1. Psicologia dei gruppi:
teorie e tecniche
Prof.ssa Angela FEDI
NOTA: alcuni lucidi sono tratti dal testo
“Psicologia sociale” di Palmonari, Cavazza,
Rubini, ed. Il Mulino, Bologna 2002, altri
liberamente adattati o tratti dai testi citati
2. Organizzazione del corso
Il corso prevede
Lezioni ed esercitazioni sui principali costrutti della
teoria psicosociale dei gruppi.
Nella seconda parte del corso si approfondiranno, anche
con l’ausilio di esperti, alcuni contesti ed utilizzi
particolari dello strumento gruppo (gruppo di lavoro,
gruppo di terapia, nella ricerca, nell’azione sociale…)
3. Programma
Brown, R. (2000). Psicologia sociale dei gruppi. Bologna: Il Mulino
E poi, a scelta, una delle seguenti aree:
AREA GRUPPO DI LAVORO
Quaglino G. P., Casagrande S., Castellano A. M., (1992). Gruppo di lavoro,
lavoro di gruppo. Milano: RaffaelloCortina Editore
AREA GRUPPI E SOCIETA’ (PARTECIPAZIONE/GRUPPI DI AZIONE)
Fedi, A., Mannarini T. (2008), Oltre il NIMBY: La dimensione psicologico-sociale
della protesta contro le opere sgradite. Milano: FrancoAngeli
oppure
Bonomelli R., Fedi A. (2008). Lutto, protesta, democrazia: per una lettura
psicosociale di Madres de Plaza de Mayo, H.I.J.O.S. e Herman@s. Napoli:
Liguori Editore.
AREA CLINICA/LAVORO SOCIALE
Fedi A. (a cura di), (2005). Partecipare il lavoro sociale (introduzione, prefazione,
capp. 1, 2, 3, 6, 8). Milano: FrancoAngeli
oppure
Kaneklin, C. (1993). Il gruppo in teoria e in pratica. Milano: Raffaello Cortina
editore
4. Elementi per una definizione di
gruppo
Destino comune (Lewin) es: gli ebrei nell’Europa
nazista
Struttura sociale (Sherif) es: la famiglia
Interazione faccia-a-faccia (Bales) es: il piccolo
gruppo
Autocategorizzazione (Turner, Tajfel) un gruppo
esiste quando due o più individui percepiscono se
stessi come membri della medesima categoria
sociale…
in più: relazione con altri gruppi (Brown) …e
quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno
un’altra persona
5. Una definizione imprescindibile nell’ottica psicosociale è
quella di Lewin (1948) secondo cui
un gruppo è una totalità dinamica, cioè un’entità diversa
(non superiore) rispetto alla somma degli individui che
la compongono.
Il criterio fondamentale per la definizione di un gruppo è
l’esistenza di interazione o di altri tipi di
interdipendenza fra i membri la somiglianza non è
sufficiente a definire un gruppo
Non c’è alcuna limitazione numerica
una definizione di gruppo
6. L’entitatività
Deriva dall’aspetto di “totalità” indicato da Lewin. È il
grado in cui un aggregato sociale è percepito dagli
osservatori come avente la natura di un’entità, dotata
di un’esistenza reale.
Emerge dai principi gestaltici di somiglianza, prossimità,
destino comune e organizzazione. Se presenti, gli
elementi che compongono l’entità diventano
interdipendenti.
NB: percezione ma anche ricadute comportamentali
(vd. favoritismo ingroup)
7. Il continuum “comportamento
interpersonale - comportamento di
gruppo”
Comportamento
intergruppo
Comportamento
interpersonale
Almeno due categorie
sociali identificabili
assenti presenti
Grado di variabilità
negli atteggiamenti/
comportamenti dei
singoli
alto basso
Grado di variabilità
negli atteggiamenti/
comportamenti di un
individuo vs. membri
degli altri gruppi
alto basso
8. L’appartenenza a gruppi sociali
(da Voci, 2003)
Il bisogno di appartenere: spinta istintiva a formare e
mantenere relazioni interpersonali durature, positive e
significative; bisogno di contatto sociale regolare con le
persone a cui siamo legati. Da dove nasce?
Spiegazioni evoluzionistiche (Bowlby, 1969, 1988;
Caporael, 1997)
Teoria dell’identità sociale
Teorie motivazionali dell’appartenenza: bisogno di
autostima, bisogno di sicurezza (riduzione
dell’incertezza soggettiva), equilibrio tra bisogno di
assimilazione e di differenziazione (distintività ottimale)
9. Lo sviluppo di gruppo (Tuckman & Jensen 1977)
La vita dei gruppi passa attraverso 5 stadi:
stadio di forming (formazione) dipendenza e orientamento
stadio di storming (conflitto) conflitti
stadio di norming (normativo) coesione e scambio
stadio di performing (prestazione) role-taking e problem solving
stadio di adjourning (sospensione) disimpegno progressivo
(piccoli gruppi)
10. Lo sviluppo di gruppo (Worchel et al. 1991, 1992)
(grandi gruppi)
periodo di malcontento
evento precipitante
identificazione di gruppo
produttività di gruppo
individuazione
declino
11. La socializzazione di gruppo (Levine & Moreland,
1994)
L’individuo può passare attraverso 5 fasi della
socializzazione di gruppo:
1) esplorazione
2) socializzazione
3) mantenimento
4) risocializzazione
5) ricordo
12. La socializzazione di gruppo
(Moreland e Levine 1989; Levine e Moreland 1994)
Per rendere più facile la sua entrata nel gruppo il
newcomer può:
Condurre un efficace processo di ricognizione
Giocare il ruolo di nuovo membro
Cercare referenti di fiducia
Collaborare con gli altri newcomer
Esistono diversi tipi di newcomer:
membri istituenti
visitatori
trasferiti
sostituti
neofiti regolari
13. L’esclusione morale (da Ravenna, 2004)
Esclusione di determinati individui o gruppi da una comunità
morale.
Indicatori specifici di esclusione morale (cognitivi, morali,
affettivi):
Valutazione distorta dei gruppi; confronti a vantaggio del Sé;
ampliare il bersaglio
Disprezzo e denigrazione degli altri; deumanizzazione;
profanazione; (Bandura) approvare apertamente
comportamenti distruttivi; modificare i propri standard morali;
attuare confronti vantaggiosi; accelerare il ritmo delle azioni
dannose; biasimare la vittima
Timore della contaminazione
14. L’esclusione morale (da Ravenna, 2004)
… ma ci sono anche criteri ordinari rintracciabili nelle relazioni,
negli scambi interpersonali, negli atteggiamenti e nelle
credenze:
pensiero di gruppo; deindividuazione; adesione a ideologie
trascendenti; sprofondamento morale; distanza psicologica;
condiscendenza; confronti poco lusinghieri; doppio standard;
spostamento della responsabilità; diffusione delle
responsabilità; occultare gli effetti del comportamento dannoso;
ricorso a eufemismi; normalizzazione della violenza;
idealizzazione della violenza; contenimento temporale;
orientamento tecnico; trasformazione del danno in routine
15. L’esclusione morale (da Ravenna, 2004)
Focus sull’attore sociale
1. disimpegno morale (Bandura): disattivazione selettiva del giudizio morale
Ristrutturazione cognitiva: giustificazione morale; uso di eufemismi; confronti
vantaggiosi
Meccanismi che distorcono rapporto azione/effetti: spostamento della
responsabilità; diffusione della responsabilità
Meccanismi che producono una specifica rappresentazione della vittima:
deumanizzazione; attribuzione di colpa
2. Concezione non integrata Sé/ altri
3. Bisogni e caratteristiche personali: fragilità o ipertrofia del Sé; ricerca di
eccitazione, bisogno di potere, sadismo; personalità autoritaria; chiusura
mentale e dogmatismo; orientamento alla dominanza sociale
Focus sull’influenza sociale (Milgram e Zimbardo)
Deindividuazione e adesione ai ruoli sociali
Ruolo della situazione e norme sociali
16. Il ruolo
Definizione
Insieme di aspettative condivise rispetto al modo in cui dovrebbe
comportarsi un individuo che occupa una certa posizione nel
gruppo
A che cosa serve una divisione in ruoli?
• Permette una vita di gruppo prevedibile e ordinata; è funzionale
al conseguimento degli scopi di gruppo (Brown, 1988)
Levine e Moreland (1990): in quasi tutti i gruppi è possibile
distinguere tre ruoli: leader, nuovo arrivato, capro espiatorio
17. Il sistema di status
Definizioni
• Si riferisce alla posizione occupata dall’individuo nel
gruppo, unitamente alla valutazione di tale posizione in
una scala di prestigio (Scilligo, 1973)
• Il pattern generale di influenza sociale fra i membri di un
gruppo (Levine e Moreland, 1990)
• Uno status elevato è rivelato da due indicatori
fondamentali:
• Tendenza a promuovere iniziative (idee ed attività)
• Consenso sulla valutazione del prestigio connesso alla
posizione dell’individuo nel gruppo (Brown, 1988)
• Le differenziazioni di status sono funzionali rispetto al
bisogno di prevedibilità e ordine
18. Le norme di gruppo
Definizioni
Le nome costituiscono aspettative condivise rispetto al modo
in cui dovrebbero comportarsi i membri del gruppo (Levine e
Moreland, 1990); riguardano un set di comportamenti e
opinioni cui ci si aspetta che i membri si uniformino
Permettono di definire la “latitudine” entro la quale sono
accettate le differenze individuali
Non hanno lo stesso carattere di obbligatorietà per tutti i
membri: le persone di status elevato sono più vincolate alle
norme centrali
Che cosa succede a chi non rispetta le norme?
I devianti ricevono più comunicazioni; questo stato termina
quando essi si riavvicinano alle opinioni della maggioranza.
Se invece persistono nella posizione assunta, il gruppo finisce
per abbandonarli a se stessi
19. Come si producono le norme nei
gruppi?
sono imposte dal leader o da autorità esterne norme
istituzionali
derivano dalla contrattazione dei membri norme
volontarie
si diffondono tra i membri del gruppo norme evolutive
i primi pattern di comportamento si stabilizzano in norme
(“si è sempre fatto così”)
script che precisano i comportamenti adatti nelle varie
situazioni matrice cognitiva delle norme
20. A che cosa servono le norme?
Cartwright e Zander (1968) individuano quattro funzioni:
• Avanzamento del gruppo: le pressioni verso l’uniformità possono
servire al raggiungimento degli obiettivi
• Mantenimento del gruppo: alcune norme, come ad esempio le
richieste per incontri regolari, permettono al gruppo di preservarsi
• Costruzione della realtà sociale: formazione di una concezione
comune della realtà sociale, utile per fronteggiare situazioni non
familiari e come riferimento per l’autovalutazione individuale
• Definizione dei rapporti con l’ambiente sociale: permettono di
definire le relazioni con altri gruppi, organizzazioni, istituzioni, e
stabilire quali gruppi siano “alleati” o “nemici”
21. Il conformismo può essere dovuto a:
• cambiamento percettivo o cognitivo personale
accettazione
• condiscendenza pubblica compiacenza
• motivazioni di tipo affettivo convergenza
Perché gli individui si conformano?
Secondo Festinger (1950) ci sono due processi
soggiacenti:
a) la costruzione sociale della realtà
b) la presenza di uno scopo di gruppo importante
Il conformismo evita anche il “ridicolo sociale” (Deutsch
e Gerard, 1955)
22. L’influenza della minoranza: due processi o uno?
Modelli duali. Moscovici (1976): le minoranze
producono conversione (cambiamenti privati di
opinioni) producendo processi di pensiero
qualitativamente differenti
Anche secondo Nemeth (1986) l’influenza
minoritaria dà luogo a modalità di pensiero più
creative e divergenti
Modelli monofattoriali. Latané e Wolf (1981): la
differenza tra influenza maggioritaria e minoritaria
sta nel numero delle fonti
23. Potere = capacità di influenzare o vincere le resistenze degli
altri, assicurandosi comportamenti di adesione o acquiescenza-
compiacenza
Autorità = legittimità dell’esercizio del potere che si fonda su
regole stabilite e rispetto ad un certo campo di attività
Controllo = modalità con cui viene valutato il conseguimento
degli obiettivi predefiniti e si assicura il rispetto di un certo patto
sociale che lega fra loro gli attori
Leadership = comprende gli aspetti precedenti, ma è una
specifica forma di influenza caratterizzata dalla capacità di
determinare un consenso volontario, accettazione soggettiva e
motivata delle persone rispetto a certi obiettivi del gruppo o
dell’organizzazione
24. Il potere nel gruppo
Definizioni
Capacità di influenzare o di controllare altre persone (Levine
e Moreland, 1990).
Secondo French e Raven (1959), il potere costituisce una
influenza potenziale di O su P (French e Raven, 1959)
E’ necessario tenere in considerazione il fatto che, nella realtà, il
potere raramente deriva da un’unica fonte; le relazioni fra O e P
sono caratterizzate da molte variabili, ciascuna delle quali può
essere una base di potere.
25. Forme del potere (French e Raven, 1959)
Il potere di ricompensa: si basa sull’abilità di O di dare o
promettere ricompense, materiali o simboliche, a P
Il potere coercitivo: la base del potere è nella minaccia o
attuazione di sanzioni punitive di O su P
Il potere legittimo: P ha interiorizzato norme che
stabiliscono che O ha il diritto legittimo di influenzare P, ad
esempio in base a una designazione sociale (elezioni)
Il potere d’esempio: si basa sull’identificazione di P con O
Il potere di competenza: P ritiene O un esperto in un
determinato ambito, ed ha fiducia che O dica la verità
Critiche: la tipologia di French e Raven non considera né i
rapporti economici, né le motivazioni di chi accetta la fonte
di influenza
26. La leadership
Definizioni
La leadership implica l’influenza di un membro del gruppo
sugli altri (rispettivamente, leader e seguaci) in vista del
raggiungimento degli obiettivi del gruppo (Hollander, 1985)
Il leader è colui che mostra più iniziativa nel dirigere,
suggerire, consigliare, proporre idee rispetto agli altri
membri del gruppo; occupa una posizione elevata nella
gerarchia di status e ricopre una posizione centrale nella
rete di comunicazione nel gruppo (Turner, 1991)
Moscovici (1976) propone una distinzione tra influenza e
potere, in riferimento ai processi di influenza sociale
minoritaria e maggioritaria: mentre la prima produce
accettazione soggettiva, la seconda implica coercizione e
acquiescenza pubblica
27. Su cosa si basa la capacità di influenzare?
La teoria del “grande uomo”
Esistono alcuni tratti di personalità che distinguono i leader dagli
altri: un individuo con tali caratteristiche è un leader “naturale”
indipendentemente dalla situazione
I tratti più tipici di un leader: propensione alla responsabilità ed
alla esecuzione del compito, tenacia nel perseguire gli obiettivi,
originalità nell’affrontare i problemi, tendenza a prendere
l’iniziativa, fiducia in sé, capacità di tollerare le frustrazioni,
abilità nell’influenzare gli altri… (Stodgill,1974)
Critiche: I comportamenti delle persone variano a seconda delle
situazioni ed i tratti non sono statici ma dinamici (Hollander,
1985)
28. Dalla ricerca di alternative alla teoria del “grande uomo” derivano
due sviluppi teorici: lo studio delle funzioni del leader e l’approccio
situazionista
Lo studio delle funzioni e dello stile di leadership
Bales e Slater (1955) distinguono due tipi di funzioni del leader:
Leader socioemozionale: presta attenzione ai sentimenti dei
membri del gruppo; è teso ad assicurare armonia nel gruppo
Leader centrato sul compito:concentrato sulla realizzazione del
compito e sull’organizzazione del lavoro di gruppo
Secondo gli Autori, i due ruoli sono complementari, e
difficilmente possono essere svolti dalla stessa persona
29. Approccio situazionista
Si fonda sull’idea che in situazioni diverse il leader deve
assolvere funzioni diverse. Tale ruolo può quindi essere
assunto da diversi membri del gruppo, caso per caso
Esperimento di Carter e Nixon (1949): variando il tipo di
compito, osservano che persone diverse emergono come
leader
Fattori situazionali collegati all’emergere di un leader: natura
del compito; presenza nel gruppo di un membro con
esperienza di leader, grandezza del gruppo, stabilità
ambientale…
30. Critiche all’approccio situazionista:
trascura le caratteristiche delle persone con ruoli di
leader
la definizione della situazione (centrata sulle richieste
relative al compito) è riduttiva e considera poco elementi
importanti come la storia, la struttura, le risorse del
gruppo
31. Modello della contingenza (Fiedler, 1964)
Idea interazionista: l’efficienza del leader dipende dalla
corrispondenza fra stile adottato e controllo della
situazione
Stile di leadership misurato mediante punteggio Lpc (Least
Preferred Co-worker): descrizione su scale bipolari
(collaborativo / non collaborativo; amichevole / ostile…) del
collaboratore con cui la persona trova più difficile lavorare
Alto Lpc = leader centrato sulle relazioni
Basso Lpc = leader centrato sul compito
Fattori presenti nella situazione:
Qualità dei legami leader membri
Livello di struttura del compito (es., chiarezza dello scopo)
Potere del leader (es., controllo di sanzioni e premi)
32. Le ricerche compiute sulla base del modello di Fiedler hanno
evidenziato che le combinazioni efficaci di stile di leadership e
situazione sono le seguenti:
Leadership centrata
sulla relazione + Controllo moderato
della situazione
Leadership centrata
sul compito +
Controllo alto o basso
della situazione
Problemi:
Il punteggio Lpc rimanda per alcuni aspetti ad una stabilità
comportamentale del leader, che ricorda in parte le teorie dei
tratti
33. Modelli transazionali
Si centrano sulla relazione bidirezionale fra leader e
membri del gruppo
Dinamica processuale: il leader può influenzare i membri
del gruppo, e questi ultimi possono influenzare, con le loro
aspettative e le loro richieste, il leader stesso. E’ perciò
riconosciuto un ruolo più attivo ai membri del gruppo
Esempio: Studio di Merei (1949) in una scuola materna.
Bambini più grandi, introdotti in un gruppo esistente,
divennero leader solo se prima di introdurre innovazioni di
gioco furono capaci di adattarsi alle norme, al
comportamento ed alle “tradizioni” del gruppo esistente.
34. Teoria di Hollander (1978)
La sequenza di adesione iniziale alle norme del gruppo e
di successiva introduzione di idee nuove riveste un ruolo
centrale
Introduce la nozione di “credito idiosincratico”, che il leader
deve conquistare nei contatti iniziali con il gruppo
Quattro fonti di legittimità:
conformità iniziale alle norme di gruppo
essere stato scelto dal gruppo
competenza rispetto agli scopi del gruppo
adesione o “lealtà” alle norme di gruppo
35. I processi di presa di decisione nei gruppi:
dall’assunzione di rischio alla polarizzazione
Secondo il senso comune, i gruppi sono luogo di ricerca
del compromesso: sono perciò poco efficaci nella presa di
decisioni
Effetto di normalizzazione (Sherif,1935): le risposte di
gruppo in una prova di giudizio tendono a concentrarsi
attorno alla media dei giudizi individuali
Stoner (1961), sulla base di evidenze empiriche inattese,
propone una posizione molto diversa: le decisioni prese in
gruppo sono decisamente più rischiose delle decisioni che
i singoli prenderebbero individualmente
Decisione rischiosa = decisione in cui si mette in gioco
qualcosa di acquisito, rischiando di perderlo, in vista
dell’ottenimento di qualcosa di molto più rilevante
36. Metodologia utilizzata da Stoner
Tre fasi:
Decisione
individuale
Subito dopo,
formazione di gruppi
e decisione di gruppo
Nuova decisione
individuale dopo
alcune settimane
Esempio di problema usato da Stoner:
Il capitano di una squadra universitaria di calcio, negli ultimi secondi di una
partita, giocata contro i più accaniti tra gli avversari dell’istituto, ha la possibilità di
scegliere fra due tecniche di gioco: una che quasi certamente porterebbe al
pareggio e l’altra che in caso di successo porterebbe ad una vittoria completa
ma, in caso di insuccesso, alla totale disfatta
Richiesta del compito: valutare la probabilità minima di riuscita considerata
accettabile nel consigliare al personaggio principale della situazione di scegliere
l’alternativa più rischiosa
37. Risultati ottenuti da Stoner: 12 gruppi su 13 modificarono la
decisione iniziale, presa individualmente, verso un maggior
rischio.
Come interpretare questo spostamento nelle decisioni di
gruppo verso la direzione rischiosa?
Diffusione della responsabilità: discutendo con altri, un
individuo si sente meno direttamente responsabile (Wallach,
Kogan e Bem, 1964). Tuttavia, la stessa interpretazione era
stata in precedenza avanzata per spiegare perché i gruppi
appaiono conservatori nelle loro decisioni
Familiarità: la discussione di gruppo aumenta la familiarità dei
singoli rispetto a problemi delicati
“Rischio come valore”: nel corso della discussione di gruppo,
diventa saliente un valore proprio della cultura americana,
ossia l’apprezzamento per chi sa correre dei rischi (Brown,
1965)
38. Effetto polarizzazione
Moscovici e Zavalloni (1969): Gli effetti della discussione di
gruppo sono limitati alle situazioni di assunzioni di rischio? O
sono in rapporto ad un processo socio psicologico più ampio?
Replica dello studio di Stoner, utilizzando un tradizionale
questionario di atteggiamenti invece di dilemmi alla Stoner.
Risultato: gli atteggiamenti del gruppo sono più estremi di
quelli dei singoli individui che ne fanno parte.
L’estremizzazione non è indifferenziata
Polarizzazione degli atteggiamenti = incremento dato dal
gruppo ad un orientamento già presente nei singoli
componenti
39. La polarizzazione viene spiegata
mediante confronto sociale centratura sulle relazioni
mediante persuasione centratura sui contenuti
come differenziazione intergruppi
centratura sull’identificazione col gruppo
40. “Group think” (Janis, 1972)
Cosa succede quando nei gruppi il conflitto è totalmente assente?
Analisi di decisioni “disastrose” prese da gruppi di esperti: ad es., il
tentativo americano di invadere Cuba nel 1961
Caratteristiche del processo decisionale
Forte coesione di gruppo
Isolamento del gruppo rispetto a informazioni esterne
Pressione a decidere in tempi brevissimi
Quasi sempre, presenza di un leader molto direttivo
Conseguenze:
Forti pressioni alla ricerca dell’accordo; autocensura; fiducia nella “moralità
interna” del gruppo
Percezione di unanimità; decisione disastrosa
41. Processo di categorizzazione
(processo fondamentale per
l’organizzazione e la comprensione
del mondo)
Rafforzamento delle
differenze percepite
fra le categorie
(accentuazione)
Diminuzione delle
distinzioni percepite
entro le categorie
(assimilazione)
(Tajfel 1959)
Quali categorie utilizziamo?
Bruner (1957): quelle più accessibili (dipende
dall’osservatore) e più integrate (con la situazione attuale)
42. Quali fattori consentono di percepire entità discrete (i singoli individui)
come gruppi?
Campbell (1958): destino comune (azioni o eventi comuni);
somiglianza (condivisione di caratteristiche comuni);
prossimità (vicinanza fisica).
Accessibilità e integrazione variano a seconda delle situazioni e
degli obiettivi
Non tutte le categorie sono psicologicamente equivalenti
(Turner et al. 1987)
Teoria dell’autocategorizzazione (SCT): la categoria
adottata è quella che minimizza la differenza tra sé e il membro più
tipico della categoria di appartenenza e contemporaneamente
massimizza la differenza fra questo e il membro prototipico
dell’outgroup RAPPORTO OTTIMALE DI
METACONTRASTO
Ma…
43. Conseguenze sociali della categorizzazione:
tendenza a trattare con maggior favore i membri della
propria categoria rispetto all’outgroup paradigma del gruppo
minimo (Rabbie e Horwitz 1969; Tajfel et al. 1971): la sola
categorizzazione è sufficiente per suscitare favoritismo intergruppi
(discriminazione comportamentale)
rafforzamento delle somiglianze all’interno dell’ingroup
in realtà si ha anche effetto di percezione di omogeneità nell’outgroup
per
diversa quantità di informazione disponibile all’osservatore
(familiarità)
oppure
diversa natura della categoria
44. Pensiero categoriale offuscamento delle differenze
tra i membri di uno stesso gruppo
Stereotipo di gruppo
come:
credenze legittimanti legittimazione dello status quo
aspettative ipotesi di lavoro da verificare o smentire
profezie che si autoavverano effetto Pigmalione
45. I soli processi cognitivi non bastano a spiegare l’asimmetria
degli atteggiamenti intergruppi
necessità dell’introduzione dell’
IDENTITÀ SOCIALE =
parte del concetto di Sé che deriva dalla
consapevolezza della propria appartenenza a un
gruppo (o più gruppi) sociale unitamente al valore e
al significato emotivo di tale appartenenza
(SIT, Social Identity Theory, Tajfel 1978)
La preferenza per un concetto di sé
positivo implica che anche l’ingroup
debba essere connotato positivamente
46. Pregiudizio linguistico intergruppi (linguistic intergroup
bias) (Maass et al. 1989):
termini denotativi di stati psicologici durevoli (più astratti
dunque generalizzabili) sono utilizzati per descrivere
comportamenti positivi dell’ingroup, mentre per l’outgroup si
utilizzano termini più concreti e situazionali.
Il contrario accade per comportamenti negativi.
47. Risposte all’ineguaglianza di status:
Anche gli appartenenti a categorie di status superiore mostrano
orientamenti a proprio favore
Se si appartiene a categorie di status inferiore si può
abbandonare il gruppo
confrontarsi con gruppi diversi o su dimensioni diverse
(raramente) mettere in discussione la superiorità dell’outgroup
promuovendo un cambiamento sociale. Lo si fa se si riescono ad
immaginare alternative
in base a:
confini relativamente valicabili fra i gruppi
differenze di status relativamente instabili
percezione dell’illegittimità delle differenze
48. Produttività effettiva
=
produttività potenziale – perdite per processi imperfetti
Richieste del compito
Risorse del gruppo
Processi di interazione
Prestazione osservata di
un gruppo in un compito
(Steiner 1972)
Problemi di coordinamento
Dinamiche sociali
Perdite di motivazione
Inerzia sociale (all’aumentare delle dimensioni di gruppo)
Effetto free-rider (non essere indispensabili)
Effetto parassita (avere dei compagni che approfittano della
propria disponibilità a lavorare per il gruppo)
La produttività di gruppo
49. Oltre al social loafing (inerzia sociale) esiste anche un effetto
opposto,
detto social labouring
(laboriosità sociale, aumentato impegno individuale in compiti di
gruppo)
Fattori principali:
l’importanza del compito
la salienza del gruppo
la possibilità per il gruppo di essere
valutato
la cultura