica Graffiti, La Corte non ha dubbi: la ca-
pacità di gestire internamente tutti i servizi a supporto della re-
te e la gestione della supply chain, affidata ad Havi Logistics,
provider internazionale specializzato nelle gestione delle mate-
rie prime per le catene di ristorazione, con consegne puntuali,
sempre lo stesso giorno e alla stessa ora per evitare confusione
e sprechi.
L’ERBOLARIO:
IL VALORE DEL SERVIZIO AL CLIENTE
Sulla qualità punta invece ormai da decenni un marchio sto-
rico come quello de L’Erbolario di Lodi. «La casa nasce nel
1978 quando le erboristerie erano davvero poche – racconta
Andrea Prange, ad di L’Erbolario Franchising –. Ora, in
pieno boom di negozi del genere, sebbene razionalizzati dalla
crisi, il nostro marchio vanta 153 negozi di cui 126 in franchi-
sing, un sell out di 47 milioni di euro nel 2015 e un tasso di con-
versione dell’80%». L’azienda si propone, nel 2017, di aprire
altri 25-30 punti di vendita per raggiungere location anche am-
biziose. E, naturalmente, di lavorare per rendere sempre più di
valore l’esperienza di shopping. «Il tempo medio delle consu-
lenze che i nostri addetti offrono ai clienti è elastico – spiega
Prange - perché il punto di vendita è tendenzialmente piccolo e
il flusso dei clienti è gestibile. Si parla di consulenze che pos-
sono arrivare anche a 15-25 se si tratta di una seduta trucco o di
una consulenza viso, con ven-
dite che quasi sempre vengono
finalizzate, quindi è tempo
speso bene. L’Erbolario è
esperienza di coccola anche
nello shopping, quindi la di-
mensione dell’”arte” è fonda-
mentale, ma sempre alla luce
della “scienza” dei numeri –
aggiunge –. Se la nostra realtà
industriale è forte è perché ab-
biamo tenuto sotto controllo
tutte le variabili, dalla produtti-
vità al controllo materie prime,
all’estrazione dei principi atti-
vi controllati al 100% a partire
dal raccolto, il che ci con- ̈Da sinistra, Dino Maldera (Ikea Food) ed Emiliano Russomando (Temsi).
LARGO CONSUMO n. 2/2017
62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 65
66
sente di raggiungere un eccellente rapporto qualità prezzo. In
questo modo non abbiamo mai risentito di cali di vendite, nem-
meno quando altre catene di profumeria sono andate in crisi».
Dove si può migliorare? «Senz’altro nella presenza sulla rete di
distribuzione – risponde Prange –. L’Erbolario è molto focaliz-
zato sul centro nord. Inoltre il nostro format va ripensato in ot-
tica di utilizzo di materiali di costo inferiore ma di qualità per-
cepita identica». E per quanto riguarda le risorse umane? «La
sfida è molteplice – spiega Prange. – Le nostre addette alla ven-
dita devono avere competenze scientifiche e biologiche specifi-
che, quindi è fondamentale sia l’amore per il settore sia la com-
petenza. Ma lo è anche la capacità di comunicare con linguag-
gio appropriato, non troppo tecnico. Anche nella gestione dei
commenti sui social network – conclude l’ad – i nostri tecnici
sono chiamati a rispondere personalmente, con semplicità e
competenza, quando sui social emergono quesiti di tipo parti-
colare».
NAU!:
L’OCCHIALERIA DIVENTA LUDICA
Un aspetto di totale novità è comunicato invece dal
brand Nau!, l’occhialeria che fa rima con design e rispetto per
l’ambiente. «Inizialmente fondare una casa come la nostra su
valori come la sostenibilità ambientale che si accompagna a
prezzi abbordabili sembrava una scommessa persa in partenza,
quasi derisa da tutti – ricorda il presidente, Fabrizio Brogi -.
Alla lunga però ha pagato, perché oggi questi valori sono lar-
gamente diffusi. Prima di tutto, sono un efficace strumento di
marketing, tanto più efficace quanto reale e percepito come va-
lore aggiunto dal cliente». In che modo si concretizzano questi
valori? «Le nostre collezioni sono lanciate ogni 15 giorni e in
edizione limitata – spiega Brogi – con pochissimi esemplari per
negozio, in modo che il cliente sappia che, se una cosa gli pia-
ce, gli conviene acquistarla subito, o rischia di non trovarla più.
Ciò riduce anche enormemente gli sprechi e le rimanenze».
Con 110 negozi, 24 milioni di fatturato lo scorso anno che di-
venteranno circa 30 nel 2016 e oltre 500 addetti il gruppo Nau!
è concentrato soprattutto al Nord ma cerca l’espansione anche
al Sud. «Non apriamo un negozio se non pensiamo di fatturare
almeno 400.000 euro l’anno e in media ne fatturiamo 1-2 mi-
lioni. Preferiamo metrature di circa 100 mq, in location centra-
li. Quali sono i driver della crescita di Nau!? «Il nostro concet-
to è che le donne, nostre principa-
li clienti, tornino da noi perché si
sono divertite – risponde Brogi, –
non solo perché hanno acquistato
qualcosa che piace. È fondamen-
tale l’elemento ludico, la piacevo-
lezza e la gioia di indossare un ac-
cessorio di moda che solo inci-
dentalmente serve anche da stru-
mento ottico. Tutto questo ha una
serie di implicazioni che abbiamo
studiato da zero; e le conclusioni
sono che Nau! è più simile ad un
“ristorante” che a un negozio di
abbigliamento, nel senso che il
nostro prodotto non è standard,
bensì fortemente personalizzato e
su misura». Il principale proble-
ma, a parere del presidente del-
l’azienda, è quello di conciliare la
competenza tecnica degli addetti
alla vendita, che sono ottici e optometristi, con un linguaggio
che si accordi al tratto giocoso e modaiolo del brand: un tratto
che, secondo Brogi, prevale perfino sull’attenzione al prezzo,
perché «se ci si diverte, non ci si preoccupa di quanto si spen-
de». Ovviamente in questo aiuta una politica di prezzi abbor-
dabili. «Abbiamo tre categorie di prodotto: occhiali da sole, oc-
chiali da vista e lenti, il tutto con spese medie molto ridotte in
modo da poter acquistare più articoli a parità di disponibilità
economica – racconta Brogi –. Abbiamo poi migliorato l’effi-
cienza, contenendo i prezzi, grazie alla scelta di non avere un
laboratorio interno con macchinari e personale apposito. Ab-
biamo invece fornitori specializzati di lenti, che semplicemen-
te vengono inserite sulla montatura, così l’alta qualità è co-
munque assicurata».
PRIMADONNA:
LA SOSTENIBILITÀ DEI FONDAMENTALI
Infine, Franco Chiarizio, head of business development di
Primadonna, ha raccontato l’esperienza di un brand nato nel
2001 come negozio di calzature femminili e che si è sviluppa-
to grazie al franchising a partire dal 2006 per raggiungere i cir-
ca 370 punti di vendita, per un giro d’affari di 100 milioni di
euro. I negozi, di metratura intorno ai 150 metri quadri, frutta-
no uno scontrino medio di circa 60 euro grazie a un’offerta an-
cora centrata sulla calzatura, ma ampliata verso i capispalla e
gli accessori total look. «Il nostro tasso di conversione, che è
del 13% – racconta Chiarizio –, è per noi un risultato adeguato
agli standard che ci siamo dati e sui quali lavoriamo. È infatti
importante verificare sempre che i fondamentali siano sosteni-
bili, e che supportino i ritmi di crescita, quando questa è rapida
come la nostra». Quali le aree di miglioramento? «Sicuramen-
te la supply chain – spiega Chiarizio –, perché la velocità di ac-
quisto da parte delle clienti è alta, e così lo sono le opportunità.
Le richieste vanno quindi soddisfatte tutte: per colore, modello,
taglia. È importante rispondere alle aspettative con un’adegua-
ta disponibilità di scorte e velocità di risposta, per non creare
disaffezione». Anche lo spazio per la vendita è legato alla ca-
pacità di reazione della supply chain. «Più le risposte sono ve-
loci, più ci si può permettere minori spazi per il magazzino, a
favore di maggiori aree espositive per presentare i propri pro-
dotti – argomenta Chiarizio –. Ecco perché nei centri commer-
ciali la nostra espansione è stata più facile, complici gli spazi
standard. Più difficile è invece l’in-
serimento nei centri storici, dove
sono tanti i problemi di urbanisti-
ca, oltre che di concorrenza di altri
brand, da affrontare». Quale può
essere l’impatto della tecnologia in
questo modello? «La tecnologia è
importantissima – risponde Chia-
rizio –. Uno dei nostri problemi è
infatti quello di diffondere i mes-
saggi puntualmente e con la stessa
forza a tutta la rete di vendita, sen-
za rischiare di distorcerne il senso
con il passaparola. Un’altra area
tecnologica da esplorare è senz’al-
tro quella legata all’e-commerce,
che può essere visto come un ne-
mico ma anche come l’opportunità
di trasformare il negozio in centro
di smistamento di prodotti il cui
acquisto avvenga on line». I
DISTRIBUZIONE
LARGO CONSUMO n. 2/2017
Da sinistra, Franco Chiarizio (Primadonna), Cristina Ferrini
(Confimprese), Fabrizio Brogi (Nau!), Andrea Prange
(L'Erbolario Franchising) e Fabio La Corte (America Graffiti).
62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 66

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Retail Operations: i modelli organizzativi evolvono

  • 1. Retail operations in evoluzione EstrattodaLargoConsumon.2/2017©EditorialeLargoConsumosrl Cambiamento degli stili di consumo e sfide della multicanalità spingono i retailer a rinnovarsi sul piano culturale e strutturale: in che modo? ORGANIZZAZIONE I FORUM DI LARGO CONSUMO
  • 2. 62 DISTRIBUZIONE n che modo i retailer italiani interpretano il cambiamento dei modelli di business e organizzativi? A questa e ad al- tre domande ha cercato di dare risposte il Forum “Retail Operations: i modelli organizzativi evolvono” lo scorso 25 novembre a Milano presso la sede di Confimprese, partner di Largo Consumo nella realizzazione di questo momento di confronto. «La multicanalità è la chiave di volta per il cambiamento delle abitudini di consumo, dei processi di vendita e dell’or- ganizzazione del punto di vendita», ha osservato in apertura Armando Garosci, giornalista di Largo Consumo e modera- tore della tavola rotonda, organizzata proprio per raccogliere testimonianze sullo stato dell’arte del retail alla luce delle nuo- ve esigenze dei clienti. Lo spunto iniziale è venuto dalla testi- monianza video di Cristiano Flamigni, direttore Retail New Format del gruppo MFE2, realtà sotto cui sono compresi i mar- chi Toys Center, Bimbo Store, Prénatal e King Jouet con 329 punti di vendita e circa 3.000 persone impiegate. Secondo I l’idea che Flamigni ha illustrato nell’intervista, la chiave di vol- ta per il retailer oggi è fare della produttività di negozio non semplicemente un dato a consuntivo ma un obbiettivo guida da darsi a priori per guidare le proprie scelte, da raggiungere otti- mizzando i processi, coinvolgendo le risorse umane, trasfor- mando l’”arte” che anima il negozio in una nuova “scienza” della vendita. È il concetto dell’ingegnerizzazione del model- lo retail, nato dalle grandi catene francesi e messo in atto dal- l’Esselunga di Caprotti per prima in Italia, ma ancora da fa- re proprio capillarmente nel nostro Paese. E questo soprattutto alla luce di un concetto di multicanalità che esige una presenza dei rivenditori anche nel mondo virtuale. MFE2 ha annunciato l’intenzione di volervisi adeguare lanciando nella prossima pri- mavera una app che consente di consultare gli assortimenti in maniera innovativa, ponendo le premesse per poter disporre di una sorta di “chiosco evoluto” a disposizione degli utenti-clien- ti. Come si muovono invece altri grandi marchi del retail? BRICOCENTER: VOCAZIONE ALLA PROSSIMITÀ Fabrizio Leopardi, direttore Sviluppo Persone di Bricocen- ter, ha ricordato le tappe di un brand nato da La Rinascente e sviluppatosi negli anni Ottanta-Novanta. Insieme a Leroy Merlin, Zodio e Bricoman, Bricocenter è ora parte del grup- po Adeo in Italia. Con 53 negozi diretti e 13 in franchising, 1.500 impiegati, Bricocenter vanta due tipi di format: il nego- zio in centro città con una dimensione di meno di 1.500 mq e 20 dipendenti, dedicato soprattutto al bricolage di manuten- zione, riparazione e sostituzione, e il negozio di media pro- vincia da 2.500 mq con 20-25 collaboratori e gamme un po’ più ampie rispetto al centro città. Il tasso di conversione, vale a dire di persone che effettivamente comprano rispetto a quel- Retail operations in evoluzione ORGANIZZAZIONE Cambiamento degli stili di consumo e sfide della multicanalità spingono i retailer a rinnovarsi sul piano culturale e strutturale: in che modo? di Floriana Liuni e Armando Garosci IFORUM DILARGOCONSUMO Approfondimenti: www.largoconsumo.info/tag/Layout e Format Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo • In che modo rendere un’idea adeguata dell’evoluzione in atto dei modelli organizzativi in ambito retail? E per quanto riguarda, nello specifico, quella riguardante i format e i nuovi concept espositivi? • Quali spunti di riflessione si possono innestare su questi temi alla luce dei grandi cambiamenti che interessano la cultura del mercato, investito dalla “rivoluzione” cui si sta assistendo in questi anni sul piano degli stili di vita e dei comportamenti d’acquisto, da un lato, e della multicanalità dall’altro? I temi della tavola rotonda: LARGO CONSUMO n. 2/2017 62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 62
  • 3. DISTRIBUZIONE le che entrano in negozio, è intorno al 60%, con una cliente- la stratificata su 6 target principali. L’impatto dell’organizza- zione sulle risorse umane è quello della ricerca di modelli di coinvolgimento del personale mirati a far acquisire al perso- nale l’autonomia necessaria ad ottimizzare il lavoro. D’altro canto, nota Leopardi, se dare autonomia è importante, è pur vero che si tratta di processi da gestire in maniera univoca ed efficiente anche alla luce del fattore tempo, sempre più priori- tario ai tempi dell’e-commerce. In che modo? «Alle 9 del mat- tino facciamo il briefing del giorno, socializzato su What- sApp, in modo che tutti abbiano chiari gli obbiettivi e il senso della giornata – esemplifica Leopardi -. Il riassortimento degli scaffali avviene al di fuori degli orari di apertura. È un pro- cesso complicato da gestire. Occorre darsi delle priorità sul ne- gozio e coinvolgere attivamente tutti i comparti». A proposito delle tecnologie in grado di migliorare la vendita, «da tre mesi – racconta Leopardi - abbiamo dotato ogni collaboratore di un dispositivo mobile tramite il quale, su gruppi interni o esterni con i clienti su WhatsApp, condividere le esperienze di vendi- ta. Questo aiuta tutti a trovare nuovi spunti e a sviluppare mi- gliori soluzioni. Altra tecnica è quella del “bollino”: ogni volta che un prodotto viene venduto lo si associa a nome, numero e codice del venditore. Ciò consente di ingegnerizzare non solo i processi ma anche le relazioni. E consente al cliente di contat- tare subito il venditore anche per assistenza post vendita». Spunti per il futuro? «Stiamo allargando l’insieme dei servizi che offriamo ai clienti per approfondire la nostra vocazione di prossimità. Anche il nostro nuovo sito internet avrà un approc- cio totale verso il bisogno del cliente, permettendo, oltre alla navigazione classica che consente la ricerca del singolo prodot- to per caratteristiche, anche una per “utilizzo”, che comprenda tutti i prodotti che soddisfano un determinato bisogno. Ovvia- mente – conclude Leopardi – in tutto questo la formazione del personale sarà essenziale, per condividere e diffondere capil- larmente le best practices adottate dai diversi negozi». TIGER ITALIA 1: LA CREAZIONE DELL’EXPERTISE Per Javier Gomez, country manager di Tiger Italia 1 (so- cietà del gruppo Flying Tiger Copenhagen), il punto focale su cui concentrarsi per vincere la concorrenza sulle vendite è l’elemento di giocosità che caratterizza fin dal recente sbarco di Tiger in Italia. Flying Tiger Copenhagen è presente nel nostro Paese con Tiger Italia 1, 2 e 3, che coprono tutto il territorio na- zionale e sono partecipate al 50% dagli stessi partner locali. Ti- ger Italia 1, che si estende per il Centro Nord, è oggi la società più grande con 49 negozi, 71 milioni euro di fatturato, 600 per- sone impiegate di cui la stragrande maggioranza con contratti a tempo indeterminato. Sono 17 le famiglie di prodotti trattate, con duemila novità all’anno e diverse campagne ed esposizioni che ruotano nel corso dei mesi. Ma prima di arrivare a questo risultato è stato necessario compiere diversi piccoli passi so- prattutto all’inizio dell’avventura, quando la casa madre dane- se, nata senza grandi pretese di espansione, non dava alcuna li- nea guida ma si affidava totalmente all’iniziativa personale dei partner locali, nonché alla loro capacità di testare (e sbagliare) le migliori soluzioni. «Il lato positivo di tutto questo – spiega Gomez – è che in questo modo abbiamo creato noi stessi la nostra expertise, sce- gliendo un concept fai da te che avvicinasse il cliente al pro- dotto, permettendogli di raggiungerlo e usarlo per divertirsi an- che solo con l’esposizione». Qual è l’apporto della tecnologia a questo approccio? «Al momento abbiamo una piattaforma per raccogliere i feedback dei clienti – risponde Gomez – ma stiamo studiando una nuova soluzione che porti anche on line la dimensione del divertimen- to per il cliente. Ai fini della vendita, il parametro che vogliamo migliorare non è quello del tasso di conversione, che al momen- to è del 70%, quindi più che soddisfacente, anche se molti dei vi- sitatori del nostro negozio entrano proprio solo per divertirsi con i nostri prodotti, e poi raccontarlo e condividerlo con gli amici. Quello che al momento ci interessa sviluppare sono soluzioni di cross selling». Il che può anche essere un modo di riutilizzare le eventuali rimanenze di magazzino. «Con un turnover di 200 pro- dotti al mese – spiega Gomez – la gestione di magazzino diven- ta fondamentale. Il nostro team studia, sulla base dei dati a di- sposizione, quali prodotti vengono più venduti e in quali negozi, in modo che si possano ideare combinazioni ottimali tra articoli con le migliori prospettive di vendita. In questo modo si riduco- no le rimanenze. Gli ultimi pezzi, comunque – conclude Gomez – vengono venduti sotto forma di surprise bag a prezzi ridotti o dati in abbinamento ad acquisti minimi». EXPERT: LA NECESSITÀ DI PERSONALIZZARE IL SERVIZIO Roberto Omati, direttore generale di Expert, ha descritto il format della catena, che comprende 445 negozi con una metra- tura media di poco inferiore ai 1.000 mq, tipica dei negozi di prossimità ubicati nei centri abitati: «Il fatturato del Gruppo Ex- pert Italy, nel 2016, ha raggiunto un 1,93 miliardi di Euro (al pubblico, IVA esclusa), l’insegna è al massimo della sua noto- rietà, dopo 50 anni di attività e continua ad essere leader nel re- tail del settore – ha spiegato –. Il fatto di avere un format di prossimità è stato provvidenziale per noi perché, tra le peculia- rità che risultano essere punti di forza e di competitività, spic- cano: costi di funzionamento contenuti; presenza del titolare; persone conosciute e competenti. Non solo. I nostri negozi ben si adattano anche al nuovo modello di retail basato sulla multi- canalità perché il cliente potrà scegliere online e ritirare nel ne- gozio di fiducia, ubicato vicino alla sua abitazione». Secondo Omati l’innovazione nel retail oggi è fondamentale: «Alcune categorie di prodotti, come smartphone e dispositivi mobili, hanno favorito lo sviluppo delle vendite nel nostro settore, pur se parte di queste hanno compensato le perdite di numerose ca- tegorie di prodotto che ormai non esistono più oppure che, di fatto, non si commercializzano più attraverso i negozi; da qui, l’emergente e concreta difficoltà di riduzione dei margini ». Si lavora quindi alla ricerca di soluzioni che possano rappresen- I partecipanti alla tavola rotonda azienda MFE2 Bricocenter Tiger Italia 1 Expert Tally Weijl Temsi Ikea Food America Graffiti L’Erbolario Franchising Nau! Primadonna funzione Direttore Retail New Format Direttore Sviluppo Persone Partner Direttore Generale Country Manager Country General Manager Risk & Compliance Manager Italy Direttore Commerciale Amministratore Delegato Presidente Head of Business Development nome Cristiano Flamigni Fabrizio Leopardi Javier Gomez Roberto Omati Marco Dellapiana Emiliano Russomando Dino Maldera Fabio La Corte Andrea Prange Fabrizio Brogi Franco Chiarizio Servizio fotografico: Gustavo Venturini - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl) ̈ 63LARGO CONSUMO n. 2/2017 62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 63
  • 4. 64 LARGO CONSUMO n. 2/2017 DISTRIBUZIONE tare valide alternative per il recupero dei margini e per distinguersi dai com- petitors; ad esempio, lo sviluppo dell’offerta nel campo dei servizi a valore aggiunto «Cresce l’esi- genza e l’aspettativa dei clienti di soluzioni perso- nalizzate; ad esempio, quando si sostituisce un device come lo smartpho- ne oppure come il laptop, è necessario fare il setup software e trasferire i dati dal vecchio apparato al nuovo; oltre a ciò, spesso è richiesta la possibilità di acquistare degli accessori personalizzati come la cover». Il Va- lore di un addetto vendita competente e gentile, in grado di of- frire un giusto consiglio e la rassicurazione, sono poi un im- portante passo successivo. «Con lo sviluppo del concept “Ex- pert People” abbiamo voluto valorizzare questa distintività di Expert ed il valore offerto dalle nostre persone – spiega Omati. Questo nuovo concetto, lo stiamo declinando sia nella pubblici- tà (non più centrata solo sulla semplice comunicazione dell’of- ferta di convenienza), ma anche nell’attività di training motiva- zionale di tutti i collaboratori che sono coinvolti e “ci mettono il loro volto”». TALLY WEIJL: IL NEGOZIO COME “BRAND THEATER” Una storia più giovane è quella di Tally Weijl, marchio di “fast fashion” da 10 anni in Italia, oggi con oltre 200 punti di vendita (di cui 160 in franchising). Racconta il country general manager Marco Dellapiana: «Il contesto competitivo è “to- sto”, ma l’azienda cresce, pur restando di proprietà familiare: quest’anno apriremo 29 punti di vendita e contiamo di prose- guire con questo ritmo nei prossimi anni. Il nostro scontrino medio è di 25 euro, specchio di un busi- ness model veloce, con rotazione mensile e 12 collezioni al- l’anno, destinate a un pubblico femminile giovane. In Italia la cliente media ha 18/19 anni (l’obbiettivo è ampliare il target fi- no ai 25-30), e rappresenta per noi una sfida. Si tratta infatti della cosiddetta “generazione Z”, che si affaccia per la prima volta al mercato ma lo fa a metà tra il reale e il virtuale. Le clienti sono selettive, sempre connesse alla tecnologia e molto informate, quindi il “customer journey” va gestito in sinergia tra on line e offline. Il punto di vendita fisico deve diventare il brand theater, dove il brand si declina e vive, concretizzando l’emozione vissuta anche on line». La multicanalità è quindi un fattore centrale, anche se le clienti italiane si differenziano per tassi di conversione on line inferiori a quelli di negozio. «Questo accade perché le ragazze si informano sul sito, ma poi vengono in negozio ad acquistare con le mamme o con le amiche, trasformando il momento dell’acquisto anche in mo- mento di socializzazione». Come si quantificano tutti questi comportamenti? «Da tempo non usiamo più i kpi solo come consuntivo, ma anche nella pianificazione – conclude Della- piana –. Sicuramente l’aspetto su cui lavorare è il servizio al cliente e il suo coinvolgimento. Un anno e mezzo fa l’azienda puntava all’uniformità di linee guida sul punto di vendita, con focus sull’efficienza. Oggi riscontriamo un trend leggermente nega- tivo relativamente alle presenze in negozio, ma un aumento del tasso di conversione, fatto che dipende dal migliora- mento della cultura del bisogno e del merchan- dising, che deve preve- dere la possibilità di una certa autonomia nel- l’esercizio dei punti di vendita e il fatto che i clienti siano un po’ me- no numerosi, ma più in- formati. Per ottimizzare ulteriormente il rapporto col cliente stiamo quindi sviluppando un sistema di CRM che ci aiuti a gestire meglio i dati a nostra disposizione». TEMSI: IN AMBITO RETAIL TUTTO È MISURABILE Tutto questo riporta all’esigenza di ingegnerizzare l’arte del- la vendita attraverso l’attenta scienza della gestione dei dati. Ben lo sa Emiliano Russomando, partner della società di con- sulenza Temsi, nata 40 anni fa da un team di ingegneri specia- lizzati nell’ottimizzazione dei processi di fabbriche metalmec- caniche o manifatturiere. La svolta nel campo della gdo è arri- vata negli anni Ottanta-Novanta, quando la società viene avvi- cinata da Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, che per pri- mo delegò a Temsi il compito di ingegnerizzare i processi di vendita retail, ancora affidati alla libera iniziativa dei “botte- gai”. È l’inizio di una collaborazione lunga 13 anni. «Ottenemmo risultati duplici – racconta Russomando -: sco- primmo che i supermercati non sono altro in effetti se non una fabbrica in termini di possibilità di efficientamento. Magazzino, tempistica, allestimenti: tutto è ingegnerizzabile. Non c’è diffe- renza tra costruire un prodotto e allestire uno scaffale, è sempre possibile ottimizzare i tempi da utilizzare altrimenti, soprattutto nelle funzioni “front”, di servizio al cliente. Dopo di allora ab- biamo lavorato con tantissimi retailer, soprattutto nel mondo dei servizi». Le dimensioni “arte” e “scienza” nel campo della ven- dita per Russomando , dunque, sono interdipendenti e vitali allo stesso modo entrambe. «I dati sono importanti, ma la sfida è sa- perli usare. Oggi spesso i kpi vengono usati a consuntivo; noi stiamo invece tentando di portare a conoscenza la tecnica dello standard operativo, basato non su quanto si è fatto fino a quel momento o sui dati relativi al resto della catena, o dei competi- tor, ma sulle caratteristiche specifiche del negozio, chiedendo a ciascuno quello che può dare. Riscontriamo poi che esistono molti slogan e intuizioni, ma manca una misurazione di questi servizi. Anche il servizio, infatti, si può codificare e misurare, per ottimizzarlo. Per esempio, i livelli di coda desiderata, i con- tatti con i clienti, la durata delle conversazioni. Potrebbe sem- brare un concetto che uccide l’anima del commercio, ma non è così. Usare bene il tempo infatti va a tutto vantaggio del cliente». IKEA FOOD: BIO, AMBIENTE, CORTESIA Un concetto condiviso anche da Dino Maldera, risk and compliance manager Italy di Ikea Food, secondo cui l’inge- Da sinistra, Emiliano Russomando (Temsi), Armando Garosci (Largo Consumo), Marco Dellapiana (Tally Weijl), Roberto Omati (Expert), Javier Gomez (Tiger Italia I) e Fabrizio Leopardi (Bricocenter). 62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 64
  • 5. 65 DISTRIBUZIONE gnerizzazione dei processi non può che giovare alla shopping experience. Il business Ikea Food nasce come marginale rispet- to a quello del celebre negozio di mobili e accessori per la ca- sa, creato quasi solo allo scopo di prolungare la permanenza dei clienti in negozio, ma è diventato ormai un sistema a sé. «Ikea, che sembra un’azienda così “easy”, è in realtà molto struttura- ta e ricca di dati e indicatori di performance internazionali in continuo confronto per identificare i migliori potenziali da rag- giungere – spiega Maldera -. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, sappiamo che su 100 clienti Ikea circa 80 passano an- che dal food, declinato nei tre format del self service, la botte- ga di prodotti 100% Svezia e il fast food. In Italia abbiamo anche il coffee bar, che altrove non esiste perché non c’è la cultura dell’aprire il ristorante alle 8.30 appo- sta per la colazione. Lo scontrino medio alimentare è vicino ai 6,50 euro, tenendo presente che i prezzi sono molto demo- cratici». Una condizione, unita alla crisi e al conseguente taglio dei ticket restaurant, che fa sì che molti lavoratori scelgano Ikea Food per la pausa pranzo, e spesso si presentino solo al risto- rante senza passare per il negozio principale.Altro driver di svi- luppo è il biologico, presente da sempre sugli scaffali di Ikea Food dati gli ideali di salvaguardia dell’ambiente propri del marchio, ma che oggi esercita un appeal particolare, facendo dello spin off della catena svedese una delle realtà bio più im- portanti d’Italia, tanto da far meritare al nostro Paese il premio “polpetta d’oro”, istituito ispirandosi al piatto più celebre del menu Ikea. Punti di forza e debolezza del modello Ikea Food? «Da tempo abbiamo lasciato da parte il focus sulla produttività – risponde Maldera -. Ora per noi la sfida più importante è sa- per mettere le persone giuste al posto giusto. La cosa difficile non è tanto trovare le persone: sono tanti i giovani entusiasti dei rapporti informali e dei valori Ikea: bio, ambiente, cortesia, ca- pacità di offrire esperienze di shopping a 360 gradi. Il difficile è proprio collocare bene tutte queste risorse, a livello mondiale». AMERICA GRAFFITI: AL CENTRO LA RELAZIONE “ONE-TO-ONE” Tutt’altro genere di ristorante è America Graffiti, catena ita- liana in chiave USA anni Cinquanta che dal 2008 offre piatti di carne, hamburger e tex-mex adatti ormai anche al pubblico tri- colore. Il tutto condito dalla passione dei suoi fondatori per il sogno americano, con tanto di rock’n’roll, motori e pin up. «La nostra storia è piacevole e complessa – racconta il direttore commerciale Fabio La Corte –. Siamo nati come attività fami- liare, entrati in banca solo col nostro business plan e abbiamo dovuto lottare per avere i fondi per aprire i primi ristoranti. Og- gi il network ,anche grazie al successo del progetto Franchi- sing avviato nel 2011, apre 15 ristoranti all’anno, consta di 61 locali che fatturano in me- dia 1,8 milioni nella versione Diner, e puntiamo ai 100 loca- li entro il 2018. Il format scel- to è quello del Diner all’ame- ricana: 400-600 mq con tavoli che ruotano anche 2-3 volte nei weekend.Abbiamo poi an- che il Fast Food,150-200 mq, formula ideale per aprire nelle food court dei centri commer- ciali e dei cinema. Le apertu- re, come negli USA, sono set- te giorni alla settimana, offrendo il servizio a pranzo e cena». Quanto agli aspetti gestionali del ristorante questi sono tutti or- ganizzati dal franchising nel manuale operativo sulla base di un preciso percorso formativo che offre soluzioni organizzate e procedurizzate riguardo ai problemi principali da gestire come per esempio «la gestione e gli approvvigionamenti delle mate- rie prime, le preparazioni, il sistema di evasione dei piatti, la conservazione, gli scarti, eccetera. Tutto è finalizzato alla capa- cità di soddisfare le aspettative del cliente, che vuole godersi a pieno l’atmosfera USA anni Cinquanta». Margini di migliora- mento? «Si tratta di un tipo di approccio al cliente che va com- preso da parte degli addetti italiani di sala – risponde La Corte –. Per esempio non è così scontato dire il proprio nome e co- gnome al cliente, gestirlo in modalità “one to one”, metterci la faccia insomma. Serve anche un tipo di approccio diverso sulla gestione delle critiche ai piatti o al servizio: solitamente nei ri- storanti italiani si tende a difendere il proprio operato più che a pensare alla soddisfazione del cliente. La nostra Academy ope- ra tutti i giorni per portare questa cultura nei programmi di for- mazione che durante l’anno coinvolgono gli oltre 1.200 opera- tori che lavorano nel Network America Graffiti». Quanto ai punti di forza diAmerica Graffiti, La Corte non ha dubbi: la ca- pacità di gestire internamente tutti i servizi a supporto della re- te e la gestione della supply chain, affidata ad Havi Logistics, provider internazionale specializzato nelle gestione delle mate- rie prime per le catene di ristorazione, con consegne puntuali, sempre lo stesso giorno e alla stessa ora per evitare confusione e sprechi. L’ERBOLARIO: IL VALORE DEL SERVIZIO AL CLIENTE Sulla qualità punta invece ormai da decenni un marchio sto- rico come quello de L’Erbolario di Lodi. «La casa nasce nel 1978 quando le erboristerie erano davvero poche – racconta Andrea Prange, ad di L’Erbolario Franchising –. Ora, in pieno boom di negozi del genere, sebbene razionalizzati dalla crisi, il nostro marchio vanta 153 negozi di cui 126 in franchi- sing, un sell out di 47 milioni di euro nel 2015 e un tasso di con- versione dell’80%». L’azienda si propone, nel 2017, di aprire altri 25-30 punti di vendita per raggiungere location anche am- biziose. E, naturalmente, di lavorare per rendere sempre più di valore l’esperienza di shopping. «Il tempo medio delle consu- lenze che i nostri addetti offrono ai clienti è elastico – spiega Prange - perché il punto di vendita è tendenzialmente piccolo e il flusso dei clienti è gestibile. Si parla di consulenze che pos- sono arrivare anche a 15-25 se si tratta di una seduta trucco o di una consulenza viso, con ven- dite che quasi sempre vengono finalizzate, quindi è tempo speso bene. L’Erbolario è esperienza di coccola anche nello shopping, quindi la di- mensione dell’”arte” è fonda- mentale, ma sempre alla luce della “scienza” dei numeri – aggiunge –. Se la nostra realtà industriale è forte è perché ab- biamo tenuto sotto controllo tutte le variabili, dalla produtti- vità al controllo materie prime, all’estrazione dei principi atti- vi controllati al 100% a partire dal raccolto, il che ci con- ̈Da sinistra, Dino Maldera (Ikea Food) ed Emiliano Russomando (Temsi). LARGO CONSUMO n. 2/2017 62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 65
  • 6. 66 sente di raggiungere un eccellente rapporto qualità prezzo. In questo modo non abbiamo mai risentito di cali di vendite, nem- meno quando altre catene di profumeria sono andate in crisi». Dove si può migliorare? «Senz’altro nella presenza sulla rete di distribuzione – risponde Prange –. L’Erbolario è molto focaliz- zato sul centro nord. Inoltre il nostro format va ripensato in ot- tica di utilizzo di materiali di costo inferiore ma di qualità per- cepita identica». E per quanto riguarda le risorse umane? «La sfida è molteplice – spiega Prange. – Le nostre addette alla ven- dita devono avere competenze scientifiche e biologiche specifi- che, quindi è fondamentale sia l’amore per il settore sia la com- petenza. Ma lo è anche la capacità di comunicare con linguag- gio appropriato, non troppo tecnico. Anche nella gestione dei commenti sui social network – conclude l’ad – i nostri tecnici sono chiamati a rispondere personalmente, con semplicità e competenza, quando sui social emergono quesiti di tipo parti- colare». NAU!: L’OCCHIALERIA DIVENTA LUDICA Un aspetto di totale novità è comunicato invece dal brand Nau!, l’occhialeria che fa rima con design e rispetto per l’ambiente. «Inizialmente fondare una casa come la nostra su valori come la sostenibilità ambientale che si accompagna a prezzi abbordabili sembrava una scommessa persa in partenza, quasi derisa da tutti – ricorda il presidente, Fabrizio Brogi -. Alla lunga però ha pagato, perché oggi questi valori sono lar- gamente diffusi. Prima di tutto, sono un efficace strumento di marketing, tanto più efficace quanto reale e percepito come va- lore aggiunto dal cliente». In che modo si concretizzano questi valori? «Le nostre collezioni sono lanciate ogni 15 giorni e in edizione limitata – spiega Brogi – con pochissimi esemplari per negozio, in modo che il cliente sappia che, se una cosa gli pia- ce, gli conviene acquistarla subito, o rischia di non trovarla più. Ciò riduce anche enormemente gli sprechi e le rimanenze». Con 110 negozi, 24 milioni di fatturato lo scorso anno che di- venteranno circa 30 nel 2016 e oltre 500 addetti il gruppo Nau! è concentrato soprattutto al Nord ma cerca l’espansione anche al Sud. «Non apriamo un negozio se non pensiamo di fatturare almeno 400.000 euro l’anno e in media ne fatturiamo 1-2 mi- lioni. Preferiamo metrature di circa 100 mq, in location centra- li. Quali sono i driver della crescita di Nau!? «Il nostro concet- to è che le donne, nostre principa- li clienti, tornino da noi perché si sono divertite – risponde Brogi, – non solo perché hanno acquistato qualcosa che piace. È fondamen- tale l’elemento ludico, la piacevo- lezza e la gioia di indossare un ac- cessorio di moda che solo inci- dentalmente serve anche da stru- mento ottico. Tutto questo ha una serie di implicazioni che abbiamo studiato da zero; e le conclusioni sono che Nau! è più simile ad un “ristorante” che a un negozio di abbigliamento, nel senso che il nostro prodotto non è standard, bensì fortemente personalizzato e su misura». Il principale proble- ma, a parere del presidente del- l’azienda, è quello di conciliare la competenza tecnica degli addetti alla vendita, che sono ottici e optometristi, con un linguaggio che si accordi al tratto giocoso e modaiolo del brand: un tratto che, secondo Brogi, prevale perfino sull’attenzione al prezzo, perché «se ci si diverte, non ci si preoccupa di quanto si spen- de». Ovviamente in questo aiuta una politica di prezzi abbor- dabili. «Abbiamo tre categorie di prodotto: occhiali da sole, oc- chiali da vista e lenti, il tutto con spese medie molto ridotte in modo da poter acquistare più articoli a parità di disponibilità economica – racconta Brogi –. Abbiamo poi migliorato l’effi- cienza, contenendo i prezzi, grazie alla scelta di non avere un laboratorio interno con macchinari e personale apposito. Ab- biamo invece fornitori specializzati di lenti, che semplicemen- te vengono inserite sulla montatura, così l’alta qualità è co- munque assicurata». PRIMADONNA: LA SOSTENIBILITÀ DEI FONDAMENTALI Infine, Franco Chiarizio, head of business development di Primadonna, ha raccontato l’esperienza di un brand nato nel 2001 come negozio di calzature femminili e che si è sviluppa- to grazie al franchising a partire dal 2006 per raggiungere i cir- ca 370 punti di vendita, per un giro d’affari di 100 milioni di euro. I negozi, di metratura intorno ai 150 metri quadri, frutta- no uno scontrino medio di circa 60 euro grazie a un’offerta an- cora centrata sulla calzatura, ma ampliata verso i capispalla e gli accessori total look. «Il nostro tasso di conversione, che è del 13% – racconta Chiarizio –, è per noi un risultato adeguato agli standard che ci siamo dati e sui quali lavoriamo. È infatti importante verificare sempre che i fondamentali siano sosteni- bili, e che supportino i ritmi di crescita, quando questa è rapida come la nostra». Quali le aree di miglioramento? «Sicuramen- te la supply chain – spiega Chiarizio –, perché la velocità di ac- quisto da parte delle clienti è alta, e così lo sono le opportunità. Le richieste vanno quindi soddisfatte tutte: per colore, modello, taglia. È importante rispondere alle aspettative con un’adegua- ta disponibilità di scorte e velocità di risposta, per non creare disaffezione». Anche lo spazio per la vendita è legato alla ca- pacità di reazione della supply chain. «Più le risposte sono ve- loci, più ci si può permettere minori spazi per il magazzino, a favore di maggiori aree espositive per presentare i propri pro- dotti – argomenta Chiarizio –. Ecco perché nei centri commer- ciali la nostra espansione è stata più facile, complici gli spazi standard. Più difficile è invece l’in- serimento nei centri storici, dove sono tanti i problemi di urbanisti- ca, oltre che di concorrenza di altri brand, da affrontare». Quale può essere l’impatto della tecnologia in questo modello? «La tecnologia è importantissima – risponde Chia- rizio –. Uno dei nostri problemi è infatti quello di diffondere i mes- saggi puntualmente e con la stessa forza a tutta la rete di vendita, sen- za rischiare di distorcerne il senso con il passaparola. Un’altra area tecnologica da esplorare è senz’al- tro quella legata all’e-commerce, che può essere visto come un ne- mico ma anche come l’opportunità di trasformare il negozio in centro di smistamento di prodotti il cui acquisto avvenga on line». I DISTRIBUZIONE LARGO CONSUMO n. 2/2017 Da sinistra, Franco Chiarizio (Primadonna), Cristina Ferrini (Confimprese), Fabrizio Brogi (Nau!), Andrea Prange (L'Erbolario Franchising) e Fabio La Corte (America Graffiti). 62a66 LIUNI 2Dist For_ModOK Def.qxp:Articolo 16-02-2017 12:23 Pagina 66