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DISTURBI SPECIFICI
DELL’APPRENDIMENTO
Ci sono casi di bambini (5-10%) che, nonostante livelli
normali di capacità intellettuali, non riescono ad imparare
soprattutto a scuola.
Essi presentano un disturbo di apprendimento, ossia “un
disturbo che influenza la loro capacità di interpretare ciò
che vedono e sentono o di collegare le informazioni
contenute in diverse parti del cervello. Questi limiti
possono emergere in modi diversi: come difficoltà
specifiche connesse al linguaggio scritto e parlato,
coordinamento, controllo personale o attenzione. Tali
difficoltà si estendono alla scuola e possono impedire
l’apprendimento della scrittura, lettura o matematica”
(NHS, 1993).
http://www.ldonline.org/
CAUSE
Organiche - malattie ereditarie metaboliche, infezioni e intossicazioni,
denutrizione, traumi peri- e post-natali

Disfunzione cerebrale minima
(forma circoscritta di disfunzioni cerebrali maggiori come la paralisi
cerebrale infantile; es. assenza di asimmetria al planum temporale
nei dislessici)

Relazionali - l’approccio psicoanalitico vede nel rapporto madre-bambino
l’origine della capacità simbolica; la mancata affermazione della
tolleranza alla frustrazione (assenza della madre – costruzione di un
sostituto simbolico) ostacola il costituirsi del simbolo.
Ambiente – Esso non è incluso tra le cause dei Dsa. Tuttavia un
ambiente svantaggiato può aggravare la situazione ed ostacolare il
recupero.
APPROCCIO HUMAN INFORMATION
PROCESSING
L’attività di funzioni cognitive quali il linguaggio, la memoria,
l’attenzione è scomponibile in componenti deputate a compiti
specifici in modo tale che un processo cognitivo risulta dal
contributo e dall’integrazione delle suddette componenti.

LINGUAGGIO
LETTURA E SCRITTURA (moduli del linguaggio)
CALCOLO
Modello della mente modulare
di Fodor
La mente è modulare, ossia una struttura costituita da
componenti isolabili e perlopiù isolate. I moduli sono innati e
svolgono compiti altamente specializzati.
Central cognition

visione
udito
linguaggio

controllo
motorio
La mente può essere suddivisa in due tipi di sistemi:
sistemi di input, deputati all’analisi delle afferenze sensoriali e
del linguaggio, e sistemi centrali, deputati alle funzioni
superiori, dalla fissazione delle credenze alla soluzione di
problemi.
I sistemi di input (moduli) si caratterizzano per il fatto di
interessare un singolo dominio cognitivo, di essere
predeterminati geneticamente, di avere una ben precisa
struttura neurologica, di non essere il risultato della
composizione di abilità più semplici, di essere autonomi, di
dare avvio automatico all’elaborazione dell’informazione che lo
riguarda (sono informazionalmente incapsulati), di avere
specifiche caratteristiche evolutive, di non consentire
all’informazione elaborata contatti con altri sistemi. Esempi di
sistema di input sono la percezione dei volti oppure il
processo di riconoscimento delle parole scritte.
I sistemi di input, una volta analizzato per
gradi il materiale, forniscono un output univoco ai
sistemi centrali. Questi non sono incapsulati, né
modulari e quindi possono avere accesso agli output
dei sistemi periferici, anche se non possono
influenzarne il lavoro.
Secondo alcuni studiosi i moduli posso essere
acquisiti. Per altri ancora alcune competenze possono
rendersi progressivamente autonome. Ad esempio
secondo Karmiloff-Smith il linguaggio è dominiospecifico ma non modulare; esso si modularizza
progressivamente nel corso dello sviluppo generando
rappresentazioni linguistiche specifiche per dominio.
Il modello della mente modulare è stato
applicato ad una serie di studi. Ad esempio,
prova dell’indipendenza funzionale dei diversi
processi implicati nella lettura si è trovata nei
pazienti dislessici acquisiti con deficit selettivi
a carico di alcune procedure di lettura ma non
di altre.
In base a questo modello modulare un
disturbo di apprendimento è dovuto ad un
disturbo in uno o più dei moduli implicati:
l’obiettivo dell’indagine deve essere quello di
identificare i moduli che non funzionano.
LETTURA E SCRITTURA
MODELLO DI LETTURA

PAROLA SCRITTA

negli adulti
Sistema di analisi visiva: riconoscimento
dell’identità astratta delle lettere e della
loro posizione all’interno della parola

Sistema di analisi visiva

Lessico di entrata visivo

Sistema semantico

Convertitore
grafema-fonema

Lessico visivo d’entrata: magazzino che
contiene la rappresentazione delle forme
scritte di tutte le parole conosciute
dall’individuo
Sistema semantico: organizzazione dei
significati delle parole

Lessico in uscita fonologico

Buffer fonemico

PAROLA LETTA

Lessico fonologico d’uscita: rappresentazione fonologica delle parole conosciute
Buffer fonemico: magazzino di memoria a
breve termine in grado di contenere la
sequenza dei fonemi per l’intervallo di
tempo necessario all’articolazione delle
parole
MODELLO DI LETTURA

PAROLA SCRITTA

negli adulti
Sistema di analisi visiva

Via 1 si attiva l’immagine fonologica
della parola attraverso il sistema
semantico

Lessico di entrata visivo

Sistema semantico

Lessico in uscita fonologico

Buffer fonemico

PAROLA LETTA

Convertitore
grafema-fonema

Via 2 si attiva l’immagine fonologica
della parola senza il contributo del
sistema semantico
Via 3 intervento del sistema di
conversione grafema-fonema
DIAGNOSI
Una diagnosi precoce prescolare è essenziale per
programmare un percorso educativo del bambino nella
scuola e contenere le numerose conseguenze di uno scarso
rendimento scolastico.
Vi sono però dei problemi nella diagnosi:
Uno scarso rendimento scolastico
può essere determinato da:

Disturbi specifici di apprendimento
Disturbo centrale della comunicazione
Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività
Limitazioni intellettive (es. per ritardo mentale)
Perdita progressiva di vista o udito
Disturbi fisici cronici
Deprivazione ambientale
Problemi psichiatrici
Scarsa motivazione
DIAGNOSI
Dato che i disturbi di apprendimento sono un
fenomeno multi-dimensionale è opportuno un
approccio diagnostico integrato: sono necessari
esami diretti ad accertare l’integrità fisica, prove di
intelligenza, prove relative alla funzionalità di singole
abilità cognitive, al clima affettivo-emotivo ecc.
Intervento

Premesse all’intervento sono:
L’attenzione posta sullo sviluppo globale dell’individuo e
non solo sulle dimensioni strettamente cognitive. Globalità
significa coinvolgere anche i “normali” in modo tale da
promuovere un ambiente rispettoso di tutte le esigenze.
L’attenzione posta non solo sui deficit ma anche sulle
risorse individuali.
L’attenzione posta sul rapporto costi/benefici. L’intervento
deve garantire il miglioramento della qualità di vita della
persona disabile.
APPROCCIO COMPORTAMENTALE
Mira ad insegnare abilità e competenze in diversi settori (cognitivo,
sociale, autonomia personale…).
Utilizza tecniche comportamentali basate su ricompense e punizioni: es.
shaping.
Grazie all’influenza del cognitivismo si è posto l’accento sul ruolo attivo
del soggetto. Vengono perciò ora proposte anche strategie di
autoregolazione
(autoistruzione
verbale,
automonitoraggio
dell’attenzione…).
L’approccio si basa sull’esercizio continuo e la ripetizione di un dato
comportamento. Prevede:
1. La scomposizione del comportamento e l’individuazione degli
obiettivi
2. La valutazione delle conoscenze e abilità del bambino prima
dell’intervento (linea di base)
3. L’ intervento
4. La valutazione finale
METACOGNIZIONE E METAMEMORIA
Nel ritardo mentale e nei disturbi di apprendimento svolge
un ruolo importante la metacognizione, ossia il livello di
conoscenza del proprio funzionamento mentale e il modo
con cui si utilizza tale conoscenza nell’attuare strategie e
processi di controllo.
Tale approccio rispecchia l’affermarsi di concezioni più
dinamiche di intelligenza che mettono in luce la sua
modificabilità
anche
in
presenza
di
disturbi
dell’apprendimento.
METACOGNIZIONE

Metaconoscenza

Processi metacognitivi

Include informazioni,
associazioni, regole ed
esperienze acquisite
spontaneamente e/o per
trasmissione culturale.

Aiutano a 1) rendersi conto
dell’esistenza di un problema, 2)
predire la propria prestazione, 3)
pianificare
l’attività
cognitiva
conoscendo l’efficacia delle azioni
programmate, 4) registrare e
guidare
l’attività
cognitiva
in
relazione all’obiettivo posto.

La riflessione metacognitiva può avere gradi diversi di consapevolezza.
Tra i processi metacognitivi che guidano la
risoluzione di un problema ci sono i processi di
previsione con i quali si fa una previsione sulla
propria riuscita in un compito e si corregge la
prestazione in base ai risultati dell’azione nel corso
del suo svolgimento.
Vi sono poi processi di monitoraggio che, in
ogni istante, controllano il funzionamento ed
intervengono attivamente solo quando un
feedback indica che c’è qualcosa che non va. Un
esempio di feedback attivo è l’autoesame che
include le azioni che mirano a controllare se si è
imparato ciò che ci si era proposti.
INTERVENTO METACOGNITIVO
L’obiettivo è quello di promuovere le conoscenze
metacognitive ed i processi metacognitivi.
Si può fare ciò implementando programmi mirati alle
specifiche competenze deficitarie (es. linguaggio,
memoria); oppure focalizzandosi su un atteggiamento
metacognitivo generale.
I risultati migliori si ottengono, tanto nel ritardo
mentale quanto nei disturbi specifici di apprendimento,
tramite l’adozione di entrambe le prospettive, specifica
e generale.
ESEMPIO
Obiettivi generali del programma memoria e
metacognizione (Cornoldi e Caponi 1991)
Prima parte: atteggiamento metacognitivo
1. Differenziare tra sé e non sé, tra mondo esterno e interno
2. Riconoscere le funzioni fisiologiche e psicologiche del
corpo umano
3. Riconoscere l’esistenza di alcune produzioni psichiche e le
loro caratteristiche: sogni, fantasie e immagini mentali
4. Riconoscere i propri stati emotivi
5. Differenziare tra tipi diversi di attività cognitive
6. Riconoscere e differenziare i casi in cui è presente una
specifica esigenza di ricordare
7. Essere consapevoli del fatto che si può dimenticare e che
si può fare qualcosa di utile per ricordare
Seconda parte: conoscenze specifiche di metamemoria
8. Individuare alcune possibili cause di dimenticanza
9. Riconoscere l’esistenza di differenze nella capacità mnestica
10. Riconoscere l’importanza dell’impegno personale nell’affrontare un
compito di memoria
11. Riconoscere che la mente umana ha capacità limitate
12. Riconoscere che la mente umana lavora in maniera interconnessa
13. Riconoscere che certe forme di ripetizione attiva migliorano il ricordo del
materiale
14. Riconoscere che una maggiore elaborazione dell’informazione può portare
a ricordare di più; fare conoscenza con nuovi tipi di elaborazione
15. Riconoscere che non ricordare non significa necessariamente aver
perduto l’informazione
16. Comprendere le modalità di organizzazione semantica del materiale da
ricordare
17. Comprendere le implicazioni dei diversi compiti di memoria
METAMEMORIA Cornoldi et al. (1990)
- 48 soggetti con ritardo mentale
- età cronologica 8-13 anni
- suddivisi in due fasce in base all’età mentale:
bassa
3,7 - 5,9 anni

alta
5,10 - 7,7 anni
Sottoposti a training metacognitivo di 50 giorni: (1) parte generale sulla
metamemoria, la problematizzazione del ricordare e sensibilizzazione
del fenomeno della dimenticanza. Viene sottolineata l’utilità di usare
strategie per ricordare, viene valorizzato il ruolo dell’impegno e della
concentrazione; (2) parte specifica sull’insegnamento di singole
strategie.
Es. strategia mnemonica immaginativa: consiste nel far uso di immagini
mentali, rappresentandosi mentalmente e guardando con l’occhio della
mente parole, concetti, idee che si vogliono apprendere. Questa tecnica
è particolarmente utile per bambini con ritardo mentale che spesso fanno
fatica ad utilizzare una mediazione verbale.
Es. strategie organizzative: il materiale da ricordare viene classificato ed
organizzato (ad es. criterio di appartenenza a categorie) in modo tale da
alleggerire il carico della memoria di lavoro. Questa strategia poggia su
requisiti di accesso categoriale, non presenti in tutti i soggetti con ritardo,
e quindi si rivela più complessa nell’applicazione.
Nell’insegnare una
distinzione tra:

strategia

va tenuta presente la

Deficit di produzione – in questo caso la persona può
apprendere una strategia. Essa è pertanto disponibile ma
non viene utilizzata spontaneamente nei vari contesti. In
questo caso non solo ha senso insegnare una strategia ma
anche insistere nella presentazione dei contesti di
applicazione.

Deficit di mediazione – in questo caso la strategia non
viene messa in pratica neppure quando questa viene
esplicitamente insegnata e suggerita. L’insegnamento
quindi di una strategia non solo risulta inutile ma rischia di
essere dannoso per il livello di autostima della persona. Si
può optare per strategie più semplici o lavorare
sull’atteggiamento strategico generale del soggetto,
rimandando ad eventuali fasi più progredite gli
insegnamenti specifici.

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Metacognizione1

  • 1. DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO Ci sono casi di bambini (5-10%) che, nonostante livelli normali di capacità intellettuali, non riescono ad imparare soprattutto a scuola. Essi presentano un disturbo di apprendimento, ossia “un disturbo che influenza la loro capacità di interpretare ciò che vedono e sentono o di collegare le informazioni contenute in diverse parti del cervello. Questi limiti possono emergere in modi diversi: come difficoltà specifiche connesse al linguaggio scritto e parlato, coordinamento, controllo personale o attenzione. Tali difficoltà si estendono alla scuola e possono impedire l’apprendimento della scrittura, lettura o matematica” (NHS, 1993). http://www.ldonline.org/
  • 2. CAUSE Organiche - malattie ereditarie metaboliche, infezioni e intossicazioni, denutrizione, traumi peri- e post-natali Disfunzione cerebrale minima (forma circoscritta di disfunzioni cerebrali maggiori come la paralisi cerebrale infantile; es. assenza di asimmetria al planum temporale nei dislessici) Relazionali - l’approccio psicoanalitico vede nel rapporto madre-bambino l’origine della capacità simbolica; la mancata affermazione della tolleranza alla frustrazione (assenza della madre – costruzione di un sostituto simbolico) ostacola il costituirsi del simbolo. Ambiente – Esso non è incluso tra le cause dei Dsa. Tuttavia un ambiente svantaggiato può aggravare la situazione ed ostacolare il recupero.
  • 3. APPROCCIO HUMAN INFORMATION PROCESSING L’attività di funzioni cognitive quali il linguaggio, la memoria, l’attenzione è scomponibile in componenti deputate a compiti specifici in modo tale che un processo cognitivo risulta dal contributo e dall’integrazione delle suddette componenti. LINGUAGGIO LETTURA E SCRITTURA (moduli del linguaggio) CALCOLO
  • 4. Modello della mente modulare di Fodor La mente è modulare, ossia una struttura costituita da componenti isolabili e perlopiù isolate. I moduli sono innati e svolgono compiti altamente specializzati. Central cognition visione udito linguaggio controllo motorio
  • 5. La mente può essere suddivisa in due tipi di sistemi: sistemi di input, deputati all’analisi delle afferenze sensoriali e del linguaggio, e sistemi centrali, deputati alle funzioni superiori, dalla fissazione delle credenze alla soluzione di problemi. I sistemi di input (moduli) si caratterizzano per il fatto di interessare un singolo dominio cognitivo, di essere predeterminati geneticamente, di avere una ben precisa struttura neurologica, di non essere il risultato della composizione di abilità più semplici, di essere autonomi, di dare avvio automatico all’elaborazione dell’informazione che lo riguarda (sono informazionalmente incapsulati), di avere specifiche caratteristiche evolutive, di non consentire all’informazione elaborata contatti con altri sistemi. Esempi di sistema di input sono la percezione dei volti oppure il processo di riconoscimento delle parole scritte.
  • 6. I sistemi di input, una volta analizzato per gradi il materiale, forniscono un output univoco ai sistemi centrali. Questi non sono incapsulati, né modulari e quindi possono avere accesso agli output dei sistemi periferici, anche se non possono influenzarne il lavoro. Secondo alcuni studiosi i moduli posso essere acquisiti. Per altri ancora alcune competenze possono rendersi progressivamente autonome. Ad esempio secondo Karmiloff-Smith il linguaggio è dominiospecifico ma non modulare; esso si modularizza progressivamente nel corso dello sviluppo generando rappresentazioni linguistiche specifiche per dominio.
  • 7. Il modello della mente modulare è stato applicato ad una serie di studi. Ad esempio, prova dell’indipendenza funzionale dei diversi processi implicati nella lettura si è trovata nei pazienti dislessici acquisiti con deficit selettivi a carico di alcune procedure di lettura ma non di altre. In base a questo modello modulare un disturbo di apprendimento è dovuto ad un disturbo in uno o più dei moduli implicati: l’obiettivo dell’indagine deve essere quello di identificare i moduli che non funzionano.
  • 9. MODELLO DI LETTURA PAROLA SCRITTA negli adulti Sistema di analisi visiva: riconoscimento dell’identità astratta delle lettere e della loro posizione all’interno della parola Sistema di analisi visiva Lessico di entrata visivo Sistema semantico Convertitore grafema-fonema Lessico visivo d’entrata: magazzino che contiene la rappresentazione delle forme scritte di tutte le parole conosciute dall’individuo Sistema semantico: organizzazione dei significati delle parole Lessico in uscita fonologico Buffer fonemico PAROLA LETTA Lessico fonologico d’uscita: rappresentazione fonologica delle parole conosciute Buffer fonemico: magazzino di memoria a breve termine in grado di contenere la sequenza dei fonemi per l’intervallo di tempo necessario all’articolazione delle parole
  • 10. MODELLO DI LETTURA PAROLA SCRITTA negli adulti Sistema di analisi visiva Via 1 si attiva l’immagine fonologica della parola attraverso il sistema semantico Lessico di entrata visivo Sistema semantico Lessico in uscita fonologico Buffer fonemico PAROLA LETTA Convertitore grafema-fonema Via 2 si attiva l’immagine fonologica della parola senza il contributo del sistema semantico Via 3 intervento del sistema di conversione grafema-fonema
  • 11. DIAGNOSI Una diagnosi precoce prescolare è essenziale per programmare un percorso educativo del bambino nella scuola e contenere le numerose conseguenze di uno scarso rendimento scolastico. Vi sono però dei problemi nella diagnosi:
  • 12. Uno scarso rendimento scolastico può essere determinato da: Disturbi specifici di apprendimento Disturbo centrale della comunicazione Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività Limitazioni intellettive (es. per ritardo mentale) Perdita progressiva di vista o udito Disturbi fisici cronici Deprivazione ambientale Problemi psichiatrici Scarsa motivazione
  • 13. DIAGNOSI Dato che i disturbi di apprendimento sono un fenomeno multi-dimensionale è opportuno un approccio diagnostico integrato: sono necessari esami diretti ad accertare l’integrità fisica, prove di intelligenza, prove relative alla funzionalità di singole abilità cognitive, al clima affettivo-emotivo ecc.
  • 14. Intervento Premesse all’intervento sono: L’attenzione posta sullo sviluppo globale dell’individuo e non solo sulle dimensioni strettamente cognitive. Globalità significa coinvolgere anche i “normali” in modo tale da promuovere un ambiente rispettoso di tutte le esigenze. L’attenzione posta non solo sui deficit ma anche sulle risorse individuali. L’attenzione posta sul rapporto costi/benefici. L’intervento deve garantire il miglioramento della qualità di vita della persona disabile.
  • 15. APPROCCIO COMPORTAMENTALE Mira ad insegnare abilità e competenze in diversi settori (cognitivo, sociale, autonomia personale…). Utilizza tecniche comportamentali basate su ricompense e punizioni: es. shaping. Grazie all’influenza del cognitivismo si è posto l’accento sul ruolo attivo del soggetto. Vengono perciò ora proposte anche strategie di autoregolazione (autoistruzione verbale, automonitoraggio dell’attenzione…). L’approccio si basa sull’esercizio continuo e la ripetizione di un dato comportamento. Prevede: 1. La scomposizione del comportamento e l’individuazione degli obiettivi 2. La valutazione delle conoscenze e abilità del bambino prima dell’intervento (linea di base) 3. L’ intervento 4. La valutazione finale
  • 16. METACOGNIZIONE E METAMEMORIA Nel ritardo mentale e nei disturbi di apprendimento svolge un ruolo importante la metacognizione, ossia il livello di conoscenza del proprio funzionamento mentale e il modo con cui si utilizza tale conoscenza nell’attuare strategie e processi di controllo. Tale approccio rispecchia l’affermarsi di concezioni più dinamiche di intelligenza che mettono in luce la sua modificabilità anche in presenza di disturbi dell’apprendimento.
  • 17. METACOGNIZIONE Metaconoscenza Processi metacognitivi Include informazioni, associazioni, regole ed esperienze acquisite spontaneamente e/o per trasmissione culturale. Aiutano a 1) rendersi conto dell’esistenza di un problema, 2) predire la propria prestazione, 3) pianificare l’attività cognitiva conoscendo l’efficacia delle azioni programmate, 4) registrare e guidare l’attività cognitiva in relazione all’obiettivo posto. La riflessione metacognitiva può avere gradi diversi di consapevolezza.
  • 18. Tra i processi metacognitivi che guidano la risoluzione di un problema ci sono i processi di previsione con i quali si fa una previsione sulla propria riuscita in un compito e si corregge la prestazione in base ai risultati dell’azione nel corso del suo svolgimento. Vi sono poi processi di monitoraggio che, in ogni istante, controllano il funzionamento ed intervengono attivamente solo quando un feedback indica che c’è qualcosa che non va. Un esempio di feedback attivo è l’autoesame che include le azioni che mirano a controllare se si è imparato ciò che ci si era proposti.
  • 19. INTERVENTO METACOGNITIVO L’obiettivo è quello di promuovere le conoscenze metacognitive ed i processi metacognitivi. Si può fare ciò implementando programmi mirati alle specifiche competenze deficitarie (es. linguaggio, memoria); oppure focalizzandosi su un atteggiamento metacognitivo generale. I risultati migliori si ottengono, tanto nel ritardo mentale quanto nei disturbi specifici di apprendimento, tramite l’adozione di entrambe le prospettive, specifica e generale.
  • 20. ESEMPIO Obiettivi generali del programma memoria e metacognizione (Cornoldi e Caponi 1991) Prima parte: atteggiamento metacognitivo 1. Differenziare tra sé e non sé, tra mondo esterno e interno 2. Riconoscere le funzioni fisiologiche e psicologiche del corpo umano 3. Riconoscere l’esistenza di alcune produzioni psichiche e le loro caratteristiche: sogni, fantasie e immagini mentali 4. Riconoscere i propri stati emotivi 5. Differenziare tra tipi diversi di attività cognitive 6. Riconoscere e differenziare i casi in cui è presente una specifica esigenza di ricordare 7. Essere consapevoli del fatto che si può dimenticare e che si può fare qualcosa di utile per ricordare
  • 21. Seconda parte: conoscenze specifiche di metamemoria 8. Individuare alcune possibili cause di dimenticanza 9. Riconoscere l’esistenza di differenze nella capacità mnestica 10. Riconoscere l’importanza dell’impegno personale nell’affrontare un compito di memoria 11. Riconoscere che la mente umana ha capacità limitate 12. Riconoscere che la mente umana lavora in maniera interconnessa 13. Riconoscere che certe forme di ripetizione attiva migliorano il ricordo del materiale 14. Riconoscere che una maggiore elaborazione dell’informazione può portare a ricordare di più; fare conoscenza con nuovi tipi di elaborazione 15. Riconoscere che non ricordare non significa necessariamente aver perduto l’informazione 16. Comprendere le modalità di organizzazione semantica del materiale da ricordare 17. Comprendere le implicazioni dei diversi compiti di memoria
  • 22. METAMEMORIA Cornoldi et al. (1990) - 48 soggetti con ritardo mentale - età cronologica 8-13 anni - suddivisi in due fasce in base all’età mentale: bassa 3,7 - 5,9 anni alta 5,10 - 7,7 anni
  • 23. Sottoposti a training metacognitivo di 50 giorni: (1) parte generale sulla metamemoria, la problematizzazione del ricordare e sensibilizzazione del fenomeno della dimenticanza. Viene sottolineata l’utilità di usare strategie per ricordare, viene valorizzato il ruolo dell’impegno e della concentrazione; (2) parte specifica sull’insegnamento di singole strategie. Es. strategia mnemonica immaginativa: consiste nel far uso di immagini mentali, rappresentandosi mentalmente e guardando con l’occhio della mente parole, concetti, idee che si vogliono apprendere. Questa tecnica è particolarmente utile per bambini con ritardo mentale che spesso fanno fatica ad utilizzare una mediazione verbale. Es. strategie organizzative: il materiale da ricordare viene classificato ed organizzato (ad es. criterio di appartenenza a categorie) in modo tale da alleggerire il carico della memoria di lavoro. Questa strategia poggia su requisiti di accesso categoriale, non presenti in tutti i soggetti con ritardo, e quindi si rivela più complessa nell’applicazione.
  • 24. Nell’insegnare una distinzione tra: strategia va tenuta presente la Deficit di produzione – in questo caso la persona può apprendere una strategia. Essa è pertanto disponibile ma non viene utilizzata spontaneamente nei vari contesti. In questo caso non solo ha senso insegnare una strategia ma anche insistere nella presentazione dei contesti di applicazione. Deficit di mediazione – in questo caso la strategia non viene messa in pratica neppure quando questa viene esplicitamente insegnata e suggerita. L’insegnamento quindi di una strategia non solo risulta inutile ma rischia di essere dannoso per il livello di autostima della persona. Si può optare per strategie più semplici o lavorare sull’atteggiamento strategico generale del soggetto, rimandando ad eventuali fasi più progredite gli insegnamenti specifici.