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 Sede regionale Via dei Mille, 13- 09124 Cagliari
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  STL Sassari       E-mail: volante.sassari@tiscali.it

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                    Ing. Mauro Gargiulo cell. 3487214867
                    E-mail : maugar@alice.it




                                               RELAZIONE TECNICA

PROGETTO: Impianto Solare Termodinamico da 30 MWe nei Comuni di Giave
e Cossoine (SS), Località Campu Giavesu

OGGETTO: Analisi del progetto

     A) UBICAZIONE E DESCRIZIONE PROGETTO


 Il progetto, per ora allo stato preliminare, concerne una Centrale Solare Termodinamica della potenza netta di
circa 30 MW elettrici (MWe), destinata a interessare una superficie complessiva di circa 160 ettari e con una
superficie captante di circa 662.000 mq; ricade nel territorio dei Comuni di Giave e Cossoine, in provincia di
Sassari, in un’area adibita attualmente ad uso agricolo e al pascolo del bestiame. La tecnologia adottata
utilizza specchi parabolici lineari che inseguono la direzione del sole per focalizzare la radiazione solare su un
tubo ricevitore posizionato lungo il fuoco della parabola; l’energia solare assorbita dal tubo ricevitore è
trasferita ad un fluido di lavoro costituito da sali fusi che viene fatto fluire al suo interno. Il calore raccolto
viene utilizzato per la produzione del vapore che alimenta una turbina destinata alla produzione di energia
elettrica. Parte del calore può essere stoccato in grandi serbatoi di accumulo contenenti una miscela salina ed
utilizzato successivamente per la produzione di energia elettrica durante le ore di bassa o assente insolazione.
E’ inoltre presente un sistema di riscaldamento ausiliario del fluido termovettore, composto da un
gassificatore alimentato da biomassa vegetale reperita in loco accoppiato ad un cogeneratore di energia
elettrica.
L’intervento comprende inoltre la realizzazione delle seguenti opere:
a) Realizzazione di una nuova stazione elettrica di trasformazione della RTN a 380/150 kV, da inserire in
entra – esce sulla linea RTN a 380 “Ittiri – Selargius”;
b) Realizzazione del nuovo elettrodotto in Alta Tensione (150 kV) in cavo aereo fra l’impianto in progetto e
la linea AAT (380 kV) “Ittiri-Selargius”. La connessione ha una lunghezza di ca. 5 km dei quali 4,3 km
all’esterno dell’impianto in esame;
c) sistemazione idraulica dei canali di bonifica;
d) realizzazione di un bacino di accumulo o di pozzi per l’emungimento di acqua.
I dati esposti in relazione sono stati desunti dallo Studio preliminare ambientale relativo al progetto “Impianto
solare termodinamico da 30 MWe nei comuni di Giave e Cossoine (SS), località Campu Giavesu” depositato
presso il Servizio Sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi informativi ambientali (Savi)
dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente della RAS nell’ambito del procedimento di
                                                                                                  Ente morale riconosciuto con
                                                                          Registrato come:        D.P.R. n.493 del 4.4.74.
                                                                          WWF Italia ONG Onlus
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Lo scopo finale del WWF è fermare e far regredire il degrado              00198 Roma              Ricerche N. H 1890AD2.
dell’ambiente naturale del nostro pianeta e contribuire a costruire
un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura.         Cod.Fisc. 80078430586   O.N.G. idoneità riconosciuta
                                                                          P.IVA IT 02121111005    con D.M. 2005/337/000950/5
                                                                                                  del 9.2.2005 – ONLUS di
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                       La gestione dei Soci e del Tesseramento WWF
                       è certificato ISO 9001:2000 (cert. n. 03.845)
valutazione di impatto ambientale. Si è avuta notizia informale che la Energogreen Renewables s.r.l., Società
proponente, in sede di redazione del progetto definitivo sarebbe intenzionata ad apportare alcune modifiche
progettuali, delle quali al momento non esiste però documentazione tecnica.

    B) GRUPPO PROPONENTE


Il gruppo proponente è la Energogreen Renewables; si tratta di una società controllata dal Gruppo Fintel
Energia Spa, operatore verticalizzato della filiera dell’energia presente sul mercato italiano ed internazionale
da 13 anni e quotata alla Borsa Valori di Milano dal marzo del 2010. Per i progetti inerenti il settore del solare
termodinamico la Energogreen Renewables ha accordi di collaborazione con partners tecnologici quali
Archimede Solar Energy SPA, società compartecipata da Siemens AG, e primarie università sia in Italia che
all’estero. In Sardegna la società collabora con il consorzio CRS4 nell’ambito della validazione scientifica
delle tecnologie CSP. CRS4 inoltre è stata utilizzata come consulente per la componente scientifica del
progetto.
Centrali del tipo di quella proposta non risultano ancora realizzate in Italia ad eccezione di uno stabilimento
pilota a carattere sperimentale e dimostrativo costruito a Priolo in Sicila della potenza di 5 MGWe; nel resto
del mondo l’installazione di tali centrali è poco diffusa; ve ne sono alcune in California e nel Nevada; in
Spagna ne sono state realizzate tre. La realizzazione di questi impianti in Italia appare segnata da controversi
orientamenti; mentre nel 2007 il Governo Prodi approvò un piano industriale per costruire dieci centrali da 50
MW nel sud Italia, successivamente nel 2009 il Senato Italiano ha approvato una mozione decisamente critica
riguardo al solare termodinamico, ritenuta una fonte non completamente ecologica in quanto necessita di
essere combinata a fonti non rinnovabili che ne garantiscano il funzionamento anche in assenza di sole, e
poco efficiente sotto diversi punti di vista. Inoltre presentano il problema di occupare vaste superfici.
La Centrale in esame è supportata da una centrale ausiliaria a biomasse sul cui funzionamento e sulle relative
fonti di approvvigionamento di combustibile nell’ambito della documentazione non si fa cenno ad eccezione
di un fuggevole riferimento al reperimento in loco della risorsa


    C) PROCEDURA DI VIA


La Energogreen ha provveduto a presentare alla Regione Sardegna lo Studio Preliminare Ambientale,
pubblicato sulla Nuova Sardegna in data 10 agosto 20112 e redatto ai sensi della Deliberazione Giunta
Regionale n. 24/23 del 23.04.2008 (Regione Autonoma della Sardegna), con la finalità di avviare la procedura
di Verifica di Assoggettabilità alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto. Attualmente
la procedura è nella fase di screening. L’iter autorizzativo si configura infatti come procedura di verifica di
assoggettabilità (Screening) a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) a livello regionale, secondo quanto
stabilito dalla Deliberazione della Regione Sardegna n. 24/23 del 23.4.2008 “Direttive per lo svolgimento
delle procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica” che rende
conformi le procedure di valutazione di impatto ambientale regionali ai dettami della normativa nazionale in
materia di VIA in particolare del D.Lgs.n. 152/2006 recante norme in materia ambientale , come modificato
dal D.Lgs.16 gennaio 2008 n. 4 e dal D.Lgs 29 giugno 2010 n. 128. Il progetto dell’impianto termodinamico
solare rientra tra le categorie di opere contenute nell’allegato B1 della suddetta deliberazione “ Industria
energetica ed estrattiva – a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con
potenza termica complessiva superiore a 50 MW”, essendo la potenza termica dell’impianto in progetto pari a
100 MW circa.




    D) STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE


Il rapporto si articola in tre Quadri
     1. Quadro programmatico: verifica della compatibilità del progetto con la normativa

    2. Quadro progettuale: descrizione del progetto

    3. Quadro ambientale: verifica dell’impatto ambientale del progetto in relazione alle caratteristiche del
       sito.


D.1) QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

Il quadro di riferimento programmatico si propone di fornire gli elementi conoscitivi circa le relazioni e la
coerenza tra l’opera da realizzare e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e di settore. Tali
elementi costituiscono parametri di riferimento per la costruzione del giudizio di compatibilità. Il Quadro
prende in esame i seguenti documenti di pianificazione:
1) Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R.);
2) Piano Energetico Ambientale Regionale (PEARS);
3) Piani Urbanistici Comunali di Cossoine e Giave (SS)

D.1.1 PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE (PPR)

Le aree interessate dalle opere in progetto insistono su ambiti cartografati definiti “Aree ad utilizzazione agro-
forestale” e interessati dalla presenza di Colture erbacee specializzate, aree agroforestali, aree incolte .
Pur non ricadendo le aree all’interno di alcun Ambito specifico per i quali sono stati forniti dal PPR precisi
indirizzi, risultando essendo gli Ambiti del PPR definiti nella sola fascia costiera, per tali Aree gli artt.28, 29
e 30 delle NTA prescrivono quanto segue:



Art. 28 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Definizione

1. Sono aree con utilizzazioni agro-silvo pastorali intensive, con apporto di fertilizzanti, pesticidi, acqua e
comuni pratiche agrarie che le rendono dipendenti da energia suppletiva per il loro mantenimento e per
ottenere le produzioni quantitative desiderate.
2. In particolare tali aree comprendono rimboschimenti artificiali a scopi produttivi, oliveti, vigneti,
mandorleti, agrumeti e frutteti in genere, coltivazioni miste in aree periurbane, coltivazioni orticole, colture
erbacee incluse le risaie, prati sfalciabili irrigui, aree per l’acquicoltura intensiva e semi-intensiva ed altre
aree i cui caratteri produttivi dipendono da apporti significativi di energia esterna.
3. Rientrano tra le aree ad utilizzazione agro-forestale le seguenti categorie:
    a. colture arboree specializzate;
    b. impianti boschivi artificiali;
    c. colture erbacee specializzate;



Art. 29 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Prescrizioni

1. La pianificazione settoriale e locale si conforma alle seguenti prescrizioni:
    a) vietare trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole di cui non sia
        dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l’impossibilità di localizzazione alternativa, o
        che interessino suoli ad elevata capacità d’uso, o paesaggi agrari di particolare pregio o habitat di
        interesse naturalistico, fatti salvi gli interventi di trasformazione delle attrezzature, degli impianti e
        delle infrastrutture destinate alla gestione agro-forestale o necessarie per l’organizzazione
        complessiva del territorio, con le cautele e le limitazioni conseguenti e fatto salvo quanto previsto per
        l’edificato in zona agricola di cui agli artt. 79 e successivi;
    b) promuovere il recupero delle biodiversità delle specie locali di interesse agrario e delle produzioni
        agricole tradizionali, nonchè il mantenimento degli agrosistemi autoctoni e dell’identità scenica delle
        trame di appoderamento e dei percorsi interpoderali, particolarmente nelle aree perturbane e nei
        terrazzamenti storici;
    c) preservare e tutelare gli impianti di colture arboree specializzate.

Art. 30 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Indirizzi

1. La pianificazione settoriale e locale si conforma ai seguenti indirizzi:
   armonizzazione e recupero, volti a:
   - migliorare le produzioni e i servizi ambientali dell’attività agricola;
   - riqualificare i paesaggi agrari;
   - ridurre le emissioni dannose e la dipendenza energetica;
   - mitigare o rimuovere i fattori di criticità e di degrado.

2. Il rispetto degli indirizzi di cui al comma 1 va verificato in sede di formazione dei piani settoriali o locali, con
adeguata valutazione delle alternative concretamente praticabili e particolare riguardo per le capacità di
carico degli ecosistemi e delle risorse interessate

Dalla lettura delle NTA risulta evidente che la destinazione e l’intervento previsti dal progetto sono in aperto
contrasto con le previsioni di PPR.

Per quanto riguarda l’assetto storico-culturale nella Relazione si sostiene che non sussistono interferenze
con beni paesaggistici di interesse storico-culturale ed in particolare con beni identitari di cui agli artt. 6 e 9
delle N.T.A., né con immobili e aree di notevole interesse pubblico di cui all’art.8 delle N.T.A., né con zone
di interesse archeologico (artt. 8 e 47 delle N.T.A.). Tale affermazione pur avendo un riscontro oggettivo
qualora ci si limiti al solo perimetro dell’impianto non si ritiene possa essere condivisa qualora si consideri la
prossimità all’area dell’intervento di un cospicuo insieme di beni che presentano interesse storico-artistico.
Nella stessa Relazione si afferma infatti che:
 “considerando un’area di studio di 2 km, si segnala la presenza nei dintorni dell’area di impianto di alcuni
immobili ed aree tipizzati (artt. 47, 48, 49, 50,51, 52, 53 delle N.T.A.), in particolare di aree caratterizzate da
edifici e manufatti di valenza storico-culturale come le aree funerarie “necropoli a domus de Janas Sa
Corona” (distanza 1,1 km dal sito) e la “tomba dei giganti Crastu ‘e Fora” (distanza 800 m) e di
insediamenti nuragici come i nuraghi s’Ena, Binalsozu, Su Runcu, Idda, Accas, su Truppu, Corruòes, Aidu,
tutti distanti più di 100 metri dalla recinzione dell’impianto”.
Appare del tutto ovvio che l’interesse storico-artistico di un bene non debba essere circoscritto al ristretto
perimetro della emergenza monumentale, ma che tale interesse debba estendersi anche alla interrelazione in
cui esso si pone con il contesto territoriale nel quale è inserito; solo dall’analisi di tale inscindibile unitarietà è
infatti possibile ricostruire il quadro storico, coglierne le relazioni dialettiche con il paesaggio ecc. aspetti
questi che sono carichi di una significativa e più ampia pregnanza nel settore dei beni archeologici sardi.
Inoltre il complesso territoriale in cui la Centrale ricade è nella sua interezza caratterizzato da un’organica rete
di insediamenti storici, i centri di antica e prima formazione, di cui gli attuali nuclei storici di Giave e di
Cossoine, distanti rispettivamente dall’area di progetto solo 2,2 km e 1,2 km, costituiscono elementi
baricentrici.

D.1.2 AREE PROTETTE

Il Quadro ambientale evidenzia l’assenza di siti SIC e ZPS (Direttiva Habitat – Natura 2000), nonché di Oasi
protette e Parchi naturali nella zona individuata dall’intervento, nello stesso tempo fornisce il seguente quadro
di insieme per un raggio di km.10

    •   10 km dall’area SIC Altopiano di Campeda ITB021101

    •   13 km dal Parco Regionale Marghine e Planargia

    •   8 km dalla Riserva naturale Valle del Temo

    •   5 km dall’oasi permanente di protezione faunistica Puttu Ruiu

    •   4 km dall’oasi permanente di protezione faunistica Monte Cuccuruddu

    •   3,5 km dal Monte Annaru, inserito nella lista dei crateri vulcanici del Meilogu, classificati come
        monumenti naturali dalla L.R. 31/89

    •   2 km dal Monte Traessu classificato come area a gestione speciale dell’ente foreste.


Anche in questo caso si deve rilevare che l’estrema vicinanza di un numero non esiguo di aree, a vario titolo
custodi di elevati valori naturalistici, non può che costituire fattore di interferenza con l’intervento di progetto.
E’ noto a tutti che le aree soggette a misure di particolare tutela ambientale, come quelle dei Parchi, Riserve,
Oasi, portatrici intrinseche di valori da proteggere e in genere delimitate da esigui perimetri cartografici, si
costituiscano anche quali espliciti indicatori dei valori naturalistici dell’intero territorio nel quale dimorano.
Esse sono da assimilarsi a quelle che in Ecologia sono definibili come aree CORE, per la cui sopravvivenza la
stessa letteratura ecologica pone, quale indispensabile premessa, la conservazione di più ampi circondari
limitrofi, le aree BUFFER, di ben più cospicua estensione delle prime e tra loro collegate da una rete di
corridoi ecologici. Appare dunque evidente che la prossimità degli impianti costituirebbe una pesante
interferenza con un tale macro-ecosistema, tanto più grave quando si pensi che l’intera area della superficie di
ben ha.160 o comunque una parte non esigua di essa dovrà essere recintata per motivi di sicurezza, dopo una
radicale modifica dell’attuale assetto geomorfologico, con la inevitabile conseguenza dell’impoverimento
della componente naturalistica (sia faunistica che botanica). Per quanto concerne inoltre le specie avicole,
relativamente soprattutto a quella migratoria è stata ampiamente dimostrata l’interferenza provocata da
superfici specchianti con le rotte seguite nei processi migratori.

D.1.3 PIANO ENERGETICO AMBIENTALE REGIONALE (PEARS)

La Relazione fa riferimento al Piano Energetico Ambientale Regionale approvato dalla Giunta Regionale con
Deliberazione n° 34/13 de 12 Agosto 2006. Successivamente con Delibera n.31/43 del 20.11.2011 è stata
approvata la Direttiva di indirizzo politico per la Redazione di un nuovo PEARS. La Relazione prende
esclusivamente in esame la compatibilità dell’intervento con gli obiettivi previsti nel PEARS del 2006 (punto
1.2), così definiti:

a) la stabilità e sicurezza della rete: rafforzamento delle infrastrutture energetiche della Sardegna in
particolare tramite la nuova interconnessione Sardegna – Italia continentale (di seguito SAPEI), peraltro già
operativa da marzo 2011, e il metanodotto sottomarino dall’Algeria (GALSI);
b) l’implementazione di un sistema energetico funzionale all’apparato produttivo, volto a migliorare e
preservare la struttura produttiva di base esistente in Sardegna con positive implicazioni ambientali ed
occupazionali e capace di portare sul mercato energia pulita a costi adeguati, tenendo conto che i fabbisogni
energetici variano in funzione del mercato e delle tendenze di crescita dei diversi settori dell’economia;
c) la tutela ambientale: le azioni del sistema energetico regionale devono essere concepite in modo da
minimizzare l’alterazione ambientale. Tra i principali obiettivi del PEARS, nel rispetto della direttiva della
UE sulla Valutazione Ambientale Strategica, la Sardegna si propone di contribuire all’attuazione dei
programmi di riduzione delle emissioni nocive secondo i Protocolli di Montreal, di Kyoto, di Goteborg,
compatibilmente con le esigenze generali di equilibrio socio-economico e di stabilità del sistema industriale
esistente. In particolare si propone di contribuire alla riduzione delle emissioni nel comparto di generazione
elettrica facendo ricorso alle fonti energetiche rinnovabili;
d) la riforma delle reti dell’energia;
e) la diversificazione delle fonti energetiche: la necessità di assicurare un approvvigionamento energetico
efficiente richiede di diversificare le fonti energetiche.

Come si può rilevare la tutela ambientale prevista al punto c) sembra esclusivamente limitarsi al contenimento
delle emissioni di CO2. Viceversa una lettura più esaustiva del PEARS consente di appurare che gli Impianti
con tecnologia solare termodinamica siano specificamente presi in considerazione al punto II.7.4.4.2; in tale
paragrafo ne viene evidenziata la antieconomicità, la necessità di farli lavorare in abbinamento con Impianti
termoelettrici a Biomasse, evidentemente in ambiti già interessati da insediamenti industriali, come poi
meglio specificato nella parte finale del paragrafo, nel quale vengono individuate le possibili localizzazioni a
Cagliari-Macchiareddu e ad Ottana. Infine il paragrafo 1.2 (Principali obiettivi) del PEARS, citato
testualmente in Relazione, risulta tronco nella sua formulazione al punto c); viceversa la esatta e completa
citazione del comma del PEARS risulta essere la seguente:
c) La tutela ambientale
La Regione, in armonia con il contesto dell’Europa e dell’Italia, ritiene di particolare importanza la tutela
ambientale, territoriale e paesaggistica della Sardegna, pertanto gli interventi e le azioni del Sistema
Energetico Regionale devono essere concepite in modo da minimizzare l’alterazione ambientale.
In coerenza con questa impostazione tutti gli impianti di conversione di energia, inclusi gli impianti di
captazione di energia eolica, fotovoltaica e solare aventi estensione considerevole per la produzione
di potenza elettrica a scala industriale, devono essere localizzati in siti compromessi preferibilmente
in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano PaesaggisticoRegionale (PPR).
Riguardo alla tutela ambientale si ricorda che l’Italia, avendo aderito al protocollo di Kyoto, deve diminuire del
6,5% rispetto al valore del 1990 le emissioni di anidride carbonica entro il 2010. E’ evidente che ogni Regione
deve dare il suo contributo, ma non è stata stabilita dallo Stato una ripartizione di questi oneri di riduzione
delle emissioni di CO2 tra le Regioni. Anche per questo motivo è di importanza strategica per la Sardegna
l’arrivo del metano che produce emissioni intrinsecamente minori.
Tra i principali obiettivi del PEARS, nel rispetto della direttiva della UE sulla Valutazione Ambientale
Strategica, la Sardegna si propone di contribuire all’attuazione dei programmi di riduzione delle emissioni
nocive secondo i Protocolli di Montreal, di Kyoto, di Goteborg, compatibilmente con le esigenze generali di
equilibrio socio-economico e di stabilità del sistema industriale esistente. In particolare si propone di
contribuire alla riduzione delle emissioni nel comparto di generazione elettrica facendo ricorso alle FER ed
alle migliori tecnologie per le fonti fossili e tenendo conto della opportunità strategica per l’impatto economico-
sociale del ricorso al carbone Sulcis.
Onde perseguire il rispetto del Protocollo di Kyoto l’U.E. ha approvato la citata Direttiva 2001/77/CE che
prevede per l’Italia un “Valore di riferimento per gli obiettivi indicativi nazionali” per il contributo delle Fonti
Rinnovabili nella produzione elettrica pari al 22% del consumo interno lordo di energia elettrica all’anno 2010.
Il D.lgs. n.387/2003 (attuativo della Direttiva) prevede la ripartizione tra le Regioni delle quote di produzione di
Energia elettrica da FER, ma ad oggi lo Stato non ha ancora deliberato questa ripartizione. Il contesto
normativo della Direttiva in oggetto lascia intendere che questo valore del 22% è da interpretare come valore
di riferimento, e che eventuali scostamenti giustificati sono possibili; nel caso della Sardegna esistono
obiettive difficoltà strutturali dipendenti da fattori esterni che rendono difficoltoso, alle condizioni attuali, il
raggiungimento dell’obiettivo così a breve termine.

Come appare manifesto l’indirizzo è imperativo e prevede “l’obbligo” della localizzazione di tali impianti in
siti già compromessi, preferibilmente in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano
Paesaggistico. Nessuna delle condizioni suddette è soddisfatta dalla localizzazione individuata dal progetto in
esame che risulta concepito nell’esclusiva ottica del perseguimento dell’obiettivo dello sfruttamento della
risorsa energetica, e quindi indirizzato al raggiungimento del massimo profitto, prescindendo da ogni
considerazione in merito all’impatto con i valori naturalistici e ambientali. Tali ultimi aspetti, che dovrebbero
assumere valenza pregnante per il loro carattere identitario, sono in Relazione surretiziamente sottostimati.
I vincoli regionali sono stati peraltro ribaditi in termini analoghi nell’ambito dell’ ATTO di INDIRIZZO PER
LA PREDISPOSIZIONE DEL PEARS, allegato alla predetta Delibera (par.6 Proposta di indice del PEARS
punto 8 definizione dei vincoli).
In merito a tale argomento giova per inciso evidenziare che all’attualità la politica della RAS in ambito
energetico non sembra essere supportata da adeguati strumenti di pianificazione e programmazione . Il
PEARS in vigore risale al 2006, quindi del tutto obsoleto, oltre che viziato da macroscopiche lacune operative
e labilità di indirizzi. La nuova Giunta, lungi dal sopperire a tali carenze, si è limitata a deliberare un Atto
programmatico, al quale non è seguito alcun specifico provvedimento. In tale vuoto pianificatorio e
programmatico appare dunque del tutto incomprensibile che si possa procedere ad autorizzare nuovi impianti
di non dimostrata economicità e ancora sperimentali, che comportino una incidenza rilevante sull’assetto
paesaggistico, uno stravolgimento dei parametri socio-economici storicizzati di              ampia portata, e un
irreversibile e indiscriminato consumo di territorio.

D.1.4 PIANI URBANISTICI COMUNALI (PUC) DI COSSOINE E GIAVE

All’interno del Piano Urbanistico Comunale vigente del Comune di Cossoine l’impianto ricade in parte (ca.
111 ha) su un’area classificata come “Sottozona E2” che comprende tutti quei terreni che, per le loro
caratteristiche si ritengono suscettibili di immediato sfruttamento produttivo, sia per quanto riguarda l’uso
agricolo sia per quanto riguarda l’uso zootecnico anche intensivo, ed in parte (ca. 35 ha) su un’area
classificata come “Sottozona E3” che include aree che, caratterizzate da un elevato frazionamento fondiario,
sono contemporaneamente utilizzabili per scopi agricolo - produttivi e per scopi residenziali. La porzione di
area di impianto ricadente nel Comune di Giave (circa 14 ha) ricade su un’area classificata dal PUC come
“Sottozona E2”- area di primaria importanza per la funzione agricola – produttiva, anche in relazione
all’estensione, composizione e localizzazione dei terreni. Sono zone a vocazione agricola e pascolo.
Comprende tutti quei terreni che, per le loro caratteristiche, si ritengono suscettibili di immediato
sfruttamento produttivo, sia per quanto riguarda l’uso agricolo sia per quanto riguarda l’uso zootecnico,
anche intensivo.

L’impianto appare dunque in palese contrasto con gli strumenti di pianificazione comunale dei Comuni di
Giave e Cossoine. E’ opportuno evidenziare che come previsto dalla procedura di VIA sono state presentate
in data 26 agosto 2012 dall’assoc. Italia Nostra delle Osservazioni al SIA. A queste hanno fatto seguito in data
15 ottobre 2012 le controdeduzioni della società; al punto 4 delle stesse si dichiara quanto di seguito in
relazione all’incompatibilità dell’impianto con le norme di pianificazione comunale:
“Lo stesso Decreto legislativo 29 dicembre 2003 n.387 all’art.12 comma 7 stabilisce che gli impianti di
produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, cmma 1, lettere b) e c) (ovvero gli impianti a “fonte
rinnovabile” possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti strumenti urbanistici.
Al di là dei controversi e discutibili aspetti normativi, appare evidente che alle due comunità interessate con la
realizzazione della centrale verrebbero sottratte ampie zone di territorio a vocazione agricola, a prescindere
dall’attuale effettivo utilizzo. L’indirizzo pianificatorio comunale si pone infatti come espressione
democratica della volontà delle popolazioni locali e di conseguenza le politiche regionali dovrebbero
mostrarsi attente e rispettose di tali intendimenti. Viceversa l’opera di defraudazione della scelta urbanistica
comunale si rivela ancor più grave qualora si rifletta sulla particolare orografia del territorio e sulle
caratteristiche dei suoli, in relazione all’alta incidenza che in termini percentuali essi presentano rispetto a
quelli di analoga vocazione, tenendo anche conto della prossimità degli abitati e delle infrastrutture, fattori
che rendono quasi uniche le peculiarità dei terreni coinvolti nell’intervento.
Giova ricordare che la Enorgogreen nelle Controdeduzione alle Osservazioni sostiene che dei 160 ha
interessati l’intervento, circa 70 ha resterebbero liberi e destinati a coltivazioni e nello stesso tempo di essersi
fatta promotrice di una Cooperativa agricola denominata “Piccola Cooperativa agricola di Campu Giavesu”
alla quale però nessun coltivatore locale sembra aver aderito. Negli elaborati del SIA presentati alla Regione e
pubblicati tali studi non risultano presenti. Sembrerebbe doversi presumere che l’esuberanza territoriale
impegnata debba essere necessaria al reperimento delle risorse per il funzionamento della centrale a biomasse
piuttosto che per incentivare le attività agricole e di allevamento locali. Come pure suscita ampie perplessità
la ventilata ipotesi che il bestiame possa pascolare all’interno di un campo solare, terreno peraltro in parte
recintato da rete metallica come indicato in un disegno allegato al Quadro ambientale.
D.2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE

Nella parte della Relazione relativa al Quadro di riferimento progettuale è possibile avere un’idea completa
dell’impianto. Si tratta di una centrale termodinamica concentrazione, o CSP (Concentrating Solar Power).I
sistemi CSP sono impianti che permettono di trasformare la radiazione solare in energia elettrica sfruttando la
possibilità di concentrare la luce del sole focalizzandola attraverso lenti o specchi concavi. Per moltiplicare
l’energia concentrata il collettore solare deve essere sempre allineato al sole, ovvero lo deve sempre
“inseguire”. Il processo avviene nelle seguenti fasi:
1. si fanno convergere i raggi del sole sul contenitore di un fluido, detto fluido termovettore, che accumula
calore ad alta temperatura;
2. l’energia termica così concentrata va ad alimentare una caldaia che produce il vapore ad alta pressione che
aziona la turbina;
3. come avviene in una centrale termoelettrica tradizionale, la turbina trasmette la sua energia meccanica ad
un alternatore;
4. l’alternatore trasforma l’energia meccanica in energia elettrica;
5. l’energia elettrica viene immessa in rete e distribuita alle utenze

Il progetto d’impianto termodinamico solare utilizza come fluido termovettore una miscela di nitrati di sodio e
potassio (60% NaNO3 e 40% KNO3) comunemente chiamata sali fusi con un sistema di accumulo sempre a
sali fusi, composto da due serbatoi gemelli, ma operanti a differenti temperature. Il campo solare è costituito
da collettori parabolici lineari, che ruotano su un solo asse e che riflettono e concentrano la luce diretta del
sole su un tubo ricevitore posto nel fuoco del paraboloide. Il sistema di specchi, raccolta la densità di potenza
irraggiata, la riflette su ricevitori longitudinali entro i quali scorre il fluido termovettore quale veicolo di
calore; la miscela di sali, a 550 °C, in uscita dal campo solare viene stoccata in un serbatoio opportuno, ed
inviata successivamente ad un generatore per la produzione di vapore necessario al funzionamento della
turbina per la produzione di energia elettrica. La possibilità di stoccare energia termica, elimina il problema
dell’aleatorietà della fonte solare, potendo prevedere un esercizio impiantistico della centrale continuo
nell’arco del ciclo operativo prescelto.
La localizzazione dell’impianto è stata individuata sulla base del fatto che a livello nazionale le sole zone
geografiche idonee nel nostro Paese sono quelle della Sardegna, della Sicilia e delle regioni centromeridionali
della penisola. Per lo specifico contesto della Sardegna, la selezione dei potenziali siti di installazione è stata
fatta ricadere nella regione compresa fra i Comuni di Giave e Cossoine (SS), in una zona più meridionale in
provincia di Cagliari, nel Comune di Villasor e nel territorio del Comune di Gonnosfanadiga, provincia di
Medio Campidano. Per quanto concerne il sito nella provincia di Sassari la zona fra i due Comuni sopraddetti,
secondo quanto dichiarato dagli spessi progettisti, è stato individuata sulla base di considerazioni
esclusivamente tecnico-economiche:
1. sufficiente livello di irraggiamento solare diretto al suolo (DNI ! 1916 kWh/m2);
2. disponibilità di terreni aventi sufficiente estensione e modesta pendenza;
3. basso livello di antropizzazione;
4. assenza di vincoli paesaggistico-naturali; prossimità a importanti nodi della Rete elettrica di Trasmissione
Nazionale;
5. prossimità a importanti infrastrutture viarie.

Per quanto concerne le opere che verrebbero ad interessare l’area in questione per la realizzazione
dell’impianto, esse si possono in estrema sintesi così riassumere:
a) Livellamenti e drenaggi superficiali - Opere di fondazione profonde e/o dirette per specchi,
       macchinari e edifici ecc.;

    b) Realizzazione di un campo solare composto da 149 stringhe, 115 da 6 collettori, 16 da 4 e 18 da 2, per
         un totale di 790 collettori e un area captante totale di circa 662.000 mq;

    a) N. 2 Serbatoi di circa 4680 mc con altezza pari a 14,55 metri e diametro mt.25 più un serbatoio
       ausiliario

    b) Edificio e impianto Turbo-generatore-

    c) Edificio guardiania- n.3 Edifici servizi tecnici e uffici;

    d) Edifici riscaldatore ausiliario (edificio stoccaggio biomassa e produzione cippato, edificio
       gassificatore, edificio generatore ausiliario;

    e) Depositi carburante (Vasche per lo stoccaggio cippato, Caldaia primo avviamento e Gassificatore);

    f) Realizzazione di un bacino di accumulo artificiale e fornitura di acqua da pozzi profondi,

    g) Vasche di raccolta acque oleose, vasca di neutralizzazione delle acque reflue, vasca di raccolta finale
       acque reflue, vasca di raccolta acqua di prima pioggia;

    h) Infrastrutture interrate e fuori terra (pipe-rack in carpenteria metallica) per tubazioni e vie cavi;

    i)   Opere esterne, viabilità, illuminazione, fognature, recinzione e finiture.


Si elencano nel seguito gli aspetti di maggiore impatto determinato dalla realizzazione dell’impianto:

   a) Occupazione di un’area per una superficie complessiva di circa 160 ettari su parte della quale verrà
      distesa una superficie captante costituita da specchi parabolici interconnessa con tubi per una
      supeficie di mq.662.000, al cui centro verranno installati gli impianti e gli edifici di cui all’elenco
      precedente. A regime la potenza della centrale viene stimata in 30 MWe

   b) L’area verrà totalmente spianata in modo da realizzare quattro livelli pianeggianti; le altimetrie attuali
         evidenziano un dislivello complessivo irregolare da mt 415 s.l.m. a mt 430 s.l.m. ne risulteranno n.4
         spianamenti con riporto così distribuiti:

    •    area A (75 ha circa): quota 415,00 m slm;

    •    area B (32 ha circa): quota 420,00 m slm;

    •    area C (27 ha circa): quota 425,00 m slm;
•   area D (26 ha circa): quota 430,00 m slm.


   c) Gli edifici e gli impianti che saranno contenuti in vasche di c.a. si eleveranno fino ad un’altezza di
      mt.15

   d) Il consumo di acqua è stato stimato in mc.400.000 annui; essi saranno garantiti da una raccolta
      d’acqua e dai pozzi

   e) Le acque reflue, trattate secondi i parametri di norma dovranno essere riversati nella rete fognaria. Le
        acque meteoriche di raccolta superficiale saranno indirizzate verso i canali naturali esterni

   f) Si individuano principalmente tre fonti di emissioni gassose nell’atmosfera:

        1. Emissioni dal riscaldatore ausiliario dei sali fusi;
        2. Emissioni dalla caldaia di primo avviamento, sempre a cippato;
        3. Sfiati del degasatore (incondensabili, vapore acqueo, altri composti organici volatili)


D.3 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

Il Quadro suddetto prende in esame solo alcuni degli impatti ambientali che un’opera così invasiva determina.
La Relazione in tale Quadro appare volutamente evasiva e contradditoria, fino ad alterare in alcuni passaggi
dati ambientali di oggettivo riscontro. Nel seguito si prenderanno in esame quegli aspetti di macroscopica
incongruenza.

Al punto 4.1.2 alla voce “Inquadramento geologico” si afferma che:

L’impianto da realizzare andrà ad insistere su depositi fluvio-palustri attribuibili all’Olocene, costituiti in
prevalenza da limi argillosi e sabbiosi a cui si intercalano più rare lenti ghiaioso-sabbiose. Questi depositi
poggiano (a profondità da definire in fase di progettazione esecutiva) su un substrato roccioso in parte di
origine vulcanica ed in parte di origine sedimentaria.

Vi è da evidenziare in premessa che parte del sistema stratigrafico verrà sostanzialmente stravolto per la
formazione dei 4 terrazzamenti sui quali verranno attestati gli impianti. Questi ultimi saranno sostenuti da
opere di fondazione di notevole estensione e parte di essi contenuti in vasche aperte di c.a. Il complesso dei
livellamenti determinerà di fatto quattro terrazzamenti artificiali, con un’alterazione totale delle naturali linee
di displuvio e di incanalamento delle acque . In presenza di forti precipitazioni l’allontanamento delle acque
meteoriche dovrebbe avvenire sfruttando i canali naturali esistenti del territorio periferico all’intervento, ma è
lecito nutrire forti dubbi sulla capacità che tale sistema di dreno possa essere in grado di assorbire un
incremento di portata così rilevante. Considerata la natura poco permeabile del sottosuolo ne dovrebbe
conseguire un incremento di impaludamento delle aree circostanti, già interessate in condizioni normali da un
tale fenomeno tanto da aver richiesto in passato interventi di bonifica e comunque ne conseguirà una profonda
alterazione dell’assetto idrografico del territorio. Tali aspetti critici sono peraltro paventati nella parte finale
del paragrafo, dove si rimanda la soluzione dei problemi alla progettazione esecutiva:

   Riguardo all’idrografia, l’area in esame non è attraversata da vie preferenziali di scorrimento delle acque
e, negli elaborati del P.A.I., non è segnalata alcuna area esondabile. Nonostante ciò si sottolinea che i
depositi fluvio-palustri limoso-argillosi, in relazione alla genesi ed al comportamento praticamente
impermeabile, non lasciandosi attraversare facilmente dalle acque meteoriche, favoriscono il verificarsi di
fenomeni di impaludamento durante importanti eventi meteorici. Pertanto in fase di progettazione esecutiva
si dovrà tenere presente tale eventualità, andando a studiare un’opportuna rete di drenaggi superficiali.

Il Quadro prosegue nei paragrafi 4.1.3 (Inquadramento geomorfologico e 4.1.4. Inquadramento idrografico
ed idrogeologico) nei quali si ripetono pedissequamente analoghi concetti, mentre non si fa alcun riferimento
alla Carta dei Suoli ed alle corrispondenti prescrizioni imposte dalla RAS.

Nel successivo paragrafo inerente la 4.2. (DESCRIZIONE SINTETICA DEGLI IMPATTI AMBIENTALI
ATTESI) si prendono in esame le tre componenti ambientali ARIA, ACQUA e SUOLI, limitandosi ad
affermazioni del tutto generiche quando non palesemente fuorvianti. In particolare:
           • per l’Aria si afferma che le emissioni saranno contenute nei parametri di legge e quindi se
       ne deduce la non alterazione della componente ambientale assimilando quello in esame ad un sistema
       a produzione di “energia pulita”. Si ritiene invece debba essere presa in considerazione l’alterazione
       degli attuali parametri caratterizzanti l’atmosfera presente nell’ecosistema e qualificata da una
       condizione di totale assenza di sorgenti inquinanti, rispetto ai valori che si verrebbero a determinare
       con l’impianto in esercizio nel quale la centrale a biomasse giocherà un ruolo non trascurabile, sul
       quale lo SIA volutamente tace.

            •   Per l’Acqua oltre agli aspetti descritti al precedente punto non viene data alcuna soluzione
        alla problematica connessa all’esigenza dell’impianto di dover disporre mc.400.000 di acqua
        all’anno, ma si afferma che “la geologia della zona fa prevedere la presenza di falde a profondità
        modeste, ciò porta ad ipotizzare l’utilizzo di pozzi e/o di un bacino di accumulo acque per coprire le
        necessità dell’impianto”, considerazione la quale, oltre che restare nel limbo non certo scientifico
        della probabilità, non affronta il problema della inevitabile conseguenza di un consistente
        impoverimento delle falde acquifere.

            •    Per il Suolo, oltre a non fare alcun riferimento alla Carta del Suolo predisposta dalla RAS,
        con connesse implicazioni, la relazione si preoccupa unicamente di fugare i dubbi inerenti la
        possibilità ritenuta remota di versamenti accidentali di sostanze inquinanti. Al di là del fatto che in
        considerazione delle notevoli quantità di materiali fortemente inquinanti previsti per il funzionamento
        dell’impianto (Sali, olii, materiali esausti ecc.) non può essere ritenuta remota la probabilità di uno
        sversamento degli stessi, vengono di fatto sottaciute le modalità di intervento in caso di emergenza e
        dove siano localizzati i siti per lo smaltimento dei rifiuti industriali. Appaiono peraltro
        incomprensibili le affermazioni inerenti gli interventi di mitigazione come quella che di seguito si
        riporta:
“Si propone di utilizzare alberi da frutto in modo da non ignorare la vocazione agricola dell’area, creare
posti di lavoro in questo settore e conciliare l’aspetto energetico-ambientale con quello agricolo. In più,
sempre per valorizzare la destinazione della zona, alcune aree saranno adibite al pascolo del bestiame tipico
della regione, gli ovini”.
L’area infatti non è affatto caratterizzata da coltivazioni di frutteti, che peraltro, la particolare natura del suolo
tenderebbe ad escludere anche in considerazione della persistente possibilità di impaludamento. Non si
comprende la correlazione tra l’impianto di una cortina di alberi da frutto (di che tipo?), eseguita con
l’evidente ed unico intento di ottenere un vano mascheramento visivo dell’impianto, e la dichiarata volontà di
“non ignorare la vocazione agricola dell’area”, l’intento di “creare posti di lavoro” e il conseguente effetto
di “conciliare aspetto enegretico-ambientale (?) con quello agricolo”. Infine viene ventilata l’ipotesi di
adibire tali aree a pascolo.
Appare sorprendente sostenere che un’area così vasta, recintata e denaturalizzata, sconvolta nel giro di pochi
mesi nella sua orografia, il cui profilo si è modellato nel corso dei millenni per l’azione degli agenti naturali,
violentata nella sua vocazione naturale ad onta delle stesse norme pianificatorie, proprio in virtù di tali
devastanti interventi possa essere consegnata a quella fruizione agro-pastorale che da millenni le popolazioni
sarde vi hanno praticato. Tali affermazioni, nella loro stravagante singolarità potrebbero suscitare al più un
commiserante sorriso, se non facessero insorgere imprescindibili e preoccupati dubbi sulle singolari lacune
conoscitive storico-culturali di chi le ha formulate e se non fosse a rischio l’integrità di un territorio che si
sostiene di voler valorizzare attraverso aberranti processi conciliativi!

Nell’ultimo paragrafo del Quadro ambientale vengono esaminati gli Impatti paesaggistici dell’intervento
(par.4.3 Paesaggio). Secondo quanto sostenuto dagli estensori dello Studio le modificazioni al paesaggio
sarebbero da farsi rientrare esclusivamente nell’ambito delle alterazioni puramente “visive” e come tali da
considerarsi di fatto trascurabili, in quanto pur essendo “l’impianto visibile distintamente, nonostante le opere
di mitigazione previste, per il fatto che il sito di progetto si trova sulla pianura ai piedi del paese
sopradetto (Cossoine), addentrandosi nella cittadina, ostacoli come costruzioni e vegetazione
limiteranno notevolmente la visibilità dell’opera, fino ad oscurarla totalmente”; motivazioni
analoghe sono addotte per Giave.
La concezione del paesaggio che traspare dalla Relazione potrebbe per semplificazione essere ricondotta
all’idea di paesaggio come aspetto visibile del territorio; si tratta di una teoria che assume a riferimento
parametri estetico-percettivi di carattere soggettivo ampiamente superata nell’ambito della cultura
paesaggistica moderna, della quale peraltro non sembrano nemmeno essere recepite le istanze di
conservazione del visibile, attesa l’irreversibile alterazione che l’opera determina in tale ambito percettivo. Da
tempo gli studi hanno del paesaggio largamente messo in luce la componente scientifica e oggettiva, che,
attribuendo ad esso i valori ecologici di un “sistema di ecosistemi”, cerca di coglierne l’aspetto olistico
racchiuso nella concezione di sistema complesso. Sulla base di un tale irrinunciabile assunto, pur senza
entrare nel merito dell’analisi dei sistemi e delle molteplici componenti (peraltro nemmeno sottesi in
Relazione), appare del tutto intuitivo che un intervento di così ampia portata che determina un radicale
sconvolgimento dei parametri di tutte le matrici da quelle abiotiche, a quelle biotiche, fino a quelle antropiche
e culturali, non possa ridursi a enunciati di minimalismo visivo, peraltro reso ancor meno manifesto da
ipotetiche interclusioni opposte alle visuali dalla vegetazione e da qualche provvidenziale costruzione.
Volendo peraltro uniformarsi ad una visione così angusta e incoerente c’è da dire che lo stesso rendering di
fotomontaggi, allegato Relazione e finalizzato a suffragare la tesi della trascurabilità dell’impatto visivo,
finisce con il dimostrare la tesi esattamente opposta, pur essendo stati prescelti punti di vista “a raso” di
insufficiente panoramicità e canalizzati in un cono visuale di apertura limitata, in modo da obliterare la
discrasia con il contesto circostante, prospettiva che ne avrebbe evidenziato in modo incontrovertibile il
macroscopico contrasto. Ancor più contradditorie le osservazioni sulla visuale fruibile dalla Carlo Felice,
percorrendo la quale ci si verrebbe a trovare in presenza di un impedimento di visuale “mitigato da un
terrapieno di altezza pari a 4-4,5 metri sul quale saranno piantate siepi basse ed erbe officinali come manto
erboso”.
Appare a questo punto doveroso richiamare quanto precisato in merito al concetto di paesaggio dalla
Convenzione Europea del paesaggio sottoscritta dall’Italia a Firenze il 20 ottobre del 2000 e ratificata in
legge nel 2006 secondo la quale

Il termine " paesaggio " viene definito come una zona o un territorio, quale viene percepito dagli abitanti
del luogo o dai visitatori, il cui aspetto e carattere derivano dall'azione di fattori naturali e/o culturali
(ossia antropici). Tale definizione tiene conto dell'idea che i paesaggi evolvono col tempo, per l'effetto di
forze naturali e per l'azione degli esseri umani. Sottolinea ugualmente l'idea che il paesaggio forma un
tutto, i cui elementi naturali e culturali vengono considerati simultaneamente.

Nello Studio in questione gli aspetti ambientali vengono presi in esame in forma avulsa dal rapporto con la
comunità e ciascuno di essi esibito senza alcuna interrelazione. Ne consegue un Quadro complessivo
incoerente e frammentario, inteso esclusivamente a minimizzare, senza peraltro riuscirvi, gli effetti
dell’intervento sull’ambiente. Nella sua reale portata la realizzazione dell’impianto determinerà un
irreversibile consumo di territorio, insostenibile per la collettività, territorio sottratto a quelle attività agro-
pastorali retaggio storico delle popolazioni locali, le quali si vedrebbero nel contempo defraudate anche delle
valenze percettive di cui ciascuna generazione diviene depositaria nella trasmissione della memoria.
Nel caso in esame con l’introduzione dell’opera il suo rapporto con il paesaggio verrebbe a costituirsi come
vera e propria “sostituzione spaziale”, in quanto la modifica dei luoghi sarebbe così violenta e irreversibile
da non renderlo più percepibile secondo un modello storicamente e culturalmente consolidato. La
modificazione delle superfici e delle quote, la radicale eliminazione della flora e della fauna presenti, le opere
civili ed industriali invasive di sottosuoli, suoli e sovrassuoli, saranno infatti tali da sconvolgere i delicati
equilibri ambientali e l’immagine del paesaggio storico. In altri termini uno degli scenari paesaggistici di più
alto pregio della Sardegna, elemento di congiunzione tra l’altopiano di Campeda, e il dolce digradare delle
pendici verso il mare del nord, attraverso l’alternarsi di tacchi e declivi, punteggiato da macchia e antichi
borghi rurali, verrà sconvolto e “segnato” da un impianto industriale che nella sua irreversibilità, porterà alla
sparizione di ecosistemi millenari.
Esaminata sotto questa ottica, quella che in Relazione viene fatta passare come opera di “mitigazione” si
rivela nella sua reale natura di un mal riuscito intervento di “nascondimento”. L’introduzione lungo
l’immenso perimetro dell’impianto di un semplice filare di alberi da frutto, oltre che apparire incoerente con
le destinazioni agricole dell’area e con la natura dei suoli, ha di fatto, a voler essere benevoli, il solo e vano
scopo di mimetizzare la rete di recinzione perimetrale, essendo del tutto ininfluente qualora si prefiggesse il
fine di celare alla vista una così ampia superfice.
Appare in conclusione necessario sottolineare come a tutt’oggi risulti incomprensibile il colpevole persistere
di una inerzia politica regionale in materia di programmazione e gestione delle energie rinnovabili, la quale fa
sì che i vantaggi non irrilevanti sia in termini di contributi economici che nell’ottica di prospettive future
derivanti dalla fruizione di tali risorse finiscano sistematicamente per tradursi in esclusivi vantaggi economici
di società extra isolane pronte a defraudare ancora una volta i Sardi delle loro risorse, tacita complicità
politica che contribuisce passivamente allo storico perpetrarsi del consolidato modello di sfruttamento
coloniale.
Ing.Mauro Gargiulo

(Responsabile della Green Economy - WWF Sardegna)

(Responsabile WWF STL Sassari Wanda Casula)

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  • 1. WWF Italia Tel: 06844971 Sede Nazionale Fax: 068554410 Via Po, 25/c e-mail: wwf@wwf.it 00198 Roma sito: www.wwf.it Sede regionale Via dei Mille, 13- 09124 Cagliari Tel. 070/ 670308- cell. 3409051913 E-mail: wwfsardegna@wwf.it STL Sassari E-mail: volante.sassari@tiscali.it Resp. Wanda Casula cell. 3478820699 Ing. Mauro Gargiulo cell. 3487214867 E-mail : maugar@alice.it RELAZIONE TECNICA PROGETTO: Impianto Solare Termodinamico da 30 MWe nei Comuni di Giave e Cossoine (SS), Località Campu Giavesu OGGETTO: Analisi del progetto A) UBICAZIONE E DESCRIZIONE PROGETTO Il progetto, per ora allo stato preliminare, concerne una Centrale Solare Termodinamica della potenza netta di circa 30 MW elettrici (MWe), destinata a interessare una superficie complessiva di circa 160 ettari e con una superficie captante di circa 662.000 mq; ricade nel territorio dei Comuni di Giave e Cossoine, in provincia di Sassari, in un’area adibita attualmente ad uso agricolo e al pascolo del bestiame. La tecnologia adottata utilizza specchi parabolici lineari che inseguono la direzione del sole per focalizzare la radiazione solare su un tubo ricevitore posizionato lungo il fuoco della parabola; l’energia solare assorbita dal tubo ricevitore è trasferita ad un fluido di lavoro costituito da sali fusi che viene fatto fluire al suo interno. Il calore raccolto viene utilizzato per la produzione del vapore che alimenta una turbina destinata alla produzione di energia elettrica. Parte del calore può essere stoccato in grandi serbatoi di accumulo contenenti una miscela salina ed utilizzato successivamente per la produzione di energia elettrica durante le ore di bassa o assente insolazione. E’ inoltre presente un sistema di riscaldamento ausiliario del fluido termovettore, composto da un gassificatore alimentato da biomassa vegetale reperita in loco accoppiato ad un cogeneratore di energia elettrica. L’intervento comprende inoltre la realizzazione delle seguenti opere: a) Realizzazione di una nuova stazione elettrica di trasformazione della RTN a 380/150 kV, da inserire in entra – esce sulla linea RTN a 380 “Ittiri – Selargius”; b) Realizzazione del nuovo elettrodotto in Alta Tensione (150 kV) in cavo aereo fra l’impianto in progetto e la linea AAT (380 kV) “Ittiri-Selargius”. La connessione ha una lunghezza di ca. 5 km dei quali 4,3 km all’esterno dell’impianto in esame; c) sistemazione idraulica dei canali di bonifica; d) realizzazione di un bacino di accumulo o di pozzi per l’emungimento di acqua. I dati esposti in relazione sono stati desunti dallo Studio preliminare ambientale relativo al progetto “Impianto solare termodinamico da 30 MWe nei comuni di Giave e Cossoine (SS), località Campu Giavesu” depositato presso il Servizio Sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi informativi ambientali (Savi) dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente della RAS nell’ambito del procedimento di Ente morale riconosciuto con Registrato come: D.P.R. n.493 del 4.4.74. WWF Italia ONG Onlus Via Po, 25/c Schedario Anagrafe Naz.le Lo scopo finale del WWF è fermare e far regredire il degrado 00198 Roma Ricerche N. H 1890AD2. dell’ambiente naturale del nostro pianeta e contribuire a costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura. Cod.Fisc. 80078430586 O.N.G. idoneità riconosciuta P.IVA IT 02121111005 con D.M. 2005/337/000950/5 del 9.2.2005 – ONLUS di diritto La gestione dei Soci e del Tesseramento WWF è certificato ISO 9001:2000 (cert. n. 03.845)
  • 2. valutazione di impatto ambientale. Si è avuta notizia informale che la Energogreen Renewables s.r.l., Società proponente, in sede di redazione del progetto definitivo sarebbe intenzionata ad apportare alcune modifiche progettuali, delle quali al momento non esiste però documentazione tecnica. B) GRUPPO PROPONENTE Il gruppo proponente è la Energogreen Renewables; si tratta di una società controllata dal Gruppo Fintel Energia Spa, operatore verticalizzato della filiera dell’energia presente sul mercato italiano ed internazionale da 13 anni e quotata alla Borsa Valori di Milano dal marzo del 2010. Per i progetti inerenti il settore del solare termodinamico la Energogreen Renewables ha accordi di collaborazione con partners tecnologici quali Archimede Solar Energy SPA, società compartecipata da Siemens AG, e primarie università sia in Italia che all’estero. In Sardegna la società collabora con il consorzio CRS4 nell’ambito della validazione scientifica delle tecnologie CSP. CRS4 inoltre è stata utilizzata come consulente per la componente scientifica del progetto. Centrali del tipo di quella proposta non risultano ancora realizzate in Italia ad eccezione di uno stabilimento pilota a carattere sperimentale e dimostrativo costruito a Priolo in Sicila della potenza di 5 MGWe; nel resto del mondo l’installazione di tali centrali è poco diffusa; ve ne sono alcune in California e nel Nevada; in Spagna ne sono state realizzate tre. La realizzazione di questi impianti in Italia appare segnata da controversi orientamenti; mentre nel 2007 il Governo Prodi approvò un piano industriale per costruire dieci centrali da 50 MW nel sud Italia, successivamente nel 2009 il Senato Italiano ha approvato una mozione decisamente critica riguardo al solare termodinamico, ritenuta una fonte non completamente ecologica in quanto necessita di essere combinata a fonti non rinnovabili che ne garantiscano il funzionamento anche in assenza di sole, e poco efficiente sotto diversi punti di vista. Inoltre presentano il problema di occupare vaste superfici. La Centrale in esame è supportata da una centrale ausiliaria a biomasse sul cui funzionamento e sulle relative fonti di approvvigionamento di combustibile nell’ambito della documentazione non si fa cenno ad eccezione di un fuggevole riferimento al reperimento in loco della risorsa C) PROCEDURA DI VIA La Energogreen ha provveduto a presentare alla Regione Sardegna lo Studio Preliminare Ambientale, pubblicato sulla Nuova Sardegna in data 10 agosto 20112 e redatto ai sensi della Deliberazione Giunta Regionale n. 24/23 del 23.04.2008 (Regione Autonoma della Sardegna), con la finalità di avviare la procedura di Verifica di Assoggettabilità alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto. Attualmente la procedura è nella fase di screening. L’iter autorizzativo si configura infatti come procedura di verifica di assoggettabilità (Screening) a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) a livello regionale, secondo quanto stabilito dalla Deliberazione della Regione Sardegna n. 24/23 del 23.4.2008 “Direttive per lo svolgimento delle procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica” che rende conformi le procedure di valutazione di impatto ambientale regionali ai dettami della normativa nazionale in materia di VIA in particolare del D.Lgs.n. 152/2006 recante norme in materia ambientale , come modificato dal D.Lgs.16 gennaio 2008 n. 4 e dal D.Lgs 29 giugno 2010 n. 128. Il progetto dell’impianto termodinamico solare rientra tra le categorie di opere contenute nell’allegato B1 della suddetta deliberazione “ Industria energetica ed estrattiva – a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con
  • 3. potenza termica complessiva superiore a 50 MW”, essendo la potenza termica dell’impianto in progetto pari a 100 MW circa. D) STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE Il rapporto si articola in tre Quadri 1. Quadro programmatico: verifica della compatibilità del progetto con la normativa 2. Quadro progettuale: descrizione del progetto 3. Quadro ambientale: verifica dell’impatto ambientale del progetto in relazione alle caratteristiche del sito. D.1) QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO Il quadro di riferimento programmatico si propone di fornire gli elementi conoscitivi circa le relazioni e la coerenza tra l’opera da realizzare e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e di settore. Tali elementi costituiscono parametri di riferimento per la costruzione del giudizio di compatibilità. Il Quadro prende in esame i seguenti documenti di pianificazione: 1) Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R.); 2) Piano Energetico Ambientale Regionale (PEARS); 3) Piani Urbanistici Comunali di Cossoine e Giave (SS) D.1.1 PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE (PPR) Le aree interessate dalle opere in progetto insistono su ambiti cartografati definiti “Aree ad utilizzazione agro- forestale” e interessati dalla presenza di Colture erbacee specializzate, aree agroforestali, aree incolte . Pur non ricadendo le aree all’interno di alcun Ambito specifico per i quali sono stati forniti dal PPR precisi indirizzi, risultando essendo gli Ambiti del PPR definiti nella sola fascia costiera, per tali Aree gli artt.28, 29 e 30 delle NTA prescrivono quanto segue: Art. 28 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Definizione 1. Sono aree con utilizzazioni agro-silvo pastorali intensive, con apporto di fertilizzanti, pesticidi, acqua e comuni pratiche agrarie che le rendono dipendenti da energia suppletiva per il loro mantenimento e per ottenere le produzioni quantitative desiderate. 2. In particolare tali aree comprendono rimboschimenti artificiali a scopi produttivi, oliveti, vigneti, mandorleti, agrumeti e frutteti in genere, coltivazioni miste in aree periurbane, coltivazioni orticole, colture
  • 4. erbacee incluse le risaie, prati sfalciabili irrigui, aree per l’acquicoltura intensiva e semi-intensiva ed altre aree i cui caratteri produttivi dipendono da apporti significativi di energia esterna. 3. Rientrano tra le aree ad utilizzazione agro-forestale le seguenti categorie: a. colture arboree specializzate; b. impianti boschivi artificiali; c. colture erbacee specializzate; Art. 29 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Prescrizioni 1. La pianificazione settoriale e locale si conforma alle seguenti prescrizioni: a) vietare trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole di cui non sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l’impossibilità di localizzazione alternativa, o che interessino suoli ad elevata capacità d’uso, o paesaggi agrari di particolare pregio o habitat di interesse naturalistico, fatti salvi gli interventi di trasformazione delle attrezzature, degli impianti e delle infrastrutture destinate alla gestione agro-forestale o necessarie per l’organizzazione complessiva del territorio, con le cautele e le limitazioni conseguenti e fatto salvo quanto previsto per l’edificato in zona agricola di cui agli artt. 79 e successivi; b) promuovere il recupero delle biodiversità delle specie locali di interesse agrario e delle produzioni agricole tradizionali, nonchè il mantenimento degli agrosistemi autoctoni e dell’identità scenica delle trame di appoderamento e dei percorsi interpoderali, particolarmente nelle aree perturbane e nei terrazzamenti storici; c) preservare e tutelare gli impianti di colture arboree specializzate. Art. 30 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Indirizzi 1. La pianificazione settoriale e locale si conforma ai seguenti indirizzi: armonizzazione e recupero, volti a: - migliorare le produzioni e i servizi ambientali dell’attività agricola; - riqualificare i paesaggi agrari; - ridurre le emissioni dannose e la dipendenza energetica; - mitigare o rimuovere i fattori di criticità e di degrado. 2. Il rispetto degli indirizzi di cui al comma 1 va verificato in sede di formazione dei piani settoriali o locali, con adeguata valutazione delle alternative concretamente praticabili e particolare riguardo per le capacità di carico degli ecosistemi e delle risorse interessate Dalla lettura delle NTA risulta evidente che la destinazione e l’intervento previsti dal progetto sono in aperto contrasto con le previsioni di PPR. Per quanto riguarda l’assetto storico-culturale nella Relazione si sostiene che non sussistono interferenze con beni paesaggistici di interesse storico-culturale ed in particolare con beni identitari di cui agli artt. 6 e 9 delle N.T.A., né con immobili e aree di notevole interesse pubblico di cui all’art.8 delle N.T.A., né con zone di interesse archeologico (artt. 8 e 47 delle N.T.A.). Tale affermazione pur avendo un riscontro oggettivo qualora ci si limiti al solo perimetro dell’impianto non si ritiene possa essere condivisa qualora si consideri la prossimità all’area dell’intervento di un cospicuo insieme di beni che presentano interesse storico-artistico.
  • 5. Nella stessa Relazione si afferma infatti che: “considerando un’area di studio di 2 km, si segnala la presenza nei dintorni dell’area di impianto di alcuni immobili ed aree tipizzati (artt. 47, 48, 49, 50,51, 52, 53 delle N.T.A.), in particolare di aree caratterizzate da edifici e manufatti di valenza storico-culturale come le aree funerarie “necropoli a domus de Janas Sa Corona” (distanza 1,1 km dal sito) e la “tomba dei giganti Crastu ‘e Fora” (distanza 800 m) e di insediamenti nuragici come i nuraghi s’Ena, Binalsozu, Su Runcu, Idda, Accas, su Truppu, Corruòes, Aidu, tutti distanti più di 100 metri dalla recinzione dell’impianto”. Appare del tutto ovvio che l’interesse storico-artistico di un bene non debba essere circoscritto al ristretto perimetro della emergenza monumentale, ma che tale interesse debba estendersi anche alla interrelazione in cui esso si pone con il contesto territoriale nel quale è inserito; solo dall’analisi di tale inscindibile unitarietà è infatti possibile ricostruire il quadro storico, coglierne le relazioni dialettiche con il paesaggio ecc. aspetti questi che sono carichi di una significativa e più ampia pregnanza nel settore dei beni archeologici sardi. Inoltre il complesso territoriale in cui la Centrale ricade è nella sua interezza caratterizzato da un’organica rete di insediamenti storici, i centri di antica e prima formazione, di cui gli attuali nuclei storici di Giave e di Cossoine, distanti rispettivamente dall’area di progetto solo 2,2 km e 1,2 km, costituiscono elementi baricentrici. D.1.2 AREE PROTETTE Il Quadro ambientale evidenzia l’assenza di siti SIC e ZPS (Direttiva Habitat – Natura 2000), nonché di Oasi protette e Parchi naturali nella zona individuata dall’intervento, nello stesso tempo fornisce il seguente quadro di insieme per un raggio di km.10 • 10 km dall’area SIC Altopiano di Campeda ITB021101 • 13 km dal Parco Regionale Marghine e Planargia • 8 km dalla Riserva naturale Valle del Temo • 5 km dall’oasi permanente di protezione faunistica Puttu Ruiu • 4 km dall’oasi permanente di protezione faunistica Monte Cuccuruddu • 3,5 km dal Monte Annaru, inserito nella lista dei crateri vulcanici del Meilogu, classificati come monumenti naturali dalla L.R. 31/89 • 2 km dal Monte Traessu classificato come area a gestione speciale dell’ente foreste. Anche in questo caso si deve rilevare che l’estrema vicinanza di un numero non esiguo di aree, a vario titolo custodi di elevati valori naturalistici, non può che costituire fattore di interferenza con l’intervento di progetto. E’ noto a tutti che le aree soggette a misure di particolare tutela ambientale, come quelle dei Parchi, Riserve, Oasi, portatrici intrinseche di valori da proteggere e in genere delimitate da esigui perimetri cartografici, si costituiscano anche quali espliciti indicatori dei valori naturalistici dell’intero territorio nel quale dimorano. Esse sono da assimilarsi a quelle che in Ecologia sono definibili come aree CORE, per la cui sopravvivenza la
  • 6. stessa letteratura ecologica pone, quale indispensabile premessa, la conservazione di più ampi circondari limitrofi, le aree BUFFER, di ben più cospicua estensione delle prime e tra loro collegate da una rete di corridoi ecologici. Appare dunque evidente che la prossimità degli impianti costituirebbe una pesante interferenza con un tale macro-ecosistema, tanto più grave quando si pensi che l’intera area della superficie di ben ha.160 o comunque una parte non esigua di essa dovrà essere recintata per motivi di sicurezza, dopo una radicale modifica dell’attuale assetto geomorfologico, con la inevitabile conseguenza dell’impoverimento della componente naturalistica (sia faunistica che botanica). Per quanto concerne inoltre le specie avicole, relativamente soprattutto a quella migratoria è stata ampiamente dimostrata l’interferenza provocata da superfici specchianti con le rotte seguite nei processi migratori. D.1.3 PIANO ENERGETICO AMBIENTALE REGIONALE (PEARS) La Relazione fa riferimento al Piano Energetico Ambientale Regionale approvato dalla Giunta Regionale con Deliberazione n° 34/13 de 12 Agosto 2006. Successivamente con Delibera n.31/43 del 20.11.2011 è stata approvata la Direttiva di indirizzo politico per la Redazione di un nuovo PEARS. La Relazione prende esclusivamente in esame la compatibilità dell’intervento con gli obiettivi previsti nel PEARS del 2006 (punto 1.2), così definiti: a) la stabilità e sicurezza della rete: rafforzamento delle infrastrutture energetiche della Sardegna in particolare tramite la nuova interconnessione Sardegna – Italia continentale (di seguito SAPEI), peraltro già operativa da marzo 2011, e il metanodotto sottomarino dall’Algeria (GALSI); b) l’implementazione di un sistema energetico funzionale all’apparato produttivo, volto a migliorare e preservare la struttura produttiva di base esistente in Sardegna con positive implicazioni ambientali ed occupazionali e capace di portare sul mercato energia pulita a costi adeguati, tenendo conto che i fabbisogni energetici variano in funzione del mercato e delle tendenze di crescita dei diversi settori dell’economia; c) la tutela ambientale: le azioni del sistema energetico regionale devono essere concepite in modo da minimizzare l’alterazione ambientale. Tra i principali obiettivi del PEARS, nel rispetto della direttiva della UE sulla Valutazione Ambientale Strategica, la Sardegna si propone di contribuire all’attuazione dei programmi di riduzione delle emissioni nocive secondo i Protocolli di Montreal, di Kyoto, di Goteborg, compatibilmente con le esigenze generali di equilibrio socio-economico e di stabilità del sistema industriale esistente. In particolare si propone di contribuire alla riduzione delle emissioni nel comparto di generazione elettrica facendo ricorso alle fonti energetiche rinnovabili; d) la riforma delle reti dell’energia; e) la diversificazione delle fonti energetiche: la necessità di assicurare un approvvigionamento energetico efficiente richiede di diversificare le fonti energetiche. Come si può rilevare la tutela ambientale prevista al punto c) sembra esclusivamente limitarsi al contenimento delle emissioni di CO2. Viceversa una lettura più esaustiva del PEARS consente di appurare che gli Impianti con tecnologia solare termodinamica siano specificamente presi in considerazione al punto II.7.4.4.2; in tale paragrafo ne viene evidenziata la antieconomicità, la necessità di farli lavorare in abbinamento con Impianti termoelettrici a Biomasse, evidentemente in ambiti già interessati da insediamenti industriali, come poi meglio specificato nella parte finale del paragrafo, nel quale vengono individuate le possibili localizzazioni a Cagliari-Macchiareddu e ad Ottana. Infine il paragrafo 1.2 (Principali obiettivi) del PEARS, citato testualmente in Relazione, risulta tronco nella sua formulazione al punto c); viceversa la esatta e completa citazione del comma del PEARS risulta essere la seguente:
  • 7. c) La tutela ambientale La Regione, in armonia con il contesto dell’Europa e dell’Italia, ritiene di particolare importanza la tutela ambientale, territoriale e paesaggistica della Sardegna, pertanto gli interventi e le azioni del Sistema Energetico Regionale devono essere concepite in modo da minimizzare l’alterazione ambientale. In coerenza con questa impostazione tutti gli impianti di conversione di energia, inclusi gli impianti di captazione di energia eolica, fotovoltaica e solare aventi estensione considerevole per la produzione di potenza elettrica a scala industriale, devono essere localizzati in siti compromessi preferibilmente in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano PaesaggisticoRegionale (PPR). Riguardo alla tutela ambientale si ricorda che l’Italia, avendo aderito al protocollo di Kyoto, deve diminuire del 6,5% rispetto al valore del 1990 le emissioni di anidride carbonica entro il 2010. E’ evidente che ogni Regione deve dare il suo contributo, ma non è stata stabilita dallo Stato una ripartizione di questi oneri di riduzione delle emissioni di CO2 tra le Regioni. Anche per questo motivo è di importanza strategica per la Sardegna l’arrivo del metano che produce emissioni intrinsecamente minori. Tra i principali obiettivi del PEARS, nel rispetto della direttiva della UE sulla Valutazione Ambientale Strategica, la Sardegna si propone di contribuire all’attuazione dei programmi di riduzione delle emissioni nocive secondo i Protocolli di Montreal, di Kyoto, di Goteborg, compatibilmente con le esigenze generali di equilibrio socio-economico e di stabilità del sistema industriale esistente. In particolare si propone di contribuire alla riduzione delle emissioni nel comparto di generazione elettrica facendo ricorso alle FER ed alle migliori tecnologie per le fonti fossili e tenendo conto della opportunità strategica per l’impatto economico- sociale del ricorso al carbone Sulcis. Onde perseguire il rispetto del Protocollo di Kyoto l’U.E. ha approvato la citata Direttiva 2001/77/CE che prevede per l’Italia un “Valore di riferimento per gli obiettivi indicativi nazionali” per il contributo delle Fonti Rinnovabili nella produzione elettrica pari al 22% del consumo interno lordo di energia elettrica all’anno 2010. Il D.lgs. n.387/2003 (attuativo della Direttiva) prevede la ripartizione tra le Regioni delle quote di produzione di Energia elettrica da FER, ma ad oggi lo Stato non ha ancora deliberato questa ripartizione. Il contesto normativo della Direttiva in oggetto lascia intendere che questo valore del 22% è da interpretare come valore di riferimento, e che eventuali scostamenti giustificati sono possibili; nel caso della Sardegna esistono obiettive difficoltà strutturali dipendenti da fattori esterni che rendono difficoltoso, alle condizioni attuali, il raggiungimento dell’obiettivo così a breve termine. Come appare manifesto l’indirizzo è imperativo e prevede “l’obbligo” della localizzazione di tali impianti in siti già compromessi, preferibilmente in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano Paesaggistico. Nessuna delle condizioni suddette è soddisfatta dalla localizzazione individuata dal progetto in esame che risulta concepito nell’esclusiva ottica del perseguimento dell’obiettivo dello sfruttamento della risorsa energetica, e quindi indirizzato al raggiungimento del massimo profitto, prescindendo da ogni considerazione in merito all’impatto con i valori naturalistici e ambientali. Tali ultimi aspetti, che dovrebbero assumere valenza pregnante per il loro carattere identitario, sono in Relazione surretiziamente sottostimati. I vincoli regionali sono stati peraltro ribaditi in termini analoghi nell’ambito dell’ ATTO di INDIRIZZO PER LA PREDISPOSIZIONE DEL PEARS, allegato alla predetta Delibera (par.6 Proposta di indice del PEARS punto 8 definizione dei vincoli). In merito a tale argomento giova per inciso evidenziare che all’attualità la politica della RAS in ambito energetico non sembra essere supportata da adeguati strumenti di pianificazione e programmazione . Il PEARS in vigore risale al 2006, quindi del tutto obsoleto, oltre che viziato da macroscopiche lacune operative e labilità di indirizzi. La nuova Giunta, lungi dal sopperire a tali carenze, si è limitata a deliberare un Atto programmatico, al quale non è seguito alcun specifico provvedimento. In tale vuoto pianificatorio e programmatico appare dunque del tutto incomprensibile che si possa procedere ad autorizzare nuovi impianti di non dimostrata economicità e ancora sperimentali, che comportino una incidenza rilevante sull’assetto
  • 8. paesaggistico, uno stravolgimento dei parametri socio-economici storicizzati di ampia portata, e un irreversibile e indiscriminato consumo di territorio. D.1.4 PIANI URBANISTICI COMUNALI (PUC) DI COSSOINE E GIAVE All’interno del Piano Urbanistico Comunale vigente del Comune di Cossoine l’impianto ricade in parte (ca. 111 ha) su un’area classificata come “Sottozona E2” che comprende tutti quei terreni che, per le loro caratteristiche si ritengono suscettibili di immediato sfruttamento produttivo, sia per quanto riguarda l’uso agricolo sia per quanto riguarda l’uso zootecnico anche intensivo, ed in parte (ca. 35 ha) su un’area classificata come “Sottozona E3” che include aree che, caratterizzate da un elevato frazionamento fondiario, sono contemporaneamente utilizzabili per scopi agricolo - produttivi e per scopi residenziali. La porzione di area di impianto ricadente nel Comune di Giave (circa 14 ha) ricade su un’area classificata dal PUC come “Sottozona E2”- area di primaria importanza per la funzione agricola – produttiva, anche in relazione all’estensione, composizione e localizzazione dei terreni. Sono zone a vocazione agricola e pascolo. Comprende tutti quei terreni che, per le loro caratteristiche, si ritengono suscettibili di immediato sfruttamento produttivo, sia per quanto riguarda l’uso agricolo sia per quanto riguarda l’uso zootecnico, anche intensivo. L’impianto appare dunque in palese contrasto con gli strumenti di pianificazione comunale dei Comuni di Giave e Cossoine. E’ opportuno evidenziare che come previsto dalla procedura di VIA sono state presentate in data 26 agosto 2012 dall’assoc. Italia Nostra delle Osservazioni al SIA. A queste hanno fatto seguito in data 15 ottobre 2012 le controdeduzioni della società; al punto 4 delle stesse si dichiara quanto di seguito in relazione all’incompatibilità dell’impianto con le norme di pianificazione comunale: “Lo stesso Decreto legislativo 29 dicembre 2003 n.387 all’art.12 comma 7 stabilisce che gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, cmma 1, lettere b) e c) (ovvero gli impianti a “fonte rinnovabile” possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti strumenti urbanistici. Al di là dei controversi e discutibili aspetti normativi, appare evidente che alle due comunità interessate con la realizzazione della centrale verrebbero sottratte ampie zone di territorio a vocazione agricola, a prescindere dall’attuale effettivo utilizzo. L’indirizzo pianificatorio comunale si pone infatti come espressione democratica della volontà delle popolazioni locali e di conseguenza le politiche regionali dovrebbero mostrarsi attente e rispettose di tali intendimenti. Viceversa l’opera di defraudazione della scelta urbanistica comunale si rivela ancor più grave qualora si rifletta sulla particolare orografia del territorio e sulle caratteristiche dei suoli, in relazione all’alta incidenza che in termini percentuali essi presentano rispetto a quelli di analoga vocazione, tenendo anche conto della prossimità degli abitati e delle infrastrutture, fattori che rendono quasi uniche le peculiarità dei terreni coinvolti nell’intervento. Giova ricordare che la Enorgogreen nelle Controdeduzione alle Osservazioni sostiene che dei 160 ha interessati l’intervento, circa 70 ha resterebbero liberi e destinati a coltivazioni e nello stesso tempo di essersi fatta promotrice di una Cooperativa agricola denominata “Piccola Cooperativa agricola di Campu Giavesu” alla quale però nessun coltivatore locale sembra aver aderito. Negli elaborati del SIA presentati alla Regione e pubblicati tali studi non risultano presenti. Sembrerebbe doversi presumere che l’esuberanza territoriale impegnata debba essere necessaria al reperimento delle risorse per il funzionamento della centrale a biomasse piuttosto che per incentivare le attività agricole e di allevamento locali. Come pure suscita ampie perplessità la ventilata ipotesi che il bestiame possa pascolare all’interno di un campo solare, terreno peraltro in parte recintato da rete metallica come indicato in un disegno allegato al Quadro ambientale.
  • 9. D.2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE Nella parte della Relazione relativa al Quadro di riferimento progettuale è possibile avere un’idea completa dell’impianto. Si tratta di una centrale termodinamica concentrazione, o CSP (Concentrating Solar Power).I sistemi CSP sono impianti che permettono di trasformare la radiazione solare in energia elettrica sfruttando la possibilità di concentrare la luce del sole focalizzandola attraverso lenti o specchi concavi. Per moltiplicare l’energia concentrata il collettore solare deve essere sempre allineato al sole, ovvero lo deve sempre “inseguire”. Il processo avviene nelle seguenti fasi: 1. si fanno convergere i raggi del sole sul contenitore di un fluido, detto fluido termovettore, che accumula calore ad alta temperatura; 2. l’energia termica così concentrata va ad alimentare una caldaia che produce il vapore ad alta pressione che aziona la turbina; 3. come avviene in una centrale termoelettrica tradizionale, la turbina trasmette la sua energia meccanica ad un alternatore; 4. l’alternatore trasforma l’energia meccanica in energia elettrica; 5. l’energia elettrica viene immessa in rete e distribuita alle utenze Il progetto d’impianto termodinamico solare utilizza come fluido termovettore una miscela di nitrati di sodio e potassio (60% NaNO3 e 40% KNO3) comunemente chiamata sali fusi con un sistema di accumulo sempre a sali fusi, composto da due serbatoi gemelli, ma operanti a differenti temperature. Il campo solare è costituito da collettori parabolici lineari, che ruotano su un solo asse e che riflettono e concentrano la luce diretta del sole su un tubo ricevitore posto nel fuoco del paraboloide. Il sistema di specchi, raccolta la densità di potenza irraggiata, la riflette su ricevitori longitudinali entro i quali scorre il fluido termovettore quale veicolo di calore; la miscela di sali, a 550 °C, in uscita dal campo solare viene stoccata in un serbatoio opportuno, ed inviata successivamente ad un generatore per la produzione di vapore necessario al funzionamento della turbina per la produzione di energia elettrica. La possibilità di stoccare energia termica, elimina il problema dell’aleatorietà della fonte solare, potendo prevedere un esercizio impiantistico della centrale continuo nell’arco del ciclo operativo prescelto. La localizzazione dell’impianto è stata individuata sulla base del fatto che a livello nazionale le sole zone geografiche idonee nel nostro Paese sono quelle della Sardegna, della Sicilia e delle regioni centromeridionali della penisola. Per lo specifico contesto della Sardegna, la selezione dei potenziali siti di installazione è stata fatta ricadere nella regione compresa fra i Comuni di Giave e Cossoine (SS), in una zona più meridionale in provincia di Cagliari, nel Comune di Villasor e nel territorio del Comune di Gonnosfanadiga, provincia di Medio Campidano. Per quanto concerne il sito nella provincia di Sassari la zona fra i due Comuni sopraddetti, secondo quanto dichiarato dagli spessi progettisti, è stato individuata sulla base di considerazioni esclusivamente tecnico-economiche: 1. sufficiente livello di irraggiamento solare diretto al suolo (DNI ! 1916 kWh/m2); 2. disponibilità di terreni aventi sufficiente estensione e modesta pendenza; 3. basso livello di antropizzazione; 4. assenza di vincoli paesaggistico-naturali; prossimità a importanti nodi della Rete elettrica di Trasmissione Nazionale; 5. prossimità a importanti infrastrutture viarie. Per quanto concerne le opere che verrebbero ad interessare l’area in questione per la realizzazione dell’impianto, esse si possono in estrema sintesi così riassumere:
  • 10. a) Livellamenti e drenaggi superficiali - Opere di fondazione profonde e/o dirette per specchi, macchinari e edifici ecc.; b) Realizzazione di un campo solare composto da 149 stringhe, 115 da 6 collettori, 16 da 4 e 18 da 2, per un totale di 790 collettori e un area captante totale di circa 662.000 mq; a) N. 2 Serbatoi di circa 4680 mc con altezza pari a 14,55 metri e diametro mt.25 più un serbatoio ausiliario b) Edificio e impianto Turbo-generatore- c) Edificio guardiania- n.3 Edifici servizi tecnici e uffici; d) Edifici riscaldatore ausiliario (edificio stoccaggio biomassa e produzione cippato, edificio gassificatore, edificio generatore ausiliario; e) Depositi carburante (Vasche per lo stoccaggio cippato, Caldaia primo avviamento e Gassificatore); f) Realizzazione di un bacino di accumulo artificiale e fornitura di acqua da pozzi profondi, g) Vasche di raccolta acque oleose, vasca di neutralizzazione delle acque reflue, vasca di raccolta finale acque reflue, vasca di raccolta acqua di prima pioggia; h) Infrastrutture interrate e fuori terra (pipe-rack in carpenteria metallica) per tubazioni e vie cavi; i) Opere esterne, viabilità, illuminazione, fognature, recinzione e finiture. Si elencano nel seguito gli aspetti di maggiore impatto determinato dalla realizzazione dell’impianto: a) Occupazione di un’area per una superficie complessiva di circa 160 ettari su parte della quale verrà distesa una superficie captante costituita da specchi parabolici interconnessa con tubi per una supeficie di mq.662.000, al cui centro verranno installati gli impianti e gli edifici di cui all’elenco precedente. A regime la potenza della centrale viene stimata in 30 MWe b) L’area verrà totalmente spianata in modo da realizzare quattro livelli pianeggianti; le altimetrie attuali evidenziano un dislivello complessivo irregolare da mt 415 s.l.m. a mt 430 s.l.m. ne risulteranno n.4 spianamenti con riporto così distribuiti: • area A (75 ha circa): quota 415,00 m slm; • area B (32 ha circa): quota 420,00 m slm; • area C (27 ha circa): quota 425,00 m slm;
  • 11. area D (26 ha circa): quota 430,00 m slm. c) Gli edifici e gli impianti che saranno contenuti in vasche di c.a. si eleveranno fino ad un’altezza di mt.15 d) Il consumo di acqua è stato stimato in mc.400.000 annui; essi saranno garantiti da una raccolta d’acqua e dai pozzi e) Le acque reflue, trattate secondi i parametri di norma dovranno essere riversati nella rete fognaria. Le acque meteoriche di raccolta superficiale saranno indirizzate verso i canali naturali esterni f) Si individuano principalmente tre fonti di emissioni gassose nell’atmosfera: 1. Emissioni dal riscaldatore ausiliario dei sali fusi; 2. Emissioni dalla caldaia di primo avviamento, sempre a cippato; 3. Sfiati del degasatore (incondensabili, vapore acqueo, altri composti organici volatili) D.3 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Il Quadro suddetto prende in esame solo alcuni degli impatti ambientali che un’opera così invasiva determina. La Relazione in tale Quadro appare volutamente evasiva e contradditoria, fino ad alterare in alcuni passaggi dati ambientali di oggettivo riscontro. Nel seguito si prenderanno in esame quegli aspetti di macroscopica incongruenza. Al punto 4.1.2 alla voce “Inquadramento geologico” si afferma che: L’impianto da realizzare andrà ad insistere su depositi fluvio-palustri attribuibili all’Olocene, costituiti in prevalenza da limi argillosi e sabbiosi a cui si intercalano più rare lenti ghiaioso-sabbiose. Questi depositi poggiano (a profondità da definire in fase di progettazione esecutiva) su un substrato roccioso in parte di origine vulcanica ed in parte di origine sedimentaria. Vi è da evidenziare in premessa che parte del sistema stratigrafico verrà sostanzialmente stravolto per la formazione dei 4 terrazzamenti sui quali verranno attestati gli impianti. Questi ultimi saranno sostenuti da opere di fondazione di notevole estensione e parte di essi contenuti in vasche aperte di c.a. Il complesso dei livellamenti determinerà di fatto quattro terrazzamenti artificiali, con un’alterazione totale delle naturali linee di displuvio e di incanalamento delle acque . In presenza di forti precipitazioni l’allontanamento delle acque meteoriche dovrebbe avvenire sfruttando i canali naturali esistenti del territorio periferico all’intervento, ma è lecito nutrire forti dubbi sulla capacità che tale sistema di dreno possa essere in grado di assorbire un incremento di portata così rilevante. Considerata la natura poco permeabile del sottosuolo ne dovrebbe conseguire un incremento di impaludamento delle aree circostanti, già interessate in condizioni normali da un tale fenomeno tanto da aver richiesto in passato interventi di bonifica e comunque ne conseguirà una profonda
  • 12. alterazione dell’assetto idrografico del territorio. Tali aspetti critici sono peraltro paventati nella parte finale del paragrafo, dove si rimanda la soluzione dei problemi alla progettazione esecutiva: Riguardo all’idrografia, l’area in esame non è attraversata da vie preferenziali di scorrimento delle acque e, negli elaborati del P.A.I., non è segnalata alcuna area esondabile. Nonostante ciò si sottolinea che i depositi fluvio-palustri limoso-argillosi, in relazione alla genesi ed al comportamento praticamente impermeabile, non lasciandosi attraversare facilmente dalle acque meteoriche, favoriscono il verificarsi di fenomeni di impaludamento durante importanti eventi meteorici. Pertanto in fase di progettazione esecutiva si dovrà tenere presente tale eventualità, andando a studiare un’opportuna rete di drenaggi superficiali. Il Quadro prosegue nei paragrafi 4.1.3 (Inquadramento geomorfologico e 4.1.4. Inquadramento idrografico ed idrogeologico) nei quali si ripetono pedissequamente analoghi concetti, mentre non si fa alcun riferimento alla Carta dei Suoli ed alle corrispondenti prescrizioni imposte dalla RAS. Nel successivo paragrafo inerente la 4.2. (DESCRIZIONE SINTETICA DEGLI IMPATTI AMBIENTALI ATTESI) si prendono in esame le tre componenti ambientali ARIA, ACQUA e SUOLI, limitandosi ad affermazioni del tutto generiche quando non palesemente fuorvianti. In particolare: • per l’Aria si afferma che le emissioni saranno contenute nei parametri di legge e quindi se ne deduce la non alterazione della componente ambientale assimilando quello in esame ad un sistema a produzione di “energia pulita”. Si ritiene invece debba essere presa in considerazione l’alterazione degli attuali parametri caratterizzanti l’atmosfera presente nell’ecosistema e qualificata da una condizione di totale assenza di sorgenti inquinanti, rispetto ai valori che si verrebbero a determinare con l’impianto in esercizio nel quale la centrale a biomasse giocherà un ruolo non trascurabile, sul quale lo SIA volutamente tace. • Per l’Acqua oltre agli aspetti descritti al precedente punto non viene data alcuna soluzione alla problematica connessa all’esigenza dell’impianto di dover disporre mc.400.000 di acqua all’anno, ma si afferma che “la geologia della zona fa prevedere la presenza di falde a profondità modeste, ciò porta ad ipotizzare l’utilizzo di pozzi e/o di un bacino di accumulo acque per coprire le necessità dell’impianto”, considerazione la quale, oltre che restare nel limbo non certo scientifico della probabilità, non affronta il problema della inevitabile conseguenza di un consistente impoverimento delle falde acquifere. • Per il Suolo, oltre a non fare alcun riferimento alla Carta del Suolo predisposta dalla RAS, con connesse implicazioni, la relazione si preoccupa unicamente di fugare i dubbi inerenti la possibilità ritenuta remota di versamenti accidentali di sostanze inquinanti. Al di là del fatto che in considerazione delle notevoli quantità di materiali fortemente inquinanti previsti per il funzionamento dell’impianto (Sali, olii, materiali esausti ecc.) non può essere ritenuta remota la probabilità di uno sversamento degli stessi, vengono di fatto sottaciute le modalità di intervento in caso di emergenza e dove siano localizzati i siti per lo smaltimento dei rifiuti industriali. Appaiono peraltro incomprensibili le affermazioni inerenti gli interventi di mitigazione come quella che di seguito si riporta:
  • 13. “Si propone di utilizzare alberi da frutto in modo da non ignorare la vocazione agricola dell’area, creare posti di lavoro in questo settore e conciliare l’aspetto energetico-ambientale con quello agricolo. In più, sempre per valorizzare la destinazione della zona, alcune aree saranno adibite al pascolo del bestiame tipico della regione, gli ovini”. L’area infatti non è affatto caratterizzata da coltivazioni di frutteti, che peraltro, la particolare natura del suolo tenderebbe ad escludere anche in considerazione della persistente possibilità di impaludamento. Non si comprende la correlazione tra l’impianto di una cortina di alberi da frutto (di che tipo?), eseguita con l’evidente ed unico intento di ottenere un vano mascheramento visivo dell’impianto, e la dichiarata volontà di “non ignorare la vocazione agricola dell’area”, l’intento di “creare posti di lavoro” e il conseguente effetto di “conciliare aspetto enegretico-ambientale (?) con quello agricolo”. Infine viene ventilata l’ipotesi di adibire tali aree a pascolo. Appare sorprendente sostenere che un’area così vasta, recintata e denaturalizzata, sconvolta nel giro di pochi mesi nella sua orografia, il cui profilo si è modellato nel corso dei millenni per l’azione degli agenti naturali, violentata nella sua vocazione naturale ad onta delle stesse norme pianificatorie, proprio in virtù di tali devastanti interventi possa essere consegnata a quella fruizione agro-pastorale che da millenni le popolazioni sarde vi hanno praticato. Tali affermazioni, nella loro stravagante singolarità potrebbero suscitare al più un commiserante sorriso, se non facessero insorgere imprescindibili e preoccupati dubbi sulle singolari lacune conoscitive storico-culturali di chi le ha formulate e se non fosse a rischio l’integrità di un territorio che si sostiene di voler valorizzare attraverso aberranti processi conciliativi! Nell’ultimo paragrafo del Quadro ambientale vengono esaminati gli Impatti paesaggistici dell’intervento (par.4.3 Paesaggio). Secondo quanto sostenuto dagli estensori dello Studio le modificazioni al paesaggio sarebbero da farsi rientrare esclusivamente nell’ambito delle alterazioni puramente “visive” e come tali da considerarsi di fatto trascurabili, in quanto pur essendo “l’impianto visibile distintamente, nonostante le opere di mitigazione previste, per il fatto che il sito di progetto si trova sulla pianura ai piedi del paese sopradetto (Cossoine), addentrandosi nella cittadina, ostacoli come costruzioni e vegetazione limiteranno notevolmente la visibilità dell’opera, fino ad oscurarla totalmente”; motivazioni analoghe sono addotte per Giave. La concezione del paesaggio che traspare dalla Relazione potrebbe per semplificazione essere ricondotta all’idea di paesaggio come aspetto visibile del territorio; si tratta di una teoria che assume a riferimento parametri estetico-percettivi di carattere soggettivo ampiamente superata nell’ambito della cultura paesaggistica moderna, della quale peraltro non sembrano nemmeno essere recepite le istanze di conservazione del visibile, attesa l’irreversibile alterazione che l’opera determina in tale ambito percettivo. Da tempo gli studi hanno del paesaggio largamente messo in luce la componente scientifica e oggettiva, che, attribuendo ad esso i valori ecologici di un “sistema di ecosistemi”, cerca di coglierne l’aspetto olistico racchiuso nella concezione di sistema complesso. Sulla base di un tale irrinunciabile assunto, pur senza entrare nel merito dell’analisi dei sistemi e delle molteplici componenti (peraltro nemmeno sottesi in Relazione), appare del tutto intuitivo che un intervento di così ampia portata che determina un radicale sconvolgimento dei parametri di tutte le matrici da quelle abiotiche, a quelle biotiche, fino a quelle antropiche e culturali, non possa ridursi a enunciati di minimalismo visivo, peraltro reso ancor meno manifesto da ipotetiche interclusioni opposte alle visuali dalla vegetazione e da qualche provvidenziale costruzione. Volendo peraltro uniformarsi ad una visione così angusta e incoerente c’è da dire che lo stesso rendering di fotomontaggi, allegato Relazione e finalizzato a suffragare la tesi della trascurabilità dell’impatto visivo, finisce con il dimostrare la tesi esattamente opposta, pur essendo stati prescelti punti di vista “a raso” di insufficiente panoramicità e canalizzati in un cono visuale di apertura limitata, in modo da obliterare la
  • 14. discrasia con il contesto circostante, prospettiva che ne avrebbe evidenziato in modo incontrovertibile il macroscopico contrasto. Ancor più contradditorie le osservazioni sulla visuale fruibile dalla Carlo Felice, percorrendo la quale ci si verrebbe a trovare in presenza di un impedimento di visuale “mitigato da un terrapieno di altezza pari a 4-4,5 metri sul quale saranno piantate siepi basse ed erbe officinali come manto erboso”. Appare a questo punto doveroso richiamare quanto precisato in merito al concetto di paesaggio dalla Convenzione Europea del paesaggio sottoscritta dall’Italia a Firenze il 20 ottobre del 2000 e ratificata in legge nel 2006 secondo la quale Il termine " paesaggio " viene definito come una zona o un territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o dai visitatori, il cui aspetto e carattere derivano dall'azione di fattori naturali e/o culturali (ossia antropici). Tale definizione tiene conto dell'idea che i paesaggi evolvono col tempo, per l'effetto di forze naturali e per l'azione degli esseri umani. Sottolinea ugualmente l'idea che il paesaggio forma un tutto, i cui elementi naturali e culturali vengono considerati simultaneamente. Nello Studio in questione gli aspetti ambientali vengono presi in esame in forma avulsa dal rapporto con la comunità e ciascuno di essi esibito senza alcuna interrelazione. Ne consegue un Quadro complessivo incoerente e frammentario, inteso esclusivamente a minimizzare, senza peraltro riuscirvi, gli effetti dell’intervento sull’ambiente. Nella sua reale portata la realizzazione dell’impianto determinerà un irreversibile consumo di territorio, insostenibile per la collettività, territorio sottratto a quelle attività agro- pastorali retaggio storico delle popolazioni locali, le quali si vedrebbero nel contempo defraudate anche delle valenze percettive di cui ciascuna generazione diviene depositaria nella trasmissione della memoria. Nel caso in esame con l’introduzione dell’opera il suo rapporto con il paesaggio verrebbe a costituirsi come vera e propria “sostituzione spaziale”, in quanto la modifica dei luoghi sarebbe così violenta e irreversibile da non renderlo più percepibile secondo un modello storicamente e culturalmente consolidato. La modificazione delle superfici e delle quote, la radicale eliminazione della flora e della fauna presenti, le opere civili ed industriali invasive di sottosuoli, suoli e sovrassuoli, saranno infatti tali da sconvolgere i delicati equilibri ambientali e l’immagine del paesaggio storico. In altri termini uno degli scenari paesaggistici di più alto pregio della Sardegna, elemento di congiunzione tra l’altopiano di Campeda, e il dolce digradare delle pendici verso il mare del nord, attraverso l’alternarsi di tacchi e declivi, punteggiato da macchia e antichi borghi rurali, verrà sconvolto e “segnato” da un impianto industriale che nella sua irreversibilità, porterà alla sparizione di ecosistemi millenari. Esaminata sotto questa ottica, quella che in Relazione viene fatta passare come opera di “mitigazione” si rivela nella sua reale natura di un mal riuscito intervento di “nascondimento”. L’introduzione lungo l’immenso perimetro dell’impianto di un semplice filare di alberi da frutto, oltre che apparire incoerente con le destinazioni agricole dell’area e con la natura dei suoli, ha di fatto, a voler essere benevoli, il solo e vano scopo di mimetizzare la rete di recinzione perimetrale, essendo del tutto ininfluente qualora si prefiggesse il fine di celare alla vista una così ampia superfice. Appare in conclusione necessario sottolineare come a tutt’oggi risulti incomprensibile il colpevole persistere di una inerzia politica regionale in materia di programmazione e gestione delle energie rinnovabili, la quale fa sì che i vantaggi non irrilevanti sia in termini di contributi economici che nell’ottica di prospettive future derivanti dalla fruizione di tali risorse finiscano sistematicamente per tradursi in esclusivi vantaggi economici di società extra isolane pronte a defraudare ancora una volta i Sardi delle loro risorse, tacita complicità politica che contribuisce passivamente allo storico perpetrarsi del consolidato modello di sfruttamento coloniale.
  • 15. Ing.Mauro Gargiulo (Responsabile della Green Economy - WWF Sardegna) (Responsabile WWF STL Sassari Wanda Casula)