Se un’azienda, per vendere un prodotto, lo associa senza nesso logico a un corpo femminile, si offendono al tempo stesso i due generi.
La donna perché è usata come valore aggiunto per il prodotto. L’uomo perché si sottovalutano la sua dignità e la sua intelligenza.
E questo accade ogni giorno, da anni, su tutti i muri d'Italia.
3. Una battaglia che fa bene
alle donne e agli uomini
Una per una, forse le immagini che presentiamo qui
dicono poco;
tutte insieme, danno conto di un fenomeno cui
prestare attenzione
3
4. Saper vedere
Ci sentiamo ripetere continuamente che viviamo nella
civiltà dell’immagine, che siamo sommersi dalle
immagini, eccetera. Produciamo noi stessi
quotidianamente immagini con sempre nuovi dispositivi, e
le usiamo per le nostre condivisioni. Nonostante questo,
molte implicazioni delle immagini ci sfuggono.
Conoscere meglio la natura delle immagini può servire ad
essere spettatori più preparati e meno vulnerabili al
potere dei media, consumatori più consapevoli delle
proprie scelte, cittadini attivi con capacità di intervenire
dove ci sia da difendere la democrazia dal potere dei
media.
Serve inoltre a sapere riconoscere la nostra posizione nel
sistema di interazioni simboliche comunicative in cui ci
muoviamo.
5. Le pubblicità vendono qualcosa di più dei prodotti.
Vendono valori, immagini, vendono il concetto di
amore e sessualità. Di successo. E forse, ancora
più importante, ci vendono il concetto di
normalità. Ci dicono chi siamo e chi dovremmo
essere.
Il mondo dei media e della pubblicità si serve degli
stereotipi di genere per condizionarci e indurci al
consumo.
Tale processo inizia da giovanissimi: è quindi
necessario che le ragazze e i ragazzi imparino a
svelare gli stereotipi di genere per diventare più
cittadine e cittadini e meno consumatrici e
consumatori. 5
6. Le campagne pubblicitarie
difficilmente creano, ma
facilmente rafforzano
opinioni, cliché e stereotipi
diffusi. Le imprese possono
contribuire al rinnovamento
del Paese rinunciando a
ripercorrere, nella loro
pubblicità, gli stereotipi più
arretrati e riduttivi.
E’ una bella sfida per la
creatività.
6
8. 8
Una premessa
E’ davvero realizzabile
la parità di opportunità
tra uomo e donna
se non vi è
parità di rappresentazione?
Non si può negare l’esistenza dei mezzi di comunicazione ed il
ruolo che essi svolgono:
se è vero che essi sono il racconto della società
è altrettanto vero che ne prefigurano i modelli di riferimento per
l’immaginario collettivo, sedimentando quotidianamente gli
stereotipi vincenti anche per le nuove generazioni.
Proporre come “normale” lo stereotipo di
donna = accessorio ornamentale,
non è un problema delle donne: è una diminutio che riguarda
tutta la società.
9. Le nostre identità sono elaborate anche
attraverso i prodotti culturali: in altri termini, noi
siamo i libri che leggiamo, gli spettacoli cui
assistiamo, la musica che ascoltiamo, i film che
amiamo, le immagini che guardiamo.
Non a caso, la riflessione delle donne torna
ciclicamente sulla rappresentazione dei generi
nei mass media: perché sappiamo che è
cruciale se si vuole smontare il significato
corrente dei segni e dei simboli e l’immaginario
su cui continua a fondarsi il rapporto
uomo/donna.
9
10. 10
I mezzi di comunicazione di massa
giocano un ruolo fondamentale nella
produzione delle identità. I modelli
mediatici funzionano perché sono fonti
credibili e attraenti; non sono utili solo
a vendere prodotti, ma anche a
rafforzare valori e ad insegnare stili di
vita.
I I mass media negli ultimi decenni sono
diventati una fonte importante nelle
rappresentazioni dei generi ed
esercitano una forte pressione
sull’immaginario collettivo.
In particolare il messaggio pubblicitario è
un deposito di significati sociali ed è
stato reso una guida dello stile di vita
da seguire. 10
11. La mercificazione del corpo delle
donne fa male a tutti
Se un’azienda, per vendere un prodotto, lo associa
a una donna sensuale e provocante cercando di
creare l’illusione che comprando quel prodotto un
uomo otterrà quella donna (o ciò che
rappresenta simbolicamente, cioè tutto il genere
femminile), si offendono al tempo stesso i due
generi.
La donna perché con il suo atteggiamento di
disponibilità è usata come valore aggiunto per il
prodotto. L’uomo perché la sua dignità e la sua
intelligenza vengono offese.
11
12. L’undicesima musa
La comunicazione pubblicitaria è parte integrante della
nostra realtà sociale, e fa da specchio alla società.
Si fonda sulla promessa della realizzazione dei sogni e
dei desideri.
E’ lo strumento principale attraverso cui avvengono i
processi di significazione degli oggetti, e i mass media
nelle nostre case e i muri nelle nostre città sono i
canali attraverso cui essa ci persuade ad aumentare
costantemente il livello e l’intensità delle nostre attività
di consumo.
Tutti i tempi della nostra cultura sono condizionati dai
ritmi della pubblicità.
12
13. Un’azienda usa il messaggio pubblicitario come arma vincente
nel gioco della concorrenza di mercato e pertanto con esso
deve:
• attirare l’attenzione sulla marca, sulle caratteristiche che
differenziano le sue merci dalle altre immesse sul
mercato e sui vantaggi che derivano dal loro consumo;
• farsi ricordare attraverso un uso efficace delle parole e
delle immagini: degli elementi, cioè, che costituiscono il
materiale pubblicitario;
• far leva su desideri, aspirazioni, pulsioni che il pubblico
ha, magari inconsapevolmente.
Ovviamente il prodotto più reclamizzato è quello delle aziende
che hanno maggiore potenza finanziaria e pertanto diviene il
più conosciuto e spesso il più venduto.
13
14. Frammenti di luoghi comuni vecchi e nuovi, concetti
condivisi, codici e linguaggi familiari, immagini
attraenti, valori accettati da tutti, personaggi vicini alla
nostra quotidianità (pur se più belli di noi, più ricchi di
noi, più felici di noi), finiscono nei testi pubblicitari che
colorano le città e riempiono il nostro mondo
percettivo.
La pubblicità si prefigge anche di fare cultura.
Generare immagini che permeano
il nostro quotidiano è una professione,
ma anche una grande responsabilità.
“La pubblicità deve cercare di affascinare i consumatori,
giocando soprattutto sulle capacità d’impatto emozionale
e diventando così tutt’uno con la seduzione”.
J. Baudrillard, 1987
14
15. Perché la pubblicità genera effetti?
• E’ pervasiva: è diffusa con diverse modalità e
mediante molti mezzi di comunicazione
• E’ ripetitiva: in modo da rinforzare
continuamente la stessa idea
• E’ attraente: usa linguaggi piacevoli
• E’ coerente con l’etica del consumo
• Agisce su un’audience sempre meno
influenzata dalle agenzie di socializzazione
tradizionali
15
16. Da che cosa è attratta l’attenzione?
Se si orienta volontariamente l’attenzione verso uno
stimolo è perché ha suscitato interesse.
Alcuni stimoli hanno maggiori probabilità di risultare
interessanti:
stimoli facili da elaborare
stimoli che incuriosiscono
stimoli emozionanti
stimoli personalmente rilevanti
17. Un processo semiotico
La pubblicità può essere considerata, nell’attuale
cultura sociale, l’attore principale di due processi di
trasferimento di significato e valori che avvengono
nel medesimo momento: dalla pubblicità al prodotto
e da questo al consumatore attraverso l’atto
d’acquisto.
La pubblicità, cioè, prima estetizza il prodotto,
trasformandolo in una qualità desiderabile per il
consumatore, poi, una volta che tale qualità è stata
trasferita al consumatore mediante l’acquisto,
estetizza il consumatore, perché l’esibizione del
prodotto posseduto renda l’individuo desiderabile. 17
18. L’era dell’immagine
La pubblicità di massa - così come la
moda - nasce con la fotografia: da
quando cioè la scienza e la tecnologia
assicurano la possibilità di catturare e
riprodurre immagini del mondo: cosa
che fino ad allora era stata a
disposizione solo di un pubblico
ristretto.
Sembra reale, ma è dotata di un enorme
potere mitizzante.
18
19. La funzione dell’immagine pubblicitaria
Guardare una fotografia è guardare un’immagine, non
la realtà.
Tra tutte, la pubblicità è la pratica fotografica più
costruita che esista. Se devo creare il contesto
emotivo che ti persuaderà a comperare la mia merce,
nessuno scrupolo di etica dell’immagine o della verità
mi fermerà.
Nelle pubblicità, le immagini non hanno funzione di
descrizione o di riproduzione: sono fotografiche solo
perché devono parassitare la reputazione di
verosimiglianza che la fotografia ancora possiede.
Semmai trasmettono l’occhio con cui la società
guarda i soggetti raffigurati.
20. Si può considerare la pubblicità come luogo
di comunicazione nel quale le immagini
sociali di donne e uomini vengono
evidenziate e codificate (attraverso la
proposta di immagini “ideali” della donna e
dell’uomo) ma anche, per certi versi, create o
almeno sostenute.
Le immagini pubblicitarie possono essere
considerate dunque, al tempo stesso,
testimoni dei rapporti di genere e della loro
evoluzione, e vettori di diffusione di ideologie
relative alle identità di genere.
20
21. La pubblicità si afferma come strumento imprescindibile per il successo
di un prodotto, attraverso manifesti e pubblicazioni sui giornali,
a partire dall’inizio del XX secolo
21
30. Seduzioni
La pubblicità è uno specchio magico del sociale: lo riflette
sotto la luce del consumo.
La seduzione della pubblicità mette in scena un
immaginario tutto al positivo, siglandolo volta per volta
con una delle marche presenti sul mercato.
In questo gioco di rispecchiamento
che tutto trasfigura e bonifica,
il corpo è il grande protagonista.
Che sia alluso ed evocato o, come più spesso succede,
direttamente raffigurato, esso è sempre presente a
significare la desiderabilità delle merci, a incarnare quel
principio di piacere che la pubblicità celebra e ritualizza
in ogni atto di consumo. 30
31. Gli esordi
“Dai primi anni del secolo fino alla ricostruzione
industriale, il corpo in pubblicità assume una
funzione poetica e si propone come elemento
grafico e pittorico volto a sollecitare la complicità di
un destinatario colto e privilegiato.
È un corpo 'astratto' e 'disincarnato', un insieme di
linee e colori, tanto affascinanti quanto irreali e
fantastiche, che risentono dell'influenza delle
correnti artistiche del tempo: dallo Jugendstil, al
futurismo, al Bauhaus.”
dalla voce “Pubblicità”, di P. Righetti, in Enciclopedia Treccani
31
32. Funzione di socializzazione
I messaggi pubblicitari partecipano alla definizione della
nostra identità e del nostro ruolo all’interno della società,
mostrandoci i modelli da seguire; contribuiscono in
particolare alla costruzione e alla rappresentazione della
nostra identità di genere, che è una componente sociale
importante.
L’identità di genere non è innata, ma acquisita.
I comportamenti di genere sono rappresentazioni del
rapporto uomo-donna culturalmente riconosciute e
condivise.
Risulta innegabile che la pubblicità faccia parte di quelle
tecnologie che concorrono alla costruzione del genere.
32
33. La pubblicità ha un ruolo attivo nei processi di
legittimazione delle disparità sociali
Con “politico” non dobbiamo
intendere qui i meccanismi
elettivi, i sistemi partitici, bensì
la capacità della pubblicità di
influenzare l’opinione pubblica,
di modellare il pensiero e i
sistemi di credenze,
e la capacità di interferire con la
nostra consapevolezza sociale,
modificando la percezione
stessa della realtà, attraverso
stereotipi di genere, di razza, di
orientamento sessuale, di
generazione.
33
46. Negli anni‘60 il boom economico segna la nascita di un
fenomeno storicamente nuovo, noto col nome di società
dei consumi. La disponibilità di beni di consumo, spesso
superflui, crea l’illusione di una ricchezza alla portata di tutti.
Tale illusione è
destinata a
produrre una
trasformazione
radicale nei
comportamenti e
nello stile di vita
degli italiani, con
conseguenze
ancora visibili e
forti.
46
50. Una storia particolare: Oliviero Toscani
Il noto fotografo cominciò la carriera di provocatore
sdoganando il lato B in primo piano sui
cartelloni pubblicitari negli anni ‘70: il “Chi mi
ama mi segua” del micro-jeans avvolto sulle
forme della modella Donna Jordan scandalizzò
la magistratura, la Chiesa, la politica, perfino
Pier Paolo Pasolini.
Le giovani donne trasformarono il marchio Jesus in
un simbolo di rottura e contestazione.
E Toscani continuò di provocazione in
provocazione, fino alle dodici vagine, una al
mese, piazzate su un calendario per vendere la
“Vera pelle italiana conciata al vegetale” che ha
suscitato aspre critiche tra le donne di tutte le
età.
50
51. La pubblicità crea modelli
I modelli pubblicitari funzionano perché
sono fonti credibili e attraenti, e quindi
non sono utili solo a vendere prodotti
ma, potenzialmente, anche a rafforzare
valori e ad insegnare stili di vita.
Se un mezzo di comunicazione di massa
filtra una descrizione del genere
femminile legata ad un ruolo sessuale
degradato o a tratti che minano la sua
dignità personale, i comportamenti di
ambedue i sessi ne rimarranno
fortemente influenzati.
51
52. Una denuncia che per una volta non arriva da gruppi di donne, ma da
coloro che la pubblicità la creano ogni giorno, diffondendo non solo la
conoscenza di questo o quel prodotto, ma anche culture e modelli
sociali in cui la gente, volente o nolente, tende a riconoscersi.
52
53. Quanta pubblicità produciamo
in Italia?
La società Nielsen stima che vengano prodotte e diffuse
ogni anno, tra mass media classici (stampa, tv, affissione,
radio, cinema) e internet, 80-100.000 campagne
pubblicitarie diverse. A questa massa va aggiunta tutta
l’enorme quantità di materiali promozionali che non
vengono veicolati dai mass media: cartelli da banco e da
vetrina, volantini, locandine, manifesti e segnaletica
promozionale per i punti-vendita, striscioni, depliant .
Poiché ogni campagna pubblicitaria è di norma
accompagnata dalla produzione di diversi materiali
promozionali, una realistica e cauta stima globale può
considerare qualcosa come 400.000 “pezzi” di pubblicità
prodotti ogni anno. Più di mille al giorno. 53
54. Una responsabilità
«Se è etico far girare l’economia di un Paese, è altrettanto
etico fare della pubblicità, che è un meccanismo della
produzione tanto quanto lo sono le macchine che creano
un oggetto o lo portano fino al supermercato. Ma il modo
in cui la pubblicità è fatta, il messaggio che trasmette,
incide profondamente sulla società.
Si parla tanto di responsabilità sociale dell’impresa, la si
applica alle aziende che fanno formaggini o automobili,
ma nessuno si preoccupa di applicarla alle imprese dei
media che pure hanno un’influenza enorme sulla mente
delle persone».
Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso,
lancia così l’allarme su modelli sociali e familiari, che gli spot
trasformano in fenomeni di massa.
54
55. L'Art Directors Club Italiano (la libera
associazione dei creatori di contenuti)
55
56. Un difficile dosaggio
Come conciliare la bellezza dell’immagine femminile
prestata all’esaltazione della seduzione e rivolta alle
donne, con la stessa immagine consegnata allo
sguardo maschile attraverso la volgarità di una rozza
fascinazione che si riversa su una moto, una
caffettiera, un divano?
Occorre usare gli stereotipi con attenzione e
consapevolezza, sempre chiedendosi se una
soluzione alternativa non sia possibile – e migliore.
56
57. Ad esempio, se si pubblicizzano mutande o reggiseni, o se
si promuovono campagne sociali come la prevenzione
del tumore al seno, ha senso inserire nella pubblicità un
seno o un fondoschiena, poiché l’immagine riportata è
pertinente con il prodotto sponsorizzato.
Quando invece si pubblicizza una macchina, una marca di
formaggini o una compagnia telefonica, il corpo della
donna non c’entra nulla con il prodotto.
Il suo utilizzo è quindi improprio e comunica al pubblico
messaggi sessisti, scollegati dal contesto e dall’oggetto
in questione.
57
64. 64
64
Una delle poche indagini comparative che ha analizzato
l’immagine della donna in dieci paesi europei (Austria,
Francia, Grecia, Inghilterra, Italia, Montenegro, Paesi
Bassi, Serbia, Slovenia, Svezia; per l’Italia i dati sono
stati raccolti dal CENSIS nel 2006), Women and media
in Europe, ha posto l’Italia nelle ultime posizioni, insieme
con la Grecia, per quanto riguarda la presenza di una
cultura sessista.
Il rapporto definisce l’Italia un paese “in resistenza”, in cui
la rappresentazione stereotipata della donna è
considerata un tratto antropologico così radicato che non
si pensa valga la pena di contrastarlo con politiche
evolutive.
65. 65
65
Sessismo
non equivale al discorso sui rapporti sessuali tra le
donne e gli uomini.
Sessismo è sinonimo di discriminazione di genere,
di ridicolizzazione di genere, di svalutazione di
genere, di sfruttamento di pulsioni oggettivanti
che mettono la figura della donna al centro di un
triste calcolo di vendite e di mercato.
L’oggettivazione sessuale si verifica quando delle
parti fisiche o delle funzioni di una donna sono
separate dalla sua persona, ridotte allo stato di
mero strumento, guardate come se fossero
capaci di rappresentarla.
66. Il sessismo: c'è chi lo riconosce e chi no.
C’è chi pensa, parla e agisce per contrastarlo e
chi per preservarlo.
C’è chi fa l’indifferente, perché gli va bene così.
Così c’è chi organizza la tratta delle donne e chi
la combatte. Chi non l’organizza, ma fa il
cliente.
66
67. Un’ossessione contemporanea
Nella società contemporanea, popolata dagli oggetti più
disparati, si tende ad enfatizzare il significato del corpo.
La pubblicità è diventata un’orgia visiva a una sola
dimensione … il corpo è l’ossessione della pubblicità
occidentale, con un’accentuazione speciale in Italia.
Corpi femminili seminudi, dovunque. Immagini ai limiti della
pornografia campeggiano in ogni spazio pubblico, sono
approvate e vengono scambiate per libertà d’espressione.
Perché non vengono vissute come preoccupanti e
aggressive?
67
68. Il corpo umano, anche scoperto, non è
volgare, non è qualcosa di cui
vergognarsi o da censurare.
Lo è la sua mercificazione, il modo in
cui esso viene usato.
Sfruttare il corpo di una donna (o peggio,
una sua parte) e usarlo come
specchietto per le allodole per
vendere è discutibile.
Non è la presenza di modelle più o meno
nude a determinare di per sé una
lesione alla persona, ma l’uso del loro
corpo e il senso della posa e
dell’atteggiamento, troppo spesso
ammiccanti ed evidentemente allusivi
a una disponibilità sul piano sessuale.
68
69. Una malintesa libertà sessuale ci ha
consegnato una sessualità dove il corpo
non si fa segno di nessuna
intersoggettività, dove l’intimità dell’altra
persona non ha bisogno di essere
attraversata e compresa, perché la
soddisfazione del godimento è ad
automatica portata di mano e non richiede
la fatica di una relazione.
L’orizzonte esistenziale che ne deriva è
povero, costellato di rapporti senza valore.
69
70. Da una pronuncia del Giurì
degradante della persona non è la bellezza
dell’uomo o della donna destinata
dall’inserzionista a suggerire, nella
comunicazione commerciale, il pregio del
prodotto reclamizzato, ma diventano
degradanti la condotta, la postura
dell’uomo o della donna o il contesto
narrativo della comunicazione nella quale
la bellezza del corpo è inserita.
70
71. Un modello indimostrato
Dietro c’è una rappresentazione degli interessi e
desideri degli uomini. Si presume che a loro
piaccia una donna attraente ma arrendevole, e
che quindi la loro sessualità debba essere
“machista”, dominatrice.
Vengono legittimati a occupare la posizione di
giudice di bellezza, di beneficiario di favori
sessuali, di soggetto che avanza richieste o che
addirittura abusa del corpo femminile, trattandolo
come un accessorio.
L’umiliazione di un genere colpisce anche l’altro.
71
72. Laurie Penny
Meat Market.
Carne femminile
sul banco
del capitalismo
72
73. Un contributo che le scienze sociali che studiano i media
potrebbero portare al risanamento dello spazio pubblico
è alimentare la capacità di interrogarsi sulle condizioni di
un discorso che non sia legittimante rispetto alle mode
del momento.
Mai come ora questo compito è apparso urgente, mai come
ora si è dimostrato difficile.
73
74. Una distinzione
Innanzitutto è fondamentale distinguere tra
pubblicità per, funzionale e utile alla donna
come persona, mirata al benessere fisico, alla
conoscenza e alla cura del proprio corpo, al
sentirsi bene con se stessa,
e
pubblicità con, nella quale la figura femminile,
funzionale al messaggio pubblicitario, è solo uno
strumento per il lancio del prodotto che con la
donna-persona ben poco ha a che vedere.
74
75. Molte autrici documentano come in pubblicità le figure
femminili siano guardate con occhi di maschio: un
osservatore implicito ma attivo.
E’ lui che attribuisce alla donna identità sociale.
75
76. Molte sono state le immagini della donna proposte dalla
pubblicità nell’ultimo secolo: c’è stato il tempo delle
bambole, quello delle maggiorate, quello delle silfidi,
delle vipere, delle vamp, delle miss, delle gioiose
massaie, delle emancipate, e via proseguendo fino
alle intraprendenti donne in carriera.
Tutte immagini stereotipate, tratte soprattutto
dall’esperienza e dall’immaginario degli uomini.
76
77. Ovunque la figura
femminile, distolta da
qualsiasi dimensione
soggettiva ed esperienziale,
diviene puro segno
al servizio del commercio
Presenta il
prodotto o è il
prodotto?
77
78. Variazioni sul tema
• La donna presenta
il prodotto
• La donna è il
prodotto
• La donna si
compra con il
prodotto
78
81. Oggi, creativi poco creativi
Dalla pubblicità su strada a quella in tv,
le donne oggi si trovano intrappolate in due
stereotipi: o casalinga e madre felice di pulire la
casa e di accudire figli e marito, o corpo giovane,
bello e soprattutto disponibile.
La frequenza e la ripetitività di questi soli due modelli fa
dell’Italia un caso di studio.
La pubblicità e i media non creano più nulla, ma si
ostinano a ripetere lo stesso cliché, sempre più
nevrotizzato.
La donna del terzo millennio ha il seno rifatto, è più
svestita e più esplicita, è solo un richiamo erotico, un
oggetto, un corpo anonimo da possedere.
81
87. Gli stereotipi
Per loro natura gli stereotipi di genere hanno un
doppio carattere: definiscono ciò che sono le
persone, ma anche come dovrebbero essere;
creando aspettative differenti per i
comportamenti maschili e femminili, finiscono
con l’avere una funzione normativa …
nel prefigurare un certo tipo di comportamento
come più desiderabile per un genere anziché
per un altro
Gli stereotipi ostacolano il cambiamento
87
88. Il corpo delle donne è
utilizzato dalla pubblicità
sia per biancheria intima,
creme rassodanti,
profumi e make-up, che
per vendere bibite, viaggi,
auto e qualunque altra
merce.
Col nudo femminile “si va
sul sicuro”.
È il mercato che ce lo
chiede, dicono i
responsabili marketing
dei giornali, le aziende e
le agenzie pubblicitarie,
innescando il circolo
vizioso fra la domanda e
l’offerta: più corpo la
gente chiede, più gliene
diamo. Ma più se ne dà,
più ne sarà chiesto,
naturalmente.
88
89. Una strada percorsa al contrario
C’erano un tempo i
calendarietti profumati
del barbiere, i poster per
camionisti …
delegittimati nella cultura
diffusa.
Ora le immagini degradate
campeggiano in ogni
spazio pubblico, e sono
proposte a modello.
89
93. Un precedente famoso … è nel pieno degli anni ‘70
che cominciano a comparire le immagini di corpi femminili
ad alto contenuto erotico.
Salvi Stubing, la bionda vestita da marinaretta che arriva dal Nord a
dichiarare la sua spudorata - per quei tempi - disponibilità nel bel
mezzo del pudico Carosello, è la prima di una lunga e fortunata serie di
belle donne che hanno fatto sognare mezza Italia
93
94. Lo slogan che identificava donna e oggetto
(Chiamami Peroni … sarò la tua birra) è
stato recentemente rivisitato in una
pubblicità televisiva dell’auto Giulietta di Alfa
Romeo:
Guardami, toccami, accarezzami, sussurrami,
prendimi, scuotimi, incitami, venerami,
esaltami, sentimi, proteggimi, criticami,
lasciami, amami, rilassami. Io sono Giulietta.
Prima di parlare di me, provami.
94
95. Birra = bevanda maschile
E allora la donna / birra
viene marchiata come
un animale
95
102. Il rum si vende con donne senza volto, ridotte a semplici
parti del corpo erotizzate, sensuali, umide, abbronzate.
Non si vende il sapore o la qualità, si vende il sesso che
evoca il concetto di divertimento declinato al maschile.
102
131. Pubblicizza un raduno di motociclisti precisando che del
menu fa parte il lavaggio sexy, cioè una procedura che
vede una ragazza condividere con una moto la condizione
di far da bersaglio a getti d’acqua e di schiuma
131
132. Anche nelle competizioni motociclistiche internazionali
le grazie delle ragazze ombrello
vengono vendute a caro prezzo agli sponsor
132
133. Ducati: “Che mondo dei motori sarebbe senza la fantastica presenza delle
ragazze ombrello, o ombrelline che dir si voglia, delle sexy girl, delle standiste
e di tutte le bellezze femminili in genere che circondano e incorniciano
meravigliosamente il mondo dei motori?”
133
136. Gli uomini guardano le
donne. Le donne
guardano se stesse
mentre sono guardate
Sulla base di questa
considerazione …
136
137. Continuamente sotto lo
sguardo degli altri, le
donne sono condannate a
provare costantemente lo
scarto tra il corpo reale, cui
sono incatenate, e il corpo
ideale cui si sforzano
senza sosta di avvicinarsi.
«Confinando le donne allo status di
oggetti simbolici, che sempre
saranno guardati e percepiti
dall'altro, il dominio maschile le
colloca in uno stato di costante
insicurezza. Dovranno lottare
senza sosta per risultare
attraenti, belle e sempre
disponibili».
Pierre Bourdieu - Il dominio
maschile 137
142. Siamo sicuri che sia creativa?
"Il corpo della donna in pubblicità: la
scorciatoia preferita per chi è a corto di idee"
dal blog di Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors
Club Italiano
142
181. Nudo è bello? No, è banale
Il più delle volte serve a portare alla ribalta
prodotti del tutto anonimi, uguali a tanti
altri,
o aziende locali a corto di immaginazione e
di cultura.
181
212. Trasformare una donna in un oggetto
significa deumanizzarla.
In questo modo la violenza diventa, in
qualche modo, giustificata: non sto
“picchiando” una persona, ma sto
prendendo a calci un oggetto.
212
252. Le maggiori compagnie telefoniche nazionali azzerano ogni idea di
differenziarsi cimentandosi, quali che siano le offerte e i prodotti da
pubblicizzare, in un’assurda gara di modelle variamente discinte e scosciate
252
273. Deumanizzazione
Numerose ricerche dimostrano che
maggiore è l’esposizione di donne e
ragazze a messaggi sessualizzanti e
oggettivizzanti, minori saranno le loro
aspirazioni e prestazioni, e maggiore il
disagio psicologico, soprattutto sotto
forma di disordini alimentari.
Quando sono gli uomini ad essere esposti
ad immagini di donne (o, ahimé,
bambine) sessualizzate e oggettivizzate,
come nella pornografia, aumenta la
disistima per le donne e la violenza nei
loro confronti viene ulteriormente
legittimata. 273
285. Il prototipo voleva essere tenero …
Per una sommaria
cronologia
dell’esposizione dei culi
femminili possiamo
iniziare dalla pubblicità
della Coppertone negli
anni ‘60
285
286. E’ facile identificare nella
réclame di slip e tanga
Roberta il primo culo
“scoperto” a larga
diffusione nazionale.
È quello della giovanissima
Michelle Hunziker e viene
offerto allo sguardo di
improbabili acquirenti
maschi: negli anni ‘80
improvvisamente
tappezza intere città, muri
e tabelloni pubblicitari in
tutto il Paese.
286
289. 1993
Inquadrature dal basso
anche nel famoso
commercial Martini,
definito «il culo più amato
dagli italiani».
Appartiene a Charlize
Theron, ed è utilizzato
non come usuale
elemento di
adescamento, ma per
sancire la vittoria in un
rapporto di potere fra
uomini.
289
291. Censura? «È un’altra cosa. Bisogna cercare il punto di
equilibrio fra la libertà d’espressione e il rispetto della dignità
delle donne, troppo spesso offesa da un eccessivo uso del
loro corpo a fini politici o commerciali», si augura Valente.
Ttt Lines replica con il suo
responsabile commerciale, Marco
Maiorano: «È una campagna dal
tono allegro. Nulla di spinto. Non
pensavamo di offendere, abbiamo
fatto molta attenzione durante la
fase di realizzazione. Se ce ne
fosse bisogno, siamo pronti a
mettere in campo i nostri legali per
opporci alla rimozione».
326. Un po’ di esotismo non guasta
Negli ultimi anni le
dinamiche del
mercato della
prostituzione hanno
mostrato che la
variazione dell’offerta
aumenta la domanda
326
348. "Le foto del tuo sedere sono più belle se ritoccate con Instagram,
mandacele", questa la presentazione di un gruppo su Facebook
dedicato alla raccolta di fotografie con un unico tema.
348
349. Dopo le proteste scaturite dalla presenza da questo
cartellone nel cortile di una scuola elementare, l’immagine
è stata rimossa. Una mamma: «Siamo soddisfatte». La
maestra: «I bambini ne parlavano tra loro»
349
352. Lo sdoganamento della trivialità
Voci di maschi autorevoli hanno detto in sedi
pubbliche:
Le donne stanno sedute sulla loro fortuna
Ha un culo che parla e tanto basta
In un passato anche recente, non se lo
sarebbero potuti permettere!
352
388. Morale della favola: il premio in palio è un
intervento del chirurgo plastico
388
389. Non è grave se, per pubblicizzare un gelato,
viene utilizzata l’immagine di una bocca
femminile, ma l’umiliazione che viene
provocata in chi guarda, nell’utilizzare SEMPRE
e SOLO bocche femminili per pubblicizzare
qualsiasi sorta di prodotto , è evidente.
389
396. Donne e patate
“ Io di patate ne ho viste tante. Gustose,
fragranti. Non ce la faccio a stare
senza, le ho provate tutte… Fidati di
uno che le ha provate tutte, Amica
Chips è la migliore”
Il noto marchio ci riprova con il solito
utilizzo della banale ambiguità della
parola patata ma questa volta
proponendo una sorta di concorso
di bellezza, “Miss Patata”, creato
tramite l’utilizzo di facebook dove
gli utenti mediante il “mi piace”
esprimono la loro preferenza che
porterà alla proclamazione della
“patata regina”.
396
425. I nuovi (?) calendari
Il Consorzio toscano “Vera pelle italiana
conciata al vegetale” con lo scopo (si
presume) di far conoscere un prodotto
artigiano nazionale di qualità, ha
commissionato al noto fotografo Oliviero
Toscani un calendario corredato da
fotografie in primo piano di 12 pubi femminili,
di donne o di ragazzine: nient’altro che
pelle e pelo, anzi, come scrive Toscani
stesso nella presentazione del calendario,
12 “magnifiche tarte au poil “ (torte al pelo).
Il giornale Rolling Stones l’ha distribuito in
allegato.
Lo Iap, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria,
ha preso posizione contro il calendario.
425
426. Anche le griffes …
Dal profumo ai gioielli, dagli orologi alle scarpe, le grandi firme
ricorrono a immagini sexy per attirare l'attenzione
426
468. … e i partiti progressisti
Nella versione maschile l’aria
nuova fa svolazzare la cravatta
di un uomo, che viene
rappresentato nella parte
superiore del corpo e in modo
professionale, bello inamidato e
vestito.
Nella versione femminile del
manifesto invece si rappresenta
la sola parte inferiore del corpo
di una donna che con le mani
cerca di coprirsi le gambe e di
abbassare una leggera gonna
rossa sollevata dal vento del
cambiamento, in una posa
ammiccante neanche fosse una
novella Marilyn Monroe.
468
470. … e gli imprenditori:
il corpo femminile come contenitore
470
471. Anche nel web
Se digiti su Google
“giornalisti”: appaiono i siti dell’Ordine e
della Federazione
“giornaliste”: cercansi giornaliste sexy per
pornotv; le giornaliste più sexy della tv
471
476. Le donne sono “a disposizione”,
e lo scopo è sempre lo stesso
gadgettistica disponibile
sul mercato della felicità
Si rappresenta il genere femminile come un esercito di
prostitute e gli uomini come un esercito di utilizzatori finali.
Tutto questo torna a presupporre l’argomento principe, il
secolare territorio di contesa:
il corpo
476
478. Da secoli si dibatte sulla triste, rozza ma
ricorrente abitudine maschile a risolvere i
propri problemi di relazione con le donne
ricorrendo al sesso a pagamento; sulla
diffusa incapacità maschile, in tante situazioni
e rapporti, a cimentarsi con donne non
subalterne.
È questo l’esito delle fatiche che donne e
uomini di più generazioni hanno sopportato
per poter vivere come eguali nella vita
pubblica e in quella privata?
478
479. La pornografia non è più una trasgressione
marginale, ma è il veicolo per eccellenza dello
scambio di merci
479
493. L’emarginazione che
le donne hanno
conosciuto per secoli
è stata sostituita con
un’integrazione
pagata al prezzo di
una spoliazione di se
stesse.
L’Io diventa anch’esso
un prodotto, un
oggetto di consumo
che si acquista
senza fatica in un
centro commerciale.
493
538. Il nostro non è un intento di stampo moralista. Non ci
siamo mai battute contro il nudo e la sessualità.
Anzi, riteniamo che questi siano profondi tabù sociali,
e che la malizia spesso presente in pubblicità, che si
tratti di uomini o di donne, sia conseguenza diretta di
negazioni e frustrazioni vissute nel quotidiano.
Il sesso è bello, il sesso è
importante
Fa parte di noi. Della nostra vita. Nutre
la nostra immaginazione in mille modi
diversi … ma quando viene utilizzato
in modo così volgare e inutile, non
sembra di assistere a uno spreco?
538
539. È tutta colpa dei media e dei falsi modelli
che trasmettono?
O i media fanno da cassa di risonanza,
amplificatori di una questione che è
prima di tutto sociale e culturale, insita
nel nostro vivere quotidiano e nel nostro
sentire comune?
È possibile che non ci siano modelli
alternativi che valga la pena trasmettere e
diffondere, soprattutto per le nuove
generazioni?
539
541. Ma a quali uomini si rivolgono?
Le donne parlano
Ma il silenzio degli uomini sugli
uomini non è preoccupante?
Dietro ogni rappresentazione
volgare della donna si
presuppone l’esistenza di un
uomo ridotto a un desiderio
bulimico e coatto, schiacciato
nella dimensione del consumo,
che non solo prescinde dalla
relazione ma quasi ha
bisogno di negarla
Aspettiamo, pubblica e
visibile, una parola
maschile
541
542. Gli stereotipi sono lesivi della dignità della donna, ma
anche di quella dell'uomo, ridotto e umiliato in una
rappresentazione animale e machista
Molti nostri compagni hanno percorso strade diverse
rispetto ai modelli che furono dei loro nonni, hanno
esperito diversi livelli di libertà e di coscienza, rapporti
più sapienti con il proprio corpo
Perché le esperienze private non diventano voce
pubblica? Perché i maschi accettano che li si
rappresenti così? Proprio tutti si identificano con i
tronisti? Perché non rifiutano di essere schiacciati
nella stupida scelta “o puttaniere o gay”?
Il riscatto può passare anche per la testa
degli uomini
542
543. Se nella società contemporanea lo scopo delle
donne fosse conquistare un uomo che le
mantenga per poi figliare, se l’obiettivo degli
uomini fosse scegliere una donna da mantenere
per potersi riprodurre e la scelta si giocasse tutta
sull’aspetto fisico, identificare la donna con il
suo corpo e considerare il corpo esclusivamente
un’arma per sedurre avrebbe senso.
È evidente che nella società contemporanea uomo
e donna non sono questo. Perché, allora, lo
sguardo maschilista persiste e condiziona
ancora il nostro immaginario, le nostre azioni, le
scelte, la psiche, i click?
543
544. Nuovo canale Sky per uomini:
si può accettare questo slogan?
544
545. Gli uomini si sono costruiti da soli
le loro gabbie
545
546. Gli uomini non sono tutti maniaci sessuali e le donne non
sono tutte disponibili al sesso senza voglia.
Sessismo non significa rappresentazione di scene dirette
o allusive al sesso, ma è sinonimo di discriminazione, di
ridicolizzazione, di svalutazione di genere, di
sfruttamento di pulsioni oggettivanti che mettono la
figura della donna al centro di un calcolo di vendite e di
mercato.
Qui non stiamo parlando del sesso privato. Stiamo
parlando di una paccottiglia pubblica di riferimenti
grotteschi e volgari, che filtrano lentamente nella nostra
testa andando ad alimentare, in un vorticoso corto
circuito, il pensiero unico.
546
547. Che relazioni
umane
suggeriscono?
Dopo aver visto contenuti
oggettivanti, gli uomini sono più
pronti a pensare alle donne come
oggetti sessuali e a trattarle di
conseguenza.
547
575. Spagna. L’Istituto Donna (organismo del Ministero del lavoro),
i Verdi e alcune associazioni di consumatori
hanno chiesto il ritiro di questa campagna
575
588. Qui vediamo un uomo nudo in una posizione di passività, utilizzato come
decorazione e avvolto da una carta-regalo.
Il consumismo esasperato svilisce i nostri corpi relegandoci alla stregua di
schiavi.
588
602. C’è il dominio del maschio,
ma anche la malinconia di una sessualità maschile
incapace di riconoscere la possibile ricchezza del
proprio desiderio
602
603. Un tuo amico dice: “Senti questa barzelletta, è divertente”.
Sorridi e ti aspetti di fare una bella risata, invece ti trovi
ad ascoltare una barzelletta umiliante per le donne. Le
descrive come incompetenti, deboli, continuamente
isteriche, oppure come semplici strumenti sessuali.
Molte barzellette parlano di cose terribili come lo stupro
in un modo “scherzoso”.
Il sorriso ti si è gelato sulle labbra e ti senti a disagio; sai
che tutto questo non è giusto. Vorresti dire qualcosa ma
ti sembra che agli altri uomini presenti la barzelletta sia
piaciuta. Sorridono e tu non vuoi fare il guastafeste.
Ma forse, forse, forse, alcuni di loro stanno pensando le
stesse cose che pensi tu; forse quel sorriso che hanno
stampato in faccia è imbarazzato quanto il tuo.
603
605. La televisione commerciale ha bisogno di
agganciare il pubblico in modo facile e
immediato.
Un buon modo di farlo è lavorare utilizzando gli
stereotipi che come tali sono immediatamente
“familiari” al pubblico. Ed è proprio quello che
spessissimo è avvenuto.
Questo non ha giovato all'immagine femminile,
giacché gli stereotipi riferiti alle donne sono non
solo ristretti, ma per lo più negativi.
605
606. L’immagine della donna è stata la principale
vittima sacrificale del nuovo corso pubblicitario
introdotto dalla commercializzazione del sistema
televisivo.
Con questa trasformazione la pubblicità ha
introdotto prepotentemente nella comunicazione
e nella cultura di massa la rozzezza di
un’atavica subcultura maschilista.
«Sembra – ha scritto Aldo Grasso – che la donna
non sappia fare altro che spogliarsi, sgambettare
e ammiccare».
606
607. Nella società dello spettacolo il corpo delle donne è merce di
scambio ed elemento rassicurante per l’identità maschile.
Con la complicità di una parte del mondo femminile, il
populismo mediatico degli ultimi vent’anni ha intrappolato la
donna nel suo atavico ruolo di oggetto di piacere.
Che l’apice della supposta emancipazione delle donne possa
coincidere con il consumismo è un indice della miseria della
nostra epoca.
È lecito chiedersi: come mai una lunga storia di lotte e di
consapevolezza è stata cancellata nello spazio di uno spot?
607
608. I modelli mediatici funzionano perché sono fonti credibili e
attraenti, e quindi non sono utili solo a vendere prodotti
ma, potenzialmente, anche a rafforzare valori e ad
insegnare stili di vita.
608
608
Se un mezzo di comunicazione di massa filtra una
descrizione del genere femminile legata ad un ruolo
sessuale degradato o a tratti che minano la sua dignità,
i comportamenti di ambedue i sessi ne rimarranno
fortemente influenzati.
609. • Ecco un normale pomeriggio televisivo: un
sondaggio “Vorresti vedere tua figlia nuda sui
calendari?”, un lancio delle protesi al silicone per il
seno, un servizio dal titolo “Il ritorno della donna
bella e muta”. 81% degli adolescenti italiani
davanti al video.
• 167.011 bambini da 4 a 5 anni nel 2009 hanno
visto tutte le puntate del Grande Fratello.
609
610. 610
610
Cedaw
In Italia le donne sono rappresentate
come oggetti sessuali. Questa è una
delle principali critiche sollevate all’Italia
dal Comitato delle Nazioni Unite che ha il
compito di monitorare l’attuazione della
Convenzione ONU per l’eliminazione
di ogni forma di discriminazione nei
confronti della donna (CEDAW) negli
Stati che l’hanno ratificata.
Secondo le Nazioni Unite, in Italia persistono
profondi stereotipi che hanno un
impatto schiacciante sul ruolo della
donna e sulle responsabilità che essa ha
nella società e in famiglia.
611. Neo tv
Nella tv diventata tutta commerciale set
della pubblicità e set dei programmi
coincidono: per esibire i suoi corpi, la
tv recupera il senso della piazza (ora
è virtuale) come luogo dove si
presentano e si spettacolarizzano le
merci, e i corpi diventati oggetti di
consumo.
Migliaia di corpi passano, minuto dopo
minuto, sul piccolo schermo.
La proprietà onnivora del consumo
cattura tutti coloro che entrano nel
gioco.
611
612. Il consumatore - scarafaggio
Il corpo è oggi presentato con immagini
sempre più spinte, la cui attrattiva sessuale
è proposta di frequente in modi banalmente espliciti.
Per spiegare questo fenomeno possiamo fare ricorso
a una legge brutale, come la definisce Adriano Zanacchi nel suo
Libro nero della pubblicità,
quella del consumatore/scarafaggio: dopo un po’ il solito insetticida
non basta più e lo devi spruzzare con roba più forte.
Quando la ripetizione non basta, si può aumentare la dose, fino ad una
soglia superata la quale si approda al cambiamento qualitativo,
ovvero si passa dalla banalità alla pornografia.
612
612
613. 613
613
In principio furono la contestazione, il
femminismo e la liberazione
sessuale; poi vennero la donna
oggetto, le scosciate tutte-tette delle
tv commerciali, l’imperativo dei
giovani belli e disinibiti a tutti i costi.
Qual è il nesso che tiene insieme tanti
ribaltamenti di ruoli e di costumi,
all’apparenza tra loro stridenti?
Qual è la strada che ha condotto dalla
minigonna degli anni ’60 alle nudità
dei ’90, dalla rivendicazione
femminile dei diritti sul corpo
all’esibizione spudorata della
sessualità, dall’accettazione di sé
alla manipolazione estetica?
E che dire degli uomini, sospesi tra il
sogno dell’harem e il mito della
tenerezza materna?
614. Curiosamente, la nostra
televisione oscilla tra una
debole attenzione per le donne
(che pure nella società
lavorano, pensano, curano le
relazioni) - quasi che l’Italia
fosse abitata da un solo sesso
(quello cosiddetto forte) - e
l’interesse estremo per
l’aspetto fisico - curve sopra e
curve sotto - da mettere in
mostra, concupire, utilizzare.
614
615. Avrò una figlia
Quali modelli le proporrò?
Come le spiegherò le veline e le meteorine e le
letterine e le letteronze e le ragazze cin cin e le
ragazze fast food e le schedine e le
professorine e le coloradine?
Cosa le dirò del perché in tv le femmine stanno
sempre in bikini e i maschi sono vestiti sempre
di tutto punto?
È questo l’esito delle fatiche che donne e uomini
di più generazioni hanno sopportato per poter
vivere come eguali nella vita pubblica e in
quella privata?
615
621. Il prototipo
Deriva dal nome delle
vallette del programma
Striscia la notizia, anche
se le ragazze Fast Food
di Drive In degli anni ‘80
furono le madri
Con “velinismo” si vuole
intendere l'invasione di
figure femminili con le
stesse caratteristiche
delle vallette di Striscia
621
626. Caro Antonio Ricci
Lei ha sempre detto che il ruolo della
Velina è nato come satira contro i
giornali che esibiscono il corpo
femminile dappertutto: non è
consapevole che il ruolo della velina
è diventato contemporaneamente per
le ragazzine un modello a cui
aspirare?
Siccome non siamo ciechi e nemmeno
vogliamo fare finta di non vedere,
non possiamo continuare a credere
che il ruolo della Velina abbia
mantenuto quella funzione satirica
che Lei ogni minuto rivendica, dal
momento che ogni due anni propone
un casting lungo un’estate intera.
626
627. E le Ragazze coccodé, poco vestite e
sculettanti? era ironia?
627
634. Ciao Darwin, il non plus ultra degli
stereotipi: Eva contro Eva
• Caste contro Libertine
• Vergini contro Esperte
• Vergini contro Rifatte
• Belle contro Brutte
• Vigilesse contro Donne al volante
• Suocere contro Nuore
• Mogli contro Amanti
• Magre contro Ciccione
• Madri di famiglia contro Trasgressive
634
645. Esistono perfino le
Cessine: modelle da
calendario per
un’azienda
produttrice di bagni
chimici
645
646. Il bombardamento ideologico televisivo non è
esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto.
Ma mai “un modello di vita” ha potuto essere
propagandato con tanta efficacia che attraverso
la televisione. Il tipo di uomo o di donna che
conta, che è moderno, che è da imitare, che è
da realizzare, non è descritto o decantato: è
rappresentato!
Pier Paolo Pasolini
646
647. A inventare e promuovere il
genere “velina” sono state le
reti televisive e la corsa
all’Auditel
ma ad accettarlo e a farne,
giorno dopo giorno, anno
dopo anno, un modello
condiviso siamo stati un po’
tutti, a partire dai commenti
svagati o dal ridacchiare
pruriginoso sul divano di casa
… 647
649. Velinista è
• Chi si guarda allo specchio e si vuole
come gli altri la vogliono
• Chi vuole fare la velina, e fa le prove
specializzandosi a scuotere seni e
natiche davanti allo specchio
• La mamma che spinge la figlia alle
selezioni e ai concorsi di bellezza
• Quella che fa i calendari sexy
• Quella che si spoglia e poi manda il
filmato a YouTube
• Quelle che allega al curriculum il book
con le foto seminuda
• E’ aspirante velinista la bambina che
prende una sorella maggiore come
idolo perché somiglia a una velina
649
654. L´eros fasullo del corpo plastificato, la donna
ridotta a bambola virtuale, genera la
frustrazione del desiderio più profondo.
Trasforma ogni incontro in uno stupro.
Disgiunge il corpo dall’anima. Danneggia
tutte e tutti.
654
657. Che cosa accadrebbe se due ragazzi fossero costretti a
ballare, in Tv, di fronte a a milioni di telespettatori, sulla
scrivania su cui sono sedute due donne attempate,
oppure appesi a un gancio come prosciutti, sotto lo
sguardo ilare di tutti?
Probabilmente si leverebbe un coro di proteste. Perché, al
contrario, se, come di fatto accade, al posto dell’uomo
c’è una donna, per giunta quasi nuda, nessuno si
ribella?
Perché appare ovvio che le giovani donne siano trattate in
tv come oggetti, svolgendo ruoli che non richiedono
alcuna competenza?
È davvero ipotizzabile la parità di opportunità tra uomo e
donna se non vi è parità di rappresentazione mass
mediale?
657
658. E non mi dite “basta spegnere la tv”
Spegnere la tv è un atto elitario.
Posso decidere di non guardare la tv, ma non
vantarmene e ancor più raccomandarlo
come una ricetta di bon ton.
Significa non comprendere il Paese, non
vedere il disagio, non frequentare gli
ipermercati di sabato pomeriggio, non
andare mai in periferia, non passare mai
un’estate dove i comuni mortali vanno in
vacanza. Non essere mai entrati in una
scuola.
658
659. Le donne non sono innocenti
La responsabilità è anche nostra
659
660. In tutto questo non si può tacere di un nuovo tipo
di complicità femminile: molte donne
partecipano allo scempio, e partecipano
volentieri
Quante aspiranti candidate giovani, carine e
precarie affidano ai book fotografici, o peggio
alla costruzione di scandali sessuali, il loro
cursus honorum? Quante mamme le
sostengono?
Cause endogene o esogene? Selezione alla
rovescia? O intreccio perverso di esclusione e
di autoesclusione?
660
661. 661
661
Un capitale da mettere a frutto
“Il corpo è mio e lo gestisco io” era uno slogan che voleva
chiudere con l’antica figura della donna “riposo del
guerriero”, “regalo fatto da Dio agli uomini “.
Era sembrata una svolta irreversibile, l’affermazione di un
nuovo senso comune.
Oggi non si può dire che le donne non si siano impossessate
del proprio corpo. Ma per farne cosa?
Donne immagine e prostitute di lusso hanno fatto di sé una
nuova figura del mercato, che procede attraverso
l’oculato bilanciamento dei costi e dei profitti, il dosaggio
fra asservimento e pretesa di compensi dissociati da ogni
personale competenza.
686. Il risultato
Una rappresentazione così insistita, come
hanno dimostrato innumerevoli ricerche,
abbassa l’autostima delle ragazze e
legittima, aumentandone la frequenza, la
mancanza di rispetto, il disprezzo, le
molestie e perfino la violenza maschile
contro le donne.
In questo tempo confuso non è facile
essere donne
686
688. 1982 2007
Invecchiare da piccole:
ancora dalla parte delle bambine
A quasi trent’anni dal saggio di Elena Gianini Belotti,
che denunciava i condizionamenti culturali all’origine dei ruoli di genere,
poco è cambiato. 688
693. L’erotizzazione del corpo infantile
rispecchia una tendenza diffusa tra gli
operatori della pubblicità, secondo cui il
sesso può essere utilizzato per vendere
qualsiasi cosa.
Lo stimolo erotico quindi è pensato per
raggiungere gli adulti, il che rende
particolarmente ambiguo e inquietante
questo genere di operazioni commerciali.
693
694. Educazione sessuale?
Oggi i bambini subiscono un
bombardamento di messaggi
erotizzanti e spesso contraddittori,
che li portano a farsi un’idea
distorta della sessualità
Le immagini affascinano, producono
intense emozioni, diffondono
modelli di comportamento, stili di
relazione, stili di vita, strategie per
la risoluzione di conflitti … e perciò
educano! 694
697. Ha fatto il giro del mondo la notizia di un’azienda inglese
che ha lanciato una linea di reggiseni imbottiti per bambine
di sette anni, in modo che il loro seno dia l'impressione di
essere cresciuto di una taglia.
697
707. Le riviste destinate alle lettrici
più giovani proliferano di
messaggi che rimarcano
l’importanza di presentarsi
sessualmente attraenti per
stuzzicare l’interesse dei
maschi.
Internet, poi, è una miniera di
materiali che propongono
soggetti in tenera età
rappresentati in maniera
erotizzata.
Stilisti alla moda seguono
questa tendenza.
707
714. L’erotizzazione precoce incoraggia le
bambine ad impegnarsi in atteggiamenti
seduttivi che attirino l’attenzione dei
maschi, prima di essere in grado di
comprenderne le potenziali
conseguenze sul piano fisico e
psicologico.
L’oggettivazione del corpo e
l’identificazione con un modelli adulti
conducono ad una rappresentazione
del sesso di tipo strumentale: la
sessualità può essere concepita e
vissuta alla stregua di una merce di
scambio, a discapito della componente
relazionale e affettiva.
Il fatto che, per imitazione e omologazione,
una bambina assuma atteggiamenti da
lolita, seduttivi nei confronti dell’altro
sesso, non fa che rafforzare questa
tendenza. 714
716. Il titolo del servizio
annunciava una
panoramica sugli abiti
da sposa di tendenza
… perché allora
fotografare una
bambina seminuda?
Non vediamo né abiti
né sposa, e quindi che
senso ha questa foto ?
716
733. Trasformata in oggetto di consumo, la bambina che per la
gioia dello sponsor (e della mamma …) assume pose
seduttive e occhieggia allusiva dai cartelloni pubblicitari,
lancia un chiaro messaggio di disponibilità; il che ha
l’effetto, nella realtà, di rendere le sue coetanee più
esposte e vulnerabili.
L’erotizzazione precoce ha tra i suoi effetti quello di
incoraggiare le bambine ad impegnarsi in atteggiamenti
seduttivi che attirano l’attenzione dei maschi prima di
essere in grado di comprenderne le potenziali
conseguenze sul piano fisico e psicologico.
L’oggettivazione del corpo e l’identificazione con un modelli
adulti conducono facilmente ad una rappresentazione
del sesso di tipo strumentale, nel senso che la sessualità
può essere concepita e vissuta alla stregua di una merce
di scambio, a completo discapito della componente
relazionale e affettiva. 733
734. Vengono trasformate in
oggetti di desiderio.
Diventano prigioniere dello
sguardo degli altri per
esistere.
Si formano un'idea
dell'amore centrata sul
sesso e sul consumo.
734
742. • Libera infanzia è una
campagna che invita a
riflettere e non chiudere gli
occhi contro l’erotizzazione
del corpo infantile, gli stereotipi
di genere e l’adultizzazione
dei bambini. In Italia parlare
della condizione infantile nei
mass-media è ancora tabù.
• Libera Infanzia non si limita
solo a segnalare e creare un
monitoraggio sui mass media
ma anche di avviare un vero e
proprio boicottaggio dei
prodotti e delle aziende che
violano l’infanzia.
742
755. Si chiama Bimbo e viene dalla Francia (200.000 iscritti) il nuovo
gioco virtuale sul Web che sta spopolando anche tra le
bambine italiane: la sua traduzione è più o meno "velina“
Funziona come qualsiasi gioco virtuale a punteggio, basta
registrarsi nel sito, scegliere un avatar, un guardaroba di abiti
loliteschi, un portafoglio di 1000 soldi-Bimbo virtuali e si
comincia l’avventura che insegna alle bambine dai 9 anni in su
a diventare una futura velina
Si possono acquistare creme di bellezza, investire in abiti sexy,
cambiare le acconciature dei capelli, fare piercing e tatuaggi
La Bimbo-Velina naturalmente deve essere magra, quindi dovrà
nutrirsi poco consumando alimenti dietetici e ricorrere alla
chirurgia estetica per ritoccare le forme ancora acerbe
Dopo si passa all’acquisto di appartamenti e ville
Per far diventare famosa la propria Miss occorre avere punti-attitudine,
che si guadagnano ad esempio andando dal
parrucchiere, sottoponendosi ad una seduta di lampada
abbronzante, ad un make-up artist, ad una mastoplastica
additiva per il seno, andando a rimorchiare in un locale (go
flirting) oppure esercitandosi in baci alla francese in un city club
755
757. Pole dancing all’asilo nido
Stamattina ho letto una notizia sconcertante
In inglese si dice pole dancing. Letteralmente significa
“danza della pertica”, ma non c´entrano danza e
ginnastica: è il ballo erotico, con le gambe avvinghiate a
un palo, diventato di rigore in ogni topless-bar, lap-dance
club e night-club
Ora salta fuori che in Inghilterra qualcuno vuole insegnare
“pole dancing” a bambine di tre anni: succede in una
scuola di danza del Northampton, la Make Me
Fabuolous (Rendimi favolosa). L´istruttrice racconta di
avere cominciato dando lezioni alle mamme, poi ha
pensato di estenderle anche alle figlie in età da asilo
nido: «Non c´è niente di male» assicura «è un esercizio
sexy, rilassante e rinvigorente»
757
761. In tutto questo non c’è niente di naturale, ma è tutto
costruito dalla cultura
Ciò che è culturale è anche revocabile
Sta a noi decidere se fare qualcosa, se voltare pagina
In molti Paesi è aperto da tempo un serio dibattito
culturale e normativo: da noi è ancora terra di frontiera,
oppure pare un recinto per suffragette nostalgiche
Protestare civilmente serve, esser consapevoli dei
propri diritti serve, saper comunicare serve
Ancor di più serve disporre di una buona preparazione
culturale ed essere in grado di utilizzarla per cercare di
cambiare il mondo, se non ci piace
761
761
762. La pubblicità può cambiare sul serio e diventare più
rispettosa delle donne solo se, insieme alla
consapevolezza degli addetti ai lavori e delle imprese
committenti, crescono la sensibilità del pubblico e
l’equilibrio dell’intero sistema in termini di parità di
genere.
Le aziende devono sentire questa richiesta, forte e chiara.
Le agenzie e i professionisti della pubblicità devono
sapere che la vigilanza collettiva su quanto producono è
diventata più stretta, puntuale ed esperta.
In tema di parità, bisogna ricordarlo, l’Italia è messa male:
al 74° posto su 135 Paesi nel 2010 e 2011, all’80° nel
2012, nell’indice del World Economic Forum che misura
la disuguaglianza tra uomini e donne .
762
764. Succubi?
C’è chi pensa che le donne italiane
siano completamente assuefatte
allo svilimento quotidiano della
loro immagine, anche a causa
dell’azione pervasiva di una
televisione diventata assai
volgare.
È però un'ipotesi tutt’altro che
provata, a giudicare dalle opinioni
che raccogliamo quotidianamente.
Il fatto è che la grande maggioranza
delle donne non dispone di canali
per far conoscere la propria
opinione critica.
Molte però si muovono
764
766. La manifestazione del 13
febbraio 2011 (“Se non ora,
quando?”) è stata capace di
sfidare lo stato depressivo in
cui sembrava versare anche
la parte migliore della società
italiana, alzando il sipario su
una realtà sommersa:
sintomo del fatto che le
donne non sono mute e
asservite come tutti si
aspettavano.
Segno del fatto che ci sono
donne - la maggioranza - che
hanno sogni, aspirazioni e
aspettative di vita diverse.
766
767. Non c’è niente di bigotto nel
parlare di rispetto e
dignità.
Etica e moralismo non sono
sinonimi.
Reagire a un clima che ci
umilia non è togliere
spazio alla vita e al
desiderio, bensì
riconoscere come
inaccettabile un sistema
di sopraffazione
mascherato da libertà.
767
768. Libro e documentario
Nel maggio del 2009 la blogger
Lorella Zanardo ha messo in
rete un documentario
(www.ilcorpodelledonne.com),
realizzato con Cesare Cantù e
Marco Malfi Chindemi, che si
proponeva di innalzare il livello
di consapevolezza
sull’immagine delle donne
nella tv italiana.
Nel 2010 è uscito il libro.
768
771. Che fare?
Non c’è niente di più martellante di una campagna
pubblicitaria. Non scegliamo cosa, non
scegliamo come, non scegliamo quando, eppure
ci ritroviamo quello spot o quel cartellone
pubblicitario che ci inseguono per un sacco di
tempo.
Ma se quella pubblicità veicola un messaggio
diseducativo tanto per aiutare a vendere il
prodotto, una cosa semplice e molto efficace la
possiamo fare tutte e tutti, singolarmente e/o
collettivamente. Presentare subito una
denuncia al Giurì della pubblicità. 771
772. La regolamentazione
In quasi tutti i paesi dell’UE la vigilanza sulla pubblicità ricade sotto la
responsabilità di organismi di autoregolamentazione. Insieme con la
natura non vincolante della metà dei codici di condotta, si rileva una
debolezza generale di questa tipologia di atto normativo per l’elevato
grado di soggettività che le autorità competenti hanno nella gestione
dei reclami.
Questo è un aspetto particolarmente critico. La pubblicità spesso
esprime rappresentazioni umilianti, degradanti o offensive per le
donne sulla base del loro sesso in modo ironico e umoristico, il che
rischia di 'nascondere' il sessismo o di renderlo socialmente
accettabile.
Come risultato, nonostante le molte denunce di pubblicità
discriminatoria che sono la parte più ampia dei reclami presso le
autorità competenti in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, molti
di essi non riescono a ricevere una risposta soddisfacente o un
follow-up. 772
773. Buone pratiche
L’Associazione protocollo contro la pubblicità
sessista(2009) intende ostacolare la diffusione di tutte le
forme di campagne pubblicitarie affisse in luoghi
pubblici, che trasmettono messaggi discriminatori nei
confronti delle donne, attraverso
• Campagne di consumo critico e di boicottaggio
• Campagne di sensibilizzazione e intervento con appositi stand in
momenti di aggregazione pubblica
• Lettere di contestazione dell’azienda reclamizzata all’agenzia
pubblicitaria che ha firmato la campagna
• Lettere al Sindaco della città che ospita le affissioni
• Azioni dimostrative per strada in corrispondenza dei luoghi con
pubblicità sessiste
773
774. Si è conclusa nel maggio 2010 la mail bombing “IO NON CI STO: gli
stereotipi de “La pupa e il secchione” non mi piacciono e lo voglio
dire agli autori” promossa da Maria Grazia Verderame – Un altro
genere di comunicazione, Francesca Sanzo – Donne Pensanti,
Giorgia Vezzoli – Vita da streghe e Lorenza Garbolino – Una nuova
Era
Circa 2000 le adesioni fra l’evento facebook e i vari post in Rete con
punte di 1500 i visitatori al giorno sul blog Donne Pensanti durante
la campagna
Ora è uscito un video intitolato La vie en rose, che si può trovare in rete
774
775. Io non ci sto
ad essere solo corpo.
Da guardare,
da toccare,
da giudicare,
da mercificare.
Io non ci sto
poiché conosco
cosa genera l’offerta della mia carne
sugli sguardi inconsapevoli.
Io non ci sto
e pretendo rispetto
e che si dia spazio a tutte le mie
diversità.
La mia rivoluzione comincia con il
rifiuto
dell’immaginario imposto
per mutare nel respiro di una nuova
dignità. 775
776. • È la campagna nazionale dell’Unione Donne Italiane per
contrastare con un’azione puntuale, organizzata e
condivisa le immagini lesive e gli stereotipi femminili
• raccoglie le segnalazioni di manifesti e spot sessisti da
ogni parte d’Italia
• indice un concorso finalizzato a valorizzare una
comunicazione che, al di là degli stereotipi, sia in grado
di veicolare messaggi positivi e socialmente
responsabili.
776
780. L’associazione Pari o Dispare ha lanciato il primo
manifesto per “un utilizzo responsabile dell’immagine
femminile”, cui hanno aderito sette multinazionali
Si tratta di Accenture, L’Oréal, Johnson & Johnson,
Kroll, Unilever, Microsoft e Vodafone, le quali “si
impegnano a non associare il proprio marchio a
messaggi discriminatori o degradanti, diretti o indiretti,
basati su stereotipi di genere, nelle proprie campagne
pubblicitarie”
Il manifesto, cui finora non ha aderito nessuna azienda
italiana, raccoglie e rilancia le raccomandazioni
espresse dalle Nazioni Unite e dal Parlamento Europeo.
780
781. Si chiama ZERO STEREOTIPI ed è il nuovo sito dove è
possibile leggere e scaricare il decalogo redatto da due
blogger esperte di tematiche di genere per comunicare
in modo non sessista e svilente: 10 semplici e pratici
consigli su come fare una promozione priva di
stereotipi e “gender friendly”.
Ideatrici del progetto sono Francesca Sanzo di Donne
Pensanti e Panzallaria e Giorgia Vezzoli di Vita da
streghe e Poetry Attack, due blogger e professioniste di
comunicazione che da circa due anni svolgono in Rete
un’intensa attività di sensibilizzazione sul tema donne &
media e in generale sulla comunicazione di genere.
781