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TOSCANA – RAPPORTO IMMIGRAZIONE 2009
                               di Francesco Paletti e Federico Russo1


        Alla fine del 1998 la Toscana ospitava oltre 71mila immigrati regolarmente soggiornanti,
pari al 5,7% di tutti quelli presenti sul territorio nazionale, e poteva ancora considerarsi un territorio
in “fase di transizione”, in cui cioè l’immigrazione non era già più un fenomeno residuale ma non
ancora una componente strutturale del tessuto sociale regionale. Nove anni dopo, ossia alla fine del
2007, tale passaggio può dirsi definitivamente compiuto, tanto che le sfide principali che riguardano
il territorio toscano, oggi, non sono più tanto le questioni della prima accoglienza e dell’inserimento
lavorativo, quanto quelle di un’inclusione che non sia solo limitata al mercato del lavoro e che non
releghi la manodopera straniera in nicchie occupazionali subalterne a quella nativa, e quella
proposta delle cosiddette “seconde generazioni”.
        Tale passaggio, peraltro, in Toscana è avvenuto in modo ancora più veloce che non
nell’intero stivale se è vero che, nei nove anni considerati, gli stranieri regolarmente presenti sul
territorio regionale sono più che quadruplicati, passando dai 71mila di fine 1998 ai 319mila del
2007 (stime del “Dossier Statistico Immigrazione” in entrambe i casi), mentre a livello nazionale
sono “soltanto” quasi triplicati. La conseguenza è che l’incidenza delle comunità immigrate
“toscane” è passata dal 5,7 al 9,2% sul totale di quelle regolarmente presenti in Italia.
        Tutto ciò è accaduto senza che sia significativamente cambiata la distribuzione territoriale
della popolazione straniera, quanto meno in termini percentuali. La “Toscana dell’Arno”, ossia
quella compresa fra Arezzo e Pisa e che ha le “capitali” in Firenze e Prato, infatti, ha ulteriormente
accresciuto la propria capacità attrattiva visto che la quota di stranieri regolarmente presenti in
quest’area, in nove anni, è passata dal 62,1 al 69,7%. Il recente fenomeno di redistribuzione delle
collettività immigrate verso le province costiere, segnalato nelle ultime due edizioni del “Dossier”
e confermato anche per il 2008, evidentemente ha avuto una rilevanza quantitativa ancora troppo
limitata per assumere visibilità nel più ampio arco temporale compreso fra il 1998 e il 2007.


I residenti immigrati nel 2008: superata quota “300mila”


        Per la prima volta la popolazione straniera residente in Toscana a superato “quota 300mila”:
gli immigrati iscritti nelle anagrafi dei comuni della Regione, infatti, a fine 2008 sono stati 309.557,
il 12,5% in più rispetto all’anno precedente. Si tratta di un incremento superiore a quello del 2007

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 Francesco Paletti ha curato i paragrafi “I residenti immigrati nel 2008: superata quota 300mila”, “Aspetto socio-
demografici e culturali delle comunità immigrate” e “La scuola e le seconde generazioni”. Federico Russo il paragrafo
“L’economia toscana e il lavoro degli immigrati” e “Il contributo degli stranieri toscani: le rimesse e il saldo fiscale”.
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(10,2%) ma lievemente più basso rispetto a quello medio nazionale che è stato pari al 13,3%.
Appena 0,8 punti percentuali di differenza che, però, costituiscono un’importante elemento di
novità rispetto alla tendenza in atto dal 1998 al 2007, periodo in cui gli immigrati residenti sul
territorio regionale sono costantemente aumentati ad un ritmo più sostenuto di quello nazionale. Per
spiegare tale dato occorre in primo luogo fare riferimento all’esiguità delle quote destinate alla
Toscana dall’ultimo “decreto flussi”: appena 12.246 ingressi per lavoro sull’intero territorio
regionale per il 2008. Ma soprattutto occorre guardare all’impatto della recessione internazionale
che ha investito anche l’economia regionale colpendo in modo pesante alcune aree a più alta
intensità di presenza straniera come quella pratese, la provincia che nel 2008, ha realizzato la
crescita percentuale più lenta della Regione (3,5%).
         Pur con una dinamica più attenuata rispetto al 2007, prosegue, come già accennato il
processo di redistribuzione territoriale della popolazione straniera verso la Toscana litoranea,
un’area che quanto a capacità attrattiva è tradizionalmente secondaria rispetto a quella “dell’Arno”.
Gli incrementi percentuali più elevati, infatti, sono stati realizzati a Massa Carrara (17,5%) e
Grosseto (17,3%). Seguono Livorno e Siena (entrambe 15,8) e Lucca (15,4). Le altre province,
invece, possono essere distinte fra quelle che si pongono di poco al sopra delle media regionale
come Pisa (13,8), Pistoia (13,7) e Arezzo (13). E quelle che si pongono significativamente al di
sotto di tale soglia, ossia Firenze (10,9) e, come detto, Prato.
       Il modo più preciso, e corretto, di misurare il peso della popolazione straniera in un
determinato territorio è, però, quello di verificarne l’incidenza percentuale sul totale di quella
residente. Sotto questo aspetto il primato spetta ancora a Prato (11,8%), nonostante il vistoso
rallentamento degli ultimi dodici mesi. Seguono Firenze (9,6) e Arezzo e Siena (tutte e due con
9,5). Quelle con l’incidenza più bassa, invece, sono Massa Carrara e Livorno (entrambe con 5,8).
In mezzo: Pistoia (8,4), Grosseto (7,6), Pisa (7,4) e Lucca (6,2).
       In assoluto, invece, il territorio che ospita il maggior numero di stranieri rimane quello
fiorentino (30,4%), seguito da Arezzo (10,7) e Pisa (9,9) che hanno superato Prato (9,4 come Siena)
proprio in conseguenza del brusco affievolimento della capacità attrattiva della provincia laniera.
Seguono Pistoia (7,9), Lucca (7,8), Livorno (6,4), Grosseto (5,5) e Massa Carrara (3,8).

L'economia toscana e il lavoro degli immigrati


       Nel 2008 anche l'economia toscana è stata segnata dagli effetti della recessione
internazionale. Secondo la Banca d'Italia (“L'economia della Toscana nell'anno 2008”, Firenze,
2009) il settore industriale è stato il primo ad entrare in crisi; inoltre, il livello di attività delle

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costruzioni si è contratto a causa della flessione della domanda di nuove abitazioni e di
ristrutturazioni. La crisi è stata avvertita anche dal settore dei servizi, poiché il calo generalizzato
dei consumi ha penalizzato le vendite al dettaglio e specialmente quelle di beni durevoli.
Nonostante questo andamento sfavorevole dell'economia reale il numero di occupati è cresciuto,
almeno fino all'ultimo trimestre del 2008 quando è aumentato il tasso di disoccupazione.
       Negli ultimi anni la lettura dei dati di volta in volta disponibili (INPS, INAIL, rilevazioni
ISTAT) hanno permesso di tracciare un quadro abbastanza preciso del contributo dei lavoratori
stranieri all'economia toscana e delle tendenze in atto negli ultimi anni. I lavoratori stranieri, uomini
e donne, sono una componente ormai strutturale dell'economia toscana, aumentano costantemente
dal 2000, ma rimangono confinati in lavori per lo più tradizionali. Si concentrano prevalentemente
a Firenze e Prato ma anche, in misura crescente, nelle città di più recente tradizione migratoria.
L'analisi dei dati del 2008 ha confermato queste linee di tendenza, evidenziando alcune novità.
       Gli occupati netti nati all'estero (per occupati netti si intendono tutte le persone fisiche che
hanno avuto almeno un contratto di lavoro dipendente nel corso dell'anno) sono passati dai 195.406
del 2007 ai 209.790 del 2008, con un aumento percentuale del 7,4%. Questo dato è di molto
inferiore al tasso di crescita annuo medio degli occupati netti dal 2000 al 2008, che è pari al 16%; lo
stock di lavoratori stranieri continua a crescere anche in un anno di recessione, ma il tasso di
crescita rallenta. Firenze guida la classifica delle province con più occupati netti (61.125), seguita
da Prato che si conferma al secondo posto (32.607). C'è poi un gruppo di città che contano numeri
molto simili di occupati: Arezzo (18.790), Siena (17.288), Pisa (17.281) e Lucca (17.168).
Chiudono la classifica Livorno (13.915), Grosseto (12.366), Pistoia (11.683) e Massa-Carrara
(7.566).
       Se ci spostiamo dall'analisi della presenza a quella dell'incidenza degli occupati stranieri sul
totale degli occupati il quadro regionale si modifica. In Toscana ogni 100 lavoratori assicurati
all'INAIL 16,3 sono stranieri (dato superiore a quello nazionale del 15,5%). Le province che si
situano sopra la media regionale sono Prato (22,2%), Grosseto (19,7%), Arezzo (18,0%), Firenze
(17,2%) e Siena (16,5%); al di sotto della media regionale ci sono Pistoia (15,9%), Lucca (14%),
Massa Carrara (13,7%), Livorno (13,1%) e Pisa (11%).
       La distribuzione dei lavoratori stranieri nei vari settori produttivi mostra la prevalenze del
settore dei servizi (51,5%), seguito dall'industria (39,2%) e da pesce ed agricoltura (7,6%). Gli
stranieri impiegati in attività non determinate ammontano all'1,7%. Tra i sotto settori maggiormente
rilevanti spiccano le costruzioni (16,8%), l'informatica ed i servizi alle imprese (15,7%) ed il settore
di alberghi e ristoranti (12,4%). Gli impiegati nei servizi a favore delle famiglie sarebbero stati il
4,4% del totale regionale (9.157), ma questo dato è severamente sottostimato perché per circa due

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terzi dei lavoratori di questo settore (223.575 su 343.362) non si conosce la regione nella quale
operano. Se assumiamo che i dati mancanti siano equamente distribuiti su tutte le regioni italiane
possiamo ipotizzare che in Toscana operino in questo settore quasi 28.000 lavoratori stranieri, pari a
circa il 13% del totale. In tal caso questo sotto-settore occuperebbe la terza posizione al posto di
quello turistico e ricettivo.
        Sebbene la maggioranza dei lavoratori stranieri lavorino nei servizi sia in Italia che in
Toscana, le province toscane differiscono per l'importanza relativa dei vari settori: l'agricoltura è
specialmente importante a Grosseto (24,9% degli occupati stranieri che lavorano nel territorio
provinciale), l'industria ad Arezzo (48,2%) e Massa Carrara (47,9%), i servizi a Prato (59,2%,
trainati dal sotto settore di “informatica e servizi alle imprese” che conta da solo per il 45,6% dei
lavoratori stranieri a in provincia).
        Dopo aver analizzato la distribuzione dei lavoratori stranieri per province e settore di
occupazione per come si è presentata nel 2008, cerchiamo di capire i processi all'opera negli ultimi
anni. Innanzitutto analizziamo l'evoluzione degli occupati netti nel periodo compreso tra il 2000 ed
il 2008. Più che ricapitolare l'evoluzione numerica quest'anno abbiamo voluto mettere l'accento su
come sia cambiata la distribuzione dei lavoratori stranieri nelle varie province per controllare se si
stia andando verso un'ulteriore concentrazione nelle province maggiormente attrattive o verso una
graduale convergenza (vedi tabella): da questi dati emerge che il periodo 2000-2008 può essere
diviso in due fasi. La prima, dal 2000 al 2004, vede una progressiva concentrazione degli occupati a
Firenze e Prato, che insieme arrivano a contare il 51,2% del totale degli occupati netti toscani. Dal
2005 al 2008 il ruolo di queste due città, sebbene ancora molto forte (44,6%), si ridimensiona a
favore delle altre città.


TOSCANA. Proporzione degli occupati netti nati all'estero per provincia (2000-2008)
Provincia       2000        2001      2002      2003       2004       2005        2006    2007     2008
Firenze         33,9%       33,8%     34,4%     34,3%      31,2%      31,2%       30,9%   29,8%    29,1%
Prato           12,7%       13,0%     14,9%     14,0%      20,3%      19,0%       17,8%   15,4%    15,5%
Arezzo          10,2%       10,2%     9,9%      9,8%       8,8%       8,9%        8,7%    9,0%     9,0%
Siena           8,3%        8,4%      7,9%      8,0%       7,7%       8,0%        8,1%    8,2%     8,2%
Pisa            8,4%        8,4%      7,7%      7,8%       7,3%       7,6%        7,9%    8,2%     8,2%
Lucca           7,3%        7,2%      6,9%      7,1%       6,7%       6,9%        7,2%    7,9%     8,2%
Livorno         5,5%        5,3%      5,1%      5,5%       5,4%       5,7%        5,8%    6,4%     6,6%
Grosseto        4,4%        4,2%      4,0%      4,4%       4,2%       4,6%        4,9%    5,7%     5,9%
Pistoia         7,0%        7,0%      6,5%      6,5%       5,8%       5,6%        5,3%    5,6%     5,6%
Massa-Carrara   2,4%        2,5%      2,7%      2,7%       2,5%       2,6%        3,4%    3,8%     3,6%
TOSCANA         100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%                          100,0%   100,0%
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas Migrantes. Elaborazioni su dati Inail



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Nel corso del 2008 sono stati assunti 104.063 lavoratori nati all'estero. I lavoratori stranieri
che hanno visto il loro contratto cessare sono stati 99.637. Il saldo tra queste due cifre è quindi
positivo (+4.426) ma assai inferiore a quello del 2007 (+16.748): questa differenza può essere in
parte spiegata con l'eccezionalità dello scorso anno nel quale, pur in assenza di regolarizzazioni, il
numero dei lavoratori è cresciuto in modo pronunciato per l'emersione dei lavoratori neo-
comunitari. In generale, guardando al periodo 2000-2008, il 2008 si colloca tra gli anni che hanno
avuto una crescita bassa (come il 2000, il 2001 ed il 2004). La difficoltà di questa fase è sottolineata
dal fatto che, se si esclude il 2003, questo è il primo anno nel quale in ben tre province le possibilità
occupazionali per i lavoratori nati all'estero si sono ridotte: è il caso di Massa Carrara (-132), Pistoia
(-128) e Arezzo (-26). Al contrario, Prato ha avuto un saldo netto positivo di 2.035 unità.
       L'occupazione cresce più per le donne. Le donne straniere sono sempre più presenti nel
mercato del lavoro toscano, e sembrano subire meno gli effetti della recessione. Sebbene siano
meno degli uomini in numero assoluto (contano per il 40,6% degli occupati netti nati all'estero)
sono loro a far registrare un saldo netto migliore (+2.819).
       In conclusione diamo qualche nota sul lavoro autonomo. Secondo i dati della CNA a Maggio
del 2009 risultavano attive 21.978 imprese costituite da cittadini nati all'estero, delle quali 4.840
condotte da cittadini nati all'intero dell'UE. I cinesi sono il gruppo di imprenditori più numeroso
(5.842), seguiti da albanesi (4.089), romeni (3.907), marocchini (2.521) e senegalesi (925).
Continua ad esserci una forte specializzazione su base nazionale: i cinesi sono prevalentemente
attivi nel settore dell'abbigliamento, gli albanesi ed i romeni nelle costruzioni, i marocchini ed i
senegalesi nel commercio.


Il contributo degli stranieri “toscani”: rimesse e saldo fiscale


       Il tema delle comunità immigrate quali vettori di sviluppo per i Paesi di origine è da tempo
al centro della riflessione di studiosi ed operatori della cooperazione allo sviluppo parallelamente a
quello del contributo delle comunità straniere alla finanza locale, questione che ha attratto
l’attenzione degli amministratori soprattutto in tempi recenti, caratterizzati da una riduzione di anno
in anno crescente dei trasferimenti dal centro ai livelli locali e da vincoli sempre più stringenti alle
possibilità di spesa.
       Il punto di partenza per l’analisi del primo aspetto è la banca dati dell’Ufficio Cambi della
Banca d’Italia relativa alle rimesse inviate in patria dalle comunità straniere “italiane”, un punto di
vista certo parziale in quanto limitato ai trasferimenti in denaro, ma comunque indicativo del
potenziale contributo che le collettività immigrate possono offrire ai Paesi d’origine. Nel 2008

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quelle toscane hanno spedito attraverso il canale bancario e i money transfer 851.366 euro
corrispondenti al 13,3% del totale nazionale. Si tratta di una quota molto rilevante, ma inferiore
dell’1,9% a quella dell’anno precedente a fronte di una crescita nazionale del 5,6%.
       La diminuzione è sintomatica della crisi economica, che ha colpito significativamente anche
la proverbiale capacità di risparmio degli immigrati, specie se si considera che fra il 2006 e il 2007
le rimesse avevano realizzato un aumento addirittura del 131%. In particolare la contrazione è stata
particolarmente significativa a Massa Carrara (-14,8%) e, soprattutto a Prato (-7,5%), la provincia
da cui, nonostante il segno negativo, anche nel 2008 è partita quasi la metà (48,8%, pari a 416mila
euro) delle risorse monetarie spedite dalla Toscana. In diminuzione anche le rimesse inviate dalla
Provincia di Pistoia (-3,7%).
       Per quanto riguarda, invece, gli effetti dell’immigrazione sulle finanze pubbliche regionali,
nel 2009 è uscito uno studio (“L'immigrazione in Toscana: il saldo fiscale degli italiani e degli
stranieri”, E. Cappellini, Irpet, Firenze, 2009) dedicato all’impatto della presenza straniera sulle
voci di entrata e di spesa pubblica degli enti locali toscani. Il saldo fiscale degli stranieri, dato dalla
differenze tra i contributi e le imposte che versano e le spesa pubblica di cui sono beneficiari,è stato
comparato con quello degli italiani e proiettato al 2030, quando, secondo l'IRPET, in Toscana si
conteranno oltre 600mila stranieri. I risultati dell'analisi presentano un quadro di luci ed ombre:
oggi la componente immigrata porta un contributo netto pro capite di 2.803 euro al welfare
nazionale, lievemente superiore a quello degli italiani (2.716). Si può quindi dire che fino a questo
momento l'immigrazione ha contribuito in maniera più che proporzionale al welfare pubblico. Nel
2030 però la situazione potrebbe rovesciarsi, soprattutto a causa della scarsa partecipazione delle
donne al mercato del lavoro, ai differenziali salariali tra italiani e stranieri e all'esaurimento dei
vantaggi demografici degli immigrati. Per scongiurare questo rischio lo studio raccomanda di
investire in formazione per le seconde generazioni, in modo da ridurre il divario tra le qualifiche dei
residenti italiani e stranieri: in fondo, anche l'impatto fiscale dell'immigrazione dipenderà dal grado
di integrazione.

 Aspetti socio-demografici e culturali delle comunità immigrate

       Le banche dati e le elaborazioni dell’Istat, unite a quelle provenienti da altre fonti,
consentono di mettere in evidenza alcune delle peculiarità e degli elementi di novità
dell’immigrazione “toscana” a cominciare dalle aree di provenienza, tradizionalmente piuttosto
disomogenee rispetto alle quote percentuali nazionali.
Provenienze. Ogni cento immigrati residenti in Toscana alla fine del 2007, oltre la metà (52,1%)
erano europei, quasi un quarto (23,3) africani, circa un sesto asiatici (16,1) e meno di un decimo

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(8,6) americani. Rispetto alle analoghe incidenze a livello nazionale, le catene migratorie che
riguardano il territorio regionale privilegiano maggiormente l’Europa Orientale (+4,6%) e l’Unione
Europea a 25 (+1,9), ma soprattutto l’Estremo Oriente (+5,1). Relativamente, sottorappresentate,
invece l’Africa (-8) e l’America Centro-Meridionale (-2,3).
L’allargamento dell’Ue a Romania e Bulgaria, avvenuto proprio nel 2007, ha consentito ad una
parte significativa dei cittadini originari di questi Paesi di emergere dall’irregolarità, un fenomeno
che ha assunto una particolare visibilità per la collettività romena passata da 21.604 a 51.763
residenti nello spazio di dodici mesi. Un incremento dell’87,5%, il più consistente fra le collettività
immigrate “toscane”, che altera significativamente le proporzioni, ma non muta la graduatoria dei
gruppi nazionali più numerosi presenti sul territorio regionale. Quello con il maggior numero di
residenti, infatti, rimane l’albanese (20,2%), seguito dai romeni (18,8), dai cinesi (9,4) e dai
marocchini (7,8).
L’appartenenza religiosa. Quasi la metà degli immigrati residenti in Toscana è di confessione
cristiana (49,4%) e circa un terzo (32,4%) musulmano. Assai meno rilevante, almeno dal punto di
vista quantitativo, la quota coperta dalle altre religioni con i buddisti che si fermano all’1,6%, gli
induisti all’1,5%, gli animisti allo 0,5% e gli ebrei allo 0,2%. Almeno stando alla stima
dell’appartenenza religiosa degli immigrati residenti sul territorio regionale elaborata dal “Dossier”,
in Toscana, come nel resto del Paese, la sfida per del presente è certo quella della convivenza
interreligiosa ma anche del dialogo ecumenico se è vero che oltre un quarto (26,5%) degli stranieri
residenti è cristiano di confessione ortodossa e più di un sesto (17,9%) cattolico, mentre i protestanti
sono il 3,8% del totale.
Il tema è di primaria importanza anche in prospettiva futura visto che è di confessione ortodossa il
72,4% dei cittadini provenienti da Paesi entrati a far parte dell’Ue a a partire dal 2004 e il 42,5%
degli immigrati originari degli altri Paesi dell’Europa Orientale, ossia le due aree di provenienza
che, negli ultimi anni, hanno realizzato i più elevati tassi d’incremento. I musulmani, invece,
costituiscono la quasi totalità (98,7%) delle collettività provenienti dall’Africa Settentrionale, i tre
quarti di quelle originarie dell’Africa Occidentale (74,4%) e oltre la metà (52,2%) di coloro che
sono arrivati dall’Est Europa.
Il genere. La parità fra componente maschile e femminile della popolazione straniera residente è
una realtà consolidata da almeno sei anni. Ossia da quando il protagonismo migratorio femminile ha
assunto una sempre più evidente visibilità in conseguenza dei provvedimenti di regolarizzazione e
del crescente bisogno di manodopera nel lavoro di cura. Oggi le donne immigrate costituiscono il
51,6% della popolazione straniera residente in Toscana.


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Il protagonismo femminile si caratterizza in modo marcato soprattutto determinate aree di partenza.
In Toscana le comunità contraddistinte dalla quota più elevata di donne sono quelle originarie
dell’Europa Orientale e del Sudamerica: fra le venti collettività più numerose, quelle con i tassi di
femminilizzazione più elevati sono l’ucraina (82,5), la polacca (73,9), la brasiliana (71,6) e la
moldova (66,7).
 La cittadinanza. L’incidenza delle nuove acquisizioni di cittadinanza sul totale degli stranieri
residenti è, in linea di principio, un buon indicatore del livello d’inclusione sociale raggiunto dalla
componente immigrata della popolazione. Che in Italia, però, è da sempre molto basso sia in
rapporto alla totalità degli immigrati residenti che in relazione a ciò che accade negli altri grandi
Paesi europei d’immigrazione. La Toscana, al riguardo, non fa eccezione: i “nuovi” cittadini a fine
2006 (ultimo dato disponibile) sono stati 2.378 corrispondenti all’ 1,1% degli immigrati residenti
sul territorio regionale, un’incidenza scarsamente significativa ma assolutamente in linea con quella
nazionale. Anche sul territorio regionale la via più frequente per ottenere la cittadinanza è quella per
matrimonio (83,6%), la cui richiesta può essere fatta trascorsi almeno sei mesi dalle nozze. I dieci
anni di residenza continuativa necessari per richiedere la naturalizzazione, invece, paiono essere un
periodo eccessivamente lungo anche per gli immigrati “toscani” visto che appena un sesto (16,4%)
ha ottenuto la cittadinanza attraverso tale percorso.
Qualcosa, comunque, sembra stia cambiando nelle modalità di accesso alla cittadinanza: dal 2003 al
2006, infatti, i “nuovi” italiani sono aumentati in modo considerevole (+124%) anche in Toscana
benché ad una velocità leggermente più attenuata rispetto al ritmo d’incremento nazionale (+148%).
Ma il dato, forse, più significativo riguarda la crescita dei naturalizzati: + 206% in quattro anni, un
ritmo di crescita di sei volte superiore a quello medio italiano. Che, invece, aumenta soprattutto in
forza dell’elevatissimo numero di acquisizioni per matrimonio.
I matrimoni misti. In tutti i Paesi dalla forte connotazione multietnica e multiculturale i matrimoni
misti sono una realtà consolidata e l’Italia al riguardo non fa eccezione visto che nel 13,8% dei 250
matrimoni celebrati nel 2007 almeno uno dei due coniugi era straniero. Ancor di più non la fa la
Toscana che è la prima regione d’Italia per incidenza dei matrimoni misti sul totale di quelli
celebrati negli stessi dodici mesi: in quasi un quarto (23,4%) dei 15.206 matrimoni celebrati sul
territorio regionale nel 2007, infatti, almeno uno dei due coniugi non era italiano. Una quota molto
elevata, superiore di quasi dieci punti percentuali a quella media nazionale, che testimonia
ulteriormente il carattere strutturale che, ormai, ha assunto l’immigrazione in Toscana, una regione
in cui la significativa quota di matrimoni misti coesiste con un quoziente di matrimonialità
(rapporto fra matrimoni celebrati e popolazione residente) perfettamente in linea con quello medio


                                                                                                      8
nazionale (4,2 per mille) e superiore sia a quello dell’Italia Centrale (4,1) che a quello dell’Italia
Settentrionale (3,7).

La scuola e le “seconde generazioni”


       La scuola è, forse, il luogo in cui, più di altri, assume evidenza quel processo di radicamento
sul territorio regionale che ha fatto diventare l’immigrazione un elemento strutturale della società
toscana nel volgere di un ventennio. Nell’anno scolastico 2008/2009 gli alunni stranieri sono stati
49.691, il 10% in più rispetto a quello precedente per un’incidenza del 10,3% sul totale della
popolazione studentesca, nettamente superiore alla media nazionale (7%). Per quanto riguarda i
diversi contesti provinciali il primato spetta ancora una volta a Prato che, con circa uno studente
immigrato su sei (16,4%), si conferma la seconda provincia d’Italia (dopo Mantova) per quota
relativa di alunni stranieri sul totale degli iscritti. Ma, a parte quella laniera, sono ben quattro i
territori provinciali che si pongono al di sopra dell’incidenza media regionale: Arezzo e Siena
(entrambe 11,8), Firenze (11,5) e Pistoia (10,3). Con l’eccezione di Livorno (6,2) e Massa Carrara
(6,6), tutte le altre si collocano, comunque, al di sopra della quota percentuale nazionale: Pisa 8,7%,
Grosseto 8,6% e Lucca 7,9%.
       Da due anni l’archivio MIUR fornisce anche i dati sugli alunni stranieri nati in Italia, un
informazione che offre l’opportunità di riflettere sulla diffusione delle “seconde generazioni” fra i
banchi delle scuole pubbliche del Paese. In Toscana il fenomeno è leggermente meno esteso che
non a livello nazionale, ma raggiunge comunque dimensioni significative se è vero che è nato in
Italia il 35,8% degli studenti stranieri (contro una quota media nazionale del 37,1%). Nei diversi
contesti provinciali l’andamento è piuttosto disomogeneo: ad un estremo, infatti, vi sono i casi di
Prato (49,5), Firenze (39,9) e Pisa (37,3), le aree territoriali in cui è più diffusa la presenza di alunni
stranieri di “seconda generazione”; a quello opposto le situazioni di Grosseto (19) e Livorno (26,6).
In mezzo tutte le altre province con una quota compresa fra il 30 e il 33%. Nel dettaglio: Pistoia
(32,6), Massa Carrara (32,1), Siena (31,7), Arezzo (31,5) e Lucca (30,8). La diffusione nei diversi
ordini scolastici, invece, è altissima nelle scuole dell’infanzia (74,7%) e molto rilevante anche nelle
elementari (45%), come è logico attendersi da un territorio in cui l’immigrazione ha assunto un
carattere strutturale in tempi relativamente recenti. Più bassa, invece, alle medie, dove gli studenti di
“seconda generazione” sono circa un sesto (17,2%) del totale e ancor di più alle superiori (5,9%).
       Quella della “seconde”, e più in generale, delle “nuove generazioni” d’immigrati costituisce
probabilmente la sfida più rilevante del prossimo futuro dal punto di vista delle politiche migratorie.
Anche per questo, quindi, il fenomeno è divenuto oggetto frequente dell’analisi e della riflessione a

                                                                                                         9
livello locale, attraverso indagini mirate di tipo qualitativo. Una delle più recenti è stata promossa
dall’Osservatorio per le Politiche Sociali della Provincia di Pisa commissionando all’Università di
Pisa una ricerca qualitativa sulla condizione dei giovani stranieri (14-25 anni) che ha coinvolto
cento adolescenti residenti sul territorio provinciale e appartenenti alle comunità più numerose,
ossia quella albanese, romena e marocchina (“Le seconde generazioni di immigrati in Provincia di
Pisa”, Quaderno Intercultura n.14, Pisa, 2009). Pur con tutte le riserve dovute alla limitatezza del
campione, questo studio ha messo in luce più di un aspetto degno di attenzione per chi è chiamato a
decidere le politiche dell’immigrazione di un territorio. In particolare è da evidenziare come,
rispetto al processo d’integrazione con il territorio locale, nella percezione degli intervistati
assumano un peso crescente le c.d. “problematiche di tipo relazionale” (solitudine, mancanza di
rispetto e razzismo) rispetto a quelle di carattere strumentale (casa, lavoro, problematiche legate al
soggiorno) che, invece, hanno segnato e continuano a segnare l’esperienza migratoria della prima
generazione, ossia quella dei loro padri. Se confermato da ulteriori indagini qualitative, si
tratterebbe di un fenomeno significativo sia per l’impatto in sé, dato che la percezione di
problematiche afferenti la sfera relazionale ha riguardato circa i due quinti (38%) delle segnalazioni,
sia per le ripercussioni sulle politiche territoriali considerato che, non solo a Pisa, è l’ambito
strumentale a calamitare la quasi totalità delle risorse e degli interventi pubblici e del terzo settore.




                                                                                                        10

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L’Immigrazione In Toscana
 

Capitolo Toscana Dossier Immigrazione 2009

  • 1. TOSCANA – RAPPORTO IMMIGRAZIONE 2009 di Francesco Paletti e Federico Russo1 Alla fine del 1998 la Toscana ospitava oltre 71mila immigrati regolarmente soggiornanti, pari al 5,7% di tutti quelli presenti sul territorio nazionale, e poteva ancora considerarsi un territorio in “fase di transizione”, in cui cioè l’immigrazione non era già più un fenomeno residuale ma non ancora una componente strutturale del tessuto sociale regionale. Nove anni dopo, ossia alla fine del 2007, tale passaggio può dirsi definitivamente compiuto, tanto che le sfide principali che riguardano il territorio toscano, oggi, non sono più tanto le questioni della prima accoglienza e dell’inserimento lavorativo, quanto quelle di un’inclusione che non sia solo limitata al mercato del lavoro e che non releghi la manodopera straniera in nicchie occupazionali subalterne a quella nativa, e quella proposta delle cosiddette “seconde generazioni”. Tale passaggio, peraltro, in Toscana è avvenuto in modo ancora più veloce che non nell’intero stivale se è vero che, nei nove anni considerati, gli stranieri regolarmente presenti sul territorio regionale sono più che quadruplicati, passando dai 71mila di fine 1998 ai 319mila del 2007 (stime del “Dossier Statistico Immigrazione” in entrambe i casi), mentre a livello nazionale sono “soltanto” quasi triplicati. La conseguenza è che l’incidenza delle comunità immigrate “toscane” è passata dal 5,7 al 9,2% sul totale di quelle regolarmente presenti in Italia. Tutto ciò è accaduto senza che sia significativamente cambiata la distribuzione territoriale della popolazione straniera, quanto meno in termini percentuali. La “Toscana dell’Arno”, ossia quella compresa fra Arezzo e Pisa e che ha le “capitali” in Firenze e Prato, infatti, ha ulteriormente accresciuto la propria capacità attrattiva visto che la quota di stranieri regolarmente presenti in quest’area, in nove anni, è passata dal 62,1 al 69,7%. Il recente fenomeno di redistribuzione delle collettività immigrate verso le province costiere, segnalato nelle ultime due edizioni del “Dossier” e confermato anche per il 2008, evidentemente ha avuto una rilevanza quantitativa ancora troppo limitata per assumere visibilità nel più ampio arco temporale compreso fra il 1998 e il 2007. I residenti immigrati nel 2008: superata quota “300mila” Per la prima volta la popolazione straniera residente in Toscana a superato “quota 300mila”: gli immigrati iscritti nelle anagrafi dei comuni della Regione, infatti, a fine 2008 sono stati 309.557, il 12,5% in più rispetto all’anno precedente. Si tratta di un incremento superiore a quello del 2007 1 Francesco Paletti ha curato i paragrafi “I residenti immigrati nel 2008: superata quota 300mila”, “Aspetto socio- demografici e culturali delle comunità immigrate” e “La scuola e le seconde generazioni”. Federico Russo il paragrafo “L’economia toscana e il lavoro degli immigrati” e “Il contributo degli stranieri toscani: le rimesse e il saldo fiscale”. 1
  • 2. (10,2%) ma lievemente più basso rispetto a quello medio nazionale che è stato pari al 13,3%. Appena 0,8 punti percentuali di differenza che, però, costituiscono un’importante elemento di novità rispetto alla tendenza in atto dal 1998 al 2007, periodo in cui gli immigrati residenti sul territorio regionale sono costantemente aumentati ad un ritmo più sostenuto di quello nazionale. Per spiegare tale dato occorre in primo luogo fare riferimento all’esiguità delle quote destinate alla Toscana dall’ultimo “decreto flussi”: appena 12.246 ingressi per lavoro sull’intero territorio regionale per il 2008. Ma soprattutto occorre guardare all’impatto della recessione internazionale che ha investito anche l’economia regionale colpendo in modo pesante alcune aree a più alta intensità di presenza straniera come quella pratese, la provincia che nel 2008, ha realizzato la crescita percentuale più lenta della Regione (3,5%). Pur con una dinamica più attenuata rispetto al 2007, prosegue, come già accennato il processo di redistribuzione territoriale della popolazione straniera verso la Toscana litoranea, un’area che quanto a capacità attrattiva è tradizionalmente secondaria rispetto a quella “dell’Arno”. Gli incrementi percentuali più elevati, infatti, sono stati realizzati a Massa Carrara (17,5%) e Grosseto (17,3%). Seguono Livorno e Siena (entrambe 15,8) e Lucca (15,4). Le altre province, invece, possono essere distinte fra quelle che si pongono di poco al sopra delle media regionale come Pisa (13,8), Pistoia (13,7) e Arezzo (13). E quelle che si pongono significativamente al di sotto di tale soglia, ossia Firenze (10,9) e, come detto, Prato. Il modo più preciso, e corretto, di misurare il peso della popolazione straniera in un determinato territorio è, però, quello di verificarne l’incidenza percentuale sul totale di quella residente. Sotto questo aspetto il primato spetta ancora a Prato (11,8%), nonostante il vistoso rallentamento degli ultimi dodici mesi. Seguono Firenze (9,6) e Arezzo e Siena (tutte e due con 9,5). Quelle con l’incidenza più bassa, invece, sono Massa Carrara e Livorno (entrambe con 5,8). In mezzo: Pistoia (8,4), Grosseto (7,6), Pisa (7,4) e Lucca (6,2). In assoluto, invece, il territorio che ospita il maggior numero di stranieri rimane quello fiorentino (30,4%), seguito da Arezzo (10,7) e Pisa (9,9) che hanno superato Prato (9,4 come Siena) proprio in conseguenza del brusco affievolimento della capacità attrattiva della provincia laniera. Seguono Pistoia (7,9), Lucca (7,8), Livorno (6,4), Grosseto (5,5) e Massa Carrara (3,8). L'economia toscana e il lavoro degli immigrati Nel 2008 anche l'economia toscana è stata segnata dagli effetti della recessione internazionale. Secondo la Banca d'Italia (“L'economia della Toscana nell'anno 2008”, Firenze, 2009) il settore industriale è stato il primo ad entrare in crisi; inoltre, il livello di attività delle 2
  • 3. costruzioni si è contratto a causa della flessione della domanda di nuove abitazioni e di ristrutturazioni. La crisi è stata avvertita anche dal settore dei servizi, poiché il calo generalizzato dei consumi ha penalizzato le vendite al dettaglio e specialmente quelle di beni durevoli. Nonostante questo andamento sfavorevole dell'economia reale il numero di occupati è cresciuto, almeno fino all'ultimo trimestre del 2008 quando è aumentato il tasso di disoccupazione. Negli ultimi anni la lettura dei dati di volta in volta disponibili (INPS, INAIL, rilevazioni ISTAT) hanno permesso di tracciare un quadro abbastanza preciso del contributo dei lavoratori stranieri all'economia toscana e delle tendenze in atto negli ultimi anni. I lavoratori stranieri, uomini e donne, sono una componente ormai strutturale dell'economia toscana, aumentano costantemente dal 2000, ma rimangono confinati in lavori per lo più tradizionali. Si concentrano prevalentemente a Firenze e Prato ma anche, in misura crescente, nelle città di più recente tradizione migratoria. L'analisi dei dati del 2008 ha confermato queste linee di tendenza, evidenziando alcune novità. Gli occupati netti nati all'estero (per occupati netti si intendono tutte le persone fisiche che hanno avuto almeno un contratto di lavoro dipendente nel corso dell'anno) sono passati dai 195.406 del 2007 ai 209.790 del 2008, con un aumento percentuale del 7,4%. Questo dato è di molto inferiore al tasso di crescita annuo medio degli occupati netti dal 2000 al 2008, che è pari al 16%; lo stock di lavoratori stranieri continua a crescere anche in un anno di recessione, ma il tasso di crescita rallenta. Firenze guida la classifica delle province con più occupati netti (61.125), seguita da Prato che si conferma al secondo posto (32.607). C'è poi un gruppo di città che contano numeri molto simili di occupati: Arezzo (18.790), Siena (17.288), Pisa (17.281) e Lucca (17.168). Chiudono la classifica Livorno (13.915), Grosseto (12.366), Pistoia (11.683) e Massa-Carrara (7.566). Se ci spostiamo dall'analisi della presenza a quella dell'incidenza degli occupati stranieri sul totale degli occupati il quadro regionale si modifica. In Toscana ogni 100 lavoratori assicurati all'INAIL 16,3 sono stranieri (dato superiore a quello nazionale del 15,5%). Le province che si situano sopra la media regionale sono Prato (22,2%), Grosseto (19,7%), Arezzo (18,0%), Firenze (17,2%) e Siena (16,5%); al di sotto della media regionale ci sono Pistoia (15,9%), Lucca (14%), Massa Carrara (13,7%), Livorno (13,1%) e Pisa (11%). La distribuzione dei lavoratori stranieri nei vari settori produttivi mostra la prevalenze del settore dei servizi (51,5%), seguito dall'industria (39,2%) e da pesce ed agricoltura (7,6%). Gli stranieri impiegati in attività non determinate ammontano all'1,7%. Tra i sotto settori maggiormente rilevanti spiccano le costruzioni (16,8%), l'informatica ed i servizi alle imprese (15,7%) ed il settore di alberghi e ristoranti (12,4%). Gli impiegati nei servizi a favore delle famiglie sarebbero stati il 4,4% del totale regionale (9.157), ma questo dato è severamente sottostimato perché per circa due 3
  • 4. terzi dei lavoratori di questo settore (223.575 su 343.362) non si conosce la regione nella quale operano. Se assumiamo che i dati mancanti siano equamente distribuiti su tutte le regioni italiane possiamo ipotizzare che in Toscana operino in questo settore quasi 28.000 lavoratori stranieri, pari a circa il 13% del totale. In tal caso questo sotto-settore occuperebbe la terza posizione al posto di quello turistico e ricettivo. Sebbene la maggioranza dei lavoratori stranieri lavorino nei servizi sia in Italia che in Toscana, le province toscane differiscono per l'importanza relativa dei vari settori: l'agricoltura è specialmente importante a Grosseto (24,9% degli occupati stranieri che lavorano nel territorio provinciale), l'industria ad Arezzo (48,2%) e Massa Carrara (47,9%), i servizi a Prato (59,2%, trainati dal sotto settore di “informatica e servizi alle imprese” che conta da solo per il 45,6% dei lavoratori stranieri a in provincia). Dopo aver analizzato la distribuzione dei lavoratori stranieri per province e settore di occupazione per come si è presentata nel 2008, cerchiamo di capire i processi all'opera negli ultimi anni. Innanzitutto analizziamo l'evoluzione degli occupati netti nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2008. Più che ricapitolare l'evoluzione numerica quest'anno abbiamo voluto mettere l'accento su come sia cambiata la distribuzione dei lavoratori stranieri nelle varie province per controllare se si stia andando verso un'ulteriore concentrazione nelle province maggiormente attrattive o verso una graduale convergenza (vedi tabella): da questi dati emerge che il periodo 2000-2008 può essere diviso in due fasi. La prima, dal 2000 al 2004, vede una progressiva concentrazione degli occupati a Firenze e Prato, che insieme arrivano a contare il 51,2% del totale degli occupati netti toscani. Dal 2005 al 2008 il ruolo di queste due città, sebbene ancora molto forte (44,6%), si ridimensiona a favore delle altre città. TOSCANA. Proporzione degli occupati netti nati all'estero per provincia (2000-2008) Provincia 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Firenze 33,9% 33,8% 34,4% 34,3% 31,2% 31,2% 30,9% 29,8% 29,1% Prato 12,7% 13,0% 14,9% 14,0% 20,3% 19,0% 17,8% 15,4% 15,5% Arezzo 10,2% 10,2% 9,9% 9,8% 8,8% 8,9% 8,7% 9,0% 9,0% Siena 8,3% 8,4% 7,9% 8,0% 7,7% 8,0% 8,1% 8,2% 8,2% Pisa 8,4% 8,4% 7,7% 7,8% 7,3% 7,6% 7,9% 8,2% 8,2% Lucca 7,3% 7,2% 6,9% 7,1% 6,7% 6,9% 7,2% 7,9% 8,2% Livorno 5,5% 5,3% 5,1% 5,5% 5,4% 5,7% 5,8% 6,4% 6,6% Grosseto 4,4% 4,2% 4,0% 4,4% 4,2% 4,6% 4,9% 5,7% 5,9% Pistoia 7,0% 7,0% 6,5% 6,5% 5,8% 5,6% 5,3% 5,6% 5,6% Massa-Carrara 2,4% 2,5% 2,7% 2,7% 2,5% 2,6% 3,4% 3,8% 3,6% TOSCANA 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas Migrantes. Elaborazioni su dati Inail 4
  • 5. Nel corso del 2008 sono stati assunti 104.063 lavoratori nati all'estero. I lavoratori stranieri che hanno visto il loro contratto cessare sono stati 99.637. Il saldo tra queste due cifre è quindi positivo (+4.426) ma assai inferiore a quello del 2007 (+16.748): questa differenza può essere in parte spiegata con l'eccezionalità dello scorso anno nel quale, pur in assenza di regolarizzazioni, il numero dei lavoratori è cresciuto in modo pronunciato per l'emersione dei lavoratori neo- comunitari. In generale, guardando al periodo 2000-2008, il 2008 si colloca tra gli anni che hanno avuto una crescita bassa (come il 2000, il 2001 ed il 2004). La difficoltà di questa fase è sottolineata dal fatto che, se si esclude il 2003, questo è il primo anno nel quale in ben tre province le possibilità occupazionali per i lavoratori nati all'estero si sono ridotte: è il caso di Massa Carrara (-132), Pistoia (-128) e Arezzo (-26). Al contrario, Prato ha avuto un saldo netto positivo di 2.035 unità. L'occupazione cresce più per le donne. Le donne straniere sono sempre più presenti nel mercato del lavoro toscano, e sembrano subire meno gli effetti della recessione. Sebbene siano meno degli uomini in numero assoluto (contano per il 40,6% degli occupati netti nati all'estero) sono loro a far registrare un saldo netto migliore (+2.819). In conclusione diamo qualche nota sul lavoro autonomo. Secondo i dati della CNA a Maggio del 2009 risultavano attive 21.978 imprese costituite da cittadini nati all'estero, delle quali 4.840 condotte da cittadini nati all'intero dell'UE. I cinesi sono il gruppo di imprenditori più numeroso (5.842), seguiti da albanesi (4.089), romeni (3.907), marocchini (2.521) e senegalesi (925). Continua ad esserci una forte specializzazione su base nazionale: i cinesi sono prevalentemente attivi nel settore dell'abbigliamento, gli albanesi ed i romeni nelle costruzioni, i marocchini ed i senegalesi nel commercio. Il contributo degli stranieri “toscani”: rimesse e saldo fiscale Il tema delle comunità immigrate quali vettori di sviluppo per i Paesi di origine è da tempo al centro della riflessione di studiosi ed operatori della cooperazione allo sviluppo parallelamente a quello del contributo delle comunità straniere alla finanza locale, questione che ha attratto l’attenzione degli amministratori soprattutto in tempi recenti, caratterizzati da una riduzione di anno in anno crescente dei trasferimenti dal centro ai livelli locali e da vincoli sempre più stringenti alle possibilità di spesa. Il punto di partenza per l’analisi del primo aspetto è la banca dati dell’Ufficio Cambi della Banca d’Italia relativa alle rimesse inviate in patria dalle comunità straniere “italiane”, un punto di vista certo parziale in quanto limitato ai trasferimenti in denaro, ma comunque indicativo del potenziale contributo che le collettività immigrate possono offrire ai Paesi d’origine. Nel 2008 5
  • 6. quelle toscane hanno spedito attraverso il canale bancario e i money transfer 851.366 euro corrispondenti al 13,3% del totale nazionale. Si tratta di una quota molto rilevante, ma inferiore dell’1,9% a quella dell’anno precedente a fronte di una crescita nazionale del 5,6%. La diminuzione è sintomatica della crisi economica, che ha colpito significativamente anche la proverbiale capacità di risparmio degli immigrati, specie se si considera che fra il 2006 e il 2007 le rimesse avevano realizzato un aumento addirittura del 131%. In particolare la contrazione è stata particolarmente significativa a Massa Carrara (-14,8%) e, soprattutto a Prato (-7,5%), la provincia da cui, nonostante il segno negativo, anche nel 2008 è partita quasi la metà (48,8%, pari a 416mila euro) delle risorse monetarie spedite dalla Toscana. In diminuzione anche le rimesse inviate dalla Provincia di Pistoia (-3,7%). Per quanto riguarda, invece, gli effetti dell’immigrazione sulle finanze pubbliche regionali, nel 2009 è uscito uno studio (“L'immigrazione in Toscana: il saldo fiscale degli italiani e degli stranieri”, E. Cappellini, Irpet, Firenze, 2009) dedicato all’impatto della presenza straniera sulle voci di entrata e di spesa pubblica degli enti locali toscani. Il saldo fiscale degli stranieri, dato dalla differenze tra i contributi e le imposte che versano e le spesa pubblica di cui sono beneficiari,è stato comparato con quello degli italiani e proiettato al 2030, quando, secondo l'IRPET, in Toscana si conteranno oltre 600mila stranieri. I risultati dell'analisi presentano un quadro di luci ed ombre: oggi la componente immigrata porta un contributo netto pro capite di 2.803 euro al welfare nazionale, lievemente superiore a quello degli italiani (2.716). Si può quindi dire che fino a questo momento l'immigrazione ha contribuito in maniera più che proporzionale al welfare pubblico. Nel 2030 però la situazione potrebbe rovesciarsi, soprattutto a causa della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ai differenziali salariali tra italiani e stranieri e all'esaurimento dei vantaggi demografici degli immigrati. Per scongiurare questo rischio lo studio raccomanda di investire in formazione per le seconde generazioni, in modo da ridurre il divario tra le qualifiche dei residenti italiani e stranieri: in fondo, anche l'impatto fiscale dell'immigrazione dipenderà dal grado di integrazione. Aspetti socio-demografici e culturali delle comunità immigrate Le banche dati e le elaborazioni dell’Istat, unite a quelle provenienti da altre fonti, consentono di mettere in evidenza alcune delle peculiarità e degli elementi di novità dell’immigrazione “toscana” a cominciare dalle aree di provenienza, tradizionalmente piuttosto disomogenee rispetto alle quote percentuali nazionali. Provenienze. Ogni cento immigrati residenti in Toscana alla fine del 2007, oltre la metà (52,1%) erano europei, quasi un quarto (23,3) africani, circa un sesto asiatici (16,1) e meno di un decimo 6
  • 7. (8,6) americani. Rispetto alle analoghe incidenze a livello nazionale, le catene migratorie che riguardano il territorio regionale privilegiano maggiormente l’Europa Orientale (+4,6%) e l’Unione Europea a 25 (+1,9), ma soprattutto l’Estremo Oriente (+5,1). Relativamente, sottorappresentate, invece l’Africa (-8) e l’America Centro-Meridionale (-2,3). L’allargamento dell’Ue a Romania e Bulgaria, avvenuto proprio nel 2007, ha consentito ad una parte significativa dei cittadini originari di questi Paesi di emergere dall’irregolarità, un fenomeno che ha assunto una particolare visibilità per la collettività romena passata da 21.604 a 51.763 residenti nello spazio di dodici mesi. Un incremento dell’87,5%, il più consistente fra le collettività immigrate “toscane”, che altera significativamente le proporzioni, ma non muta la graduatoria dei gruppi nazionali più numerosi presenti sul territorio regionale. Quello con il maggior numero di residenti, infatti, rimane l’albanese (20,2%), seguito dai romeni (18,8), dai cinesi (9,4) e dai marocchini (7,8). L’appartenenza religiosa. Quasi la metà degli immigrati residenti in Toscana è di confessione cristiana (49,4%) e circa un terzo (32,4%) musulmano. Assai meno rilevante, almeno dal punto di vista quantitativo, la quota coperta dalle altre religioni con i buddisti che si fermano all’1,6%, gli induisti all’1,5%, gli animisti allo 0,5% e gli ebrei allo 0,2%. Almeno stando alla stima dell’appartenenza religiosa degli immigrati residenti sul territorio regionale elaborata dal “Dossier”, in Toscana, come nel resto del Paese, la sfida per del presente è certo quella della convivenza interreligiosa ma anche del dialogo ecumenico se è vero che oltre un quarto (26,5%) degli stranieri residenti è cristiano di confessione ortodossa e più di un sesto (17,9%) cattolico, mentre i protestanti sono il 3,8% del totale. Il tema è di primaria importanza anche in prospettiva futura visto che è di confessione ortodossa il 72,4% dei cittadini provenienti da Paesi entrati a far parte dell’Ue a a partire dal 2004 e il 42,5% degli immigrati originari degli altri Paesi dell’Europa Orientale, ossia le due aree di provenienza che, negli ultimi anni, hanno realizzato i più elevati tassi d’incremento. I musulmani, invece, costituiscono la quasi totalità (98,7%) delle collettività provenienti dall’Africa Settentrionale, i tre quarti di quelle originarie dell’Africa Occidentale (74,4%) e oltre la metà (52,2%) di coloro che sono arrivati dall’Est Europa. Il genere. La parità fra componente maschile e femminile della popolazione straniera residente è una realtà consolidata da almeno sei anni. Ossia da quando il protagonismo migratorio femminile ha assunto una sempre più evidente visibilità in conseguenza dei provvedimenti di regolarizzazione e del crescente bisogno di manodopera nel lavoro di cura. Oggi le donne immigrate costituiscono il 51,6% della popolazione straniera residente in Toscana. 7
  • 8. Il protagonismo femminile si caratterizza in modo marcato soprattutto determinate aree di partenza. In Toscana le comunità contraddistinte dalla quota più elevata di donne sono quelle originarie dell’Europa Orientale e del Sudamerica: fra le venti collettività più numerose, quelle con i tassi di femminilizzazione più elevati sono l’ucraina (82,5), la polacca (73,9), la brasiliana (71,6) e la moldova (66,7). La cittadinanza. L’incidenza delle nuove acquisizioni di cittadinanza sul totale degli stranieri residenti è, in linea di principio, un buon indicatore del livello d’inclusione sociale raggiunto dalla componente immigrata della popolazione. Che in Italia, però, è da sempre molto basso sia in rapporto alla totalità degli immigrati residenti che in relazione a ciò che accade negli altri grandi Paesi europei d’immigrazione. La Toscana, al riguardo, non fa eccezione: i “nuovi” cittadini a fine 2006 (ultimo dato disponibile) sono stati 2.378 corrispondenti all’ 1,1% degli immigrati residenti sul territorio regionale, un’incidenza scarsamente significativa ma assolutamente in linea con quella nazionale. Anche sul territorio regionale la via più frequente per ottenere la cittadinanza è quella per matrimonio (83,6%), la cui richiesta può essere fatta trascorsi almeno sei mesi dalle nozze. I dieci anni di residenza continuativa necessari per richiedere la naturalizzazione, invece, paiono essere un periodo eccessivamente lungo anche per gli immigrati “toscani” visto che appena un sesto (16,4%) ha ottenuto la cittadinanza attraverso tale percorso. Qualcosa, comunque, sembra stia cambiando nelle modalità di accesso alla cittadinanza: dal 2003 al 2006, infatti, i “nuovi” italiani sono aumentati in modo considerevole (+124%) anche in Toscana benché ad una velocità leggermente più attenuata rispetto al ritmo d’incremento nazionale (+148%). Ma il dato, forse, più significativo riguarda la crescita dei naturalizzati: + 206% in quattro anni, un ritmo di crescita di sei volte superiore a quello medio italiano. Che, invece, aumenta soprattutto in forza dell’elevatissimo numero di acquisizioni per matrimonio. I matrimoni misti. In tutti i Paesi dalla forte connotazione multietnica e multiculturale i matrimoni misti sono una realtà consolidata e l’Italia al riguardo non fa eccezione visto che nel 13,8% dei 250 matrimoni celebrati nel 2007 almeno uno dei due coniugi era straniero. Ancor di più non la fa la Toscana che è la prima regione d’Italia per incidenza dei matrimoni misti sul totale di quelli celebrati negli stessi dodici mesi: in quasi un quarto (23,4%) dei 15.206 matrimoni celebrati sul territorio regionale nel 2007, infatti, almeno uno dei due coniugi non era italiano. Una quota molto elevata, superiore di quasi dieci punti percentuali a quella media nazionale, che testimonia ulteriormente il carattere strutturale che, ormai, ha assunto l’immigrazione in Toscana, una regione in cui la significativa quota di matrimoni misti coesiste con un quoziente di matrimonialità (rapporto fra matrimoni celebrati e popolazione residente) perfettamente in linea con quello medio 8
  • 9. nazionale (4,2 per mille) e superiore sia a quello dell’Italia Centrale (4,1) che a quello dell’Italia Settentrionale (3,7). La scuola e le “seconde generazioni” La scuola è, forse, il luogo in cui, più di altri, assume evidenza quel processo di radicamento sul territorio regionale che ha fatto diventare l’immigrazione un elemento strutturale della società toscana nel volgere di un ventennio. Nell’anno scolastico 2008/2009 gli alunni stranieri sono stati 49.691, il 10% in più rispetto a quello precedente per un’incidenza del 10,3% sul totale della popolazione studentesca, nettamente superiore alla media nazionale (7%). Per quanto riguarda i diversi contesti provinciali il primato spetta ancora una volta a Prato che, con circa uno studente immigrato su sei (16,4%), si conferma la seconda provincia d’Italia (dopo Mantova) per quota relativa di alunni stranieri sul totale degli iscritti. Ma, a parte quella laniera, sono ben quattro i territori provinciali che si pongono al di sopra dell’incidenza media regionale: Arezzo e Siena (entrambe 11,8), Firenze (11,5) e Pistoia (10,3). Con l’eccezione di Livorno (6,2) e Massa Carrara (6,6), tutte le altre si collocano, comunque, al di sopra della quota percentuale nazionale: Pisa 8,7%, Grosseto 8,6% e Lucca 7,9%. Da due anni l’archivio MIUR fornisce anche i dati sugli alunni stranieri nati in Italia, un informazione che offre l’opportunità di riflettere sulla diffusione delle “seconde generazioni” fra i banchi delle scuole pubbliche del Paese. In Toscana il fenomeno è leggermente meno esteso che non a livello nazionale, ma raggiunge comunque dimensioni significative se è vero che è nato in Italia il 35,8% degli studenti stranieri (contro una quota media nazionale del 37,1%). Nei diversi contesti provinciali l’andamento è piuttosto disomogeneo: ad un estremo, infatti, vi sono i casi di Prato (49,5), Firenze (39,9) e Pisa (37,3), le aree territoriali in cui è più diffusa la presenza di alunni stranieri di “seconda generazione”; a quello opposto le situazioni di Grosseto (19) e Livorno (26,6). In mezzo tutte le altre province con una quota compresa fra il 30 e il 33%. Nel dettaglio: Pistoia (32,6), Massa Carrara (32,1), Siena (31,7), Arezzo (31,5) e Lucca (30,8). La diffusione nei diversi ordini scolastici, invece, è altissima nelle scuole dell’infanzia (74,7%) e molto rilevante anche nelle elementari (45%), come è logico attendersi da un territorio in cui l’immigrazione ha assunto un carattere strutturale in tempi relativamente recenti. Più bassa, invece, alle medie, dove gli studenti di “seconda generazione” sono circa un sesto (17,2%) del totale e ancor di più alle superiori (5,9%). Quella della “seconde”, e più in generale, delle “nuove generazioni” d’immigrati costituisce probabilmente la sfida più rilevante del prossimo futuro dal punto di vista delle politiche migratorie. Anche per questo, quindi, il fenomeno è divenuto oggetto frequente dell’analisi e della riflessione a 9
  • 10. livello locale, attraverso indagini mirate di tipo qualitativo. Una delle più recenti è stata promossa dall’Osservatorio per le Politiche Sociali della Provincia di Pisa commissionando all’Università di Pisa una ricerca qualitativa sulla condizione dei giovani stranieri (14-25 anni) che ha coinvolto cento adolescenti residenti sul territorio provinciale e appartenenti alle comunità più numerose, ossia quella albanese, romena e marocchina (“Le seconde generazioni di immigrati in Provincia di Pisa”, Quaderno Intercultura n.14, Pisa, 2009). Pur con tutte le riserve dovute alla limitatezza del campione, questo studio ha messo in luce più di un aspetto degno di attenzione per chi è chiamato a decidere le politiche dell’immigrazione di un territorio. In particolare è da evidenziare come, rispetto al processo d’integrazione con il territorio locale, nella percezione degli intervistati assumano un peso crescente le c.d. “problematiche di tipo relazionale” (solitudine, mancanza di rispetto e razzismo) rispetto a quelle di carattere strumentale (casa, lavoro, problematiche legate al soggiorno) che, invece, hanno segnato e continuano a segnare l’esperienza migratoria della prima generazione, ossia quella dei loro padri. Se confermato da ulteriori indagini qualitative, si tratterebbe di un fenomeno significativo sia per l’impatto in sé, dato che la percezione di problematiche afferenti la sfera relazionale ha riguardato circa i due quinti (38%) delle segnalazioni, sia per le ripercussioni sulle politiche territoriali considerato che, non solo a Pisa, è l’ambito strumentale a calamitare la quasi totalità delle risorse e degli interventi pubblici e del terzo settore. 10