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Exegetical and hermeneutical
interpretation of artworks.
l’opera rappresenta un Cupido
imbronciato ed incatenato tra
due recipienti opposti.
Cupido rappresenta l’innesco amoroso,
la casualità dell’incontro; è un bambino,
probabilmente come tutti i bambini
acceso e vitale e quindi un po’ discolo e
disubbidiente; la sua vitalità è qui però
incatenata ed obbligata tra due recipienti
opposti (uno maschile ed uno
femminile), ma lui, imbronciato non fa
più il suo lavoro di scompigliare ed
animare l’incontro,
Cosa ci dice l’artista
attraverso la sua opera
La società contemporanea, con la sua
razionalizzante estetica legata all’ubbidienza,
imprigiona, incatenando ma senza uccidere, i
sentimenti e le pulsioni più forti, educa, forzando,
la parte infanta (ma non infantile) e più “umana”
del proprio sé.
Il quale smette così, imbronciandosi, di fare il
proprio mestiere pulsionale e vitalizzante.
È, in breve, una critica alla comodità del previsto,
calcolato, progettato, preventivato, eccetera.
Un’esortazione alla vita vera.
Un uomo, ben vestito,
invisibile dentro ai suoi abiti.
Un cielo in tempesta, nubi
scure.
Volatili in volo.
L’artista presenta un uomo non più giovane, ben vestito
quindi inserito in quelle dinamiche sociali classiche e
uniformanti, i suoi pensieri, la sua anima, il suo essere è tra
l’invisibile ed il molteplice (lo stormo di uccelli) che, a mo’ di
pensieri, volteggiano nell’aria.
L’opera si presenta anche come citazione dell’uomo
invisibile di magrittiana memoria, il cielo, non più acceso di
celeste primario con nuvole limpide e bianche del Magritte,
appunto, funge da citazione al contrario.
L’uomo (forse dovremmo dire l’essere umano tout
court) è solo davanti agli accadimenti, li osserva, da
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pubblico) ma non può interagirvi poiché è soltanto un
essere umano, limitato a quello.
L’autore pare dirci: c’è una differenza tra essere un
uomo solo o solo un uomo.
Il senso di angoscia, di ansia sofferta, di mancanza
di attivismo, di vecchiaia pro-tempore è proprio
quello che l’artista vuole criticare e comunicare. Ci
viene consegnata un’opera che è un’invettiva ed
un’incitazione all’attivismo, al superamento del mero,
quotidiano, banale umano.
L’opera presenta dei fiammiferi di grande
dimensione con dei volti umani bruciati che
guardano verso l’alto.
Un gruppo ed uno solitario.
Il fiammifero simboleggia l’esistenza, o, più propriamente, il
tempo ed il passaggio della vita è il suo bruciare.
Lo sguardo verso l’alto è la ricerca, la tensione alla
domanda esistenziale.
Il gruppo ed il solitario raccontano le strategie con le quali
cerchiamo di rispondere al trascendente, all’oltre, al sopra e
lontano orizzonte che sta sopra le nostre teste.
L’artista pare dire che, ineluttabilmente, la vita passa e ci
consuma mentre, immobili, volgiamo lo sguardo ad
un’orizzone impossibile da mettere a fuoco.
I volti bruciati si assomigliano, la combustione finisce per
rendere tutti simili se non uguali. Solo la posizione dalla
quale si osserva la vita ci può rendere minimamente diversi,
ma questa è casuale, non decisa dall’uomo poiché il
fiammifero non può posizionarsi, qualcun’altro lo ha
posizionato. Fuor di metafora ognuno nasce nel suo contesto
sociale o familiare, senza possibilità di scelta.
Il tempo è padrone ed è relativamente breve.
La vita ha la durata di un fiammifero, basterebbe non
accenderlo e durerebbe forse all’infinito, ma sarebbe non
nascere.
Una breve narrazione: la storia.
Un cupido, incatenato, ma non si sa da chi
Fu obbligato, un giorno, un tempo, a starsene un po’ lì.
Chissà cos’aspettava, con quel gran broncio acceso,
Certo se fosse stato libero, sicuro sarebbe sceso!
Chiedete a far che cosa? Ma a fare innamorare!
Gente grande e piccolina che ha smesso di giocare.
Ma mentre il broncio triste sul viso di bambino
Restava fermo e immobile sul volto del puttino.
L’uomo a terra e teso lo sguardo sempre alzava,
Ma non passaa lo sdegno e intanto lui bruciava.
Come arrivar, così, a quell’estreme altezze ?
La condizione umana ha pur tal ristrettezze!
E ‘l tempo sì passava, tra rabbia calda e forte
Che ‘l fuoco divampava e così paréa la sorte!
Ma un giorno finalmente
Ci fu un omino anziano
Che seduto bello calmo
Arrivò assai lontano.
Il pensiero o il sogno … (o anche ‘l desiderio)
Se son forti forti forti diventano anche azione
Così lui si disciolse ed entrò nel nuvolone.
Arriverà, Cupido, il giorno in cui con forza (e con tanta passione)
Ritornerà il bambino … per mano di un signore.

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  • 1. Additionally for the Y26 A digital story combining three photos Exegetical and hermeneutical interpretation of artworks.
  • 2.
  • 3. l’opera rappresenta un Cupido imbronciato ed incatenato tra due recipienti opposti. Cupido rappresenta l’innesco amoroso, la casualità dell’incontro; è un bambino, probabilmente come tutti i bambini acceso e vitale e quindi un po’ discolo e disubbidiente; la sua vitalità è qui però incatenata ed obbligata tra due recipienti opposti (uno maschile ed uno femminile), ma lui, imbronciato non fa più il suo lavoro di scompigliare ed animare l’incontro,
  • 4. Cosa ci dice l’artista attraverso la sua opera La società contemporanea, con la sua razionalizzante estetica legata all’ubbidienza, imprigiona, incatenando ma senza uccidere, i sentimenti e le pulsioni più forti, educa, forzando, la parte infanta (ma non infantile) e più “umana” del proprio sé. Il quale smette così, imbronciandosi, di fare il proprio mestiere pulsionale e vitalizzante. È, in breve, una critica alla comodità del previsto, calcolato, progettato, preventivato, eccetera. Un’esortazione alla vita vera.
  • 5.
  • 6. Un uomo, ben vestito, invisibile dentro ai suoi abiti. Un cielo in tempesta, nubi scure. Volatili in volo. L’artista presenta un uomo non più giovane, ben vestito quindi inserito in quelle dinamiche sociali classiche e uniformanti, i suoi pensieri, la sua anima, il suo essere è tra l’invisibile ed il molteplice (lo stormo di uccelli) che, a mo’ di pensieri, volteggiano nell’aria. L’opera si presenta anche come citazione dell’uomo invisibile di magrittiana memoria, il cielo, non più acceso di celeste primario con nuvole limpide e bianche del Magritte, appunto, funge da citazione al contrario.
  • 7. L’uomo (forse dovremmo dire l’essere umano tout court) è solo davanti agli accadimenti, li osserva, da un luogo qualsiasi (la panchina di un giardino pubblico) ma non può interagirvi poiché è soltanto un essere umano, limitato a quello. L’autore pare dirci: c’è una differenza tra essere un uomo solo o solo un uomo. Il senso di angoscia, di ansia sofferta, di mancanza di attivismo, di vecchiaia pro-tempore è proprio quello che l’artista vuole criticare e comunicare. Ci viene consegnata un’opera che è un’invettiva ed un’incitazione all’attivismo, al superamento del mero, quotidiano, banale umano.
  • 8.
  • 9. L’opera presenta dei fiammiferi di grande dimensione con dei volti umani bruciati che guardano verso l’alto. Un gruppo ed uno solitario. Il fiammifero simboleggia l’esistenza, o, più propriamente, il tempo ed il passaggio della vita è il suo bruciare. Lo sguardo verso l’alto è la ricerca, la tensione alla domanda esistenziale. Il gruppo ed il solitario raccontano le strategie con le quali cerchiamo di rispondere al trascendente, all’oltre, al sopra e lontano orizzonte che sta sopra le nostre teste.
  • 10. L’artista pare dire che, ineluttabilmente, la vita passa e ci consuma mentre, immobili, volgiamo lo sguardo ad un’orizzone impossibile da mettere a fuoco. I volti bruciati si assomigliano, la combustione finisce per rendere tutti simili se non uguali. Solo la posizione dalla quale si osserva la vita ci può rendere minimamente diversi, ma questa è casuale, non decisa dall’uomo poiché il fiammifero non può posizionarsi, qualcun’altro lo ha posizionato. Fuor di metafora ognuno nasce nel suo contesto sociale o familiare, senza possibilità di scelta. Il tempo è padrone ed è relativamente breve. La vita ha la durata di un fiammifero, basterebbe non accenderlo e durerebbe forse all’infinito, ma sarebbe non nascere.
  • 11. Una breve narrazione: la storia. Un cupido, incatenato, ma non si sa da chi Fu obbligato, un giorno, un tempo, a starsene un po’ lì. Chissà cos’aspettava, con quel gran broncio acceso, Certo se fosse stato libero, sicuro sarebbe sceso! Chiedete a far che cosa? Ma a fare innamorare! Gente grande e piccolina che ha smesso di giocare.
  • 12. Ma mentre il broncio triste sul viso di bambino Restava fermo e immobile sul volto del puttino. L’uomo a terra e teso lo sguardo sempre alzava, Ma non passaa lo sdegno e intanto lui bruciava. Come arrivar, così, a quell’estreme altezze ? La condizione umana ha pur tal ristrettezze! E ‘l tempo sì passava, tra rabbia calda e forte Che ‘l fuoco divampava e così paréa la sorte!
  • 13. Ma un giorno finalmente Ci fu un omino anziano Che seduto bello calmo Arrivò assai lontano. Il pensiero o il sogno … (o anche ‘l desiderio) Se son forti forti forti diventano anche azione Così lui si disciolse ed entrò nel nuvolone. Arriverà, Cupido, il giorno in cui con forza (e con tanta passione) Ritornerà il bambino … per mano di un signore.