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NUOVE FORME DI CITTADINANZA NEL
COSTITUZIONALISMO MULTILIVELLO: GLI
SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA EUROPEA E
COSTITUZIONALE
Tommaso Nicola Poli
Dottore di ricerca in Diritto pubblico e cultura dell’economia nell’Università di Bari
ABSTRACT: Il contributo analizza il concetto di cittadinanza alla luce della sua progressiva
emancipazione dallo Stato nazionale: la categoria giuridica della cittadinanza si compone
attualmente di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale,
appaltata a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e infranazionale.
Esso esamina la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte
costituzionale. La prima, nonostante alcune aperture nei confronti dei cittadini economicamente
inattivi, continua ad alimentare il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno
status privilegiato piuttosto che ad una vera e propria forma di cittadinanza. La seconda, invece,
riconosce alle Regioni, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi
limiti della Costituzione, ampia autonomia per la previsione di interventi socio–assistenziali anche a
favore degli stranieri al di là del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali, facendo salva la
previsione di talune differenziazioni tra cittadini nazionali e stranieri basate sul criterio della
ragionevolezza. Pertanto, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, rimane «selettiva»,
accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto
che i soggetti più deboli e bisognosi
PAROLE CHIAVE: Cittadinanza europea, Costituzione, Diritti umani, Costituzionalismo multilivello,
Sentenza Zambrano

1. Esclusione ed inclusione alla luce del mutato contesto internazionale
La progressiva erosione del potere statale verso l’alto, a livello sovranazionale, e verso
il basso, a livello territoriale interno1, e la proliferazione delle dichiarazioni di diritti, a livello
internazionale, costituiscono il segnale più evidente che la Costituzione non sia soltanto un
«atto», ma soprattutto un «processo»2, le cui disposizioni sono, inevitabilmente e
Sulla progressiva erosione della sovranità statale e sulla “diffusione” del costituzionalismo a livello
sovranazionale e sub-nazionale possono vedersi, volendo, le notazioni introduttive e i riferimenti contenuti nel
mio, Diritti sociali e autonomia statutaria: l’efficacia delle disposizioni degli Statuti regionali e autonomici, in
MANGIAMELI (a cura di), Il regionalismo italiano dall’unità alla Costituzione e alla sua riforma, Vol. II,
Milano, 2012, pp. 493 ss..
2
SPADARO, Dalla Costituzione come “atto” (puntuale nel tempo) alla Costituzione come “processo” (storico).
Ovvero della continua evoluzione del parametro costituzionale attraverso i giudizi costituzionalità, in Quad.
1

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continuamente, in movimento e vanno, quindi, di volta in volta, reinterpretate ed applicate
alla luce del mutato contesto sociale, economico e politico–istituzionale. Si tratta di un
fenomeno che – come ha fatto notare un’attenta dottrina – conduce, oggi, per un verso,
all’europeizzazione e all’internazionalizzazione del diritto costituzionale di matrice statale e,
per un altro, alla costituzionalizzazione del diritto europeo e del diritto internazionale3.
L’interazione dei diversi livelli normativi e le mutazioni sociali, economiche e politico–
istituzionali in corso inducono, pertanto, a rivedere una serie di categorie proprie del diritto
costituzionale, compresa quella della cittadinanza4. Alla distinzione originaria, risultante dal
testo costituzionale, tra cittadino nazionale e straniero si affiancano ora nuove categorie che in
queste appaiono difficilmente sussumibili: i cittadini europei economicamente attivi, quelli
economicamente inattivi e quelli «statici»; gli extracomunitari con permesso di soggiorno
regolare e quelli con permesso di soggiorno irregolare5.
Il riconoscimento di una pluralità di regimi giuridici differenti si apprezza di fronte a
taluni fenomeni di carattere globale: le migrazioni di massa, di cui la Costituzione italiana non
tiene conto perché, rispetto al passato, si presentano in modo nuovo, essendo divenuta la
penisola italiana, dal 1947 ad oggi, da terra di emigrazione terra di immigrazione. L’art. 35,
comma 4, Cost. tutela la libertà di emigrazione e la tutela del lavoro all’estero, ma non
disciplina lo status giuridico dello straniero che viene affidato, ai sensi dell’art. 10, comma 2,

cost., n. 3, 1998, pp. 343 ss.; LUCIANI, Dottrina del moto delle Costituzioni e vicende della Costituzione
repubblicana, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 1, 2013, pp. 1 ss..
3
RUGGERI, Interpretazione conforme e tutela dei diritti fondamentali, tra internazionalizzazione (ed
“europeizzazione”) della Costituzione e costituzionalizzazione del diritto internazionale e del diritto
eurounitario, in www.rivistaaic.it, n. 00, 2010, p. 28. Per un quadro generale di tale processo di interazione tra
livelli normativi si rinvia a GABRIELE, Europa: la “Costituzione” abbandonata, Bari, 2008, specie pp. 141 ss.;
HÄBERLE, Dallo Stato nazionale all’Unione europea: evoluzioni dello Stato costituzionale. Il Grudgesetz come
Costituzione parziale nel contesto della Unione europea: aspetti di un problema, in Dir. pubbl. comp. ed eur., II,
2002, pp. 455-462; più recentemente ID., ¿Tienen España y Europa una Constitución?, in ReDCE, n. 12, 2009,
pp. 353-393, spec. 389-390.
4
Sulla relazione tra le trasformazioni costituzionali in atto e la ridefinizione dei parametri (Stato, nazione e
sovranità) che definiscono il discorso sulla cittadinanza si esprime SALAZAR, «Tutto scorre»: riflessioni su
cittadinanza, identità e diritti alla luce dell’insegnamento di Eraclito, in Pol. dir., n. 3, 2001, pp. 373 ss..
5
La distinzione tra cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti e irregolarmente soggiornanti si desume
dallo stesso T.U. in materia di immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286). L’art. 2 del T.U., infatti, attribuisce
allo straniero regolarmente soggiornante i diritti civili attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni
internazionali in vigore per l’Italia e il testo unico dispongano diversamente.

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Cost., alla regolazione della legge ordinaria in conformità delle norme e dei trattati
internazionali, fatta eccezione per la previsione del diritto di asilo.
A questo quadro, dopo la seconda guerra mondiale e la consacrazione dei diritti nei testi
costituzionali degli Stati nazionali, si unisce la proliferazione di dichiarazioni di diritti in
ambito internazionale che, in nome del principio «supercostituzionale» della dignità umana6 e
accompagnata dal divieto di discriminazione in base alla origine nazionale7, conduce il
giurista, sposando la lettura diffusa nella letteratura sociologica8, a farsi promotore del
riconoscimento dell’universalità dei diritti dell’uomo e della rimozione o, quantomeno, del
superamento del concetto di cittadinanza nazionale9, ricevendo riscontro, altresì, nelle
decisioni della giurisprudenza costituzionale10.
Di pari passo non possono sottacersi le resistenze verso il riconoscimento
dell’universalità dei diritti per i problemi collegati al «costo dei diritti»11 e per la reticenza
RUGGERI, Appunti per uno studio sulla dignità umana dell’uomo, secondo diritto costituzionale, in
www.rivistaaic.it, n. 1, 2011, pp. 1 ss.; POLITI, Diritti sociali e dignità umana nella Costituzione repubblicana,
Torino, 2011, pp. 109 ss.; RUGGERI, SPADARO, Dignità dell’uomo e giurisprudenza costituzionale (prime
notazioni), in Pol. dir., 1991, pp. 343 ss.; SILVESTRI, Considerazioni sul valore costituzionale della dignità della
persona, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 14 marzo 2008; MONACO, La tutela della dignità umana:
sviluppi giurisprudenziali e difficoltà applicativa, in www.forumcostituzionale.it.
7
La previsione del divieto di discriminazione in base alla nazionalità ricorre in tutte le dichiarazioni
internazionali: l’art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, l’art. 2 par. 1 del Patto
internazionale sui diritti civili e politici del 1966, l’art. 14 della CEDU, l’art. 21 della Carta dei diritti dell’Unione
europea e l’art. 18 TFUE. Negli ultimi due casi citati, tuttavia, la portata del principio di non discriminazione non
ha un riconoscimento generale, essendo relegata nell’ambito di applicazione dei Trattati.
8
Cfr., per tutti, MARSHALL, Citizenship and Social Class, 1950, trad. it. Cittadinanza e classe sociale , RomaBari, 2002.
9
Di «irruzione» di categorie sociologiche parla STAIANO, Migrazioni e paradigmi di cittadinanza: alcune
questioni di metodo, in www.federalismi.it, 5 novembre 2008, p. 11. Per una critica all’utilizzazione di categorie
sociologiche nel discorso sulla cittadinanza, e specialmente a Marshall, si rinvia a FERRAJOLI, Dai diritti del
cittadino ai diritti della persona, in ZOLO (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Roma-Bari,
1994, pp. 263 ss..
10
Questo indirizzo interpretativo della Corte costituzionale è stata inaugurato dalla decisione n. 120 del 1967,
seguita poi, nello stesso senso, dalle decisioni 104 del 1969, 177 e 244 del 1974, 54 del 1979, 62 del 1994, 432
del 2005, 148 del 2008. Sul ruolo della giurisprudenza costituzionale nel riconoscimento e nell’estensione dei
diritti inviolabili agli stranieri si rinvia alle osservazioni di PACE, Dai diritti del cittadino ai diritti fondamentali
dell’uomo, in www.rivistaaic.it, n. 00, 2010, pp. 1 ss.; ONIDA, Lo statuto costituzionale del non cittadino, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it, pp. 1 ss..
11
Sul costo di tutti i diritti e non soltanto di quelli sociali si rinvia, per tutti, a HOLMES, SUNSTEIN, The costs of
rights. Why Liberty Depends on Taxes, trad. it. Il costo dei diritti. Perché la libertà dipende dalle tasse, Bologna,
2000. Sul tema, nella dottrina italiana, cfr. BIN, Diritti e fraintendimenti, in Ragion pratica, 2000, pp. 19 ss.;
SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali, Torino, 2000, pp. 13 ss.; D’ALOIA, Diritti e Stato
autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in Le Regioni, 2003, p. 1105 e, più
6

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ideologica di alcune formazioni politiche nei confronti degli immigrati12. Il primo impone,
anche per effetto della contingente crisi economico–finanziaria, di rivedere al ribasso le
prestazioni erogative dei diritti, persino di quelli essenziali e specialmente di quelli sociali13,
secondo logiche che fissano, di nuovo, criteri di natura insieme esclusiva ed inclusiva, specie
nei confronti degli “ultimi arrivati” che vantano un legame meno intenso con il territorio, in
nome di sentimenti di appartenenza che sfociano, a volte, anche in esaltazione identitaria14. Le
seconde rivelano una «curvatura etnica»15 delle modifiche della legge sulla cittadinanza che,
per esempio, si rivela attraverso la previsione, in tema di naturalizzazione, di un termine di
residenza legale raddoppiato per l’acquisto della cittadinanza rispetto ai cinque anni, stabiliti
dalla disciplina precedente, per gli immigrati non comunitari e ridotto a quattro anni per i
cittadini di un altro Stato membro dell’Unione16.
La riflessione sulla cittadinanza, pur muovendo da una comune premessa, cioè il mutato
contesto economico, sociale e politico–istituzionale, conduce, tuttavia, la dottrina ad esiti
diametralmente opposti.
Da una parte la continua ed inarrestabile evoluzione della tecnologia e delle
comunicazioni, che agevola i flussi migratori da un Paese all’altro, sollecita taluni a proporre
il superamento della nozione originaria di cittadinanza a favore del riconoscimento
dell’universalità dei diritti fondamentali e la sostituzione delle categorie antitetiche di

recentemente, SPADARO, I diritti sociali di fronte alla crisi (Necessità di un nuovo “modello sociale europeo”:
più sobrio, solidale e sostenibile), in www.rivistaaic.it, n. 4, 2011, pp. 1 ss..
12
Sulla chiusura ideologica manifestata nel corso degli ultimi anni verso gli immigrati v. IPPOLITO, Cittadinanza
e cittadinanze tra inclusione ed esclusione, in CAMPEDELLI, CARROZZA, PEPINO (a cura di), Diritto di Welfare.
Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Bologna, 2010, pp. 86 ss..
13
Per questo motivo può essere enunciato il carattere universale dei diritti fondamentale solo in una prospettiva
astratta. Cfr. MORELLI, Il carattere inclusivo dei diritti sociali e i paradossi della solidarietà orizzontale, in
www.gruppodipisa.it, pp. 3 ss..
14
BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della
persona, in www.gruppodipisa.it, pp. 1 ss.; SPADARO, I diritti sociali di fronte alla crisi, cit., p. 5.
15
IPPOLITO, op. cit., p. 87.
16
Sulla legge italiana sulla cittadinanza e sui progetti di riforma v. ROSSI, Immigrazione e diritti a quattordici
anni dalla legge Turco-Napolitano, in ROSSI, BIONDI DAL MONTE, VRENNA (a cura di), La governance
dell’immigrazione. Diritti, politiche e competenze, Bologna, 2013, pp. 61 ss.; NALIN, Riforma della legge
italiana sulla cittadinanza e diritto dell’Unione europea, in TRIGGIANI (a cura di), Le nuove frontiere della
cittadinanza europea, Bari, 2011, pp. 161 ss.; SCHILLACI, La riforma della legge n. 92/1991: i progetti in
discussione, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010.

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cittadino e straniero alla persona che, in quanto tale, è titolare di diritti e di doveri17. La
cittadinanza acquisirebbe una dimensione eminentemente inclusiva, estendendo i diritti di
cittadinanza anche a coloro che non vantano alcun legame pregresso di natura etnico–
territoriale con lo Stato entro il quale si trovano e abbandonando la peculiare logica
escludente che, fino ad oggi, ha caratterizzato il «non cittadino» rispetto al cittadino
nazionale.
Dall’altra parte la creazione di nuovi centri di potere indurrebbe il giurista, e
specialmente il costituzionalista, a delineare nuovi contorni della cittadinanza tant’è che più
che di un’unica cittadinanza, legata all’appartenenza ad uno Stato nazionale e alla sua identità
etnica18, si fa strada l’idea della presenza di una pluralità di “cittadinanze” a seconda dei
contesti (rectius livelli) normativi in cui la persona si colloca ed agisce. Si ripropongono,
pertanto, vecchie e nuove dinamiche, insieme escludenti ed includenti, forse mai sopite, che,
unitamente alle recenti ed insostenibili politiche di spesa pubblica regressive derivanti dalle
direttive imposte da istanze sovranazionali, rivelano l’insostituibilità di una siffatta nozione,
ancorché essa possa essere disciplinata nel modo più inclusivo possibile19.

2. Forma e sostanza di un concetto giuridico in trasformazione
Per rispondere al dibattito, approfondito dalla dottrina costituzionale, non è possibile
procedere, in virtù delle menzionate trasformazioni costituzionali, da una prospettiva
eminentemente interna o, comunque, relegata alle fonti di natura esclusivamente statale.

17

Si fanno portavoce, auspicando una tale inversione di tendenza, RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari,
2012, pp. 19 ss.; RUGGERI, Note introduttive ad uno studio sui diritti e doveri costituzionali degli stranieri, in
www.rivistaaic.it, n. 2, 2011, p. 16; AZZARITI, La cittadinanza. Appartenenza, partecipazione, diritti delle
persone, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, p. 437; RESCIGNO, Note sulla cittadinanza, in Dir. pubbl., 2000, p. 765;
FERRAJOLI, op. cit., pp. 288 ss..
18
Sulla nozione di cittadinanza e sulle radici storiche della nozione si rinvia a GROSSO, Le vie della cittadinanza,
Padova, 1997; BERTI, Cittadinanza, cittadinanze e diritti fondamentali, in Riv. dir. cost., 1997, pp. 3 ss.;
CERRONE, La cittadinanza e i diritti, in NANIA, RIDOLA (a cura di), I diritti costituzionali, Milano, 2006, pp. 277
ss.; ROSSI, La porta stretta: prospettive della cittadinanza post-nazionale, in www.forumcostituzionale.it;
CARIDÀ, La cittadinanza, in www.forumcostituzionale.it; AZZARITI, La cittadinanza. Appartenenza,
partecipazione, diritti delle persone, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, pp. 425 ss..
19
RIMOLI, Universalizzazione dei diritti fondamentali e globalismo giuridico: qualche considerazione critica, in
Studi in onore di Gianni Ferrara, Vol. III, Torino, 2005, pp. 360 ss..

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Di fronte alle attuali spinte globali e locali, accanto alla cittadinanza della nazione, che
diviene solo una delle comunità politiche, si affiancano altre forme di cittadinanza: alcune
espressamente definite ed altre, invece, formatesi per via dei procedimenti di decentramento
verso il basso20. Lo Stato detta, ormai, la disciplina delle modalità di acquisto e di perdita
della cittadinanza e delle condizioni di ingresso e di espulsione degli stranieri, ma non
definisce in maniera autonoma lo statuto di diritti e di doveri del cittadino e dello straniero.
Solo la cittadinanza formale rimane, quindi, circoscritta nelle mani dello Stato centrale, al
quale è riservata espressamente, a seguito della riforma del Titolo V, la materia della
«cittadinanza», oltre alle materie di politica di immigrazione, vale a dire l’«immigrazione» e
la «condizione giuridica dello straniero».
La cittadinanza europea, ai sensi dell’art. 20

TFUE,

malgrado i tentativi di formazione

della giurisprudenza europea di una propria identità autonoma, rimane concetto derivato da
quella nazionale, aggiungendosi a quest’ultima per i cittadini degli Stati membri dell’Unione
europea21, il cui ordinamento amplia e dilata lo spazio di azione degli individui al di là del
proprio Stato di appartenenza attraverso l’attribuzione di una serie di diritti e doveri,
eliminando, piano piano, in talune sfere di propria competenza, la distinzione tra cittadini
20

Cfr. SPINACI, Libertà di circolazione, cittadinanza europea, principio di eguaglianza, Napoli, 2011, p. 77.
Sulla crisi dei concetti tradizionali in tema di cittadinanza per effetto della creazione della cittadinanza europea si
rinvia a LOGROSCINO, La cittadinanza dell’Unione: la crisi dei concetti tradizionali, in Dir. Un. Eur., n. 2, 2006,
pp. 407 ss.. Sulla cittadinanza europea v. LIPPOLIS, La cittadinanza europea, Bologna, 1994; CARTABIA, I diritti
fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in BASSANINI, TIBERI (a cura di), Le nuove istituzioni europee.
Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008, pp. 99 ss..
21
L’affermazione, tuttavia, ormai, appare più teorica che reale. Nei fatti la Corte di giustizia, sin dalla sentenza
Micheletti (C-369/90, 7 luglio 1992), ha sostanzialmente, in taluni casi, intaccato la titolarità esclusiva degli Stati
membri in materia di riconoscimento della cittadinanza per cui la cittadinanza europea, nonostante sia ancora
accessoria rispetto a quella nazionale, influenza e condiziona la cittadinanza nazionale. Nel caso citato la Corte
di giustizia, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di un cittadino argentino di stabilirsi in Spagna in forza della
seconda cittadinanza italiana, ha ritenuto, in ragione del riconoscimento per la legge spagnola della sola
cittadinanza di ultima residenza (quella argentina), che uno Stato membro non può limitare gli effetti
dell’attribuzione della cittadinanza di un altro Stato membro, non ritenendo rilevante, altresì, la circostanza che il
sig. Micheletti non avesse alcun legame materiale con l’ordinamento italiano. La Corte, inoltre, più
recentemente, ha avuto occasione di precisare, nella decisione Rottman (Janko Rottman c. Freistaat Bayern, 2
marzo 2010, C-135/08, par. 56), in merito alla decisione di revoca della cittadinanza nazionale, che occorre
verificare «se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa». Si rinvia a
MONTANARI, La cittadinanza in Europa: alcune riflessioni sugli sviluppi più recenti, in www.rivistaaic.it, n. 2,
2012, pp. 5 ss.; MARGIOTTA, VONK, Doppia cittadinanza e cittadinanza duale: normative degli Stati membri e
cittadinanza europea, in Dir. imm. citt., n. 4, 2010, pp. 27 ss.; TRIGGIANI, La cittadinanza europea per la
“utopia sovranazionale”, in St. int. eur., n. 3, 2006, pp. 450 ss..

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nazionali e stranieri appartenenti ad altro Stato dell’Unione, persino attraverso l’estensione di
alcuni diritti politici22.
La categoria giuridica della cittadinanza si compone, quindi, di una dimensione formale,
ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale23 e impone, di conseguenza, una
riflessione sul tema dei diritti degli stranieri sia comunitari sia extracomunitari e sulle relative
differenze di status. Il contenuto sostanziale della cittadinanza, infatti, è ormai “appaltato” a
nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e a quello infranazionale. I diritti e i doveri
dei cittadini europei, dei cittadini statali, degli immigrati regolari e di quelli irregolari sono
disegnati dalla legislazione di derivazione europea e regionale.
Per esempio l’art. 20, par. 2, TFUE offre un ampio catalogo di diritti ai cittadini europei:
il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; il diritto di
elettorato attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello
Stato membro in cui risiedono alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; il diritto di
godere, nel territorio di uno Stato terzo nel quale lo Stato membro di cui non hanno la
cittadinanza non è rappresentato, della tutela diplomatica di qualsiasi Stato membro, alle
stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; il diritto di petizione al Parlamento europeo, di
ricorso al Mediatore europeo e di rivolgersi alle istituzioni europee in una qualsiasi lingua
dell’Unione e di ricevere risposta nella medesima lingua.
Oltre ai diritti menzionati, i cittadini europei, che esercitano la libertà di circolazione nel
territorio degli Stati membri diversi da quello di appartenenza, ricevono, per mezzo del
divieto di discriminazione in base alla nazionalità, una serie di benefici sociali in presenza di
talune condizioni, definite dalla normativa primaria e secondaria europea, al fine di favorire il
processo di integrazione europea. Per tale ragione l’applicazione combinata della cittadinanza
europea (art. 21 TFUE) e del principio di non discriminazione (art. 18 TFUE) diviene il banco di
prova per verificare la possibilità di una progressiva formazione di una cittadinanza sociale
europea di emanazione giurisprudenziale che sia sganciata dalla originaria logica mercantile
GROSSO, I cittadini europei e i diritti di partecipazione nella Carta di Nizza: un’occasione perduta?, in Quad.
cost., n. 1, 2003, pp. 53 ss..
23
Su questa distinzione si rinvia a RONCHETTI, La cittadinanza sostanziale tra Costituzione e residenza:
immigrati nelle regioni, in www.costituzionalismo.it, pp. 1 ss..
22

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dell’impianto europeo attraverso l’accesso alle prestazioni sociali per i cittadini europei
transfrontalieri, anche non economicamente attivi24.
Analogamente, a livello regionale, la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001
ridefinisce i campi di intervento degli organi sub-statali che hanno acquisito la competenza
legislativa per riempire di contenuto il concetto di cittadinanza e le politiche per
l’immigrazione attraverso l’attribuzione delle materie relative ai servizi sociali, all’abitazione,
all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alla formazione e all’inserimento al lavoro 25 e, pertanto,
dettano, in nome della propria autonomia costituzionale, negli ambiti di propria competenza e
nei limiti fissati dalla Costituzione, nuovi diritti sia negli Statuti sia nelle leggi26.

3. La tendenza inclusiva della cittadinanza europea e il limite delle
situazioni puramente interne
La previsione nel testo dei Trattati della libertà di circolazione e di soggiorno nel
territorio di uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, unitamente al principio di
non discriminazione in base alla nazionalità, potrebbe alimentare la percezione e la
convinzione che la cittadinanza europea sia ormai divenuta lo statuto fondamentale dei
cittadini degli Stati membri. L’applicazione incondizionata del diritto di libera circolazione e
di soggiorno, infatti, dovrebbe, in teoria, assicurare l’accesso dei cittadini europei migranti

24

Sulla progressiva estensione cross-border dei diritti sociali a favore dei soggetti non economicamente attivi si
rinvia a GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo,
Bologna, 2012, pp. 144 ss.; SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione in base alla nazionalità e principio
costituzionale di eguaglianza, in Dir. pubbl., n. 1, 2007, pp. 241 ss.; LOLLO, Il paradigma inclusivo della
cittadinanza europea e la solidarietà transnazionale, in www.gruppodipisa.it, p. 5.
25
Si tratta delle cosiddette politiche per l’immigrazione. Cfr. RUGGERI, SALAZAR, “Ombre e nebbia” nel riparto
delle competenze tra Stato e regioni in materia di emigrazione/immigrazione dopo la riforma del Titolo V, in
Quad. reg., n. 1, 2006, p. 42; BIONDI DAL MONTE, I diritti sociali degli stranieri tra frammentazione e non
discriminazione. Alcune questioni problematiche, in Ist. fed., n. 5, 2008, pp. 563 ss.; PATRONI GRIFFI, Stranieri
non per la Costituzione, in www.forumcostituzionale.it, pp. 6 ss.; CAPONIO, Governo locale e immigrazione in
Italia. Tra servizi di welfare e politiche di sviluppo, in Ist. fed., n. 5, 2004, pp. 805 ss.; MABELLINI, La
dimensione sociale dello straniero tra uniformità (sovranazionale) e differenziazione (regionale), in Giur. cost.,
n. 1, 2011, p. 814.
26
LONGO, Regioni e diritti. La tutela dei diritti nelle leggi e negli Statuti regionali, Macerata, 2006, pp. 14 ss..

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alle medesime prestazioni erogate dallo Stato membro ospitante nei confronti dei propri
cittadini nazionali27.
Si tratta, tuttavia, ancora di un auspicio e non di un traguardo definitivamente realizzato.
Come precisa, nelle sue decisioni, la Corte di giustizia «lo status di cittadino dell’Unione
europea è destinato ad essere28 lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri»29.
L’istituzione, con il Trattato di Maastricht del 1992, della cittadinanza europea30 ha
determinato la progressiva emancipazione della libera circolazione dalla finalità prettamente
economica che ne circoscriveva la portata ai soli migranti comunitari economicamente attivi
ma non ha provocato, contestualmente, la nascita di un diritto assoluto di circolazione31.
Perciò, al fine di evitare fenomeni di «shopping sociale» che possano minare la tenuta dei
sistemi di welfare nazionali32, la direttiva 2004/38/CE33, in applicazione dell’art. 21

TFUE,

ha

comunque condizionato la circolazione e il soggiorno, per un periodo superiore a tre mesi, dei
cittadini non economicamente attivi negli Stati membri dell’Unione diversi da quello di

27

DINELLI, Recenti tendenze in materia di cittadinanza europea: oltre il limite delle «situazioni puramente
interne» all’ordinamento degli Stati membri, in Foro amm. – TAR, n. 5, 2011, p. 1789.
28
Corsivo aggiunto.
29
L’auspicio ricorre frequentemente nelle decisioni della Corte di giustizia. Ex multis: Grzelczyk c. Centre public
d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-la Neuve, 20 settembre 2001, C-184/99, par. 31; Baumbast c. Secretary of
State for the Home Department, 17 settembre 2002, C-413/99, par. 82; Garcia Avello c. Belgio, 2 ottobre 2003,
par. 22; Rottman, cit., par. 43.
30
Il primo riconoscimento della cittadinanza europea si trova nel Trattato di Maastricht del 1992 che, all’art. 8
TCE, prevede che «Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati,
fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli
stessi».
31
Sul percorso dell’individuo nel processo di integrazione europea dalla dimensione eminentemente produttiva a
quella di cittadino si veda ZUPPETTA, Il consolidamento della cittadinanza europea: un’ipotesi di studio, in
www.amministrazioneincammino.luiss.it, pp. 1 ss.; BALDINI, ALCARO, Profili evolutivi della cittadinanza
europea: «Verso un diritto privato comunitario»?, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2-3, 2002, pp. 456 ss..
32
Le politiche sociali, sin dall’edificazione della Comunità economica europea, sono state relegate nei confini
statali: è stata coniata, pertanto, l’espressione di «governo delle differenze» per indicare la decisione originaria, a
livello europeo, di rinunciare alla costruzione di un welfare unico europeo e di conservare differenti sistemi di
protezione sociale in ciascuno degli Stati membri dell’UE parallelamente alla costruzione di un mercato comune.
Si rinvia a GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 33; AMATO, Tra Stato sociale e dimensione
europea, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 13 maggio 2009; DE CABO MARTIN, Constitucionalismo del
Estado social y Unión europea en contexto globalizador, in ReDCE, n. 11, 2009, pp. 17 ss..
33
Sulla direttiva 2004/38/CE si rinvia a COUSINS, Diritto di soggiorno, sicurezza sociale e il concetto evolutivo di
cittadinanza europea, in Riv. dir. sic. soc., n. 1, 2008, pp. 65 ss.; M. DI FILIPPO, La libera circolazione dei
cittadini comunitari e l’ordinamento italiano: (poche) luci e (molte) ombre nell’attuazione della direttiva
2004/38/CE, in Riv. dir. int., n. 2, 2008, pp. 420 ss..

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appartenenza, al possesso di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione sanitaria che
consenta loro di non divenire un onere eccessivo per le risorse dello Stato ospite34.
Ciononostante, i giudici di Lussemburgo hanno manifestato tendenze inclusive anche
con riferimento ai cittadini «inattivi» sprovvisti di risorse economiche sufficienti, facendo
leva sull’applicazione estensiva del “grimaldello”35 del divieto di discriminazione in virtù del
solo status di cittadino europeo e tenendo conto, altresì, delle preoccupazioni legate ad
un’estensione troppo ampia dei beneficiari di vantaggi sociali36. A partire dal caso Martinez
Sala37, pertanto, secondo un modello di solidarietà di tipo atomistico38, è stato riconosciuto, di
volta in volta, ai cittadini economicamente non attivi, in nome di una certa «solidarietà
finanziaria dei cittadini di [uno] Stato con quelli degli altri Stati membri»39, il diritto di
usufruire di prestazioni socio–assistenziali alla duplice condizione che questi non diventino

34

CELOTTO, Quando un «diritto» non è un diritto: sulla circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari, in
Quad. cost., n. 4, 2010, p. 860, osserva che «la libertà di circolazione e di soggiorno del cittadino comunitario è
già così affievolito da poter non essere considerato un vero e proprio diritto» e prende come riferimento la
decisione Baumbast, cit, che prima (par. 80) riconosce che «il diritto dei cittadini di uno Stato membro di fare
ingresso sul territorio di un altro Stato membro e di soggiornarvi costituisce un diritto direttamente attribuito dal
Trattato», ma poi (par. 85) ne limita la portata affermando che «il diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione
sul territorio di un altro Stato membro è certamente attribuito subordinatamente alle limitazioni e alle condizioni
previste dal Trattato CE nonché dalle relative disposizioni di attuazione». Nello stesso senso v. APPICCIAFUOCO,
Lo status sociale dei cittadini europei economicamente non attivi: una “cittadinanza sociale di mercato
europeo”?, in Le nuove frontiere, cit., p. 285.
35
Per LOLLO, Prime osservazioni su eguaglianza e inclusione, in www.giurcost.org., p. 5, il principio di non
discriminazione è il «motore dell’ordinamento europeo».
36
Sul pericolo della tenuta dei sistemi di welfare state nazionali di fronte alle progressive aperture della Corte di
giustizia cfr. S. GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 225 ss.; ID., Confini della solidarietà. I modelli sociali
nazionali nello spazio giuridico europeo, in Pol. dir., n. 3, 2011, pp. 395 ss.; SPINACI, Divieto comunitario di
discriminazione, cit., pp. 253 ss.; FERRERA, Verso una cittadinanza sociale ‘aperta’. I nuovi confini del welfare
nell’Unione Europea, in working paper 1/2004, www.urge.it.
37
Nel caso Martinez Sala la Corte avvia, infatti, un duplice profilo innovativo: da una parte estende l’ambito di
applicazione del principio di non discriminazione che viene svincolato dalle previsioni sui limiti della libertà di
circolazione dei cittadini inattivi; dall’altra, definisce in senso lato il campo di applicazione del principio di
parità di trattamento permettendo la concessione di un beneficio sociale con riferimento ad una situazione nella
quale la ricorrente non poteva risultare beneficiaria in quanto non poteva essere qualificata come lavoratrice
subordinata. Sul punto v. GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 186; SPINACI, Divieto comunitario di
discriminazione, cit., pp. 245 ss.; PROTTO, María Martínez Sala v. Freistaat Bayern e la cittadinanza
dell’Unione, in Dir. pubbl., 2000, pp. 877 ss..
38
GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 23, 228.
39
Grzelczyk, cit., par. 44.

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un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante40 e che dimostrino
un certo legame di integrazione con la società del Paese ospitante41.
L’effetto della cittadinanza europea e il divieto di discriminazione continua, invece, ad
essere escluso dall’ambito delle cosiddette «situazioni puramente interne», che non
presentano alcun collegamento con il diritto dell’Unione. Ne rimangono fuori, pertanto, i
cittadini «statici», che non ricevono i benefici derivanti dall’esercizio della libera
circolazione. Per tale ragione, il diritto alla libera circolazione diviene, più che un diritto
connesso alla cittadinanza, la condizione necessaria per accedere agli altri diritti derivanti
dallo status di cittadino europeo, nonostante questo si aggiunga per il semplice possesso della
cittadinanza nazionale di uno degli Stati membri. Ciò, quindi, produce, paradossalmente, «una
non perfetta sovrapposizione dello status di cittadino e l’esercizio concreto di tutti i diritti che
connotano tale status»42. E, anzi, genera la conseguenza perversa delle «discriminazione alla
rovescia», fenomeno che suole indicare la disparità di trattamento del cittadino stanziale
rispetto al cittadino europeo che soggiorni in altro Paese membro rispetto a quello di
appartenenza a causa dell’applicazione della disciplina di diritto interno più restrittiva rispetto
40

Ibidem.
La Corte ricorre a criteri come la residenza abituale, il sufficiente grado di integrazione nella società del Paese
ospitante e il legame con il mercato del lavoro del medesimo per i cittadini in cerca di lavoro. Ex multis si
vedano le decisioni: Martínez Sala, cit.; Baumbast c. Secretary of State for the Home Department, 17 settembre
2002, C-413/99; Grzelczyk, cit.; Maire-Nathalie D’Hoop c. Office national de l’emploi, 11 luglio 2002, C224/98; Brian Francis Collins c. Secretary of State for Work and Pensions, 23 marzo 2004, C-138/02; Michel
Trojani c. Centre public d’aide sociale de Bruxelles (CPAS), 7 settembre 2004, C-456/02; Dany Bidar c. London
Borough of Ealing, Secretary of State for Education and Skills, 15 marzo 2005, C-209/03); Kunquian Catherine
Zhu e Man Lavette Chen c. Secretary of State for the Home Department, 19 ottobre 2004, causa C-2000/02. Cfr.
GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., pp. 185 ss., 221 ss.; MARTIN VIDA, La dimensión social de la
ciudadanía europea, con especial referencia a la jurisprudencia comunitaria en materia de libre circulación des
los ciudadanos comunitarios y acceso a las prestaciones de asistencia social, in ReDCE, n. 8, 2007, pp. 95 ss.;
CAPPUCCIO, Il principio di non discriminazione nella giurisprudenza comunitaria tra espansione dei diritti e
tecniche di decisione, in AA.VV., Scritti in onore di Lorenza Carlassare. Il diritto costituzionale come regola e
limite al potere, Vol. III, Napoli, 2009, pp. 882 ss. Sull’applicazione del criterio della residenza dei cittadini
inattivi per accedere alle prestazioni sociali si veda AMADEO, Il principio di eguaglianza e la cittadinanza
dell’Unione: il trattamento del cittadino europeo “inattivo”, in Dir. Un. Eur., n. 1, 2011, pp. 90 ss.; DE
PASQUALE, Problemi interpretativi della nozione giuridica di cittadinanza: un concetto «europeizzato» di diritto
pubblico interno? La controversa relazione tra cittadinanza dell’Unione europea e cittadinanze nazionali degli
Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 3/4, 2012, pp. 461 ss.. CARROZZA, Noi e gli altri. Per una
cittadinanza fondata sulla residenza e sull’adesione ai doveri costituzionali, in La governance
dell’immigrazione, pp. 43 ss..
42
PALLADINO, Il diritto di soggiorno nel “proprio” Stato membro quale (nuovo) corollario della cittadinanza
europea, in St. int eur., n. 2, 2011, p. 342.
41

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a quella di emanazione europea più favorevole, di cui, invece, si avvale, nel medesimo
territorio, il cittadino di altro Stato membro che abbia esercitato la libertà di movimento43.
In attesa di una soluzione europea per arginare tali ingiuste differenze di trattamento
prodotte, che fino ad ora rimangono sostanzialmente affidate a ciascun ordinamento interno44,
la natura complementare della maggior parte dei diritti inerenti allo status di cittadino
dell’Unione all’esercizio della libertà di circolazione alimenta il convincimento che la
cittadinanza europea corrisponda ad uno «status di straniero privilegiato»45 piuttosto che una
vera e propria forma di cittadinanza in cui i diritti siano riconosciuti a tutti i cittadini
indipendentemente dall’esercizio della libera circolazione46.
Orbene, la recente decisione Ruiz Zambrano47, poi sconfessata dalle successive
McCarthy48 e Dereci49, della giurisprudenza della Corte di giustizia europea è stata salutata da
taluni come un «cambio di paradigma»50 verso la creazione di una cittadinanza davvero

43

A livello esemplificativo si possono ricordare la disciplina italiana dei lettori di lingua stranieri che, censurata
dalla giurisprudenza europea, ha finito per favorire i lettori provenienti da altri Stati dell’Unione a discapito di
quelli nazionali e la normativa italiana sulla pasta che, ponendo condizioni più rigide per la produzione rispetto a
quelle degli altri Stati membri, è stata sottoposta al parametro del principio di non discriminazione sulla base
della nazionalità e del principio del mutuo riconoscimento, finendo per favorire i produttori degli altri Stati
dell’Unione a danno di quelli italiani. Cfr. SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione, cit., pp. 286 ss.. Per
un quadro generale delle discriminazione alla rovescia e per la proposta di taluni rimedi e su un confronto tra
Corte di giustizia e Corte costituzionale si rinvia a SPITALERI, Le discriminazioni alla rovescia nella recente
giurisprudenza comunitaria: rimedi insufficienti o esorbitanti?, in Dir. Un. Eur., n. 4, 2007, pp. 917 ss.;
NASCIMBENE, Le discriminazioni all’inverso: Corte di giustizia e Corte costituzionale a confronto, ivi, pp. 717
ss..
44
Il problema delle cd. «discriminazione alla rovescia» è stato dapprima risolto dalla Corte costituzionale, sent.
443 del 1997, nella quale è stata censurata per contrasto con l’art. 3 Cost. la discriminazione alla rovescia subita
dalle imprese italiane rispetto alle imprese europee per l’applicazione della normativa interna che imponeva
condizioni più restrittive per utilizzare alcuni ingredienti nella preparazione della pasta. Recentemente la legge 7
luglio 2009 ha introdotto, nella legge 4 febbraio 2005 n. 11 (cd. Legge comunitaria), l’art. 14-bis il quale
consente la disapplicazione della norma interna che potrebbe causare la discriminazione. Cfr. DINELLI, op. cit., p.
1796; DI COMITE, L’uguaglianza tra cittadini europei? Una nuova sfida per un problema annoso, in Le nuove
frontiere, cit., p. 106; LOLLO, Prime osservazioni, cit., p. 7.
45
CARTABIA, Cittadinanza europea, in Enc. giur. Trecc., Vol. VI, Aggiornamento, Roma, 1995, p. 3.
L’espressione risale a WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, p. 231.
46
PALLADINO, op. cit., p. 345.
47
Gerardo Ruiz Zambrano c. Office national de l’emploi (ONEm), 8 marzo 2011, C-34/09.
48
Shirley McCarthy c. Secretary of State for the Home Department, 5 maggio 2011, C-434/09.
49
Dereci e a. c. Bundesministerium für Inneres, 15 novembre 2011, C-256/11.
50
REICH, The Constitucional Relevance of Citizenship and Free Movement in an Enlarged Union, in Eur. Law
Jour., 2005, p. 678. Viene definita, invece, «rivoluzionaria» la sentenza Zambrano da MARTINICO, CASTALDI,
Rethinking (EU) citizenship, in Perspectives on Federalism, n. 2, 2011, p. V.

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inclusiva51. Queste, tuttavia, impongono una lettura coordinata che faccia emergere gli spunti
creativi – se ve ne sono – all’interno del magmatico percorso verso la costruzione di una
cittadinanza che prescinda dalla libera circolazione e, specialmente, dall’apporto materiale del
singolo individuo nel processo produttivo del Paese ospitante52.
Le pronunce si potrebbero collocare nel solco dei precedenti Garcia Avello53, Chen54 e
Rottman55, alle quali si potrebbe addebitare l’iniziale e progressiva emersione di un autonomo

51

Infatti secondo GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 21, perché la cittadinanza acquisisca valenza
davvero fondamentale dovrebbe conferire anche ai cittadini statici un autonomo patrimonio di diritti
fondamentali.
52
Le decisioni citate sono state approfondite dalla dottrina. Cfr. PALLADINO, op. cit., 331 ss.; GALLO, La Corte
di giustizia rompe il vaso di Pandora della cittadinanza europea, in Giorn. dir. amm., n. 1, 2011, pp. 39 ss.; S.
SPINACI, La sentenza Zambrano e McCarthy e i nodi irrisolti della cittadinanza europea, in Giur. cost., n. 3,
2011, pp. 2543 ss.; ZILLER, Il diritto di soggiorno e la libera circolazione nell’Unione europea, alla luce della
giurisprudenza e del Trattato di Lisbona, in Dir. amm., n. 4, 2008, pp. 939 ss.; AMADEO, Il principio di
eguaglianza e la cittadinanza dell’Unione: il trattamento del cittadino europeo “inattivo”, in Il Dir. dell’Un.
Eur., n. 1, 2011, pp. 59 ss.; CALVANO, Cittadini «statici» e diritti disuguali, in Giur. cost., n. 3, 2011, pp. 2535
ss.; BERNERI, Le pronunce Zambrano e McCarthy: gli ultimi sviluppi giurisprudenziali sulle unioni famigliari
tra cittadini comunitari ed extracomunitari, in Quad. cost., n. 3, 2011, pp. 696 ss.; VECCHIO, Il caso Ruiz
Zambrano tra cittadinanza europea, discriminazioni a rovescio e nuove possibilità di applicazione della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione, in Dir. pubbl. comp. eur., III, 2011, pp. 1249 ss.; ROSSI, Il caso McCarthy:
la cittadinanza europea e la cruna dell’ago, ivi, pp. 1238 ss.; MARÍN CONSARNAU, Nuevos matices a la
protección que ofrece el estatuto de ciudadano de la Unión, in Rev. Der. Com. Eur., n. 41, 2012, pp. 221;
PAGANO, Ricongiungimento familiare, cittadinanza e residenza: dal caso Zambrano al caso Dereci, in Dir. com.
sc. int., n. 3, 2012, pp. 467 ss..
53
Carlos Garcia Avello c. Stato belga, 2 ottobre 2003, C-148/02. La questione era originata dal fatto che le
autorità belghe avevano rifiutato di cambiare il nome dei figli del ricorrente poiché, di solito, tale facoltà viene
accordata ai cittadini che abbiano esclusivamente la cittadinanza belga. In questo caso l’applicazione del diritto
dell’Unione scaturisce dalla circostanza che i due figli del sig. Garcia Avello soggiornavano legalmente in
Belgio, di cui avevano la cittadinanza, oltre a quella spagnola.
54
Kunquian Catherine Zhu e Man Lavette Chen c. Secretary of State for the Home Department, 19 ottobre 2004,
causa C-2000/02. In questo caso una bambina avente nazionalità irlandese, figlia di cittadini cinesi, si era
stabilita con la madre, dopo la nascita, nel territorio del Galles. La bambina, pur essendo nata nell’Irlanda del
Nord, aveva acquisito la cittadinanza della Repubblica d’Irlanda, in quanto la legge sulla cittadinanza irlandese
prevedeva l’acquisto della nazionalità irlandese da parte di chiunque fosse nato nell’isola di Irlanda a meno che
non intesse ottenere una cittadinanza diversa. La bambina, pertanto, essendo nata in Irlanda del Nord e
risiedendo in Galles, pur avendo la cittadinanza della repubblica di Irlanda, non aveva mai abbonato il territorio
del Regno Unito. La Corte di giustizia, pertanto, è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di riconoscere
alla madre, cittadina di un Paese terzo, e alla bambina il diritto di soggiornare sul territorio del Regno Unito.
55
Janko Rottman c. Freistaat Bayern, 2 marzo 2010, C-135/08. La Corte, nel caso in oggetto, è stata chiamata a
pronunciarsi sulla vicenda di un cittadino austriaco che, dopo aver perso la relativa cittadinanza in seguito
all’acquisto di quella tedesca, subiva successivamente anche la revoca della cittadinanza tedesca a causa della
scoperta di progressi, da parte delle autorità tedesche, di procedimenti penali che aveva volontariamente celato
fraudolentemente.

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concetto di cittadinanza europea56. In queste decisioni, infatti, il potere di ingerenza
dell’Unione non deriva dall’esercizio del diritto di libera circolazione ma, piuttosto, dalla
circostanza che i minori, nei casi Chen e Garcia Avello, avessero la cittadinanza di uno Stato
membro diverso da quello di residenza. Per tale ragione la Corte di giustizia ha negato, infatti,
l’operare del limite delle situazioni puramente interne57 sulla base della considerazione che un
collegamento con il diritto europeo vi sarebbe anche nell’ipotesi di cittadini europei che
soggiornino nel territorio di un altro Stato membro diverso da quello di cui hanno la
cittadinanza nazionale, ancorché questi non abbiano esercitato il diritto alla libera
circolazione58.
Dello stesso tenore la sentenza Rottman, benché il ricorrente si fosse effettivamente
trasferito dall’Austria alla Germania. Per la Corte «la situazione di un cittadino dell’Unione
che – come il ricorrente nella causa principale – si trovi alle prese con una decisione di revoca
della naturalizzazione adottata dalle autorità di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la
perdita della cittadinanza di un altro Stato membro da lui posseduta in origine, in una
situazione idonea a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad
esso correlati, ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto
dell’Unione»59. Sulla base di questo ragionamento si è ritenuto che spetti al giudice del rinvio
verificare «se la decisione di revoca in questione nella causa principale rispetti il principio di
proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze che essa determina sulla situazione

È l’auspicio dell’Avvocato generale Sharpston che, proprio nella causa Zambrano, facendo riferimento nelle
proprie conclusioni ai precedenti Garcia Avello, Chen e Rottman, suggerisce il riconoscimento, ai sensi dell’art.
21 TFUE, di un autonomo diritto soggiorno indipendente dal diritto alla libera circolazione. Si vedano le
conclusioni dell’Avvocato generale Eleanor Sharpston presentate il 30 settembre 2010, parr. 100-101.
57
DINELLI, op. cit., pp. 1781 ss.; AIELLO, LAMONACA, Diritto di soggiorno dei familiari del cittadino europeo:
erosione del limite delle situazioni puramente interne e delimitazione del nucleo essenziale del diritto di
cittadinanza, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2, 2012, p. 334; ARENA, I limiti della competenza pregiudiziale della
Corte di giustizia in presenza di situazioni puramente interne: la sentenza Sbarigia, in Dir. Un. Eur., n. 1, 2011,
pp. 201 ss..
58
Garcia Avello, cit., parr. 26-27; Chen, cit., parr. 18-19.
59
Rottman, cit., par. 42. In realtà la Corte avrebbe potuto fondare il suo iter argomentativo sulla base della
circostanza che il sig. Rottman si fosse trasferito dall’Austria alla Germania, avendo esercitato il diritto di
circolazione nel territorio dell’Unione. È il rilievo di AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 333; MONTANARI, op. cit.,
p. 8. Cfr. anche ID., I limiti europei alla disciplina nazionale della cittadinanza, in Dir. pubbl. comp. eur., III,
2010, pp. 948 ss..
56

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dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione, in aggiunta, se del caso, all’esame della
proporzionalità di tale decisione sotto il profilo del diritto nazionale»60.
In quest’ultima decisione, nonostante gli spunti di originalità offerti, la cittadinanza
europea e i diritti ad essa correlati assumono rilievo autonomamente e non come presupposto
per l’esercizio di uno specifico diritto collegato allo status della cittadinanza europea, violato
o ostacolato dagli Stati membri61. Il caso Ruiz Zambrano, invece, individua direttamente
nell’art. 20

TFUE

uno dei contenuti dello status di cittadino, cioè il diritto di non essere

allontanato dal territorio dell’Unione, ivi compreso il territorio dello Stato membro di cui si
ha la cittadinanza nazionale e da cui non ci è mai mossi62. Di conseguenza la Corte inibisce
agli Stati membri di adottare provvedimenti che abbiano come effetto quello di privare i
cittadini di uno Stato membro dell’Unione dei diritti di cittadinanza. Riconosce, pertanto, il
diritto di soggiorno e il diritto ad ottenere un permesso di lavoro al cittadino extracomunitario,
genitore di un bimbo cittadino belga che non abbia mai esercitato la libera circolazione
all’interno del territorio europeo63, sulla base della circostanza che il divieto di soggiorno per i
genitori extracomunitari di un cittadino dell’Unione inciderebbe sull’esercizio dei diritti dei
loro figli, i quali sarebbero costretti ad abbandonare il territorio dello Stato membro per
seguire i genitori64. La motivazione dei giudici impedisce, quindi, di poter affermare, in
maniera inequivocabile, che sia stato eliso il limite delle situazioni puramente interne, le quali
non potranno essere invocate ogni qualvolta un provvedimento dello Stato membro abbia
l’effetto di privare il cittadino europeo dei propri diritti65.
Le successive pronunce McCarthy e Dereci ripercorrono l’iter argomentativo del
precedente Ruiz Zambrano ma, nonostante le affinità, ne correggono il tiro. La prima, a
seguito del giudizio di proporzionalità, nega il diritto di soggiorno del coniuge
extracomunitario poiché la misura nazionale non produce l’effetto di privare la moglie

60

Rottman, cit., par. 55.
DINELLI, op. cit., p. 1799.
62
Zambrano, cit., par. 42.
63
Ivi, par. 43.
64
Ivi, par. 44.
65
AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 336.
61

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cittadina europea dei suoi diritti, obbligandola a lasciare il territorio dell’Unione66. La
seconda, invece, esplicita la ratio67 che aveva guidato la decisione McCarthy, specificando
che «la mera circostanza che possa apparire auspicabile al cittadino di uno Stato membro, per
ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che i suoi
familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con
lui nel territorio dell’Unione, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sia
costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli venga
concesso»68. Deduce, pertanto, che l’emancipazione dei diritti di cittadinanza dal requisito
della circolazione transfrontaliera possa adottarsi soltanto nei casi in cui possa essere
compromesso il godimento effettivo e reale dei diritti legati alla cittadinanza dell’Unione69.
Le ultime due sentenze ridimensionano espressamente la portata del leading case Ruiz
Zambrano, il quale, del resto, in linea con i precedenti, impone che il cittadino europeo abbia
direttamente o per il tramite dei suoi familiari risorse sufficienti per far fronte alle proprie
esigenze70. Espressamente precisano che «la posizione del cittadino dell’Unione […] che non
abbia fatto uso del diritto alla libera circolazione non può essere assimilata, per questa sola
ragione, a una situazione puramente interna»71 e che il diritto dell’Unione potrà essere
invocato soltanto nella circostanza in cui i provvedimenti nazionali «abbiano l’effetto di
privare il godimento reale ed effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status
suddetto»72.
66

McCarthy, parr. 49-50.
Cfr. il commento su quest’ultima decisione di CORTÉS MARTÍN, Sobre lo esencial de los derechos vinculados
a la ciudadanía y su articulación con el derecho fundamental a la vida familiar, in Rev. Der. Com. Eur., n. 40,
2011, pp. 871 ss..
68
Dereci, par. 68.
69
Ivi, par. 74.
70
La decisione Zambrano (par. 44), infatti, impone il rilascio al genitore extracomunitario, oltre che del
permesso di soggiorno, del permesso di lavoro, condizione minima perché la famiglia possa godere di risorse
economiche sufficienti e i figli cittadini europei possano esercitare i diritti relativi al proprio status. Il passaggio
ricorre anche nel caso Chen (par. 28) in cui la Corte di giustizia effettua una verifica delle risorse sufficienti di
cui dispone la madre cinese perché queste non diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro
ospitante. Ci si chiede, pertanto, quale sarebbe stata la soluzione della Corte nel caso in cui il sig. Zambrano non
fosse stato integrato nella società belga o fosse stato disoccupato oppure non avesse versato i contributi
previdenziali. Sul punto si rinvia a GALLO, op. cit., p. 47.
71
Dereci, par. 61, McCarthy, par. 46.
72
Dereci, parr. 64, 74; McCarthy, parr. 46, 57.
67

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4. Il riconoscimento della potestà legislativa regionale in materia di
immigrazione
Di pari passo, a seguito delle riforme costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001, si
registra, a livello sub-nazionale, una nuova dinamica inclusiva in merito alla disciplina
giuridica degli stranieri73. Fino ad allora, lo status degli immigrati era stato disciplinato
esclusivamente dal testo unico in materia di immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286), che,
in linea con la giurisprudenza costituzionale74, riconosce allo straniero «i diritti fondamentali
della persona umana previsti dalle norme di diritto internazionale, dalle convenzioni
internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti» e
allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio statale i diritti in materia civile attribuiti
al cittadino italiano75. Il testo unico dispone, all’art. 1, co. 4, che «nelle materie di competenza
legislativa delle Regioni le disposizioni del presente testo unico costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione» ed, altresì, attribuisce espressamente
alle Regioni, ai sensi dell’art. 3, co. 5, l’adozione di misure di integrazione sociale nell’ambito
delle proprie competenze per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno esercizio dei
diritti e degli interessi degli stranieri76.
In tale contesto gli Statuti regionali, approvati dopo il 2001, e alcune recenti leggi
regionali dimostrano una spiccata attenzione nei confronti degli stranieri, i quali, specie per
quanto concerne i diritti di natura sociale e politica, non sono ancora equiparati al cittadino
nazionale. È il caso delle disposizioni dettate dagli Statuti delle Regioni Piemonte, Liguria
73

VIVALDI, I diritti sociali tra Stato e Regioni: il difficile contemperamento tra principio unitario e promozione
delle autonomie, in www.gruppodipisa.it, pp. 20 ss., rileva che proprio nel campo dell’immigrazione, insieme a
quello di protezione e cura dei soggetti indigenti, vi sono i maggiori spunti di novità della normazione regionale
che, invece, in altri ambiti vede limitato il suo raggio di azione a fronte di un favor, manifestato dalla
giurisprudenza costituzionale, a senso unico per il legislatore statale in nome dell’esigenza della garanzia dei
diritti. In generale sulle politiche regionale di partecipazione degli stranieri v. FERRAIUOLO, Le nuove politiche
regionali in materia di partecipazione degli stranieri, in www.dirittifondamentali.it, n. 1, 2012, pp. 1 ss..
74
V. supra nota 10.
75
Art. 2, co. 1 e 2, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286.
76
Cfr. RONCHETTI, Ultimi atti del conflitto tra Stato e Regioni tra immigrazione e integrazione degli stranieri, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010. Sui diritti sociali dei migranti si veda G.
BASCHERINI, CIERVO, I diritti sociali degli immigrati, in PINELLI (a cura di), Esclusione sociale. Politiche
pubbliche e garanzie dei diritti, Firenze, 2012, pp. 17 ss.; BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali.
L’esperienza italiana tra storia costituzionale e prospettive europee, Napoli, 2007, pp. 261 ss.; CIERVO, I diritti
sociali dei migranti, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010.

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Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Calabria (che promuovono il godimento dei diritti
sociali e politici dei migranti)77, le quali, in talune occasioni, benché non siano state dichiarate
costituzionalmente illegittime, sono state qualificate mere dichiarazioni di natura puramente
«culturale o politica» e, quindi, giuridicamente «inefficaci»78, o, per esempio, della legge
della Regione Toscana 9 giugno €2009 n. 29 recante «Norme per l’accoglienza, l’integrazione
partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana», della legge della Regione
Puglia 4 dicembre 2009 n. 32 recante «Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e
l’integrazione degli immigrati in Puglia» e della legge della Regione Campania 8 febbraio
2010 n. 6 «Norme per l’inclusione sociale, economica e culturale delle persone straniere
presenti in Campania»79, tutte impugnate dallo Stato per asserita violazione delle competenze
tra Stato e Regioni in materia di immigrazione80.
Si vedano l’art. 11, co. 1, dello Statuto della Regione Piemonte; l’art. 2, co. 3, dello Statuto della Regione
Liguria; l’art. 2, co. 1, lett. f), dello Statuto della Regione Emilia-Romagna; l’art. 3, co. 6, dello Statuto della
Regione Toscana; l’art. 8, co. 1, lett. o), dello Statuto della Regione Campania; l’art. 2, co. 2, lett. h), dello
Statuto della Regione Calabria. Si rinvia a GENTILINI, I contenuti (eventuali?) dei nuovi Statuti delle Regioni
ordinarie: una riflessione sul caso della materia “immigrazione”, in Il regionalismo italiano, cit., pp. 281 ss.. In
realtà la previsione dei diritti dei migranti negli Statuti regionali dopo la riforma del Titolo V si inserisce
all’interno di un progetto rivolto alla promozione dell’autonomia regionale nei confronti delle fasce più deboli
delle popolazioni regionali e, quindi, alla previsione di una pluralità di disposizioni statutarie di principio. Sul
punto si rinvia a CATELANI, CHELI (a cura di), I principi negli Statuti regionali, Bologna, 2008.
78
Corte cost., sentt. 372, 378 e 379 del 2004. La cosiddetta «denormativizzazione» delle disposizioni statutarie
non esclude che le stesse possano comunque divenire auspici per futuri interventi del legislatore regionale,
ancorché la Corte costituzionale, in un’altra decisione successiva (sent. n. 365 del 2007, cons. in dir. n. 4), abbia
prefigurato l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali che intendessero dare a queste attuazione. Sul punto
si rinvia al mio, Diritti sociali e autonomia statutaria, op. cit., pp. 493 ss..
79
A queste si aggiungono la legge regionale della Regione Marche 26 maggio 2009 n. 13 recante «Disposizioni
a sostegno dei diritti e dell’integrazione dei cittadini stranieri immigrati»; la legge regionale della Regione
Calabria 12 giugno 2009 n. 18 recante «Accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale,
economico e culturale delle Comunità locali»; la legge regionale della Regione Liguria 6 marzo 2009 n. 4
recante «Modifiche alla legge regionale 20 febbraio 2007 n. 7 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale
delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati)»; la legge regionale della Regione Lazio 14 luglio 2008 n. 10
recante «Disposizioni per la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena eguaglianza dei cittadini
stranieri immigrati»; la legge della provincia di Bolzano 28 ottobre 2011 n. 12 recante «Integrazione delle
cittadine e dei cittadini stranieri».
80
Rispettivamente Corte cost., sentt. nn. 269 e 299 del 2010, 61 del 2011. Su tutte e tre le decisioni si rinvia a
BIONDI DAL MONTE, Regioni, immigrazioni e diritti fondamentali, in www.forumcostituzionale.it; C. CORSI,
Immigrazione e diritti sociali: il nodo irrisolto del riparto di competenze tra Stato e Regioni, in La governance
dell’immigrazione, cit., pp. 237 ss.. Sulla decisione n. 269 del 2010 cfr. SALAZAR, Leggi statali, leggi regionali e
politiche per gli immigrati: i diritti dei “clandestini” e degli “irregolari” in due recenti decisioni della Corte
costituzionale (sentt. nn. 134 e 269/2010), in AA.VV., Scritti in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011, pp.
3237 ss.. STRAZZARI, Stranieri regolari, irregolari, “neocomunitari” o persone? Gli spazi di azione regionale in
materia di trattamento giuridico dello straniero in un’ambigua sentenza della Corte, in
77

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Le decisioni della Corte costituzionale, che hanno scrutinato le leggi regionali,
chiariscono i rapporti tra la legislazione statale e quella regionale in materia di immigrazione,
respingendo le eccezioni sollevate dallo Stato e riconoscendo ampia autonomia, nell’ambito
delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, alle
Regioni per la previsione di interventi socio–assistenziali a favore degli stranieri. Sono stati
precisati i contorni del riparto di competenze tra Stato e Regioni: da una parte la competenza
esclusiva statale in materia di «immigrazione» e «condizione giuridica dei cittadini non
appartenenti all’Unione europea» concernente gli aspetti relativi alle politiche di
programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale;
dall’altra la potestà legislativa regionale, nei settori di competenza concorrente e residuale,
dall’assistenza sociale all’istruzione, dalla salute all’abitazione81.
La Corte esclude, altresì, nei casi citati, che il riconoscimento della competenza
legislativa regionale, ove riferita anche agli stranieri irregolari, possa violare la potestà
esclusiva statale e, di conseguenza, legittimare il soggiorno dell’immigrato irregolare nel
territorio dello Stato in quanto la normativa è diretta esclusivamente ad assicurare la tutela dei
«diritti fondamentali»82 che la Costituzione riconosce spettanti alla persona in quanto tale a
prescindere dal suo status83.
L’autonomia regionale, tuttavia, è stata ancora ricondotta nell’alveo delle disposizioni
del testo unico sull’immigrazione che riconoscono la possibilità di interventi legislativi
regionali secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 4, provocando esiti non univoci: il testo
unico, infatti, è considerato come un contenitore di principi fondamentali, inclusa la
www.forumcostituzionale.it. Sulle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011 cfr. RONCHETTI, I diritti fondamentali
alla prova delle migrazioni (a proposito delle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011), in www.rivistaaic.it, n.
3, 2011. Sulla sentenza n. 61 del 2011 cfr. RANDAZZO, La salute degli stranieri irregolari: un diritto
fondamentale “dimezzato”?, in www.giurcost.org; MABELLINI, op. cit., pp. 804 ss..
81
Corte cost., sentt. nn. 299 del 2010 (cons. in dir. 2.2.1), 134 del 2010 (cons. in dir. 2), 61 del 2011 (cons. in
dir. 2.1).
82
La Corte cost., sent. n. 61 del 2011 (cons. in dir. 2.1), espressamente precisa che «la lettera e la portata
teleologica delle norme regionali impugnate non consentono di interpretare le stesse nel senso che gli interventi
ivi previsti, ove riferibili appunto anche agli immigrati irregolari, permettano neppure indirettamente di
legittimarne la presenza nel territorio dello Stato, interferendo sulla potestà, di esclusiva spettanza dello Stato,
relativa alla programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale ovvero ai presupposti
ed alle modalità di regolarizzazione dello straniero»
83
Corte cost., sent. n. 148 del 2008 (cons. in dir. 3).

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disposizione dell’art. 41 che equipara, ai fini della fruizione delle prestazioni socioassistenziali, i cittadini nazionali esclusivamente agli stranieri regolarmente soggiornanti84.
Tale lettura appare anacronistica in virtù della mutata cornice costituzionale che inverte il
riparto di competenze a favore delle Regioni e, per di più, alla luce di un’altra recente
pronuncia in cui la Corte richiama il testo unico non più come principio fondamentale rispetto
alla legislazione regionale ma «come paradigma sulla cui falsariga calibrare l’odierno
scrutinio di ragionevolezza»85. Per tale ragione, nella decisione n. 61 del 2011, la Corte
costituzionale precisa che la legislazione regionale, nell’ambito materiale dell’assistenza e dei
servizi sociali, spettante alla competenza legislativa residuale, dovrebbe ritenersi pienamente
legittimata a dispiegarsi in nome dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta86.
Ciò induce a sostenere che le Regioni possono estendere il godimento dei diritti
fondamentali o, quantomeno, il nucleo irriducibile di essi anche allo straniero irregolarmente
soggiornante nel territorio statale, in virtù della riconosciuta titolarità di tutti i diritti
fondamentali che la Costituzione riconosce alla persone. E, infatti, le decisioni, riprendendo
alcuni precedenti giurisprudenziali, attribuiscono «un nucleo irriducibile del diritto alla salute
protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di
impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possono appunto pregiudicare
l’attuazione di quel diritto»87 e «il diritto sociale ad una (sebbene precaria e temporanea)
sistemazione alloggiativa»88 che devono essere riconosciuti «anche agli stranieri, qualunque
sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato»89.
Cfr. CORSI, op. cit., pp. 249 ss., la quale sottolinea che le disposizioni del T.U. dell’immigrazione possono
costituire, tutt’al più, uno standard di riferimento di cui la legislazione debba tener conto, vale a dire debbono
ritenersi un «minus obbligatorio» rispetto a tutti gli interventi a favore degli immigrati che ciascun ente
territoriale riterrà opportuno promuovere.
85
Corte cost., sent. n. 432 del 2005. Su questa sentenza vedere i commenti di RIMOLI, Cittadinanza, eguaglianza
e diritti sociali: qui passa lo straniero, in Giur. cost., n. 6, 2005, pp. 4675 ss.; GNES, Il diritto degli stranieri
extracomunitari alla non irragionevole discriminazione in materia di agevolazioni sociali, ivi, pp. 4681 ss.;
CUNIBERTI, L’illegittimità costituzionale dell’esclusione dello straniero dalle prestazioni sociali previste dalla
legislazione regionale, in www.forumcostituzionale.it.
86
Corte cost., sent. n. 61 del 2011 (cons. in dir. 3.1).
87
Corte cost., sentt. nn. 269 del 2010 (cons. in. dir. 4.1); 299 del 2010 (cons. in. dir. 2.2.1); 61 del 2011 (cons. in
dir. 5.1), 432 del 2005 (cons. in dir. 5.1); 252 del 2001 (cons. in dir. 4).
88
Corte cost., sentt. nn. 61 del 2011 (cons. in dir. 3.1).
89
Corte cost., sentt. nn. 61 del 2011 (cons. in dir. 5.1), 252 del 2001 (cons. in dir. 4).
84

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Queste prestazioni fondamentali non sono suscettibili di alcuna differenziazione per cui
il trattamento dell’extracomunitario regolare o irregolare è equiparato a quello del cittadino
nazionale90. Diversamente, al di là del nucleo irriducibile di questi diritti fondamentali
«personalissimi» il legislatore regionale può dettare per le prestazioni non essenziali o per
quelle facoltative delle discipline giuridiche differenziate tra lo straniero e il cittadino
nazionale purché esse poggino sul criterio della ragionevolezza e non su criteri arbitrari.
Esclusa la possibilità di fondare tale differenziazione sul requisito della cittadinanza91, si dà
rilievo ora alla titolarità di un permesso di soggiorno valido ora alla titolarità del permesso di
soggiorno CE ora alla durata della previa residenza sul territorio nazionale92. Di conseguenza,
le prestazioni sociali sono riconosciute in maniera differente da Regione a Regione sulla base
talvolta di criteri differenti talvolta di un medesimo criterio che condiziona il relativo
beneficio a periodi di residenza pregressi diversi, producendo, da una parte, l’effetto
90

PEZZINI, Lo statuto costituzionale del non cittadino: i diritti sociali, in www.associazionedeicostituzionalisti.it,
pp. 26 ss., distingue, infatti, i diritti legati alla «catena della cittadinanza» e i diritti legati alla «catena del
personalismo». Secondo l’A. per i diritti sociali appartenenti alla catena del personalismo – che trovano il
proprio fondamento nell’art. 2 Cost. – va applicato il divieto di non discriminazione; viceversa, per i diritti legati
alla catena della cittadinanza trova applicazione il principio di ragionevole differenziazione. Cfr. anche BIONDI
DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., p. 24.
91
Paradigmatica, al riguardo, è la citata decisione della Corte cost., sent. n. 432 del 2005 (cons. in dir. 5.2) in cui
la Corte ha ritenuto che l’adozione del requisito della cittadinanza come criterio di accesso al beneficio, previsto
dalla legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002 n. 1, che assicurava la circolazione gratuita sui mezzi di
trasporto a tutti gli invalidi cittadini italiani finisse «per introdurre nel tessuto normativo elementi di distinzione
del tutto arbitrari, non essendovi alcuna ragionevole correlabilità tra quella condizione positiva di ammissibilità
al beneficio (la cittadinanza italiana, appunto) e gli altri peculiari requisiti (invalidità al 100% e residenza) che ne
condizionano il riconoscimento o ne definiscono la ratio e la funzione». Cfr. anche Corte cost., sent. n. 306 del
2008 (cons. in dir. 9), in cui la Corte precisa, in relazione all’indennità di accompagnamento, che «le scelte
connesse alla individuazione delle categorie dei beneficiari – necessariamente da circoscrivere in ragione della
limitatezza delle risorse finanziarie – debbano essere operate, sempre e comunque, in ossequio al principio di
ragionevolezza, ma anche che al legislatore è consentito introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da
riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una “causa” normativa non palesemente irrazionale o,
peggio, arbitraria». Più recentemente la Corte cost., sent. n. 187 del 2010, è intervenuta, dichiarando
incostituzionale la norma che subordinava l’erogazione di un assegno di invalidità alla titolarità di un permesso
di soggiorno di lungo periodo in quanto contrario al divieto di non discriminazione di cui all’art. 14 CEDU. Sulla
prevalenza del criterio legato alla condizione soggettiva di svantaggio rispetto al possesso dello status di
cittadino in queste due decisioni v. COZZI, Un piccolo puzzle: stranieri e principio di eguaglianza nel godimento
delle prestazioni socio-assistenziali, in Quad. cost., n. 3, 2010, pp. 554 ss.; LOCCHI, Facta sunt servanda: per un
diritto di realtà in tema di uguaglianza degli stranieri, ivi, pp. 571 ss.; BIONDI DAL MONTE, I diritti
fondamentali degli stranieri tra discrezionalità del legislatore e sindacato costituzionale, in La governance
dell’immigrazione, cit., pp. 107 ss..
92
CODINI, Immigrazione e Stato sociale, in Dir. pubbl., n. 2, 2012, pp. 629 ss.; F. BIONDI DAL MONTE, Lo Stato
sociale di fronte alle migrazioni, cit., pp. 23 ss..

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paradossale che taluni, pur essendo in possesso delle medesime condizioni personali,
potranno goderne soltanto in alcuni territori e non in altri93 e, dall’altra, che la cittadinanza
nazionale non costituisca più requisito determinante per l’accesso ai diritti sopra la soglia
minima94.
Si rileva, pertanto, in via generale, il condizionamento della maggior parte delle
prestazioni alla residenza sul territorio. Il criterio, tuttavia, è stato ulteriormente aggravato
attraverso la predisposizione di un sistema basato sulla residenza formale, la cosiddetta
«residenza anagrafica», piuttosto che su quella sostanziale di rilievo civilistico che, insieme
con l’irrigidimento delle condizioni necessarie per la relativa iscrizione, crea nuovi tipi di
esclusione sociale, anche per i migranti regolarmente soggiornanti95, ed esaspera – secondo la
Corte costituzionale –proprio la posizione dei soggetti più bisognosi e più disagiati96.
93

BIONDI DAL MONTE, I diritti sociali degli stranieri, cit., p. 565.
BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., pp. 29 ss..
95
La legge n. 94 del 2009 (cd. “Pacchetto sicurezza”) ha, infatti, introdotto per la residenza anagrafica una
verifica da parte degli uffici comunali competenti delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il
richiedente intende fissare la propria residenza. Sull’adozione del criterio della residenza anagrafica si veda
RONCHETTI, La cittadinanza sostanziale, cit., pp. 7 ss..
96
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 40 del 2011 (cons. in dir. n. 4.1), sindacando la legittimità
costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 marzo 2006, così come modificato
dall’art. 9 commi 51, 52, 53 della legge regionale 30 dicembre 2009 n. 24, chiarisce che l’esclusione assoluta di
intere categorie di persone dalle provvidenze sociali regionali, fondata sul difetto del possesso della cittadinanza
europea ovvero su quello della mancanza di una residenza temporalmente protratta per almeno trentasei mesi,
debba ritenersi illegittima per violazione del principio di eguaglianza in quanto introduce elementi di distinzione
arbitrari, finendo per pregiudicare proprio i soggetti che sono maggiormente esposti alle condizioni di disagio.
Su questa decisione v. TALLINI, Errare humanum est, perseverare autem diabolicum: brevi considerazioni sulla
(nuova) legge del friuli-Venezia Giulia n. 16/2011 “in materia di accesso alle prestazioni sociali” da parte degli
stranieri, in www.forumcostituzionale.it; CORVAJA, Cittadinanza e residenza qualificata nell’accesso al welfare
regionale, in Le Regioni, n. 6, 2011, pp. 1257 ss.. In pendenza del giudizio definito nella sentenza n. 40 del 2011,
il legislatore friulano, con la legge regionale 30 novembre 2011 n. 16 (Disposizioni di modifica della normativa
della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali e di personale), ha modificato la
disposizione discriminatoria, eliminando da quasi tutta la legislazione regionale il requisito decennale della
residenza sul territorio nazionale. Ha, tuttavia, sottoposto la fruizione di benefici sociali regionali alla ricorrenza
generalizzata di «un’anzianità di residenza» di ventiquattro mesi, alla quale si aggiunge per gli stranieri titolari di
carta di soggiorno o di permesso non inferiore ad un anno il requisito di essere residenti sul territorio regionale
da almeno due anni e della residenza quinquennale sul territorio nazionale. Di recente sulla legislazione friulana
si è pronunciata la Corte costituzionale che, nella decisione n. 222 del 2013 (cons. in dir. n. 6), ripercorre l’iter
argomentativo della precedente sentenza n. 40 del 2011 per invalidare la disposizione che impone un requisito di
ordine generale di cinque anni non rispettoso dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza. Definisce (cons. in
dir. n. 7), altresì, irragionevole il criterio della residenza nel territorio regionale di ventiquattro mesi: le
provvidenze si riferiscono ai soli casi di indigenza per cui non è possibile ravvisare «alcuna correlazione tra il
soddisfacimento dei bisogni primari dell’essere umano, insediatosi nel territorio regionale, e la protrazione nel
tempo di tale insediamento».
94

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5. Osservazioni conclusive
La perdita di centralità dello Stato centrale a favore di enti sovranazionali e subnazionali ha determinato il correlativo e progressivo indebolimento della cittadinanza statale,
la cosiddetta cittadinanza–appartenenza, a favore di nuove forme di cittadinanza di
partecipazione, quella europea e quella regionale97. Il percorso compiuto, tuttavia, non è stato
ancora ultimato a fronte della preoccupazione degli Stati nazionali per la tenuta dei propri
sistemi di welfare. Da una parte, la potenziale estensione dei titolari di diritti sociali nei
confronti dei cittadini europei migranti inattivi e l’allentamento delle situazioni puramente
interne a livello europeo, dall’altra, l’innalzamento verso l’alto delle prestazioni nei confronti
degli extracomunitari a livello regionale non favorirebbero le dinamiche di controllo statale
della spesa assistenziale degli Stati membri e, alla lunga, indebolirebbero gli stessi sistemi
sociali nazionali incentivando quella tendenza, rafforzata dai nuovi vincoli fiscali provenienti
dal Fiscal Compact e dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 introduttiva del pareggio di
bilancio98, a ridurre il livello generale delle prestazioni socio-assistenziali99.
I “presunti” passi avanti e i successivi dietrofront della Corte di giustizia sono il
sintomo della preoccupazione della tenuta dei sistemi di welfare nazionali, già
particolarmente compromessi dalle precedenti pronunce che avevano ampliato il novero dei
beneficiari di aiuti sociali nei confronti dei soggetti inattivi, escludendo, nelle decisioni
McCarthy e Dereci, persino il diritto all’unità familiare, sancito nell’art. 7 della Carta dei
diritti e nell’art. 8 della

CEDU,

dal nucleo essenziale dei diritti scaturenti dalla cittadinanza

europea, il quale, viceversa, acquisirebbe rilevanza solo nella circostanza in cui fosse

97

Sulla distinzione tra cittadinanza–appartenenza e cittadinanza–partecipazione v. RESCIGNO, Cittadinanza:
riflessioni sulla parola e sulla cosa, in Riv. dir. cost., 1997, pp. 37 ss..
98
BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell’Unione. A proposito della riforma
costituzionale sull’equilibrio di bilancio, in www.rivistaaic.it, n. 2, 2012; BILANCIA, Note critiche sul c.d.
“pareggio di bilancio”, ivi, n. 2, 2012; CABRAS, Su alcuni rilievi critici al c.d. “pareggio di bilancio”, in ivi, n.
2, 2012; CIOLLI, I Paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l’emergenza economica fa saltare gli
strumenti normativi ordinari, ivi, n. 1, 2012; PIROZZOLI, Il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio, in
ivi, n. 4, 2011; G. BOGNETTI, Il pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ivi, n. 4, 2011; FABBRINI, Il
Fiscal Compact: un primo commento, in Quad. cost., n. 2, 2012, pp. 434-438.
99
GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., pp. 24, 229 ss.; AMADEO, op. cit., p. 91; SPINACI, Divieto
comunitario di discriminazione, cit., pp. 254 ss..

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necessario assicurare il godimento dei diritti inerenti a tale status e, quindi, nell’ipotesi in cui i
cittadini

extracomunitari

dovessero

prendersi

cura

dei

familiari

e

sostenerli

economicamente100.
Il medesimo timore si avverte, peraltro, nelle decisioni della Corte costituzionale, che,
seppure riconoscano ampia autonomia al legislatore regionale nella definizione di uno spazio
di diritti a livello territoriale nell’ambito delle proprie competenze, sacrificano i diritti in
ragione delle risorse disponibili101. Specialmente le decisioni della Consulta nn. 61 del 2011,
già citata, e le successive 325 del 2011, 115 e 120 del 2012102 rivelano l’impossibilità di
riconoscere il carattere universale dei diritti fondamentali a tutti gli individui a prescindere dal
proprio status, fatta eccezione unicamente per il «nucleo duro»103. Per tale ragione l’eventuale
esercizio della discrezionalità legislativa delle Regioni per la previsione di livelli di
prestazioni superiori al contenuto minimo essenziale o di prestazioni facoltative nei confronti
sia dei cittadini nazionali sia degli stranieri appare una prospettiva alquanto teorica, dovendo
fare letteralmente i conti con la limitatezza delle risorse disponibili e con i vincoli di bilancio.
Pertanto le dinamiche inclusive, che si sono parzialmente prospettate, rischiano di
arrestarsi di fronte al contesto economico attuale. Le «spinte» appaiono – per usare le parole
di Antonio Ruggeri – «vigorose o contrastanti (o, forse meglio, non convergenti).
L’integrazione sembra, infatti, voler accorciare la distanza che ad oggi separa la condizione
100

AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 347.
Sul punto cfr. MIDIRI, Diritti sociali e vincoli di bilancio nella giurisprudenza costituzionale, in aa.vv., Scritti
in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011, pp. 2235 ss.; CIOLLI, I diritti sociali al tempo della crisi economica,
in www.costituzionalismo.it, n. 3, 2012, pp. 1 ss..
102
Sulla sentenza della Corte cost., sent. 325 del 2011 v. il commento di RUGGERI, Summum ius summa iniuria,
ovverosia quando l’autonomia regionale non riesce a convertirsi in servizio per i diritti fondamentali, in Quad.
reg., n. 1, 2012, pp. 15 ss. Sulla decisione della Corte cost., sent. n. 115 del 2012 cfr. i commenti di LUPO,
RIVOSECCHI, Quando l’equilibrio di bilancio prevale sulle politiche sanitarie regionali, in
www.forumcostituzionale.it, MORGANTE, Il principio di copertura finanziaria nella recente giurisprudenza
costituzionale, in www.federalismi.it, 5 settembre 2012; MARESCA, Il principio di copertura finanziaria
«prevale» sul parametro della dignità umana?, in www.dirittifondamentali.it, n. 2, 2012.
103
RUGGERI, Corti e diritti, in tempi di crisi, in www.dirittifondamentali.it, pp. 19 ss.; ID., Il futuro dei diritti
fondamentali: viaggio avventuroso nell’ignoto o ritorno al passato?, in www.federalismi.it, 15 febbraio 2013,
pp. 6 ss; RAUTI, La “giustizia sociale” presa sul serio. Prime riflessioni, in www.forumcostituzionale.it, 22
dicembre 2011, p. 4; GAMBINO, NOCITO, Crisi dello Stato, governo dell’economia e diritti fondamentali, in
www.astrid-online.it, p. 27. Su alcune notazioni critiche in ordine all’individuazione del nucleo duro dei diritti
fondamentali si rinvia a BENVENUTI, voce Diritti sociali, in Dig. disc. pubbl., Aggiornamento, Torino, 2012, pp.
270 ss.; CIOLLI, op. cit., p. 20.
101

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degli uni e degli altri soggetti; la crisi, di contro, ulteriormente allungarla»104. E, allora, per
ora, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, sia sovranazionale sia sub-nazionale,
rimane «selettiva»105, accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di
sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi, consapevoli tutti che la
soluzione della questione sociale e dell’estensione della fruizione dei benefici sociali si
collochi sul piano dell’Unione europea106 a meno che non voglia tradursi nella realtà il
paventato rischio di una futura regressione delle prestazioni sociali anche per i cittadini
nazionali107.

104

RUGGERI, Corti e diritti, cit., p. 22.
DE FIORES, L’Europa al bivio. Diritti e questione democratica nell’Unione al tempo della crisi, Roma, 2012,
pp. 88 ss..
106
GIUBBONI, Il diritto alla sicurezza nazionale fra frontiere nazionali e solidarietà europea, in
www.immigrazione.it, n. 175 del 1° settembre 2012, p. 8, il quale ravvisa la soluzione dell’annoso problema in
«una (nuova) scelta politica fondamentale sul patto di solidarietà tra i popoli europei, che non può avvenire nelle
ovattate aule d’udienza della Corte di Lussemburgo, senza che ne maturino le condizioni di contesto politico –
oggi del tutto assenti – all’interno dell’Unione»
107
Ciò si impone anche per la salvaguardia dei diritti delle generazioni future. Sul punto cfr. LUCIANI,
Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubblica e vincoli costituzionali, in Dir. soc., n. 1, 2008,
pp. 145 ss.; SPADARO, L’amore dei lontani: universalità e intergenerazionalità dei diritti fondamentali tra
ragionevolezza e globalizzazione, ivi, pp. 169 ss..
105

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Poli Tommaso, Nuove forme di cittadinanza nel costituzionalismo multilivello: gli sviluppi della giurisprudenza europea e costituzionale

  • 1. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna NUOVE FORME DI CITTADINANZA NEL COSTITUZIONALISMO MULTILIVELLO: GLI SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA EUROPEA E COSTITUZIONALE Tommaso Nicola Poli Dottore di ricerca in Diritto pubblico e cultura dell’economia nell’Università di Bari ABSTRACT: Il contributo analizza il concetto di cittadinanza alla luce della sua progressiva emancipazione dallo Stato nazionale: la categoria giuridica della cittadinanza si compone attualmente di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale, appaltata a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e infranazionale. Esso esamina la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte costituzionale. La prima, nonostante alcune aperture nei confronti dei cittadini economicamente inattivi, continua ad alimentare il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno status privilegiato piuttosto che ad una vera e propria forma di cittadinanza. La seconda, invece, riconosce alle Regioni, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, ampia autonomia per la previsione di interventi socio–assistenziali anche a favore degli stranieri al di là del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali, facendo salva la previsione di talune differenziazioni tra cittadini nazionali e stranieri basate sul criterio della ragionevolezza. Pertanto, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, rimane «selettiva», accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi PAROLE CHIAVE: Cittadinanza europea, Costituzione, Diritti umani, Costituzionalismo multilivello, Sentenza Zambrano 1. Esclusione ed inclusione alla luce del mutato contesto internazionale La progressiva erosione del potere statale verso l’alto, a livello sovranazionale, e verso il basso, a livello territoriale interno1, e la proliferazione delle dichiarazioni di diritti, a livello internazionale, costituiscono il segnale più evidente che la Costituzione non sia soltanto un «atto», ma soprattutto un «processo»2, le cui disposizioni sono, inevitabilmente e Sulla progressiva erosione della sovranità statale e sulla “diffusione” del costituzionalismo a livello sovranazionale e sub-nazionale possono vedersi, volendo, le notazioni introduttive e i riferimenti contenuti nel mio, Diritti sociali e autonomia statutaria: l’efficacia delle disposizioni degli Statuti regionali e autonomici, in MANGIAMELI (a cura di), Il regionalismo italiano dall’unità alla Costituzione e alla sua riforma, Vol. II, Milano, 2012, pp. 493 ss.. 2 SPADARO, Dalla Costituzione come “atto” (puntuale nel tempo) alla Costituzione come “processo” (storico). Ovvero della continua evoluzione del parametro costituzionale attraverso i giudizi costituzionalità, in Quad. 1 www.koreuropa.eu
  • 2. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna continuamente, in movimento e vanno, quindi, di volta in volta, reinterpretate ed applicate alla luce del mutato contesto sociale, economico e politico–istituzionale. Si tratta di un fenomeno che – come ha fatto notare un’attenta dottrina – conduce, oggi, per un verso, all’europeizzazione e all’internazionalizzazione del diritto costituzionale di matrice statale e, per un altro, alla costituzionalizzazione del diritto europeo e del diritto internazionale3. L’interazione dei diversi livelli normativi e le mutazioni sociali, economiche e politico– istituzionali in corso inducono, pertanto, a rivedere una serie di categorie proprie del diritto costituzionale, compresa quella della cittadinanza4. Alla distinzione originaria, risultante dal testo costituzionale, tra cittadino nazionale e straniero si affiancano ora nuove categorie che in queste appaiono difficilmente sussumibili: i cittadini europei economicamente attivi, quelli economicamente inattivi e quelli «statici»; gli extracomunitari con permesso di soggiorno regolare e quelli con permesso di soggiorno irregolare5. Il riconoscimento di una pluralità di regimi giuridici differenti si apprezza di fronte a taluni fenomeni di carattere globale: le migrazioni di massa, di cui la Costituzione italiana non tiene conto perché, rispetto al passato, si presentano in modo nuovo, essendo divenuta la penisola italiana, dal 1947 ad oggi, da terra di emigrazione terra di immigrazione. L’art. 35, comma 4, Cost. tutela la libertà di emigrazione e la tutela del lavoro all’estero, ma non disciplina lo status giuridico dello straniero che viene affidato, ai sensi dell’art. 10, comma 2, cost., n. 3, 1998, pp. 343 ss.; LUCIANI, Dottrina del moto delle Costituzioni e vicende della Costituzione repubblicana, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 1, 2013, pp. 1 ss.. 3 RUGGERI, Interpretazione conforme e tutela dei diritti fondamentali, tra internazionalizzazione (ed “europeizzazione”) della Costituzione e costituzionalizzazione del diritto internazionale e del diritto eurounitario, in www.rivistaaic.it, n. 00, 2010, p. 28. Per un quadro generale di tale processo di interazione tra livelli normativi si rinvia a GABRIELE, Europa: la “Costituzione” abbandonata, Bari, 2008, specie pp. 141 ss.; HÄBERLE, Dallo Stato nazionale all’Unione europea: evoluzioni dello Stato costituzionale. Il Grudgesetz come Costituzione parziale nel contesto della Unione europea: aspetti di un problema, in Dir. pubbl. comp. ed eur., II, 2002, pp. 455-462; più recentemente ID., ¿Tienen España y Europa una Constitución?, in ReDCE, n. 12, 2009, pp. 353-393, spec. 389-390. 4 Sulla relazione tra le trasformazioni costituzionali in atto e la ridefinizione dei parametri (Stato, nazione e sovranità) che definiscono il discorso sulla cittadinanza si esprime SALAZAR, «Tutto scorre»: riflessioni su cittadinanza, identità e diritti alla luce dell’insegnamento di Eraclito, in Pol. dir., n. 3, 2001, pp. 373 ss.. 5 La distinzione tra cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti e irregolarmente soggiornanti si desume dallo stesso T.U. in materia di immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286). L’art. 2 del T.U., infatti, attribuisce allo straniero regolarmente soggiornante i diritti civili attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il testo unico dispongano diversamente. www.koreuropa.eu
  • 3. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Cost., alla regolazione della legge ordinaria in conformità delle norme e dei trattati internazionali, fatta eccezione per la previsione del diritto di asilo. A questo quadro, dopo la seconda guerra mondiale e la consacrazione dei diritti nei testi costituzionali degli Stati nazionali, si unisce la proliferazione di dichiarazioni di diritti in ambito internazionale che, in nome del principio «supercostituzionale» della dignità umana6 e accompagnata dal divieto di discriminazione in base alla origine nazionale7, conduce il giurista, sposando la lettura diffusa nella letteratura sociologica8, a farsi promotore del riconoscimento dell’universalità dei diritti dell’uomo e della rimozione o, quantomeno, del superamento del concetto di cittadinanza nazionale9, ricevendo riscontro, altresì, nelle decisioni della giurisprudenza costituzionale10. Di pari passo non possono sottacersi le resistenze verso il riconoscimento dell’universalità dei diritti per i problemi collegati al «costo dei diritti»11 e per la reticenza RUGGERI, Appunti per uno studio sulla dignità umana dell’uomo, secondo diritto costituzionale, in www.rivistaaic.it, n. 1, 2011, pp. 1 ss.; POLITI, Diritti sociali e dignità umana nella Costituzione repubblicana, Torino, 2011, pp. 109 ss.; RUGGERI, SPADARO, Dignità dell’uomo e giurisprudenza costituzionale (prime notazioni), in Pol. dir., 1991, pp. 343 ss.; SILVESTRI, Considerazioni sul valore costituzionale della dignità della persona, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 14 marzo 2008; MONACO, La tutela della dignità umana: sviluppi giurisprudenziali e difficoltà applicativa, in www.forumcostituzionale.it. 7 La previsione del divieto di discriminazione in base alla nazionalità ricorre in tutte le dichiarazioni internazionali: l’art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, l’art. 2 par. 1 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, l’art. 14 della CEDU, l’art. 21 della Carta dei diritti dell’Unione europea e l’art. 18 TFUE. Negli ultimi due casi citati, tuttavia, la portata del principio di non discriminazione non ha un riconoscimento generale, essendo relegata nell’ambito di applicazione dei Trattati. 8 Cfr., per tutti, MARSHALL, Citizenship and Social Class, 1950, trad. it. Cittadinanza e classe sociale , RomaBari, 2002. 9 Di «irruzione» di categorie sociologiche parla STAIANO, Migrazioni e paradigmi di cittadinanza: alcune questioni di metodo, in www.federalismi.it, 5 novembre 2008, p. 11. Per una critica all’utilizzazione di categorie sociologiche nel discorso sulla cittadinanza, e specialmente a Marshall, si rinvia a FERRAJOLI, Dai diritti del cittadino ai diritti della persona, in ZOLO (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Roma-Bari, 1994, pp. 263 ss.. 10 Questo indirizzo interpretativo della Corte costituzionale è stata inaugurato dalla decisione n. 120 del 1967, seguita poi, nello stesso senso, dalle decisioni 104 del 1969, 177 e 244 del 1974, 54 del 1979, 62 del 1994, 432 del 2005, 148 del 2008. Sul ruolo della giurisprudenza costituzionale nel riconoscimento e nell’estensione dei diritti inviolabili agli stranieri si rinvia alle osservazioni di PACE, Dai diritti del cittadino ai diritti fondamentali dell’uomo, in www.rivistaaic.it, n. 00, 2010, pp. 1 ss.; ONIDA, Lo statuto costituzionale del non cittadino, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, pp. 1 ss.. 11 Sul costo di tutti i diritti e non soltanto di quelli sociali si rinvia, per tutti, a HOLMES, SUNSTEIN, The costs of rights. Why Liberty Depends on Taxes, trad. it. Il costo dei diritti. Perché la libertà dipende dalle tasse, Bologna, 2000. Sul tema, nella dottrina italiana, cfr. BIN, Diritti e fraintendimenti, in Ragion pratica, 2000, pp. 19 ss.; SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali, Torino, 2000, pp. 13 ss.; D’ALOIA, Diritti e Stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in Le Regioni, 2003, p. 1105 e, più 6 www.koreuropa.eu
  • 4. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna ideologica di alcune formazioni politiche nei confronti degli immigrati12. Il primo impone, anche per effetto della contingente crisi economico–finanziaria, di rivedere al ribasso le prestazioni erogative dei diritti, persino di quelli essenziali e specialmente di quelli sociali13, secondo logiche che fissano, di nuovo, criteri di natura insieme esclusiva ed inclusiva, specie nei confronti degli “ultimi arrivati” che vantano un legame meno intenso con il territorio, in nome di sentimenti di appartenenza che sfociano, a volte, anche in esaltazione identitaria14. Le seconde rivelano una «curvatura etnica»15 delle modifiche della legge sulla cittadinanza che, per esempio, si rivela attraverso la previsione, in tema di naturalizzazione, di un termine di residenza legale raddoppiato per l’acquisto della cittadinanza rispetto ai cinque anni, stabiliti dalla disciplina precedente, per gli immigrati non comunitari e ridotto a quattro anni per i cittadini di un altro Stato membro dell’Unione16. La riflessione sulla cittadinanza, pur muovendo da una comune premessa, cioè il mutato contesto economico, sociale e politico–istituzionale, conduce, tuttavia, la dottrina ad esiti diametralmente opposti. Da una parte la continua ed inarrestabile evoluzione della tecnologia e delle comunicazioni, che agevola i flussi migratori da un Paese all’altro, sollecita taluni a proporre il superamento della nozione originaria di cittadinanza a favore del riconoscimento dell’universalità dei diritti fondamentali e la sostituzione delle categorie antitetiche di recentemente, SPADARO, I diritti sociali di fronte alla crisi (Necessità di un nuovo “modello sociale europeo”: più sobrio, solidale e sostenibile), in www.rivistaaic.it, n. 4, 2011, pp. 1 ss.. 12 Sulla chiusura ideologica manifestata nel corso degli ultimi anni verso gli immigrati v. IPPOLITO, Cittadinanza e cittadinanze tra inclusione ed esclusione, in CAMPEDELLI, CARROZZA, PEPINO (a cura di), Diritto di Welfare. Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Bologna, 2010, pp. 86 ss.. 13 Per questo motivo può essere enunciato il carattere universale dei diritti fondamentale solo in una prospettiva astratta. Cfr. MORELLI, Il carattere inclusivo dei diritti sociali e i paradossi della solidarietà orizzontale, in www.gruppodipisa.it, pp. 3 ss.. 14 BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della persona, in www.gruppodipisa.it, pp. 1 ss.; SPADARO, I diritti sociali di fronte alla crisi, cit., p. 5. 15 IPPOLITO, op. cit., p. 87. 16 Sulla legge italiana sulla cittadinanza e sui progetti di riforma v. ROSSI, Immigrazione e diritti a quattordici anni dalla legge Turco-Napolitano, in ROSSI, BIONDI DAL MONTE, VRENNA (a cura di), La governance dell’immigrazione. Diritti, politiche e competenze, Bologna, 2013, pp. 61 ss.; NALIN, Riforma della legge italiana sulla cittadinanza e diritto dell’Unione europea, in TRIGGIANI (a cura di), Le nuove frontiere della cittadinanza europea, Bari, 2011, pp. 161 ss.; SCHILLACI, La riforma della legge n. 92/1991: i progetti in discussione, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010. www.koreuropa.eu
  • 5. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna cittadino e straniero alla persona che, in quanto tale, è titolare di diritti e di doveri17. La cittadinanza acquisirebbe una dimensione eminentemente inclusiva, estendendo i diritti di cittadinanza anche a coloro che non vantano alcun legame pregresso di natura etnico– territoriale con lo Stato entro il quale si trovano e abbandonando la peculiare logica escludente che, fino ad oggi, ha caratterizzato il «non cittadino» rispetto al cittadino nazionale. Dall’altra parte la creazione di nuovi centri di potere indurrebbe il giurista, e specialmente il costituzionalista, a delineare nuovi contorni della cittadinanza tant’è che più che di un’unica cittadinanza, legata all’appartenenza ad uno Stato nazionale e alla sua identità etnica18, si fa strada l’idea della presenza di una pluralità di “cittadinanze” a seconda dei contesti (rectius livelli) normativi in cui la persona si colloca ed agisce. Si ripropongono, pertanto, vecchie e nuove dinamiche, insieme escludenti ed includenti, forse mai sopite, che, unitamente alle recenti ed insostenibili politiche di spesa pubblica regressive derivanti dalle direttive imposte da istanze sovranazionali, rivelano l’insostituibilità di una siffatta nozione, ancorché essa possa essere disciplinata nel modo più inclusivo possibile19. 2. Forma e sostanza di un concetto giuridico in trasformazione Per rispondere al dibattito, approfondito dalla dottrina costituzionale, non è possibile procedere, in virtù delle menzionate trasformazioni costituzionali, da una prospettiva eminentemente interna o, comunque, relegata alle fonti di natura esclusivamente statale. 17 Si fanno portavoce, auspicando una tale inversione di tendenza, RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, 2012, pp. 19 ss.; RUGGERI, Note introduttive ad uno studio sui diritti e doveri costituzionali degli stranieri, in www.rivistaaic.it, n. 2, 2011, p. 16; AZZARITI, La cittadinanza. Appartenenza, partecipazione, diritti delle persone, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, p. 437; RESCIGNO, Note sulla cittadinanza, in Dir. pubbl., 2000, p. 765; FERRAJOLI, op. cit., pp. 288 ss.. 18 Sulla nozione di cittadinanza e sulle radici storiche della nozione si rinvia a GROSSO, Le vie della cittadinanza, Padova, 1997; BERTI, Cittadinanza, cittadinanze e diritti fondamentali, in Riv. dir. cost., 1997, pp. 3 ss.; CERRONE, La cittadinanza e i diritti, in NANIA, RIDOLA (a cura di), I diritti costituzionali, Milano, 2006, pp. 277 ss.; ROSSI, La porta stretta: prospettive della cittadinanza post-nazionale, in www.forumcostituzionale.it; CARIDÀ, La cittadinanza, in www.forumcostituzionale.it; AZZARITI, La cittadinanza. Appartenenza, partecipazione, diritti delle persone, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, pp. 425 ss.. 19 RIMOLI, Universalizzazione dei diritti fondamentali e globalismo giuridico: qualche considerazione critica, in Studi in onore di Gianni Ferrara, Vol. III, Torino, 2005, pp. 360 ss.. www.koreuropa.eu
  • 6. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Di fronte alle attuali spinte globali e locali, accanto alla cittadinanza della nazione, che diviene solo una delle comunità politiche, si affiancano altre forme di cittadinanza: alcune espressamente definite ed altre, invece, formatesi per via dei procedimenti di decentramento verso il basso20. Lo Stato detta, ormai, la disciplina delle modalità di acquisto e di perdita della cittadinanza e delle condizioni di ingresso e di espulsione degli stranieri, ma non definisce in maniera autonoma lo statuto di diritti e di doveri del cittadino e dello straniero. Solo la cittadinanza formale rimane, quindi, circoscritta nelle mani dello Stato centrale, al quale è riservata espressamente, a seguito della riforma del Titolo V, la materia della «cittadinanza», oltre alle materie di politica di immigrazione, vale a dire l’«immigrazione» e la «condizione giuridica dello straniero». La cittadinanza europea, ai sensi dell’art. 20 TFUE, malgrado i tentativi di formazione della giurisprudenza europea di una propria identità autonoma, rimane concetto derivato da quella nazionale, aggiungendosi a quest’ultima per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea21, il cui ordinamento amplia e dilata lo spazio di azione degli individui al di là del proprio Stato di appartenenza attraverso l’attribuzione di una serie di diritti e doveri, eliminando, piano piano, in talune sfere di propria competenza, la distinzione tra cittadini 20 Cfr. SPINACI, Libertà di circolazione, cittadinanza europea, principio di eguaglianza, Napoli, 2011, p. 77. Sulla crisi dei concetti tradizionali in tema di cittadinanza per effetto della creazione della cittadinanza europea si rinvia a LOGROSCINO, La cittadinanza dell’Unione: la crisi dei concetti tradizionali, in Dir. Un. Eur., n. 2, 2006, pp. 407 ss.. Sulla cittadinanza europea v. LIPPOLIS, La cittadinanza europea, Bologna, 1994; CARTABIA, I diritti fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in BASSANINI, TIBERI (a cura di), Le nuove istituzioni europee. Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008, pp. 99 ss.. 21 L’affermazione, tuttavia, ormai, appare più teorica che reale. Nei fatti la Corte di giustizia, sin dalla sentenza Micheletti (C-369/90, 7 luglio 1992), ha sostanzialmente, in taluni casi, intaccato la titolarità esclusiva degli Stati membri in materia di riconoscimento della cittadinanza per cui la cittadinanza europea, nonostante sia ancora accessoria rispetto a quella nazionale, influenza e condiziona la cittadinanza nazionale. Nel caso citato la Corte di giustizia, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di un cittadino argentino di stabilirsi in Spagna in forza della seconda cittadinanza italiana, ha ritenuto, in ragione del riconoscimento per la legge spagnola della sola cittadinanza di ultima residenza (quella argentina), che uno Stato membro non può limitare gli effetti dell’attribuzione della cittadinanza di un altro Stato membro, non ritenendo rilevante, altresì, la circostanza che il sig. Micheletti non avesse alcun legame materiale con l’ordinamento italiano. La Corte, inoltre, più recentemente, ha avuto occasione di precisare, nella decisione Rottman (Janko Rottman c. Freistaat Bayern, 2 marzo 2010, C-135/08, par. 56), in merito alla decisione di revoca della cittadinanza nazionale, che occorre verificare «se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa». Si rinvia a MONTANARI, La cittadinanza in Europa: alcune riflessioni sugli sviluppi più recenti, in www.rivistaaic.it, n. 2, 2012, pp. 5 ss.; MARGIOTTA, VONK, Doppia cittadinanza e cittadinanza duale: normative degli Stati membri e cittadinanza europea, in Dir. imm. citt., n. 4, 2010, pp. 27 ss.; TRIGGIANI, La cittadinanza europea per la “utopia sovranazionale”, in St. int. eur., n. 3, 2006, pp. 450 ss.. www.koreuropa.eu
  • 7. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna nazionali e stranieri appartenenti ad altro Stato dell’Unione, persino attraverso l’estensione di alcuni diritti politici22. La categoria giuridica della cittadinanza si compone, quindi, di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale23 e impone, di conseguenza, una riflessione sul tema dei diritti degli stranieri sia comunitari sia extracomunitari e sulle relative differenze di status. Il contenuto sostanziale della cittadinanza, infatti, è ormai “appaltato” a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e a quello infranazionale. I diritti e i doveri dei cittadini europei, dei cittadini statali, degli immigrati regolari e di quelli irregolari sono disegnati dalla legislazione di derivazione europea e regionale. Per esempio l’art. 20, par. 2, TFUE offre un ampio catalogo di diritti ai cittadini europei: il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; il diritto di godere, nel territorio di uno Stato terzo nel quale lo Stato membro di cui non hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela diplomatica di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; il diritto di petizione al Parlamento europeo, di ricorso al Mediatore europeo e di rivolgersi alle istituzioni europee in una qualsiasi lingua dell’Unione e di ricevere risposta nella medesima lingua. Oltre ai diritti menzionati, i cittadini europei, che esercitano la libertà di circolazione nel territorio degli Stati membri diversi da quello di appartenenza, ricevono, per mezzo del divieto di discriminazione in base alla nazionalità, una serie di benefici sociali in presenza di talune condizioni, definite dalla normativa primaria e secondaria europea, al fine di favorire il processo di integrazione europea. Per tale ragione l’applicazione combinata della cittadinanza europea (art. 21 TFUE) e del principio di non discriminazione (art. 18 TFUE) diviene il banco di prova per verificare la possibilità di una progressiva formazione di una cittadinanza sociale europea di emanazione giurisprudenziale che sia sganciata dalla originaria logica mercantile GROSSO, I cittadini europei e i diritti di partecipazione nella Carta di Nizza: un’occasione perduta?, in Quad. cost., n. 1, 2003, pp. 53 ss.. 23 Su questa distinzione si rinvia a RONCHETTI, La cittadinanza sostanziale tra Costituzione e residenza: immigrati nelle regioni, in www.costituzionalismo.it, pp. 1 ss.. 22 www.koreuropa.eu
  • 8. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dell’impianto europeo attraverso l’accesso alle prestazioni sociali per i cittadini europei transfrontalieri, anche non economicamente attivi24. Analogamente, a livello regionale, la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 ridefinisce i campi di intervento degli organi sub-statali che hanno acquisito la competenza legislativa per riempire di contenuto il concetto di cittadinanza e le politiche per l’immigrazione attraverso l’attribuzione delle materie relative ai servizi sociali, all’abitazione, all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alla formazione e all’inserimento al lavoro 25 e, pertanto, dettano, in nome della propria autonomia costituzionale, negli ambiti di propria competenza e nei limiti fissati dalla Costituzione, nuovi diritti sia negli Statuti sia nelle leggi26. 3. La tendenza inclusiva della cittadinanza europea e il limite delle situazioni puramente interne La previsione nel testo dei Trattati della libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, unitamente al principio di non discriminazione in base alla nazionalità, potrebbe alimentare la percezione e la convinzione che la cittadinanza europea sia ormai divenuta lo statuto fondamentale dei cittadini degli Stati membri. L’applicazione incondizionata del diritto di libera circolazione e di soggiorno, infatti, dovrebbe, in teoria, assicurare l’accesso dei cittadini europei migranti 24 Sulla progressiva estensione cross-border dei diritti sociali a favore dei soggetti non economicamente attivi si rinvia a GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo, Bologna, 2012, pp. 144 ss.; SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione in base alla nazionalità e principio costituzionale di eguaglianza, in Dir. pubbl., n. 1, 2007, pp. 241 ss.; LOLLO, Il paradigma inclusivo della cittadinanza europea e la solidarietà transnazionale, in www.gruppodipisa.it, p. 5. 25 Si tratta delle cosiddette politiche per l’immigrazione. Cfr. RUGGERI, SALAZAR, “Ombre e nebbia” nel riparto delle competenze tra Stato e regioni in materia di emigrazione/immigrazione dopo la riforma del Titolo V, in Quad. reg., n. 1, 2006, p. 42; BIONDI DAL MONTE, I diritti sociali degli stranieri tra frammentazione e non discriminazione. Alcune questioni problematiche, in Ist. fed., n. 5, 2008, pp. 563 ss.; PATRONI GRIFFI, Stranieri non per la Costituzione, in www.forumcostituzionale.it, pp. 6 ss.; CAPONIO, Governo locale e immigrazione in Italia. Tra servizi di welfare e politiche di sviluppo, in Ist. fed., n. 5, 2004, pp. 805 ss.; MABELLINI, La dimensione sociale dello straniero tra uniformità (sovranazionale) e differenziazione (regionale), in Giur. cost., n. 1, 2011, p. 814. 26 LONGO, Regioni e diritti. La tutela dei diritti nelle leggi e negli Statuti regionali, Macerata, 2006, pp. 14 ss.. www.koreuropa.eu
  • 9. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna alle medesime prestazioni erogate dallo Stato membro ospitante nei confronti dei propri cittadini nazionali27. Si tratta, tuttavia, ancora di un auspicio e non di un traguardo definitivamente realizzato. Come precisa, nelle sue decisioni, la Corte di giustizia «lo status di cittadino dell’Unione europea è destinato ad essere28 lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri»29. L’istituzione, con il Trattato di Maastricht del 1992, della cittadinanza europea30 ha determinato la progressiva emancipazione della libera circolazione dalla finalità prettamente economica che ne circoscriveva la portata ai soli migranti comunitari economicamente attivi ma non ha provocato, contestualmente, la nascita di un diritto assoluto di circolazione31. Perciò, al fine di evitare fenomeni di «shopping sociale» che possano minare la tenuta dei sistemi di welfare nazionali32, la direttiva 2004/38/CE33, in applicazione dell’art. 21 TFUE, ha comunque condizionato la circolazione e il soggiorno, per un periodo superiore a tre mesi, dei cittadini non economicamente attivi negli Stati membri dell’Unione diversi da quello di 27 DINELLI, Recenti tendenze in materia di cittadinanza europea: oltre il limite delle «situazioni puramente interne» all’ordinamento degli Stati membri, in Foro amm. – TAR, n. 5, 2011, p. 1789. 28 Corsivo aggiunto. 29 L’auspicio ricorre frequentemente nelle decisioni della Corte di giustizia. Ex multis: Grzelczyk c. Centre public d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-la Neuve, 20 settembre 2001, C-184/99, par. 31; Baumbast c. Secretary of State for the Home Department, 17 settembre 2002, C-413/99, par. 82; Garcia Avello c. Belgio, 2 ottobre 2003, par. 22; Rottman, cit., par. 43. 30 Il primo riconoscimento della cittadinanza europea si trova nel Trattato di Maastricht del 1992 che, all’art. 8 TCE, prevede che «Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi». 31 Sul percorso dell’individuo nel processo di integrazione europea dalla dimensione eminentemente produttiva a quella di cittadino si veda ZUPPETTA, Il consolidamento della cittadinanza europea: un’ipotesi di studio, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, pp. 1 ss.; BALDINI, ALCARO, Profili evolutivi della cittadinanza europea: «Verso un diritto privato comunitario»?, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2-3, 2002, pp. 456 ss.. 32 Le politiche sociali, sin dall’edificazione della Comunità economica europea, sono state relegate nei confini statali: è stata coniata, pertanto, l’espressione di «governo delle differenze» per indicare la decisione originaria, a livello europeo, di rinunciare alla costruzione di un welfare unico europeo e di conservare differenti sistemi di protezione sociale in ciascuno degli Stati membri dell’UE parallelamente alla costruzione di un mercato comune. Si rinvia a GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 33; AMATO, Tra Stato sociale e dimensione europea, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 13 maggio 2009; DE CABO MARTIN, Constitucionalismo del Estado social y Unión europea en contexto globalizador, in ReDCE, n. 11, 2009, pp. 17 ss.. 33 Sulla direttiva 2004/38/CE si rinvia a COUSINS, Diritto di soggiorno, sicurezza sociale e il concetto evolutivo di cittadinanza europea, in Riv. dir. sic. soc., n. 1, 2008, pp. 65 ss.; M. DI FILIPPO, La libera circolazione dei cittadini comunitari e l’ordinamento italiano: (poche) luci e (molte) ombre nell’attuazione della direttiva 2004/38/CE, in Riv. dir. int., n. 2, 2008, pp. 420 ss.. www.koreuropa.eu
  • 10. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna appartenenza, al possesso di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione sanitaria che consenta loro di non divenire un onere eccessivo per le risorse dello Stato ospite34. Ciononostante, i giudici di Lussemburgo hanno manifestato tendenze inclusive anche con riferimento ai cittadini «inattivi» sprovvisti di risorse economiche sufficienti, facendo leva sull’applicazione estensiva del “grimaldello”35 del divieto di discriminazione in virtù del solo status di cittadino europeo e tenendo conto, altresì, delle preoccupazioni legate ad un’estensione troppo ampia dei beneficiari di vantaggi sociali36. A partire dal caso Martinez Sala37, pertanto, secondo un modello di solidarietà di tipo atomistico38, è stato riconosciuto, di volta in volta, ai cittadini economicamente non attivi, in nome di una certa «solidarietà finanziaria dei cittadini di [uno] Stato con quelli degli altri Stati membri»39, il diritto di usufruire di prestazioni socio–assistenziali alla duplice condizione che questi non diventino 34 CELOTTO, Quando un «diritto» non è un diritto: sulla circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari, in Quad. cost., n. 4, 2010, p. 860, osserva che «la libertà di circolazione e di soggiorno del cittadino comunitario è già così affievolito da poter non essere considerato un vero e proprio diritto» e prende come riferimento la decisione Baumbast, cit, che prima (par. 80) riconosce che «il diritto dei cittadini di uno Stato membro di fare ingresso sul territorio di un altro Stato membro e di soggiornarvi costituisce un diritto direttamente attribuito dal Trattato», ma poi (par. 85) ne limita la portata affermando che «il diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione sul territorio di un altro Stato membro è certamente attribuito subordinatamente alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato CE nonché dalle relative disposizioni di attuazione». Nello stesso senso v. APPICCIAFUOCO, Lo status sociale dei cittadini europei economicamente non attivi: una “cittadinanza sociale di mercato europeo”?, in Le nuove frontiere, cit., p. 285. 35 Per LOLLO, Prime osservazioni su eguaglianza e inclusione, in www.giurcost.org., p. 5, il principio di non discriminazione è il «motore dell’ordinamento europeo». 36 Sul pericolo della tenuta dei sistemi di welfare state nazionali di fronte alle progressive aperture della Corte di giustizia cfr. S. GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 225 ss.; ID., Confini della solidarietà. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo, in Pol. dir., n. 3, 2011, pp. 395 ss.; SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione, cit., pp. 253 ss.; FERRERA, Verso una cittadinanza sociale ‘aperta’. I nuovi confini del welfare nell’Unione Europea, in working paper 1/2004, www.urge.it. 37 Nel caso Martinez Sala la Corte avvia, infatti, un duplice profilo innovativo: da una parte estende l’ambito di applicazione del principio di non discriminazione che viene svincolato dalle previsioni sui limiti della libertà di circolazione dei cittadini inattivi; dall’altra, definisce in senso lato il campo di applicazione del principio di parità di trattamento permettendo la concessione di un beneficio sociale con riferimento ad una situazione nella quale la ricorrente non poteva risultare beneficiaria in quanto non poteva essere qualificata come lavoratrice subordinata. Sul punto v. GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 186; SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione, cit., pp. 245 ss.; PROTTO, María Martínez Sala v. Freistaat Bayern e la cittadinanza dell’Unione, in Dir. pubbl., 2000, pp. 877 ss.. 38 GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 23, 228. 39 Grzelczyk, cit., par. 44. www.koreuropa.eu
  • 11. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante40 e che dimostrino un certo legame di integrazione con la società del Paese ospitante41. L’effetto della cittadinanza europea e il divieto di discriminazione continua, invece, ad essere escluso dall’ambito delle cosiddette «situazioni puramente interne», che non presentano alcun collegamento con il diritto dell’Unione. Ne rimangono fuori, pertanto, i cittadini «statici», che non ricevono i benefici derivanti dall’esercizio della libera circolazione. Per tale ragione, il diritto alla libera circolazione diviene, più che un diritto connesso alla cittadinanza, la condizione necessaria per accedere agli altri diritti derivanti dallo status di cittadino europeo, nonostante questo si aggiunga per il semplice possesso della cittadinanza nazionale di uno degli Stati membri. Ciò, quindi, produce, paradossalmente, «una non perfetta sovrapposizione dello status di cittadino e l’esercizio concreto di tutti i diritti che connotano tale status»42. E, anzi, genera la conseguenza perversa delle «discriminazione alla rovescia», fenomeno che suole indicare la disparità di trattamento del cittadino stanziale rispetto al cittadino europeo che soggiorni in altro Paese membro rispetto a quello di appartenenza a causa dell’applicazione della disciplina di diritto interno più restrittiva rispetto 40 Ibidem. La Corte ricorre a criteri come la residenza abituale, il sufficiente grado di integrazione nella società del Paese ospitante e il legame con il mercato del lavoro del medesimo per i cittadini in cerca di lavoro. Ex multis si vedano le decisioni: Martínez Sala, cit.; Baumbast c. Secretary of State for the Home Department, 17 settembre 2002, C-413/99; Grzelczyk, cit.; Maire-Nathalie D’Hoop c. Office national de l’emploi, 11 luglio 2002, C224/98; Brian Francis Collins c. Secretary of State for Work and Pensions, 23 marzo 2004, C-138/02; Michel Trojani c. Centre public d’aide sociale de Bruxelles (CPAS), 7 settembre 2004, C-456/02; Dany Bidar c. London Borough of Ealing, Secretary of State for Education and Skills, 15 marzo 2005, C-209/03); Kunquian Catherine Zhu e Man Lavette Chen c. Secretary of State for the Home Department, 19 ottobre 2004, causa C-2000/02. Cfr. GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., pp. 185 ss., 221 ss.; MARTIN VIDA, La dimensión social de la ciudadanía europea, con especial referencia a la jurisprudencia comunitaria en materia de libre circulación des los ciudadanos comunitarios y acceso a las prestaciones de asistencia social, in ReDCE, n. 8, 2007, pp. 95 ss.; CAPPUCCIO, Il principio di non discriminazione nella giurisprudenza comunitaria tra espansione dei diritti e tecniche di decisione, in AA.VV., Scritti in onore di Lorenza Carlassare. Il diritto costituzionale come regola e limite al potere, Vol. III, Napoli, 2009, pp. 882 ss. Sull’applicazione del criterio della residenza dei cittadini inattivi per accedere alle prestazioni sociali si veda AMADEO, Il principio di eguaglianza e la cittadinanza dell’Unione: il trattamento del cittadino europeo “inattivo”, in Dir. Un. Eur., n. 1, 2011, pp. 90 ss.; DE PASQUALE, Problemi interpretativi della nozione giuridica di cittadinanza: un concetto «europeizzato» di diritto pubblico interno? La controversa relazione tra cittadinanza dell’Unione europea e cittadinanze nazionali degli Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 3/4, 2012, pp. 461 ss.. CARROZZA, Noi e gli altri. Per una cittadinanza fondata sulla residenza e sull’adesione ai doveri costituzionali, in La governance dell’immigrazione, pp. 43 ss.. 42 PALLADINO, Il diritto di soggiorno nel “proprio” Stato membro quale (nuovo) corollario della cittadinanza europea, in St. int eur., n. 2, 2011, p. 342. 41 www.koreuropa.eu
  • 12. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna a quella di emanazione europea più favorevole, di cui, invece, si avvale, nel medesimo territorio, il cittadino di altro Stato membro che abbia esercitato la libertà di movimento43. In attesa di una soluzione europea per arginare tali ingiuste differenze di trattamento prodotte, che fino ad ora rimangono sostanzialmente affidate a ciascun ordinamento interno44, la natura complementare della maggior parte dei diritti inerenti allo status di cittadino dell’Unione all’esercizio della libertà di circolazione alimenta il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno «status di straniero privilegiato»45 piuttosto che una vera e propria forma di cittadinanza in cui i diritti siano riconosciuti a tutti i cittadini indipendentemente dall’esercizio della libera circolazione46. Orbene, la recente decisione Ruiz Zambrano47, poi sconfessata dalle successive McCarthy48 e Dereci49, della giurisprudenza della Corte di giustizia europea è stata salutata da taluni come un «cambio di paradigma»50 verso la creazione di una cittadinanza davvero 43 A livello esemplificativo si possono ricordare la disciplina italiana dei lettori di lingua stranieri che, censurata dalla giurisprudenza europea, ha finito per favorire i lettori provenienti da altri Stati dell’Unione a discapito di quelli nazionali e la normativa italiana sulla pasta che, ponendo condizioni più rigide per la produzione rispetto a quelle degli altri Stati membri, è stata sottoposta al parametro del principio di non discriminazione sulla base della nazionalità e del principio del mutuo riconoscimento, finendo per favorire i produttori degli altri Stati dell’Unione a danno di quelli italiani. Cfr. SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione, cit., pp. 286 ss.. Per un quadro generale delle discriminazione alla rovescia e per la proposta di taluni rimedi e su un confronto tra Corte di giustizia e Corte costituzionale si rinvia a SPITALERI, Le discriminazioni alla rovescia nella recente giurisprudenza comunitaria: rimedi insufficienti o esorbitanti?, in Dir. Un. Eur., n. 4, 2007, pp. 917 ss.; NASCIMBENE, Le discriminazioni all’inverso: Corte di giustizia e Corte costituzionale a confronto, ivi, pp. 717 ss.. 44 Il problema delle cd. «discriminazione alla rovescia» è stato dapprima risolto dalla Corte costituzionale, sent. 443 del 1997, nella quale è stata censurata per contrasto con l’art. 3 Cost. la discriminazione alla rovescia subita dalle imprese italiane rispetto alle imprese europee per l’applicazione della normativa interna che imponeva condizioni più restrittive per utilizzare alcuni ingredienti nella preparazione della pasta. Recentemente la legge 7 luglio 2009 ha introdotto, nella legge 4 febbraio 2005 n. 11 (cd. Legge comunitaria), l’art. 14-bis il quale consente la disapplicazione della norma interna che potrebbe causare la discriminazione. Cfr. DINELLI, op. cit., p. 1796; DI COMITE, L’uguaglianza tra cittadini europei? Una nuova sfida per un problema annoso, in Le nuove frontiere, cit., p. 106; LOLLO, Prime osservazioni, cit., p. 7. 45 CARTABIA, Cittadinanza europea, in Enc. giur. Trecc., Vol. VI, Aggiornamento, Roma, 1995, p. 3. L’espressione risale a WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, p. 231. 46 PALLADINO, op. cit., p. 345. 47 Gerardo Ruiz Zambrano c. Office national de l’emploi (ONEm), 8 marzo 2011, C-34/09. 48 Shirley McCarthy c. Secretary of State for the Home Department, 5 maggio 2011, C-434/09. 49 Dereci e a. c. Bundesministerium für Inneres, 15 novembre 2011, C-256/11. 50 REICH, The Constitucional Relevance of Citizenship and Free Movement in an Enlarged Union, in Eur. Law Jour., 2005, p. 678. Viene definita, invece, «rivoluzionaria» la sentenza Zambrano da MARTINICO, CASTALDI, Rethinking (EU) citizenship, in Perspectives on Federalism, n. 2, 2011, p. V. www.koreuropa.eu
  • 13. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna inclusiva51. Queste, tuttavia, impongono una lettura coordinata che faccia emergere gli spunti creativi – se ve ne sono – all’interno del magmatico percorso verso la costruzione di una cittadinanza che prescinda dalla libera circolazione e, specialmente, dall’apporto materiale del singolo individuo nel processo produttivo del Paese ospitante52. Le pronunce si potrebbero collocare nel solco dei precedenti Garcia Avello53, Chen54 e Rottman55, alle quali si potrebbe addebitare l’iniziale e progressiva emersione di un autonomo 51 Infatti secondo GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 21, perché la cittadinanza acquisisca valenza davvero fondamentale dovrebbe conferire anche ai cittadini statici un autonomo patrimonio di diritti fondamentali. 52 Le decisioni citate sono state approfondite dalla dottrina. Cfr. PALLADINO, op. cit., 331 ss.; GALLO, La Corte di giustizia rompe il vaso di Pandora della cittadinanza europea, in Giorn. dir. amm., n. 1, 2011, pp. 39 ss.; S. SPINACI, La sentenza Zambrano e McCarthy e i nodi irrisolti della cittadinanza europea, in Giur. cost., n. 3, 2011, pp. 2543 ss.; ZILLER, Il diritto di soggiorno e la libera circolazione nell’Unione europea, alla luce della giurisprudenza e del Trattato di Lisbona, in Dir. amm., n. 4, 2008, pp. 939 ss.; AMADEO, Il principio di eguaglianza e la cittadinanza dell’Unione: il trattamento del cittadino europeo “inattivo”, in Il Dir. dell’Un. Eur., n. 1, 2011, pp. 59 ss.; CALVANO, Cittadini «statici» e diritti disuguali, in Giur. cost., n. 3, 2011, pp. 2535 ss.; BERNERI, Le pronunce Zambrano e McCarthy: gli ultimi sviluppi giurisprudenziali sulle unioni famigliari tra cittadini comunitari ed extracomunitari, in Quad. cost., n. 3, 2011, pp. 696 ss.; VECCHIO, Il caso Ruiz Zambrano tra cittadinanza europea, discriminazioni a rovescio e nuove possibilità di applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, in Dir. pubbl. comp. eur., III, 2011, pp. 1249 ss.; ROSSI, Il caso McCarthy: la cittadinanza europea e la cruna dell’ago, ivi, pp. 1238 ss.; MARÍN CONSARNAU, Nuevos matices a la protección que ofrece el estatuto de ciudadano de la Unión, in Rev. Der. Com. Eur., n. 41, 2012, pp. 221; PAGANO, Ricongiungimento familiare, cittadinanza e residenza: dal caso Zambrano al caso Dereci, in Dir. com. sc. int., n. 3, 2012, pp. 467 ss.. 53 Carlos Garcia Avello c. Stato belga, 2 ottobre 2003, C-148/02. La questione era originata dal fatto che le autorità belghe avevano rifiutato di cambiare il nome dei figli del ricorrente poiché, di solito, tale facoltà viene accordata ai cittadini che abbiano esclusivamente la cittadinanza belga. In questo caso l’applicazione del diritto dell’Unione scaturisce dalla circostanza che i due figli del sig. Garcia Avello soggiornavano legalmente in Belgio, di cui avevano la cittadinanza, oltre a quella spagnola. 54 Kunquian Catherine Zhu e Man Lavette Chen c. Secretary of State for the Home Department, 19 ottobre 2004, causa C-2000/02. In questo caso una bambina avente nazionalità irlandese, figlia di cittadini cinesi, si era stabilita con la madre, dopo la nascita, nel territorio del Galles. La bambina, pur essendo nata nell’Irlanda del Nord, aveva acquisito la cittadinanza della Repubblica d’Irlanda, in quanto la legge sulla cittadinanza irlandese prevedeva l’acquisto della nazionalità irlandese da parte di chiunque fosse nato nell’isola di Irlanda a meno che non intesse ottenere una cittadinanza diversa. La bambina, pertanto, essendo nata in Irlanda del Nord e risiedendo in Galles, pur avendo la cittadinanza della repubblica di Irlanda, non aveva mai abbonato il territorio del Regno Unito. La Corte di giustizia, pertanto, è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di riconoscere alla madre, cittadina di un Paese terzo, e alla bambina il diritto di soggiornare sul territorio del Regno Unito. 55 Janko Rottman c. Freistaat Bayern, 2 marzo 2010, C-135/08. La Corte, nel caso in oggetto, è stata chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di un cittadino austriaco che, dopo aver perso la relativa cittadinanza in seguito all’acquisto di quella tedesca, subiva successivamente anche la revoca della cittadinanza tedesca a causa della scoperta di progressi, da parte delle autorità tedesche, di procedimenti penali che aveva volontariamente celato fraudolentemente. www.koreuropa.eu
  • 14. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna concetto di cittadinanza europea56. In queste decisioni, infatti, il potere di ingerenza dell’Unione non deriva dall’esercizio del diritto di libera circolazione ma, piuttosto, dalla circostanza che i minori, nei casi Chen e Garcia Avello, avessero la cittadinanza di uno Stato membro diverso da quello di residenza. Per tale ragione la Corte di giustizia ha negato, infatti, l’operare del limite delle situazioni puramente interne57 sulla base della considerazione che un collegamento con il diritto europeo vi sarebbe anche nell’ipotesi di cittadini europei che soggiornino nel territorio di un altro Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza nazionale, ancorché questi non abbiano esercitato il diritto alla libera circolazione58. Dello stesso tenore la sentenza Rottman, benché il ricorrente si fosse effettivamente trasferito dall’Austria alla Germania. Per la Corte «la situazione di un cittadino dell’Unione che – come il ricorrente nella causa principale – si trovi alle prese con una decisione di revoca della naturalizzazione adottata dalle autorità di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la perdita della cittadinanza di un altro Stato membro da lui posseduta in origine, in una situazione idonea a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad esso correlati, ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto dell’Unione»59. Sulla base di questo ragionamento si è ritenuto che spetti al giudice del rinvio verificare «se la decisione di revoca in questione nella causa principale rispetti il principio di proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze che essa determina sulla situazione È l’auspicio dell’Avvocato generale Sharpston che, proprio nella causa Zambrano, facendo riferimento nelle proprie conclusioni ai precedenti Garcia Avello, Chen e Rottman, suggerisce il riconoscimento, ai sensi dell’art. 21 TFUE, di un autonomo diritto soggiorno indipendente dal diritto alla libera circolazione. Si vedano le conclusioni dell’Avvocato generale Eleanor Sharpston presentate il 30 settembre 2010, parr. 100-101. 57 DINELLI, op. cit., pp. 1781 ss.; AIELLO, LAMONACA, Diritto di soggiorno dei familiari del cittadino europeo: erosione del limite delle situazioni puramente interne e delimitazione del nucleo essenziale del diritto di cittadinanza, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2, 2012, p. 334; ARENA, I limiti della competenza pregiudiziale della Corte di giustizia in presenza di situazioni puramente interne: la sentenza Sbarigia, in Dir. Un. Eur., n. 1, 2011, pp. 201 ss.. 58 Garcia Avello, cit., parr. 26-27; Chen, cit., parr. 18-19. 59 Rottman, cit., par. 42. In realtà la Corte avrebbe potuto fondare il suo iter argomentativo sulla base della circostanza che il sig. Rottman si fosse trasferito dall’Austria alla Germania, avendo esercitato il diritto di circolazione nel territorio dell’Unione. È il rilievo di AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 333; MONTANARI, op. cit., p. 8. Cfr. anche ID., I limiti europei alla disciplina nazionale della cittadinanza, in Dir. pubbl. comp. eur., III, 2010, pp. 948 ss.. 56 www.koreuropa.eu
  • 15. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione, in aggiunta, se del caso, all’esame della proporzionalità di tale decisione sotto il profilo del diritto nazionale»60. In quest’ultima decisione, nonostante gli spunti di originalità offerti, la cittadinanza europea e i diritti ad essa correlati assumono rilievo autonomamente e non come presupposto per l’esercizio di uno specifico diritto collegato allo status della cittadinanza europea, violato o ostacolato dagli Stati membri61. Il caso Ruiz Zambrano, invece, individua direttamente nell’art. 20 TFUE uno dei contenuti dello status di cittadino, cioè il diritto di non essere allontanato dal territorio dell’Unione, ivi compreso il territorio dello Stato membro di cui si ha la cittadinanza nazionale e da cui non ci è mai mossi62. Di conseguenza la Corte inibisce agli Stati membri di adottare provvedimenti che abbiano come effetto quello di privare i cittadini di uno Stato membro dell’Unione dei diritti di cittadinanza. Riconosce, pertanto, il diritto di soggiorno e il diritto ad ottenere un permesso di lavoro al cittadino extracomunitario, genitore di un bimbo cittadino belga che non abbia mai esercitato la libera circolazione all’interno del territorio europeo63, sulla base della circostanza che il divieto di soggiorno per i genitori extracomunitari di un cittadino dell’Unione inciderebbe sull’esercizio dei diritti dei loro figli, i quali sarebbero costretti ad abbandonare il territorio dello Stato membro per seguire i genitori64. La motivazione dei giudici impedisce, quindi, di poter affermare, in maniera inequivocabile, che sia stato eliso il limite delle situazioni puramente interne, le quali non potranno essere invocate ogni qualvolta un provvedimento dello Stato membro abbia l’effetto di privare il cittadino europeo dei propri diritti65. Le successive pronunce McCarthy e Dereci ripercorrono l’iter argomentativo del precedente Ruiz Zambrano ma, nonostante le affinità, ne correggono il tiro. La prima, a seguito del giudizio di proporzionalità, nega il diritto di soggiorno del coniuge extracomunitario poiché la misura nazionale non produce l’effetto di privare la moglie 60 Rottman, cit., par. 55. DINELLI, op. cit., p. 1799. 62 Zambrano, cit., par. 42. 63 Ivi, par. 43. 64 Ivi, par. 44. 65 AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 336. 61 www.koreuropa.eu
  • 16. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna cittadina europea dei suoi diritti, obbligandola a lasciare il territorio dell’Unione66. La seconda, invece, esplicita la ratio67 che aveva guidato la decisione McCarthy, specificando che «la mera circostanza che possa apparire auspicabile al cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che i suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sia costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli venga concesso»68. Deduce, pertanto, che l’emancipazione dei diritti di cittadinanza dal requisito della circolazione transfrontaliera possa adottarsi soltanto nei casi in cui possa essere compromesso il godimento effettivo e reale dei diritti legati alla cittadinanza dell’Unione69. Le ultime due sentenze ridimensionano espressamente la portata del leading case Ruiz Zambrano, il quale, del resto, in linea con i precedenti, impone che il cittadino europeo abbia direttamente o per il tramite dei suoi familiari risorse sufficienti per far fronte alle proprie esigenze70. Espressamente precisano che «la posizione del cittadino dell’Unione […] che non abbia fatto uso del diritto alla libera circolazione non può essere assimilata, per questa sola ragione, a una situazione puramente interna»71 e che il diritto dell’Unione potrà essere invocato soltanto nella circostanza in cui i provvedimenti nazionali «abbiano l’effetto di privare il godimento reale ed effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status suddetto»72. 66 McCarthy, parr. 49-50. Cfr. il commento su quest’ultima decisione di CORTÉS MARTÍN, Sobre lo esencial de los derechos vinculados a la ciudadanía y su articulación con el derecho fundamental a la vida familiar, in Rev. Der. Com. Eur., n. 40, 2011, pp. 871 ss.. 68 Dereci, par. 68. 69 Ivi, par. 74. 70 La decisione Zambrano (par. 44), infatti, impone il rilascio al genitore extracomunitario, oltre che del permesso di soggiorno, del permesso di lavoro, condizione minima perché la famiglia possa godere di risorse economiche sufficienti e i figli cittadini europei possano esercitare i diritti relativi al proprio status. Il passaggio ricorre anche nel caso Chen (par. 28) in cui la Corte di giustizia effettua una verifica delle risorse sufficienti di cui dispone la madre cinese perché queste non diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Ci si chiede, pertanto, quale sarebbe stata la soluzione della Corte nel caso in cui il sig. Zambrano non fosse stato integrato nella società belga o fosse stato disoccupato oppure non avesse versato i contributi previdenziali. Sul punto si rinvia a GALLO, op. cit., p. 47. 71 Dereci, par. 61, McCarthy, par. 46. 72 Dereci, parr. 64, 74; McCarthy, parr. 46, 57. 67 www.koreuropa.eu
  • 17. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna 4. Il riconoscimento della potestà legislativa regionale in materia di immigrazione Di pari passo, a seguito delle riforme costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001, si registra, a livello sub-nazionale, una nuova dinamica inclusiva in merito alla disciplina giuridica degli stranieri73. Fino ad allora, lo status degli immigrati era stato disciplinato esclusivamente dal testo unico in materia di immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286), che, in linea con la giurisprudenza costituzionale74, riconosce allo straniero «i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti» e allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio statale i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano75. Il testo unico dispone, all’art. 1, co. 4, che «nelle materie di competenza legislativa delle Regioni le disposizioni del presente testo unico costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione» ed, altresì, attribuisce espressamente alle Regioni, ai sensi dell’art. 3, co. 5, l’adozione di misure di integrazione sociale nell’ambito delle proprie competenze per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno esercizio dei diritti e degli interessi degli stranieri76. In tale contesto gli Statuti regionali, approvati dopo il 2001, e alcune recenti leggi regionali dimostrano una spiccata attenzione nei confronti degli stranieri, i quali, specie per quanto concerne i diritti di natura sociale e politica, non sono ancora equiparati al cittadino nazionale. È il caso delle disposizioni dettate dagli Statuti delle Regioni Piemonte, Liguria 73 VIVALDI, I diritti sociali tra Stato e Regioni: il difficile contemperamento tra principio unitario e promozione delle autonomie, in www.gruppodipisa.it, pp. 20 ss., rileva che proprio nel campo dell’immigrazione, insieme a quello di protezione e cura dei soggetti indigenti, vi sono i maggiori spunti di novità della normazione regionale che, invece, in altri ambiti vede limitato il suo raggio di azione a fronte di un favor, manifestato dalla giurisprudenza costituzionale, a senso unico per il legislatore statale in nome dell’esigenza della garanzia dei diritti. In generale sulle politiche regionale di partecipazione degli stranieri v. FERRAIUOLO, Le nuove politiche regionali in materia di partecipazione degli stranieri, in www.dirittifondamentali.it, n. 1, 2012, pp. 1 ss.. 74 V. supra nota 10. 75 Art. 2, co. 1 e 2, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286. 76 Cfr. RONCHETTI, Ultimi atti del conflitto tra Stato e Regioni tra immigrazione e integrazione degli stranieri, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010. Sui diritti sociali dei migranti si veda G. BASCHERINI, CIERVO, I diritti sociali degli immigrati, in PINELLI (a cura di), Esclusione sociale. Politiche pubbliche e garanzie dei diritti, Firenze, 2012, pp. 17 ss.; BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana tra storia costituzionale e prospettive europee, Napoli, 2007, pp. 261 ss.; CIERVO, I diritti sociali dei migranti, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010. www.koreuropa.eu
  • 18. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Calabria (che promuovono il godimento dei diritti sociali e politici dei migranti)77, le quali, in talune occasioni, benché non siano state dichiarate costituzionalmente illegittime, sono state qualificate mere dichiarazioni di natura puramente «culturale o politica» e, quindi, giuridicamente «inefficaci»78, o, per esempio, della legge della Regione Toscana 9 giugno €2009 n. 29 recante «Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana», della legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009 n. 32 recante «Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in Puglia» e della legge della Regione Campania 8 febbraio 2010 n. 6 «Norme per l’inclusione sociale, economica e culturale delle persone straniere presenti in Campania»79, tutte impugnate dallo Stato per asserita violazione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di immigrazione80. Si vedano l’art. 11, co. 1, dello Statuto della Regione Piemonte; l’art. 2, co. 3, dello Statuto della Regione Liguria; l’art. 2, co. 1, lett. f), dello Statuto della Regione Emilia-Romagna; l’art. 3, co. 6, dello Statuto della Regione Toscana; l’art. 8, co. 1, lett. o), dello Statuto della Regione Campania; l’art. 2, co. 2, lett. h), dello Statuto della Regione Calabria. Si rinvia a GENTILINI, I contenuti (eventuali?) dei nuovi Statuti delle Regioni ordinarie: una riflessione sul caso della materia “immigrazione”, in Il regionalismo italiano, cit., pp. 281 ss.. In realtà la previsione dei diritti dei migranti negli Statuti regionali dopo la riforma del Titolo V si inserisce all’interno di un progetto rivolto alla promozione dell’autonomia regionale nei confronti delle fasce più deboli delle popolazioni regionali e, quindi, alla previsione di una pluralità di disposizioni statutarie di principio. Sul punto si rinvia a CATELANI, CHELI (a cura di), I principi negli Statuti regionali, Bologna, 2008. 78 Corte cost., sentt. 372, 378 e 379 del 2004. La cosiddetta «denormativizzazione» delle disposizioni statutarie non esclude che le stesse possano comunque divenire auspici per futuri interventi del legislatore regionale, ancorché la Corte costituzionale, in un’altra decisione successiva (sent. n. 365 del 2007, cons. in dir. n. 4), abbia prefigurato l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali che intendessero dare a queste attuazione. Sul punto si rinvia al mio, Diritti sociali e autonomia statutaria, op. cit., pp. 493 ss.. 79 A queste si aggiungono la legge regionale della Regione Marche 26 maggio 2009 n. 13 recante «Disposizioni a sostegno dei diritti e dell’integrazione dei cittadini stranieri immigrati»; la legge regionale della Regione Calabria 12 giugno 2009 n. 18 recante «Accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunità locali»; la legge regionale della Regione Liguria 6 marzo 2009 n. 4 recante «Modifiche alla legge regionale 20 febbraio 2007 n. 7 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati)»; la legge regionale della Regione Lazio 14 luglio 2008 n. 10 recante «Disposizioni per la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena eguaglianza dei cittadini stranieri immigrati»; la legge della provincia di Bolzano 28 ottobre 2011 n. 12 recante «Integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri». 80 Rispettivamente Corte cost., sentt. nn. 269 e 299 del 2010, 61 del 2011. Su tutte e tre le decisioni si rinvia a BIONDI DAL MONTE, Regioni, immigrazioni e diritti fondamentali, in www.forumcostituzionale.it; C. CORSI, Immigrazione e diritti sociali: il nodo irrisolto del riparto di competenze tra Stato e Regioni, in La governance dell’immigrazione, cit., pp. 237 ss.. Sulla decisione n. 269 del 2010 cfr. SALAZAR, Leggi statali, leggi regionali e politiche per gli immigrati: i diritti dei “clandestini” e degli “irregolari” in due recenti decisioni della Corte costituzionale (sentt. nn. 134 e 269/2010), in AA.VV., Scritti in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011, pp. 3237 ss.. STRAZZARI, Stranieri regolari, irregolari, “neocomunitari” o persone? Gli spazi di azione regionale in materia di trattamento giuridico dello straniero in un’ambigua sentenza della Corte, in 77 www.koreuropa.eu
  • 19. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Le decisioni della Corte costituzionale, che hanno scrutinato le leggi regionali, chiariscono i rapporti tra la legislazione statale e quella regionale in materia di immigrazione, respingendo le eccezioni sollevate dallo Stato e riconoscendo ampia autonomia, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, alle Regioni per la previsione di interventi socio–assistenziali a favore degli stranieri. Sono stati precisati i contorni del riparto di competenze tra Stato e Regioni: da una parte la competenza esclusiva statale in materia di «immigrazione» e «condizione giuridica dei cittadini non appartenenti all’Unione europea» concernente gli aspetti relativi alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale; dall’altra la potestà legislativa regionale, nei settori di competenza concorrente e residuale, dall’assistenza sociale all’istruzione, dalla salute all’abitazione81. La Corte esclude, altresì, nei casi citati, che il riconoscimento della competenza legislativa regionale, ove riferita anche agli stranieri irregolari, possa violare la potestà esclusiva statale e, di conseguenza, legittimare il soggiorno dell’immigrato irregolare nel territorio dello Stato in quanto la normativa è diretta esclusivamente ad assicurare la tutela dei «diritti fondamentali»82 che la Costituzione riconosce spettanti alla persona in quanto tale a prescindere dal suo status83. L’autonomia regionale, tuttavia, è stata ancora ricondotta nell’alveo delle disposizioni del testo unico sull’immigrazione che riconoscono la possibilità di interventi legislativi regionali secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 4, provocando esiti non univoci: il testo unico, infatti, è considerato come un contenitore di principi fondamentali, inclusa la www.forumcostituzionale.it. Sulle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011 cfr. RONCHETTI, I diritti fondamentali alla prova delle migrazioni (a proposito delle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011), in www.rivistaaic.it, n. 3, 2011. Sulla sentenza n. 61 del 2011 cfr. RANDAZZO, La salute degli stranieri irregolari: un diritto fondamentale “dimezzato”?, in www.giurcost.org; MABELLINI, op. cit., pp. 804 ss.. 81 Corte cost., sentt. nn. 299 del 2010 (cons. in dir. 2.2.1), 134 del 2010 (cons. in dir. 2), 61 del 2011 (cons. in dir. 2.1). 82 La Corte cost., sent. n. 61 del 2011 (cons. in dir. 2.1), espressamente precisa che «la lettera e la portata teleologica delle norme regionali impugnate non consentono di interpretare le stesse nel senso che gli interventi ivi previsti, ove riferibili appunto anche agli immigrati irregolari, permettano neppure indirettamente di legittimarne la presenza nel territorio dello Stato, interferendo sulla potestà, di esclusiva spettanza dello Stato, relativa alla programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale ovvero ai presupposti ed alle modalità di regolarizzazione dello straniero» 83 Corte cost., sent. n. 148 del 2008 (cons. in dir. 3). www.koreuropa.eu
  • 20. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna disposizione dell’art. 41 che equipara, ai fini della fruizione delle prestazioni socioassistenziali, i cittadini nazionali esclusivamente agli stranieri regolarmente soggiornanti84. Tale lettura appare anacronistica in virtù della mutata cornice costituzionale che inverte il riparto di competenze a favore delle Regioni e, per di più, alla luce di un’altra recente pronuncia in cui la Corte richiama il testo unico non più come principio fondamentale rispetto alla legislazione regionale ma «come paradigma sulla cui falsariga calibrare l’odierno scrutinio di ragionevolezza»85. Per tale ragione, nella decisione n. 61 del 2011, la Corte costituzionale precisa che la legislazione regionale, nell’ambito materiale dell’assistenza e dei servizi sociali, spettante alla competenza legislativa residuale, dovrebbe ritenersi pienamente legittimata a dispiegarsi in nome dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta86. Ciò induce a sostenere che le Regioni possono estendere il godimento dei diritti fondamentali o, quantomeno, il nucleo irriducibile di essi anche allo straniero irregolarmente soggiornante nel territorio statale, in virtù della riconosciuta titolarità di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce alla persone. E, infatti, le decisioni, riprendendo alcuni precedenti giurisprudenziali, attribuiscono «un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possono appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto»87 e «il diritto sociale ad una (sebbene precaria e temporanea) sistemazione alloggiativa»88 che devono essere riconosciuti «anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato»89. Cfr. CORSI, op. cit., pp. 249 ss., la quale sottolinea che le disposizioni del T.U. dell’immigrazione possono costituire, tutt’al più, uno standard di riferimento di cui la legislazione debba tener conto, vale a dire debbono ritenersi un «minus obbligatorio» rispetto a tutti gli interventi a favore degli immigrati che ciascun ente territoriale riterrà opportuno promuovere. 85 Corte cost., sent. n. 432 del 2005. Su questa sentenza vedere i commenti di RIMOLI, Cittadinanza, eguaglianza e diritti sociali: qui passa lo straniero, in Giur. cost., n. 6, 2005, pp. 4675 ss.; GNES, Il diritto degli stranieri extracomunitari alla non irragionevole discriminazione in materia di agevolazioni sociali, ivi, pp. 4681 ss.; CUNIBERTI, L’illegittimità costituzionale dell’esclusione dello straniero dalle prestazioni sociali previste dalla legislazione regionale, in www.forumcostituzionale.it. 86 Corte cost., sent. n. 61 del 2011 (cons. in dir. 3.1). 87 Corte cost., sentt. nn. 269 del 2010 (cons. in. dir. 4.1); 299 del 2010 (cons. in. dir. 2.2.1); 61 del 2011 (cons. in dir. 5.1), 432 del 2005 (cons. in dir. 5.1); 252 del 2001 (cons. in dir. 4). 88 Corte cost., sentt. nn. 61 del 2011 (cons. in dir. 3.1). 89 Corte cost., sentt. nn. 61 del 2011 (cons. in dir. 5.1), 252 del 2001 (cons. in dir. 4). 84 www.koreuropa.eu
  • 21. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Queste prestazioni fondamentali non sono suscettibili di alcuna differenziazione per cui il trattamento dell’extracomunitario regolare o irregolare è equiparato a quello del cittadino nazionale90. Diversamente, al di là del nucleo irriducibile di questi diritti fondamentali «personalissimi» il legislatore regionale può dettare per le prestazioni non essenziali o per quelle facoltative delle discipline giuridiche differenziate tra lo straniero e il cittadino nazionale purché esse poggino sul criterio della ragionevolezza e non su criteri arbitrari. Esclusa la possibilità di fondare tale differenziazione sul requisito della cittadinanza91, si dà rilievo ora alla titolarità di un permesso di soggiorno valido ora alla titolarità del permesso di soggiorno CE ora alla durata della previa residenza sul territorio nazionale92. Di conseguenza, le prestazioni sociali sono riconosciute in maniera differente da Regione a Regione sulla base talvolta di criteri differenti talvolta di un medesimo criterio che condiziona il relativo beneficio a periodi di residenza pregressi diversi, producendo, da una parte, l’effetto 90 PEZZINI, Lo statuto costituzionale del non cittadino: i diritti sociali, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, pp. 26 ss., distingue, infatti, i diritti legati alla «catena della cittadinanza» e i diritti legati alla «catena del personalismo». Secondo l’A. per i diritti sociali appartenenti alla catena del personalismo – che trovano il proprio fondamento nell’art. 2 Cost. – va applicato il divieto di non discriminazione; viceversa, per i diritti legati alla catena della cittadinanza trova applicazione il principio di ragionevole differenziazione. Cfr. anche BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., p. 24. 91 Paradigmatica, al riguardo, è la citata decisione della Corte cost., sent. n. 432 del 2005 (cons. in dir. 5.2) in cui la Corte ha ritenuto che l’adozione del requisito della cittadinanza come criterio di accesso al beneficio, previsto dalla legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002 n. 1, che assicurava la circolazione gratuita sui mezzi di trasporto a tutti gli invalidi cittadini italiani finisse «per introdurre nel tessuto normativo elementi di distinzione del tutto arbitrari, non essendovi alcuna ragionevole correlabilità tra quella condizione positiva di ammissibilità al beneficio (la cittadinanza italiana, appunto) e gli altri peculiari requisiti (invalidità al 100% e residenza) che ne condizionano il riconoscimento o ne definiscono la ratio e la funzione». Cfr. anche Corte cost., sent. n. 306 del 2008 (cons. in dir. 9), in cui la Corte precisa, in relazione all’indennità di accompagnamento, che «le scelte connesse alla individuazione delle categorie dei beneficiari – necessariamente da circoscrivere in ragione della limitatezza delle risorse finanziarie – debbano essere operate, sempre e comunque, in ossequio al principio di ragionevolezza, ma anche che al legislatore è consentito introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una “causa” normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria». Più recentemente la Corte cost., sent. n. 187 del 2010, è intervenuta, dichiarando incostituzionale la norma che subordinava l’erogazione di un assegno di invalidità alla titolarità di un permesso di soggiorno di lungo periodo in quanto contrario al divieto di non discriminazione di cui all’art. 14 CEDU. Sulla prevalenza del criterio legato alla condizione soggettiva di svantaggio rispetto al possesso dello status di cittadino in queste due decisioni v. COZZI, Un piccolo puzzle: stranieri e principio di eguaglianza nel godimento delle prestazioni socio-assistenziali, in Quad. cost., n. 3, 2010, pp. 554 ss.; LOCCHI, Facta sunt servanda: per un diritto di realtà in tema di uguaglianza degli stranieri, ivi, pp. 571 ss.; BIONDI DAL MONTE, I diritti fondamentali degli stranieri tra discrezionalità del legislatore e sindacato costituzionale, in La governance dell’immigrazione, cit., pp. 107 ss.. 92 CODINI, Immigrazione e Stato sociale, in Dir. pubbl., n. 2, 2012, pp. 629 ss.; F. BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., pp. 23 ss.. www.koreuropa.eu
  • 22. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna paradossale che taluni, pur essendo in possesso delle medesime condizioni personali, potranno goderne soltanto in alcuni territori e non in altri93 e, dall’altra, che la cittadinanza nazionale non costituisca più requisito determinante per l’accesso ai diritti sopra la soglia minima94. Si rileva, pertanto, in via generale, il condizionamento della maggior parte delle prestazioni alla residenza sul territorio. Il criterio, tuttavia, è stato ulteriormente aggravato attraverso la predisposizione di un sistema basato sulla residenza formale, la cosiddetta «residenza anagrafica», piuttosto che su quella sostanziale di rilievo civilistico che, insieme con l’irrigidimento delle condizioni necessarie per la relativa iscrizione, crea nuovi tipi di esclusione sociale, anche per i migranti regolarmente soggiornanti95, ed esaspera – secondo la Corte costituzionale –proprio la posizione dei soggetti più bisognosi e più disagiati96. 93 BIONDI DAL MONTE, I diritti sociali degli stranieri, cit., p. 565. BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., pp. 29 ss.. 95 La legge n. 94 del 2009 (cd. “Pacchetto sicurezza”) ha, infatti, introdotto per la residenza anagrafica una verifica da parte degli uffici comunali competenti delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza. Sull’adozione del criterio della residenza anagrafica si veda RONCHETTI, La cittadinanza sostanziale, cit., pp. 7 ss.. 96 La Corte costituzionale, nella sentenza n. 40 del 2011 (cons. in dir. n. 4.1), sindacando la legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 marzo 2006, così come modificato dall’art. 9 commi 51, 52, 53 della legge regionale 30 dicembre 2009 n. 24, chiarisce che l’esclusione assoluta di intere categorie di persone dalle provvidenze sociali regionali, fondata sul difetto del possesso della cittadinanza europea ovvero su quello della mancanza di una residenza temporalmente protratta per almeno trentasei mesi, debba ritenersi illegittima per violazione del principio di eguaglianza in quanto introduce elementi di distinzione arbitrari, finendo per pregiudicare proprio i soggetti che sono maggiormente esposti alle condizioni di disagio. Su questa decisione v. TALLINI, Errare humanum est, perseverare autem diabolicum: brevi considerazioni sulla (nuova) legge del friuli-Venezia Giulia n. 16/2011 “in materia di accesso alle prestazioni sociali” da parte degli stranieri, in www.forumcostituzionale.it; CORVAJA, Cittadinanza e residenza qualificata nell’accesso al welfare regionale, in Le Regioni, n. 6, 2011, pp. 1257 ss.. In pendenza del giudizio definito nella sentenza n. 40 del 2011, il legislatore friulano, con la legge regionale 30 novembre 2011 n. 16 (Disposizioni di modifica della normativa della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali e di personale), ha modificato la disposizione discriminatoria, eliminando da quasi tutta la legislazione regionale il requisito decennale della residenza sul territorio nazionale. Ha, tuttavia, sottoposto la fruizione di benefici sociali regionali alla ricorrenza generalizzata di «un’anzianità di residenza» di ventiquattro mesi, alla quale si aggiunge per gli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso non inferiore ad un anno il requisito di essere residenti sul territorio regionale da almeno due anni e della residenza quinquennale sul territorio nazionale. Di recente sulla legislazione friulana si è pronunciata la Corte costituzionale che, nella decisione n. 222 del 2013 (cons. in dir. n. 6), ripercorre l’iter argomentativo della precedente sentenza n. 40 del 2011 per invalidare la disposizione che impone un requisito di ordine generale di cinque anni non rispettoso dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza. Definisce (cons. in dir. n. 7), altresì, irragionevole il criterio della residenza nel territorio regionale di ventiquattro mesi: le provvidenze si riferiscono ai soli casi di indigenza per cui non è possibile ravvisare «alcuna correlazione tra il soddisfacimento dei bisogni primari dell’essere umano, insediatosi nel territorio regionale, e la protrazione nel tempo di tale insediamento». 94 www.koreuropa.eu
  • 23. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna 5. Osservazioni conclusive La perdita di centralità dello Stato centrale a favore di enti sovranazionali e subnazionali ha determinato il correlativo e progressivo indebolimento della cittadinanza statale, la cosiddetta cittadinanza–appartenenza, a favore di nuove forme di cittadinanza di partecipazione, quella europea e quella regionale97. Il percorso compiuto, tuttavia, non è stato ancora ultimato a fronte della preoccupazione degli Stati nazionali per la tenuta dei propri sistemi di welfare. Da una parte, la potenziale estensione dei titolari di diritti sociali nei confronti dei cittadini europei migranti inattivi e l’allentamento delle situazioni puramente interne a livello europeo, dall’altra, l’innalzamento verso l’alto delle prestazioni nei confronti degli extracomunitari a livello regionale non favorirebbero le dinamiche di controllo statale della spesa assistenziale degli Stati membri e, alla lunga, indebolirebbero gli stessi sistemi sociali nazionali incentivando quella tendenza, rafforzata dai nuovi vincoli fiscali provenienti dal Fiscal Compact e dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 introduttiva del pareggio di bilancio98, a ridurre il livello generale delle prestazioni socio-assistenziali99. I “presunti” passi avanti e i successivi dietrofront della Corte di giustizia sono il sintomo della preoccupazione della tenuta dei sistemi di welfare nazionali, già particolarmente compromessi dalle precedenti pronunce che avevano ampliato il novero dei beneficiari di aiuti sociali nei confronti dei soggetti inattivi, escludendo, nelle decisioni McCarthy e Dereci, persino il diritto all’unità familiare, sancito nell’art. 7 della Carta dei diritti e nell’art. 8 della CEDU, dal nucleo essenziale dei diritti scaturenti dalla cittadinanza europea, il quale, viceversa, acquisirebbe rilevanza solo nella circostanza in cui fosse 97 Sulla distinzione tra cittadinanza–appartenenza e cittadinanza–partecipazione v. RESCIGNO, Cittadinanza: riflessioni sulla parola e sulla cosa, in Riv. dir. cost., 1997, pp. 37 ss.. 98 BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell’Unione. A proposito della riforma costituzionale sull’equilibrio di bilancio, in www.rivistaaic.it, n. 2, 2012; BILANCIA, Note critiche sul c.d. “pareggio di bilancio”, ivi, n. 2, 2012; CABRAS, Su alcuni rilievi critici al c.d. “pareggio di bilancio”, in ivi, n. 2, 2012; CIOLLI, I Paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l’emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi ordinari, ivi, n. 1, 2012; PIROZZOLI, Il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio, in ivi, n. 4, 2011; G. BOGNETTI, Il pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ivi, n. 4, 2011; FABBRINI, Il Fiscal Compact: un primo commento, in Quad. cost., n. 2, 2012, pp. 434-438. 99 GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., pp. 24, 229 ss.; AMADEO, op. cit., p. 91; SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione, cit., pp. 254 ss.. www.koreuropa.eu
  • 24. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna necessario assicurare il godimento dei diritti inerenti a tale status e, quindi, nell’ipotesi in cui i cittadini extracomunitari dovessero prendersi cura dei familiari e sostenerli economicamente100. Il medesimo timore si avverte, peraltro, nelle decisioni della Corte costituzionale, che, seppure riconoscano ampia autonomia al legislatore regionale nella definizione di uno spazio di diritti a livello territoriale nell’ambito delle proprie competenze, sacrificano i diritti in ragione delle risorse disponibili101. Specialmente le decisioni della Consulta nn. 61 del 2011, già citata, e le successive 325 del 2011, 115 e 120 del 2012102 rivelano l’impossibilità di riconoscere il carattere universale dei diritti fondamentali a tutti gli individui a prescindere dal proprio status, fatta eccezione unicamente per il «nucleo duro»103. Per tale ragione l’eventuale esercizio della discrezionalità legislativa delle Regioni per la previsione di livelli di prestazioni superiori al contenuto minimo essenziale o di prestazioni facoltative nei confronti sia dei cittadini nazionali sia degli stranieri appare una prospettiva alquanto teorica, dovendo fare letteralmente i conti con la limitatezza delle risorse disponibili e con i vincoli di bilancio. Pertanto le dinamiche inclusive, che si sono parzialmente prospettate, rischiano di arrestarsi di fronte al contesto economico attuale. Le «spinte» appaiono – per usare le parole di Antonio Ruggeri – «vigorose o contrastanti (o, forse meglio, non convergenti). L’integrazione sembra, infatti, voler accorciare la distanza che ad oggi separa la condizione 100 AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 347. Sul punto cfr. MIDIRI, Diritti sociali e vincoli di bilancio nella giurisprudenza costituzionale, in aa.vv., Scritti in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011, pp. 2235 ss.; CIOLLI, I diritti sociali al tempo della crisi economica, in www.costituzionalismo.it, n. 3, 2012, pp. 1 ss.. 102 Sulla sentenza della Corte cost., sent. 325 del 2011 v. il commento di RUGGERI, Summum ius summa iniuria, ovverosia quando l’autonomia regionale non riesce a convertirsi in servizio per i diritti fondamentali, in Quad. reg., n. 1, 2012, pp. 15 ss. Sulla decisione della Corte cost., sent. n. 115 del 2012 cfr. i commenti di LUPO, RIVOSECCHI, Quando l’equilibrio di bilancio prevale sulle politiche sanitarie regionali, in www.forumcostituzionale.it, MORGANTE, Il principio di copertura finanziaria nella recente giurisprudenza costituzionale, in www.federalismi.it, 5 settembre 2012; MARESCA, Il principio di copertura finanziaria «prevale» sul parametro della dignità umana?, in www.dirittifondamentali.it, n. 2, 2012. 103 RUGGERI, Corti e diritti, in tempi di crisi, in www.dirittifondamentali.it, pp. 19 ss.; ID., Il futuro dei diritti fondamentali: viaggio avventuroso nell’ignoto o ritorno al passato?, in www.federalismi.it, 15 febbraio 2013, pp. 6 ss; RAUTI, La “giustizia sociale” presa sul serio. Prime riflessioni, in www.forumcostituzionale.it, 22 dicembre 2011, p. 4; GAMBINO, NOCITO, Crisi dello Stato, governo dell’economia e diritti fondamentali, in www.astrid-online.it, p. 27. Su alcune notazioni critiche in ordine all’individuazione del nucleo duro dei diritti fondamentali si rinvia a BENVENUTI, voce Diritti sociali, in Dig. disc. pubbl., Aggiornamento, Torino, 2012, pp. 270 ss.; CIOLLI, op. cit., p. 20. 101 www.koreuropa.eu
  • 25. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna degli uni e degli altri soggetti; la crisi, di contro, ulteriormente allungarla»104. E, allora, per ora, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, sia sovranazionale sia sub-nazionale, rimane «selettiva»105, accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi, consapevoli tutti che la soluzione della questione sociale e dell’estensione della fruizione dei benefici sociali si collochi sul piano dell’Unione europea106 a meno che non voglia tradursi nella realtà il paventato rischio di una futura regressione delle prestazioni sociali anche per i cittadini nazionali107. 104 RUGGERI, Corti e diritti, cit., p. 22. DE FIORES, L’Europa al bivio. Diritti e questione democratica nell’Unione al tempo della crisi, Roma, 2012, pp. 88 ss.. 106 GIUBBONI, Il diritto alla sicurezza nazionale fra frontiere nazionali e solidarietà europea, in www.immigrazione.it, n. 175 del 1° settembre 2012, p. 8, il quale ravvisa la soluzione dell’annoso problema in «una (nuova) scelta politica fondamentale sul patto di solidarietà tra i popoli europei, che non può avvenire nelle ovattate aule d’udienza della Corte di Lussemburgo, senza che ne maturino le condizioni di contesto politico – oggi del tutto assenti – all’interno dell’Unione» 107 Ciò si impone anche per la salvaguardia dei diritti delle generazioni future. Sul punto cfr. LUCIANI, Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubblica e vincoli costituzionali, in Dir. soc., n. 1, 2008, pp. 145 ss.; SPADARO, L’amore dei lontani: universalità e intergenerazionalità dei diritti fondamentali tra ragionevolezza e globalizzazione, ivi, pp. 169 ss.. 105 www.koreuropa.eu