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LA FILIERA DELLA MUSICA
• Un corso che forma professionisti della musica. Ma che cos'è il settore della musica? (Capite
cosa intendo per "settore industriale"?)
• Un settore si può definire a seconda delle tecnologie impiegate (il settore chimico, o
metallurgico) o a seconda del prodotto (il settore dei giocattoli: trenini, Tamagochi, Lego:
prodotti tecnologicamente molto diversi).
• Il settore della musica è molto difficile da definire. Lo è tecnologicamente (in realtà, non c'è
molta tecnologia), ma lo è anche dal punto di vista del prodotto. Cosa "fa", cosa "vende" il
settore della musica? (almeno due cose: musica registrata su supporti vari e musica dal vivo)
• Il problema della subfornitura: le figure professionali dietro i prodotti e servizi finiti.
• Il problema creativo e culturale: il "materiale di base" per la musica non è solo le idee di
progettisti stipendiati, ma anche un fermento culturale esterno alla professione. Noi pensiamo
che esista un circolo virtuoso tra un settore che tira e una creatività diffusa di qualità alta.
• A tutta questa baracca diamo il nome di filiera della musica. Obiettivi del corso sono (1) dal
vostro punto di vista conoscerla, e mettervi in condizione di disegnarne una mappa; (2) dal
nostro rinforzarla, darle più gambe per fare girare più idee e quindi stimolare il germinare di
idee sempre nuove.
ISTRUZIONI PER L'USO DI UNA LEZIONE
Prima di tutto: NON SIETE A SCUOLA. Siete qui per vostra libera scelta, siete tutti adulti. Nessuno
vi chiederà niente, non ci sono esami nè voti. Vi si offrono alcune idee e il meglio delle esperienze
fatte in Italia nella filiera della musica. E' nel vostro interesse trarne il meglio che potete.
Ricordatevi, anche, che la collettività - nella fattispecie, il Fondo Sociale - fa un investimento su di
voi, e che noi, selezionandovi, ci siamo resi garanti del fatto che voi siete persone su cui vale la
pena investire. Quindi cercate di farci fare bella figura, imparando più che potete.
Le regole sono poche e molto semplici. Vestitevi come vi pare; tra di noi ci diamo del tu, e anche la
maggior parte dei docenti si aspetterà che vi rivolgiate loro con il tu. Ovviamente, usate il vostro
discernimento. Ricordate che quasi tutti i docenti sono persone con cui uno o più di noi ha
frequenti rapporti di lavoro; quindi, trattateli non bene ma benissimo. Se una lezione proprio vi
annoia, andatevene al bar ma non fate casino.
Alberto Cottica
alberto@cottica.net
http://alberto.cottica.net
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Siccome non siete a scuola, non si faranno lezioni vere e proprie. Ci saranno rilevanti eccezioni,
ma la lezione tipica di RockImpresa è il racconto di un'esperienza professionale fatta da un
profesionista della musica, non una lezione fatta da un professionista dell'insegnamento. Sarà
probabilmente più divertente, ma è anche più difficile da capire. Per cui, è previsto che, ascoltata
una testimonianza, dobbiate cercare di estrarre l'elemento o gli elementi principali da essa. Questo
processo ve lo autogestite, formulando ipotesi da sottoporre al docente. Non siate timidi quando si
tratta di fare domande. Interrompete quando non capite. Decodificate il linguaggio tecnico.
Prendete appunti, e fateli circolare.
UN GRUPPO NELLA FILIERA DELLA MUSICA: UN ANNO NELLA VITA DEI
MODENA CITY RAMBLERS
Introduzione: voi conoscete la musica attraverso dischi e concerti, qualcuno poco di più. Qui vi
insegnano una musica fatta di diritto d’autore, di strutturazione della distribuzione, di permessistica
e di commissioni di vigilanza. Il corso fa costante riferimento al concetto di filiera della musica, che
è un modello di music business che mette in primo piano le relazioni orizzontali e verticali tra le
imprese, molto spesso piccole e piccolissime, che lo compongono. Così, il promoter locale affitta
un service per fare il concerto, e compra l’artista da un’agenzia, che a sua volta ha un accordo con
il manager, e si serve di un supporto promozionale della casa discografica che magari lo affida ad
un ufficio stampa esterno. Contemporaneamente, il concerto organizzaro dal promoter serve da
promozione al disco dell’artista, per cui i negozi di dischi ordinano il suo ultimo album al grossista,
che a sua volta se lo fa arrivare dalla casa discografica, e tutto il marchingegno marcia insieme.
Per introdurre questo concetto partendo dalla musica che conoscete voi e stando sul concreto,
abbiamo pensato di raccontarvi una “storia di rock’n’roll”: vi racconto un anno della storia dei
Modena City Ramblers, e vi presento le figure professionali (di filiera) che di questo anno sono
state protagoniste insieme a noi. I MCR sono, naturalmente, uno tra i tanti esempi possibili e non si
propongono come modello. Nei limiti del possibile, cercherò di risparmiarvi gli aspetti più
strettamente musicali.
La storia che vi voglio raccontare è quella della trasformazione da gruppo di base a gruppo
semiprofessionale dei MCR. Comincia nel 1993.
1. Combat Folk
All’inizio del 1993 siamo un gruppo strutturato, con un buon impatto live e (finalmente) un po’ di
materiale nostro.
Gennaio Alberto batte le sale di incisione di MO-RE per cercare uno studio.
Sceglie il Vida di Rubiera (c’erano passati i Gang di “Le radici e le ali”). Ci
accordiamo per un venerdì sera-domenica sera, poi Kaba ci avrebbe
regalato un giorno per i mixaggi.
Marzo Combat Folk. 7 pezzi incisi bene!
Aprile-maggio 4 demo inviati a 4 etichette indipendenti (per ideologia: non ci fidiamo
delle majors): VoxPop, Helter Skelter, Cipo Cipo e un’altra. La nostra
preferita è la prima, che identifichiamo con i Mau Mau, ma non ci risponde.
Rispondono Cipo Cipo e Helter Skelter. Cipo Cipo è di Spezia, fanno dischi
ad ampio raggio, dal folk-new age (Archensièl) al blues (Peppe Gambetta)
all’hardcore. Si mangia bene, ma non convince. Scegliamo invece Helter
Skelter. Intanto siamo in concerto, e il demo si vende bene, 20-30 pezzi a
data. Arriveremo a venderne 1200, poi finiamo le copertine e, siccome
abbiamo già deciso di fare un album, non ristampiamo.
Inizio estate accordo con Helter Skelter. I termini sono questi:
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noi gli diamo il master e l’esecutivo della copertina (quindi a nostre
spese)
loro stampano 2.000 copie di prima tiratura
ci pagano dandoci il 25% dei CD stampati, e noi ce li vendiamo ai
concerti (a 20.000 lire). Di ogni eventuale ristampa ci daranno il 25%.
Potremmo farci pagare in denaro anziché in dischi, ma ci rimetteremmo.
Per quanto vende il demo…
A questo punto Esagono si offre di produrre il master. Loro ci danno la sala e
il tempo di Kaba per due settimane in inverno (durante un buco dai lavori
pagati), noi facciamo il nostro disco e li paghiamo con una percentuale dei
nostri guadagni.
Novembre-dicembre Registriamo, in due settimane, Riportando tutto a casa. Alberto, che ha
studiato da grafico e da fotografo, fa l’impaginazione e la foto di copertina. Ai
primi di gennaio 1994, consegnamo a Helter Skelter master e esecutivi.
2. Riportando tutto a casa
Marzo 1994 “Esce” RTAC. Ci procuriamo un batterista per rendere i concerti ancora più
tosti. Siamo in strada.
Maggio Telefonata di Davide Sapienza, un giornalista musicale che si interessava di
rock irlandese. Sta preparando un album di tributo a Fossati fatto da bands
della nuova scena italiana, ci interessa? Fossati non ci dice molto, ma farci
accreditare come un pezzo di una nuova scena che sta venendo su ci
interessa e come. La Sony, casa discografica di Fossati, paga l’operazione, e
stavolta ci paga l’Esagono. In un giorno (un po’ rocambolesco), registriamo
una versione combat folk di Gli amanti d’Irlanda.
Giugno Intanto siamo in giro, e a questo punto è chiaro che le cose iniziano a
girarci bene. Vari personaggi legati alle majors iniziano a farsi avanti e a farci
delle proposte: noi, stradaioli come siamo, siamo molto ma molto diffidenti.
Un giorno stiamo facendo il sound check per un concerto a Rubiera e arriva
una BMW nera lunga un chilometro con dentro Valerio Soave, uno dei due
soci di una nuova etichetta che si chiama Mescal (l’altro è Luciano Ligabue).
Anche se ci faceva una soggezione tremenda, decidemmo di dargli fiducia.
Siccome Luciano aveva (e ha) il contratto con la WEA, tutti gli artisti Mescal
di allora (La Crus, Massimo Volume) vanno in WEA. A noi non ci vogliono,
perché siamo troppo politicizzati: ci vuole, invece, Stefano Senardi,
presidente della PolyGram, e finiamo per firmare con PolyGram.
Ovviamente, blocchiamo subito le ristampe dell’album in attesa di vedere
come va a finire.
Luglio Il problema a questo punto è che PolyGram vuole un nuovo album
(Riportando ha già venduto 2.500 copie, e quindi, secondo i nostri nuovi
discografici, è un disco bruciato). Noi, invece, insistiamo per ripubblicare
l’album vecchio, che secondo noi ha ancora tanto da dire. Alla fine vinciamo
noi. Con la regia di Valerio, PolyGram compra il master e i relativi diritti da
Helter Skelter (per 20 milioni, più 5 per Esagono); Senardi insiste per avere
una bonus track, qualcosa che fornisca a PolyGram un motivo per
ripubblicare un disco già pubblicato da un’indipendente (caso tuttora unico
nella discografia italiana). Siccome l’album contiene una cover di Bob
Geldof, The Great Song of Indifference, rifatta in dialetto modenese, e
siccome Bob era un artista PolyGram, si offrono di contattarlo e chiedergli di
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fare un pezzo con noi. L’idea ci piace, ma c’è un problema politico: non
vogliamo “fregare” i nostri fans della prima ora, che hanno già il disco,
costringendoli a ricomprare Riportando per avere l’inedito. Il compromesso è
che la bonus track si fa, ma che la PolyGram ci farà un singolo con quel
pezzo che noi avremmo regalato a chi si presentava ai concerti con il
vecchio CD Helter Skelter. Giovanni scrive al volo un pezzo per tre cantanti,
di cui uno anglofono, e a luglio siamo in studio a registrarlo.
Novembre E’ il tempo di Videomusic, che passa video anche fuori classifica ed è
seguitissima. Questo pone anche a noi alcuni problemi di immagine, a cui
finora non abbiamo mai pensato. Galimberti li risolve scegliendo il fornitore
giusto: affida il nostro video alla Tark Film di Alex Orlowsky, un giovane
regista parmense-polacco molto influenzato dal cinema di Tarkowsky. Con
noi, che siamo tanti e in genere piuttosto brutti e poco curati, ci sarebbe da
mettersi le mani nei capelli: Alex ascolta il disco, ci sente un immaginario
molto folk e quasi senza tempo, per cui decide di ambientare il video in una
specie di osteria emiliana (in realtà era un’ex cantina sociale vicino a Parma)
e in un tempo imprecisato tra gli anni 30 e 40. L’idea ci piace, e giriamo in
costume e imbrattati con il nerofumo, come se fossimo minatori o emigranti
nelle navi alimentate a carbone. Questo permette ad Alex di presentare una
specie di “stile” di gruppo, che in realtà non c’è, ma che si può ritrovare nella
nostra musica. Il video di Delinquèint ed Modna, e poi quello di In un giorno
di pioggia, che realizzerà in primavera, risolvono brillantemente il problema
di dare un estetica visiva ad un gruppo che non si è mai posto (né mai si
porrà seriamente) il problema dello stile, e sono tuttora i più belli che
abbiamo fatto.
ESAGONO RECORDING STUDIO
Studio fondato nel 1991 da alcuni musicisti in società con una comunità di recupero
tossicodipendenti, interessata all’idea di usare la musica per recuperare giovani con un passato
recente di tossicodipendenza. Come tutti gli studi, vende tempo-macchina e tempo-fonici, ma già
nel 1993 ha un orizzonte produttivo: a molti musicisti piace l’idea di produrre dischi, e quando si ha
una struttura che non sia “mega” (cioè con costi finanziari ragionevoli, tali da potersi permettere
qualche tempo morto) si possono “riempire i buchi” con qualche lavoro produttivo. Più tardi,
l’Esagono avrebbe fondato anche un’etichetta e una casa editrice musicale, e prodotto altre cose
(Oltretorrente, per cui pagarono anche i costi di stampa).
Gli studi sono due, Esagono e Vida (studio B). L’Esagono è venuto specializzandosi in produzioni
rock ad alto budget (Liga, Antonacci), mentre il Vida fa produzioni più alternative (Julie’s Haircut). Il
rapporto con l’etichetta indipendente Mescal ha portato parecchi artisti Mescal a lavorare
all’Esagono (MCR, Mau Mau, BandaBardò, Masssimo Volume, Mao, Puerto Rico…)
HELTER SKELTER
Etichetta indipendente. Nasce a Roma come grossista e rivenditore di dischi di importazione,
preferibilmente punk in tutte le sue declinazioni. Pubblicano anche dischi, in genere di punk
oltranzista e politicizzato (Negu Gorriak?) con etichetta Helter Skelter, e cose italiane con etichetta
X. Il titolo più importante dell’etichetta X era, nel 1993, il primo disco dei Fratelli di Soledad, che
aveva venduto 5.000 copie. Helter Skelter aveva il suo quartier generale in un grande garage sotto
piazza della Lega Lombarda, in cui incontrai Federico Guglielmi che rovistava tra i CD, e la
dirigeva un ragazzo di nome Stefano. Dal punto di vista antropologico, erano esponenti dell’ala più
imprenditoriale dei centri sociali romani. In anni piuttosto politicizzati, anche questo ci dava
sicurezza
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Il lavoro di distribuzione era basato su alcuni negozi specializzati nelle principali città del centro-
nord e sul mail order, importante soprattutto al sud. In pratica, ben più di metà delle 2.500 copie
stampate di “Riportando” versione Helter Skelter furono vendute ai nostri concerti. Cedere i diritti
sul master di “Riportando” fruttò a Helter Skelter 20 milioni: in più avevano venduto 2.000 copie del
disco a prezzo di ingrosso (diciamo altri 30, da cui vanno detratti i costi). Per loro fu un affare
piuttosto grosso. Prima che si parlasse di cessione del master, avevamo cominciato a parlare di
fare un video da “40 anni, a budget ultraridotto, di cui si sarebbe dovuto occupare un collettivo
legato ai centri sociali, “Immagini mosse”.
MESCAL
Etichetta piemontese, fondata nei primi anni 90 da Luciano Ligabue dal suo allora manager,
Valerio Soave. Luciano era in una fase della sua vita in cui si sentiva abbastanza forte da
spendersi per la musica “di qualità” che non trovava sbocchi; Valerio aveva voglia di fare il
manager più a tutto campo di quanto non facesse lavorando per un artista solo, anche se bravo e
famoso. Il primo artista Mescal fu proprio un amico di Luciano, in contrabbassista e cantante
Stefano Belluzzi; seguirono i Massimo Volume e i milanesi La Crus. L’identità fortemente
alternativa di questi gruppi, e soprattutto dei Massimo Volume, ci rassicurarono rispetto alla
possibilità di conservare la nostra identità pur nel mondo della grande discografia.
In quegli anni, la Mescal era essenzialmente una struttura di management: i suoi artisti
pubblicavano dischi con le multinazionali, anche se Mescal faceva da intermediario,
“proteggendoli” un po’ dalle majors. In più, aveva costituito una casa editrice musicale
(Essequattro music), con cui catturava un po’ di dirittti d’autore. Più tardi, si sarebbe costituita
come etichetta vera e propria, firmando un accordo di distribuzione con PolyGram. In base a
questo accordo, gli artisti del catalogo Mescal (Subsonica, Afterhours, Cristina Donà) registrano i
loro dischi con budget stanziati da Mescal, che gestisce (e paga) anche la promozione. PolyGram
(oggi Universal) si occupa di stampare materialmente CD e cassette e di distribuirli. Alcuni artisti
hanno invece con Mescal un rapporto di management: è il caso di Bluvertigo (Sony), Mau Mau
(EMI), Mao, orfano della Rivoluzione(Virgin), Puerto Rico oltre che dei MCR (Universal).
Dal 1997 in poi, anche dietro insistenze nostre, Mescal è venuta maturando una strategia di
management integrato, che comprende anche la produzione e distribuzione delle tourneé.
POLYGRAM
Parte del gruppo olandese Philips (elettronica di consumo) Una delle cosiddette majors, cioè delle
grandi case discografiche multinazionali che controllano l’80-90% del mercato mondiale (è, per
esempio, la casa discografica degli U2). La PolyGram Italia era, nel 1994, probabilmente la
maggiore casa discografica italiana: tra Phonogram (poi ribattezzata Mercury), Polydor, Decca,
Deutsche Grammophon e le altre etichette presidiava il 30% del mercato da sola. Il presidente era
allora Stefano Senardi, relativamente giovane e uomo piuttosto vitale e prodigo di iniziative
coraggiose. Proprio in quel periodo la PolyGram aveva deciso di reagire alla crescita della scena
indipendente italiana creando una nuova etichetta, a cui fu dato il nome di Blackout, che fosse una
specie di “indipendente dentro una major”, e che avesse il compito di dare voce alle cose più
interessanti della nuova scena italiana. I primi artisti Blackout furono Settore Out, Ritmo Tribale,
Negrita; più tardi arrivarono Casino Royale, Africa Unite, CSI. La scelta era stata felice: il direttore
artistico della Phonogram (poi ribattezzata Mercury) era un certo Michele Barrile, uomo assai
simpatico ma che non aveva il minimo linguaggio comune con il rocker medio. Blackout aveva
però un suo direttore artistico, che si chiamava Elvis (!) Galimberti, ed era uno come noi.
Rimanemmo diffidenti, ma quella situazione ci sembrava offrire qualche garanzia in più.
Nel 1998 la PolyGram è stata comprata dal gruppo canadese Seagram (bevande). Seagram
possedeva già una casa discografica, Universal: ha fuso il nuovo acquisto nella vecchia casa
discografica, dando vita ad una super-multinazionale che si chiama ancora Universal.
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