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a cura di Graziella Priulla
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Una battaglia che fa bene 
alle donne e agli uomini 
Una per una, forse le immagini che presentiamo qui 
dicono poco; 
tutte insieme, danno conto di un fenomeno cui 
prestare attenzione 
3
Saper vedere 
Ci sentiamo ripetere continuamente che viviamo nella 
civiltà dell’immagine, che siamo sommersi dalle 
immagini, eccetera. Produciamo noi stessi 
quotidianamente immagini con sempre nuovi dispositivi, e 
le usiamo per le nostre condivisioni. Nonostante questo, 
molte implicazioni delle immagini ci sfuggono. 
Conoscere meglio la natura delle immagini può servire ad 
essere spettatori più preparati e meno vulnerabili al 
potere dei media, consumatori più consapevoli delle 
proprie scelte, cittadini attivi con capacità di intervenire 
dove ci sia da difendere la democrazia dal potere dei 
media. 
Serve inoltre a sapere riconoscere la nostra posizione nel 
sistema di interazioni simboliche comunicative in cui ci 
muoviamo.
Le pubblicità vendono qualcosa di più dei prodotti. 
Vendono valori, immagini, vendono il concetto di 
amore e sessualità. Di successo. E forse, ancora 
più importante, ci vendono il concetto di 
normalità. Ci dicono chi siamo e chi dovremmo 
essere. 
Il mondo dei media e della pubblicità si serve degli 
stereotipi di genere per condizionarci e indurci al 
consumo. 
Tale processo inizia da giovanissimi: è quindi 
necessario che le ragazze e i ragazzi imparino a 
svelare gli stereotipi di genere per diventare più 
cittadine e cittadini e meno consumatrici e 
consumatori. 5
Le campagne pubblicitarie 
difficilmente creano, ma 
facilmente rafforzano 
opinioni, cliché e stereotipi 
diffusi. Le imprese possono 
contribuire al rinnovamento 
del Paese rinunciando a 
ripercorrere, nella loro 
pubblicità, gli stereotipi più 
arretrati e riduttivi. 
E’ una bella sfida per la 
creatività. 
6
7
8 
Una premessa 
E’ davvero realizzabile 
la parità di opportunità 
tra uomo e donna 
se non vi è 
parità di rappresentazione? 
Non si può negare l’esistenza dei mezzi di comunicazione ed il 
ruolo che essi svolgono: 
se è vero che essi sono il racconto della società 
è altrettanto vero che ne prefigurano i modelli di riferimento per 
l’immaginario collettivo, sedimentando quotidianamente gli 
stereotipi vincenti anche per le nuove generazioni. 
Proporre come “normale” lo stereotipo di 
donna = accessorio ornamentale, 
non è un problema delle donne: è una diminutio che riguarda 
tutta la società.
Le nostre identità sono elaborate anche 
attraverso i prodotti culturali: in altri termini, noi 
siamo i libri che leggiamo, gli spettacoli cui 
assistiamo, la musica che ascoltiamo, i film che 
amiamo, le immagini che guardiamo. 
Non a caso, la riflessione delle donne torna 
ciclicamente sulla rappresentazione dei generi 
nei mass media: perché sappiamo che è 
cruciale se si vuole smontare il significato 
corrente dei segni e dei simboli e l’immaginario 
su cui continua a fondarsi il rapporto 
uomo/donna. 
9
10 
I mezzi di comunicazione di massa 
giocano un ruolo fondamentale nella 
produzione delle identità. I modelli 
mediatici funzionano perché sono fonti 
credibili e attraenti; non sono utili solo 
a vendere prodotti, ma anche a 
rafforzare valori e ad insegnare stili di 
vita. 
I I mass media negli ultimi decenni sono 
diventati una fonte importante nelle 
rappresentazioni dei generi ed 
esercitano una forte pressione 
sull’immaginario collettivo. 
In particolare il messaggio pubblicitario è 
un deposito di significati sociali ed è 
stato reso una guida dello stile di vita 
da seguire. 10
La mercificazione del corpo delle 
donne fa male a tutti 
Se un’azienda, per vendere un prodotto, lo associa 
a una donna sensuale e provocante cercando di 
creare l’illusione che comprando quel prodotto un 
uomo otterrà quella donna (o ciò che 
rappresenta simbolicamente, cioè tutto il genere 
femminile), si offendono al tempo stesso i due 
generi. 
La donna perché con il suo atteggiamento di 
disponibilità è usata come valore aggiunto per il 
prodotto. L’uomo perché la sua dignità e la sua 
intelligenza vengono offese. 
11
L’undicesima musa 
La comunicazione pubblicitaria è parte integrante della 
nostra realtà sociale, e fa da specchio alla società. 
Si fonda sulla promessa della realizzazione dei sogni e 
dei desideri. 
E’ lo strumento principale attraverso cui avvengono i 
processi di significazione degli oggetti, e i mass media 
nelle nostre case e i muri nelle nostre città sono i 
canali attraverso cui essa ci persuade ad aumentare 
costantemente il livello e l’intensità delle nostre attività 
di consumo. 
Tutti i tempi della nostra cultura sono condizionati dai 
ritmi della pubblicità. 
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Un’azienda usa il messaggio pubblicitario come arma vincente 
nel gioco della concorrenza di mercato e pertanto con esso 
deve: 
• attirare l’attenzione sulla marca, sulle caratteristiche che 
differenziano le sue merci dalle altre immesse sul 
mercato e sui vantaggi che derivano dal loro consumo; 
• farsi ricordare attraverso un uso efficace delle parole e 
delle immagini: degli elementi, cioè, che costituiscono il 
materiale pubblicitario; 
• far leva su desideri, aspirazioni, pulsioni che il pubblico 
ha, magari inconsapevolmente. 
Ovviamente il prodotto più reclamizzato è quello delle aziende 
che hanno maggiore potenza finanziaria e pertanto diviene il 
più conosciuto e spesso il più venduto. 
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Frammenti di luoghi comuni vecchi e nuovi, concetti 
condivisi, codici e linguaggi familiari, immagini 
attraenti, valori accettati da tutti, personaggi vicini alla 
nostra quotidianità (pur se più belli di noi, più ricchi di 
noi, più felici di noi), finiscono nei testi pubblicitari che 
colorano le città e riempiono il nostro mondo 
percettivo. 
La pubblicità si prefigge anche di fare cultura. 
Generare immagini che permeano 
il nostro quotidiano è una professione, 
ma anche una grande responsabilità. 
“La pubblicità deve cercare di affascinare i consumatori, 
giocando soprattutto sulle capacità d’impatto emozionale 
e diventando così tutt’uno con la seduzione”. 
J. Baudrillard, 1987 
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Perché la pubblicità genera effetti? 
• E’ pervasiva: è diffusa con diverse modalità e 
mediante molti mezzi di comunicazione 
• E’ ripetitiva: in modo da rinforzare 
continuamente la stessa idea 
• E’ attraente: usa linguaggi piacevoli 
• E’ coerente con l’etica del consumo 
• Agisce su un’audience sempre meno 
influenzata dalle agenzie di socializzazione 
tradizionali 
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Da che cosa è attratta l’attenzione? 
Se si orienta volontariamente l’attenzione verso uno 
stimolo è perché ha suscitato interesse. 
Alcuni stimoli hanno maggiori probabilità di risultare 
interessanti: 
 stimoli facili da elaborare 
 stimoli che incuriosiscono 
 stimoli emozionanti 
 stimoli personalmente rilevanti
Un processo semiotico 
La pubblicità può essere considerata, nell’attuale 
cultura sociale, l’attore principale di due processi di 
trasferimento di significato e valori che avvengono 
nel medesimo momento: dalla pubblicità al prodotto 
e da questo al consumatore attraverso l’atto 
d’acquisto. 
La pubblicità, cioè, prima estetizza il prodotto, 
trasformandolo in una qualità desiderabile per il 
consumatore, poi, una volta che tale qualità è stata 
trasferita al consumatore mediante l’acquisto, 
estetizza il consumatore, perché l’esibizione del 
prodotto posseduto renda l’individuo desiderabile. 17
L’era dell’immagine 
La pubblicità di massa - così come la 
moda - nasce con la fotografia: da 
quando cioè la scienza e la tecnologia 
assicurano la possibilità di catturare e 
riprodurre immagini del mondo: cosa 
che fino ad allora era stata a 
disposizione solo di un pubblico 
ristretto. 
Sembra reale, ma è dotata di un enorme 
potere mitizzante. 
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La funzione dell’immagine pubblicitaria 
Guardare una fotografia è guardare un’immagine, non 
la realtà. 
Tra tutte, la pubblicità è la pratica fotografica più 
costruita che esista. Se devo creare il contesto 
emotivo che ti persuaderà a comperare la mia merce, 
nessuno scrupolo di etica dell’immagine o della verità 
mi fermerà. 
Nelle pubblicità, le immagini non hanno funzione di 
descrizione o di riproduzione: sono fotografiche solo 
perché devono parassitare la reputazione di 
verosimiglianza che la fotografia ancora possiede. 
Semmai trasmettono l’occhio con cui la società 
guarda i soggetti raffigurati.
Si può considerare la pubblicità come luogo 
di comunicazione nel quale le immagini 
sociali di donne e uomini vengono 
evidenziate e codificate (attraverso la 
proposta di immagini “ideali” della donna e 
dell’uomo) ma anche, per certi versi, create o 
almeno sostenute. 
Le immagini pubblicitarie possono essere 
considerate dunque, al tempo stesso, 
testimoni dei rapporti di genere e della loro 
evoluzione, e vettori di diffusione di ideologie 
relative alle identità di genere. 
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La pubblicità si afferma come strumento imprescindibile per il successo 
di un prodotto, attraverso manifesti e pubblicazioni sui giornali, 
a partire dall’inizio del XX secolo 
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I primi autori di cartellonistica riuscirono a 
coniugare con raffinatezza arte pittorica e 
funzione pubblicitaria 
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Fare pubblicità è un’arte, 
e talvolta imita l’arte 
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Seduzioni 
La pubblicità è uno specchio magico del sociale: lo riflette 
sotto la luce del consumo. 
La seduzione della pubblicità mette in scena un 
immaginario tutto al positivo, siglandolo volta per volta 
con una delle marche presenti sul mercato. 
In questo gioco di rispecchiamento 
che tutto trasfigura e bonifica, 
il corpo è il grande protagonista. 
Che sia alluso ed evocato o, come più spesso succede, 
direttamente raffigurato, esso è sempre presente a 
significare la desiderabilità delle merci, a incarnare quel 
principio di piacere che la pubblicità celebra e ritualizza 
in ogni atto di consumo. 30
Gli esordi 
“Dai primi anni del secolo fino alla ricostruzione 
industriale, il corpo in pubblicità assume una 
funzione poetica e si propone come elemento 
grafico e pittorico volto a sollecitare la complicità di 
un destinatario colto e privilegiato. 
È un corpo 'astratto' e 'disincarnato', un insieme di 
linee e colori, tanto affascinanti quanto irreali e 
fantastiche, che risentono dell'influenza delle 
correnti artistiche del tempo: dallo Jugendstil, al 
futurismo, al Bauhaus.” 
dalla voce “Pubblicità”, di P. Righetti, in Enciclopedia Treccani 
31
Funzione di socializzazione 
I messaggi pubblicitari partecipano alla definizione della 
nostra identità e del nostro ruolo all’interno della società, 
mostrandoci i modelli da seguire; contribuiscono in 
particolare alla costruzione e alla rappresentazione della 
nostra identità di genere, che è una componente sociale 
importante. 
L’identità di genere non è innata, ma acquisita. 
I comportamenti di genere sono rappresentazioni del 
rapporto uomo-donna culturalmente riconosciute e 
condivise. 
Risulta innegabile che la pubblicità faccia parte di quelle 
tecnologie che concorrono alla costruzione del genere. 
32
La pubblicità ha un ruolo attivo nei processi di 
legittimazione delle disparità sociali 
Con “politico” non dobbiamo 
intendere qui i meccanismi 
elettivi, i sistemi partitici, bensì 
la capacità della pubblicità di 
influenzare l’opinione pubblica, 
di modellare il pensiero e i 
sistemi di credenze, 
e la capacità di interferire con la 
nostra consapevolezza sociale, 
modificando la percezione 
stessa della realtà, attraverso 
stereotipi di genere, di razza, di 
orientamento sessuale, di 
generazione. 
33
Un lungo processo, cominciato … 
34
… con una certa eleganza 
35
Quando la pubblicità 
si chiamava réclame 
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… anche se non mancavano le allusioni 
erotiche 
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Anni ‘50: 
amarcord di un’Italia 
che non c’è più 
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Cominciano a comparire le prime pin up 
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Anni ‘60: 
la rinascita del Paese 
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Le prime donne autonome 
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(nel 1916 era stato scandalo!) 
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Negli anni‘60 il boom economico segna la nascita di un 
fenomeno storicamente nuovo, noto col nome di società 
dei consumi. La disponibilità di beni di consumo, spesso 
superflui, crea l’illusione di una ricchezza alla portata di tutti. 
Tale illusione è 
destinata a 
produrre una 
trasformazione 
radicale nei 
comportamenti e 
nello stile di vita 
degli italiani, con 
conseguenze 
ancora visibili e 
forti. 
46
Era questo il massimo 
del nudo consentito 
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Anni ‘70: le prime trasgressioni 
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con qualche timido doppio senso 
49
Una storia particolare: Oliviero Toscani 
Il noto fotografo cominciò la carriera di provocatore 
sdoganando il lato B in primo piano sui 
cartelloni pubblicitari negli anni ‘70: il “Chi mi 
ama mi segua” del micro-jeans avvolto sulle 
forme della modella Donna Jordan scandalizzò 
la magistratura, la Chiesa, la politica, perfino 
Pier Paolo Pasolini. 
Le giovani donne trasformarono il marchio Jesus in 
un simbolo di rottura e contestazione. 
E Toscani continuò di provocazione in 
provocazione, fino alle dodici vagine, una al 
mese, piazzate su un calendario per vendere la 
“Vera pelle italiana conciata al vegetale” che ha 
suscitato aspre critiche tra le donne di tutte le 
età. 
50
La pubblicità crea modelli 
I modelli pubblicitari funzionano perché 
sono fonti credibili e attraenti, e quindi 
non sono utili solo a vendere prodotti 
ma, potenzialmente, anche a rafforzare 
valori e ad insegnare stili di vita. 
Se un mezzo di comunicazione di massa 
filtra una descrizione del genere 
femminile legata ad un ruolo sessuale 
degradato o a tratti che minano la sua 
dignità personale, i comportamenti di 
ambedue i sessi ne rimarranno 
fortemente influenzati. 
51
Una denuncia che per una volta non arriva da gruppi di donne, ma da 
coloro che la pubblicità la creano ogni giorno, diffondendo non solo la 
conoscenza di questo o quel prodotto, ma anche culture e modelli 
sociali in cui la gente, volente o nolente, tende a riconoscersi. 
52
Quanta pubblicità produciamo 
in Italia? 
La società Nielsen stima che vengano prodotte e diffuse 
ogni anno, tra mass media classici (stampa, tv, affissione, 
radio, cinema) e internet, 80-100.000 campagne 
pubblicitarie diverse. A questa massa va aggiunta tutta 
l’enorme quantità di materiali promozionali che non 
vengono veicolati dai mass media: cartelli da banco e da 
vetrina, volantini, locandine, manifesti e segnaletica 
promozionale per i punti-vendita, striscioni, depliant . 
Poiché ogni campagna pubblicitaria è di norma 
accompagnata dalla produzione di diversi materiali 
promozionali, una realistica e cauta stima globale può 
considerare qualcosa come 400.000 “pezzi” di pubblicità 
prodotti ogni anno. Più di mille al giorno. 53
Una responsabilità 
«Se è etico far girare l’economia di un Paese, è altrettanto 
etico fare della pubblicità, che è un meccanismo della 
produzione tanto quanto lo sono le macchine che creano 
un oggetto o lo portano fino al supermercato. Ma il modo 
in cui la pubblicità è fatta, il messaggio che trasmette, 
incide profondamente sulla società. 
Si parla tanto di responsabilità sociale dell’impresa, la si 
applica alle aziende che fanno formaggini o automobili, 
ma nessuno si preoccupa di applicarla alle imprese dei 
media che pure hanno un’influenza enorme sulla mente 
delle persone». 
Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, 
lancia così l’allarme su modelli sociali e familiari, che gli spot 
trasformano in fenomeni di massa. 
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L'Art Directors Club Italiano (la libera 
associazione dei creatori di contenuti) 
55
Un difficile dosaggio 
Come conciliare la bellezza dell’immagine femminile 
prestata all’esaltazione della seduzione e rivolta alle 
donne, con la stessa immagine consegnata allo 
sguardo maschile attraverso la volgarità di una rozza 
fascinazione che si riversa su una moto, una 
caffettiera, un divano? 
Occorre usare gli stereotipi con attenzione e 
consapevolezza, sempre chiedendosi se una 
soluzione alternativa non sia possibile – e migliore. 
56
Ad esempio, se si pubblicizzano mutande o reggiseni, o se 
si promuovono campagne sociali come la prevenzione 
del tumore al seno, ha senso inserire nella pubblicità un 
seno o un fondoschiena, poiché l’immagine riportata è 
pertinente con il prodotto sponsorizzato. 
Quando invece si pubblicizza una macchina, una marca di 
formaggini o una compagnia telefonica, il corpo della 
donna non c’entra nulla con il prodotto. 
Il suo utilizzo è quindi improprio e comunica al pubblico 
messaggi sessisti, scollegati dal contesto e dall’oggetto 
in questione. 
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Trent’anni dalla parte del torto 
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Facevamo finta di non vedere 
e sorridevamo imbarazzati, 
perché non volevamo 
apparire antichi 
di fronte al moderno 
che avanzava veloce. 
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64 
Una delle poche indagini comparative che ha analizzato 
l’immagine della donna in dieci paesi europei (Austria, 
Francia, Grecia, Inghilterra, Italia, Montenegro, Paesi 
Bassi, Serbia, Slovenia, Svezia; per l’Italia i dati sono 
stati raccolti dal CENSIS nel 2006), Women and media 
in Europe, ha posto l’Italia nelle ultime posizioni, insieme 
con la Grecia, per quanto riguarda la presenza di una 
cultura sessista. 
Il rapporto definisce l’Italia un paese “in resistenza”, in cui 
la rappresentazione stereotipata della donna è 
considerata un tratto antropologico così radicato che non 
si pensa valga la pena di contrastarlo con politiche 
evolutive.
65 
65 
Sessismo 
non equivale al discorso sui rapporti sessuali tra le 
donne e gli uomini. 
Sessismo è sinonimo di discriminazione di genere, 
di ridicolizzazione di genere, di svalutazione di 
genere, di sfruttamento di pulsioni oggettivanti 
che mettono la figura della donna al centro di un 
triste calcolo di vendite e di mercato. 
L’oggettivazione sessuale si verifica quando delle 
parti fisiche o delle funzioni di una donna sono 
separate dalla sua persona, ridotte allo stato di 
mero strumento, guardate come se fossero 
capaci di rappresentarla.
Il sessismo: c'è chi lo riconosce e chi no. 
C’è chi pensa, parla e agisce per contrastarlo e 
chi per preservarlo. 
C’è chi fa l’indifferente, perché gli va bene così. 
Così c’è chi organizza la tratta delle donne e chi 
la combatte. Chi non l’organizza, ma fa il 
cliente. 
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Un’ossessione contemporanea 
Nella società contemporanea, popolata dagli oggetti più 
disparati, si tende ad enfatizzare il significato del corpo. 
La pubblicità è diventata un’orgia visiva a una sola 
dimensione … il corpo è l’ossessione della pubblicità 
occidentale, con un’accentuazione speciale in Italia. 
Corpi femminili seminudi, dovunque. Immagini ai limiti della 
pornografia campeggiano in ogni spazio pubblico, sono 
approvate e vengono scambiate per libertà d’espressione. 
Perché non vengono vissute come preoccupanti e 
aggressive? 
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Il corpo umano, anche scoperto, non è 
volgare, non è qualcosa di cui 
vergognarsi o da censurare. 
Lo è la sua mercificazione, il modo in 
cui esso viene usato. 
Sfruttare il corpo di una donna (o peggio, 
una sua parte) e usarlo come 
specchietto per le allodole per 
vendere è discutibile. 
Non è la presenza di modelle più o meno 
nude a determinare di per sé una 
lesione alla persona, ma l’uso del loro 
corpo e il senso della posa e 
dell’atteggiamento, troppo spesso 
ammiccanti ed evidentemente allusivi 
a una disponibilità sul piano sessuale. 
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Una malintesa libertà sessuale ci ha 
consegnato una sessualità dove il corpo 
non si fa segno di nessuna 
intersoggettività, dove l’intimità dell’altra 
persona non ha bisogno di essere 
attraversata e compresa, perché la 
soddisfazione del godimento è ad 
automatica portata di mano e non richiede 
la fatica di una relazione. 
L’orizzonte esistenziale che ne deriva è 
povero, costellato di rapporti senza valore. 
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Da una pronuncia del Giurì 
degradante della persona non è la bellezza 
dell’uomo o della donna destinata 
dall’inserzionista a suggerire, nella 
comunicazione commerciale, il pregio del 
prodotto reclamizzato, ma diventano 
degradanti la condotta, la postura 
dell’uomo o della donna o il contesto 
narrativo della comunicazione nella quale 
la bellezza del corpo è inserita. 
70
Un modello indimostrato 
Dietro c’è una rappresentazione degli interessi e 
desideri degli uomini. Si presume che a loro 
piaccia una donna attraente ma arrendevole, e 
che quindi la loro sessualità debba essere 
“machista”, dominatrice. 
Vengono legittimati a occupare la posizione di 
giudice di bellezza, di beneficiario di favori 
sessuali, di soggetto che avanza richieste o che 
addirittura abusa del corpo femminile, trattandolo 
come un accessorio. 
L’umiliazione di un genere colpisce anche l’altro. 
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Laurie Penny 
Meat Market. 
Carne femminile 
sul banco 
del capitalismo 
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Un contributo che le scienze sociali che studiano i media 
potrebbero portare al risanamento dello spazio pubblico 
è alimentare la capacità di interrogarsi sulle condizioni di 
un discorso che non sia legittimante rispetto alle mode 
del momento. 
Mai come ora questo compito è apparso urgente, mai come 
ora si è dimostrato difficile. 
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Una distinzione 
Innanzitutto è fondamentale distinguere tra 
pubblicità per, funzionale e utile alla donna 
come persona, mirata al benessere fisico, alla 
conoscenza e alla cura del proprio corpo, al 
sentirsi bene con se stessa, 
e 
pubblicità con, nella quale la figura femminile, 
funzionale al messaggio pubblicitario, è solo uno 
strumento per il lancio del prodotto che con la 
donna-persona ben poco ha a che vedere. 
74
Molte autrici documentano come in pubblicità le figure 
femminili siano guardate con occhi di maschio: un 
osservatore implicito ma attivo. 
E’ lui che attribuisce alla donna identità sociale. 
75
Molte sono state le immagini della donna proposte dalla 
pubblicità nell’ultimo secolo: c’è stato il tempo delle 
bambole, quello delle maggiorate, quello delle silfidi, 
delle vipere, delle vamp, delle miss, delle gioiose 
massaie, delle emancipate, e via proseguendo fino 
alle intraprendenti donne in carriera. 
Tutte immagini stereotipate, tratte soprattutto 
dall’esperienza e dall’immaginario degli uomini. 
76
Ovunque la figura 
femminile, distolta da 
qualsiasi dimensione 
soggettiva ed esperienziale, 
diviene puro segno 
al servizio del commercio 
Presenta il 
prodotto o è il 
prodotto? 
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Variazioni sul tema 
• La donna presenta 
il prodotto 
• La donna è il 
prodotto 
• La donna si 
compra con il 
prodotto 
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Da ieri a oggi … pubblicità regresso! 
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Prendimi usami gettami 
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Oggi, creativi poco creativi 
Dalla pubblicità su strada a quella in tv, 
le donne oggi si trovano intrappolate in due 
stereotipi: o casalinga e madre felice di pulire la 
casa e di accudire figli e marito, o corpo giovane, 
bello e soprattutto disponibile. 
La frequenza e la ripetitività di questi soli due modelli fa 
dell’Italia un caso di studio. 
La pubblicità e i media non creano più nulla, ma si 
ostinano a ripetere lo stesso cliché, sempre più 
nevrotizzato. 
La donna del terzo millennio ha il seno rifatto, è più 
svestita e più esplicita, è solo un richiamo erotico, un 
oggetto, un corpo anonimo da possedere. 
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Gli stereotipi 
Per loro natura gli stereotipi di genere hanno un 
doppio carattere: definiscono ciò che sono le 
persone, ma anche come dovrebbero essere; 
creando aspettative differenti per i 
comportamenti maschili e femminili, finiscono 
con l’avere una funzione normativa … 
nel prefigurare un certo tipo di comportamento 
come più desiderabile per un genere anziché 
per un altro 
Gli stereotipi ostacolano il cambiamento 
87
Il corpo delle donne è 
utilizzato dalla pubblicità 
sia per biancheria intima, 
creme rassodanti, 
profumi e make-up, che 
per vendere bibite, viaggi, 
auto e qualunque altra 
merce. 
Col nudo femminile “si va 
sul sicuro”. 
È il mercato che ce lo 
chiede, dicono i 
responsabili marketing 
dei giornali, le aziende e 
le agenzie pubblicitarie, 
innescando il circolo 
vizioso fra la domanda e 
l’offerta: più corpo la 
gente chiede, più gliene 
diamo. Ma più se ne dà, 
più ne sarà chiesto, 
naturalmente. 
88
Una strada percorsa al contrario 
C’erano un tempo i 
calendarietti profumati 
del barbiere, i poster per 
camionisti … 
delegittimati nella cultura 
diffusa. 
Ora le immagini degradate 
campeggiano in ogni 
spazio pubblico, e sono 
proposte a modello. 
89
90
91
Disegni 
giudicati osé 
92
Un precedente famoso … è nel pieno degli anni ‘70 
che cominciano a comparire le immagini di corpi femminili 
ad alto contenuto erotico. 
Salvi Stubing, la bionda vestita da marinaretta che arriva dal Nord a 
dichiarare la sua spudorata - per quei tempi - disponibilità nel bel 
mezzo del pudico Carosello, è la prima di una lunga e fortunata serie di 
belle donne che hanno fatto sognare mezza Italia 
93
Lo slogan che identificava donna e oggetto 
(Chiamami Peroni … sarò la tua birra) è 
stato recentemente rivisitato in una 
pubblicità televisiva dell’auto Giulietta di Alfa 
Romeo: 
Guardami, toccami, accarezzami, sussurrami, 
prendimi, scuotimi, incitami, venerami, 
esaltami, sentimi, proteggimi, criticami, 
lasciami, amami, rilassami. Io sono Giulietta. 
Prima di parlare di me, provami. 
94
Birra = bevanda maschile 
E allora la donna / birra 
viene marchiata come 
un animale 
95
96
97
In alcuni casi la presenza dell’uomo è solo 
accennata… 98
Un’involuzione 
99
100
Fino a questo 
101
Il rum si vende con donne senza volto, ridotte a semplici 
parti del corpo erotizzate, sensuali, umide, abbronzate. 
Non si vende il sapore o la qualità, si vende il sesso che 
evoca il concetto di divertimento declinato al maschile. 
102
103
Ogni bevanda alcolica si vende 
così 
104
da tempo immemorabile 
105
Un altro cliché vecchio e banale: 
donne e motori 
106
Che cos’è? 
accessorio 
in dotazione? 
107
108
109
110
Donna = macchina 
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L’automobile come protesi della virilità 
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114
Motor show o body show? 
115
Prova di commutazione 
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122
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Non è una novità, ma … 
125
… dal 1920 al 2010 
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Oggi esiste la professione di Umbrella Girl 
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129
130
Pubblicizza un raduno di motociclisti precisando che del 
menu fa parte il lavaggio sexy, cioè una procedura che 
vede una ragazza condividere con una moto la condizione 
di far da bersaglio a getti d’acqua e di schiuma 
131
Anche nelle competizioni motociclistiche internazionali 
le grazie delle ragazze ombrello 
vengono vendute a caro prezzo agli sponsor 
132
Ducati: “Che mondo dei motori sarebbe senza la fantastica presenza delle 
ragazze ombrello, o ombrelline che dir si voglia, delle sexy girl, delle standiste 
e di tutte le bellezze femminili in genere che circondano e incorniciano 
meravigliosamente il mondo dei motori?” 
133
134
Anche la benzina, per contiguità … 
135
Gli uomini guardano le 
donne. Le donne 
guardano se stesse 
mentre sono guardate 
Sulla base di questa 
considerazione … 
136
Continuamente sotto lo 
sguardo degli altri, le 
donne sono condannate a 
provare costantemente lo 
scarto tra il corpo reale, cui 
sono incatenate, e il corpo 
ideale cui si sforzano 
senza sosta di avvicinarsi. 
«Confinando le donne allo status di 
oggetti simbolici, che sempre 
saranno guardati e percepiti 
dall'altro, il dominio maschile le 
colloca in uno stato di costante 
insicurezza. Dovranno lottare 
senza sosta per risultare 
attraenti, belle e sempre 
disponibili». 
Pierre Bourdieu - Il dominio 
maschile 137
Che cosa desiderano gli uomini quando 
dicono di desiderare noi? 
138
139
Che tipo di ironia li fa ridere? 
140
Si scherza persino sul femminicidio 
141
Siamo sicuri che sia creativa? 
"Il corpo della donna in pubblicità: la 
scorciatoia preferita per chi è a corto di idee" 
dal blog di Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors 
Club Italiano 
142
Esponendo un nudo si può 
pubblicizzare qualunque merceologia 
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Un Natale da casa di tolleranza. 
Ma le acquirenti di Yamamay 
non sono donne? 
178
Non si sottrae nemmeno la Befana 
179
… né il mondo dei giocattoli 
180
Nudo è bello? No, è banale 
Il più delle volte serve a portare alla ribalta 
prodotti del tutto anonimi, uguali a tanti 
altri, 
o aziende locali a corto di immaginazione e 
di cultura. 
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Donna - bancone 
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Donna - tavolo 
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Donna - cavatappi 
208
Donna - persiana 
209
Donna - maiale 
210
Ha una 
borsetta o è 
un rettile? 
211
Trasformare una donna in un oggetto 
significa deumanizzarla. 
In questo modo la violenza diventa, in 
qualche modo, giustificata: non sto 
“picchiando” una persona, ma sto 
prendendo a calci un oggetto. 
212
Una passione per il vetro 
213
Perché è nuda ma ha le scarpe? 
214
Qual è 
l’oggetto? 
215
Che c’entra il caffè? 
216
217
… e la pasta? 
218
… e i sottaceti? 
219
… e i pannelli solari? 
220
… e le olive? 
221
… e il vino? 
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… e le tisane? 
227
… e i cioccolatini? 
228
… e il pollo? 
229
… e il grano? 
230
… e il prosciutto? 
231
… e il gelato? 
232
… e i distributori di caffè? 
233
… e le biciclette? 
234
… e le sigarette 
elettroniche? 
235
… e i biglietti da visita? 
236
… e gli infissi? 
237
… e gli occhiali? 
238
… e le lenti a contatto? 
239
… e le borse per computer (Kraun)? 
240
… e un ristorante? 
241
In provincia di Padova 
242
… e i telefonini, oggetti-principi del 
desiderio? 
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251
Le maggiori compagnie telefoniche nazionali azzerano ogni idea di 
differenziarsi cimentandosi, quali che siano le offerte e i prodotti da 
pubblicizzare, in un’assurda gara di modelle variamente discinte e scosciate 
252
… e le biciclette? 
253
… e le compagnie aree? 
254
… e le messaggerie? 
255
(dopo le proteste la gonna si è allungata, ma il 
messaggio è rimasto lo stesso) 
256
… e i gommoni? 
257
… e i caminetti? 
258
Ma è 
Intimissimi 
uomo! 
259
Almo Nature 
mangime naturale per cani e gatti 
260
261
Donne come galline … 
262
Una rivista free di Palermo 
263
Anche oltre confine (Montecarlo) 
non scherzano! 
264
265
Eleganti allusioni 
266
267
Come si può scherzare sulla bulimia? 
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269
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271
Nude e crude: corpi senza donne 
272
Deumanizzazione 
Numerose ricerche dimostrano che 
maggiore è l’esposizione di donne e 
ragazze a messaggi sessualizzanti e 
oggettivizzanti, minori saranno le loro 
aspirazioni e prestazioni, e maggiore il 
disagio psicologico, soprattutto sotto 
forma di disordini alimentari. 
Quando sono gli uomini ad essere esposti 
ad immagini di donne (o, ahimé, 
bambine) sessualizzate e oggettivizzate, 
come nella pornografia, aumenta la 
disistima per le donne e la violenza nei 
loro confronti viene ulteriormente 
legittimata. 273
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275
Donna = prosciutto 
276
277
Il volto è superfluo 
278
L’ossessione del lato B 
279
Marchi di allevamento 
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281
Spazi pubblicitari 
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283
284
Il prototipo voleva essere tenero … 
Per una sommaria 
cronologia 
dell’esposizione dei culi 
femminili possiamo 
iniziare dalla pubblicità 
della Coppertone negli 
anni ‘60 
285
E’ facile identificare nella 
réclame di slip e tanga 
Roberta il primo culo 
“scoperto” a larga 
diffusione nazionale. 
È quello della giovanissima 
Michelle Hunziker e viene 
offerto allo sguardo di 
improbabili acquirenti 
maschi: negli anni ‘80 
improvvisamente 
tappezza intere città, muri 
e tabelloni pubblicitari in 
tutto il Paese. 
286
A distanza di anni 
287
Continua negli anni ‘90 
288
1993 
Inquadrature dal basso 
anche nel famoso 
commercial Martini, 
definito «il culo più amato 
dagli italiani». 
Appartiene a Charlize 
Theron, ed è utilizzato 
non come usuale 
elemento di 
adescamento, ma per 
sancire la vittoria in un 
rapporto di potere fra 
uomini. 
289
… ciò che è venuto dopo è solo volgare 
290
Censura? «È un’altra cosa. Bisogna cercare il punto di 
equilibrio fra la libertà d’espressione e il rispetto della dignità 
delle donne, troppo spesso offesa da un eccessivo uso del 
loro corpo a fini politici o commerciali», si augura Valente. 
Ttt Lines replica con il suo 
responsabile commerciale, Marco 
Maiorano: «È una campagna dal 
tono allegro. Nulla di spinto. Non 
pensavamo di offendere, abbiamo 
fatto molta attenzione durante la 
fase di realizzazione. Se ce ne 
fosse bisogno, siamo pronti a 
mettere in campo i nostri legali per 
opporci alla rimozione».
con una stanca reiterazione 
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Versione estiva 
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Versione invernale 
325
Un po’ di esotismo non guasta 
Negli ultimi anni le 
dinamiche del 
mercato della 
prostituzione hanno 
mostrato che la 
variazione dell’offerta 
aumenta la domanda 
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I culi sono più di uno, con headline sullo stesso 
tono: 
Slip oggi, chiacchiere domani 
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Nei RistorAgip in autostrada 
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Pubblicato anche da Famiglia cristiana! 
345
E a sostegno di un candidato del 
Pd … 
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"Le foto del tuo sedere sono più belle se ritoccate con Instagram, 
mandacele", questa la presentazione di un gruppo su Facebook 
dedicato alla raccolta di fotografie con un unico tema. 
348
Dopo le proteste scaturite dalla presenza da questo 
cartellone nel cortile di una scuola elementare, l’immagine 
è stata rimossa. Una mamma: «Siamo soddisfatte». La 
maestra: «I bambini ne parlavano tra loro» 
349
Questa azienda però è recidiva 
350
Un fenomeno degno di studio 
351
Lo sdoganamento della trivialità 
Voci di maschi autorevoli hanno detto in sedi 
pubbliche: 
Le donne stanno sedute sulla loro fortuna 
Ha un culo che parla e tanto basta 
In un passato anche recente, non se lo 
sarebbero potuti permettere! 
352
Altri pezzi di donna: quelli che contano 
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Molto criticati ma recidivi 
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L’abbinamento 
donna - mozzarella 
è un must! 
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Su che cos’altro si può puntare? 
387
Morale della favola: il premio in palio è un 
intervento del chirurgo plastico 
388
Non è grave se, per pubblicizzare un gelato, 
viene utilizzata l’immagine di una bocca 
femminile, ma l’umiliazione che viene 
provocata in chi guarda, nell’utilizzare SEMPRE 
e SOLO bocche femminili per pubblicizzare 
qualsiasi sorta di prodotto , è evidente. 
389
Dal ginecologo con la borsetta? 
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Poca differenza dalla 
pornografia 
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Donne e patate 
“ Io di patate ne ho viste tante. Gustose, 
fragranti. Non ce la faccio a stare 
senza, le ho provate tutte… Fidati di 
uno che le ha provate tutte, Amica 
Chips è la migliore” 
Il noto marchio ci riprova con il solito 
utilizzo della banale ambiguità della 
parola patata ma questa volta 
proponendo una sorta di concorso 
di bellezza, “Miss Patata”, creato 
tramite l’utilizzo di facebook dove 
gli utenti mediante il “mi piace” 
esprimono la loro preferenza che 
porterà alla proclamazione della 
“patata regina”. 
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Fino all’oscenità 
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I nuovi (?) calendari 
Il Consorzio toscano “Vera pelle italiana 
conciata al vegetale” con lo scopo (si 
presume) di far conoscere un prodotto 
artigiano nazionale di qualità, ha 
commissionato al noto fotografo Oliviero 
Toscani un calendario corredato da 
fotografie in primo piano di 12 pubi femminili, 
di donne o di ragazzine: nient’altro che 
pelle e pelo, anzi, come scrive Toscani 
stesso nella presentazione del calendario, 
12 “magnifiche tarte au poil “ (torte al pelo). 
Il giornale Rolling Stones l’ha distribuito in 
allegato. 
Lo Iap, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, 
ha preso posizione contro il calendario. 
425
Anche le griffes … 
Dal profumo ai gioielli, dagli orologi alle scarpe, le grandi firme 
ricorrono a immagini sexy per attirare l'attenzione 
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Philipp Plein 
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Tom Ford è un marchio che insiste su 
immagini allusive 
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E le sedi decentrate delle università … 
basta avere un bel corpo e si fa strada anche nel percorso di studi? 
451
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oltre che 
le associazioni 
studentesche 
453
Politecnico di Milano 
454
Scambio di materiali didattici tra studenti 
455
Gli enti locali 
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Altri tempi 
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Oggi 
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I Nebrodi 
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Sugli autobus di Milano, lo stile 
calendario Pirelli 
464
Per le strade di Roma 
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… per vendere, anche i giornali 
progressisti 
467
… e i partiti progressisti 
Nella versione maschile l’aria 
nuova fa svolazzare la cravatta 
di un uomo, che viene 
rappresentato nella parte 
superiore del corpo e in modo 
professionale, bello inamidato e 
vestito. 
Nella versione femminile del 
manifesto invece si rappresenta 
la sola parte inferiore del corpo 
di una donna che con le mani 
cerca di coprirsi le gambe e di 
abbassare una leggera gonna 
rossa sollevata dal vento del 
cambiamento, in una posa 
ammiccante neanche fosse una 
novella Marilyn Monroe. 
468
In campagna elettorale … Treviso 
469
… e gli imprenditori: 
il corpo femminile come contenitore 
470
Anche nel web 
Se digiti su Google 
“giornalisti”: appaiono i siti dell’Ordine e 
della Federazione 
“giornaliste”: cercansi giornaliste sexy per 
pornotv; le giornaliste più sexy della tv 
471
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475
Le donne sono “a disposizione”, 
e lo scopo è sempre lo stesso 
gadgettistica disponibile 
sul mercato della felicità 
Si rappresenta il genere femminile come un esercito di 
prostitute e gli uomini come un esercito di utilizzatori finali. 
Tutto questo torna a presupporre l’argomento principe, il 
secolare territorio di contesa: 
il corpo 
476
477
Da secoli si dibatte sulla triste, rozza ma 
ricorrente abitudine maschile a risolvere i 
propri problemi di relazione con le donne 
ricorrendo al sesso a pagamento; sulla 
diffusa incapacità maschile, in tante situazioni 
e rapporti, a cimentarsi con donne non 
subalterne. 
È questo l’esito delle fatiche che donne e 
uomini di più generazioni hanno sopportato 
per poter vivere come eguali nella vita 
pubblica e in quella privata? 
478
La pornografia non è più una trasgressione 
marginale, ma è il veicolo per eccellenza dello 
scambio di merci 
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Un’ossessione … 
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Donne 
senza volto 
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Donne tutte uguali, scambiabili 
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Per ricordarti chi è hai bisogno di un post-it 
492
L’emarginazione che 
le donne hanno 
conosciuto per secoli 
è stata sostituita con 
un’integrazione 
pagata al prezzo di 
una spoliazione di se 
stesse. 
L’Io diventa anch’esso 
un prodotto, un 
oggetto di consumo 
che si acquista 
senza fatica in un 
centro commerciale. 
493
Prodotti? 
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E lo slogan è il più povero, il più volgare 
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Poca fantasia 
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Sebac: prostitute? 
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Che professione è? 
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Biancheria maschile! 
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Un tocco 
di saffismo 
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Al culmine della volgarità 
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La divisione del lavoro 
525
E un negozio di Napoli si è autocensurato… 
526
Spunti dall’attualità politica 
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Iniziativa provocatoria di un’agenzia di 
casting 
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535
536
E’ questa l’immagine di donna che 
trasmettono i pubblicitari? 
537
Il nostro non è un intento di stampo moralista. Non ci 
siamo mai battute contro il nudo e la sessualità. 
Anzi, riteniamo che questi siano profondi tabù sociali, 
e che la malizia spesso presente in pubblicità, che si 
tratti di uomini o di donne, sia conseguenza diretta di 
negazioni e frustrazioni vissute nel quotidiano. 
Il sesso è bello, il sesso è 
importante 
Fa parte di noi. Della nostra vita. Nutre 
la nostra immaginazione in mille modi 
diversi … ma quando viene utilizzato 
in modo così volgare e inutile, non 
sembra di assistere a uno spreco? 
538
È tutta colpa dei media e dei falsi modelli 
che trasmettono? 
O i media fanno da cassa di risonanza, 
amplificatori di una questione che è 
prima di tutto sociale e culturale, insita 
nel nostro vivere quotidiano e nel nostro 
sentire comune? 
È possibile che non ci siano modelli 
alternativi che valga la pena trasmettere e 
diffondere, soprattutto per le nuove 
generazioni? 
539
540
Ma a quali uomini si rivolgono? 
Le donne parlano 
Ma il silenzio degli uomini sugli 
uomini non è preoccupante? 
Dietro ogni rappresentazione 
volgare della donna si 
presuppone l’esistenza di un 
uomo ridotto a un desiderio 
bulimico e coatto, schiacciato 
nella dimensione del consumo, 
che non solo prescinde dalla 
relazione ma quasi ha 
bisogno di negarla 
Aspettiamo, pubblica e 
visibile, una parola 
maschile 
541
Gli stereotipi sono lesivi della dignità della donna, ma 
anche di quella dell'uomo, ridotto e umiliato in una 
rappresentazione animale e machista 
Molti nostri compagni hanno percorso strade diverse 
rispetto ai modelli che furono dei loro nonni, hanno 
esperito diversi livelli di libertà e di coscienza, rapporti 
più sapienti con il proprio corpo 
Perché le esperienze private non diventano voce 
pubblica? Perché i maschi accettano che li si 
rappresenti così? Proprio tutti si identificano con i 
tronisti? Perché non rifiutano di essere schiacciati 
nella stupida scelta “o puttaniere o gay”? 
Il riscatto può passare anche per la testa 
degli uomini 
542
Se nella società contemporanea lo scopo delle 
donne fosse conquistare un uomo che le 
mantenga per poi figliare, se l’obiettivo degli 
uomini fosse scegliere una donna da mantenere 
per potersi riprodurre e la scelta si giocasse tutta 
sull’aspetto fisico, identificare la donna con il 
suo corpo e considerare il corpo esclusivamente 
un’arma per sedurre avrebbe senso. 
È evidente che nella società contemporanea uomo 
e donna non sono questo. Perché, allora, lo 
sguardo maschilista persiste e condiziona 
ancora il nostro immaginario, le nostre azioni, le 
scelte, la psiche, i click? 
543
Nuovo canale Sky per uomini: 
si può accettare questo slogan? 
544
Gli uomini si sono costruiti da soli 
le loro gabbie 
545
Gli uomini non sono tutti maniaci sessuali e le donne non 
sono tutte disponibili al sesso senza voglia. 
Sessismo non significa rappresentazione di scene dirette 
o allusive al sesso, ma è sinonimo di discriminazione, di 
ridicolizzazione, di svalutazione di genere, di 
sfruttamento di pulsioni oggettivanti che mettono la 
figura della donna al centro di un calcolo di vendite e di 
mercato. 
Qui non stiamo parlando del sesso privato. Stiamo 
parlando di una paccottiglia pubblica di riferimenti 
grotteschi e volgari, che filtrano lentamente nella nostra 
testa andando ad alimentare, in un vorticoso corto 
circuito, il pensiero unico. 
546
Che relazioni 
umane 
suggeriscono? 
Dopo aver visto contenuti 
oggettivanti, gli uomini sono più 
pronti a pensare alle donne come 
oggetti sessuali e a trattarle di 
conseguenza. 
547
548
549
Il mortadello e la mortadella 
550
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556
557
558
Donne decapitate 
559
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Donne legate 
561
562
563
Donne umiliate 
564
565
566
La campagna del marchio di moda Suit Supply 
567
568
Se è lui, è figo; 
se fosse lei, sarebbe puttana 
569
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574
Spagna. L’Istituto Donna (organismo del Ministero del lavoro), 
i Verdi e alcune associazioni di consumatori 
hanno chiesto il ritiro di questa campagna 
575
ma gli altri marchi non sono da meno 
576
577
Una sessualità da incubo 
578
Vietata a Roma e a Napoli, perché 
offende … la polizia 
579
tuttavia a Roma … 
580
Dal calendario Pirelli 2012 
581
582
Non è migliore la moda dell’uomo 
oggetto 
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584
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586
587
Qui vediamo un uomo nudo in una posizione di passività, utilizzato come 
decorazione e avvolto da una carta-regalo. 
Il consumismo esasperato svilisce i nostri corpi relegandoci alla stregua di 
schiavi. 
588
589
590
Fantasie di donne 
dominanti 
591
Par condicio 
592
Lasciare spazio alle donne non significa umiliare o metter da 
parte gli uomini: perché si continua ad avere questa 
visione? 
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596
597
598
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Servire il sushi sul corpo di ragazze nude. Questa 
è la nuova moda che sta sbarcando nei ristoranti 
d’Europa 
600
601
C’è il dominio del maschio, 
ma anche la malinconia di una sessualità maschile 
incapace di riconoscere la possibile ricchezza del 
proprio desiderio 
602
Un tuo amico dice: “Senti questa barzelletta, è divertente”. 
Sorridi e ti aspetti di fare una bella risata, invece ti trovi 
ad ascoltare una barzelletta umiliante per le donne. Le 
descrive come incompetenti, deboli, continuamente 
isteriche, oppure come semplici strumenti sessuali. 
Molte barzellette parlano di cose terribili come lo stupro 
in un modo “scherzoso”. 
Il sorriso ti si è gelato sulle labbra e ti senti a disagio; sai 
che tutto questo non è giusto. Vorresti dire qualcosa ma 
ti sembra che agli altri uomini presenti la barzelletta sia 
piaciuta. Sorridono e tu non vuoi fare il guastafeste. 
Ma forse, forse, forse, alcuni di loro stanno pensando le 
stesse cose che pensi tu; forse quel sorriso che hanno 
stampato in faccia è imbarazzato quanto il tuo. 
603
Per non parlare 
della trash tv! 
604
La televisione commerciale ha bisogno di 
agganciare il pubblico in modo facile e 
immediato. 
Un buon modo di farlo è lavorare utilizzando gli 
stereotipi che come tali sono immediatamente 
“familiari” al pubblico. Ed è proprio quello che 
spessissimo è avvenuto. 
Questo non ha giovato all'immagine femminile, 
giacché gli stereotipi riferiti alle donne sono non 
solo ristretti, ma per lo più negativi. 
605
L’immagine della donna è stata la principale 
vittima sacrificale del nuovo corso pubblicitario 
introdotto dalla commercializzazione del sistema 
televisivo. 
Con questa trasformazione la pubblicità ha 
introdotto prepotentemente nella comunicazione 
e nella cultura di massa la rozzezza di 
un’atavica subcultura maschilista. 
«Sembra – ha scritto Aldo Grasso – che la donna 
non sappia fare altro che spogliarsi, sgambettare 
e ammiccare». 
606
Nella società dello spettacolo il corpo delle donne è merce di 
scambio ed elemento rassicurante per l’identità maschile. 
Con la complicità di una parte del mondo femminile, il 
populismo mediatico degli ultimi vent’anni ha intrappolato la 
donna nel suo atavico ruolo di oggetto di piacere. 
Che l’apice della supposta emancipazione delle donne possa 
coincidere con il consumismo è un indice della miseria della 
nostra epoca. 
È lecito chiedersi: come mai una lunga storia di lotte e di 
consapevolezza è stata cancellata nello spazio di uno spot? 
607
I modelli mediatici funzionano perché sono fonti credibili e 
attraenti, e quindi non sono utili solo a vendere prodotti 
ma, potenzialmente, anche a rafforzare valori e ad 
insegnare stili di vita. 
608 
608 
Se un mezzo di comunicazione di massa filtra una 
descrizione del genere femminile legata ad un ruolo 
sessuale degradato o a tratti che minano la sua dignità, 
i comportamenti di ambedue i sessi ne rimarranno 
fortemente influenzati.
• Ecco un normale pomeriggio televisivo: un 
sondaggio “Vorresti vedere tua figlia nuda sui 
calendari?”, un lancio delle protesi al silicone per il 
seno, un servizio dal titolo “Il ritorno della donna 
bella e muta”. 81% degli adolescenti italiani 
davanti al video. 
• 167.011 bambini da 4 a 5 anni nel 2009 hanno 
visto tutte le puntate del Grande Fratello. 
609
610 
610 
Cedaw 
In Italia le donne sono rappresentate 
come oggetti sessuali. Questa è una 
delle principali critiche sollevate all’Italia 
dal Comitato delle Nazioni Unite che ha il 
compito di monitorare l’attuazione della 
Convenzione ONU per l’eliminazione 
di ogni forma di discriminazione nei 
confronti della donna (CEDAW) negli 
Stati che l’hanno ratificata. 
Secondo le Nazioni Unite, in Italia persistono 
profondi stereotipi che hanno un 
impatto schiacciante sul ruolo della 
donna e sulle responsabilità che essa ha 
nella società e in famiglia.
Neo tv 
Nella tv diventata tutta commerciale set 
della pubblicità e set dei programmi 
coincidono: per esibire i suoi corpi, la 
tv recupera il senso della piazza (ora 
è virtuale) come luogo dove si 
presentano e si spettacolarizzano le 
merci, e i corpi diventati oggetti di 
consumo. 
Migliaia di corpi passano, minuto dopo 
minuto, sul piccolo schermo. 
La proprietà onnivora del consumo 
cattura tutti coloro che entrano nel 
gioco. 
611
Il consumatore - scarafaggio 
Il corpo è oggi presentato con immagini 
sempre più spinte, la cui attrattiva sessuale 
è proposta di frequente in modi banalmente espliciti. 
Per spiegare questo fenomeno possiamo fare ricorso 
a una legge brutale, come la definisce Adriano Zanacchi nel suo 
Libro nero della pubblicità, 
quella del consumatore/scarafaggio: dopo un po’ il solito insetticida 
non basta più e lo devi spruzzare con roba più forte. 
Quando la ripetizione non basta, si può aumentare la dose, fino ad una 
soglia superata la quale si approda al cambiamento qualitativo, 
ovvero si passa dalla banalità alla pornografia. 
612 
612
613 
613 
In principio furono la contestazione, il 
femminismo e la liberazione 
sessuale; poi vennero la donna 
oggetto, le scosciate tutte-tette delle 
tv commerciali, l’imperativo dei 
giovani belli e disinibiti a tutti i costi. 
Qual è il nesso che tiene insieme tanti 
ribaltamenti di ruoli e di costumi, 
all’apparenza tra loro stridenti? 
Qual è la strada che ha condotto dalla 
minigonna degli anni ’60 alle nudità 
dei ’90, dalla rivendicazione 
femminile dei diritti sul corpo 
all’esibizione spudorata della 
sessualità, dall’accettazione di sé 
alla manipolazione estetica? 
E che dire degli uomini, sospesi tra il 
sogno dell’harem e il mito della 
tenerezza materna?
Curiosamente, la nostra 
televisione oscilla tra una 
debole attenzione per le donne 
(che pure nella società 
lavorano, pensano, curano le 
relazioni) - quasi che l’Italia 
fosse abitata da un solo sesso 
(quello cosiddetto forte) - e 
l’interesse estremo per 
l’aspetto fisico - curve sopra e 
curve sotto - da mettere in 
mostra, concupire, utilizzare. 
614
Avrò una figlia 
Quali modelli le proporrò? 
Come le spiegherò le veline e le meteorine e le 
letterine e le letteronze e le ragazze cin cin e le 
ragazze fast food e le schedine e le 
professorine e le coloradine? 
Cosa le dirò del perché in tv le femmine stanno 
sempre in bikini e i maschi sono vestiti sempre 
di tutto punto? 
È questo l’esito delle fatiche che donne e uomini 
di più generazioni hanno sopportato per poter 
vivere come eguali nella vita pubblica e in 
quella privata? 
615
616
Un neologismo: velinismo 
Il ruolo di velina è l'emblema moderno della passività 
617
• Ragazze Fast Food (Drive in) 
• Ragazze Coccodè (Indietro tutta) 
• Ragazze cin cin (Colpo Grosso) 
• Littorine (Odiens) 
• Letteronze (mai..dire) 
• Letterate 
• Veline (Striscia la Notizia) 
• Letterine (passaparola) 
• Schedine (Quelli che...il calcio) 
• Meteorine (Tg 4) 
• Professoresse (L'eredità Rai 1) 
• Ereditiere (L'eredità Rai 1 edizione vecchia) 
• Sondaggine (Colorado edizione vecchia) 
• Colorado Girls 
• Notine (Sarabanda) 
• Paperette (Paperissima) 
• Luci's Angels (Lucignolo) 
• Diavolita (Lucignolo) 
• Quote Rosa (Scorie) 
• Madrina (Sanremo) 
• Madre Natura (Ciao Darwin) 
618
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620
Il prototipo 
Deriva dal nome delle 
vallette del programma 
Striscia la notizia, anche 
se le ragazze Fast Food 
di Drive In degli anni ‘80 
furono le madri 
Con “velinismo” si vuole 
intendere l'invasione di 
figure femminili con le 
stesse caratteristiche 
delle vallette di Striscia 
621
La parola non ha traduzione in altre lingue 
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Caro Antonio Ricci 
Lei ha sempre detto che il ruolo della 
Velina è nato come satira contro i 
giornali che esibiscono il corpo 
femminile dappertutto: non è 
consapevole che il ruolo della velina 
è diventato contemporaneamente per 
le ragazzine un modello a cui 
aspirare? 
Siccome non siamo ciechi e nemmeno 
vogliamo fare finta di non vedere, 
non possiamo continuare a credere 
che il ruolo della Velina abbia 
mantenuto quella funzione satirica 
che Lei ogni minuto rivendica, dal 
momento che ogni due anni propone 
un casting lungo un’estate intera. 
626
E le Ragazze coccodé, poco vestite e 
sculettanti? era ironia? 
627
E Colpo grosso? 
628
Maschi vestiti, donne svestite: 
perché pare normale? 
629
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E la politica non si sottrae … 
633
Ciao Darwin, il non plus ultra degli 
stereotipi: Eva contro Eva 
• Caste contro Libertine 
• Vergini contro Esperte 
• Vergini contro Rifatte 
• Belle contro Brutte 
• Vigilesse contro Donne al volante 
• Suocere contro Nuore 
• Mogli contro Amanti 
• Magre contro Ciccione 
• Madri di famiglia contro Trasgressive 
634
Guardiani dell’harem 
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638
… fino alla mostruosità 
639
Dove viene collocata la macchina da presa 
640
La selezione delle Schedine 
641
Anche per le previsioni del tempo! 
642
643
Sessismo 
da campagna 
elettorale 
644
Esistono perfino le 
Cessine: modelle da 
calendario per 
un’azienda 
produttrice di bagni 
chimici 
645
Il bombardamento ideologico televisivo non è 
esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto. 
Ma mai “un modello di vita” ha potuto essere 
propagandato con tanta efficacia che attraverso 
la televisione. Il tipo di uomo o di donna che 
conta, che è moderno, che è da imitare, che è 
da realizzare, non è descritto o decantato: è 
rappresentato! 
Pier Paolo Pasolini 
646
A inventare e promuovere il 
genere “velina” sono state le 
reti televisive e la corsa 
all’Auditel 
ma ad accettarlo e a farne, 
giorno dopo giorno, anno 
dopo anno, un modello 
condiviso siamo stati un po’ 
tutti, a partire dai commenti 
svagati o dal ridacchiare 
pruriginoso sul divano di casa 
… 647
648
Velinista è 
• Chi si guarda allo specchio e si vuole 
come gli altri la vogliono 
• Chi vuole fare la velina, e fa le prove 
specializzandosi a scuotere seni e 
natiche davanti allo specchio 
• La mamma che spinge la figlia alle 
selezioni e ai concorsi di bellezza 
• Quella che fa i calendari sexy 
• Quella che si spoglia e poi manda il 
filmato a YouTube 
• Quelle che allega al curriculum il book 
con le foto seminuda 
• E’ aspirante velinista la bambina che 
prende una sorella maggiore come 
idolo perché somiglia a una velina 
649
650
Trasposizione fin troppo prevedibile, da 
Sanremo al mercato pubblicitario 
651
Ma è la norma! 
652
653
L´eros fasullo del corpo plastificato, la donna 
ridotta a bambola virtuale, genera la 
frustrazione del desiderio più profondo. 
Trasforma ogni incontro in uno stupro. 
Disgiunge il corpo dall’anima. Danneggia 
tutte e tutti. 
654
L’Isola dei famosi, il Grande fratello 
655
Tamarreide 
656
Che cosa accadrebbe se due ragazzi fossero costretti a 
ballare, in Tv, di fronte a a milioni di telespettatori, sulla 
scrivania su cui sono sedute due donne attempate, 
oppure appesi a un gancio come prosciutti, sotto lo 
sguardo ilare di tutti? 
Probabilmente si leverebbe un coro di proteste. Perché, al 
contrario, se, come di fatto accade, al posto dell’uomo 
c’è una donna, per giunta quasi nuda, nessuno si 
ribella? 
Perché appare ovvio che le giovani donne siano trattate in 
tv come oggetti, svolgendo ruoli che non richiedono 
alcuna competenza? 
È davvero ipotizzabile la parità di opportunità tra uomo e 
donna se non vi è parità di rappresentazione mass 
mediale? 
657
E non mi dite “basta spegnere la tv” 
Spegnere la tv è un atto elitario. 
Posso decidere di non guardare la tv, ma non 
vantarmene e ancor più raccomandarlo 
come una ricetta di bon ton. 
Significa non comprendere il Paese, non 
vedere il disagio, non frequentare gli 
ipermercati di sabato pomeriggio, non 
andare mai in periferia, non passare mai 
un’estate dove i comuni mortali vanno in 
vacanza. Non essere mai entrati in una 
scuola. 
658
Le donne non sono innocenti 
La responsabilità è anche nostra 
659
In tutto questo non si può tacere di un nuovo tipo 
di complicità femminile: molte donne 
partecipano allo scempio, e partecipano 
volentieri 
Quante aspiranti candidate giovani, carine e 
precarie affidano ai book fotografici, o peggio 
alla costruzione di scandali sessuali, il loro 
cursus honorum? Quante mamme le 
sostengono? 
Cause endogene o esogene? Selezione alla 
rovescia? O intreccio perverso di esclusione e 
di autoesclusione? 
660
661 
661 
Un capitale da mettere a frutto 
“Il corpo è mio e lo gestisco io” era uno slogan che voleva 
chiudere con l’antica figura della donna “riposo del 
guerriero”, “regalo fatto da Dio agli uomini “. 
Era sembrata una svolta irreversibile, l’affermazione di un 
nuovo senso comune. 
Oggi non si può dire che le donne non si siano impossessate 
del proprio corpo. Ma per farne cosa? 
Donne immagine e prostitute di lusso hanno fatto di sé una 
nuova figura del mercato, che procede attraverso 
l’oculato bilanciamento dei costi e dei profitti, il dosaggio 
fra asservimento e pretesa di compensi dissociati da ogni 
personale competenza.
Le copertine dei settimanali 
662
Tra realtà e provocazione la condizione femminile 
fa un salto indietro di almeno 50 anni 
663
Le tette non sono 
una notizia! 
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673
Perfino Wired, il mensile della 
tecnologia e dell’innovazione 
674
Anche Nuovo consumo (della Coop) 
675
E gli altri … 
676
Foto Ansa: è questo lo sport? 
677
Corriere della sera 
678
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Un giornale qualunque 
in un giorno qualunque 
680
La Sicilia web: gallery 
681
«Catania politica» o Catania sessista? 
682
Questa è un’immagine tratta dalla bacheca Facebook di 
Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine dei Giornalisti 
dal 2001 al 2010. 
683
La situazione dei rifiuti a Palermo 
684
Spesso, nella volgarità, sessiamo e 
razzismo camminano insieme 
685
Il risultato 
Una rappresentazione così insistita, come 
hanno dimostrato innumerevoli ricerche, 
abbassa l’autostima delle ragazze e 
legittima, aumentandone la frequenza, la 
mancanza di rispetto, il disprezzo, le 
molestie e perfino la violenza maschile 
contro le donne. 
In questo tempo confuso non è facile 
essere donne 
686
687
1982 2007 
Invecchiare da piccole: 
ancora dalla parte delle bambine 
A quasi trent’anni dal saggio di Elena Gianini Belotti, 
che denunciava i condizionamenti culturali all’origine dei ruoli di genere, 
poco è cambiato. 688
689
Le bambole contemporanee 
Fashion dolls 
690
691
692
L’erotizzazione del corpo infantile 
rispecchia una tendenza diffusa tra gli 
operatori della pubblicità, secondo cui il 
sesso può essere utilizzato per vendere 
qualsiasi cosa. 
Lo stimolo erotico quindi è pensato per 
raggiungere gli adulti, il che rende 
particolarmente ambiguo e inquietante 
questo genere di operazioni commerciali. 
693
Educazione sessuale? 
Oggi i bambini subiscono un 
bombardamento di messaggi 
erotizzanti e spesso contraddittori, 
che li portano a farsi un’idea 
distorta della sessualità 
Le immagini affascinano, producono 
intense emozioni, diffondono 
modelli di comportamento, stili di 
relazione, stili di vita, strategie per 
la risoluzione di conflitti … e perciò 
educano! 694
Wal-mart ha lanciato 
i cosmetici per 
bambine! 
695
696
Ha fatto il giro del mondo la notizia di un’azienda inglese 
che ha lanciato una linea di reggiseni imbottiti per bambine 
di sette anni, in modo che il loro seno dia l'impressione di 
essere cresciuto di una taglia. 
697
698
La scomparsa dell’infanzia 
699
Lolite storiche: 
Non è la RAI 
700
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705
706
Le riviste destinate alle lettrici 
più giovani proliferano di 
messaggi che rimarcano 
l’importanza di presentarsi 
sessualmente attraenti per 
stuzzicare l’interesse dei 
maschi. 
Internet, poi, è una miniera di 
materiali che propongono 
soggetti in tenera età 
rappresentati in maniera 
erotizzata. 
Stilisti alla moda seguono 
questa tendenza. 
707
La rivista francese “Vogue” 
708
709
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711
Dopo l’accusa di 
incitamento alla pedofilia 
l’editore è corso ai ripari 
cacciando la 
caporedattrice. 
712
713
L’erotizzazione precoce incoraggia le 
bambine ad impegnarsi in atteggiamenti 
seduttivi che attirino l’attenzione dei 
maschi, prima di essere in grado di 
comprenderne le potenziali 
conseguenze sul piano fisico e 
psicologico. 
L’oggettivazione del corpo e 
l’identificazione con un modelli adulti 
conducono ad una rappresentazione 
del sesso di tipo strumentale: la 
sessualità può essere concepita e 
vissuta alla stregua di una merce di 
scambio, a discapito della componente 
relazionale e affettiva. 
Il fatto che, per imitazione e omologazione, 
una bambina assuma atteggiamenti da 
lolita, seduttivi nei confronti dell’altro 
sesso, non fa che rafforzare questa 
tendenza. 714
Dakota Fanning, ex diva bambina 
ora diciassettenne 
715
Il titolo del servizio 
annunciava una 
panoramica sugli abiti 
da sposa di tendenza 
… perché allora 
fotografare una 
bambina seminuda? 
Non vediamo né abiti 
né sposa, e quindi che 
senso ha questa foto ? 
716
Prima Comunione? 
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Questa campagna della Lee è stata ritirata, ma la 
figura della Lolita è molto usata nelle pubblicità 
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Piccole veline crescono 
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Trucchi per bambine da 3 anni in su 
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Bambine riprese come le adulte 
732
Trasformata in oggetto di consumo, la bambina che per la 
gioia dello sponsor (e della mamma …) assume pose 
seduttive e occhieggia allusiva dai cartelloni pubblicitari, 
lancia un chiaro messaggio di disponibilità; il che ha 
l’effetto, nella realtà, di rendere le sue coetanee più 
esposte e vulnerabili. 
L’erotizzazione precoce ha tra i suoi effetti quello di 
incoraggiare le bambine ad impegnarsi in atteggiamenti 
seduttivi che attirano l’attenzione dei maschi prima di 
essere in grado di comprenderne le potenziali 
conseguenze sul piano fisico e psicologico. 
L’oggettivazione del corpo e l’identificazione con un modelli 
adulti conducono facilmente ad una rappresentazione 
del sesso di tipo strumentale, nel senso che la sessualità 
può essere concepita e vissuta alla stregua di una merce 
di scambio, a completo discapito della componente 
relazionale e affettiva. 733
Vengono trasformate in 
oggetti di desiderio. 
Diventano prigioniere dello 
sguardo degli altri per 
esistere. 
Si formano un'idea 
dell'amore centrata sul 
sesso e sul consumo. 
734
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741
• Libera infanzia è una 
campagna che invita a 
riflettere e non chiudere gli 
occhi contro l’erotizzazione 
del corpo infantile, gli stereotipi 
di genere e l’adultizzazione 
dei bambini. In Italia parlare 
della condizione infantile nei 
mass-media è ancora tabù. 
• Libera Infanzia non si limita 
solo a segnalare e creare un 
monitoraggio sui mass media 
ma anche di avviare un vero e 
proprio boicottaggio dei 
prodotti e delle aziende che 
violano l’infanzia. 
742
743
Dilagano i concorsi per diventare 
“reginette” 
Nel mondo vi 
partecipano 3 milioni 
di bambine da 3 a 15 
anni 
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754
Si chiama Bimbo e viene dalla Francia (200.000 iscritti) il nuovo 
gioco virtuale sul Web che sta spopolando anche tra le 
bambine italiane: la sua traduzione è più o meno "velina“ 
Funziona come qualsiasi gioco virtuale a punteggio, basta 
registrarsi nel sito, scegliere un avatar, un guardaroba di abiti 
loliteschi, un portafoglio di 1000 soldi-Bimbo virtuali e si 
comincia l’avventura che insegna alle bambine dai 9 anni in su 
a diventare una futura velina 
Si possono acquistare creme di bellezza, investire in abiti sexy, 
cambiare le acconciature dei capelli, fare piercing e tatuaggi 
La Bimbo-Velina naturalmente deve essere magra, quindi dovrà 
nutrirsi poco consumando alimenti dietetici e ricorrere alla 
chirurgia estetica per ritoccare le forme ancora acerbe 
Dopo si passa all’acquisto di appartamenti e ville 
Per far diventare famosa la propria Miss occorre avere punti-attitudine, 
che si guadagnano ad esempio andando dal 
parrucchiere, sottoponendosi ad una seduta di lampada 
abbronzante, ad un make-up artist, ad una mastoplastica 
additiva per il seno, andando a rimorchiare in un locale (go 
flirting) oppure esercitandosi in baci alla francese in un city club 
755
Gli avatar prescelti 
756
Pole dancing all’asilo nido 
Stamattina ho letto una notizia sconcertante 
In inglese si dice pole dancing. Letteralmente significa 
“danza della pertica”, ma non c´entrano danza e 
ginnastica: è il ballo erotico, con le gambe avvinghiate a 
un palo, diventato di rigore in ogni topless-bar, lap-dance 
club e night-club 
Ora salta fuori che in Inghilterra qualcuno vuole insegnare 
“pole dancing” a bambine di tre anni: succede in una 
scuola di danza del Northampton, la Make Me 
Fabuolous (Rendimi favolosa). L´istruttrice racconta di 
avere cominciato dando lezioni alle mamme, poi ha 
pensato di estenderle anche alle figlie in età da asilo 
nido: «Non c´è niente di male» assicura «è un esercizio 
sexy, rilassante e rinvigorente» 
757
758
759
760
In tutto questo non c’è niente di naturale, ma è tutto 
costruito dalla cultura 
Ciò che è culturale è anche revocabile 
Sta a noi decidere se fare qualcosa, se voltare pagina 
In molti Paesi è aperto da tempo un serio dibattito 
culturale e normativo: da noi è ancora terra di frontiera, 
oppure pare un recinto per suffragette nostalgiche 
Protestare civilmente serve, esser consapevoli dei 
propri diritti serve, saper comunicare serve 
Ancor di più serve disporre di una buona preparazione 
culturale ed essere in grado di utilizzarla per cercare di 
cambiare il mondo, se non ci piace 
761 
761
La pubblicità può cambiare sul serio e diventare più 
rispettosa delle donne solo se, insieme alla 
consapevolezza degli addetti ai lavori e delle imprese 
committenti, crescono la sensibilità del pubblico e 
l’equilibrio dell’intero sistema in termini di parità di 
genere. 
Le aziende devono sentire questa richiesta, forte e chiara. 
Le agenzie e i professionisti della pubblicità devono 
sapere che la vigilanza collettiva su quanto producono è 
diventata più stretta, puntuale ed esperta. 
In tema di parità, bisogna ricordarlo, l’Italia è messa male: 
al 74° posto su 135 Paesi nel 2010 e 2011, all’80° nel 
2012, nell’indice del World Economic Forum che misura 
la disuguaglianza tra uomini e donne . 
762
763
Succubi? 
C’è chi pensa che le donne italiane 
siano completamente assuefatte 
allo svilimento quotidiano della 
loro immagine, anche a causa 
dell’azione pervasiva di una 
televisione diventata assai 
volgare. 
È però un'ipotesi tutt’altro che 
provata, a giudicare dalle opinioni 
che raccogliamo quotidianamente. 
Il fatto è che la grande maggioranza 
delle donne non dispone di canali 
per far conoscere la propria 
opinione critica. 
Molte però si muovono 
764
C’è un’Italia migliore: 
è decente, non bacchettona 
765
La manifestazione del 13 
febbraio 2011 (“Se non ora, 
quando?”) è stata capace di 
sfidare lo stato depressivo in 
cui sembrava versare anche 
la parte migliore della società 
italiana, alzando il sipario su 
una realtà sommersa: 
sintomo del fatto che le 
donne non sono mute e 
asservite come tutti si 
aspettavano. 
Segno del fatto che ci sono 
donne - la maggioranza - che 
hanno sogni, aspirazioni e 
aspettative di vita diverse. 
766
Non c’è niente di bigotto nel 
parlare di rispetto e 
dignità. 
Etica e moralismo non sono 
sinonimi. 
Reagire a un clima che ci 
umilia non è togliere 
spazio alla vita e al 
desiderio, bensì 
riconoscere come 
inaccettabile un sistema 
di sopraffazione 
mascherato da libertà. 
767
Libro e documentario 
Nel maggio del 2009 la blogger 
Lorella Zanardo ha messo in 
rete un documentario 
(www.ilcorpodelledonne.com), 
realizzato con Cesare Cantù e 
Marco Malfi Chindemi, che si 
proponeva di innalzare il livello 
di consapevolezza 
sull’immagine delle donne 
nella tv italiana. 
Nel 2010 è uscito il libro. 
768
769
770
Che fare? 
Non c’è niente di più martellante di una campagna 
pubblicitaria. Non scegliamo cosa, non 
scegliamo come, non scegliamo quando, eppure 
ci ritroviamo quello spot o quel cartellone 
pubblicitario che ci inseguono per un sacco di 
tempo. 
Ma se quella pubblicità veicola un messaggio 
diseducativo tanto per aiutare a vendere il 
prodotto, una cosa semplice e molto efficace la 
possiamo fare tutte e tutti, singolarmente e/o 
collettivamente. Presentare subito una 
denuncia al Giurì della pubblicità. 771
La regolamentazione 
In quasi tutti i paesi dell’UE la vigilanza sulla pubblicità ricade sotto la 
responsabilità di organismi di autoregolamentazione. Insieme con la 
natura non vincolante della metà dei codici di condotta, si rileva una 
debolezza generale di questa tipologia di atto normativo per l’elevato 
grado di soggettività che le autorità competenti hanno nella gestione 
dei reclami. 
Questo è un aspetto particolarmente critico. La pubblicità spesso 
esprime rappresentazioni umilianti, degradanti o offensive per le 
donne sulla base del loro sesso in modo ironico e umoristico, il che 
rischia di 'nascondere' il sessismo o di renderlo socialmente 
accettabile. 
Come risultato, nonostante le molte denunce di pubblicità 
discriminatoria che sono la parte più ampia dei reclami presso le 
autorità competenti in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, molti 
di essi non riescono a ricevere una risposta soddisfacente o un 
follow-up. 772
Buone pratiche 
L’Associazione protocollo contro la pubblicità 
sessista(2009) intende ostacolare la diffusione di tutte le 
forme di campagne pubblicitarie affisse in luoghi 
pubblici, che trasmettono messaggi discriminatori nei 
confronti delle donne, attraverso 
• Campagne di consumo critico e di boicottaggio 
• Campagne di sensibilizzazione e intervento con appositi stand in 
momenti di aggregazione pubblica 
• Lettere di contestazione dell’azienda reclamizzata all’agenzia 
pubblicitaria che ha firmato la campagna 
• Lettere al Sindaco della città che ospita le affissioni 
• Azioni dimostrative per strada in corrispondenza dei luoghi con 
pubblicità sessiste 
773
Si è conclusa nel maggio 2010 la mail bombing “IO NON CI STO: gli 
stereotipi de “La pupa e il secchione” non mi piacciono e lo voglio 
dire agli autori” promossa da Maria Grazia Verderame – Un altro 
genere di comunicazione, Francesca Sanzo – Donne Pensanti, 
Giorgia Vezzoli – Vita da streghe e Lorenza Garbolino – Una nuova 
Era 
Circa 2000 le adesioni fra l’evento facebook e i vari post in Rete con 
punte di 1500 i visitatori al giorno sul blog Donne Pensanti durante 
la campagna 
Ora è uscito un video intitolato La vie en rose, che si può trovare in rete 
774
Io non ci sto 
ad essere solo corpo. 
Da guardare, 
da toccare, 
da giudicare, 
da mercificare. 
Io non ci sto 
poiché conosco 
cosa genera l’offerta della mia carne 
sugli sguardi inconsapevoli. 
Io non ci sto 
e pretendo rispetto 
e che si dia spazio a tutte le mie 
diversità. 
La mia rivoluzione comincia con il 
rifiuto 
dell’immaginario imposto 
per mutare nel respiro di una nuova 
dignità. 775
• È la campagna nazionale dell’Unione Donne Italiane per 
contrastare con un’azione puntuale, organizzata e 
condivisa le immagini lesive e gli stereotipi femminili 
• raccoglie le segnalazioni di manifesti e spot sessisti da 
ogni parte d’Italia 
• indice un concorso finalizzato a valorizzare una 
comunicazione che, al di là degli stereotipi, sia in grado 
di veicolare messaggi positivi e socialmente 
responsabili. 
776
777
778
779
L’associazione Pari o Dispare ha lanciato il primo 
manifesto per “un utilizzo responsabile dell’immagine 
femminile”, cui hanno aderito sette multinazionali 
Si tratta di Accenture, L’Oréal, Johnson & Johnson, 
Kroll, Unilever, Microsoft e Vodafone, le quali “si 
impegnano a non associare il proprio marchio a 
messaggi discriminatori o degradanti, diretti o indiretti, 
basati su stereotipi di genere, nelle proprie campagne 
pubblicitarie” 
Il manifesto, cui finora non ha aderito nessuna azienda 
italiana, raccoglie e rilancia le raccomandazioni 
espresse dalle Nazioni Unite e dal Parlamento Europeo. 
780
Si chiama ZERO STEREOTIPI ed è il nuovo sito dove è 
possibile leggere e scaricare il decalogo redatto da due 
blogger esperte di tematiche di genere per comunicare 
in modo non sessista e svilente: 10 semplici e pratici 
consigli su come fare una promozione priva di 
stereotipi e “gender friendly”. 
Ideatrici del progetto sono Francesca Sanzo di Donne 
Pensanti e Panzallaria e Giorgia Vezzoli di Vita da 
streghe e Poetry Attack, due blogger e professioniste di 
comunicazione che da circa due anni svolgono in Rete 
un’intensa attività di sensibilizzazione sul tema donne & 
media e in generale sulla comunicazione di genere. 
781
782
Collettivo Pachamama: 
campagna sul blog 
783
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La pubblicità sessista

  • 1. a cura di Graziella Priulla
  • 2. 2
  • 3. Una battaglia che fa bene alle donne e agli uomini Una per una, forse le immagini che presentiamo qui dicono poco; tutte insieme, danno conto di un fenomeno cui prestare attenzione 3
  • 4. Saper vedere Ci sentiamo ripetere continuamente che viviamo nella civiltà dell’immagine, che siamo sommersi dalle immagini, eccetera. Produciamo noi stessi quotidianamente immagini con sempre nuovi dispositivi, e le usiamo per le nostre condivisioni. Nonostante questo, molte implicazioni delle immagini ci sfuggono. Conoscere meglio la natura delle immagini può servire ad essere spettatori più preparati e meno vulnerabili al potere dei media, consumatori più consapevoli delle proprie scelte, cittadini attivi con capacità di intervenire dove ci sia da difendere la democrazia dal potere dei media. Serve inoltre a sapere riconoscere la nostra posizione nel sistema di interazioni simboliche comunicative in cui ci muoviamo.
  • 5. Le pubblicità vendono qualcosa di più dei prodotti. Vendono valori, immagini, vendono il concetto di amore e sessualità. Di successo. E forse, ancora più importante, ci vendono il concetto di normalità. Ci dicono chi siamo e chi dovremmo essere. Il mondo dei media e della pubblicità si serve degli stereotipi di genere per condizionarci e indurci al consumo. Tale processo inizia da giovanissimi: è quindi necessario che le ragazze e i ragazzi imparino a svelare gli stereotipi di genere per diventare più cittadine e cittadini e meno consumatrici e consumatori. 5
  • 6. Le campagne pubblicitarie difficilmente creano, ma facilmente rafforzano opinioni, cliché e stereotipi diffusi. Le imprese possono contribuire al rinnovamento del Paese rinunciando a ripercorrere, nella loro pubblicità, gli stereotipi più arretrati e riduttivi. E’ una bella sfida per la creatività. 6
  • 7. 7
  • 8. 8 Una premessa E’ davvero realizzabile la parità di opportunità tra uomo e donna se non vi è parità di rappresentazione? Non si può negare l’esistenza dei mezzi di comunicazione ed il ruolo che essi svolgono: se è vero che essi sono il racconto della società è altrettanto vero che ne prefigurano i modelli di riferimento per l’immaginario collettivo, sedimentando quotidianamente gli stereotipi vincenti anche per le nuove generazioni. Proporre come “normale” lo stereotipo di donna = accessorio ornamentale, non è un problema delle donne: è una diminutio che riguarda tutta la società.
  • 9. Le nostre identità sono elaborate anche attraverso i prodotti culturali: in altri termini, noi siamo i libri che leggiamo, gli spettacoli cui assistiamo, la musica che ascoltiamo, i film che amiamo, le immagini che guardiamo. Non a caso, la riflessione delle donne torna ciclicamente sulla rappresentazione dei generi nei mass media: perché sappiamo che è cruciale se si vuole smontare il significato corrente dei segni e dei simboli e l’immaginario su cui continua a fondarsi il rapporto uomo/donna. 9
  • 10. 10 I mezzi di comunicazione di massa giocano un ruolo fondamentale nella produzione delle identità. I modelli mediatici funzionano perché sono fonti credibili e attraenti; non sono utili solo a vendere prodotti, ma anche a rafforzare valori e ad insegnare stili di vita. I I mass media negli ultimi decenni sono diventati una fonte importante nelle rappresentazioni dei generi ed esercitano una forte pressione sull’immaginario collettivo. In particolare il messaggio pubblicitario è un deposito di significati sociali ed è stato reso una guida dello stile di vita da seguire. 10
  • 11. La mercificazione del corpo delle donne fa male a tutti Se un’azienda, per vendere un prodotto, lo associa a una donna sensuale e provocante cercando di creare l’illusione che comprando quel prodotto un uomo otterrà quella donna (o ciò che rappresenta simbolicamente, cioè tutto il genere femminile), si offendono al tempo stesso i due generi. La donna perché con il suo atteggiamento di disponibilità è usata come valore aggiunto per il prodotto. L’uomo perché la sua dignità e la sua intelligenza vengono offese. 11
  • 12. L’undicesima musa La comunicazione pubblicitaria è parte integrante della nostra realtà sociale, e fa da specchio alla società. Si fonda sulla promessa della realizzazione dei sogni e dei desideri. E’ lo strumento principale attraverso cui avvengono i processi di significazione degli oggetti, e i mass media nelle nostre case e i muri nelle nostre città sono i canali attraverso cui essa ci persuade ad aumentare costantemente il livello e l’intensità delle nostre attività di consumo. Tutti i tempi della nostra cultura sono condizionati dai ritmi della pubblicità. 12
  • 13. Un’azienda usa il messaggio pubblicitario come arma vincente nel gioco della concorrenza di mercato e pertanto con esso deve: • attirare l’attenzione sulla marca, sulle caratteristiche che differenziano le sue merci dalle altre immesse sul mercato e sui vantaggi che derivano dal loro consumo; • farsi ricordare attraverso un uso efficace delle parole e delle immagini: degli elementi, cioè, che costituiscono il materiale pubblicitario; • far leva su desideri, aspirazioni, pulsioni che il pubblico ha, magari inconsapevolmente. Ovviamente il prodotto più reclamizzato è quello delle aziende che hanno maggiore potenza finanziaria e pertanto diviene il più conosciuto e spesso il più venduto. 13
  • 14. Frammenti di luoghi comuni vecchi e nuovi, concetti condivisi, codici e linguaggi familiari, immagini attraenti, valori accettati da tutti, personaggi vicini alla nostra quotidianità (pur se più belli di noi, più ricchi di noi, più felici di noi), finiscono nei testi pubblicitari che colorano le città e riempiono il nostro mondo percettivo. La pubblicità si prefigge anche di fare cultura. Generare immagini che permeano il nostro quotidiano è una professione, ma anche una grande responsabilità. “La pubblicità deve cercare di affascinare i consumatori, giocando soprattutto sulle capacità d’impatto emozionale e diventando così tutt’uno con la seduzione”. J. Baudrillard, 1987 14
  • 15. Perché la pubblicità genera effetti? • E’ pervasiva: è diffusa con diverse modalità e mediante molti mezzi di comunicazione • E’ ripetitiva: in modo da rinforzare continuamente la stessa idea • E’ attraente: usa linguaggi piacevoli • E’ coerente con l’etica del consumo • Agisce su un’audience sempre meno influenzata dalle agenzie di socializzazione tradizionali 15
  • 16. Da che cosa è attratta l’attenzione? Se si orienta volontariamente l’attenzione verso uno stimolo è perché ha suscitato interesse. Alcuni stimoli hanno maggiori probabilità di risultare interessanti:  stimoli facili da elaborare  stimoli che incuriosiscono  stimoli emozionanti  stimoli personalmente rilevanti
  • 17. Un processo semiotico La pubblicità può essere considerata, nell’attuale cultura sociale, l’attore principale di due processi di trasferimento di significato e valori che avvengono nel medesimo momento: dalla pubblicità al prodotto e da questo al consumatore attraverso l’atto d’acquisto. La pubblicità, cioè, prima estetizza il prodotto, trasformandolo in una qualità desiderabile per il consumatore, poi, una volta che tale qualità è stata trasferita al consumatore mediante l’acquisto, estetizza il consumatore, perché l’esibizione del prodotto posseduto renda l’individuo desiderabile. 17
  • 18. L’era dell’immagine La pubblicità di massa - così come la moda - nasce con la fotografia: da quando cioè la scienza e la tecnologia assicurano la possibilità di catturare e riprodurre immagini del mondo: cosa che fino ad allora era stata a disposizione solo di un pubblico ristretto. Sembra reale, ma è dotata di un enorme potere mitizzante. 18
  • 19. La funzione dell’immagine pubblicitaria Guardare una fotografia è guardare un’immagine, non la realtà. Tra tutte, la pubblicità è la pratica fotografica più costruita che esista. Se devo creare il contesto emotivo che ti persuaderà a comperare la mia merce, nessuno scrupolo di etica dell’immagine o della verità mi fermerà. Nelle pubblicità, le immagini non hanno funzione di descrizione o di riproduzione: sono fotografiche solo perché devono parassitare la reputazione di verosimiglianza che la fotografia ancora possiede. Semmai trasmettono l’occhio con cui la società guarda i soggetti raffigurati.
  • 20. Si può considerare la pubblicità come luogo di comunicazione nel quale le immagini sociali di donne e uomini vengono evidenziate e codificate (attraverso la proposta di immagini “ideali” della donna e dell’uomo) ma anche, per certi versi, create o almeno sostenute. Le immagini pubblicitarie possono essere considerate dunque, al tempo stesso, testimoni dei rapporti di genere e della loro evoluzione, e vettori di diffusione di ideologie relative alle identità di genere. 20
  • 21. La pubblicità si afferma come strumento imprescindibile per il successo di un prodotto, attraverso manifesti e pubblicazioni sui giornali, a partire dall’inizio del XX secolo 21
  • 22. 22
  • 23. I primi autori di cartellonistica riuscirono a coniugare con raffinatezza arte pittorica e funzione pubblicitaria 23
  • 24. 24
  • 25. 25
  • 26. 26
  • 27. 27
  • 28. Fare pubblicità è un’arte, e talvolta imita l’arte 28
  • 29. 29
  • 30. Seduzioni La pubblicità è uno specchio magico del sociale: lo riflette sotto la luce del consumo. La seduzione della pubblicità mette in scena un immaginario tutto al positivo, siglandolo volta per volta con una delle marche presenti sul mercato. In questo gioco di rispecchiamento che tutto trasfigura e bonifica, il corpo è il grande protagonista. Che sia alluso ed evocato o, come più spesso succede, direttamente raffigurato, esso è sempre presente a significare la desiderabilità delle merci, a incarnare quel principio di piacere che la pubblicità celebra e ritualizza in ogni atto di consumo. 30
  • 31. Gli esordi “Dai primi anni del secolo fino alla ricostruzione industriale, il corpo in pubblicità assume una funzione poetica e si propone come elemento grafico e pittorico volto a sollecitare la complicità di un destinatario colto e privilegiato. È un corpo 'astratto' e 'disincarnato', un insieme di linee e colori, tanto affascinanti quanto irreali e fantastiche, che risentono dell'influenza delle correnti artistiche del tempo: dallo Jugendstil, al futurismo, al Bauhaus.” dalla voce “Pubblicità”, di P. Righetti, in Enciclopedia Treccani 31
  • 32. Funzione di socializzazione I messaggi pubblicitari partecipano alla definizione della nostra identità e del nostro ruolo all’interno della società, mostrandoci i modelli da seguire; contribuiscono in particolare alla costruzione e alla rappresentazione della nostra identità di genere, che è una componente sociale importante. L’identità di genere non è innata, ma acquisita. I comportamenti di genere sono rappresentazioni del rapporto uomo-donna culturalmente riconosciute e condivise. Risulta innegabile che la pubblicità faccia parte di quelle tecnologie che concorrono alla costruzione del genere. 32
  • 33. La pubblicità ha un ruolo attivo nei processi di legittimazione delle disparità sociali Con “politico” non dobbiamo intendere qui i meccanismi elettivi, i sistemi partitici, bensì la capacità della pubblicità di influenzare l’opinione pubblica, di modellare il pensiero e i sistemi di credenze, e la capacità di interferire con la nostra consapevolezza sociale, modificando la percezione stessa della realtà, attraverso stereotipi di genere, di razza, di orientamento sessuale, di generazione. 33
  • 34. Un lungo processo, cominciato … 34
  • 35. … con una certa eleganza 35
  • 36. Quando la pubblicità si chiamava réclame 36
  • 37. 37
  • 38. … anche se non mancavano le allusioni erotiche 38
  • 39. 39
  • 40. Anni ‘50: amarcord di un’Italia che non c’è più 40
  • 41. Cominciano a comparire le prime pin up 41
  • 42. Anni ‘60: la rinascita del Paese 42
  • 43. 43
  • 44. Le prime donne autonome 44
  • 45. (nel 1916 era stato scandalo!) 45
  • 46. Negli anni‘60 il boom economico segna la nascita di un fenomeno storicamente nuovo, noto col nome di società dei consumi. La disponibilità di beni di consumo, spesso superflui, crea l’illusione di una ricchezza alla portata di tutti. Tale illusione è destinata a produrre una trasformazione radicale nei comportamenti e nello stile di vita degli italiani, con conseguenze ancora visibili e forti. 46
  • 47. Era questo il massimo del nudo consentito 47
  • 48. Anni ‘70: le prime trasgressioni 48
  • 49. con qualche timido doppio senso 49
  • 50. Una storia particolare: Oliviero Toscani Il noto fotografo cominciò la carriera di provocatore sdoganando il lato B in primo piano sui cartelloni pubblicitari negli anni ‘70: il “Chi mi ama mi segua” del micro-jeans avvolto sulle forme della modella Donna Jordan scandalizzò la magistratura, la Chiesa, la politica, perfino Pier Paolo Pasolini. Le giovani donne trasformarono il marchio Jesus in un simbolo di rottura e contestazione. E Toscani continuò di provocazione in provocazione, fino alle dodici vagine, una al mese, piazzate su un calendario per vendere la “Vera pelle italiana conciata al vegetale” che ha suscitato aspre critiche tra le donne di tutte le età. 50
  • 51. La pubblicità crea modelli I modelli pubblicitari funzionano perché sono fonti credibili e attraenti, e quindi non sono utili solo a vendere prodotti ma, potenzialmente, anche a rafforzare valori e ad insegnare stili di vita. Se un mezzo di comunicazione di massa filtra una descrizione del genere femminile legata ad un ruolo sessuale degradato o a tratti che minano la sua dignità personale, i comportamenti di ambedue i sessi ne rimarranno fortemente influenzati. 51
  • 52. Una denuncia che per una volta non arriva da gruppi di donne, ma da coloro che la pubblicità la creano ogni giorno, diffondendo non solo la conoscenza di questo o quel prodotto, ma anche culture e modelli sociali in cui la gente, volente o nolente, tende a riconoscersi. 52
  • 53. Quanta pubblicità produciamo in Italia? La società Nielsen stima che vengano prodotte e diffuse ogni anno, tra mass media classici (stampa, tv, affissione, radio, cinema) e internet, 80-100.000 campagne pubblicitarie diverse. A questa massa va aggiunta tutta l’enorme quantità di materiali promozionali che non vengono veicolati dai mass media: cartelli da banco e da vetrina, volantini, locandine, manifesti e segnaletica promozionale per i punti-vendita, striscioni, depliant . Poiché ogni campagna pubblicitaria è di norma accompagnata dalla produzione di diversi materiali promozionali, una realistica e cauta stima globale può considerare qualcosa come 400.000 “pezzi” di pubblicità prodotti ogni anno. Più di mille al giorno. 53
  • 54. Una responsabilità «Se è etico far girare l’economia di un Paese, è altrettanto etico fare della pubblicità, che è un meccanismo della produzione tanto quanto lo sono le macchine che creano un oggetto o lo portano fino al supermercato. Ma il modo in cui la pubblicità è fatta, il messaggio che trasmette, incide profondamente sulla società. Si parla tanto di responsabilità sociale dell’impresa, la si applica alle aziende che fanno formaggini o automobili, ma nessuno si preoccupa di applicarla alle imprese dei media che pure hanno un’influenza enorme sulla mente delle persone». Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, lancia così l’allarme su modelli sociali e familiari, che gli spot trasformano in fenomeni di massa. 54
  • 55. L'Art Directors Club Italiano (la libera associazione dei creatori di contenuti) 55
  • 56. Un difficile dosaggio Come conciliare la bellezza dell’immagine femminile prestata all’esaltazione della seduzione e rivolta alle donne, con la stessa immagine consegnata allo sguardo maschile attraverso la volgarità di una rozza fascinazione che si riversa su una moto, una caffettiera, un divano? Occorre usare gli stereotipi con attenzione e consapevolezza, sempre chiedendosi se una soluzione alternativa non sia possibile – e migliore. 56
  • 57. Ad esempio, se si pubblicizzano mutande o reggiseni, o se si promuovono campagne sociali come la prevenzione del tumore al seno, ha senso inserire nella pubblicità un seno o un fondoschiena, poiché l’immagine riportata è pertinente con il prodotto sponsorizzato. Quando invece si pubblicizza una macchina, una marca di formaggini o una compagnia telefonica, il corpo della donna non c’entra nulla con il prodotto. Il suo utilizzo è quindi improprio e comunica al pubblico messaggi sessisti, scollegati dal contesto e dall’oggetto in questione. 57
  • 58. 58 58
  • 59. 59
  • 60. 60
  • 61. Trent’anni dalla parte del torto 61
  • 62. Facevamo finta di non vedere e sorridevamo imbarazzati, perché non volevamo apparire antichi di fronte al moderno che avanzava veloce. 62
  • 63. 63
  • 64. 64 64 Una delle poche indagini comparative che ha analizzato l’immagine della donna in dieci paesi europei (Austria, Francia, Grecia, Inghilterra, Italia, Montenegro, Paesi Bassi, Serbia, Slovenia, Svezia; per l’Italia i dati sono stati raccolti dal CENSIS nel 2006), Women and media in Europe, ha posto l’Italia nelle ultime posizioni, insieme con la Grecia, per quanto riguarda la presenza di una cultura sessista. Il rapporto definisce l’Italia un paese “in resistenza”, in cui la rappresentazione stereotipata della donna è considerata un tratto antropologico così radicato che non si pensa valga la pena di contrastarlo con politiche evolutive.
  • 65. 65 65 Sessismo non equivale al discorso sui rapporti sessuali tra le donne e gli uomini. Sessismo è sinonimo di discriminazione di genere, di ridicolizzazione di genere, di svalutazione di genere, di sfruttamento di pulsioni oggettivanti che mettono la figura della donna al centro di un triste calcolo di vendite e di mercato. L’oggettivazione sessuale si verifica quando delle parti fisiche o delle funzioni di una donna sono separate dalla sua persona, ridotte allo stato di mero strumento, guardate come se fossero capaci di rappresentarla.
  • 66. Il sessismo: c'è chi lo riconosce e chi no. C’è chi pensa, parla e agisce per contrastarlo e chi per preservarlo. C’è chi fa l’indifferente, perché gli va bene così. Così c’è chi organizza la tratta delle donne e chi la combatte. Chi non l’organizza, ma fa il cliente. 66
  • 67. Un’ossessione contemporanea Nella società contemporanea, popolata dagli oggetti più disparati, si tende ad enfatizzare il significato del corpo. La pubblicità è diventata un’orgia visiva a una sola dimensione … il corpo è l’ossessione della pubblicità occidentale, con un’accentuazione speciale in Italia. Corpi femminili seminudi, dovunque. Immagini ai limiti della pornografia campeggiano in ogni spazio pubblico, sono approvate e vengono scambiate per libertà d’espressione. Perché non vengono vissute come preoccupanti e aggressive? 67
  • 68. Il corpo umano, anche scoperto, non è volgare, non è qualcosa di cui vergognarsi o da censurare. Lo è la sua mercificazione, il modo in cui esso viene usato. Sfruttare il corpo di una donna (o peggio, una sua parte) e usarlo come specchietto per le allodole per vendere è discutibile. Non è la presenza di modelle più o meno nude a determinare di per sé una lesione alla persona, ma l’uso del loro corpo e il senso della posa e dell’atteggiamento, troppo spesso ammiccanti ed evidentemente allusivi a una disponibilità sul piano sessuale. 68
  • 69. Una malintesa libertà sessuale ci ha consegnato una sessualità dove il corpo non si fa segno di nessuna intersoggettività, dove l’intimità dell’altra persona non ha bisogno di essere attraversata e compresa, perché la soddisfazione del godimento è ad automatica portata di mano e non richiede la fatica di una relazione. L’orizzonte esistenziale che ne deriva è povero, costellato di rapporti senza valore. 69
  • 70. Da una pronuncia del Giurì degradante della persona non è la bellezza dell’uomo o della donna destinata dall’inserzionista a suggerire, nella comunicazione commerciale, il pregio del prodotto reclamizzato, ma diventano degradanti la condotta, la postura dell’uomo o della donna o il contesto narrativo della comunicazione nella quale la bellezza del corpo è inserita. 70
  • 71. Un modello indimostrato Dietro c’è una rappresentazione degli interessi e desideri degli uomini. Si presume che a loro piaccia una donna attraente ma arrendevole, e che quindi la loro sessualità debba essere “machista”, dominatrice. Vengono legittimati a occupare la posizione di giudice di bellezza, di beneficiario di favori sessuali, di soggetto che avanza richieste o che addirittura abusa del corpo femminile, trattandolo come un accessorio. L’umiliazione di un genere colpisce anche l’altro. 71
  • 72. Laurie Penny Meat Market. Carne femminile sul banco del capitalismo 72
  • 73. Un contributo che le scienze sociali che studiano i media potrebbero portare al risanamento dello spazio pubblico è alimentare la capacità di interrogarsi sulle condizioni di un discorso che non sia legittimante rispetto alle mode del momento. Mai come ora questo compito è apparso urgente, mai come ora si è dimostrato difficile. 73
  • 74. Una distinzione Innanzitutto è fondamentale distinguere tra pubblicità per, funzionale e utile alla donna come persona, mirata al benessere fisico, alla conoscenza e alla cura del proprio corpo, al sentirsi bene con se stessa, e pubblicità con, nella quale la figura femminile, funzionale al messaggio pubblicitario, è solo uno strumento per il lancio del prodotto che con la donna-persona ben poco ha a che vedere. 74
  • 75. Molte autrici documentano come in pubblicità le figure femminili siano guardate con occhi di maschio: un osservatore implicito ma attivo. E’ lui che attribuisce alla donna identità sociale. 75
  • 76. Molte sono state le immagini della donna proposte dalla pubblicità nell’ultimo secolo: c’è stato il tempo delle bambole, quello delle maggiorate, quello delle silfidi, delle vipere, delle vamp, delle miss, delle gioiose massaie, delle emancipate, e via proseguendo fino alle intraprendenti donne in carriera. Tutte immagini stereotipate, tratte soprattutto dall’esperienza e dall’immaginario degli uomini. 76
  • 77. Ovunque la figura femminile, distolta da qualsiasi dimensione soggettiva ed esperienziale, diviene puro segno al servizio del commercio Presenta il prodotto o è il prodotto? 77
  • 78. Variazioni sul tema • La donna presenta il prodotto • La donna è il prodotto • La donna si compra con il prodotto 78
  • 79. Da ieri a oggi … pubblicità regresso! 79
  • 81. Oggi, creativi poco creativi Dalla pubblicità su strada a quella in tv, le donne oggi si trovano intrappolate in due stereotipi: o casalinga e madre felice di pulire la casa e di accudire figli e marito, o corpo giovane, bello e soprattutto disponibile. La frequenza e la ripetitività di questi soli due modelli fa dell’Italia un caso di studio. La pubblicità e i media non creano più nulla, ma si ostinano a ripetere lo stesso cliché, sempre più nevrotizzato. La donna del terzo millennio ha il seno rifatto, è più svestita e più esplicita, è solo un richiamo erotico, un oggetto, un corpo anonimo da possedere. 81
  • 82. 82
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  • 87. Gli stereotipi Per loro natura gli stereotipi di genere hanno un doppio carattere: definiscono ciò che sono le persone, ma anche come dovrebbero essere; creando aspettative differenti per i comportamenti maschili e femminili, finiscono con l’avere una funzione normativa … nel prefigurare un certo tipo di comportamento come più desiderabile per un genere anziché per un altro Gli stereotipi ostacolano il cambiamento 87
  • 88. Il corpo delle donne è utilizzato dalla pubblicità sia per biancheria intima, creme rassodanti, profumi e make-up, che per vendere bibite, viaggi, auto e qualunque altra merce. Col nudo femminile “si va sul sicuro”. È il mercato che ce lo chiede, dicono i responsabili marketing dei giornali, le aziende e le agenzie pubblicitarie, innescando il circolo vizioso fra la domanda e l’offerta: più corpo la gente chiede, più gliene diamo. Ma più se ne dà, più ne sarà chiesto, naturalmente. 88
  • 89. Una strada percorsa al contrario C’erano un tempo i calendarietti profumati del barbiere, i poster per camionisti … delegittimati nella cultura diffusa. Ora le immagini degradate campeggiano in ogni spazio pubblico, e sono proposte a modello. 89
  • 90. 90
  • 91. 91
  • 93. Un precedente famoso … è nel pieno degli anni ‘70 che cominciano a comparire le immagini di corpi femminili ad alto contenuto erotico. Salvi Stubing, la bionda vestita da marinaretta che arriva dal Nord a dichiarare la sua spudorata - per quei tempi - disponibilità nel bel mezzo del pudico Carosello, è la prima di una lunga e fortunata serie di belle donne che hanno fatto sognare mezza Italia 93
  • 94. Lo slogan che identificava donna e oggetto (Chiamami Peroni … sarò la tua birra) è stato recentemente rivisitato in una pubblicità televisiva dell’auto Giulietta di Alfa Romeo: Guardami, toccami, accarezzami, sussurrami, prendimi, scuotimi, incitami, venerami, esaltami, sentimi, proteggimi, criticami, lasciami, amami, rilassami. Io sono Giulietta. Prima di parlare di me, provami. 94
  • 95. Birra = bevanda maschile E allora la donna / birra viene marchiata come un animale 95
  • 96. 96
  • 97. 97
  • 98. In alcuni casi la presenza dell’uomo è solo accennata… 98
  • 100. 100
  • 102. Il rum si vende con donne senza volto, ridotte a semplici parti del corpo erotizzate, sensuali, umide, abbronzate. Non si vende il sapore o la qualità, si vende il sesso che evoca il concetto di divertimento declinato al maschile. 102
  • 103. 103
  • 104. Ogni bevanda alcolica si vende così 104
  • 106. Un altro cliché vecchio e banale: donne e motori 106
  • 107. Che cos’è? accessorio in dotazione? 107
  • 108. 108
  • 109. 109
  • 110. 110
  • 112. L’automobile come protesi della virilità 112
  • 113. 113
  • 114. 114
  • 115. Motor show o body show? 115
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  • 125. Non è una novità, ma … 125
  • 126. … dal 1920 al 2010 126
  • 127. 127
  • 128. Oggi esiste la professione di Umbrella Girl 128
  • 129. 129
  • 130. 130
  • 131. Pubblicizza un raduno di motociclisti precisando che del menu fa parte il lavaggio sexy, cioè una procedura che vede una ragazza condividere con una moto la condizione di far da bersaglio a getti d’acqua e di schiuma 131
  • 132. Anche nelle competizioni motociclistiche internazionali le grazie delle ragazze ombrello vengono vendute a caro prezzo agli sponsor 132
  • 133. Ducati: “Che mondo dei motori sarebbe senza la fantastica presenza delle ragazze ombrello, o ombrelline che dir si voglia, delle sexy girl, delle standiste e di tutte le bellezze femminili in genere che circondano e incorniciano meravigliosamente il mondo dei motori?” 133
  • 134. 134
  • 135. Anche la benzina, per contiguità … 135
  • 136. Gli uomini guardano le donne. Le donne guardano se stesse mentre sono guardate Sulla base di questa considerazione … 136
  • 137. Continuamente sotto lo sguardo degli altri, le donne sono condannate a provare costantemente lo scarto tra il corpo reale, cui sono incatenate, e il corpo ideale cui si sforzano senza sosta di avvicinarsi. «Confinando le donne allo status di oggetti simbolici, che sempre saranno guardati e percepiti dall'altro, il dominio maschile le colloca in uno stato di costante insicurezza. Dovranno lottare senza sosta per risultare attraenti, belle e sempre disponibili». Pierre Bourdieu - Il dominio maschile 137
  • 138. Che cosa desiderano gli uomini quando dicono di desiderare noi? 138
  • 139. 139
  • 140. Che tipo di ironia li fa ridere? 140
  • 141. Si scherza persino sul femminicidio 141
  • 142. Siamo sicuri che sia creativa? "Il corpo della donna in pubblicità: la scorciatoia preferita per chi è a corto di idee" dal blog di Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors Club Italiano 142
  • 143. Esponendo un nudo si può pubblicizzare qualunque merceologia 143
  • 144. 144
  • 145. 145
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  • 176. 176
  • 177. 177
  • 178. Un Natale da casa di tolleranza. Ma le acquirenti di Yamamay non sono donne? 178
  • 179. Non si sottrae nemmeno la Befana 179
  • 180. … né il mondo dei giocattoli 180
  • 181. Nudo è bello? No, è banale Il più delle volte serve a portare alla ribalta prodotti del tutto anonimi, uguali a tanti altri, o aziende locali a corto di immaginazione e di cultura. 181
  • 182. 182
  • 183. 183
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  • 200. 200
  • 201. 201
  • 202. 202
  • 205. 205
  • 206. 206
  • 207. 207
  • 211. Ha una borsetta o è un rettile? 211
  • 212. Trasformare una donna in un oggetto significa deumanizzarla. In questo modo la violenza diventa, in qualche modo, giustificata: non sto “picchiando” una persona, ma sto prendendo a calci un oggetto. 212
  • 213. Una passione per il vetro 213
  • 214. Perché è nuda ma ha le scarpe? 214
  • 216. Che c’entra il caffè? 216
  • 217. 217
  • 218. … e la pasta? 218
  • 219. … e i sottaceti? 219
  • 220. … e i pannelli solari? 220
  • 221. … e le olive? 221
  • 222. … e il vino? 222
  • 223. 223
  • 224. 224
  • 225. 225
  • 226. 226
  • 227. … e le tisane? 227
  • 228. … e i cioccolatini? 228
  • 229. … e il pollo? 229
  • 230. … e il grano? 230
  • 231. … e il prosciutto? 231
  • 232. … e il gelato? 232
  • 233. … e i distributori di caffè? 233
  • 234. … e le biciclette? 234
  • 235. … e le sigarette elettroniche? 235
  • 236. … e i biglietti da visita? 236
  • 237. … e gli infissi? 237
  • 238. … e gli occhiali? 238
  • 239. … e le lenti a contatto? 239
  • 240. … e le borse per computer (Kraun)? 240
  • 241. … e un ristorante? 241
  • 242. In provincia di Padova 242
  • 243. … e i telefonini, oggetti-principi del desiderio? 243
  • 244. 244
  • 245. 245
  • 246. 246
  • 247. 247
  • 248. 248
  • 249. 249
  • 250. 250
  • 251. 251
  • 252. Le maggiori compagnie telefoniche nazionali azzerano ogni idea di differenziarsi cimentandosi, quali che siano le offerte e i prodotti da pubblicizzare, in un’assurda gara di modelle variamente discinte e scosciate 252
  • 253. … e le biciclette? 253
  • 254. … e le compagnie aree? 254
  • 255. … e le messaggerie? 255
  • 256. (dopo le proteste la gonna si è allungata, ma il messaggio è rimasto lo stesso) 256
  • 257. … e i gommoni? 257
  • 258. … e i caminetti? 258
  • 259. Ma è Intimissimi uomo! 259
  • 260. Almo Nature mangime naturale per cani e gatti 260
  • 261. 261
  • 262. Donne come galline … 262
  • 263. Una rivista free di Palermo 263
  • 264. Anche oltre confine (Montecarlo) non scherzano! 264
  • 265. 265
  • 267. 267
  • 268. Come si può scherzare sulla bulimia? 268
  • 269. 269
  • 270. 270
  • 271. 271
  • 272. Nude e crude: corpi senza donne 272
  • 273. Deumanizzazione Numerose ricerche dimostrano che maggiore è l’esposizione di donne e ragazze a messaggi sessualizzanti e oggettivizzanti, minori saranno le loro aspirazioni e prestazioni, e maggiore il disagio psicologico, soprattutto sotto forma di disordini alimentari. Quando sono gli uomini ad essere esposti ad immagini di donne (o, ahimé, bambine) sessualizzate e oggettivizzate, come nella pornografia, aumenta la disistima per le donne e la violenza nei loro confronti viene ulteriormente legittimata. 273
  • 274. 274
  • 275. 275
  • 277. 277
  • 278. Il volto è superfluo 278
  • 281. 281
  • 283. 283
  • 284. 284
  • 285. Il prototipo voleva essere tenero … Per una sommaria cronologia dell’esposizione dei culi femminili possiamo iniziare dalla pubblicità della Coppertone negli anni ‘60 285
  • 286. E’ facile identificare nella réclame di slip e tanga Roberta il primo culo “scoperto” a larga diffusione nazionale. È quello della giovanissima Michelle Hunziker e viene offerto allo sguardo di improbabili acquirenti maschi: negli anni ‘80 improvvisamente tappezza intere città, muri e tabelloni pubblicitari in tutto il Paese. 286
  • 287. A distanza di anni 287
  • 288. Continua negli anni ‘90 288
  • 289. 1993 Inquadrature dal basso anche nel famoso commercial Martini, definito «il culo più amato dagli italiani». Appartiene a Charlize Theron, ed è utilizzato non come usuale elemento di adescamento, ma per sancire la vittoria in un rapporto di potere fra uomini. 289
  • 290. … ciò che è venuto dopo è solo volgare 290
  • 291. Censura? «È un’altra cosa. Bisogna cercare il punto di equilibrio fra la libertà d’espressione e il rispetto della dignità delle donne, troppo spesso offesa da un eccessivo uso del loro corpo a fini politici o commerciali», si augura Valente. Ttt Lines replica con il suo responsabile commerciale, Marco Maiorano: «È una campagna dal tono allegro. Nulla di spinto. Non pensavamo di offendere, abbiamo fatto molta attenzione durante la fase di realizzazione. Se ce ne fosse bisogno, siamo pronti a mettere in campo i nostri legali per opporci alla rimozione».
  • 292. con una stanca reiterazione 292
  • 293. 293
  • 294. 294
  • 295. 295
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  • 322. 322
  • 323. 323
  • 326. Un po’ di esotismo non guasta Negli ultimi anni le dinamiche del mercato della prostituzione hanno mostrato che la variazione dell’offerta aumenta la domanda 326
  • 327. 327
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  • 333. I culi sono più di uno, con headline sullo stesso tono: Slip oggi, chiacchiere domani 333
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  • 343. 343
  • 344. Nei RistorAgip in autostrada 344
  • 345. Pubblicato anche da Famiglia cristiana! 345
  • 346. E a sostegno di un candidato del Pd … 346
  • 347. 347
  • 348. "Le foto del tuo sedere sono più belle se ritoccate con Instagram, mandacele", questa la presentazione di un gruppo su Facebook dedicato alla raccolta di fotografie con un unico tema. 348
  • 349. Dopo le proteste scaturite dalla presenza da questo cartellone nel cortile di una scuola elementare, l’immagine è stata rimossa. Una mamma: «Siamo soddisfatte». La maestra: «I bambini ne parlavano tra loro» 349
  • 350. Questa azienda però è recidiva 350
  • 351. Un fenomeno degno di studio 351
  • 352. Lo sdoganamento della trivialità Voci di maschi autorevoli hanno detto in sedi pubbliche: Le donne stanno sedute sulla loro fortuna Ha un culo che parla e tanto basta In un passato anche recente, non se lo sarebbero potuti permettere! 352
  • 353. Altri pezzi di donna: quelli che contano 353
  • 354. 354
  • 355. 355
  • 356. 356
  • 357. Molto criticati ma recidivi 357
  • 358. 358
  • 359. L’abbinamento donna - mozzarella è un must! 359
  • 360. 360
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  • 386. 386
  • 387. Su che cos’altro si può puntare? 387
  • 388. Morale della favola: il premio in palio è un intervento del chirurgo plastico 388
  • 389. Non è grave se, per pubblicizzare un gelato, viene utilizzata l’immagine di una bocca femminile, ma l’umiliazione che viene provocata in chi guarda, nell’utilizzare SEMPRE e SOLO bocche femminili per pubblicizzare qualsiasi sorta di prodotto , è evidente. 389
  • 390. Dal ginecologo con la borsetta? 390
  • 391. 391
  • 392. 392
  • 393. Poca differenza dalla pornografia 393
  • 394. 394
  • 395. 395
  • 396. Donne e patate “ Io di patate ne ho viste tante. Gustose, fragranti. Non ce la faccio a stare senza, le ho provate tutte… Fidati di uno che le ha provate tutte, Amica Chips è la migliore” Il noto marchio ci riprova con il solito utilizzo della banale ambiguità della parola patata ma questa volta proponendo una sorta di concorso di bellezza, “Miss Patata”, creato tramite l’utilizzo di facebook dove gli utenti mediante il “mi piace” esprimono la loro preferenza che porterà alla proclamazione della “patata regina”. 396
  • 397. 397
  • 398. 398
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  • 424. 424
  • 425. I nuovi (?) calendari Il Consorzio toscano “Vera pelle italiana conciata al vegetale” con lo scopo (si presume) di far conoscere un prodotto artigiano nazionale di qualità, ha commissionato al noto fotografo Oliviero Toscani un calendario corredato da fotografie in primo piano di 12 pubi femminili, di donne o di ragazzine: nient’altro che pelle e pelo, anzi, come scrive Toscani stesso nella presentazione del calendario, 12 “magnifiche tarte au poil “ (torte al pelo). Il giornale Rolling Stones l’ha distribuito in allegato. Lo Iap, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, ha preso posizione contro il calendario. 425
  • 426. Anche le griffes … Dal profumo ai gioielli, dagli orologi alle scarpe, le grandi firme ricorrono a immagini sexy per attirare l'attenzione 426
  • 427. 427
  • 428. 428
  • 429. 429
  • 430. 430
  • 431. 431
  • 433. 433
  • 434. Tom Ford è un marchio che insiste su immagini allusive 434
  • 435. 435
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  • 450. 450
  • 451. E le sedi decentrate delle università … basta avere un bel corpo e si fa strada anche nel percorso di studi? 451
  • 452. 452
  • 453. oltre che le associazioni studentesche 453
  • 455. Scambio di materiali didattici tra studenti 455
  • 459. 459
  • 460. 460
  • 462. 462
  • 463. 463
  • 464. Sugli autobus di Milano, lo stile calendario Pirelli 464
  • 465. Per le strade di Roma 465
  • 466. 466
  • 467. … per vendere, anche i giornali progressisti 467
  • 468. … e i partiti progressisti Nella versione maschile l’aria nuova fa svolazzare la cravatta di un uomo, che viene rappresentato nella parte superiore del corpo e in modo professionale, bello inamidato e vestito. Nella versione femminile del manifesto invece si rappresenta la sola parte inferiore del corpo di una donna che con le mani cerca di coprirsi le gambe e di abbassare una leggera gonna rossa sollevata dal vento del cambiamento, in una posa ammiccante neanche fosse una novella Marilyn Monroe. 468
  • 469. In campagna elettorale … Treviso 469
  • 470. … e gli imprenditori: il corpo femminile come contenitore 470
  • 471. Anche nel web Se digiti su Google “giornalisti”: appaiono i siti dell’Ordine e della Federazione “giornaliste”: cercansi giornaliste sexy per pornotv; le giornaliste più sexy della tv 471
  • 472. 472
  • 473. 473
  • 474. 474
  • 475. 475
  • 476. Le donne sono “a disposizione”, e lo scopo è sempre lo stesso gadgettistica disponibile sul mercato della felicità Si rappresenta il genere femminile come un esercito di prostitute e gli uomini come un esercito di utilizzatori finali. Tutto questo torna a presupporre l’argomento principe, il secolare territorio di contesa: il corpo 476
  • 477. 477
  • 478. Da secoli si dibatte sulla triste, rozza ma ricorrente abitudine maschile a risolvere i propri problemi di relazione con le donne ricorrendo al sesso a pagamento; sulla diffusa incapacità maschile, in tante situazioni e rapporti, a cimentarsi con donne non subalterne. È questo l’esito delle fatiche che donne e uomini di più generazioni hanno sopportato per poter vivere come eguali nella vita pubblica e in quella privata? 478
  • 479. La pornografia non è più una trasgressione marginale, ma è il veicolo per eccellenza dello scambio di merci 479
  • 480. 480
  • 481. 481
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  • 486. 486
  • 487. 487
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  • 489. Donne tutte uguali, scambiabili 489
  • 490. 490
  • 491. 491
  • 492. Per ricordarti chi è hai bisogno di un post-it 492
  • 493. L’emarginazione che le donne hanno conosciuto per secoli è stata sostituita con un’integrazione pagata al prezzo di una spoliazione di se stesse. L’Io diventa anch’esso un prodotto, un oggetto di consumo che si acquista senza fatica in un centro commerciale. 493
  • 495. 495
  • 496. 496
  • 497. 497
  • 498. E lo slogan è il più povero, il più volgare 498
  • 499. 499
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  • 517. Un tocco di saffismo 517
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  • 520. 520
  • 521. Al culmine della volgarità 521
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  • 524. 524
  • 525. La divisione del lavoro 525
  • 526. E un negozio di Napoli si è autocensurato… 526
  • 528. 528
  • 529. Iniziativa provocatoria di un’agenzia di casting 529
  • 530. 530
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  • 536. 536
  • 537. E’ questa l’immagine di donna che trasmettono i pubblicitari? 537
  • 538. Il nostro non è un intento di stampo moralista. Non ci siamo mai battute contro il nudo e la sessualità. Anzi, riteniamo che questi siano profondi tabù sociali, e che la malizia spesso presente in pubblicità, che si tratti di uomini o di donne, sia conseguenza diretta di negazioni e frustrazioni vissute nel quotidiano. Il sesso è bello, il sesso è importante Fa parte di noi. Della nostra vita. Nutre la nostra immaginazione in mille modi diversi … ma quando viene utilizzato in modo così volgare e inutile, non sembra di assistere a uno spreco? 538
  • 539. È tutta colpa dei media e dei falsi modelli che trasmettono? O i media fanno da cassa di risonanza, amplificatori di una questione che è prima di tutto sociale e culturale, insita nel nostro vivere quotidiano e nel nostro sentire comune? È possibile che non ci siano modelli alternativi che valga la pena trasmettere e diffondere, soprattutto per le nuove generazioni? 539
  • 540. 540
  • 541. Ma a quali uomini si rivolgono? Le donne parlano Ma il silenzio degli uomini sugli uomini non è preoccupante? Dietro ogni rappresentazione volgare della donna si presuppone l’esistenza di un uomo ridotto a un desiderio bulimico e coatto, schiacciato nella dimensione del consumo, che non solo prescinde dalla relazione ma quasi ha bisogno di negarla Aspettiamo, pubblica e visibile, una parola maschile 541
  • 542. Gli stereotipi sono lesivi della dignità della donna, ma anche di quella dell'uomo, ridotto e umiliato in una rappresentazione animale e machista Molti nostri compagni hanno percorso strade diverse rispetto ai modelli che furono dei loro nonni, hanno esperito diversi livelli di libertà e di coscienza, rapporti più sapienti con il proprio corpo Perché le esperienze private non diventano voce pubblica? Perché i maschi accettano che li si rappresenti così? Proprio tutti si identificano con i tronisti? Perché non rifiutano di essere schiacciati nella stupida scelta “o puttaniere o gay”? Il riscatto può passare anche per la testa degli uomini 542
  • 543. Se nella società contemporanea lo scopo delle donne fosse conquistare un uomo che le mantenga per poi figliare, se l’obiettivo degli uomini fosse scegliere una donna da mantenere per potersi riprodurre e la scelta si giocasse tutta sull’aspetto fisico, identificare la donna con il suo corpo e considerare il corpo esclusivamente un’arma per sedurre avrebbe senso. È evidente che nella società contemporanea uomo e donna non sono questo. Perché, allora, lo sguardo maschilista persiste e condiziona ancora il nostro immaginario, le nostre azioni, le scelte, la psiche, i click? 543
  • 544. Nuovo canale Sky per uomini: si può accettare questo slogan? 544
  • 545. Gli uomini si sono costruiti da soli le loro gabbie 545
  • 546. Gli uomini non sono tutti maniaci sessuali e le donne non sono tutte disponibili al sesso senza voglia. Sessismo non significa rappresentazione di scene dirette o allusive al sesso, ma è sinonimo di discriminazione, di ridicolizzazione, di svalutazione di genere, di sfruttamento di pulsioni oggettivanti che mettono la figura della donna al centro di un calcolo di vendite e di mercato. Qui non stiamo parlando del sesso privato. Stiamo parlando di una paccottiglia pubblica di riferimenti grotteschi e volgari, che filtrano lentamente nella nostra testa andando ad alimentare, in un vorticoso corto circuito, il pensiero unico. 546
  • 547. Che relazioni umane suggeriscono? Dopo aver visto contenuti oggettivanti, gli uomini sono più pronti a pensare alle donne come oggetti sessuali e a trattarle di conseguenza. 547
  • 548. 548
  • 549. 549
  • 550. Il mortadello e la mortadella 550
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  • 562. 562
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  • 565. 565
  • 566. 566
  • 567. La campagna del marchio di moda Suit Supply 567
  • 568. 568
  • 569. Se è lui, è figo; se fosse lei, sarebbe puttana 569
  • 570. 570
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  • 574. 574
  • 575. Spagna. L’Istituto Donna (organismo del Ministero del lavoro), i Verdi e alcune associazioni di consumatori hanno chiesto il ritiro di questa campagna 575
  • 576. ma gli altri marchi non sono da meno 576
  • 577. 577
  • 578. Una sessualità da incubo 578
  • 579. Vietata a Roma e a Napoli, perché offende … la polizia 579
  • 580. tuttavia a Roma … 580
  • 582. 582
  • 583. Non è migliore la moda dell’uomo oggetto 583
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  • 585. 585
  • 586. 586
  • 587. 587
  • 588. Qui vediamo un uomo nudo in una posizione di passività, utilizzato come decorazione e avvolto da una carta-regalo. Il consumismo esasperato svilisce i nostri corpi relegandoci alla stregua di schiavi. 588
  • 589. 589
  • 590. 590
  • 591. Fantasie di donne dominanti 591
  • 593. Lasciare spazio alle donne non significa umiliare o metter da parte gli uomini: perché si continua ad avere questa visione? 593
  • 594. 594
  • 595. 595
  • 596. 596
  • 597. 597
  • 598. 598
  • 599. 599
  • 600. Servire il sushi sul corpo di ragazze nude. Questa è la nuova moda che sta sbarcando nei ristoranti d’Europa 600
  • 601. 601
  • 602. C’è il dominio del maschio, ma anche la malinconia di una sessualità maschile incapace di riconoscere la possibile ricchezza del proprio desiderio 602
  • 603. Un tuo amico dice: “Senti questa barzelletta, è divertente”. Sorridi e ti aspetti di fare una bella risata, invece ti trovi ad ascoltare una barzelletta umiliante per le donne. Le descrive come incompetenti, deboli, continuamente isteriche, oppure come semplici strumenti sessuali. Molte barzellette parlano di cose terribili come lo stupro in un modo “scherzoso”. Il sorriso ti si è gelato sulle labbra e ti senti a disagio; sai che tutto questo non è giusto. Vorresti dire qualcosa ma ti sembra che agli altri uomini presenti la barzelletta sia piaciuta. Sorridono e tu non vuoi fare il guastafeste. Ma forse, forse, forse, alcuni di loro stanno pensando le stesse cose che pensi tu; forse quel sorriso che hanno stampato in faccia è imbarazzato quanto il tuo. 603
  • 604. Per non parlare della trash tv! 604
  • 605. La televisione commerciale ha bisogno di agganciare il pubblico in modo facile e immediato. Un buon modo di farlo è lavorare utilizzando gli stereotipi che come tali sono immediatamente “familiari” al pubblico. Ed è proprio quello che spessissimo è avvenuto. Questo non ha giovato all'immagine femminile, giacché gli stereotipi riferiti alle donne sono non solo ristretti, ma per lo più negativi. 605
  • 606. L’immagine della donna è stata la principale vittima sacrificale del nuovo corso pubblicitario introdotto dalla commercializzazione del sistema televisivo. Con questa trasformazione la pubblicità ha introdotto prepotentemente nella comunicazione e nella cultura di massa la rozzezza di un’atavica subcultura maschilista. «Sembra – ha scritto Aldo Grasso – che la donna non sappia fare altro che spogliarsi, sgambettare e ammiccare». 606
  • 607. Nella società dello spettacolo il corpo delle donne è merce di scambio ed elemento rassicurante per l’identità maschile. Con la complicità di una parte del mondo femminile, il populismo mediatico degli ultimi vent’anni ha intrappolato la donna nel suo atavico ruolo di oggetto di piacere. Che l’apice della supposta emancipazione delle donne possa coincidere con il consumismo è un indice della miseria della nostra epoca. È lecito chiedersi: come mai una lunga storia di lotte e di consapevolezza è stata cancellata nello spazio di uno spot? 607
  • 608. I modelli mediatici funzionano perché sono fonti credibili e attraenti, e quindi non sono utili solo a vendere prodotti ma, potenzialmente, anche a rafforzare valori e ad insegnare stili di vita. 608 608 Se un mezzo di comunicazione di massa filtra una descrizione del genere femminile legata ad un ruolo sessuale degradato o a tratti che minano la sua dignità, i comportamenti di ambedue i sessi ne rimarranno fortemente influenzati.
  • 609. • Ecco un normale pomeriggio televisivo: un sondaggio “Vorresti vedere tua figlia nuda sui calendari?”, un lancio delle protesi al silicone per il seno, un servizio dal titolo “Il ritorno della donna bella e muta”. 81% degli adolescenti italiani davanti al video. • 167.011 bambini da 4 a 5 anni nel 2009 hanno visto tutte le puntate del Grande Fratello. 609
  • 610. 610 610 Cedaw In Italia le donne sono rappresentate come oggetti sessuali. Questa è una delle principali critiche sollevate all’Italia dal Comitato delle Nazioni Unite che ha il compito di monitorare l’attuazione della Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) negli Stati che l’hanno ratificata. Secondo le Nazioni Unite, in Italia persistono profondi stereotipi che hanno un impatto schiacciante sul ruolo della donna e sulle responsabilità che essa ha nella società e in famiglia.
  • 611. Neo tv Nella tv diventata tutta commerciale set della pubblicità e set dei programmi coincidono: per esibire i suoi corpi, la tv recupera il senso della piazza (ora è virtuale) come luogo dove si presentano e si spettacolarizzano le merci, e i corpi diventati oggetti di consumo. Migliaia di corpi passano, minuto dopo minuto, sul piccolo schermo. La proprietà onnivora del consumo cattura tutti coloro che entrano nel gioco. 611
  • 612. Il consumatore - scarafaggio Il corpo è oggi presentato con immagini sempre più spinte, la cui attrattiva sessuale è proposta di frequente in modi banalmente espliciti. Per spiegare questo fenomeno possiamo fare ricorso a una legge brutale, come la definisce Adriano Zanacchi nel suo Libro nero della pubblicità, quella del consumatore/scarafaggio: dopo un po’ il solito insetticida non basta più e lo devi spruzzare con roba più forte. Quando la ripetizione non basta, si può aumentare la dose, fino ad una soglia superata la quale si approda al cambiamento qualitativo, ovvero si passa dalla banalità alla pornografia. 612 612
  • 613. 613 613 In principio furono la contestazione, il femminismo e la liberazione sessuale; poi vennero la donna oggetto, le scosciate tutte-tette delle tv commerciali, l’imperativo dei giovani belli e disinibiti a tutti i costi. Qual è il nesso che tiene insieme tanti ribaltamenti di ruoli e di costumi, all’apparenza tra loro stridenti? Qual è la strada che ha condotto dalla minigonna degli anni ’60 alle nudità dei ’90, dalla rivendicazione femminile dei diritti sul corpo all’esibizione spudorata della sessualità, dall’accettazione di sé alla manipolazione estetica? E che dire degli uomini, sospesi tra il sogno dell’harem e il mito della tenerezza materna?
  • 614. Curiosamente, la nostra televisione oscilla tra una debole attenzione per le donne (che pure nella società lavorano, pensano, curano le relazioni) - quasi che l’Italia fosse abitata da un solo sesso (quello cosiddetto forte) - e l’interesse estremo per l’aspetto fisico - curve sopra e curve sotto - da mettere in mostra, concupire, utilizzare. 614
  • 615. Avrò una figlia Quali modelli le proporrò? Come le spiegherò le veline e le meteorine e le letterine e le letteronze e le ragazze cin cin e le ragazze fast food e le schedine e le professorine e le coloradine? Cosa le dirò del perché in tv le femmine stanno sempre in bikini e i maschi sono vestiti sempre di tutto punto? È questo l’esito delle fatiche che donne e uomini di più generazioni hanno sopportato per poter vivere come eguali nella vita pubblica e in quella privata? 615
  • 616. 616
  • 617. Un neologismo: velinismo Il ruolo di velina è l'emblema moderno della passività 617
  • 618. • Ragazze Fast Food (Drive in) • Ragazze Coccodè (Indietro tutta) • Ragazze cin cin (Colpo Grosso) • Littorine (Odiens) • Letteronze (mai..dire) • Letterate • Veline (Striscia la Notizia) • Letterine (passaparola) • Schedine (Quelli che...il calcio) • Meteorine (Tg 4) • Professoresse (L'eredità Rai 1) • Ereditiere (L'eredità Rai 1 edizione vecchia) • Sondaggine (Colorado edizione vecchia) • Colorado Girls • Notine (Sarabanda) • Paperette (Paperissima) • Luci's Angels (Lucignolo) • Diavolita (Lucignolo) • Quote Rosa (Scorie) • Madrina (Sanremo) • Madre Natura (Ciao Darwin) 618
  • 619. 619
  • 620. 620
  • 621. Il prototipo Deriva dal nome delle vallette del programma Striscia la notizia, anche se le ragazze Fast Food di Drive In degli anni ‘80 furono le madri Con “velinismo” si vuole intendere l'invasione di figure femminili con le stesse caratteristiche delle vallette di Striscia 621
  • 622. La parola non ha traduzione in altre lingue 622
  • 623. 623
  • 624. 624
  • 625. 625
  • 626. Caro Antonio Ricci Lei ha sempre detto che il ruolo della Velina è nato come satira contro i giornali che esibiscono il corpo femminile dappertutto: non è consapevole che il ruolo della velina è diventato contemporaneamente per le ragazzine un modello a cui aspirare? Siccome non siamo ciechi e nemmeno vogliamo fare finta di non vedere, non possiamo continuare a credere che il ruolo della Velina abbia mantenuto quella funzione satirica che Lei ogni minuto rivendica, dal momento che ogni due anni propone un casting lungo un’estate intera. 626
  • 627. E le Ragazze coccodé, poco vestite e sculettanti? era ironia? 627
  • 629. Maschi vestiti, donne svestite: perché pare normale? 629
  • 630. 630
  • 631. 631
  • 632. 632
  • 633. E la politica non si sottrae … 633
  • 634. Ciao Darwin, il non plus ultra degli stereotipi: Eva contro Eva • Caste contro Libertine • Vergini contro Esperte • Vergini contro Rifatte • Belle contro Brutte • Vigilesse contro Donne al volante • Suocere contro Nuore • Mogli contro Amanti • Magre contro Ciccione • Madri di famiglia contro Trasgressive 634
  • 636. 636
  • 637. 637
  • 638. 638
  • 639. … fino alla mostruosità 639
  • 640. Dove viene collocata la macchina da presa 640
  • 641. La selezione delle Schedine 641
  • 642. Anche per le previsioni del tempo! 642
  • 643. 643
  • 644. Sessismo da campagna elettorale 644
  • 645. Esistono perfino le Cessine: modelle da calendario per un’azienda produttrice di bagni chimici 645
  • 646. Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto. Ma mai “un modello di vita” ha potuto essere propagandato con tanta efficacia che attraverso la televisione. Il tipo di uomo o di donna che conta, che è moderno, che è da imitare, che è da realizzare, non è descritto o decantato: è rappresentato! Pier Paolo Pasolini 646
  • 647. A inventare e promuovere il genere “velina” sono state le reti televisive e la corsa all’Auditel ma ad accettarlo e a farne, giorno dopo giorno, anno dopo anno, un modello condiviso siamo stati un po’ tutti, a partire dai commenti svagati o dal ridacchiare pruriginoso sul divano di casa … 647
  • 648. 648
  • 649. Velinista è • Chi si guarda allo specchio e si vuole come gli altri la vogliono • Chi vuole fare la velina, e fa le prove specializzandosi a scuotere seni e natiche davanti allo specchio • La mamma che spinge la figlia alle selezioni e ai concorsi di bellezza • Quella che fa i calendari sexy • Quella che si spoglia e poi manda il filmato a YouTube • Quelle che allega al curriculum il book con le foto seminuda • E’ aspirante velinista la bambina che prende una sorella maggiore come idolo perché somiglia a una velina 649
  • 650. 650
  • 651. Trasposizione fin troppo prevedibile, da Sanremo al mercato pubblicitario 651
  • 652. Ma è la norma! 652
  • 653. 653
  • 654. L´eros fasullo del corpo plastificato, la donna ridotta a bambola virtuale, genera la frustrazione del desiderio più profondo. Trasforma ogni incontro in uno stupro. Disgiunge il corpo dall’anima. Danneggia tutte e tutti. 654
  • 655. L’Isola dei famosi, il Grande fratello 655
  • 657. Che cosa accadrebbe se due ragazzi fossero costretti a ballare, in Tv, di fronte a a milioni di telespettatori, sulla scrivania su cui sono sedute due donne attempate, oppure appesi a un gancio come prosciutti, sotto lo sguardo ilare di tutti? Probabilmente si leverebbe un coro di proteste. Perché, al contrario, se, come di fatto accade, al posto dell’uomo c’è una donna, per giunta quasi nuda, nessuno si ribella? Perché appare ovvio che le giovani donne siano trattate in tv come oggetti, svolgendo ruoli che non richiedono alcuna competenza? È davvero ipotizzabile la parità di opportunità tra uomo e donna se non vi è parità di rappresentazione mass mediale? 657
  • 658. E non mi dite “basta spegnere la tv” Spegnere la tv è un atto elitario. Posso decidere di non guardare la tv, ma non vantarmene e ancor più raccomandarlo come una ricetta di bon ton. Significa non comprendere il Paese, non vedere il disagio, non frequentare gli ipermercati di sabato pomeriggio, non andare mai in periferia, non passare mai un’estate dove i comuni mortali vanno in vacanza. Non essere mai entrati in una scuola. 658
  • 659. Le donne non sono innocenti La responsabilità è anche nostra 659
  • 660. In tutto questo non si può tacere di un nuovo tipo di complicità femminile: molte donne partecipano allo scempio, e partecipano volentieri Quante aspiranti candidate giovani, carine e precarie affidano ai book fotografici, o peggio alla costruzione di scandali sessuali, il loro cursus honorum? Quante mamme le sostengono? Cause endogene o esogene? Selezione alla rovescia? O intreccio perverso di esclusione e di autoesclusione? 660
  • 661. 661 661 Un capitale da mettere a frutto “Il corpo è mio e lo gestisco io” era uno slogan che voleva chiudere con l’antica figura della donna “riposo del guerriero”, “regalo fatto da Dio agli uomini “. Era sembrata una svolta irreversibile, l’affermazione di un nuovo senso comune. Oggi non si può dire che le donne non si siano impossessate del proprio corpo. Ma per farne cosa? Donne immagine e prostitute di lusso hanno fatto di sé una nuova figura del mercato, che procede attraverso l’oculato bilanciamento dei costi e dei profitti, il dosaggio fra asservimento e pretesa di compensi dissociati da ogni personale competenza.
  • 662. Le copertine dei settimanali 662
  • 663. Tra realtà e provocazione la condizione femminile fa un salto indietro di almeno 50 anni 663
  • 664. Le tette non sono una notizia! 664
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  • 666. 666
  • 667. 667
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  • 672. 672
  • 673. 673
  • 674. Perfino Wired, il mensile della tecnologia e dell’innovazione 674
  • 675. Anche Nuovo consumo (della Coop) 675
  • 676. E gli altri … 676
  • 677. Foto Ansa: è questo lo sport? 677
  • 679. 679
  • 680. Un giornale qualunque in un giorno qualunque 680
  • 681. La Sicilia web: gallery 681
  • 682. «Catania politica» o Catania sessista? 682
  • 683. Questa è un’immagine tratta dalla bacheca Facebook di Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine dei Giornalisti dal 2001 al 2010. 683
  • 684. La situazione dei rifiuti a Palermo 684
  • 685. Spesso, nella volgarità, sessiamo e razzismo camminano insieme 685
  • 686. Il risultato Una rappresentazione così insistita, come hanno dimostrato innumerevoli ricerche, abbassa l’autostima delle ragazze e legittima, aumentandone la frequenza, la mancanza di rispetto, il disprezzo, le molestie e perfino la violenza maschile contro le donne. In questo tempo confuso non è facile essere donne 686
  • 687. 687
  • 688. 1982 2007 Invecchiare da piccole: ancora dalla parte delle bambine A quasi trent’anni dal saggio di Elena Gianini Belotti, che denunciava i condizionamenti culturali all’origine dei ruoli di genere, poco è cambiato. 688
  • 689. 689
  • 690. Le bambole contemporanee Fashion dolls 690
  • 691. 691
  • 692. 692
  • 693. L’erotizzazione del corpo infantile rispecchia una tendenza diffusa tra gli operatori della pubblicità, secondo cui il sesso può essere utilizzato per vendere qualsiasi cosa. Lo stimolo erotico quindi è pensato per raggiungere gli adulti, il che rende particolarmente ambiguo e inquietante questo genere di operazioni commerciali. 693
  • 694. Educazione sessuale? Oggi i bambini subiscono un bombardamento di messaggi erotizzanti e spesso contraddittori, che li portano a farsi un’idea distorta della sessualità Le immagini affascinano, producono intense emozioni, diffondono modelli di comportamento, stili di relazione, stili di vita, strategie per la risoluzione di conflitti … e perciò educano! 694
  • 695. Wal-mart ha lanciato i cosmetici per bambine! 695
  • 696. 696
  • 697. Ha fatto il giro del mondo la notizia di un’azienda inglese che ha lanciato una linea di reggiseni imbottiti per bambine di sette anni, in modo che il loro seno dia l'impressione di essere cresciuto di una taglia. 697
  • 698. 698
  • 700. Lolite storiche: Non è la RAI 700
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  • 707. Le riviste destinate alle lettrici più giovani proliferano di messaggi che rimarcano l’importanza di presentarsi sessualmente attraenti per stuzzicare l’interesse dei maschi. Internet, poi, è una miniera di materiali che propongono soggetti in tenera età rappresentati in maniera erotizzata. Stilisti alla moda seguono questa tendenza. 707
  • 708. La rivista francese “Vogue” 708
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  • 712. Dopo l’accusa di incitamento alla pedofilia l’editore è corso ai ripari cacciando la caporedattrice. 712
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  • 714. L’erotizzazione precoce incoraggia le bambine ad impegnarsi in atteggiamenti seduttivi che attirino l’attenzione dei maschi, prima di essere in grado di comprenderne le potenziali conseguenze sul piano fisico e psicologico. L’oggettivazione del corpo e l’identificazione con un modelli adulti conducono ad una rappresentazione del sesso di tipo strumentale: la sessualità può essere concepita e vissuta alla stregua di una merce di scambio, a discapito della componente relazionale e affettiva. Il fatto che, per imitazione e omologazione, una bambina assuma atteggiamenti da lolita, seduttivi nei confronti dell’altro sesso, non fa che rafforzare questa tendenza. 714
  • 715. Dakota Fanning, ex diva bambina ora diciassettenne 715
  • 716. Il titolo del servizio annunciava una panoramica sugli abiti da sposa di tendenza … perché allora fotografare una bambina seminuda? Non vediamo né abiti né sposa, e quindi che senso ha questa foto ? 716
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  • 723. Questa campagna della Lee è stata ritirata, ma la figura della Lolita è molto usata nelle pubblicità 723
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  • 729. Trucchi per bambine da 3 anni in su 729
  • 730. 730
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  • 732. Bambine riprese come le adulte 732
  • 733. Trasformata in oggetto di consumo, la bambina che per la gioia dello sponsor (e della mamma …) assume pose seduttive e occhieggia allusiva dai cartelloni pubblicitari, lancia un chiaro messaggio di disponibilità; il che ha l’effetto, nella realtà, di rendere le sue coetanee più esposte e vulnerabili. L’erotizzazione precoce ha tra i suoi effetti quello di incoraggiare le bambine ad impegnarsi in atteggiamenti seduttivi che attirano l’attenzione dei maschi prima di essere in grado di comprenderne le potenziali conseguenze sul piano fisico e psicologico. L’oggettivazione del corpo e l’identificazione con un modelli adulti conducono facilmente ad una rappresentazione del sesso di tipo strumentale, nel senso che la sessualità può essere concepita e vissuta alla stregua di una merce di scambio, a completo discapito della componente relazionale e affettiva. 733
  • 734. Vengono trasformate in oggetti di desiderio. Diventano prigioniere dello sguardo degli altri per esistere. Si formano un'idea dell'amore centrata sul sesso e sul consumo. 734
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  • 742. • Libera infanzia è una campagna che invita a riflettere e non chiudere gli occhi contro l’erotizzazione del corpo infantile, gli stereotipi di genere e l’adultizzazione dei bambini. In Italia parlare della condizione infantile nei mass-media è ancora tabù. • Libera Infanzia non si limita solo a segnalare e creare un monitoraggio sui mass media ma anche di avviare un vero e proprio boicottaggio dei prodotti e delle aziende che violano l’infanzia. 742
  • 743. 743
  • 744. Dilagano i concorsi per diventare “reginette” Nel mondo vi partecipano 3 milioni di bambine da 3 a 15 anni 744
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  • 754. 754
  • 755. Si chiama Bimbo e viene dalla Francia (200.000 iscritti) il nuovo gioco virtuale sul Web che sta spopolando anche tra le bambine italiane: la sua traduzione è più o meno "velina“ Funziona come qualsiasi gioco virtuale a punteggio, basta registrarsi nel sito, scegliere un avatar, un guardaroba di abiti loliteschi, un portafoglio di 1000 soldi-Bimbo virtuali e si comincia l’avventura che insegna alle bambine dai 9 anni in su a diventare una futura velina Si possono acquistare creme di bellezza, investire in abiti sexy, cambiare le acconciature dei capelli, fare piercing e tatuaggi La Bimbo-Velina naturalmente deve essere magra, quindi dovrà nutrirsi poco consumando alimenti dietetici e ricorrere alla chirurgia estetica per ritoccare le forme ancora acerbe Dopo si passa all’acquisto di appartamenti e ville Per far diventare famosa la propria Miss occorre avere punti-attitudine, che si guadagnano ad esempio andando dal parrucchiere, sottoponendosi ad una seduta di lampada abbronzante, ad un make-up artist, ad una mastoplastica additiva per il seno, andando a rimorchiare in un locale (go flirting) oppure esercitandosi in baci alla francese in un city club 755
  • 757. Pole dancing all’asilo nido Stamattina ho letto una notizia sconcertante In inglese si dice pole dancing. Letteralmente significa “danza della pertica”, ma non c´entrano danza e ginnastica: è il ballo erotico, con le gambe avvinghiate a un palo, diventato di rigore in ogni topless-bar, lap-dance club e night-club Ora salta fuori che in Inghilterra qualcuno vuole insegnare “pole dancing” a bambine di tre anni: succede in una scuola di danza del Northampton, la Make Me Fabuolous (Rendimi favolosa). L´istruttrice racconta di avere cominciato dando lezioni alle mamme, poi ha pensato di estenderle anche alle figlie in età da asilo nido: «Non c´è niente di male» assicura «è un esercizio sexy, rilassante e rinvigorente» 757
  • 758. 758
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  • 761. In tutto questo non c’è niente di naturale, ma è tutto costruito dalla cultura Ciò che è culturale è anche revocabile Sta a noi decidere se fare qualcosa, se voltare pagina In molti Paesi è aperto da tempo un serio dibattito culturale e normativo: da noi è ancora terra di frontiera, oppure pare un recinto per suffragette nostalgiche Protestare civilmente serve, esser consapevoli dei propri diritti serve, saper comunicare serve Ancor di più serve disporre di una buona preparazione culturale ed essere in grado di utilizzarla per cercare di cambiare il mondo, se non ci piace 761 761
  • 762. La pubblicità può cambiare sul serio e diventare più rispettosa delle donne solo se, insieme alla consapevolezza degli addetti ai lavori e delle imprese committenti, crescono la sensibilità del pubblico e l’equilibrio dell’intero sistema in termini di parità di genere. Le aziende devono sentire questa richiesta, forte e chiara. Le agenzie e i professionisti della pubblicità devono sapere che la vigilanza collettiva su quanto producono è diventata più stretta, puntuale ed esperta. In tema di parità, bisogna ricordarlo, l’Italia è messa male: al 74° posto su 135 Paesi nel 2010 e 2011, all’80° nel 2012, nell’indice del World Economic Forum che misura la disuguaglianza tra uomini e donne . 762
  • 763. 763
  • 764. Succubi? C’è chi pensa che le donne italiane siano completamente assuefatte allo svilimento quotidiano della loro immagine, anche a causa dell’azione pervasiva di una televisione diventata assai volgare. È però un'ipotesi tutt’altro che provata, a giudicare dalle opinioni che raccogliamo quotidianamente. Il fatto è che la grande maggioranza delle donne non dispone di canali per far conoscere la propria opinione critica. Molte però si muovono 764
  • 765. C’è un’Italia migliore: è decente, non bacchettona 765
  • 766. La manifestazione del 13 febbraio 2011 (“Se non ora, quando?”) è stata capace di sfidare lo stato depressivo in cui sembrava versare anche la parte migliore della società italiana, alzando il sipario su una realtà sommersa: sintomo del fatto che le donne non sono mute e asservite come tutti si aspettavano. Segno del fatto che ci sono donne - la maggioranza - che hanno sogni, aspirazioni e aspettative di vita diverse. 766
  • 767. Non c’è niente di bigotto nel parlare di rispetto e dignità. Etica e moralismo non sono sinonimi. Reagire a un clima che ci umilia non è togliere spazio alla vita e al desiderio, bensì riconoscere come inaccettabile un sistema di sopraffazione mascherato da libertà. 767
  • 768. Libro e documentario Nel maggio del 2009 la blogger Lorella Zanardo ha messo in rete un documentario (www.ilcorpodelledonne.com), realizzato con Cesare Cantù e Marco Malfi Chindemi, che si proponeva di innalzare il livello di consapevolezza sull’immagine delle donne nella tv italiana. Nel 2010 è uscito il libro. 768
  • 769. 769
  • 770. 770
  • 771. Che fare? Non c’è niente di più martellante di una campagna pubblicitaria. Non scegliamo cosa, non scegliamo come, non scegliamo quando, eppure ci ritroviamo quello spot o quel cartellone pubblicitario che ci inseguono per un sacco di tempo. Ma se quella pubblicità veicola un messaggio diseducativo tanto per aiutare a vendere il prodotto, una cosa semplice e molto efficace la possiamo fare tutte e tutti, singolarmente e/o collettivamente. Presentare subito una denuncia al Giurì della pubblicità. 771
  • 772. La regolamentazione In quasi tutti i paesi dell’UE la vigilanza sulla pubblicità ricade sotto la responsabilità di organismi di autoregolamentazione. Insieme con la natura non vincolante della metà dei codici di condotta, si rileva una debolezza generale di questa tipologia di atto normativo per l’elevato grado di soggettività che le autorità competenti hanno nella gestione dei reclami. Questo è un aspetto particolarmente critico. La pubblicità spesso esprime rappresentazioni umilianti, degradanti o offensive per le donne sulla base del loro sesso in modo ironico e umoristico, il che rischia di 'nascondere' il sessismo o di renderlo socialmente accettabile. Come risultato, nonostante le molte denunce di pubblicità discriminatoria che sono la parte più ampia dei reclami presso le autorità competenti in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, molti di essi non riescono a ricevere una risposta soddisfacente o un follow-up. 772
  • 773. Buone pratiche L’Associazione protocollo contro la pubblicità sessista(2009) intende ostacolare la diffusione di tutte le forme di campagne pubblicitarie affisse in luoghi pubblici, che trasmettono messaggi discriminatori nei confronti delle donne, attraverso • Campagne di consumo critico e di boicottaggio • Campagne di sensibilizzazione e intervento con appositi stand in momenti di aggregazione pubblica • Lettere di contestazione dell’azienda reclamizzata all’agenzia pubblicitaria che ha firmato la campagna • Lettere al Sindaco della città che ospita le affissioni • Azioni dimostrative per strada in corrispondenza dei luoghi con pubblicità sessiste 773
  • 774. Si è conclusa nel maggio 2010 la mail bombing “IO NON CI STO: gli stereotipi de “La pupa e il secchione” non mi piacciono e lo voglio dire agli autori” promossa da Maria Grazia Verderame – Un altro genere di comunicazione, Francesca Sanzo – Donne Pensanti, Giorgia Vezzoli – Vita da streghe e Lorenza Garbolino – Una nuova Era Circa 2000 le adesioni fra l’evento facebook e i vari post in Rete con punte di 1500 i visitatori al giorno sul blog Donne Pensanti durante la campagna Ora è uscito un video intitolato La vie en rose, che si può trovare in rete 774
  • 775. Io non ci sto ad essere solo corpo. Da guardare, da toccare, da giudicare, da mercificare. Io non ci sto poiché conosco cosa genera l’offerta della mia carne sugli sguardi inconsapevoli. Io non ci sto e pretendo rispetto e che si dia spazio a tutte le mie diversità. La mia rivoluzione comincia con il rifiuto dell’immaginario imposto per mutare nel respiro di una nuova dignità. 775
  • 776. • È la campagna nazionale dell’Unione Donne Italiane per contrastare con un’azione puntuale, organizzata e condivisa le immagini lesive e gli stereotipi femminili • raccoglie le segnalazioni di manifesti e spot sessisti da ogni parte d’Italia • indice un concorso finalizzato a valorizzare una comunicazione che, al di là degli stereotipi, sia in grado di veicolare messaggi positivi e socialmente responsabili. 776
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  • 780. L’associazione Pari o Dispare ha lanciato il primo manifesto per “un utilizzo responsabile dell’immagine femminile”, cui hanno aderito sette multinazionali Si tratta di Accenture, L’Oréal, Johnson & Johnson, Kroll, Unilever, Microsoft e Vodafone, le quali “si impegnano a non associare il proprio marchio a messaggi discriminatori o degradanti, diretti o indiretti, basati su stereotipi di genere, nelle proprie campagne pubblicitarie” Il manifesto, cui finora non ha aderito nessuna azienda italiana, raccoglie e rilancia le raccomandazioni espresse dalle Nazioni Unite e dal Parlamento Europeo. 780
  • 781. Si chiama ZERO STEREOTIPI ed è il nuovo sito dove è possibile leggere e scaricare il decalogo redatto da due blogger esperte di tematiche di genere per comunicare in modo non sessista e svilente: 10 semplici e pratici consigli su come fare una promozione priva di stereotipi e “gender friendly”. Ideatrici del progetto sono Francesca Sanzo di Donne Pensanti e Panzallaria e Giorgia Vezzoli di Vita da streghe e Poetry Attack, due blogger e professioniste di comunicazione che da circa due anni svolgono in Rete un’intensa attività di sensibilizzazione sul tema donne & media e in generale sulla comunicazione di genere. 781
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