Un articolo in piu' parti pensato per gli imprenditori delle PMI italiane e non solo ...
«Per la continuità d’impresa servono partnership e alleanze o prestazioni individuali?
Consulenza allargata, integrata e concertata o temporary management d’eccellenza?»
(seconda parte)
Lettera di encomio del Ministro della Ricerca Giancarlo Tesini - 29 ottobre 1982
Partnership, consulenza o temporary manager? 9 febbraio 2016
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Partnership,consulenzao
temporarymanager?Creato Martedì, 09 Febbraio 2016 14:47
Scritto da Paolo Petrucciani
«Perlacontinuitàd’impresaservono
partnershipealleanzeoprestazioniindividuali?
Consulenzaallargata,integrataeconcertataotemporarymanagementd’eccellenza?»
Sempre di più oggi e in futuro si sentirà parlate di partnership e alleanze,
operative o strategiche. Infatti il futuro del mondo del lavoro e degli scambi
commerciali, nel mondo imprenditoriale, ha bisogno di vedere sempre più
spesso insieme e «non disgiunti» i ruoli di fornitore e cliente. Tanto più
bravi si sarà nel capire questa regola fondamentale, tanto più velocemente si
sarà in grado di prosperare e competere nel proprio settore di business.
Per dirla in altre parole: migliore alleanza, migliore sopravvivenza.
Già ma «con quale partner allearsi»? o ancora, «è giusto andare da soli con il
proprio intuito e la propria rete di relazioni vicine»? o invece «è giusto
condividere un pensiero, anche strategico, con altri e, se serve, anche un pò più
lontane dalle proprie amicizie o contatti»? O no? e se sì … «fino a che punto»,
qual è il livello di trust da affidare?
Partnershipindividualee digruppo
Il concetto di partnership tra azienda e consulente non è nuovo.
Forse bisognerebbe parlare più propriamente di consulenza come insieme di
strumenti, tecniche e competenze da mettere a disposizione del cliente finale,
e nel nostro caso, degli imprenditori delle piccole e medie imprese.
In effetti il rapporto tra un consulente «individuale» e un cliente «persona» è sì,
e normalmente, un «rapporto fiduciario», ma può rafforzarsi se il primo
fornisce al secondo un insieme di scelte, tools e altre persone esperte (un
network di consulenti specializzati, ad esempio), che possono soddisfare più
pienamente il bisogno di soluzioni di cui si ha bisogno.
Non nascondo che può essere anche un problema di prezzo o di «fee o tariffa
al giorno» (come si dice in gergo), in alternativa ad un valore del servizio che
può anche essere indicato a «forfait». Ma, d’altro lato, se le persone che offrono
queste competenze davvero le possiedono è giusto remunerarle per il loro
valore.
L’importante è che la quantificazione del valore aggiunto prodotto per l’azienda
deve essere in grado di dimostrare anticipatamente al cliente il vantaggio in
termini di efficienza e risparmio dei costi e, o, di ricavi per il suo business.
Laconiugazionetraconsulenzaeclienti
Cosi il concetto di partnership prende forma attraverso la coniugazione di una
serie di aspetti diversi (1):
la focalizzazione congiunta della consulenza e del cliente sui fattori critici di
successo che permetteranno di accrescere e consolidare il business in essere,
attraverso il dispiegamento progressivo delle soluzioni adottate/adottabili
prescelte;
1.
l’individuazione della struttura organizzativa di progetto maggiormente
facilitante (sia che si sia da soli che si lavori in gruppo o team), in termini di
migliore collocazione, utilizzazione e trasferimento delle competenze
disponibili da parte dei consulenti, e in attesa di essere accolte da personale
interno o esterno del cliente;
2.
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2. una migliore consapevolezza progressiva degli ambiti operativi e organizzativi
di ciascun partner: Cosa fa la consulenza, che cosa non fa o non deve fare il
cliente, e viceversa, con impatti sulla ridefinizione temporale dei rispettivi
obiettivi progressivi tra consulenza e cliente;
3.
la messa a punto di un percorso abbastanza preciso di interfinalità
organizzativa tra consulenza a cliente, ovvero chi fa cosa, quando, in che
tempi e per quali risultati attesi, che potrà essere aggiustata periodicamente e
specialmente dove è necessaria una maggiore collaborazione (raccolta
informazioni e ascolto attivo reciproco);
4.
l’individuazione e la suddivisione appropriata del sistema di controllo e
monitoraggio del progetto o dell’assistenza, per tutta la sua durata, sia da
parte del cliente sia da parte della consulenza;
5.
la costruzione progressiva di una «codice di identità comune», con
individuazione dei valori portanti e condivisi tra consulenza e cliente, per tutta
la durata del progetto o dell’assistenza.
6.
Ilrapportotraprofessionisti-fornitorie imprenditori-clienti
Uno dei modelli tipici che si adotta nel caso della consulenza di direzione alle
imprese (management consulting) è quello dell’«agente di cambiamento» che
è sviluppabile su 4 quadranti possibili di intervento, in funzione della
consapevolezza del bisogno del cliente (2):
modello dottore-paziente
modello ingegneristico
modello medico (professionale)
modello di processo
Grafico 1 Modelli di coinvolgimento tipico dell’imprenditore con il professionista,
inteso come «agente di cambiamento», in funzione della definizione del problema o
bisogno
Ricordarsi sempre, comunque, che qualunque sia il modello adottato, tra quelli
esposti, occorre, in modo imprescindibile, integrarsi con le caratteristiche,
gli stili, la cultura e i comportamenti tipici del cliente.
Pattotrapari…otemporarymanagementnelle Pmi?
Il vero discorso su questa partnership nasce in merito alla natura del
contratto o se vogliamo del patto che si stabilisce: rapporto fornitore-cliente o
rapporto temporary manager-proprietà o azienda accogliente? Il tema non è
sempre di facile e semplice soluzione.
In effetti mentre a prima vista le due cose sembrano uguali: c’è qualcuno che
esegue e qualcuno che paga la prestazione, le due situazioni possono anche
differire enormemente.
Nel primo caso si paga un servizio di pronta esecuzione (è un costo da
spesare), nel secondo caso si effettua una scommessa sul futuro
dell’impresa (è un investimento, a memoria futura, di cui si vorrebbero
misurare i ritorni a breve-medio termine).
Primo caso:
rapporto paritario e consulenza individuale o di gruppo (allargata)
Nel primo caso la richiesta dovrebbe essere chiara ed esplicita nel mandato:
«tu (consulente) mi fornisci queste cose o servizi e io (cliente, in questo caso
l’imprenditore della pmi X), dopo aver considerato e accettato (spesso
negoziato) il prezzo dell’offerta e il valore della prestazione effettuata, ti pago,
Laculturadelpositivo
COMPORTAMENTI
AZIENDALI
Ciinteressaragionaresull'organizzazione
delle strutture,sullemetodologie,sulle
disciplinecheregolanoleorganizzazioni.
Teoriaepratica
Mabensappiamochelamodellisticaè
pocacosasenonvieneapplicata,echeper
aversuccessodevediventareun
comportamentoadottatodallepersone
checostituisconol'organizzazione.
Rapportotraqualitàeefficienza
Leaziende,nonquelle monopolistiche,né
spessoquellepubbliche,tralevarieforme
organizzative,sonoquellecostrettea
dedicaremoltoimpegnopertrovarei
modelliorganizzativipiùsofisticatied
efficaci.Ilcorrettorapportotraqualitàe
efficienzanegarantiscelasopravvivenza.
Per ilbellessere
Perquestostudieremoleaziendeper
anticiparecomportamentichepotranno
esseredeclinatipertutteleorganizzazioni
cheriunisconorisorse epersoneper
raggiungeredegliobiettivi.
CheperOfficineEinsteindevonoessere
obiettivisostenibili,solidaliedetici
finalizzatiamigliorareilbellesseredei
uominiedonne.
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3. con le modalità che abbiamo concordato».
Nella maggior parte dei casi la consapevolezza del problema e la tipologia di
prestazione sono chiare al cliente. Sta al consulente proporre quello che
sembra il metodo e il processo più appropriato, servendosi, nel caso, di altre
competenze e specialisti diversi, come richiamato prima. Qui in effetti nasce
una forma di consulenza che può diventare di gruppo o composita. Tutto sta a
farla girare nel modo giusto, rispetto alle attese o alle esigenze.
In questo caso il rapporto è paritario ovvero si stabilisce la natura di chi riceve
e di chi offre e realizza un’opera (anche intangibile) e di fatto contribuisce (o
dovrebbe contribuire), con questa prestazione, a soddisfare la richiesta iniziale,
all’interno di un universo di «oggetti predeterminati».
Secondo caso:
temporary management nelle piccole e medie imprese
Nel secondo caso le cose sono molto diverse, la richiesta spesso o quasi
sempre è legata alla mancanza di tempo, competenze, conoscenze ed
esperienze, non presenti in azienda, sia nella testa della proprietà, sia nei
dipendenti di questa piccola o media impresaI, altrimenti non nascerebbe un
mandato di temporary management.
A volte questo mandato è in bianco a volte semi-strutturato, dove comunque
quello che guida è il concetto: «ti delego, su mia responsabilità (e per questo ti
pago), a fare queste cose perché non sono in grado completamente di
analizzare i problemi, o non ho le competenze per farlo, e di trovare le
soluzioni tecniche, operative, organizzative, strumentali e comportamentali più
adatte».
Qui il rapporto non è più paritario e può sbilanciarsi molto sia a favore che a
sfavore dell’uno o dell’altro a secondo della sua impostazione.
Impostazionedelmandatoditemporarymanagement
Dalle prestazioniairisultati,onestàintellettualeedeticaprofessionale
In primis l’impostazione dovrebbe riconoscere alcune distinzioni di fondo, se c’è
una delega ci deve essere una possibile libertà di budget su eventuali altri
acquisti o investimenti correlati che nascono intorno agli obiettivi del mandato.
Il budget aggiuntivo può in effetti anche non servire, se bastano gli strumenti
che l’imprenditore ha già a disposizione: mezzi, risorse, tecnologie. persone.
Qui più che parlare di prestazioni si parla di risultati, meglio se misurabili,
meglio ancora se le tecniche, le metodologie e le unità di misurazione sono
state condivise a monte, per evitare malintesi e fraintendimenti a valle.
Se questa libertà non c’è è meglio abbandonare la partita e non prendersi in
giro, da tutte e due le parti. Un temporary manager può a buon motivo
sostituirsi anche alla proprietà in alcune decisioni se il mandato è chiaro nei
contorni, e quindi l’imprenditore deve correre il rischio di affidarsi in anticipo e
decidere i propri gradi di libertà, sia i margini di certezza da conservare per sé
sia cosa non conservare, da delegare per l’appunto ad un temporary manager,
auspicabilmente eccellente.
D’altro lato, per onestà intellettuale ed etica professionale il temporary manager
deve e può accettare un mandato solo se si sente in grado, dopo le prime due
o tre visite per capire l’ambiente, la cultura e le prospettive concrete di
successo, di accettare le sfide poste e di poter esser in grado, rebus sic
stantibus, di portare a casa i risultati sperati, auspicati e richiesti, valutando
come potrebbe variare la temporalità nel loro raggiungimento.
Se la libertà di mandato, reciproca e, o, le premesse logiche e le promesse
reciproche non sono trasparenti e completamente comunicate, allora è meglio
non sporcarsi le mani, e in prospettiva la reputazione, anche qui reciproca: in
sintesi dirsi in chiaro e senza troppi tentennamenti cosa si vuole ottenere di
preciso (es. indicatori e, o, risultati da riportare in conto economico) è parte di
un patto imprescindibile per il successo.
Risultatiattesidaiduemandati
Dalrapportoimprenditore-consulenteedaquelloimprenditore-temporarymanager
(4)
Risultati attesi per il cliente
Dal punto di vista del cliente gli interventi di consulenza e temporary
management possono permettere di affiancare all’introduzione di nuovi
processi una maggiore chiarezza organizzativa e nuovi processi decisionali,
ampliando, ad esempio, le delega del vertice (titolare, CEO, direttore generale)
ai dirigenti e quadri presenti in azienda.
Questi progetti comportano quasi sempre, se ben attuati, una sensibile
riduzione dei costi collegata ad un significativo aumento della produttività
individuale, consentendo di dirottare risorse per la creazione di nuovi prodotti
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4. originali ed innovativi e l’ingresso su nuovi mercati e nuovi consumatori
(definiti omogeneamente, ma ampi e ad alta capacità di spesa).
Inoltre la definizione e creazione di una nuova identità comune permette una
maggiore consapevolezza interna più che una semplice riorganizzazione delle
persone, passando da processi organizzativi, a volte autarchici, a processi
integrati specializzati, multi-aziendali e multi-stakeholder.
Gli indicatori di bilancio che possono e dovrebbero ricevere un maggiore
beneficio dall’intervento consulenziale e dal progetto organizzativo sono: costi
di produzione, costo del lavoro, investimenti in tecnologie.
Risultati attesi per la consulenza e il temporary manager
I risultati generali attesi sono quelli di produrre miglioramenti complessivi del
funzionamento organizzativo, revisioni della struttura organizzativa e dei
compiti dei vari ruoli, e infine una revisione o rivisitazione dei processi-chiave
aziendali, per far rispondere l’azienda-cliente con maggiore tempestività alle
sollecitazioni poste dall’introduzione sul mercato di nuovi prodotti o servizi
competitivi o dai comportamenti della concorrenza (es. nuovi prodotti
attraverso la fornitura di «servizi chiavi-in-mano» o «unattended» per il
consumatore finale).
Uno dei possibili miglioramenti si misura, ad esempio, attraverso il
miglioramento delle attività dei ruoli di line (es. vendita e promozione prodotto,
marketing, logistica), e, o, la segregazione dalle attività dei ruoli di staff (es.
amministrazione e gestione, contabilità industriale, information technology).
Gli effetti generabili in termini di risultato, in questi casi, riguardano, ad
esempio, la misurazione della riduzione dei carichi di lavoro individuali,
un’ottimizzazione e utilizzazione delle risorse su più attività e l’aumento
della produttività interna individuale dei ruoli operativi principali,
l’integrazione dei processi.
Prospettivedilavoroeinterventoaconfronto
Nei 2 grafici seguenti sono schematizzate e sintetizzate alcune prospettive di
lavoro tra consulente di direzione e imprenditore e tra temporary manager e
imprenditore, come specifiche declinazioni del Grafico 1, prima presentato.
Grafico 2 Rapporto tra imprenditore e consulente di direzione, in funzione del
problema
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Grafico 3 Rapporto tra imprenditore e temporary manager, in funzione del
problema
Ricordando che quando si parla di consulenza di direzione si parla di processo
a prestazione e quando siamo nel campo del temporary management si parla di
progetto a risultato, in entrambi i casi occorre entrare in sintonia con il
titolare-cliente/committente, ovvero stabilire gli elementi di empatia necessari
e sufficienti per il successo.
Qualunque sia il modello adottato e qualunque sia il ruolo di fornitore,
consulente o temporary manager, occorre concordare in anticipo un livello
reciproco di fiducia preliminare (soglia) tale da consentire al professionista di
operare correttamente e poter esprimere il meglio delle proprie
competenze e caratteristiche etiche, professionali e di esperienza, così
come all’imprenditore di essere aperto e attento alle soluzioni e decisioni
proposte, adattandole con onestà tecnica ed intellettuale e trasparenza, nei
confronti dei contributi acquisiti.
Fonti
(1) Luca Massacesi, Paolo Petrucciani: «Quando la consulenza diventa un
partner», Officine Einstein, n. 9, 19 marzo 2013
(2) Paolo Petrucciani: a) «Il Change Management: nuova frontiera per la
consulenza» - Corso Istituzionale nazionale Apco – 31 maggio 1996, Roma
presso la sede Confcommercio; b) Presentazione per Apco Dinner 2006 –
Delegazione Apco Lazio – «Il Change Management: approcci, stato dell’arte,
usual vs new», Roma persso la sede del Gambero Rosso, 17 maggio 2006; 3)
Presentazione per Apco Tools 2015 – Delegazione Apco Lazio – «Il Change
Management: approcci e stato dell’arte» – Roma presso la sede Colap, 23
ottobre 2015)
(3) Paolo Petrucciani: «Cultura d’impresa e temporary management: un binomio
possibile?», HR online n.5, marzo 2012 (rivista elettronica dell’Aidp-
Associazione Italiana per la Direzione del Personale)
(4) Paolo Petrucciani: «Successo nel temporary management», Officine
Einstein, n. 21, 22 luglio 2013
Leggianche
Paolo Petrucciani (2016), Impostare la value proposition, 9 febbraio 2016,
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