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Università Degli Studi Di Catania

       Facoltà di Ingegneria
   Corso di Laurea di 2° Livello in
        Ingegneria Informatica
Corso di Sicurezza nei Sistemi Informativi




Giacomo Antonino Fazio
Cos’è il Buffer Overflow
 Il buffer overflow (spesso abbreviato in BOF) è una delle
tecniche più avanzate di hacking del software.
 Spesso si sente parlare di “exploit”, ossia metodi ad hoc che
utilizzano le vulnerabilità scoperte in questo o in quel software e
che permettono all’utilizzatore di acquisire privilegi che non gli
spettano (ad esempio i tanto agognati privilegi di root) o di
portare al “denial of service” del computer attaccato. Molti di
questi exploit utilizzano per i loro scopi buffer overflow.
 Il buffer overflow consiste nel fornire ad un programma più dati
di quanti lo spazio di memoria ad essi assegnato ne possa
contenere, facendo in modo che una parte di questi dati vada
scritta in zone di memoria dove ci sono, o dovrebbero esserci,
altri dati (da ciò il nome, che letteralmente significa “Trabocco
dell’area di memoria”).
Cos’è il Buffer Overflow
Ad esempio, un programma definisce due variabili:
una stringa A di 8 byte e un intero B di 2 byte.
 A è inizializzata con soli caratteri ‘0’ (ognuno dei
quali occupa 1 byte, dunque sono 8 caratteri).
 B contiene il numero 3.
Cos’è il Buffer Overflow
 Adesso supponiamo che sia previsto un inserimento della stringa A da
parte dell’utente, ma che non si effettui un controllo sulla lunghezza
dell’input inserito. Proviamo ad inserire una stringa più lunga di 8
caratteri, ad esempio inseriamo “excessive”, che occuperà 9 caratteri
più il carattere di fine stringa.
 La porzione di memoria successiva, che era occupata da B, verrà
irrimediabilmente sovrascritta.




 Se si prova a leggere l’intero che ci dovrebbe essere in B, un sistema
big-endian che utilizza l’ASCII, leggerà ‘e’ seguita dallo ‘0’ come 25856.
 Se invece proviamo a scrivere una stringa ancora più lunga, essa
invadere anche l’area di memoria che si trova dopo di B. Risultato:
segmentation fault!!!
Cos’è il Buffer Overflow
Un programma è esposto a Buffer Overflow e
alle conseguenze che esso può causare se:
     prevede l'input di dati di lunghezza
    variabile e non nota a priori;
     li immagazzina entro buffer allocati nel
    suo spazio di memoria dati vicino ad altre
    strutture dati vitali per il programma stesso;
     il programmatore non ha implementato
    alcun mezzo di controllo della correttezza
    dell'input inserito.
Tipi di Buffer Overflow
Esistono diversi modi per portare avanti un
BOF. Tra i più importanti:
 Arithmetic overflow: si ha quando il
risultato prodotto da un calcolo è più grande
delle spazio che dovrebbe contenerlo.
 Buffer Overflow basati sulla memoria:
vengono distinti in base all’area di memoria
che vanno a interessare. Quelli più diffusi
sono i buffer overflow “di heap” e “di stack”.
Arithmetic Overflow
 Avviamo la calcolatrice di Windows scegliendo la modalità
scientifica dal menu, scriviamo ‘-1’ e premiamo su ‘Hex’.
Vedremo così il valore esadecimale di -1, che è
‘FFFFFFFFFFFFFFFF’. Adesso premiamo ‘Dec’.
 Ci aspetteremmo di rivedere il nostro ‘-1’, ma invece
otteniamo il valore ‘18446744073709551615’ e ciò è dovuto
al fatto che la calcolatrice ha cambiato il valore da “signed” a
“unsigned”.
Struttura della memoria di un processo
Quando eseguiamo un programma, esso verrà caricato in
memoria in maniera ben strutturata creando diverse zone:
    .TEXT, che contiene il codice del programma in
   esecuzione ed è di sola lettura, infatti se si tentasse di
   scriverci sopra si incorrerebbe in un errore di Segmentation
   Fault;
    zona dati, che contiene le variabili globali, sia inizializzate
   (contenute in una regione detta .DATA) che non
   inizializzate (contenute in una regione detta .BSS);
    HEAP, generalmente posto dopo la zona dati, in cui
   vengono memorizzate le variabili allocate dinamicamente;
    STACK, che contiene le variabili locali, gli argomenti delle
   funzioni, le informazioni di stato del chiamante (ad esempio
   il contenuto di alcuni registri della CPU), l’indirizzo di ritorno
   necessario per poter ritornare dalla funzione corrente e altre
Struttura della memoria di un processo
             Come si può vedere dalla figura, lo heap e
            lo stack crescono in maniera diversa: il primo
            cresce verso l’alto, il secondo verso il basso.
             Lo stack è organizzato a pila, nel senso che
            l’ultimo dato inserito è il primo ad essere letto
            (LIFO, Last In First Out);
             In Assembly esistono dei comandi (push e
            pop) che permettono rispettivamente di
            inserire e di prelevare valori in cima allo
            stack.
             Man mano che i dati vengono scritti nello
            stack, esso cresce verso il basso, quindi va
            da indirizzi di memoria alti ad indirizzi di
            memoria bassi.
E il processore?
Anche il processore è interessato dall’esecuzione del
programma, in particolare lo sono alcuni suoi registri,
strettamente legati alla situazione della memoria
durante l’esecuzione:
     EBP, che è il puntatore alla base dello stack e,
    nel caso stiamo eseguendo una funzione, punta
    alla base della porzione di stack utilizzata da essa;
     ESP, tramite il quale possiamo scorrere tutto lo
    stack per inserire o prelevare dati da un punto ben
    preciso di esso;
     EIP, che punta alla prossima istruzione che la
    CPU dovrà eseguire dopo quella corrente.
Programma esemplificativo




Una parte del programma
     disassemblato
Programma esemplificativo
 Le prime tre istruzioni sono tre operazioni di push, che inseriscono
i valori 2, 1 e 0 nello stack (in ordine inverso).
 Successivamente si ha una CALL, utilizzata per chiamare la
funzione example, infatti si salta all’indirizzo 00401234. Da notare
che, ogni qualvolta bisogna fare una CALL, il processore salva il
valore attuale di EIP nello stack e poi lo modifica per effettuare un
salto incondizionato alla funzione, in modo da poterlo ripristinare al
termine di essa, per poter riprendere l’esecuzione dall’istruzione
successiva alla chiamata.
 All’interno della funzione, per prima cosa EBP viene salvato sullo
stack, in EBP viene memorizzato il valore di ESP (cioè l’inizio dello
stack per la funzione) e poi viene sottratto a ESP lo spazio
necessario per le variabili con una operazione di SUB. Le istruzioni
successive riguardano l’allocazione e l’assegnazione delle variabili i
e buffer, inserite nello stack seguendo come sempre la modalità
LIFO.
 Alla fine, mediante l’istruzione LEAVE, i registri EBP e ESP
riacquisiscono i valori che avevano prima di chiamare la CALL e,
mediante l’istruzione RET, si ritorna alla funzione principale
utilizzando l’indirizzo di ritorno presente nello stack.
Buffer Overflow di Stack
Questo tipo di BOF è quello in assoluto più diffuso e
interessa lo stack. È necessario:
 Fare in modo che il codice sia nell’address
space del programma . Si distinguono due casi:
     Inserirlo manualmente (Code injection): il
    programma chiede in input una stringa, che verrà
    inserita dall’attaccante in modo da contenere il
    codice di attacco, sotto forma di istruzioni per la
    CPU.
     Il codice si trova già lì: il codice che ci serve è già
    presente, bisogna solo parametrizzarlo a dovere.
Buffer Overflow di Stack
 Fare in modo che il programma salti al codice di attacco e lo esegua :
     Activation Records: si utilizza all’interno di una funzione e consiste nell’effettuare
    l’overflow di un buffer, con lo scopo di arrivare a sovrascrivere l’EIP con l’indirizzo
    del codice di attacco.
     Puntatori a funzioni: si effettua l’overflow di un buffer vicino ad un puntatore, in
    modo da corrompere quest’ultimo e da farlo puntare alla locazione del codice di
    attacco.
     Longjmp buffers: sfrutta un meccanismo presente in C che consente di salvare
    lo stato di un buffer mediante il comando setjmp(buffer) e di ripristinarlo in seguito
    mediante il comando longjmp(buffer). Se abbiamo un buffer adiacente di cui è
    possibile effettuare l’overflow, potremmo corrompere anche lo stato del buffer di
    checkpoint in modo che, non appena viene chiamato il comando longjmp, si salta
    alla locazione del codice di attacco.

 Spesso l’inserimento del codice di attacco e la sua esecuzione sono effettuati in una
volta sola, ma non necessariamente.

 Lo shellcode è un pezzo di codice macchina eseguito per sfruttare una vulnerabilità.
Deve essere altamente specifico e verificato nei minimi dettagli.
Esempio 1 di BOF di Stack
                Il programma non fa altro che
                chiamare la funzione example(),
                la quale alloca la variabile
                command con valore calc, che
                rappresenta il comando che
                vogliamo eseguire (la semplice
                calcolatrice     di    Windows).
                Successivamente viene allocata
                la variabile name, in cui
                vogliamo inserire un nome da
                dare allo script, cosa che viene
                fatta richiamando la funzione
                gets(). La restante parte serve
                per farci capire cosa sta
                succedendo in memoria, infatti ci
                mostra un’istantanea dello stack.
Esempio 1 di BOF di Stack
Se come nome dello script inseriamo “hello”:



                                                   Tutto ok




                                               Abbiamo inserito
                                               “hello” nella
                                               variabile name e
                                               poi abbiamo
                                               eseguito il
                                               contenuto di
                                               command, cioè
                                               “calc”.
Esempio 1 di BOF di Stack
Se come nome dello script inseriamo “xxxxxxxxxxxxxxxxcmd ”:



                                                         Buffer overflow e
                                                         shell in locale!!!



                                                        Abbiamo scritto
                                                        al di là della
                                                        variabile name,
                                                        sovrascrivendo
                                                        anche command
                                                        che adesso
                                                        contiene “cmd”
Esempio 2 di BOF di Stack
             Il programma prende una stringa in
            ingresso e la inserisce all’interno della
            variabile var, utilizzando la funzione
            strcpy(). La funzione function() non viene
            mai chiamata dal programma. Il nostro
            obiettivo sarà quello di causare un buffer
            overflow, inserendo in ingresso una stringa
            più lunga dei 10 caratteri a disposizione e di
            sostituire l’indirizzo di ritorno di main() con
            quello della funzione function(), in modo che
            essa venga eseguita.
             Facendo un po’ di prove, ci accorgiamo
            che il programma va in segmentation fault
            non appena inseriamo 14 caratteri.
             Se diamo in input 14 caratteri e l’indirizzo
            della funzione function() (che possiamo
            trovare disassemblando il codice)… il gioco
            è fatto!
Esempio 2 di BOF di Stack
             Come fare a passargli l’indirizzo? Esso
             infatti è scritto in caratteri esadecimali e
             non ASCII. Scriviamo un piccolo
             exploit, che si occupa di convertire in
             ASCII e di passare al programma
             l’indirizzo     da     noi      inserito  in
             esadecimale.
Buffer Overflow di Heap
Questo tipo di BOF è noto e sfruttato da molto tempo, ma se ne parla
sempre meno di quello di stack, soprattutto perché è in genere più difficile
da sfruttare rispetto a quest’ultimo. Esistono diverse tecniche per portarlo
avanti:
 Attacchi basati su malloc() e funzioni simili: per ogni variabile allocata
dinamicamente, viene allocato uno spazio di lunghezza prestabilita ma se
non ci sono controlli, è molto semplice scrivere oltre esso, sovrascrivendo
l’area adiacente occupata possibilmente da un’altra variabile.
 Attacchi basati sulla sovrascrittura di puntatori: si effettua l’overflow di
un buffer adiacente ad un puntatore in modo da corrompere quest’ultimo
e farlo puntare alla locazione del codice di attacco.
 Attacchi basati su puntatori a funzioni: si effettua l’overflow di un buffer
vicino ad un puntatore a funzione, in modo da corrompere quest’ultimo e
farlo puntare alla funzione di attacco.
Esempio di BOF di Heap




Il programma appartiene all’utente root ma è impostato il bit SUID, che
consente a chiunque di eseguirlo con privilegi di root.
In particolare, il programma alloca una parte di memoria nello heap e vi copia
dentro lo shellcode. Subito dopo l’indirizzo di ritorno del main è sovrascritto
dall’indirizzo dello shellcode, in modo che quando il main ritorna, fornisce una
shell.
Alla ricerca di Buffer Overflow
 Gli esempi finora visti sono scritti per puro scopo didattico,
in quanto non troveremo in giro programmi così, pronti per
essere sfruttati per accedere al sistema di turno.
 Chi attacca generalmente non prova a casaccio, analizza il
codice del programma alla ricerca di vulnerabilità da
sfruttare, o aspetta che sia qualcun altro a farlo.
 Quando si sa che la versione x del programma y è affetta
da una certa vulnerabilità, allora è il momento di creare
l’exploit che permetta di utilizzarla.
 L’analisi del codice può essere fatta a diversi livelli:
lessicale, semantico, basato su tecniche di intelligenza
artificiale, a runtime, reverse engineering, ricerca di bug
specifici, ecc.
Blaster: un worm costruito su un BOF

 Rilevato l’11 Agosto 2003 sui primi computer, si diffuse a
macchia d’olio nel giro di appena 2 giorni
 Infetta i computer con SO Microsoft Windows XP o 2000
 L’obiettivo finale era colpire Microsoft, mediante un attacco
DDoS al sito di Windows Update.
 L’avversione nei confronti di Microsoft è dimostrata anche
dalla stringa trovata nel codice del worm: “billy gates why do
you make this possible ? Stop making money and fix your
software!!”
 Effetti: danni in tutto il mondo per oltre 3 milioni di dollari
 Colpevole: un ragazzo di 18 anni del Minnesota (USA)
Blaster: un worm costruito su un BOF
 Blaster si sviluppa su una vulnerabilità descritta da
Microsoft stessa nel Microsoft Security Bulletin MS03-026.
Si tratta di una falla nell’interfaccia RPC (Remote
Procedure Call) di un oggetto DCOM (Distributed
Component Object Model).
 DCOM: tecnologia che abilita componenti software che
non si trovano sulla stessa macchina a comunicare
direttamente utilizzando una rete;
 RPC: protocollo usato per la comunicazione e la
richiesta di servizi tra le due parti di software, permettendo
ad un programma che gira su un certo computer di
eseguire codice su un sistema remoto.
Blaster: un worm costruito su un BOF
 Se la richiesta di comunicazione viene posta
all’interfaccia RPC in modo errato, ci possono essere
problemi perché essa non controlla opportunamente le
dimensioni dei messaggi ricevuti in input.
 Un malintenzionato potrebbe scrivere un exploit che
invia all’oggetto DCOM un messaggio non corretto e
costruito in modo da causare un buffer overflow, che gli
permetterebbe di avere il controllo completo sulla
macchina. Per poter fare ciò, il malintenzionato deve
utilizzare una tra le porte aperte per RPC, tra cui 135,
139, 445 e 593.
 Blaster fa proprio questo!!!
Blaster: un worm costruito su un BOF
Supponiamo di avere un computer infetto. Il tutto si svolge in diverse fasi:
     Attesa: A deve prima controllare di essere connesso ad Internet, mediante la
    funzione InternetGetConnectedState(). Se l’esito è positivo, si va alla fase 2
     Generazione indirizzi IP: il programma genera gli indirizzi IP dei computer a cui
    lanciare il contagio. Effettua uno scan di essi alla ricerca di computer vulnerabili, tra cui
    supponiamo ci sia un ipotetico B.
     Attacco al RPC: utilizzando la porta TCP 135, A invia pacchetti formulati in modo
    errato (ma costruiti ad hoc per ottenere l’effetto nefasto) al servizio RPC/DCOM di B
    che, essendo affetto dalla falla, non effettua controlli sulla lunghezza di essi. Risultato:
    buffer overflow!!!
     Controllo del contagio: attraverso la porta 135, A controlla se B è già infetto e in
    caso affermativo termina; in caso negativo, invece, attiva i socket per comunicare con
    B.
     La shell CMD.EXE: A questo punto, A lancia su B la shell tramite il comando
    cmd.exe, necessaria ad A per far eseguire a B dei comandi.
     Download del worm: tramite la shell, B richiede ad A l’eseguibile msblast.exe, che
    scarica nella cartella %systemroot%/system32 (cartella di sistema). Il file appena
    scaricato viene lanciato.
     Aggiornamento delle Registry Keys: utilizzando la shell lanciata nella fase 5, A
    apporta delle modifiche ad alcune Registry Keys di B, in modo che il worm venga
    eseguito ad ogni avvio del pc.
Blaster: un worm costruito su un BOF

 Il worm è stato progettato affinchè i computer infetti
effettuino un attacco DDoS in momenti ben precisi: ogni
giorno (nel caso di mesi compresi tra Settembre e
Dicembre) e dal 16 del mese in poi per gli altri mesi.
 I sintomi che permettono di accorgersi della presenza di
Blaster sul proprio sistema sono: prestazioni ridotte,
continui riavvii, traffico irregolare sulle porte TCP 135 e
4444 e UDP 69.
 Presenza di tool per l’eliminazione automatica del worm
 Rilevate ad oggi 4 varianti: Lovesan A, Lovesan B,
Lovesan C e Lovesan F.
Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi
Diverse tecniche sono state inventate per cercare di frenare il più possibile i buffer
overflow e nuovi attacchi sono stati messi a punto per bypassare esse.
 Difesa - scelta del linguaggio di programmazione: C e C++ non
forniscono la giusta protezione contro l’accesso e la sovrascrittura dei dati in
memoria (attraverso i puntatori è possibile praticamente spostarsi e scrivere in
memoria pressoché dovunque) e contro la scrittura in un array al di fuori dei suoi
confini (è il problema principale che causa il buffer overflow). Altri linguaggi
effettuano controlli (es. Java, Python, Ada, Lisp).
 Difesa - Scrivere codice corretto: utopia! Per quanto si possa controllare il
proprio codice, i bug potrebbero risiedere nelle funzioni delle librerie utilizzate.
 Difesa – Attenzione ai programmi SUID: programmi che vanno in
esecuzione con privilegi di root, chiunque sia ad eseguirli. Alcuni di essi sono
necessari per effettuare operazioni comuni, altri non lo sono affatto o non vengono
mai usati, ma possono rappresentare un problema, dato che possono essere
sfruttati da un malintenzionato attraverso un buffer overflow, al termine del quale
si troverà con privilegi di root e quindi avrà il controllo della macchina.
Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi
 Difesa - uso di librerie “safe”: sostituiscono le funzioni “incriminate” di LibC
(es. gets(), scanf(), printf(), ecc.) con versioni “safe” (in teoria) offrendo in alcuni
casi una completa nuova implementazione delle stringhe. Es.:
     Libsafe
     The Better String Library
     Arri Buffer API
     Vstr
     Funzione strlcpy()

 Difesa – Protezione contro lo “stack smashing”: viene scritto nello stack
un “canary”, cioè un valore noto sistemato tra un buffer e i dati di controllo. In caso di
buffer overflow, il canary viene sovrascritto, dunque al ritorno dalla funzione ci si
accorge dell’avvenuta manipolazione dello stack ed è possibile correre ai ripari. 3 tipi di
canaries: Terminator, Random e Random XOR canaries. Esempio di programmi che
implementano questo tipo di protezione:
      ProPolice
      StackGuard
      StackGhost
Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi
 Difesa – Protezione dello spazio eseguibile: protezione
implementata sia a livello hardware che software. L’idea è quella di rendere
parte della memoria non scrivibile o non eseguibile, in modo da evitare la
maggior parte dei BOF, ad esempio quelli basati sulla “code injection” (se la
memoria non è eseguibile, inserisco il codice di attacco ma non posso
eseguirlo).
      Soluzione hardware: NX bit
      Soluzione software: DEP (Windows), W^X (OpenBSD), PaX (Linux),
     Exec Shield (Linux).

 Nuovo attacco – Gli attacchi “return-to-libc”: Lo scopo è quello di
sovrascrivere l’indirizzo di ritorno di una funzione non con quello della
locazione di memoria dove si trova lo shellcode, bensì con quello di una
funzione di libC, spesso system(), magari passandogli come argomento
qualcosa come /bin/sh (che ci dà una shell in locale). In questo modo non è
necessario eseguire codice che si trova nello stack o nello heap, aggirando
quindi l’ostacolo rappresentato dalla protezione dello spazio eseguibile.
Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi
 Difesa – Address Space Layout Randomization (ASLR):
l’idea di base è quella di organizzare alcune parti chiave della
memoria di un processo (ad esempio stack, heap, librerie e parti
eseguibili) in maniera casuale nell’address space di un processo. Ciò
rende difficili alcuni tipi di attacco, in particolare gli activation records
e i return-to-libc, a causa della difficoltà di trovare l’indirizzo del codice
da eseguire. Implementata anche in PaX e Exec Shield.

 Difesa – Deep Packet Inspection (DPI): consente di
esaminare i pacchetti che transitano in una rete, confrontandoli con le
informazioni a disposizione presenti in un database e riguardanti
attacchi conosciuti. Ciò permette di trovare gli eventuali pacchetti che
portano le tracce di un buffer overflow o di un altro tipo di attacco e di
evitare che passino. Utile ma spesso poco efficace: previene solo gli
attacchi conosciuti.
Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi
Difesa – Intrusion Detection Systems (IDS): riconoscono i pacchetti che
transitano in rete e che mirano ad effettuare manipolazioni sui sistemi o attacchi contro
servizi vulnerabili e applicazioni. Sono composti da diverse parti:
      Sensori: osservano gli eventi che avvengono sul sistema;
      Analizzatori: analizzano gli eventi passati loro dai sensori;
      Gestore: riceve gli eventi degni di nota dagli analizzatori e prende provvedimenti
     sia passivi che attivi.

 Nuovo attacco – Shellcode alfanumerici, polimorfici, metamorfici e
automodificanti: utilizzano tecniche spesso messe in pratica dai worm per non farsi
scovare. In particolare:
     Shellcode polimorfici: variano continuamente, lasciando immutato l’algoritmo
    originale. Spesso per ottenere ciò utilizzano la crittografia, lasciando però una
    parte non criptata che contiene le informazioni per decriptare il resto. Gli IDS
    mirano a riconoscere proprio questa parte, attraverso una scansione basata su
    pattern.
     Shellcode metamorfici: ancora peggio di quelli polimorfici, con l’obiettivo di
    vanificare le scansioni degli IDS basate su pattern.
Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi
Conclusioni: La soluzione non esiste!!!

 Scrivere codice corretto è un’utopia, perché è facile
sbagliare o commettere una leggerezza o utilizzare codice
di terzi che involontariamente contiene dei bug.
 È possibile comunque affrontare il problema, sia
utilizzando il buon senso, che mediante svariate tecniche
che si possono spesso combinare tra loro.
 Ricordare che se qualcuno lavora per produrre armi che
possano competere con le armi del nemico, il nemico non
sta con le mani in mano e nello stesso tempo lavora per
migliorare le sue.

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Attacchi alle applicazioni basati su buffer overflow

  • 1. Università Degli Studi Di Catania Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea di 2° Livello in Ingegneria Informatica Corso di Sicurezza nei Sistemi Informativi Giacomo Antonino Fazio
  • 2. Cos’è il Buffer Overflow  Il buffer overflow (spesso abbreviato in BOF) è una delle tecniche più avanzate di hacking del software.  Spesso si sente parlare di “exploit”, ossia metodi ad hoc che utilizzano le vulnerabilità scoperte in questo o in quel software e che permettono all’utilizzatore di acquisire privilegi che non gli spettano (ad esempio i tanto agognati privilegi di root) o di portare al “denial of service” del computer attaccato. Molti di questi exploit utilizzano per i loro scopi buffer overflow.  Il buffer overflow consiste nel fornire ad un programma più dati di quanti lo spazio di memoria ad essi assegnato ne possa contenere, facendo in modo che una parte di questi dati vada scritta in zone di memoria dove ci sono, o dovrebbero esserci, altri dati (da ciò il nome, che letteralmente significa “Trabocco dell’area di memoria”).
  • 3. Cos’è il Buffer Overflow Ad esempio, un programma definisce due variabili: una stringa A di 8 byte e un intero B di 2 byte.  A è inizializzata con soli caratteri ‘0’ (ognuno dei quali occupa 1 byte, dunque sono 8 caratteri).  B contiene il numero 3.
  • 4. Cos’è il Buffer Overflow  Adesso supponiamo che sia previsto un inserimento della stringa A da parte dell’utente, ma che non si effettui un controllo sulla lunghezza dell’input inserito. Proviamo ad inserire una stringa più lunga di 8 caratteri, ad esempio inseriamo “excessive”, che occuperà 9 caratteri più il carattere di fine stringa.  La porzione di memoria successiva, che era occupata da B, verrà irrimediabilmente sovrascritta.  Se si prova a leggere l’intero che ci dovrebbe essere in B, un sistema big-endian che utilizza l’ASCII, leggerà ‘e’ seguita dallo ‘0’ come 25856.  Se invece proviamo a scrivere una stringa ancora più lunga, essa invadere anche l’area di memoria che si trova dopo di B. Risultato: segmentation fault!!!
  • 5. Cos’è il Buffer Overflow Un programma è esposto a Buffer Overflow e alle conseguenze che esso può causare se:  prevede l'input di dati di lunghezza variabile e non nota a priori;  li immagazzina entro buffer allocati nel suo spazio di memoria dati vicino ad altre strutture dati vitali per il programma stesso;  il programmatore non ha implementato alcun mezzo di controllo della correttezza dell'input inserito.
  • 6. Tipi di Buffer Overflow Esistono diversi modi per portare avanti un BOF. Tra i più importanti:  Arithmetic overflow: si ha quando il risultato prodotto da un calcolo è più grande delle spazio che dovrebbe contenerlo.  Buffer Overflow basati sulla memoria: vengono distinti in base all’area di memoria che vanno a interessare. Quelli più diffusi sono i buffer overflow “di heap” e “di stack”.
  • 7. Arithmetic Overflow  Avviamo la calcolatrice di Windows scegliendo la modalità scientifica dal menu, scriviamo ‘-1’ e premiamo su ‘Hex’. Vedremo così il valore esadecimale di -1, che è ‘FFFFFFFFFFFFFFFF’. Adesso premiamo ‘Dec’.  Ci aspetteremmo di rivedere il nostro ‘-1’, ma invece otteniamo il valore ‘18446744073709551615’ e ciò è dovuto al fatto che la calcolatrice ha cambiato il valore da “signed” a “unsigned”.
  • 8. Struttura della memoria di un processo Quando eseguiamo un programma, esso verrà caricato in memoria in maniera ben strutturata creando diverse zone:  .TEXT, che contiene il codice del programma in esecuzione ed è di sola lettura, infatti se si tentasse di scriverci sopra si incorrerebbe in un errore di Segmentation Fault;  zona dati, che contiene le variabili globali, sia inizializzate (contenute in una regione detta .DATA) che non inizializzate (contenute in una regione detta .BSS);  HEAP, generalmente posto dopo la zona dati, in cui vengono memorizzate le variabili allocate dinamicamente;  STACK, che contiene le variabili locali, gli argomenti delle funzioni, le informazioni di stato del chiamante (ad esempio il contenuto di alcuni registri della CPU), l’indirizzo di ritorno necessario per poter ritornare dalla funzione corrente e altre
  • 9. Struttura della memoria di un processo  Come si può vedere dalla figura, lo heap e lo stack crescono in maniera diversa: il primo cresce verso l’alto, il secondo verso il basso.  Lo stack è organizzato a pila, nel senso che l’ultimo dato inserito è il primo ad essere letto (LIFO, Last In First Out);  In Assembly esistono dei comandi (push e pop) che permettono rispettivamente di inserire e di prelevare valori in cima allo stack.  Man mano che i dati vengono scritti nello stack, esso cresce verso il basso, quindi va da indirizzi di memoria alti ad indirizzi di memoria bassi.
  • 10. E il processore? Anche il processore è interessato dall’esecuzione del programma, in particolare lo sono alcuni suoi registri, strettamente legati alla situazione della memoria durante l’esecuzione:  EBP, che è il puntatore alla base dello stack e, nel caso stiamo eseguendo una funzione, punta alla base della porzione di stack utilizzata da essa;  ESP, tramite il quale possiamo scorrere tutto lo stack per inserire o prelevare dati da un punto ben preciso di esso;  EIP, che punta alla prossima istruzione che la CPU dovrà eseguire dopo quella corrente.
  • 11. Programma esemplificativo Una parte del programma disassemblato
  • 12. Programma esemplificativo  Le prime tre istruzioni sono tre operazioni di push, che inseriscono i valori 2, 1 e 0 nello stack (in ordine inverso).  Successivamente si ha una CALL, utilizzata per chiamare la funzione example, infatti si salta all’indirizzo 00401234. Da notare che, ogni qualvolta bisogna fare una CALL, il processore salva il valore attuale di EIP nello stack e poi lo modifica per effettuare un salto incondizionato alla funzione, in modo da poterlo ripristinare al termine di essa, per poter riprendere l’esecuzione dall’istruzione successiva alla chiamata.  All’interno della funzione, per prima cosa EBP viene salvato sullo stack, in EBP viene memorizzato il valore di ESP (cioè l’inizio dello stack per la funzione) e poi viene sottratto a ESP lo spazio necessario per le variabili con una operazione di SUB. Le istruzioni successive riguardano l’allocazione e l’assegnazione delle variabili i e buffer, inserite nello stack seguendo come sempre la modalità LIFO.  Alla fine, mediante l’istruzione LEAVE, i registri EBP e ESP riacquisiscono i valori che avevano prima di chiamare la CALL e, mediante l’istruzione RET, si ritorna alla funzione principale utilizzando l’indirizzo di ritorno presente nello stack.
  • 13. Buffer Overflow di Stack Questo tipo di BOF è quello in assoluto più diffuso e interessa lo stack. È necessario:  Fare in modo che il codice sia nell’address space del programma . Si distinguono due casi:  Inserirlo manualmente (Code injection): il programma chiede in input una stringa, che verrà inserita dall’attaccante in modo da contenere il codice di attacco, sotto forma di istruzioni per la CPU.  Il codice si trova già lì: il codice che ci serve è già presente, bisogna solo parametrizzarlo a dovere.
  • 14. Buffer Overflow di Stack  Fare in modo che il programma salti al codice di attacco e lo esegua :  Activation Records: si utilizza all’interno di una funzione e consiste nell’effettuare l’overflow di un buffer, con lo scopo di arrivare a sovrascrivere l’EIP con l’indirizzo del codice di attacco.  Puntatori a funzioni: si effettua l’overflow di un buffer vicino ad un puntatore, in modo da corrompere quest’ultimo e da farlo puntare alla locazione del codice di attacco.  Longjmp buffers: sfrutta un meccanismo presente in C che consente di salvare lo stato di un buffer mediante il comando setjmp(buffer) e di ripristinarlo in seguito mediante il comando longjmp(buffer). Se abbiamo un buffer adiacente di cui è possibile effettuare l’overflow, potremmo corrompere anche lo stato del buffer di checkpoint in modo che, non appena viene chiamato il comando longjmp, si salta alla locazione del codice di attacco.  Spesso l’inserimento del codice di attacco e la sua esecuzione sono effettuati in una volta sola, ma non necessariamente.  Lo shellcode è un pezzo di codice macchina eseguito per sfruttare una vulnerabilità. Deve essere altamente specifico e verificato nei minimi dettagli.
  • 15. Esempio 1 di BOF di Stack Il programma non fa altro che chiamare la funzione example(), la quale alloca la variabile command con valore calc, che rappresenta il comando che vogliamo eseguire (la semplice calcolatrice di Windows). Successivamente viene allocata la variabile name, in cui vogliamo inserire un nome da dare allo script, cosa che viene fatta richiamando la funzione gets(). La restante parte serve per farci capire cosa sta succedendo in memoria, infatti ci mostra un’istantanea dello stack.
  • 16. Esempio 1 di BOF di Stack Se come nome dello script inseriamo “hello”: Tutto ok Abbiamo inserito “hello” nella variabile name e poi abbiamo eseguito il contenuto di command, cioè “calc”.
  • 17. Esempio 1 di BOF di Stack Se come nome dello script inseriamo “xxxxxxxxxxxxxxxxcmd ”: Buffer overflow e shell in locale!!! Abbiamo scritto al di là della variabile name, sovrascrivendo anche command che adesso contiene “cmd”
  • 18. Esempio 2 di BOF di Stack  Il programma prende una stringa in ingresso e la inserisce all’interno della variabile var, utilizzando la funzione strcpy(). La funzione function() non viene mai chiamata dal programma. Il nostro obiettivo sarà quello di causare un buffer overflow, inserendo in ingresso una stringa più lunga dei 10 caratteri a disposizione e di sostituire l’indirizzo di ritorno di main() con quello della funzione function(), in modo che essa venga eseguita.  Facendo un po’ di prove, ci accorgiamo che il programma va in segmentation fault non appena inseriamo 14 caratteri.  Se diamo in input 14 caratteri e l’indirizzo della funzione function() (che possiamo trovare disassemblando il codice)… il gioco è fatto!
  • 19. Esempio 2 di BOF di Stack Come fare a passargli l’indirizzo? Esso infatti è scritto in caratteri esadecimali e non ASCII. Scriviamo un piccolo exploit, che si occupa di convertire in ASCII e di passare al programma l’indirizzo da noi inserito in esadecimale.
  • 20. Buffer Overflow di Heap Questo tipo di BOF è noto e sfruttato da molto tempo, ma se ne parla sempre meno di quello di stack, soprattutto perché è in genere più difficile da sfruttare rispetto a quest’ultimo. Esistono diverse tecniche per portarlo avanti:  Attacchi basati su malloc() e funzioni simili: per ogni variabile allocata dinamicamente, viene allocato uno spazio di lunghezza prestabilita ma se non ci sono controlli, è molto semplice scrivere oltre esso, sovrascrivendo l’area adiacente occupata possibilmente da un’altra variabile.  Attacchi basati sulla sovrascrittura di puntatori: si effettua l’overflow di un buffer adiacente ad un puntatore in modo da corrompere quest’ultimo e farlo puntare alla locazione del codice di attacco.  Attacchi basati su puntatori a funzioni: si effettua l’overflow di un buffer vicino ad un puntatore a funzione, in modo da corrompere quest’ultimo e farlo puntare alla funzione di attacco.
  • 21. Esempio di BOF di Heap Il programma appartiene all’utente root ma è impostato il bit SUID, che consente a chiunque di eseguirlo con privilegi di root. In particolare, il programma alloca una parte di memoria nello heap e vi copia dentro lo shellcode. Subito dopo l’indirizzo di ritorno del main è sovrascritto dall’indirizzo dello shellcode, in modo che quando il main ritorna, fornisce una shell.
  • 22. Alla ricerca di Buffer Overflow  Gli esempi finora visti sono scritti per puro scopo didattico, in quanto non troveremo in giro programmi così, pronti per essere sfruttati per accedere al sistema di turno.  Chi attacca generalmente non prova a casaccio, analizza il codice del programma alla ricerca di vulnerabilità da sfruttare, o aspetta che sia qualcun altro a farlo.  Quando si sa che la versione x del programma y è affetta da una certa vulnerabilità, allora è il momento di creare l’exploit che permetta di utilizzarla.  L’analisi del codice può essere fatta a diversi livelli: lessicale, semantico, basato su tecniche di intelligenza artificiale, a runtime, reverse engineering, ricerca di bug specifici, ecc.
  • 23. Blaster: un worm costruito su un BOF  Rilevato l’11 Agosto 2003 sui primi computer, si diffuse a macchia d’olio nel giro di appena 2 giorni  Infetta i computer con SO Microsoft Windows XP o 2000  L’obiettivo finale era colpire Microsoft, mediante un attacco DDoS al sito di Windows Update.  L’avversione nei confronti di Microsoft è dimostrata anche dalla stringa trovata nel codice del worm: “billy gates why do you make this possible ? Stop making money and fix your software!!”  Effetti: danni in tutto il mondo per oltre 3 milioni di dollari  Colpevole: un ragazzo di 18 anni del Minnesota (USA)
  • 24. Blaster: un worm costruito su un BOF  Blaster si sviluppa su una vulnerabilità descritta da Microsoft stessa nel Microsoft Security Bulletin MS03-026. Si tratta di una falla nell’interfaccia RPC (Remote Procedure Call) di un oggetto DCOM (Distributed Component Object Model).  DCOM: tecnologia che abilita componenti software che non si trovano sulla stessa macchina a comunicare direttamente utilizzando una rete;  RPC: protocollo usato per la comunicazione e la richiesta di servizi tra le due parti di software, permettendo ad un programma che gira su un certo computer di eseguire codice su un sistema remoto.
  • 25. Blaster: un worm costruito su un BOF  Se la richiesta di comunicazione viene posta all’interfaccia RPC in modo errato, ci possono essere problemi perché essa non controlla opportunamente le dimensioni dei messaggi ricevuti in input.  Un malintenzionato potrebbe scrivere un exploit che invia all’oggetto DCOM un messaggio non corretto e costruito in modo da causare un buffer overflow, che gli permetterebbe di avere il controllo completo sulla macchina. Per poter fare ciò, il malintenzionato deve utilizzare una tra le porte aperte per RPC, tra cui 135, 139, 445 e 593.  Blaster fa proprio questo!!!
  • 26. Blaster: un worm costruito su un BOF Supponiamo di avere un computer infetto. Il tutto si svolge in diverse fasi:  Attesa: A deve prima controllare di essere connesso ad Internet, mediante la funzione InternetGetConnectedState(). Se l’esito è positivo, si va alla fase 2  Generazione indirizzi IP: il programma genera gli indirizzi IP dei computer a cui lanciare il contagio. Effettua uno scan di essi alla ricerca di computer vulnerabili, tra cui supponiamo ci sia un ipotetico B.  Attacco al RPC: utilizzando la porta TCP 135, A invia pacchetti formulati in modo errato (ma costruiti ad hoc per ottenere l’effetto nefasto) al servizio RPC/DCOM di B che, essendo affetto dalla falla, non effettua controlli sulla lunghezza di essi. Risultato: buffer overflow!!!  Controllo del contagio: attraverso la porta 135, A controlla se B è già infetto e in caso affermativo termina; in caso negativo, invece, attiva i socket per comunicare con B.  La shell CMD.EXE: A questo punto, A lancia su B la shell tramite il comando cmd.exe, necessaria ad A per far eseguire a B dei comandi.  Download del worm: tramite la shell, B richiede ad A l’eseguibile msblast.exe, che scarica nella cartella %systemroot%/system32 (cartella di sistema). Il file appena scaricato viene lanciato.  Aggiornamento delle Registry Keys: utilizzando la shell lanciata nella fase 5, A apporta delle modifiche ad alcune Registry Keys di B, in modo che il worm venga eseguito ad ogni avvio del pc.
  • 27. Blaster: un worm costruito su un BOF  Il worm è stato progettato affinchè i computer infetti effettuino un attacco DDoS in momenti ben precisi: ogni giorno (nel caso di mesi compresi tra Settembre e Dicembre) e dal 16 del mese in poi per gli altri mesi.  I sintomi che permettono di accorgersi della presenza di Blaster sul proprio sistema sono: prestazioni ridotte, continui riavvii, traffico irregolare sulle porte TCP 135 e 4444 e UDP 69.  Presenza di tool per l’eliminazione automatica del worm  Rilevate ad oggi 4 varianti: Lovesan A, Lovesan B, Lovesan C e Lovesan F.
  • 28. Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi Diverse tecniche sono state inventate per cercare di frenare il più possibile i buffer overflow e nuovi attacchi sono stati messi a punto per bypassare esse.  Difesa - scelta del linguaggio di programmazione: C e C++ non forniscono la giusta protezione contro l’accesso e la sovrascrittura dei dati in memoria (attraverso i puntatori è possibile praticamente spostarsi e scrivere in memoria pressoché dovunque) e contro la scrittura in un array al di fuori dei suoi confini (è il problema principale che causa il buffer overflow). Altri linguaggi effettuano controlli (es. Java, Python, Ada, Lisp).  Difesa - Scrivere codice corretto: utopia! Per quanto si possa controllare il proprio codice, i bug potrebbero risiedere nelle funzioni delle librerie utilizzate.  Difesa – Attenzione ai programmi SUID: programmi che vanno in esecuzione con privilegi di root, chiunque sia ad eseguirli. Alcuni di essi sono necessari per effettuare operazioni comuni, altri non lo sono affatto o non vengono mai usati, ma possono rappresentare un problema, dato che possono essere sfruttati da un malintenzionato attraverso un buffer overflow, al termine del quale si troverà con privilegi di root e quindi avrà il controllo della macchina.
  • 29. Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi  Difesa - uso di librerie “safe”: sostituiscono le funzioni “incriminate” di LibC (es. gets(), scanf(), printf(), ecc.) con versioni “safe” (in teoria) offrendo in alcuni casi una completa nuova implementazione delle stringhe. Es.: Libsafe The Better String Library Arri Buffer API Vstr Funzione strlcpy()  Difesa – Protezione contro lo “stack smashing”: viene scritto nello stack un “canary”, cioè un valore noto sistemato tra un buffer e i dati di controllo. In caso di buffer overflow, il canary viene sovrascritto, dunque al ritorno dalla funzione ci si accorge dell’avvenuta manipolazione dello stack ed è possibile correre ai ripari. 3 tipi di canaries: Terminator, Random e Random XOR canaries. Esempio di programmi che implementano questo tipo di protezione:  ProPolice  StackGuard  StackGhost
  • 30. Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi  Difesa – Protezione dello spazio eseguibile: protezione implementata sia a livello hardware che software. L’idea è quella di rendere parte della memoria non scrivibile o non eseguibile, in modo da evitare la maggior parte dei BOF, ad esempio quelli basati sulla “code injection” (se la memoria non è eseguibile, inserisco il codice di attacco ma non posso eseguirlo).  Soluzione hardware: NX bit  Soluzione software: DEP (Windows), W^X (OpenBSD), PaX (Linux), Exec Shield (Linux).  Nuovo attacco – Gli attacchi “return-to-libc”: Lo scopo è quello di sovrascrivere l’indirizzo di ritorno di una funzione non con quello della locazione di memoria dove si trova lo shellcode, bensì con quello di una funzione di libC, spesso system(), magari passandogli come argomento qualcosa come /bin/sh (che ci dà una shell in locale). In questo modo non è necessario eseguire codice che si trova nello stack o nello heap, aggirando quindi l’ostacolo rappresentato dalla protezione dello spazio eseguibile.
  • 31. Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi  Difesa – Address Space Layout Randomization (ASLR): l’idea di base è quella di organizzare alcune parti chiave della memoria di un processo (ad esempio stack, heap, librerie e parti eseguibili) in maniera casuale nell’address space di un processo. Ciò rende difficili alcuni tipi di attacco, in particolare gli activation records e i return-to-libc, a causa della difficoltà di trovare l’indirizzo del codice da eseguire. Implementata anche in PaX e Exec Shield.  Difesa – Deep Packet Inspection (DPI): consente di esaminare i pacchetti che transitano in una rete, confrontandoli con le informazioni a disposizione presenti in un database e riguardanti attacchi conosciuti. Ciò permette di trovare gli eventuali pacchetti che portano le tracce di un buffer overflow o di un altro tipo di attacco e di evitare che passino. Utile ma spesso poco efficace: previene solo gli attacchi conosciuti.
  • 32. Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi Difesa – Intrusion Detection Systems (IDS): riconoscono i pacchetti che transitano in rete e che mirano ad effettuare manipolazioni sui sistemi o attacchi contro servizi vulnerabili e applicazioni. Sono composti da diverse parti:  Sensori: osservano gli eventi che avvengono sul sistema;  Analizzatori: analizzano gli eventi passati loro dai sensori;  Gestore: riceve gli eventi degni di nota dagli analizzatori e prende provvedimenti sia passivi che attivi.  Nuovo attacco – Shellcode alfanumerici, polimorfici, metamorfici e automodificanti: utilizzano tecniche spesso messe in pratica dai worm per non farsi scovare. In particolare:  Shellcode polimorfici: variano continuamente, lasciando immutato l’algoritmo originale. Spesso per ottenere ciò utilizzano la crittografia, lasciando però una parte non criptata che contiene le informazioni per decriptare il resto. Gli IDS mirano a riconoscere proprio questa parte, attraverso una scansione basata su pattern.  Shellcode metamorfici: ancora peggio di quelli polimorfici, con l’obiettivo di vanificare le scansioni degli IDS basate su pattern.
  • 33. Difesa contro i BOF e… nuovi attacchi Conclusioni: La soluzione non esiste!!!  Scrivere codice corretto è un’utopia, perché è facile sbagliare o commettere una leggerezza o utilizzare codice di terzi che involontariamente contiene dei bug.  È possibile comunque affrontare il problema, sia utilizzando il buon senso, che mediante svariate tecniche che si possono spesso combinare tra loro.  Ricordare che se qualcuno lavora per produrre armi che possano competere con le armi del nemico, il nemico non sta con le mani in mano e nello stesso tempo lavora per migliorare le sue.