2. Bambini capaci di Dio
L’adulto competente e il bambino
Cosa sappiamo oggi dei bambini?
Conseguenze per una catechesi che incontri la vita
3. L’adulto competente e il bambino
• Quando si diventa e cosa significa essere adulti competenti nei
confronti dei bambini (genitori, educatori, catechisti, insegnanti)?
• La generatività e il prendersi cura come dimensioni costitutive
dell’essere adulti competenti.
• Generatività è per Erikson il compito del cosiddetto settimo stadio,
che caratterizza la seconda età adulta. Con tale termine Erikson
intende l’interesse dell’individuo adulto a fondare e a guidare la
generazione successiva.
• Generatività e procreazione.
4. L’adulto competente e il bambino
• È capacità di “cura”, intesa nel senso della capacità di prendersi
cura degli altri.
• La “cura” è disponibilità ad amare, ad accarezzare chiunque, in
stato di abbandono, rende manifesto il suo bisogno.
• Un vero e proprio “compito generazionale”: un impegno
complessivo verso le nuove generazioni, richiesto a formatori,
educatori, insegnanti, genitori, ma più in generale ad ogni adulto!
• Il fallimento in questo compito evolutivo conduce ad una
regressione a stadi precedenti, ad esempio ad una esclusiva ed
eccessiva preoccupazione per l’immagine del proprio ego… È “la”
patologia nevrotica del nostro tempo: il narcisismo.
5. L’adulto competente e il bambino
Bisogni profondi, attese ultime, aspettative, sono le stesse per bambini e
adulti, anche se si manifestano con modalità diverse a seconda
dell’età e con gradi di intensità differenti a seconda delle varie forme
di disagio.
Ogni essere umano – e questo in comune anche ad altre forme viventi –
ha due bisogni fondamentali:
1. Di essere amato, riconosciuto, visto, rispecchiato, ben-voluto…
accettato incondizionatamente;
2. Di essere lasciato libero di essere quello che è, e quindi aiutato
a sciogliere quei legami così vitali in una fase della vita ma destinati
a diventare puro veleno se non si sciolgono.
6. L’adulto competente e il bambino
Per poter rispondere adeguatamente al primo, abbiamo bisogno di
empatia e compassione e queste nascono dalla conoscenza di noi
stessi e degli altri… imparare ad ‘ascoltare’ e a ‘vedere’, oltre le
apparenze e le evidenze. Superando luoghi comuni e stereotipi…
questo l’obiettivo della relazione di oggi.
Per rispondere al secondo, dobbiamo anzitutto prenderci cura di noi
stessi, dedicarci del tempo e delle sane energie, per sciogliere noi,
per primi, i legami che ci tengono (ancora) prigionieri. Solo in questo
modo potremo poi aiutare anche altri a farlo.
7. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
1) Erikson:
Il primo ‘ingrediente’ per uno sviluppo sano: la fiducia di base. Una
richiesta psico-fisica della presenza della ‘madre’, del suo sguardo
rassicurante e delle sue braccia accoglienti.
La fiducia di base: un senso fondamentale di fiducia in se stessi; una
sorta di positività strutturale verso la vita, che può diventare il leitmotiv dell’intera successiva esistenza. Tale positività è favorita e
predisposta dalle quasi illimitate capacità di cura e di disponibilità
della ‘madre’. Se una tale “sicurezza di base” riesce ad instaurarsi,
le crisi evolutive successive saranno affrontate e superate
dall’individuo con più serenità e facilità.
8. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Se la prima richiesta del bambino è quella di una madre accogliente e
disponibile, una richiesta psico-fisica della presenza della ‘madre’,
del suo sguardo rassicurante e delle sue braccia accoglienti, ne
deriva che sarà a questo livello che dovranno esprimersi i
feedback, cioè le risposte, delle figure di accudimento.
Grazie ad un tale atteggiamento di fiducia il bambino sa che la madre
gli darà da mangiare quando avrà fame e lo conforterà nei
momenti in cui proverà paura o dolore; questo stesso bambino
sarà inoltre in grado di tollerare il momento in cui la madre
scompare dalla sua vista, per esempio quando viene messo a
dormire, perché sa che tornerà; infine, sarà in grado di sopportare
positivamente le inevitabili frustrazioni, dovute anche ad una
madre umanamente imperfetta…
9. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
2) Winnicott:
“Non vi è possibilità alcuna per il bambino di procedere dal principio
del piacere al principio di realtà, o verso e oltre l’identificazione
primaria (Freud) a meno che non vi sia una madre
sufficientemente buona”. Ma come possiamo descrivere una good
enough mother?
E’ anzitutto una holding mother… contenere e sostenere…
10. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
2) Winnicott:
Agli inizi è una madre devota: “Il successo nella cura di un bambino
dipende dal senso di devozione, non dall’abilità e dalla
informazione intellettiva della madre”. Esiste un istinto materno,
preparato in oltre 250 milioni di anni dalla natura (la storia
evolutiva dei mammiferi). Una donna in sintonia con il suo istinto –
cioè non disturbata da irrisolti psicologici che possono interferire –
è, per istinto, una buona ‘madre’!
“La madre, all’inizio, con un adattamento quasi del cento per cento,
fornisce al bambino l’opportunità di una illusione che il suo seno
sia parte del bambino […]. L’onnipotenza, per il bambino, è quasi
un fatto di esperienza. Il compito della madre è di disilludere
gradualmente, ma essa non ha speranze di riuscire a meno che
non sia stata capace da principio di fornire sufficiente opportunità
di illusione”.
11. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
La necessità del distacco. “In questo graduale processo di disillusione
– uno dei compiti fondamentali dei genitori e degli educatori – se
le cose vanno bene si prepara la scena per le frustrazioni che noi
raccogliamo insieme sotto il termine di svezzamento […]. Se
l’illusione-disillusione è andata fuori strada, il bambino non può
arrivare ad una cosa tanto normale come lo svezzamento”.
Accompagnare il bambino alla fatica, al dolore, dello svezzamento.
Emblema dei successivi inevitabili distacchi, separazioni, lutti. Le
prime frustrazioni indispensabili alla crescita…
Il bellissimo paradosso: Il bambino può essere solo, solo in presenza
della madre. Come possiamo, noi, accettare la nostra solitudine,
volerla e amarla, se non dentro una relazione che ci faccia sentire
amati e benvoluti? Per-donati?
12. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
3) Bowlby:
Attaccamento: la qualità della relazione primaria tra la ‘madre’ (figura
primaria di accudimento) e il suo bambino. Tre fondamentali stili di
attaccamento:
a) attaccamento sicuro
b) attaccamento insicuro-ambivalente
c) attaccamento insicuro-evitante
13. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
3) Bowlby:
Lo stile di attaccamento acquisito darà origine, nel tempo, ad una sorta di
schematismo interno (M.O.I. Modelli operativi interni) attraverso il quale
l’individuo tenderà a vivere anche le successive relazioni della vita. Così
chi avrà acquisito un attaccamento sicuro, tenderà a vivere, ad esempio,
la futura relazione col partner, nel matrimonio, con equilibrio, con affetto
ma senza gelosia, e a considerare la relazione come una base sicura per
aprirsi alla vita e alle sue richieste. Chi invece avrà interiorizzato uno stile
insicuro-ambivalente, tenderà a ricercare nelle relazioni continue – ma
peraltro mai sufficienti – conferme di amore; temerà che il partner possa
interessarsi di altri, perché tutti sono comunque migliori di quanto lui
stesso si vede, e tenderà a vivere con eccessi di gelosia, di possesso e di
controllo sulla vita del partner. In modo opposto, colui che avrà
interiorizzato un attaccamento insicuro-evitante non riuscirà mai
veramente ad entrare dentro una relazione, tendendo a proteggersi, non
mettendosi mai in gioco nei sentimenti profondi, e quindi rimanendo
freddo e scostante.
14. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Tali stili di attaccamento vanno ad incidere sull’immagine e la
rappresentazione profonda che ciascuno si fa e ha di sé, sulla
propria autostima. “Un bambino che ha avuto modo di interagire
con una figura d’attaccamento accessibile e disponibile a soddisfare
i suoi bisogni fisici e psicologici costruirà, con molta probabilità, una
modello operativo di sé come persona meritevole di essere amata e
capace di segnalare i propri bisogni. Al contrario, l’interazione con
una figura d’attaccamento costantemente inaccessibile e rifiutante
porterà il bambino a costruire un modello complementare di sé
come persona poco amabile e poco capace di segnalare i propri
bisogni e di ottenere risposte adeguate”.
15. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
I modelli operativi interni possono essere modificati attraverso una
buona relazione – una relazione educativa! – che sa pazientemente
dare tempo all’altro di ristrutturarsi nella propria immagine di sé o
autostima. È naturale che ciascuno farà di tutto per vedersi
confermare nell’idea che ha di sé, anche se negativa. Ma se si sa
resistere e offrire risposte che spiazzano rispetto a quanto l’altro si
aspetta, ecco che, nel tempo, può avvenire, fisiologicamente, una
ristrutturazione degli schematismi acquisiti dei modelli operativi
interni. La disponibilità ad una relazione all’insegna dell’amore
genuino, che sa accogliere senza giudicare, che sa resistere
pazientemente ai tentativi dell’altro di distruggerla, può compiere
veri e propri miracoli!
16. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
4) Racamier:
Seduzione narcisistica e lutto originario. “La prima relazione con la madre,
quella seduzione narcisistica che costituisce il sostrato di un narcisismo
adulto sano, deve compiersi e terminare. Il bambino ‘volge le spalle’
alla madre per rivolgersi ad altro, e la madre deve saperlo lasciar
andare. Per nascere bisogna tollerare, da entrambe le parti, di essere
Altro: cioè di perdere la tranquilla beatitudine, il Paradiso terrestre della
relazione amorosa di rispecchiamento tra madre e figlio”.
Il divenire adulti si fonda su una doppia competenza e volontà: “di
crescere, da parte del bambino, di lasciar crescere, da parte della
madre […]. Quando ciò non avviene, quando la madre (o il padre, o
chiunque costringa il bambino ad un ruolo di oggetto parziale) non sa –
o non vuole – elaborare il lutto dell’onnipotente diade simbiotica, la
seduzione narcisistica non finisce mai. Le menti e le persone saranno
intrecciate l’una all’altra in un abbraccio soffocante, che non permette il
costituirsi di un vero spazio intrapsichico autonomo”.
17. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Anche la madre deve accettare di “perdere” il suo bambino! Altrimenti
ecco l’incestuale:
“Una famiglia incestuale. Nulla è più inespugnabile di questi legami
inconsistenti […]. L’incestuale è un clima, un clima in cui soffia il vento
dell’incesto, senza che vi sia incesto […]. L’incestuale ci si presenta
come la maggior complicazione che deriva da una seduzione narcisistica
non risolta”. “La relazione narcisistica non termina se la madre non
vuole che termini: semplicemente non lo sopporta”.
Una relazione narcisistica interminabile è sempre asimmetrica e
manipolatoria: “un dramma in cui il genitore è regista e il figlio o la
figlia vengono manovrati, agiti […]. Cosa rappresenterà questo bambino
per questa madre costantemente avida di conferme narcisistiche?
Rappresenterà il suo specchio: uno specchio sul quale incombe il
compito di rinviarle un’immagine di se stessa sempre lusinghiera e
rassicurante. Sarà il suo complemento: un organo destinato a renderla
compiuta, completa e realizzata”.
18. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Il fallimento del lutto originario (separazione) presuppone l’accettazione
acritica di quelli che Racamier chiama i tre dogmi del credo
narcisistico:
1. «Insieme ci bastiamo e non abbiamo bisogno di nessuno» (sufficienza
nella complicità);
2. «Insieme e uniti, trionferemo su tutto» (onnipotenza nell’unità);
3. «Se mi lasci, io muoio» (morte nella differenziazione).
Il dramma di tante famiglie, oggi…
19. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
5) Freud:
La triade edipica. L’importanza del padre per passare dal due al tre; dal
principio del piacere (voglio tutto, subito) al principio di realtà (sono
ancora troppo piccolo per poter realizzare tutti i miei sogni… devo
crescere… devo aspettare)…
20. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
L’esperienza della castrazione in senso psichico, come esito riuscito
della crisi edipica, e cioè il ridimensionamento dell’onnipotenza
infantile. L’importanza della legge, delle regole e dei “no”.
21. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
6) Lacan:
La crisi dell’autorità paterna (l’evaporazione del padre) e la nostalgia
dell’onnipotenza infantile;
Dalla famiglia normativa alla famiglia affettiva (Charmet: dall’Edipo a
Narciso).
”La forza della parola paterna non si regge su un’autorità che esorbita dal
campo della relazione con la madre. Al contrario, sarà proprio la parola
della madre ad attribuire o meno la giusta autorità simbolica alla parola
del padre. Sarà il modo con il quale la madre parla ai suoi figli del
padre a rendere o meno autorevole la parola del padre, la quale,
dunque, vive in stretta relazione con la parola materna” (M. Recalcati).
22. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
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La funzione del padre: il terzo separativo;
la relazione fondamentale è sempre quella con la madre (primaria);
il padre interviene in un secondo tempo, per aiutare la fine della diade
onnipotente.
Ma il padre può svolgere la sua funzione solo se la madre lo riconosce
(davanti al bambino) e glielo consente. Non c’è padre senza una madre!
23. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
7) Zoja:
”Nell’attuale difesa collettiva verso l’indifferenziato, uomini e donne sono
disponibili a fare le mamme ma nessuno fa più il padre. Chi interverrà
oggi, come accadeva un tempo grazie alla figura paterna (quando
c’era) a interrompere la magica fusione madre (o padre)/bambino?
Chi fungerà da ‘secondo oggetto’ insegnando il verbo e la legge? […].
Sembra che gli uomini – a fronte della responsabilità di diventare
padre – pratichino essenzialmente tre soluzioni: o fuggono, o fanno i
bambini, o fanno le mamme” (Simona Argentieri).
24. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Resistere alla duplice tentazione dei padri di oggi: una fuga all’indietro,
verso il maschio precivile (fuga dalla responsabilità… i centauri); la
fuga in avanti: i padri primari, o mammi, che scimmiottano la
relazione materna.
25. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
8) Piaget
Il modo attraverso cui un bambino conosce e comprende il mondo che lo
circonda – compresa dunque anche la religione – è conforme ai
caratteri dello stadio di sviluppo in cui si trova.
Il momento in cui nasce e si sviluppa un primo pensiero religioso (stadio
del pensiero pre-operatorio, 2-6 anni circa) è caratterizzato da due
tratti specifici:
• l’egocentrismo: il bambino è incapace di porsi da un punto di vista
diverso dal proprio, di decentrarsi rispetto alle proprie rappresentazioni.
L’egocentrismo cognitivo non ha nulla a che vedere con l’egoismo
morale: si riferisce solamente alla modalità propria del bambino di
quell’età di conoscere la realtà. Un tratto, peraltro, che è proprio
l’opposto di quella apertura all’Altro che costituisce la condizione di una
religiosità matura, intesa come incontro personale con Dio;
26. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
8) Piaget
• la precausalità: il bambino è incapace di stabilire legami causali
adeguati tra sé e il mondo esterno o tra le cose del mondo esterno;
tali legami rispecchiano perlopiù la proiezione della propria
esperienza soggettiva di relazione con i genitori. Ne deriva che il
mondo del bambino è un modo magico, dove ogni cosa viene
percepita come dotata di un’anima, un’intenzionalità, e sempre in
relazione al vissuto stesso del bambino, al suo percepirsi più o meno
accolto e benvoluto dai suoi genitori.
27. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Da tutto questo emerge un importante dato, che sempre più numerose
ricerche in psicologia della religione sono andate confermando: il
bambino sembra molto lontano da quel riconoscimento dell’Altro,
nella sua trascendenza, che è inscindibile da una religiosità matura.
Il vecchio adagio latino Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur
– Ciò che viene ricevuto lo si riceve secondo la forma del recipiente
che accoglie: la professionalità di un buon educatore consiste nella
capacità di entrare in relazione con il bambino, posizionandosi là
dove il bambino si trova. «La fedeltà al contenuto del messaggio non
deve essere disgiunta dalla fedeltà alle attuali possibilità di
comprensione di colui che ne è il destinatario».
28. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Ciò significa che è di fondamentale importanza saper mantenere una
fedeltà al bambino e alle sue modalità di comprensione dei contenuti
religiosi. Questo è il punto di partenza di ogni atto educativo. Si
tratta poi di accompagnare il bambino alla meta che ci prefiggiamo;
ma la cosa è possibile solo se prima riusciamo ad ‘agganciare’ il
bambino là dove egli si trova.
Quali sono, allora, i caratteri fondamentali del pensiero religioso
infantile?
29. Conseguenze per una catechesi che incontri la
vita
1. Antropomorfismo cioè la tendenza a percepire Dio
secondo schemi dedotti dalle proprie esperienze umane
Aletti
2. artificialismo, cioè la tendenza ad immaginare
ogni realtà come fabbricata da qualcuno in senso
immediato e materiale
3.animismo, cioè la tendenza ad attribuire intenzioni,
una coscienza o anima vivente, anche alle cose inanimate
4. finalismo, cioè la tendenza a vedere in ogni cosa uno
scopo, letto in termini morali, dedotto dall’esperienza
egocentrica; ad attribuire agli eventi del mondo esterno
una intenzione benefica o malefica in relazione al proprio
comportamento
5. magismo, cioè la tendenza a considerare manipolabili
a proprio vantaggio, in senso cioè utilitaristico ed egocentrico,
le cose che ci circondano. Compreso Dio che viene letto
come un grande e potente mago, manipolabile per soddisfare
le proprie richieste.
30. Cosa sappiamo oggi dei bambini?
9) Recalcati:
Il dono del padre. È il dono del desiderio, il dono della facoltà di
desiderare. E il desiderio è il grande esiliato oggi, perché siamo
sommersi da oggetti del godimento e non c’è più spazio per il
desiderio.
Desiderio, in questa prospettiva, è vocazione: spinta verso qualcosa
che si vuole realizzare. Compito della funzione paterna è quello di
assecondare questa spinta-vocazione… che è la via della felicità.
31. Conseguenze per una catechesi che incontri
la vita
Ma come può, il padre, fare questo? Attraverso la testimonianza, non
tanto dicendo cosa desiderare, ma mostrando che si può vivere con
desiderio la vita, con slancio vitale. È la vita che deve parlare! Più
sarò fedele al mio desiderio-vocazione, più sarò felice: è questo che
“quel che resta del padre” deve testimoniare alle nuove generazioni,
ai Telemaco in attesa del ritorno del padre. E’ come se le nuove
generazioni gridassero: dove siete adulti?! Mancano adulti veri! Ma il
padre edipico non può più tornare.
Il compito più alto del padre (della funzione paterna), oggi, è quello di
restituire ai figli (alle nuove generazioni) la capacità di desiderare.
Non dicendo loro cosa desiderare, ma aiutandoli a sostenere la
potenza del loro desiderio.
32. C’era una volta un paese malmesso, nel quale la gente era infelice.
Un giorno arrivò un re in visita e disse loro che aveva scambiato di
nascosto un loro bimbo con uno dei suoi figli.
Dopo la partenza del re la gente aveva paura. Aveva paura del fatto
che se il re fosse tornato li avrebbe puniti se avesse trovato il
principino infelice.
Ma dato che non avevano idea di quale bimbo fosse, tutto il paese
cominciò a trattare ogni bambino come se fosse un re.
Molti anni dopo il re fece ritorno a quel paese. Nel frattempo i bambini
erano cresciuti, avevano avuto figli a loro volta e il paese era molto
diverso: c’erano biblioteche, ospedali, chiese; tutte le famiglie
lavoravano sodo ed erano tutti felici. I bambini ormai cresciuti non
sapevano nulla, non avevano mai sentito la storia del re, non avevano
idea che ci fosse un principe o una principessa tra loro. Erano
produttivi, creativi e gentili semplicemente perché loro erano stati
amati e protetti. Trattati come se ognuno fosse un re.
Una vecchia, in punto di morte, chiese del re e gli disse: “Io so che la
mia splendida e adorata figliola è la principessa, non è vero?”. E il re le
rispose: “No, sono tutti dei re!”.