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Comunicare la politica
(ottava edizione)

Crisi di fiducia, centralità dei media tradizionali,
il ruolo dei social media:
una professione in radicale cambiamento
di Dino Amenduni
Eurogiovani
Corso in non conventional
marketing e social media
Febbraio-Maggio 2014
Chi sono
Mi chiamo Dino Amenduni
(dino.amenduni@proformaweb.it http://about.me/dinoamenduni)
Sono il responsabile dei nuovi media e consulente
per la comunicazione politica per l’agenzia Proforma
di Bari (www.proformaweb.it)

Sono collaboratore e blogger per
Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media
marketing e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni sono disponibili
gratuitamente (sia consultazione che download)
all’indirizzo: www.slideshare.net/doonie
Premessa

La fine del mondo
è quando si cessa
di aver fiducia.
(Madeleine Ouellette-Michalska)
Cinque cose da sapere
se vuoi fare politica in Italia
nel 2014
Analisi della ricerca “I Cittadini e lo Stato 2013”
(dati Demos – Ilvo Diamanti)

di Dino Amenduni

Gennaio 2014
Sommario
Cinque tabelle

1. Fiducia nelle istituzioni: partiti e Parlamento
(restano) ai minimi storici
2. Equità fiscale: meglio meno tasse che più
servizi
3. Presidenzialismo: l’opinione pubblica italiana
è pronta
4. Autoritarismo: per tre italiani su dieci è una
possibilità percorribile
5. Una riserva di determinazione: aumentano
gli indici di partecipazione politica e sociale
Premessa
In questi anni quasi tutti i campanelli d’allarme sulla crisi del
rapporto tra cittadini e istituzioni (tra cui questo tipo di
ricerche) sono stati letteralmente ignorati e questo ha
innescato certamente un circolo vizioso.

Meno gli italiani si fidano della politica, meno la politica tiene
conto della crisi di fiducia con comportamenti conseguenti,
più gli italiani perdono buoni motivi per fidarsi.
Premessa
I sentimenti verso la politica sono confluiti prima nella
rabbia, e via via fino al cinismo, al disincanto, e al
sentimento più problematico, più inscalfibile: l’indifferenza,
la sensazione che tanto non cambierà (mai) nulla,
dunque non vale la pena interessarsi, attivarsi,
appassionarsi.
La crisi del rapporto tra democrazia e fiducia dura da anni e
nessun cambiamento della politica italiana, neanche nel
2013, sembra aver minimamente contribuito a invertire la
tendenza.
Democrazia
senza fiducia
La fiducia degli italiani nelle
istituzioni politiche continua a
essere bassissima
Fiducia nelle istituzioni
Percentuali di fiducia nelle principali istituzioni italiane,
politiche e non politiche, nel 2013
(dati comparati con il 2012 – dati Demos)
Fiducia nelle istituzioni
Solo tre “organizzazioni” ottengono dati di fiducia superiori
al 50%: le Forze dell’Ordine, saldamente al primo posto,
addirittura in crescita dal 2012 (superato il 70%), la Chiesa
(54%, più 10% in un anno – effetto-Bergoglio?) e la scuola.
Tutti gli altri sono sotto il 50%.
Il Presidente della Repubblica, per anni il più stimato e
apprezzato esponente dell’intera classe politica, è in
affanno (49.7%, -20 punti in due anni).
Meno di quattro italiani su dieci si fidano della
Magistratura, meno di uno su tre dell’Europa (-11% in un
anno).
Fiducia nelle istituzioni
La fiducia nei Comuni, i principali enti territoriali di
prossimità, da sempre i “meno peggio” nel rapporto tra gli
italiani e Stato, è crollata al 31%, a dimostrazione che
l’impotenza dei primi cittadini tra tagli e patto di stabilità è
scontata direttamente sul territorio. Stesso discorso per le
Regioni, con livelli di fiducia poco superiori al 20%.
Se non ripari le strade, non garantisci i servizi, i cittadini se
la prendono con il livello di potere più vicino, a prescindere
dalle sue reali responsabilità.
Fiducia nelle istituzioni
Meno di un italiano su cinque ha fiducia nei sindacati.
Stesso discorso per lo Stato: solo il 18.9% si fida dei livelli
istituzionali più alti, a conferma di un’interessante, e per
certi versi problematica, divaricazione tra “Stato” e “Forze
dell’Ordine” nella percezione generale.
Le banche sono ferme al 12.9% di fiducia.

Parlamento (7.1%) e partiti (5.1%) sono stabili nei
bassifondi della “classifica”.
Fiducia nelle istituzioni
Media della fiducia verso le principali istituzioni
politiche (Comuni, Regioni, Unione Europea, Stato,
Presidente della Repubblica, Partiti, Parlamento).
Dati comparati 2005-2013 (dal 41 al 24% - dati Demos)
Meno tasse per tutti
Dalla richiesta di servizi di qualità
all’urgenza della riduzione
della pressione fiscale
Meno tasse per tutti
Diminuire le tasse o potenziare i servizi?
Le risposte degli italiani dal 2005 al 2013 (dati Demos)
Meno tasse per tutti
Nel 2005 gli italiani chiedevano maggiore coerenza tra
tassazione ed erogazione di servizi. Otto anni dopo, tra crisi
economica e disillusione (sulle capacità delle istituzioni di
garantire la giustizia sociale), il rapporto si è letteralmente
rovesciato.
Gli italiani vogliono pagare meno tasse perché non ce la
fanno più ma forse perché in questi anni si sono convinti
che tutto sommato sia meglio sbrigarsela in proprio,
perché in fondo il potere pubblico non fa ciò per cui gli
italiani pagano le tasse.
Meno tasse per tutti
L’indice di propensione all’ingresso dei privati nella sanità o
nell’istruzione è cresciuto di cinque punti in tre anni (26%), a
conferma di una crisi di fiducia profondissima nello
Stato come regolatore e come erogatore di servizi.
Ridurre le tasse, fare una riforma redistributiva della
ricchezza, non è più un concetto che può essere
considerato “di destra” o “di sinistra”, è oramai una
priorità per chiunque governi questo Paese, a qualsiasi
livello territoriale.
Presidenzialismo
Il Presidente della Repubblica?
Il popolo vuole decidere
Presidenzialismo
Elezione diretta del Presidente della Repubblica:
favorevole o contrario? (dati Demos)
Presidenzialismo
Non è semplice stabilire quanto questo dato sia
condizionato dalla narrazione della destra degli ultimi 20
anni, e quanto piuttosto è dipeso dalla natura di questa fase
politica, da Monti in poi, in cui il ruolo di Napolitano è stato
soverchiante rispetto al passato (per l’assenza di senso di
responsabilità della politica, o per una tendenza dirigista del
Presidente della Repubblica, o per entrambi i motivi).
Presidenzialismo
A questo punto, più che fare le barricate contro il
presidenzialismo, occorrerebbe ragionare su quali
contrappesi siano necessari nell’eventualità in cui questa
transizione istituzionale dovesse prendere forma.
Di legge sul conflitto di interessi non si parla (di nuovo)
più. Questo conferma che i conflitti vanno intesi sempre al
plurale.

Un presidenzialismo senza paletti rigidi sui conflitti di
interesse può porre le basi per un disastro tendenzialmente
autoritario.
Autoritarismo
Per tre italiani su dieci,
la democrazia non è più
il sistema migliore
Autoritarismo
Regime democratico o autoritario?
Le preferenze degli italiani (dati Demos)
Autoritarismo
La deriva autoritaria non dispiace a tre italiani su dieci, a
conferma che lo Stato, la democrazia rappresentativa, le
istituzioni, hanno già fallito nel loro ruolo, non hanno fatto
autocritica in modo sistematico, non sono cambiate a
sufficienza (mentre il mondo attorno cambia rapidamente, e
non sempre in meglio).
Questa deriva non è arretrata in questi cinque anni (nel
2008 il dato era al 26%, nel 2013 è al 30%).
Autoritarismo
Questo zoccolo duro conferma che una parte non marginale
dell’Italia apprezza, e apprezzerà, le tendenze
leaderistiche.

Ovviamente le qualità positive e negative dei leader che
via via si alternano (e spariscono: Monti ha perso 50 punti di
fiducia nel solo 2012, e in 18 mesi è passato
dall’autorevolezza globale all’irrilevanza altrettanto globale)
diventano sempre più determinanti nel capire in quale
direzione andrà il nostro Paese.
Partecipazione
Nonostante tutto, ci sono ancora
motivi di speranza
Partecipazione
Indici di partecipazione politica, sociale e “nuova”
gli indicatori sono in aumento nel 2013 (dati Demos)
Partecipazione
Gli indici di partecipazione politica, sociale e “nuova”
(boicottaggi selettivi, consumo critico, attivismo digitale) non
sono mai stati così alti negli ultimi sei anni.

Il dato è certamente condizionato in positivo dalla presenza
di due grandi appuntamenti elettorali (politiche e Primarie
del PD), ma denota soprattutto una grande, inascoltata
richiesta e un’altrettanto grande, inesplorata opportunità: gli
italiani chiedono solo di poter partecipare, hanno un
capitale enorme di entusiasmo, civismo, determinazione.
Partecipazione
Gli italiani non si fidano più, hanno bisogno di tempo, di
buoni esempi, di essere coinvolti, di coerenza, di un
rapporto trasparente tra promesse e fatti. Ma sono disposti
a farlo, sono disposti a impegnarsi per il Paese.
Alla politica italiana la scelta: continuare a sguazzare nel
cinismo, o tentare un enorme (sia per impegno che per
tempo necessario) sforzo per fare ciò per cui esiste, cioè
rappresentare, ascoltare e decidere?
Web 2.0: modelli teorici
di riferimento
Coda lunga
Saggezza della folla
Surplus cognitivi
Il web 2.0 – modelli teorici
di riferimento
Coda lunga
Saggezza della folla
A. La coda lunga
La coda lunga è una teoria economica formulata da
Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004
È un modello che sembra poter spiegare i
funzionamenti del mercato. È una teoria attuale per il
mercato dei beni immateriali e “futuribile” perché pare
essere in grado di teorizzare il cambiamento delle leggi
che regolano il tradizionale meccanismo distributivo
(produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
A. La coda lunga
La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque
momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso di
abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il
legame che vincolava il successo alla visibilità
La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha
rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente,
vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più
redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli
Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda
difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
A. La coda lunga - cause
Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che
permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica,
video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli
Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che
forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni
immateriali
Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es.
attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti
siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza
pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell‟autore
(es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
A. La coda lunga - cause
Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati
per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa,
di magazzino e di spedizione)
Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la
divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer,
ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
A. La coda lunga conseguenze
Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di
persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come
pubblico
Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è
economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non
quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti
professionali, ha costi nulli per la distribuzione
Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il
mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più
soddisfano le loro necessità
B. Saggezza della folla

È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso
un‟infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa
teoria, una variabile è misurata in modo più preciso
da una massa di persone inesperte che da un gruppo
di specialisti
B. Saggezza della folla
Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100
persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro
peso stimato. A seguire, fece ripetere l‟esperimento a 10 allevatori
Il peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla
“massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il
peso del vitello)
Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca
universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle
elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base
dell‟orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto,
sia su quanto si punta)
Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei
sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
Ted – Video #1
Clay Shirky: come il surplus
cognitivo cambierà il mondo
TED, un‟eccellenza
del web-marketing
Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è
riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne
di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono
state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le
lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che
include scienza, arte, politica, temi globali, architettura,
musica e altri saperi
Video #1 – Surplus Cognitivo
http://www.ted.com/talks/lang/ita/clay_shirky_how_cognitive_surplus_
will_change_the_world.html

Clay Shirky indaga sul "surplus cognitivo", il lavoro condiviso
online che eseguiamo con i nostri cicli mentali liberi. Mentre
siamo occupati nel redarre Wikipedia, postare su Ushahidi (e
sì, anche creando i lolcats), stiamo costruendo un mondo
migliore e più cooperativo.
Campagne elettorali
Dieci cose che ho imparato
(fino ad ora)
Prima delle dieci cose
La premessa:
non prendiamoci troppo sul serio
Non prendiamoci sul serio

“La maggior parte delle
elezioni è già decisa
prima ancora che la
campagna abbia inizio”
(Legge di Farley)
Non prendiamoci sul serio
Conseguenze

A. Un tecnico della comunicazione che dice a una
candidato di essere in grado di ribaltare l‟esito di
un elezione solo con la forza del suo lavoro (di
spin doctoring, di creatività, di grafica, sui social
media) sta dicendo una cosa non vera

B. Non esiste un tecnico della comunicazione che
può salvare il candidato da una sconfitta certa,
non esistono agenzie della provvidenza né
miracoli
#1
La variabile più importante
è l‟avversario
#1 L‟avversario
Il posizionamento, i punti di forza e di debolezza
del candidato, i vantaggi competitivi, i temi
distintivi e le parole d‟ordine non sono costrutti
che valgono in assoluto ma cambiano sulla base
dello scenario
Per questo motivo è sbagliato impostare una
campagna elettorale prima ancora di conoscere le
caratteristiche degli sfidanti
È giusto posizionare il candidato, non è un errore
partire in anticipo (se si hanno idee), ma è
sbagliato basare la campagna solo su se stessi
#1 L‟avversario
Alcuni esempi

A.Una campagna a due (centrosinistra vs
centrodestra) è molto diversa da una campagna a
tre (centrosinistra vs centrodestra vs Terzo Polo),
specie se i candidati sono stati precedentemente
alleati tra loro
B.Alle elezioni regionali (turno secco), il ruolo
del Movimento5Stelle è potenzialmente più
decisivo
C.Una campagna tra sindaco uscente e avversario
è molto diversa da una campagna tra due
candidati „nuovi‟
#2
Molto spesso le campagne si
vincono per errori degli avversari,
non per meriti propri
(Mario Rodriguez)
#2 Gli errori
Non tutte le campagne elettorali possono essere
intense e spumeggianti, non tutti i candidati sono
abili comunicatori, non tutti i comunicatori sono
abili. E soprattutto, quando i candidati si
equivalgono (specie in contesti locali) è più
difficile scegliere e cogliere le differenze
Proprio per questa ragione è più importante
evitare scelte strategiche sbagliate, lavorando al
massimo per evidenziare l‟errore
dell‟avversario, piuttosto che cercare il colpo a
effetto o la mossa strategica definitiva
#2 Gli errori
Alcuni esempi

A.Giuliano Pisapia vs Letizia Moratti a Milano
(Amministrative 2011): il confronto TV e la
moschea di Sucate
B.Barack Obama vs John McCain (Presidenziali USA
2008): la scelta di Sarah Palin
C.2009: il centrodestra a Bari rallenta l‟apertura
del Teatro Petruzzelli, Michele Emiliano ne fa una
bandiera di campagna elettorale e anche grazie a
questo recupera dieci punti percentuali in nove
mesi, vincendo le elezioni
#3
Senza un‟analisi (con dati) iniziale
e un campaign manager non si
dovrebbe neanche iniziare
#3 I dati
Nessuna campagna elettorale si svolge “in teoria”
o “nel vuoto”. Ogni città ha il suo contesto, ogni
quartiere ha i suoi problemi, ogni regione ha la
sua storia
Un‟analisi quantitativa (esempio: sondaggi) e
qualitativa (esempio: focus group) è il punto di
partenza per capire chi siamo (come siamo
percepiti), di cosa c‟è bisogno (issues rilevanti) e
dove vogliamo andare (parole d‟ordine, obiettivi
della comunicazione)
Senza dati si procede per approssimazione, per
„istinto‟: il contrario di un lavoro scientifico
#3 Il campaign manager
Il coordinatore della campagna elettorale è la
figura più importante dell‟intero staff (secondo,
e non sempre, solo al candidato)
Ha il compito di gestire le relazioni con tutti i
nodi della macchina organizzativa:

- Il candidato e la sua cabina di regia politica
- L‟ufficio stampa e lo staff sui social media
- I partiti e i candidati della coalizione
- I fornitori
- I comunicatori
- I volontari
- L‟ufficio amministrativo/burocratico
#3 Il campaign manager
Il campaign manager è un ruolo forte, che
richiede caratteristiche eterogenee e molto
precise:
A. Fiducia totale da parte del candidato (deve
poter parlare in suo nome)
B. Capacità di visione strategica e organizzativa
C. Capacità di analisi politica
D. Resistenza in condizioni di stress
E. Capacità diplomatiche
F. Competenze comunicative (almeno minime)
Se è l‟agenzia di comunicazione a coordinare la
campagna elettorale, è un brutto segno
#4
La campagna elettorale che stai
facendo è sempre la più
importante di tutte
#4 La campagna più importante
Non importa se il candidato è in corsa per la
Presidenza del Consiglio o per la candidatura a
consigliere comunale. Per lui la campagna elettorale è
decisiva allo stesso modo: decisiva per la sua carriera,
il suo futuro, la sua vita
Per questa ragione, le aspettative del candidato verso
i comunicatori (in termini di ore di lavoro, impegno e
coinvolgimento emotivo) sono massime, a prescindere
dal contesto di campagna elettorale. Ed è giusto così
È opportuno che i tecnici della comunicazione siano
consapevoli di questo, quando scelgono quante e quali
(e con quale budget) campagne prendere in
considerazione
#5
È quasi impossibile
essere spin doctor
per più di una campagna per volta
#5 Spindoctoring
I compiti di spindoctoring, ossia di consulenza
strategico-politica a tutti i livelli, è un lavoro
totalizzante, sia nei tempi che nel carico
emotivo/cognitivo da sopportare

Così come un candidato si impegna con il massimo
delle energie sulla campagna, allo stesso modo deve
fare lo spin doctor per essere all‟altezza del ruolo, a
prescindere dalla difficoltà della campagna e
dall‟aggressività degli avversari
Per queste ragioni è molto difficile, se non addirittura
sconsigliato, avere responsabilità strategiche per più
di un candidato per volta
(anche questa variabile è decisiva nella scelta delle campagne
elettorali da accettare)
#6
Non sempre vince
chi ha più denaro
(ma non si può fare neanche una
campagna a costo zero)
#6 I soldi
I soldi non fanno la felicità e, di conseguenza, non
stabiliscono a priori neanche i vincitori e gli
sconfitti di una campagna elettorale
Non basta essere ricchi, bisogna anche saper
scegliere gli strumenti giusti per comunicare e,
soprattutto, non bisogna dimenticarsi che
„content is king‟, la politica viene sempre prima
della comunicazione, la credibilità di un
candidato non si può costruire artificialmente e in
pochi mesi solo attraverso la comunicazione,
anche se fosse la migliore campagna possibile
#6 I soldi
Attenzione, però, all‟eccesso contrario: fare una
campagna a costo zero è quasi impossibile. Serve una
struttura economica minima che permetta di coprire le
spese necessarie:
- costi di gestione del comitato elettorale;
- acquisto di spazi pubblicitari sui mezzi di
comunicazione di massa e sul web;
- organizzazione della mobilitazione (esempio: gazebo)
- organizzazione di eventi
La capacità di raccolta fondi, specie se indipendente
e trasparente, può essere decisiva per vincere le
elezioni
#6 I soldi
Alcuni esempi (costi complessivi dichiarati)

A.Giuliano Pisapia (1.7 milioni) vs Letizia Moratti
(10 milioni) a Milano (Amministrative 2011)
B.Nichi Vendola (800mila) vs Rocco Palese (5
milioni) in Puglia (Regionali 2010)
C.Federico Pizzarotti (6mila) vs Vincenzo
Bernazzoli (200mila) a Parma (Amministrative
2012)
#7
In campagna elettorale non
esistono orari, non esistono i
weekend, non esistono i giorni
festivi, non esistono nemmeno le
mansioni codificate
#7 Addio tempo libero
Se siete abituati al rispetto dell‟orario d‟ufficio,
ai weekend liberi, al telefono aziendale spento di
sera, ai pranzi con la famiglia nei giorni festivi, a
compiti definiti e ben distribuiti, la campagna
elettorale non è il lavoro che fa per voi
Il candidato può avere bisogno del vostro aiuto (o,
semplicemente, una buona idea da condividere)
sette giorni su sette, ventiquattro ore su
ventiquattro

I telegiornali vanno in onda tutti i giorni, un fatto
di attualità può accadere in qualsiasi momento
#7 Addio mansioni codificate
Le campagne elettorali sono sofisticati dispositivi
organizzativi in emergenza permanente. C‟è
sempre qualcosa da fare, c‟è sempre qualcuno
occupato e c‟è sempre urgenza
Per questa ragione, al di là dei compiti che
ognuno ha (e si dà), bisogna essere pronti a fare
di tutto: lo spin doctor scrive il comunicato, il
campaign manager monta un palco, un volontario
accompagna il candidato a un evento, un
candidato consigliere organizza l‟evento finale per
il candidato sindaco, e così via
#8
È sempre meglio lavorare
insieme a un‟altra agenzia
di comunicazione
del luogo in cui ci sono le elezioni
#8 I professionisti del posto
Non sempre i tecnici della comunicazione possono
lavorare sulle campagne elettorali nella città dove
vivono, e non sempre chi lavora sulle campagne
elettorali lavora solo con la politica
Questa è la prima ragione per non caricarsi tutto
il lavoro creativo e giocare di squadra con altri
professionisti, magari di agenzie più piccole o
freelance, che però vivono e lavorano nel
territorio, che possono impegnarsi sulle
declinazioni degli strumenti sui vari mezzi di
comunicazione, oltre a raddoppiare il contributo
di idee e creatività
#8 I professionisti del posto
La seconda ragione, forse ancora più importante
della prima, riguarda la capacità di chi vive nei
territori di sentire il „polso‟ di ciò che sta
accadendo, molto di più e molto meglio di quanto
possa fare un professionista esterno
Un‟idea apparentemente buona può essere
profondamente sbagliata se non si conosce con
precisione la biografia dei candidati, il tessuto
sociale di riferimento, la storia recente del
territorio, le conseguenze di ciò che si dice e di
ciò che si fa
#9
Se non ci sono militanti, volontari
e sostenitori offline,
non li troveremo di certo online
#9 I militanti
Esiste un luogo comune, nato soprattutto in questi
anni, che va subito depotenziato: la Rete non è
„il luogo dei volontari‟ (né il luogo del „gratis‟, né
il luogo del „facile‟. Spesso è vero il contrario)
Se non ci sono militanti e volontari ad animare il
comitato elettorale di un candidato, il problema è
organizzativo o di appeal del candidato stesso.
Questi problemi prescindono dagli strumenti
utilizzati per comunicare e, dunque, non si
risolvono cercando altrove la mobilitazione o
provando a crearla artificialmente (con il denaro
o con l‟uso di Internet)
#10
Quando il candidato si convince
del contrario di ciò che pensi sia
giusto (e questo non è così grave),
non perdere tempo:
„attacca il ciuccio
dove vuole il padrone‟
#10 Attacca il ciuccio
Una delle regole non scritte delle campagne
elettorali è: ci sarà almeno un caso in cui un‟idea,
già approvata dallo staff o dal candidato, viene
poi riconsiderata e bocciata
Le ragioni per cui ciò accade sono numerose e
talvolta imponderabili. Per questo, quando questo
improvviso cambio di direzione accade (e non è
affatto raro) e quando ciò non comporta un danno
irrecuperabile, è inutile impegnarsi in estenuanti
e spesso inutili trattative: meglio fare un passo
indietro e guardare subito avanti
Dopo le dieci cose
La conclusione:
non prendiamoci troppo sul serio
Non prendiamoci sul serio
Corollari (o forse qualcosa di più)
1.Il candidato (o il partito) è sempre più importante
dei comunicatori
2.La politica è sempre più importante della
comunicazione
3.Il contenuto è sempre più importante delle tecniche di
presentazione dello stesso
4.Il comunicatore politico deve essere esperto sia di
comunicazione che di politica, altrimenti non si
chiamerebbe comunicatore politico
5.Quando non sai che fare, rivolgiti prima di tutto ai politici
„storici‟ del territorio: la loro esperienza è preziosissima
6.Prima di iniziare una campagna elettorale, chiedi consigli
agli amici e ai conoscenti che vivono nel luogo in cui si va a
votare
Ted – Video #2
Kevin Allocca:
perché i video
diventano virali
#2 – i segreti della viralità
http://www.ted.com/talks/kevin_allocca_why_videos_go_viral.html?lang=
it

Kevin Allocca è responsabile dei trend di YouTube, e ha
opinioni profonde sui video stupidi che si trovano in
rete. In questo discorso a TEDYouth, espone i 3 motivi
per cui un video diventa virale.
Cinque domande che gli
studenti ci fanno durante le
docenze
Faccioni sui manifesti, etica aziendale,
marketing virale: le questioni più ricorrenti
durante questi mesi in giro per l’Italia

di Dino Amenduni
Sommario
Le cinque domande
1. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no?
2. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano?
3. Non avete paura che le vostre campagne
siano oggetto di satira?
4. Il marketing virale può aiutare la politica?
5. Voglio fare comunicazione politica: mi date un
consiglio?
Manifesti elettorali:
faccioni sì
o faccioni no?
Dipende
(dal livello di popolarità
del candidato)
Faccioni sì o faccioni no?
Dipende

Partiamo da un presupposto. Questo tipo di valutazione non
dovrebbe essere di tipo estetico, ma legato alla
gestione di una variabile: la popolarità del candidato
all’interno dell’elettorato di riferimento.
Popolarità assoluta: percentuale di elettori che conoscono
il candidato
Popolarità relativa: confronto di popolarità tra il
candidato e i suoi competitor (tenendo conto anche
della distanza temporale dalla data delle elezioni)
Più basso è l’indice di popolarità assoluta, più largo è il
divario tra i candidati (con il “nostro” candidato in
svantaggio), più il volto sui manifesti è strategicamente
sensato.
Faccioni sì o faccioni no?
Sì

Francesca Barracciu, primarie del centrosinistra
(settembre 2013, Sardegna) -> volto sul manifesto
perché il livello di conoscenza del candidato era più
basso rispetto al Presidente Cappellacci, essendo lei la
sfidante. Il manifesto della campagna è dunque utile ad
aumentare la notorietà all’interno di un pubblico più
ampio.
Faccioni sì o faccioni no?
No

Matteo Renzi, primarie del centrosinistra (dicembre 2013,
Italia) -> il volto sul manifesto non è stato necessario
perché il livello di conoscenza del candidato era molto
alto sia in termini assoluti, sia nei confronti dei
competitor (Cuperlo, Civati, Pittella).
Faccioni sì o faccioni no?
Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse

Nichi Vendola, primarie del centrosinistra (2005, Puglia) ->
il volto sul manifesto è stato utile perché Vendola era
stato in Parlamento negli anni precedenti e aveva
percentuali di notorietà molto più basse rispetto a
Raffaele Fitto, Presidente di Regione in carica.
Faccioni sì o faccioni no?
Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse

Nichi Vendola, primarie del centrosinistra (2010, Puglia) ->
Lo scenario è molto diverso dalla campagna di cinque
anni prima: Vendola ha governato e dunque è molto più
conosciuto dei suoi principali avversari, Palese e Poli
Bortone. Il volto non è dunque indispensabile dal punto
di vista strategico.
Faccioni sì o faccioni no?
In sintesi

-

-

-

Presupposto: un sondaggio che vi dica qual è il livello
di notorietà del candidato. Senza questo indicatore la
scelta è totalmente arbitraria e svincolata da ogni
riflessione strategica.
Orientamento: il volto è utile per aumentare il tasso di
popolarità in tempi brevi, soprattutto se si agisce
contemporaneamente su altri mezzi (spot tv, social
media, stampa, presenze televisive) per consolidare
l’associazione nome-volto.
Nessuna scelta è definitiva: non esistono candidati
per cui il volto sui manifesti va sempre bene o sempre
male. Lo stesso candidato può avere esigenze che
cambiano negli anni e a seconda del contesto (a partire
dalle caratteristiche dei competitor).
Lavorate
per tutti i politici
che vi chiamano?
No, per scelta. Ma pensiamo
che sia legittimo
pensarla diversamente
Lavorate per tutti?
No.

Riteniamo che le campagne elettorali richiedano il 101%
dello sforzo professionale dei consulenti di
comunicazione politica, in qualsiasi contesto si
svolgano (dai piccoli centri a campagne nazionali: ogni
elezione ha uguale dignità, e simili difficoltà).
La combinazione di alcune componenti abituali degli
appuntamenti elettorali (tempi stretti, tante decisioni da
prendere, tanti cambiamenti in corsa, gruppi di lavoro
da coordinare, pressione da parte degli elettori e dei
media, generale clima di sfiducia nei confronti della
politica) richiedono, a nostro avviso, massimo
impegno, dedizione e concentrazione (il 101%,
appunto).
Lavorate per tutti?
No.

L’unico modo, per noi, di dare questo benedetto 101% è
avere anche solo un minimo di condivisione emotiva,
valoriale, politica di ciò che il candidato propone
all’elettorato.
Non tutti i candidati possono piacere allo stesso modo (così
come non siamo piaciuti allo stesso modo a tutti i
candidati), ma abbiamo bisogno di un livello minimo di
partenza per poter dare il massimo.
Per questo abbiamo deciso di non accettare commesse
che provengono dalla parte politica più lontana dalle
nostre idee (la destra, nello specifico).
Lavorate per tutti?
No, ma non è detto che sia giusto.

Non ci sogneremmo mai di dire che il nostro modello
aziendale sia l’unico corretto, anzi.

Molti consulenti politici ritengono che l’unico metodo per
svolgere correttamente questa professione sia
sostanzialmente il nostro opposto, cioè lavorare
mantenendo distanza critica dai candidati e dalle loro
idee.
Il distacco, visto da noi come un elemento capace di
non farci rendere al massimo, può essere invece
considerato il giusto ingrediente per dare consigli e
suggerimenti non viziati da componenti emotive o di
appartenenza.
Lasciamo al lettore la scelta su quale modello adottare.
Lavorate per tutti?
In sintesi

- Non esiste un modello universalmente valido: entrambi
gli approcci (lavoro “di appartenenza” e lavoro “per
tutti”) convivono da sempre nel panorama della
comunicazione politica, stimolando un confronto
sempre stimolante.
C’è lo stesso dilemma nella professione di
comunicatore politico: è un mestiere a parte, che
richiede competenze specifiche, o un professionista
deve saper “vendere” un politico e un detersivo allo
stesso modo? Noi pensiamo che sia un lavoro
specifico, pubblicitari molto più bravi di noi (Jacques
Seguela, ad esempio), la pensano all’opposto.
La nostra posizione è un lusso: se fossimo
un’agenzia che fa solo campagne elettorali, non
potremmo permettercelo. Lavorare anche nel campo
della comunicazione non politica ci rende più liberi di
scegliere.
Non avete paura che le
vostre campagne siano
oggetto di satira?
No, anzi. Quando è possibile,
progettiamo campagne fatte
apposta per essere taroccate
Paura della satira?
No, anzi.

Da qualche anno proviamo a progettare campagne il cui
sviluppo (visual, concept) è naturalmente orientato a
stimolare processi generativi da parte degli utenti.
Questo tipo di apertura può favorire l’aumento di
visibilità e di popolarità delle campagne, soprattutto
se sono inserite in un contesto competitivo molto
polarizzato, con grande “tifo” e allo stesso tempo
grande ostilità per il candidato con cui stiamo
lavorando.
In alcuni casi non ci limitiamo a realizzare campagne “virali”,
ma costruiamo strumenti (ad esempio generatori
automatici di manifesti) che permettano a chiunque,
anche senza alcuna competenza grafica, di realizzare
adattamenti liberi.
Paura della satira?
Tarocca il Manifesto (Regionali 2010)

Sito “neutro” (ma progettato dal comitato Vendola) in cui
l’utente poteva liberamente taroccare i manifesti dei tre
candidati principali. 85% dei manifesti generati ha
riguardato Vendola, circa il 50% di quei manifesti era
“negativo” ma nelle ore successive alla pubblicazione
del sito, la campagna di Vendola ha sovrastato quella
degli avversari sui social media.
Paura della satira?
Oppure Vendola (Primarie 2012)

Campagna creata con un concept ipervirale. Sapevamo che
la generazione dei manifesti avrebbe potuto ottenere
effetti satirici, ma anche che in questo modo il claim
“Oppure Vendola” sarebbe diventato più rapidamente
popolare sul web.
Paura della satira?
Matteo Renzi (Primarie 2013)

Il sito www.cambiaverso.com permetteva agli utenti di
generare il proprio manifesto personalizzato e di
pubblicarlo direttamente su Facebook e su Twitter, con
un solo click e inserendo solo il proprio testo. Grazie a
questo strumento, sono stati realizzati oltre 10mila
manifesti nella prima settimana dopo l’uscita del
generatore.
Paura della satira?
In sintesi

- Non avere paura dei “manifesti tarocchi”: se la
campagna non funziona, non funzionerà anche se non
sarà oggetto di satira. Se funziona, è meglio far sì che
circoli nel modo più semplice e virale possibile.
Scelta strategica e di creatività: le campagne non
sono “virali” per definizione. Chiaramente un candidato
molto amato o molto odiato favorisce meccanismi di
generazione di manifesti. Ma è altrettanto importante
progettare una campagna che si presti a questo tipo di
declinazioni. La progettazione, dunque, può
condizionare almeno in parte concept e visual della
campagna.
Evitare di inserire il candidato (in particolare foto, in
particolare il voto) direttamente sui manifesti oggetto di
satira. Questo potrebbe favorire un effetto-boomerang
(l’oppositore può mettere parole scomode in bocca al
candidato)
Il marketing virale può
aiutare la politica?
Sì, ma senza esagerare
La politica è sempre più importante
della comunicazione
Il marketing virale aiuta?
Sì, ma senza esagerare

Se è vero che una buona comunicazione può aiutare, è
altrettanto che vero che una buona comunicazione, da
sola, non basta per vincere le elezioni. Serve molto
altro, serve la politica. Servono le cose fatte per un
sindaco, una proposta chiara per un candidato, una
visione strategica d’insieme per un gruppo di lavoro.
Per questo motivo bisogna fare sempre attenzione a
dare il giusto peso a ogni singola componente della
comunicazione pensando che nessuna idea, da sola,
risulta davvero decisiva.
I video virali, anche geniali, non fanno eccezione.
Il marketing virale aiuta?
Cos’è un video virale

Un video è virale quando:
- È condiviso dai tastemaker, da utenti con grande
popolarità e reputazione che accelera il processo di
conoscenza del contenuto;
Ha un format facilmente riproducibile da altri utenti,
che moltiplicano sia la portata del contenuto, sia la
conoscenza dello stesso;
Contiene componenti (soggetto, sceneggiatura, scelte
stilistiche) imprevedibili, che tengano alta l’attenzione
dello spettatore.
Queste tre condizioni sono necessarie, ma non
sufficienti. I video virali non si costruiscono in
laboratorio (salvo rarissimi, e comunque non del tutto
gestibili, casi)
Il marketing virale aiuta?
Michele Emiliano – Problemi di elezione(Amministrative 2009)

Un video autoprodotto a costo zero da due volontari diventa
così popolare su Internet da indurre un cambio di
pianificazione sui mezzi tradizionali: questo video va in
televisione nell’ultima settimana prima delle elezioni.
Il marketing virale aiuta?
Michele Emiliano – Gianni Paulicelli (Amministrative 2009)

Un noto commerciante barese, conosciuto per i suoi video
pubblicitari sulle principali tv locali, realizza uno spot
politico “atipico” a sostegno di Michele Emiliano,
sindaco di Bari.
Qui un suo spot originale…
Il marketing virale aiuta?
Michele Emiliano – Gianni Paulicelli (Amministrative 2009)

…e qui lo spot politico, realizzato tenendo conto di tutte le
caratteristiche stilistiche dell’originale, ma con un
messaggio forte e di profonda attualità per le
amministrative 2009: il no al nucleare.
Il marketing virale aiuta?
Michele Emiliano – Ballottaggio (Amministrative 2009)

Lo spot per la tv e per Internet (due minuti) con cui Michele
Emiliano, rilanciando e rovesciando un messaggio
elettorale di Berlusconi, comunica la sua candidatura
nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
Il marketing virale aiuta?
In sintesi

- Virali si nasce, non si diventa: è giusto impegnarsi per
progettare contenuti (in particolare video) di successo,
ma se la grande idea non arriva, non bisogna fissarsi né
disperdere troppe energie in questo segmento.
Virale è autoironico: anche se in politica può
sembrare difficile, o addirittura pericoloso, è impossibile
pensare a un contenuto davvero virale senza tenere
conto di una dose, anche piccola, di ironia, meglio se
applicata a se stessi.
Virale è genuino: un video troppo perfetto, patinato,
preciso, difficilmente riuscirà a ottenere la carica
empatica necessaria alla diffusione di un contenuto.
Meglio impreciso ma fatto in casa, vero, accessibile a
tutti.
- Virale non è tutto: la politica viene sempre prima
della comunicazione. Mai dimenticarselo.
Voglio fare
comunicazione politica:
mi date un consiglio?
Ne diamo due: fare almeno una
campagna dietro le quinte,
presentarsi dai politici con un piano
di lavoro già pronto
Due consigli
1. Fare una campagna dietro le quinte

Spesso si impara più lavorando come volontari in una
campagna elettorale, anche molto piccola, anche in un
ruolo molto marginale, che studiando modelli teorici
troppo elaborati (e troppo slegati dal contesto italiano,
specie locale).
Il nostro primo consiglio è, dunque: cercate la pratica,
l’esperienza concreta, anche non su livelli nazionali,
perché si impara molto di più “sporcandosi le mani” che
studiando ma a “distanza di sicurezza”.
Nel bene e nel male, si impara più dietro le quinte, e
questo tipo di esperienza non si può trovare altrove, se
non in campagna elettorale.
Due consigli
2. Andare dai politici ma con le idee chiare

L’offerta di comunicazione politica professionale
supera, al momento, la domanda. La cultura della
comunicazione politica fa fatica a radicare e ancora
oggi ci sono tantissimi politici e partiti che non ritengono
di aver bisogno di consulenti, di analisi, di sondaggi, di
dati scientifici.
Per questo non è più sufficiente andare da un politico e dire
di essere in grado di fare una campagna elettorale.
Serve un altro approccio, più dispendioso dal punto
di vista del tempo e dell’impegno necessario. Serve
andare da un cliente potenziale illustrando con
precisione qual è lo scenario, qual è la potenziale crisi
di comunicazione e come si risolve.
Due consigli
2. Andare dai politici ma con le idee chiare

Possibile schema di lavoro:
1. Individuazione di un partito o di un politico con cui
si intende lavorare;
2. Analisi scientifica dei punti di forza e dei punti di
debolezza nell’attuale comunicazione del destinatario;
3. Spiegazione puntuale di come si intendono risolvere i
punti di debolezza, in quanto tempo, con quali strumenti
e perché è così importante che il politico investa per
risolvere i problemi segnalati;
4. Indicazione chiara e definita di quale può essere il
ruolo del comunicatore politico per risolvere il problema
evidenziato (e, dunque, perché un politico dovrebbe
scegliere proprio quel collaboratore).
Due consigli
In sintesi

-

-

-

Il curriculum accademico non basta, serve
l’esperienza sul campo. E serve fare gavetta.
La competenza professionale non basta, quando il
mercato è saturo. Serve un approccio più proattivo, in
cui problemi e soluzioni siano mostrati ai politici
con prontezza, in alcuni casi prima ancora che loro
siano consapevoli di avere quel tipo di problemi.
Meglio una buona campagna locale, con autonomia
e responsabilità, che una grande campagna nazionale
ma con un ruolo piccolo e defilato, specie nelle prime
fasi.
Il comunicatore politico, se gli va bene, lavora sette
giorni su sette e 24 ore su 24. O si accetta questa
regola (almeno in alcune parti dell’anno), o si rischia di
non essere efficaci come servirebbe in questo momento
storico.
L’evoluzione digitale
della specie - la dieta
mediatica degli italiani
(edizione 2013)

I dati del CENSIS sugli strumenti, gli stili, le modalità e le
caratteristiche dell’informazione preferita dagli italiani

di Dino Amenduni

Ottobre 2013
Sommario
1. Dieta mediatica degli italiani 2013 – cinque tabelle
a.
b.
c.
d.
e.

Mezzi di comunicazione utilizzati
Gli italiani e l’accesso a Internet
A cosa serve Internet
Dove si informano gli italiani
Customer care: le dinamiche consumatori-aziende

2. Cinque riflessioni sui dati

a.
b.
c.
d.
e.

Le distanza giovani-anziani
I tre tipi di super-utenti Internet
I tre tipi di lettore
Investimento in “media personali”
Dalla reclame alla web reputation
Premessa
l’utente a spostarsi
autonomamente all’interno dell’ampio e variegato sistema
di strumenti mediatici disponibili per costruire i propri
palinsesti personali e autogestiti, fatti su misura,
rintracciando i contenuti di proprio interesse
consoni, secondo le sue
preferenze e i suoi bisogni, facendo individualmente
arbitraggio tra vecchi e nuovi media, per arrivare a
risulta
tendenzialmente superata la dimensione gerarchica che
attribuiva alle fonti tradizionali il ruolo insostituibile ed
esclusivo di emittenti dei messaggi professionali e
autorevoli dell’informazione mainstream, sostituita dalla
prassi dell’autoassemblaggio delle fonti nell’ambiente web
e da flussi continui e indistinti di informazioni propagate in
una dimensione orizzontale. (Dalla ricerca 2013 del Censis – PDF
scaricabile qui)
1. Dieta mediatica 2013:
cinque tabelle
Mezzi di comunicazione utilizzati
Gli italiani e l’accesso a Internet
A cosa serve Internet
Dove si informano gli italiani
Le dinamiche consumatori-aziende
1. Mezzi di comunicazione
Utenti dei media tradizionali e nuovi in Italia
Evoluzione nel periodo 2007-2013
Tv e radio reggono, crollano i quotidiani
1. Mezzi di comunicazione
1. Televisione +1%, radio +6% in sei anni. Nello stesso
intervallo, Internet: +18% -> l’opposizione media
tradizionali versus nuovi media è smentita dalle cifre
(modello “second screen”: gli utenti guardano la TV con lo
smartphone tra le mani)
2. Lettori dei quotidiani: -20% in sei anni. I giornali a
pagamento hanno perso un quarto dei lettori, ma anche i
quotidiani online hanno meno utenti rispetto a sei anni fa ->
coda lunga dell’informazione, polverizzazione dei manifesti,
agenda giornalistica multimediale e stabilita dall’utente
3. Utenti di Internet: 63.5%. Italiani con lo smartphone: 40%.
Lettura e connettività ubiqua dal punto di vista spaziotemporale -> le redazioni devono allungare i tempi di
produzione dei contenuti (dal mattino presto alla sera
tardi)
4. Lettori di ebook: 5.2%. È un mercato ancora di nicchia
2. Gli italiani e Internet
L’evoluzione digitale della specie
Comportamenti e tipologia degli utenti Internet in Italia
L’inizio del press divide
2. Gli italiani e Internet
1. Un italiano su due ha almeno un profilo sui social media, la
quota sale all’80% tra gli under 30 -> chi è assente, o è
presente in modo inappropriato, perde immediatamente
competitività (cinque anni fa non era così). Questo vale per
ogni segmento dell’informazione, dal giornalismo alla politica
2. Il 20% degli utenti Internet (44.6% tra gli under 30) ha
smesso di leggere informazioni dalla carta stampata:
nascita, e potenziale crescita del press divide in Italia
3. Non solo nativi digitali: l’84.3% degli italiani sotto i 44 anni è
utente di Internet (italiani tra i 14 e 44 anni: 22.9 milioni di
persone, dati ISTAT) -> le aziende non digitali perdono
per strada mezza Italia
4. Il 24.2% degli italiani ha fatto acquisti online negli ultimi
30 giorni -> l’e-commerce non è più un servizio per nicchie
di “coraggiosi”, ma una precisa scelta di marketing
3. A cosa serve Internet
Gli impieghi di Internet della popolazione italiana
Evoluzione nel periodo 2011-2013
Trionfa il segno +: gli italiani fanno sempre più cose
3. A cosa serve Internet
1. Il 43.2% cerca informazioni su aziende, prodotti e servizi
(attività più frequente degli utenti italiani) -> si parla di te
anche se tu non sei online. Ma se non sei online non puoi
gestire le crisi di comunicazione, né imparare, né utilizzare i
dati per migliorare la tua offerta
2. Gli italiani usano sempre di più Internet per ascoltare
musica: 34.5% -> dal supporto fisico (cd), al supporto
digitale (MP3) all’assenza di supporti (streaming)
3. Scarsa centralità delle attività “serie” (eccetto l’home
banking) su Internet, come sbrigare pratiche, allargare la
rete professionale o prenotare una visita medica: colpa
degli italiani, o di chi offre servizi?
4. Internet come luogo della partecipazione diretta alla vita
politica: parzialmente falso. Solo l’8.8% lo fa -> vince chi
mescola porta-a-porta e tecnologia
4. Gli italiani e l’informazione
Mezzi di informazione utilizzati in Italia
Evoluzione nel periodo 2011-2013
Vicinissimi al sorpasso di Facebook sui quotidiani
4. Gli italiani e l’informazione
1. Dominio assoluto dei telegiornali (86% in crescita come
pubblico +5 punti in due anni) e dei giornali radio (55.7%),
ma crollo della fiducia: sette italiani su dieci ritengono
manipolate le informazioni che provengono dai media
tradizionali -> crisi del giornalismo radio-televisivo, non crisi
del mezzo radio-televisivo.
2. I quotidiani sono fonte di informazione per il 39.2%,
Facebook è al 37.6%: due anni fa la distanza era di 21
punti -> i grandi editori devono imparare a stare sui social
media, se vogliono salvare la loro centralità
3. Facebook stacca Twitter (6.3%) di 31 punti percentuali ->
Facebook serve a comunicare in modo im-mediato, Twitter a
comunicare con, e attraverso, i filtri dei media tradizionali
4. Blog/forum sono letti solo dal 14.1% degli italiani: la
blogosfera italiana è considerata poco matura, o poco
influente (o entrambe le cose)
5. Comportamenti con le aziende
Canali di comunicazione clienti-aziende
Comportamenti adottati negli ultimi sessanta giorni
La pagina FB è più utilizzata dei call center telefonici
5. Comportamenti con le aziende
1. Il 36.6% degli italiani ha avuto un comportamento interattivo
con le aziende negli ultimi 60 giorni -> il modello di
relazione azienda-cliente basato esclusivamente sulla
transazione è definitivamente finito. L’assistenza pre e
post-vendita rappresentano elementi di (web)marketing
sempre più irrinunciabili
2. Il sito web dell’azienda è il primo luogo dell’interazione: un
sito fatto male equivale a una brutta prima impressione,
il cliente può essere perso per sempre
3. Facebook è più utilizzato rispetto alla consulenza
telefonica come forma di interazione cliente-azienda -> la
distribuzione dei budget su social media e sull’assistenza
telefonica è già stata aggiornata sulla base di questo cambio
di comportamento?
4. Contenuti prodotti dagli utenti hanno un peso equivalente ai
contenuti aziendali: dalla reclame alla web reputation
2. Cinque
approfondimenti
La distanza giovani-anziani
I tre tipi di super-utenti Internet
I tre tipi di lettore
Investimento in “media personali”
Dalla reclame alla web reputation
1. La distanza giovani-anziani
“Forti restano le distanze tra i consumi mediatici dei giovani e
quelli degli anziani, con i primi saldamente posizionati sulla linea
di frontiera dei new media e i secondi distaccati, in termini di
quote di utenza, di decine di punti percentuali
iscritto a Facebook,
contro appena il 9,2% dei secondi; il 66,1% degli under 30 usa
telefoni smartphone, ma lo fa solo il
degli
anziani (il 2,7%); il
un tablet, solo il 2,3% degli anziani lo usa.
ampiamente inferiore a quella
degli ultrasessantacinquenni (il 52,3%)” (Censis)
2. I tre tipi di super-utente Internet
composto da quanti si collegano
alla rete con una connessione adsl da un pc da tavolo o da un
pc portatile, ma per meno di un’ora al giorno: sono i “connessi
tradizionali” (19.9%)
, specie per motivi di lavoro e di studio. Il secondo
gruppo approfitta delle connessioni wifi e di apparecchi come i
tablet e gli smartphone per un periodo di tempo che arriva fino
alle tre ore giornaliere: sono i “connessi mobili” (8.1%)

(11.5%)

possibile. Mai come i “supermobili”
, che fanno ricorso alla connessione mobile da

deciso sono
entrati nell’era biomediatica.” (dati Censis parametrati sugli utenti
totali Internet, il 63.5% della popolazione)
3. I tre tipi di lettore
“Si presentano tre profili di consumatori di news nettamente
distinti. I
giovani sono orientati verso una informazione
molto personalizzata, che trova un minimo comun denominatore
nei messaggi dei telegiornali, poi si polverizza nella ricerca di
quello che interessa individualmente (i motori di ricerca su
internet) o per piccoli gruppi di riferimento (gli amici che fanno.
degli adulti, che sono comunque
cresciuti acquisendo una grande confidenza con i media digitali,
si riconosce in parte la
da un
uso maggiore dei media strutturati, sia generalisti come i tg,
sia mirati come le tv all news, con una apertura anche verso i
quotidiani che si comprano in edicola. Infine ci sono le
generazioni pre-digitali, legate a tv, radio e quotidiani

che sulla spinta dei loro desideri.” (Censis)
4. Investimento in media personali
aggiornati risulta che da molti anni la

in dettaglio, negli ultimi vent’anni,
aumentata del
329,5%, mentre la spesa per libri e giornali ha segnato un 20,3%, con un ripiegamento cominciato a partire dal 2004.
Nello stesso arco di tempo, la spesa per telefoni e servizi
telefonici ha registrato un aumento del 366,4%
stato progressivo ma meno impetuoso (+49,9% negli ultimi dieci
anni)” (Censis).
5. Reclame -> web reputation
“Il consumatore ha nuovi strumenti a portata di mano per farsi,
da fruitore passivo, utente attivo: ricercando le opinioni degli altri
consumatori dei prodotti e servizi di suo interesse, inviando
lamentele direttamente all’azienda [..] entrando in relazione con
la community di persone con cui ha in comune gli stessi gusti:
occasione di condivisione di
stili di vita. Presenza sul web, interazione telematica e good
reputation online sono tre fattori che contribuiscono alla
costruzione dell’immagine aziendale […] e una presenza
articolata su internet diventa una leva di consenso significativa

digitale forte, un io
virtuale dialogante capace di posizionarsi in una logica
orizzontale rispetto alla comunicazione d’impresa.” (Censis)
Il terreno di gioco
L‟inizio dell‟era biomediatica
(indagine Censis, ottobre 2012)
1. Un italiano su due è su Facebook
Gli usi della Rete
1. Un italiano su due è su Facebook
1. Tendenziale sovrapposizione tra Internet
e Facebook
2. Due utenti di Internet su tre sono su FB
(+17% in dodici mesi)

3. Facebook in Italia nel 2008: 600mila
iscritti. Cinque anni dopo: 21 milioni
4. Youtube in Italia: 61.8% degli utenti
attivi (Twitter, circa 2.5 milioni di iscritti)
2. Rete e comportamenti d‟acquisto
Nuovi fattori di influenza
2. Rete e comportamenti d‟acquisto
1. Due italiani su tre consultano Internet per
valutare l‟acquisto di un prodotto
2. Quasi un italiano su tre può convincersi
leggendo un commento di un altro utente su
forum o social media
3. Per un italiano su quattro Internet è il
luogo dove si cercano offerte

4. Un italiano su dieci chiede espressamente
aiuto nelle valutazioni attraverso i social
media
3. La TV è sempre la TV, ma…
Fonti di messaggi pubblicitari
3. La TV è sempre la TV, ma…
1. Internet è il secondo mezzo più
“influenzante” in termini pubblicitari, più dei
giornali e della radio (giornali + riviste >
Internet)
2. La televisione è sempre al primo posto, ma
non esiste un dominio assoluto di un mezzo
sugli altri
3. Tendenze stabili fino a 45 anni, poi Internet
cede il passo ai mezzi tradizionali
4. Internet è più efficace tra i più istruiti
Video #3
Ivan Krastev
Può esistere democrazia
senza fiducia?
#3 – Democrazia senza fiducia
http://www.ted.com/talks/lang/it/ivan_krastev_can_democrac
y_exist_without_trust.html

Cinque grandi rivoluzioni hanno modellato la cultura
politica degli ultimi 50 anni, spiega il teorico Ivan
Krastev, che mostra come ogni passo in avanti - dalla
rivoluzione culturale degli anni '60 alle recenti
scoperte nel settore delle neuroscienze - abbia
anche contribuito a erodere la fiducia negli
strumenti della democrazia. Come lui stesso dice,
"Quello che è andato bene è anche quello che è
andato storto". La democrazia può sopravvivere?
Dove sono i voti
degli italiani?

Democrazia senza fiducia, comunicazione
extramediale, il ruolo di Internet: le nuove
dinamiche di socializzazione elettorale
Sommario
A. Analisi dei dati della ricerca Censis “Il primato
dell’opinione nella comunicazione orizzontale”
(18 giugno 2013)
- Calo della fiducia nei media, in Italia e in Europa
- Nuovi agenti di socializzazione elettorale
- Internet e democrazia: un’alleanza non
automatica
B. Come cambia l’organizzazione e la
comunicazione politica: cinque idee per
“aggiornare” i partiti
Premessa (1): i media sono io
di
due paradigmi fondamentali:
- da una parte, la moltiplicazione e l’integrazione dei
mezzi di informazione e comunicazione di cui
disponiamo;
- dall’altra, una finora
dell’utente
tendenzialmente in grado di comporre
attivamente i propri palinsesti fatti su misura, in base ai
, grazie alle tecnologie digitali, contenuti
autoprodotti.
(Censis, giugno 2013)
Premessa (2): non mi fido più
Solo tre istituzioni, in Italia, superano il 50% di fiducia.
Il problema di fiducia riguarda la politica,
ma non è l’unica “malata”
(dati Demos-Repubblica, 31 dicembre 2012)
Scenario
Le nuove campagne elettorali si giocheranno su un
terreno caratterizzato dalle seguenti tendenze:
- Sfiducia generalizzata nei “mittenti” (politici e non
politici)
- Fiducia crescente nei “vicini” (reti prossimali di
relazioni)
- Controllo crescente dell’attendibilità dei messaggi dei
mittenti da parte dei destinatari: fine delle promesse,
fine della stagione degli annunci, fine della retorica
- Aumento della mediatizzazione della politica, anche
se i media sembrano sempre più deboli
- Autocomunicazione di massa come nuovo, cruciale,
obiettivo delle campagne elettorali: tutti devono poter
parlare con la stessa voce e gli stessi contenuti, ma
ogni sostenitore deve poter scegliere quando e come
farlo
1. Democrazia
senza fiducia
Meno tv generalista,
meno giornali,
meno fiducia nelle istituzioni:
le conseguenze
1a Fiducia nei media (2011-2012)
-11%: fiducia nella televisione in Italia vs media europea
(in Italia la televisione è vista dal 98.3% della popolazione)
1a Fiducia nei media (2011-2012)
Fiducia nell’informazione radiofonica in Svezia: 80%
(Italia: 39%)

Fiducia nell’informazione televisiva in Austria: 70%
(Italia: 37%)
Fiducia nella stampa in Olanda: 57% (Italia: 35%)

Internet è l’unico canale in cui in Italia c’è più fiducia
rispetto alla media europea, ma è un dato comunque
piuttosto basso (38%)
Conseguenze: dispersione della fiducia, atteggiamento
dubbioso dei destinatari dell’informazione, riduzione
della capacità di influenza del mittente sui
destinatari
1b Fuga dai giornali (2000-2012)
-34.3%: calo delle vendite dei quotidiani
negli ultimi dodici anni (due milioni di copie)
1b Fuga dai giornali (2000-2012)
Cause/conseguenze
A. Press divide: “

usano Internet per
informarsi e per accedere a tutti gli strumenti che per
comunicare si avvalgono della scrittura” (Censis)

B. Perdita del peso sociale dei quotidiani, da prima a
ultima porta di accesso alle notizie: “
d’influenza in
ragione dei processi di frammentazione innescati dalla
moltiplicazione dei media e dai percorsi individuali di
acquisizione delle informazioni da parte del pubblico”
(Censis)
1c Meno tv generalista (2000-2012)
-17.1%: calo dello share di Rai e Mediaset dal 2000 a oggi
(la somma degli ascolti resta comunque alta: 73.6%)
1c Meno tv generalista (2000-2012)
Cause/conseguenze
A. Rai: -7.5%; Mediaset -9.6% negli ultimi 12 anni ->
coda lunga della televisione
B. Stesso trend per i telegiornali
sceso dal 26,9% del 2010 al 22,6% del 2012,
quello del Tg5 dal 22,4% al 19,2%

C. 1992-2011: incremento medio dei consumi del
20,3%,
aumentata del 329,5%, mentre la spesa per libri e
giornali ha segnato un -20,3% -> coda lunga
dell’informazione, preferenza per mezzi “individuali” di
produzione e ricezione di contenuti giornalistici
1d Facebook, Twitter, popolo, elite
-35.9%: italiani che usano Twitter
rispetto a quelli che usano Facebook
(-68.1% tra gli under 30)
1d Facebook, Twitter, popolo, elite
Cause/conseguenze
A. Youtube popolare quanto Facebook tra gli under
30 -> “dominio del video” tra le fasce più giovani (42.4%
degli italiani guarda programmi TV via Youtube, 56.6%
tra gli under30)
B.La prevalenza di Facebook su Twitter è trasversale:
tra i più giovani, tra i più istruiti, tra gli utenti attivi di
Internet. Youtube, invece, tiene testa a Facebook in
tutte le categorie -> Facebook è più utile a parlare
con il grande pubblico online, Twitter è più utile a
influenzare il dibattito sui media tradizionali

C. 80% degli under30 è iscritto a Facebook e usa
Youtube (solo 11.6 è iscritto a Twitter) -> elettori 18-30
vanno raggiunti quasi esclusivamente sui social media
1e Manipolazione vs indipendenza
7 su 10: gli italiani che pensano che “gli apparati
dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie”
1e Manipolazione vs. indipendenza
Cause/conseguenze
A.Gli italiani pensano di potersi informare senza alcun
aiuto esterno: 85% -> facile informare, altrettanto facile
disinformare
B.Pur considerandolo “manipolatorio” (70%), gli italiani
non considerando il sistema dei media attuale
“superato” (è così solo per il 36% della popolazione) ->
la crisi di fiducia è nei confronti dei giornalisti
italiani, non del giornalismo in genere
C.La partecipazione degli utenti garantisce
l’indipendenza delle notizie per il 44% degli italiani
-> fiducia in Internet come tecnologia, non nel
giornalismo su Internet
Sintesi e tendenze (1)
Giornali mai così deboli, mai così forti
Anche se i giornali sono sempre meno letti, le loro storie
sono la benzina necessaria per il dibattito, sui vecchi
e sui nuovi media. Il dibattito può nascere da opinioni e
non solo da fatti. Questo disperde la discussione
pubblica in mille rivoli e la dispersione,
paradossalmente, rimette al centro la capacità di sintesi
dei grandi gruppi editoriali, specie se sono tra loro
“alleati”.
“La TV cerca nei giornali una legittimazione e i giornali
si infilano nei palinsesti televisivi. In base a questa
salda alleanza dell’informazione mainstream, se serve
un commento autorevole, si invita il giornalista della
carta stampata e il direttore di un quotidiano fa la sua
comparsa nei talk show politici.” (Censis)
Sintesi e tendenze (2)
Twitter fa (e farà) notizia anche con meno pubblico
Se i giornali (e i giornalisti) hanno ancora un controllo
molto forte sull’agenda del dibattito pubblico, soprattutto
nazionale, è l’interazione tra organizzazione e media a
favorire la notiziabilità di un’azione di comunicazione.
Se giornali e giornalisti usano Twitter (più che
Facebook) come strumento di reperimento e
produzione di contenuti, è lì che in questa fase si gioca
la partita della mediazione giornalistica.
La partita della disintermediazione (contatto diretto
mittenti-destinatari), invece, si gioca su Facebook (24
milioni di utenti in Italia). Facebook è il luogo della
conversazione, Twitter della relazione.
2. Nuovi agenti
di socializzazione politica
Le campagne elettorali
del futuro prossimo:
extramediali (ma ipermediali)
2a Non mi fido dei media, mi fido di
te
+24.9%: italiani che acquisiscono informazioni
da parenti e amici prima di votare (2009-2013)
2a Non mi fido dei media, mi fido di te
Cause/conseguenze
A.I talk show politici (+6.6%) si avvicinano molto ai
telegiornali (-14%) per capacità di influenza -> ogni
apparizione televisiva può far perdere o guadagnare
voti. L’impreparazione è nociva
B.Totale perdita di centralità della comunicazione
istituzionale dei partiti come capacità di influenza
(materiali di propaganda: 9%; siti Internet dei partiti
5.9%; eventi “fisici” 4%) -> non sprecare soldi in questo
genere di attività
C.I social media non “spostano voti” (blog + Facebook +
forum di discussione: 8.7%) -> Internet non è il luogo
della propaganda, ma il luogo dell’organizzazione
politica e dell’offerta di contenuti
2b Non mi fido dei media, mi fido di te
Agenti di socializzazione elettorale nelle ultime elezioni politiche (2013)
(dato disaggregato per coalizione)
2b Non mi fido dei media, mi fido di te
Cause/conseguenze
A.Le differenze tra coalizioni ci sono, ma non sono così
rilevanti. I telegiornali sono “primi” per tutti (tranne
elettori M5S), il passaparola è “secondo” per tutti (primo
per M5S) -> le differenze tra centrosinistra e
centrodestra nel mix mediale degli agenti di
socializzazione sono state sopravvalutate
B.Uniche differenze significative (e prevedibili): più peso
della tv per il centrodestra, più peso degli eventi “fisici”
per il centrosinistra -> al centrosinistra serve la buona
televisione per vincere
C.I social media hanno pesato come strumento di
propaganda diretta solo per il M5S -> dato stabile o
volatile?
Sintesi e tendenze
Internet non sposta un voto, ma fa molto di più

diventata la nuova spina dorsale
dell’intero sistema della comunicazione

ormai
compiuta. (Censis)
Produzione (digitale) del contenuto -> distribuzione sui
nuovi media -> diffusione sui mezzi tradizionali
-> interpretazione e dibattito sui nuovi media ->
comunicazione extramediale
3. Internet e democrazia:
un’alleanza
non automatica
Più connessi, più scettici,
più attivi, (più astenuti)
3a Always on, everywhere on
50.9%: percentuale di ricavi delle compagnie telefoniche
(rapporto spese per telefonate/spese per navigazione –
nel 2005 era 25.1%)
3a Always on, everywhere on
Cause/conseguenze
A.Comunicazione politica generativa -> si è (quasi)
tutti in campagna elettorale su Internet sempre,
comunque, dovunque, da qualsiasi dispositivo, che ci
piaccia o meno
B.Era biomediatica -> ogni utente, produttore e
consumatore di contenuti allo stesso tempo, può
produrre contenuti capaci di “spostare voti”, senza la
minima mediazione delle organizzazioni politiche
tradizionali
C.I partiti devono comunicare 24 ore su 24, sette
giorni su sette (esattamente come i loro elettori fanno
già da anni, senza chiedere il permesso a nessuno)
3b Internet “peggiora” la politica?
35.3%: percentuale di italiani che ritiene che
le nuove tecnologie digitali abbiano
“peggiorato l’organizzazione dei movimenti politici” (solo il 15%
pensa che sia migliorato)
3b Internet “peggiora” la politica?
Cause/conseguenze
A.Il settore maggiormente favorito dalle tecnologie
digitali è l’informazione, secondo gli italiani ->
giornalismo senza fiducia + Internet = percezione di
emancipazione “collettiva” dai gruppi editoriali
B.Il 28.8% degli italiani ritiene che la formazione delle
opinioni politiche sia peggiorata con Internet -> era
biomediatica o solipsismo? Autocomunicazione di
massa o populismo?
C.Il 53% degli elettori di centrosinistra parteciperebbe a
referendum consultivi online (35.6% centrodestra, 69%
MoVimento5Stelle) -> una quota non trascurabile di
italiani chiede di ricostruire il rapporto tra tecnologie e
volontà politica
Sintesi e tendenze (1)
Internet aiuta la democrazia solo se
la democrazia vuole farsi aiutare da Internet
Il rapporto ambivalente tra gli italiani e Internet (fiducia più
alta della media europea vs. scarso ruolo dei social media
nelle azioni di propaganda dirette; percezione di
indipendenza vs. percezione di peggioramento della vita
politica) è tale perché mediato da una terza variabile: la
sfiducia nella politica.

Gli italiani vogliono partecipare, non trovano i luoghi giusti
per farlo, hanno ascoltato per anni promesse vuote sulla
partecipazione, ora rispondono con frustrazione.
Conoscono la maturità degli strumenti, li usano
giornalmente, ora si aspettano lo stesso da partiti e
politici.
Sintesi e tendenze (2)
Non esiste alcuna correlazione tra accesso a Internet e
aumento della partecipazione diretta al voto
Affluenza politiche 2008-politiche 2013: -6%
Accesso a Internet in Italia 2008-2013: +16%
Più informazione = più disillusione = più astensione?
È una tendenza solo italiana o universale?
Le risposte a queste domande richiedono analisi continue
e dettagliate, ma il solo fatto che ci si debba porre questi
due interrogativi ci dice che Internet può favorire
l’accesso a processi democratici, ma questo accesso
non è affatto automatico. Serve delega politica e serve
dare “un senso” misurabile alla partecipazione (io-militante
dedico tempo alla partecipazione, la mia partecipazione
contribuisce a cambiare le cose)
Conclusioni
Cinque idee operative
per “aggiornare i partiti”
1 Da opinion maker a problem solver
Il sistema dei media è aumentato per complessità e
velocità. L’agenda può essere dettata da più attori. I
media tradizionali, pur essendo più deboli, hanno
comunque la possibilità di orientare il dibattito sui social
e di “interpretarlo” secondo proprie logiche editoriali.
Per queste ragioni è quasi impossibile che un partito
“detti l’agenda” attraverso sue iniziative (che, come
abbiamo visto, non incidono neanche sulle intenzioni di
voto). Più che provare a farsi sentire con proprie idee
slegate dal contesto, i partiti dovrebbero sapere cosa
dire, in qualsiasi momento, a commento e supporto di
un fatto di attualità.
Esempio: episodio di cronaca -> partito fa proposta di
legge/iniziativa online sul tema entro 12 ore dal picco di
attivazione. Partito = “servizio assistenza elettori”
1 Da opinion maker a problem solver
Dalla democrazia del consenso…
di
orientamenti e istanze sociali; sull’azione di soggetti di
rappresentanza intermedi (i partiti di massa, il grande
e identificazione di interessi
collettivi; su processi di costruzione del consenso
attraverso il confronto nelle sedi istituzionali appropriate
e la composizione delle diverse tensioni in gioco”
(Censis)
1 Da opinion maker a problem solver
…alla democrazia dell’opinione
…fondata, al contrario, sulla logica della
semplificazione, che accentua l’importanza dei singoli
eventi piuttosto che le strutture durevoli e i processi
storico-sociali in cui si determinano; sulla immediatezza
dei messaggi e la non mediazione dei contenuti
(dall’uso spregiudicato dei sondaggi ai confronti
televisivi dei leader di schieramento); sul legame a
doppio filo con il sistema dei media, chiamati a essere i
principali interpreti dell’opinione degli italiani e, al
tempo stesso, i principali strumenti di formazione
delle opinioni (Censis)
2 Tutti i contenuti pronti, sempre
La velocità di risposta politica ai picchi di attivazione
mediatica dipende dalla capacità di elaborazione
politica pregressa. Se un partito non sa “cosa dire” su
un tema diventato (improvvisamente) di attualità, sarà
semplicemente oscurato dagli altri partiti e dagli altri
attori mediatici. Non sarà percepito, e dunque, non sarà
considerato utile.
Passaggio dalla logica delle “campagne” (tematiche,
stagionali) alla logica Wiki: i documenti politicoprogrammatici devono essere sempre aggiornabili, da
parte dei dirigenti e degli iscritti, anche
contemporaneamente anche online, per garantire
qualità e flessibilità. Se manca una delle due
componenti, manca la capacità dell’iniziativa politica ai
tempi della comunicazione orizzontale e diffusa.
3 Partito instant: la “regola dello 0.1%”
Non si vive di sola tattica (per fortuna!), ma i voti si
“spostano” ogni giorno e su diversi canali di
comunicazione. Per questo le organizzazioni politiche
devono dotarsi di strutture creative rapide, capaci di
realizzare campagne di comunicazione “instant”, buone
per inserirsi nel dibattito frenetico dei nuovi media per
24-36 ore, attraverso micro-campagne tematiche, azioni
di satira o adottando maggiore aggressività nei confronti
degli avversari rispetto al solito, allo scopo di
capitalizzare i difetti di comunicazione degli altri o per
sottolineare caratteristiche identitarie. Per provare a
guadagnare (o a non perdere) lo 0.1% dei voti, tutti i
giorni.
Nota bene: tattica senza strategia = comunicazione
senza contenuto = fuffa.
4 Partecipazione = democrazia interna
Qualsiasi iniziativa che chieda ai cittadini di
“partecipare” e che non porti alcun risultato concreto in
termini politici equivale a una promessa non mantenuta.
Anche se organizzata con i migliori auspici, la
partecipazione frustrata genera disillusione,
sfiducia, disinteresse, esattamente come una
qualsiasi, cattiva, gestione politica. I processi di
partecipazione possono funzionare solo se sono
“obbligatori”, cioè se c’è una connessione certa tra
attivazione e comportamenti.
LiquidFeedback non funzionerà se il dibattito gira a
vuoto, così come progetti come TuParlamento possono
diventare boomerang se i politici che promettono
“democrazia” non possono poi garantirla a causa di vizi
di democrazia interna nei loro partiti.
5 Comunicare meno
Interviste, dichiarazioni, promesse, aspettative:
l’iperpresenza comunicativa della politica non ha
portato consenso, ma sfiducia. Gli attuali livelli di
sfiducia impongono uno stile di gestione pubblica
completamente differente rispetto al recente passato:
- i politici dovrebbero parlare solo quando hanno
qualcosa di nuovo da dire;
- i politici dovrebbero parlare con i media solo quando
devono annunciare grandi novità strategiche o
informare su risultati acquisiti (no promesse, no
polemiche);
- i politici non dovrebbero fare annunci, perché oggi è
troppo facile chiedere loro conto di eventuali fallimenti
- ogni azione di comunicazione deve avere il fine
principale di illustrare la ricaduta immediata di ciò che
si propone sulla vita quotidiana dei cittadini.
Cinque buone idee di
comunicazione per chi ha
appena vinto le elezioni
La campagna elettorale permanente:
opportunità e fatiche, metodi di
consolidamento e allargamento del consenso

di Dino Amenduni
Sommario
Cinque cose da fare
subito dopo aver vinto le elezioni
1. Evitare un cambio drastico delle abitudini di
comunicazione
2. Ampliare e diversificare la propria presenza sui
social per evitare l’effetto-parafulmine
3. Continuare a fornire contenuti inediti e
aggiornati ai sostenitori
4. Creare (e comunicare) format stabili di
comunicazione
5. Organizzare la mobilitazione: le super-issues
Premessa
“Undicesimo comandamento che
suggerisco a tutti i candidati: evitare di
andare in giro per i mercati rionali a
fare l'amicone del quartiere e poi
sparire dopo la nomina a sindaco”
(il mio amico Roberto su Facebook: come lui, chissà quanti
altri)
Si spengono le luci,
tacciono le voci
Evitare un cambio drastico delle
abitudini di comunicazione dopo la
fine della campagna elettorale
Evitare cambi drastici
Gli sforzi dei candidati in campagna elettorale nei processi
di ascolto, di confronto, di incontro della cittadinanza sono
superiori a ciò che gli elettori sono abituati a vedere durante
le normali fasi della vita politica.
La ripetizione sistematica di questo comportamento ha
generato sfiducia nell’elettorato, che dunque crede sempre
meno alle promesse elettorali.

Obiettivo: preservare il piccolo capitale di fiducia che i
vincitori delle elezioni riescono a conquistare.
Alternativa: effetto-boomerang, (più) rapida perdita del
consenso
Evitare cambi drastici
Alcuni esempi di azioni di comunicazione classicamente
abbandonate dopo la fine della campagna elettorale:
- Gestione dei profili del candidato sui social media (ancor
più vero per i candidati sconfitti);
- Incontri a cadenza regolare con i cittadini (forum,
iniziative nei quartieri);
- Appuntamenti a cadenza regolare su Facebook e Twitter
(livetweeting, sessioni di domande e risposte online);
- Produzione di materiali di comunicazione sulle attività
politiche del candidato (newsletter, infografiche).
Evitare cambi drastici
Buona pratica: #matteorisponde
Format settimanale di confronto tra Renzi e gli utenti su
Twitter. Nasce durante la campagna elettorale…
Evitare cambi drastici
Buona pratica: #matteorisponde
…e prosegue anche dopo la campagna elettorale, in
forma ancor più istituzionale (Renzi come segretario del
PD)
Evitare cambi drastici
Cattiva pratica: Bill De Blasio, sindaco di New York
Gli aggiornamenti della pagina Facebook ufficiale, e del
suo sito, sono fermi al 6 novembre 2013 (giorno
dell’elezione)
Evitare cambi drastici
In sintesi:
- Attivare meccanismi di partecipazione durante le elezioni è
un’arma a doppio taglio: può favorire la costruzione del
consenso durante la campagna con la stessa velocità con
cui può accelerare la sua erosione se i processi di ascolto
sono bruscamente interrotti dopo aver vinto le elezioni;
- Una strada alternativa per costruire e conservare il
consenso può essere: mettere in campo un numero
minore di azioni prima delle elezioni, con l’impegno di
conservare queste “abitudini” dopo la fine della campagna
elettorale.
Evitare l’effetto
parafulmine
La comunicazione istituzionale
non deve riguardare solo i profili
del politico eletto
Evitare l’effetto parafulmine
Un politico in campagna elettorale è obbligato a ridurre la
complessità e a rispondere in prima persona di tutte le
questioni che riguardano i problemi del territorio che si
intende amministrare (dal Municipio al Governo).
Questa scelta obbligata porta a centralizzare la sua
comunicazione, con vantaggi in termini quantitativi (ad
esempio: più contatti sul sito e sui social media).

Ma (per esempio) è giusto che un sindaco a domande a cui
dovrebbe rispondere un Ufficio Relazioni col Pubblico
risponda sui suoi canali personali?
Evitare l’effetto parafulmine
Dopo aver vinto le elezioni si deve però cambiare strategia
e separare la comunicazione personale
dall’istituzionale, altrimenti il politico dovrà rispondere
(pubblicamente) anche di questioni che non lo riguardano
direttamente.
Questo, nella pratica, vuol dire organizzare una rete di
profili istituzionali sui principali social media, curati da
dipendenti della PA o da figure di staff, che devono
rispondere alle principali questioni amministrative, dandone
conto al politico con regolari report interni.
Evitare l’effetto parafulmine
Buona pratica: Comune di Milano – Palazzo Marino (link)
Pagina Facebook di ufficiale di comunicazione istituzionale,
con “orari di ufficio” e una policy di gestione dei
commenti pubblica e non discrezionale.
Evitare l’effetto parafulmine
Buona pratica: Comune di Milano – Palazzo Marino (link)
Nelle informazioni della pagina è possibile consultare un
documento di due pagine (link) in cui è scritto come la
pagina è gestita e cosa “succede” ai commenti degli
utenti.
Evitare l’effetto parafulmine
In sintesi:
- Ridurre la complessità della comunicazione istituzionale
offre un vantaggio immediato in termini di visibilità e accessi
al profilo, ma la centralizzazione non è la strategia
migliore a lungo termine: un politico eletto deve giocare di
squadra con l’istituzione che rappresenta;
- Dopo aver vinto le elezioni si deve perciò cambiare
strategia e diversificare la comunicazione personale
dall’istituzionale, altrimenti il politico dovrà rispondere
(pubblicamente) anche di questioni che non lo riguardano
direttamente.
Sentirsi in campagna
elettorale permanente
La comunicazione istituzionale
è fondamentale,
soprattutto sui social media
Campagna elettorale permanente
L’appuntamento elettorale è il momento in cui una comunità
si confronta in modo più acceso e determinato sulle scelte
politiche dei candidati, ma questo non vuol dire che un
politico eletto possa permettersi il lusso di comunicare
meno, o peggio, negli anni trascorsi tra un’elezione e l’altra.
Siamo in campagna elettorale permanente: ogni
dichiarazione pubblica, ogni scelta amministrativa, è
“sondata” dai media, dagli istituti di ricerca ed è discussa
dagli utenti sui social media. Il consenso si deve
difendere ogni giorno.
Campagna elettorale permanente
Alcuni esempi di azioni di comunicazione istituzionale da
progettare sui social media:
- Condivisione, in un linguaggio didascalico e
comprensibile, delle principali scelte amministrative (di una
Giunta, di un Consiglio dei Ministri…);
- Infografiche per facilitare la comprensione delle scelte;
- Fotografie prima/dopo per comunicare la risoluzione dei
problemi, soprattutto se quei problemi sono stati sottolineati
dagli utenti (attraverso i social media o i canali istituzionali
tradizionali);
- Dirette streaming di consigli comunali, conferenze
stampa, eventi di interesse pubblico.
Campagna elettorale permanente
Buona pratica: Pagina Facebook del Comune di
Barcellona, ricca di contenuti di interesse generale e di
meccanismi di coinvolgimento del pubblico
Campagna elettorale permanente
Buona pratica: infografica sulla città di Newark,
New Jersey (dal sito del Comune)
Campagna elettorale permanente
Cattiva pratica: Regione Calabria su FB (pagina ufficiale?),
non aggiornata dal 2009 (gli utenti, però, continuano a
scrivere sulla bacheca della pagina)
Campagna elettorale permanente
In sintesi:
- La comunicazione istituzionale passa in via prioritaria dai
social media: ridurre i contenuti veicolati attraverso quei
canali vuol dire dare l’idea che gli amministratori non
abbiano risultati da condividere con il pubblico;
- Al contrario, pubblicare contenuti inediti di comunicazione
istituzionale permette a elettori, militanti o semplici cittadini
di allargare il bacino potenziale di cittadini informati
attraverso la comunicazione istituzionale oltre i classici
canali ufficiali;
- Si guadagnano (e si perdono) voti tutti i giorni.
Format stabili
di comunicazione
Per aiutare i cittadini a trovare
le informazioni, serve regolarità
Format stabili di comunicazione
La serialità, in comunicazione, paga (immaginate una
serie TV in cui il giorno di messa in onda dovesse cambiare
in continuazione…), perché prepara il pubblico, gli permette
di sapere dove e come cercare le informazioni e, nel caso
della comunicazione politica, di interagire con il candidato o
con la Pubblica Amministrazione in vista dell’appuntamento
successivo.
Per questi motivi un politico appena eletto deve subito
condividere appuntamenti fissi di confronto con la
cittadinanza, poco importa se siano offline o online.
Format stabili di comunicazione
Alcuni esempi di format di comunicazione istituzionale
stabile:
- Appuntamento settimanale su una TV locale;
- Sessione di domande/risposte sui social media, a
cadenza fissa;
- Appuntamento fisso di un amministratore all’interno di
luoghi simbolo di una città o di una comunità (esempio:
tutti i giovedì sera in un centro per anziani);
- Forum “fisici” di incontro con la cittadinanza all’interno
delle circoscrizioni elettorali, a cadenza fissa.
Format stabili di comunicazione
Buona pratica: Appuntamento televisivo del venerdì di
Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, su Lira TV
Format stabili di comunicazione
Buona pratica: Weekly address della Casa Bianca:
messaggio radio del sabato mattina (con Obama è
diventato anche video-messaggio su Youtube)
Format stabili di comunicazione
In sintesi:
- Una delle prime azioni che un politico neo-eletto dovrebbe
adottare è un piano sistematico dei momenti di confronto
con la cittadinanza. Il piano, ovviamente, non dovrebbe mai
essere interrotto o ridimensionato (se ci riesce Obama…);
- Questi appuntamenti devono essere condivisi con
un’agenda pubblica, altrimenti la pianificazione può essere
parzialmente vana;
- Stabilizzare la comunicazione vuol dire semplificare il
lavoro organizzativo, ma anche aumentare il lavoro
redazionale di preparazione.
Organizzare
la mobilitazione
Unire amministrazione e visione:
le super-issues
Organizzare la mobilitazione
Un programma politico è fatto di priorità amministrative,
che spesso coincidono con i temi forti di una campagna
elettorale. Un politico eletto grazie a impegni pubblici su
temi determinanti difende la sua credibilità solo se porta
risultati apprezzabili proprio su quei temi.
Per raggiungere obiettivi “di visione”, però, serve tempo e in
alcuni casi serve il sostegno popolare.

Un reciproco patto politico-elettore per il raggiungimento di
un obiettivo può essere la base della mobilitazione
popolare durante un mandato.
Organizzare la mobilitazione
Dichiarare apertamente quali sono gli obiettivi di lungo
termine di un amministratore uscente, e spiegare ai cittadini
come possono contribuire al raggiungimento di quegli
obiettivi, è una modalità di gestione e consolidamento del
consenso, e allo stesso tempo è una modalità trasversale di
comunicazione politica: un cittadino può non aver votato
per un politico, ma può appoggiare una sua specifica
battaglia.

Schema di lavoro: super-issues -> una sezione del sito del
politico eletto spiega quali sono gli obiettivi e come un
cittadino può far sentire la propria voce per raggiungerli.
Le super-issues
Buona pratica: Homepage del sito di Barack Obama:
qui l’utente può subito individuare le principali battaglie
politiche del suo mandato presidenziale.
Le super-issues
Buona pratica: all’interno della singola issue c’è un minisito apposito che contiene le informazioni principali
e le possibili modalità di attivazione da parte dei cittadini.
Le super-issues
Buona pratica: qualsiasi sia l’argomento in questione, ci
sono sempre tre possibilità di coinvolgimento popolare:
informazione, condivisione, attivazione.
Organizzare la mobilitazione
In sintesi:
- Un mandato si valuta soprattutto sul rispetto delle
promesse elettorali: più grandi sono le promesse, più
ampio potrà essere il consenso pre-elettorale, più alte
saranno le aspettative post-elettorali. L’unica modalità
possibile di gestione di problemi complessi è considerare il
cittadino un alleato, e metterlo nelle condizioni di offrire il
sostegno politico necessario per le grandi riforme.
- Un sito personale di un neo-eletto può, attraverso le
super-issues, potenziare la comunicazione istituzionale di
un ente pubblico o di un partito.
Conclusione
Il popolo non è organizzato; perciò
l'espressione della sua volontà perché i
suoi mediatori - i partiti - hanno perso
contatto con il popolo.
(Adriano Olivetti, 1949. Da allora le cose sono
ulteriormente peggiorate)
Scrivere (per) la politica

Creatività, emozione, dati:
dieci idee per costruire un discorso politico efficace
(i risultati di un’esercitazione)
Sommario
1. La comunicazione politica dal dopoguerra ai giorni
nostri: dieci stimoli, dieci brainstorming
2. Dalla teoria alla pratica e viceversa: la costruzione
collettiva di un decalogo di buone pratiche per la
scrittura creativa per la politica (esercitazione)
L’esercitazione ha avuto luogo a Putignano (Bari), il 17 luglio
2013, all’interno di un laboratorio del progetto Scrivoanchio.
Hanno partecipato 20 ragazzi tra i 14 e i 18 anni, finalisti di un
concorso nazionale di scrittura, i quali hanno liberamente
commentato le campagne da noi proposte (efficacia, impatto,
attualità, scelte grafiche, testi, musiche…).
Il brainstorming ha offerto gli spunti per la definizione del
decalogo della buona scrittura per la politica
Esercitazione: il modello
Fase1: brainstorming e dibattito sui dieci stimoli, presentati
singolarmente
Fase2: stesura e condivisione delle buone pratiche tra i
partecipanti
Fase3: divisione in quattro gruppi, ognuno dei quali aveva il
compito di scrivere un appello al voto di un candidato presidente
del Consiglio di max 3 minuti. Il testo poteva tener conto del
decalogo appena realizzato e doveva essere interpretato da un
candidato scelto dal gruppo davanti a una telecamera.
Durata complessiva dell’esercitazione: circa due ore
Il modello di esercitazione (brainstorming più definizione condivisa di buone pratiche più
eventuale simulazione finale) può essere riprodotto liberamente in altri contesti.
Il brainstorming
50 anni di comunicazione politica
in dieci messaggi
1. Democrazia Cristiana, 1963
“Mai più dittature”
(campagna DC per la giornata della Liberazione
Tema: la comunicazione identitaria)
2. Partito Comunista Italiano, 1976
“Noi abbiamo le mani pulite, chi può dire altrettanto?”
(campagna PCI per le elezioni politiche anticipate
Tema: la comunicazione elettorale)
3. Kennedy a Berlino, 1963
(tema: l’emozione in politica)

Duemila anni fa -- Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire
"civis Romanus sum.” Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio
è dire "Ich bin ein Berliner.” […]
La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma
non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri -- per
impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che
vivono a molte miglia da qua dall'altra parte dell'Atlantico, che sono
distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la
storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna
città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e
forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest.
4. Forza Italia, 1994
“E Forza Italia, per fare per crescere”
(video e inno fondativo del partito
Tema: il video e la musica in politica)
5. Il risotto di D’Alema, 1997
Bruno Vespa manda in onda un filmato amatoriale
(video - Tema: la politica pop)
6. Nichi Vendola, 2005
“Pericoloso – come tutte le persone oneste”
(campagna per le elezioni regionali
Tema: comunicare gli outsider)
7. Barack Obama, 2008
“Yes we can”
(campagna per le elezioni presidenziali americane
Tema: comunicare per “fare la storia”)
8. Satira politica, 2001
“Meno tasse per Totti”
(adbusting satirico, campagna elettorale di Berlusconi,
elezioni politiche 2001
Tema: il “purché se ne parli” è un approccio corretto?)
9. Licia Ronzulli, 2012
Il primo voto al ritorno in Parlamento Europeo dopo la maternità
(nella foto, Licia Ronzulli con sua figlia Vittoria
Tema: opportunità e rischi dell’umanizzazione)
10. Partito Democratico, 2013
“Lo smacchiamo”
(video-spot per il web, elezioni politiche 2013
Tema: la comunicazione autoreferenziale)
Il decalogo della buona
scrittura per la politica
I risultati del processo
di brainstorming
1. Semplicità (non banalità)
Il messaggio politico deve essere chiaro, non
complesso. Non deve essere di difficile comprensione
né contenere elementi in potenziale contraddizione tra
loro.
Una buona comunicazione può consistere anche in un
solo messaggio forte. Bisogna resistere alla tentazione
di dire tanto (tutto? Troppo?) in un unico manifesto o in
un unico stimolo di comunicazione, perché affatica il
destinatario ed è meno facile da ricordare.
Semplificare, però, non significa banalizzare.
Ridurre un messaggio all’essenziale vuol dire lavorare
duramente (e nel dettaglio) sulla rifinitura, che può
richiedere anche un lungo periodo di studio preliminare.
2. Definizione della tua identità
I cittadini devono sapere chi sei, cosa vuoi fare, come
intendi farlo, da dove parti, dove vuoi arrivare. Devono
conoscere la tua storia, i tuoi punti di forza, i tuoi valori.
Serve definire un quadro coerente, e per certi versi
prevedibile, che permetta al cittadino di sapere cosa il
partito o il politico farà senza che debba ripeterlo tutte le
volte. Se questo quadro non c’è, il messaggio politico (e
dunque il mittente) sarà considerato ambiguo,
provvisorio, inaffidabile.
L’identità non si costruisce solo definendo chi o cosa si è,
ma anche definendo chi o cosa non si è, o
determinandosi in modo oppositivo, sulla base delle
caratteristiche dell’avversario.
3. Coerenza tra forme e contenuti
Il contenuto del messaggio deve essere confermato,
sottolineato, rinforzato dal suo contenitore.
La manifestazione di una volontà o di un’ideale non è
credibile se le scelte di comunicazione (e le scelte
politiche conseguenti) sono diverse da ciò che si vuole
sostenere.
Questa coerenza va perseguita in tutte le valutazioni
sulla comunicazione della “forma”, anche nelle scelte
grafiche, visive, di testo, di pianificazione dei mezzi,
persino di vissuto biografico di chi sta comunicando.
Il rischio, in caso contrario, è di apparire ipocriti, se non
addirittura falsi.
4. A prova di fact-checking
L’autoaffermazione del proprio valore può essere una
scelta di comunicazione vincente solo se ciò che è
sostenuto può essere facilmente dimostrato.
Questo è stato vero sempre ma lo è ancora di più ora, a
causa della diffusione dei social media e della possibilità
(anche individuale) di verificare l’attendibilità delle fonti.
Le promesse (elettorali) oggi rappresentano sempre più
una fonte di rischio e sempre meno un’opportunità per
costruire consenso. Le promesse troppo grandi possono
essere facilmente “smontate” trasformandosi in un
boomerang, specie quando il mancato raggiungimento
degli obiettivi non dipende (solamente) dal mittente.
5. La verità è strategica
Nessuna campagna di comunicazione sarà “buona” se il
prodotto è scadente.
Il tema della verità è dunque centrale sia in senso positivo
che in senso negativo.
Dire tutta la verità può non essere sempre utile, soprattutto
se i contesti sono fluidi e complessi. In alcuni casi il bluff
comunicativo può funzionare di più.
Questa riflessione assai pragmatica non deve però essere
considerato un alibi. La comunicazione politica dovrebbe
essere prima di tutto un esercizio di correttezza, sempre e
comunque. Anche perché, comunicare il falso è un’azione
che prima o poi, ti si ritorce contro.
6. Empatia, non ruffianeria
La comunicazione emozionale, “di pancia”, non è
necessariamente svincolata da logiche razionali di
decodifica. Anche l’emozione può essere percepita come
vera o falsa, attendibile o inattendibile. Può essere verificata.
Il confine tra empatia (comunico in modo emozionale perché
conosco ciò di cui sto parlando e sono dunque sinceramente
coinvolto) e ruffianeria (comunico in modo emozionale nel
tentativo di portare il pubblico dalla mia parte, ma senza che
il mittente sia coinvolto a sua volta) è molto labile.
In periodi di profonda sfiducia verso la (comunicazione)
politica, è molto importante abbandonare del tutto ogni forma
di ruffianeria retorica: non funziona più.
7. Pathos e concretezza
Puntare su un solo registro di comunicazione (emozionale
vs. razionale) appare oggi insufficiente.

Emozionare, parlare di ideali e valori, raccontare storie,
coinvolgere è una tecnica efficace solo se non si perde di
vista la necessità di rassicurare gli elettori con messaggi
concreti, pratici, che non diano la sensazione che il politico
sia solo un bravo comiziante, e non un amministratore
all’altezza.
Allo stesso modo, è vero il ragionamento contrario: pensare
di poter convincere qualcuno solo snocciolando dati,
statistiche, competenza è sbagliato. I dati devono essere
annunciati in modo non asettico, ma coinvolgente,
inserendoli in una narrazione convincente e calda.
Comunicare la politica - ottava edizione
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Comunicare la politica - ottava edizione

  • 1. Comunicare la politica (ottava edizione) Crisi di fiducia, centralità dei media tradizionali, il ruolo dei social media: una professione in radicale cambiamento di Dino Amenduni Eurogiovani Corso in non conventional marketing e social media Febbraio-Maggio 2014
  • 2. Chi sono Mi chiamo Dino Amenduni (dino.amenduni@proformaweb.it http://about.me/dinoamenduni) Sono il responsabile dei nuovi media e consulente per la comunicazione politica per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it) Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media marketing e comunicazione politica) Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente (sia consultazione che download) all’indirizzo: www.slideshare.net/doonie
  • 3. Premessa La fine del mondo è quando si cessa di aver fiducia. (Madeleine Ouellette-Michalska)
  • 4. Cinque cose da sapere se vuoi fare politica in Italia nel 2014 Analisi della ricerca “I Cittadini e lo Stato 2013” (dati Demos – Ilvo Diamanti) di Dino Amenduni Gennaio 2014
  • 5. Sommario Cinque tabelle 1. Fiducia nelle istituzioni: partiti e Parlamento (restano) ai minimi storici 2. Equità fiscale: meglio meno tasse che più servizi 3. Presidenzialismo: l’opinione pubblica italiana è pronta 4. Autoritarismo: per tre italiani su dieci è una possibilità percorribile 5. Una riserva di determinazione: aumentano gli indici di partecipazione politica e sociale
  • 6. Premessa In questi anni quasi tutti i campanelli d’allarme sulla crisi del rapporto tra cittadini e istituzioni (tra cui questo tipo di ricerche) sono stati letteralmente ignorati e questo ha innescato certamente un circolo vizioso. Meno gli italiani si fidano della politica, meno la politica tiene conto della crisi di fiducia con comportamenti conseguenti, più gli italiani perdono buoni motivi per fidarsi.
  • 7. Premessa I sentimenti verso la politica sono confluiti prima nella rabbia, e via via fino al cinismo, al disincanto, e al sentimento più problematico, più inscalfibile: l’indifferenza, la sensazione che tanto non cambierà (mai) nulla, dunque non vale la pena interessarsi, attivarsi, appassionarsi. La crisi del rapporto tra democrazia e fiducia dura da anni e nessun cambiamento della politica italiana, neanche nel 2013, sembra aver minimamente contribuito a invertire la tendenza.
  • 8. Democrazia senza fiducia La fiducia degli italiani nelle istituzioni politiche continua a essere bassissima
  • 9. Fiducia nelle istituzioni Percentuali di fiducia nelle principali istituzioni italiane, politiche e non politiche, nel 2013 (dati comparati con il 2012 – dati Demos)
  • 10. Fiducia nelle istituzioni Solo tre “organizzazioni” ottengono dati di fiducia superiori al 50%: le Forze dell’Ordine, saldamente al primo posto, addirittura in crescita dal 2012 (superato il 70%), la Chiesa (54%, più 10% in un anno – effetto-Bergoglio?) e la scuola. Tutti gli altri sono sotto il 50%. Il Presidente della Repubblica, per anni il più stimato e apprezzato esponente dell’intera classe politica, è in affanno (49.7%, -20 punti in due anni). Meno di quattro italiani su dieci si fidano della Magistratura, meno di uno su tre dell’Europa (-11% in un anno).
  • 11. Fiducia nelle istituzioni La fiducia nei Comuni, i principali enti territoriali di prossimità, da sempre i “meno peggio” nel rapporto tra gli italiani e Stato, è crollata al 31%, a dimostrazione che l’impotenza dei primi cittadini tra tagli e patto di stabilità è scontata direttamente sul territorio. Stesso discorso per le Regioni, con livelli di fiducia poco superiori al 20%. Se non ripari le strade, non garantisci i servizi, i cittadini se la prendono con il livello di potere più vicino, a prescindere dalle sue reali responsabilità.
  • 12. Fiducia nelle istituzioni Meno di un italiano su cinque ha fiducia nei sindacati. Stesso discorso per lo Stato: solo il 18.9% si fida dei livelli istituzionali più alti, a conferma di un’interessante, e per certi versi problematica, divaricazione tra “Stato” e “Forze dell’Ordine” nella percezione generale. Le banche sono ferme al 12.9% di fiducia. Parlamento (7.1%) e partiti (5.1%) sono stabili nei bassifondi della “classifica”.
  • 13. Fiducia nelle istituzioni Media della fiducia verso le principali istituzioni politiche (Comuni, Regioni, Unione Europea, Stato, Presidente della Repubblica, Partiti, Parlamento). Dati comparati 2005-2013 (dal 41 al 24% - dati Demos)
  • 14. Meno tasse per tutti Dalla richiesta di servizi di qualità all’urgenza della riduzione della pressione fiscale
  • 15. Meno tasse per tutti Diminuire le tasse o potenziare i servizi? Le risposte degli italiani dal 2005 al 2013 (dati Demos)
  • 16. Meno tasse per tutti Nel 2005 gli italiani chiedevano maggiore coerenza tra tassazione ed erogazione di servizi. Otto anni dopo, tra crisi economica e disillusione (sulle capacità delle istituzioni di garantire la giustizia sociale), il rapporto si è letteralmente rovesciato. Gli italiani vogliono pagare meno tasse perché non ce la fanno più ma forse perché in questi anni si sono convinti che tutto sommato sia meglio sbrigarsela in proprio, perché in fondo il potere pubblico non fa ciò per cui gli italiani pagano le tasse.
  • 17. Meno tasse per tutti L’indice di propensione all’ingresso dei privati nella sanità o nell’istruzione è cresciuto di cinque punti in tre anni (26%), a conferma di una crisi di fiducia profondissima nello Stato come regolatore e come erogatore di servizi. Ridurre le tasse, fare una riforma redistributiva della ricchezza, non è più un concetto che può essere considerato “di destra” o “di sinistra”, è oramai una priorità per chiunque governi questo Paese, a qualsiasi livello territoriale.
  • 18. Presidenzialismo Il Presidente della Repubblica? Il popolo vuole decidere
  • 19. Presidenzialismo Elezione diretta del Presidente della Repubblica: favorevole o contrario? (dati Demos)
  • 20. Presidenzialismo Non è semplice stabilire quanto questo dato sia condizionato dalla narrazione della destra degli ultimi 20 anni, e quanto piuttosto è dipeso dalla natura di questa fase politica, da Monti in poi, in cui il ruolo di Napolitano è stato soverchiante rispetto al passato (per l’assenza di senso di responsabilità della politica, o per una tendenza dirigista del Presidente della Repubblica, o per entrambi i motivi).
  • 21. Presidenzialismo A questo punto, più che fare le barricate contro il presidenzialismo, occorrerebbe ragionare su quali contrappesi siano necessari nell’eventualità in cui questa transizione istituzionale dovesse prendere forma. Di legge sul conflitto di interessi non si parla (di nuovo) più. Questo conferma che i conflitti vanno intesi sempre al plurale. Un presidenzialismo senza paletti rigidi sui conflitti di interesse può porre le basi per un disastro tendenzialmente autoritario.
  • 22. Autoritarismo Per tre italiani su dieci, la democrazia non è più il sistema migliore
  • 23. Autoritarismo Regime democratico o autoritario? Le preferenze degli italiani (dati Demos)
  • 24. Autoritarismo La deriva autoritaria non dispiace a tre italiani su dieci, a conferma che lo Stato, la democrazia rappresentativa, le istituzioni, hanno già fallito nel loro ruolo, non hanno fatto autocritica in modo sistematico, non sono cambiate a sufficienza (mentre il mondo attorno cambia rapidamente, e non sempre in meglio). Questa deriva non è arretrata in questi cinque anni (nel 2008 il dato era al 26%, nel 2013 è al 30%).
  • 25. Autoritarismo Questo zoccolo duro conferma che una parte non marginale dell’Italia apprezza, e apprezzerà, le tendenze leaderistiche. Ovviamente le qualità positive e negative dei leader che via via si alternano (e spariscono: Monti ha perso 50 punti di fiducia nel solo 2012, e in 18 mesi è passato dall’autorevolezza globale all’irrilevanza altrettanto globale) diventano sempre più determinanti nel capire in quale direzione andrà il nostro Paese.
  • 26. Partecipazione Nonostante tutto, ci sono ancora motivi di speranza
  • 27. Partecipazione Indici di partecipazione politica, sociale e “nuova” gli indicatori sono in aumento nel 2013 (dati Demos)
  • 28. Partecipazione Gli indici di partecipazione politica, sociale e “nuova” (boicottaggi selettivi, consumo critico, attivismo digitale) non sono mai stati così alti negli ultimi sei anni. Il dato è certamente condizionato in positivo dalla presenza di due grandi appuntamenti elettorali (politiche e Primarie del PD), ma denota soprattutto una grande, inascoltata richiesta e un’altrettanto grande, inesplorata opportunità: gli italiani chiedono solo di poter partecipare, hanno un capitale enorme di entusiasmo, civismo, determinazione.
  • 29. Partecipazione Gli italiani non si fidano più, hanno bisogno di tempo, di buoni esempi, di essere coinvolti, di coerenza, di un rapporto trasparente tra promesse e fatti. Ma sono disposti a farlo, sono disposti a impegnarsi per il Paese. Alla politica italiana la scelta: continuare a sguazzare nel cinismo, o tentare un enorme (sia per impegno che per tempo necessario) sforzo per fare ciò per cui esiste, cioè rappresentare, ascoltare e decidere?
  • 30. Web 2.0: modelli teorici di riferimento Coda lunga Saggezza della folla Surplus cognitivi
  • 31. Il web 2.0 – modelli teorici di riferimento Coda lunga Saggezza della folla
  • 32. A. La coda lunga La coda lunga è una teoria economica formulata da Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004 È un modello che sembra poter spiegare i funzionamenti del mercato. È una teoria attuale per il mercato dei beni immateriali e “futuribile” perché pare essere in grado di teorizzare il cambiamento delle leggi che regolano il tradizionale meccanismo distributivo (produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
  • 33. A. La coda lunga La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso di abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il legame che vincolava il successo alla visibilità La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente, vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
  • 34. A. La coda lunga - cause Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica, video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni immateriali Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es. attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell‟autore (es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
  • 35. A. La coda lunga - cause Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa, di magazzino e di spedizione) Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer, ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
  • 36. A. La coda lunga conseguenze Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come pubblico Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti professionali, ha costi nulli per la distribuzione Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più soddisfano le loro necessità
  • 37. B. Saggezza della folla È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso un‟infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa teoria, una variabile è misurata in modo più preciso da una massa di persone inesperte che da un gruppo di specialisti
  • 38. B. Saggezza della folla Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100 persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro peso stimato. A seguire, fece ripetere l‟esperimento a 10 allevatori Il peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla “massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il peso del vitello) Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base dell‟orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto, sia su quanto si punta) Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
  • 39. Ted – Video #1 Clay Shirky: come il surplus cognitivo cambierà il mondo
  • 40. TED, un‟eccellenza del web-marketing Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che include scienza, arte, politica, temi globali, architettura, musica e altri saperi
  • 41. Video #1 – Surplus Cognitivo http://www.ted.com/talks/lang/ita/clay_shirky_how_cognitive_surplus_ will_change_the_world.html Clay Shirky indaga sul "surplus cognitivo", il lavoro condiviso online che eseguiamo con i nostri cicli mentali liberi. Mentre siamo occupati nel redarre Wikipedia, postare su Ushahidi (e sì, anche creando i lolcats), stiamo costruendo un mondo migliore e più cooperativo.
  • 42. Campagne elettorali Dieci cose che ho imparato (fino ad ora)
  • 43. Prima delle dieci cose La premessa: non prendiamoci troppo sul serio
  • 44. Non prendiamoci sul serio “La maggior parte delle elezioni è già decisa prima ancora che la campagna abbia inizio” (Legge di Farley)
  • 45. Non prendiamoci sul serio Conseguenze A. Un tecnico della comunicazione che dice a una candidato di essere in grado di ribaltare l‟esito di un elezione solo con la forza del suo lavoro (di spin doctoring, di creatività, di grafica, sui social media) sta dicendo una cosa non vera B. Non esiste un tecnico della comunicazione che può salvare il candidato da una sconfitta certa, non esistono agenzie della provvidenza né miracoli
  • 46. #1 La variabile più importante è l‟avversario
  • 47. #1 L‟avversario Il posizionamento, i punti di forza e di debolezza del candidato, i vantaggi competitivi, i temi distintivi e le parole d‟ordine non sono costrutti che valgono in assoluto ma cambiano sulla base dello scenario Per questo motivo è sbagliato impostare una campagna elettorale prima ancora di conoscere le caratteristiche degli sfidanti È giusto posizionare il candidato, non è un errore partire in anticipo (se si hanno idee), ma è sbagliato basare la campagna solo su se stessi
  • 48. #1 L‟avversario Alcuni esempi A.Una campagna a due (centrosinistra vs centrodestra) è molto diversa da una campagna a tre (centrosinistra vs centrodestra vs Terzo Polo), specie se i candidati sono stati precedentemente alleati tra loro B.Alle elezioni regionali (turno secco), il ruolo del Movimento5Stelle è potenzialmente più decisivo C.Una campagna tra sindaco uscente e avversario è molto diversa da una campagna tra due candidati „nuovi‟
  • 49. #2 Molto spesso le campagne si vincono per errori degli avversari, non per meriti propri (Mario Rodriguez)
  • 50. #2 Gli errori Non tutte le campagne elettorali possono essere intense e spumeggianti, non tutti i candidati sono abili comunicatori, non tutti i comunicatori sono abili. E soprattutto, quando i candidati si equivalgono (specie in contesti locali) è più difficile scegliere e cogliere le differenze Proprio per questa ragione è più importante evitare scelte strategiche sbagliate, lavorando al massimo per evidenziare l‟errore dell‟avversario, piuttosto che cercare il colpo a effetto o la mossa strategica definitiva
  • 51. #2 Gli errori Alcuni esempi A.Giuliano Pisapia vs Letizia Moratti a Milano (Amministrative 2011): il confronto TV e la moschea di Sucate B.Barack Obama vs John McCain (Presidenziali USA 2008): la scelta di Sarah Palin C.2009: il centrodestra a Bari rallenta l‟apertura del Teatro Petruzzelli, Michele Emiliano ne fa una bandiera di campagna elettorale e anche grazie a questo recupera dieci punti percentuali in nove mesi, vincendo le elezioni
  • 52. #3 Senza un‟analisi (con dati) iniziale e un campaign manager non si dovrebbe neanche iniziare
  • 53. #3 I dati Nessuna campagna elettorale si svolge “in teoria” o “nel vuoto”. Ogni città ha il suo contesto, ogni quartiere ha i suoi problemi, ogni regione ha la sua storia Un‟analisi quantitativa (esempio: sondaggi) e qualitativa (esempio: focus group) è il punto di partenza per capire chi siamo (come siamo percepiti), di cosa c‟è bisogno (issues rilevanti) e dove vogliamo andare (parole d‟ordine, obiettivi della comunicazione) Senza dati si procede per approssimazione, per „istinto‟: il contrario di un lavoro scientifico
  • 54. #3 Il campaign manager Il coordinatore della campagna elettorale è la figura più importante dell‟intero staff (secondo, e non sempre, solo al candidato) Ha il compito di gestire le relazioni con tutti i nodi della macchina organizzativa: - Il candidato e la sua cabina di regia politica - L‟ufficio stampa e lo staff sui social media - I partiti e i candidati della coalizione - I fornitori - I comunicatori - I volontari - L‟ufficio amministrativo/burocratico
  • 55. #3 Il campaign manager Il campaign manager è un ruolo forte, che richiede caratteristiche eterogenee e molto precise: A. Fiducia totale da parte del candidato (deve poter parlare in suo nome) B. Capacità di visione strategica e organizzativa C. Capacità di analisi politica D. Resistenza in condizioni di stress E. Capacità diplomatiche F. Competenze comunicative (almeno minime) Se è l‟agenzia di comunicazione a coordinare la campagna elettorale, è un brutto segno
  • 56. #4 La campagna elettorale che stai facendo è sempre la più importante di tutte
  • 57. #4 La campagna più importante Non importa se il candidato è in corsa per la Presidenza del Consiglio o per la candidatura a consigliere comunale. Per lui la campagna elettorale è decisiva allo stesso modo: decisiva per la sua carriera, il suo futuro, la sua vita Per questa ragione, le aspettative del candidato verso i comunicatori (in termini di ore di lavoro, impegno e coinvolgimento emotivo) sono massime, a prescindere dal contesto di campagna elettorale. Ed è giusto così È opportuno che i tecnici della comunicazione siano consapevoli di questo, quando scelgono quante e quali (e con quale budget) campagne prendere in considerazione
  • 58. #5 È quasi impossibile essere spin doctor per più di una campagna per volta
  • 59. #5 Spindoctoring I compiti di spindoctoring, ossia di consulenza strategico-politica a tutti i livelli, è un lavoro totalizzante, sia nei tempi che nel carico emotivo/cognitivo da sopportare Così come un candidato si impegna con il massimo delle energie sulla campagna, allo stesso modo deve fare lo spin doctor per essere all‟altezza del ruolo, a prescindere dalla difficoltà della campagna e dall‟aggressività degli avversari Per queste ragioni è molto difficile, se non addirittura sconsigliato, avere responsabilità strategiche per più di un candidato per volta (anche questa variabile è decisiva nella scelta delle campagne elettorali da accettare)
  • 60. #6 Non sempre vince chi ha più denaro (ma non si può fare neanche una campagna a costo zero)
  • 61. #6 I soldi I soldi non fanno la felicità e, di conseguenza, non stabiliscono a priori neanche i vincitori e gli sconfitti di una campagna elettorale Non basta essere ricchi, bisogna anche saper scegliere gli strumenti giusti per comunicare e, soprattutto, non bisogna dimenticarsi che „content is king‟, la politica viene sempre prima della comunicazione, la credibilità di un candidato non si può costruire artificialmente e in pochi mesi solo attraverso la comunicazione, anche se fosse la migliore campagna possibile
  • 62. #6 I soldi Attenzione, però, all‟eccesso contrario: fare una campagna a costo zero è quasi impossibile. Serve una struttura economica minima che permetta di coprire le spese necessarie: - costi di gestione del comitato elettorale; - acquisto di spazi pubblicitari sui mezzi di comunicazione di massa e sul web; - organizzazione della mobilitazione (esempio: gazebo) - organizzazione di eventi La capacità di raccolta fondi, specie se indipendente e trasparente, può essere decisiva per vincere le elezioni
  • 63. #6 I soldi Alcuni esempi (costi complessivi dichiarati) A.Giuliano Pisapia (1.7 milioni) vs Letizia Moratti (10 milioni) a Milano (Amministrative 2011) B.Nichi Vendola (800mila) vs Rocco Palese (5 milioni) in Puglia (Regionali 2010) C.Federico Pizzarotti (6mila) vs Vincenzo Bernazzoli (200mila) a Parma (Amministrative 2012)
  • 64. #7 In campagna elettorale non esistono orari, non esistono i weekend, non esistono i giorni festivi, non esistono nemmeno le mansioni codificate
  • 65. #7 Addio tempo libero Se siete abituati al rispetto dell‟orario d‟ufficio, ai weekend liberi, al telefono aziendale spento di sera, ai pranzi con la famiglia nei giorni festivi, a compiti definiti e ben distribuiti, la campagna elettorale non è il lavoro che fa per voi Il candidato può avere bisogno del vostro aiuto (o, semplicemente, una buona idea da condividere) sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro I telegiornali vanno in onda tutti i giorni, un fatto di attualità può accadere in qualsiasi momento
  • 66. #7 Addio mansioni codificate Le campagne elettorali sono sofisticati dispositivi organizzativi in emergenza permanente. C‟è sempre qualcosa da fare, c‟è sempre qualcuno occupato e c‟è sempre urgenza Per questa ragione, al di là dei compiti che ognuno ha (e si dà), bisogna essere pronti a fare di tutto: lo spin doctor scrive il comunicato, il campaign manager monta un palco, un volontario accompagna il candidato a un evento, un candidato consigliere organizza l‟evento finale per il candidato sindaco, e così via
  • 67. #8 È sempre meglio lavorare insieme a un‟altra agenzia di comunicazione del luogo in cui ci sono le elezioni
  • 68. #8 I professionisti del posto Non sempre i tecnici della comunicazione possono lavorare sulle campagne elettorali nella città dove vivono, e non sempre chi lavora sulle campagne elettorali lavora solo con la politica Questa è la prima ragione per non caricarsi tutto il lavoro creativo e giocare di squadra con altri professionisti, magari di agenzie più piccole o freelance, che però vivono e lavorano nel territorio, che possono impegnarsi sulle declinazioni degli strumenti sui vari mezzi di comunicazione, oltre a raddoppiare il contributo di idee e creatività
  • 69. #8 I professionisti del posto La seconda ragione, forse ancora più importante della prima, riguarda la capacità di chi vive nei territori di sentire il „polso‟ di ciò che sta accadendo, molto di più e molto meglio di quanto possa fare un professionista esterno Un‟idea apparentemente buona può essere profondamente sbagliata se non si conosce con precisione la biografia dei candidati, il tessuto sociale di riferimento, la storia recente del territorio, le conseguenze di ciò che si dice e di ciò che si fa
  • 70. #9 Se non ci sono militanti, volontari e sostenitori offline, non li troveremo di certo online
  • 71. #9 I militanti Esiste un luogo comune, nato soprattutto in questi anni, che va subito depotenziato: la Rete non è „il luogo dei volontari‟ (né il luogo del „gratis‟, né il luogo del „facile‟. Spesso è vero il contrario) Se non ci sono militanti e volontari ad animare il comitato elettorale di un candidato, il problema è organizzativo o di appeal del candidato stesso. Questi problemi prescindono dagli strumenti utilizzati per comunicare e, dunque, non si risolvono cercando altrove la mobilitazione o provando a crearla artificialmente (con il denaro o con l‟uso di Internet)
  • 72. #10 Quando il candidato si convince del contrario di ciò che pensi sia giusto (e questo non è così grave), non perdere tempo: „attacca il ciuccio dove vuole il padrone‟
  • 73. #10 Attacca il ciuccio Una delle regole non scritte delle campagne elettorali è: ci sarà almeno un caso in cui un‟idea, già approvata dallo staff o dal candidato, viene poi riconsiderata e bocciata Le ragioni per cui ciò accade sono numerose e talvolta imponderabili. Per questo, quando questo improvviso cambio di direzione accade (e non è affatto raro) e quando ciò non comporta un danno irrecuperabile, è inutile impegnarsi in estenuanti e spesso inutili trattative: meglio fare un passo indietro e guardare subito avanti
  • 74. Dopo le dieci cose La conclusione: non prendiamoci troppo sul serio
  • 75. Non prendiamoci sul serio Corollari (o forse qualcosa di più) 1.Il candidato (o il partito) è sempre più importante dei comunicatori 2.La politica è sempre più importante della comunicazione 3.Il contenuto è sempre più importante delle tecniche di presentazione dello stesso 4.Il comunicatore politico deve essere esperto sia di comunicazione che di politica, altrimenti non si chiamerebbe comunicatore politico 5.Quando non sai che fare, rivolgiti prima di tutto ai politici „storici‟ del territorio: la loro esperienza è preziosissima 6.Prima di iniziare una campagna elettorale, chiedi consigli agli amici e ai conoscenti che vivono nel luogo in cui si va a votare
  • 76. Ted – Video #2 Kevin Allocca: perché i video diventano virali
  • 77. #2 – i segreti della viralità http://www.ted.com/talks/kevin_allocca_why_videos_go_viral.html?lang= it Kevin Allocca è responsabile dei trend di YouTube, e ha opinioni profonde sui video stupidi che si trovano in rete. In questo discorso a TEDYouth, espone i 3 motivi per cui un video diventa virale.
  • 78. Cinque domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Faccioni sui manifesti, etica aziendale, marketing virale: le questioni più ricorrenti durante questi mesi in giro per l’Italia di Dino Amenduni
  • 79. Sommario Le cinque domande 1. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no? 2. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano? 3. Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira? 4. Il marketing virale può aiutare la politica? 5. Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio?
  • 80. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no? Dipende (dal livello di popolarità del candidato)
  • 81. Faccioni sì o faccioni no? Dipende Partiamo da un presupposto. Questo tipo di valutazione non dovrebbe essere di tipo estetico, ma legato alla gestione di una variabile: la popolarità del candidato all’interno dell’elettorato di riferimento. Popolarità assoluta: percentuale di elettori che conoscono il candidato Popolarità relativa: confronto di popolarità tra il candidato e i suoi competitor (tenendo conto anche della distanza temporale dalla data delle elezioni) Più basso è l’indice di popolarità assoluta, più largo è il divario tra i candidati (con il “nostro” candidato in svantaggio), più il volto sui manifesti è strategicamente sensato.
  • 82. Faccioni sì o faccioni no? Sì Francesca Barracciu, primarie del centrosinistra (settembre 2013, Sardegna) -> volto sul manifesto perché il livello di conoscenza del candidato era più basso rispetto al Presidente Cappellacci, essendo lei la sfidante. Il manifesto della campagna è dunque utile ad aumentare la notorietà all’interno di un pubblico più ampio.
  • 83. Faccioni sì o faccioni no? No Matteo Renzi, primarie del centrosinistra (dicembre 2013, Italia) -> il volto sul manifesto non è stato necessario perché il livello di conoscenza del candidato era molto alto sia in termini assoluti, sia nei confronti dei competitor (Cuperlo, Civati, Pittella).
  • 84. Faccioni sì o faccioni no? Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse Nichi Vendola, primarie del centrosinistra (2005, Puglia) -> il volto sul manifesto è stato utile perché Vendola era stato in Parlamento negli anni precedenti e aveva percentuali di notorietà molto più basse rispetto a Raffaele Fitto, Presidente di Regione in carica.
  • 85. Faccioni sì o faccioni no? Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse Nichi Vendola, primarie del centrosinistra (2010, Puglia) -> Lo scenario è molto diverso dalla campagna di cinque anni prima: Vendola ha governato e dunque è molto più conosciuto dei suoi principali avversari, Palese e Poli Bortone. Il volto non è dunque indispensabile dal punto di vista strategico.
  • 86. Faccioni sì o faccioni no? In sintesi - - - Presupposto: un sondaggio che vi dica qual è il livello di notorietà del candidato. Senza questo indicatore la scelta è totalmente arbitraria e svincolata da ogni riflessione strategica. Orientamento: il volto è utile per aumentare il tasso di popolarità in tempi brevi, soprattutto se si agisce contemporaneamente su altri mezzi (spot tv, social media, stampa, presenze televisive) per consolidare l’associazione nome-volto. Nessuna scelta è definitiva: non esistono candidati per cui il volto sui manifesti va sempre bene o sempre male. Lo stesso candidato può avere esigenze che cambiano negli anni e a seconda del contesto (a partire dalle caratteristiche dei competitor).
  • 87. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano? No, per scelta. Ma pensiamo che sia legittimo pensarla diversamente
  • 88. Lavorate per tutti? No. Riteniamo che le campagne elettorali richiedano il 101% dello sforzo professionale dei consulenti di comunicazione politica, in qualsiasi contesto si svolgano (dai piccoli centri a campagne nazionali: ogni elezione ha uguale dignità, e simili difficoltà). La combinazione di alcune componenti abituali degli appuntamenti elettorali (tempi stretti, tante decisioni da prendere, tanti cambiamenti in corsa, gruppi di lavoro da coordinare, pressione da parte degli elettori e dei media, generale clima di sfiducia nei confronti della politica) richiedono, a nostro avviso, massimo impegno, dedizione e concentrazione (il 101%, appunto).
  • 89. Lavorate per tutti? No. L’unico modo, per noi, di dare questo benedetto 101% è avere anche solo un minimo di condivisione emotiva, valoriale, politica di ciò che il candidato propone all’elettorato. Non tutti i candidati possono piacere allo stesso modo (così come non siamo piaciuti allo stesso modo a tutti i candidati), ma abbiamo bisogno di un livello minimo di partenza per poter dare il massimo. Per questo abbiamo deciso di non accettare commesse che provengono dalla parte politica più lontana dalle nostre idee (la destra, nello specifico).
  • 90. Lavorate per tutti? No, ma non è detto che sia giusto. Non ci sogneremmo mai di dire che il nostro modello aziendale sia l’unico corretto, anzi. Molti consulenti politici ritengono che l’unico metodo per svolgere correttamente questa professione sia sostanzialmente il nostro opposto, cioè lavorare mantenendo distanza critica dai candidati e dalle loro idee. Il distacco, visto da noi come un elemento capace di non farci rendere al massimo, può essere invece considerato il giusto ingrediente per dare consigli e suggerimenti non viziati da componenti emotive o di appartenenza. Lasciamo al lettore la scelta su quale modello adottare.
  • 91. Lavorate per tutti? In sintesi - Non esiste un modello universalmente valido: entrambi gli approcci (lavoro “di appartenenza” e lavoro “per tutti”) convivono da sempre nel panorama della comunicazione politica, stimolando un confronto sempre stimolante. C’è lo stesso dilemma nella professione di comunicatore politico: è un mestiere a parte, che richiede competenze specifiche, o un professionista deve saper “vendere” un politico e un detersivo allo stesso modo? Noi pensiamo che sia un lavoro specifico, pubblicitari molto più bravi di noi (Jacques Seguela, ad esempio), la pensano all’opposto. La nostra posizione è un lusso: se fossimo un’agenzia che fa solo campagne elettorali, non potremmo permettercelo. Lavorare anche nel campo della comunicazione non politica ci rende più liberi di scegliere.
  • 92. Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira? No, anzi. Quando è possibile, progettiamo campagne fatte apposta per essere taroccate
  • 93. Paura della satira? No, anzi. Da qualche anno proviamo a progettare campagne il cui sviluppo (visual, concept) è naturalmente orientato a stimolare processi generativi da parte degli utenti. Questo tipo di apertura può favorire l’aumento di visibilità e di popolarità delle campagne, soprattutto se sono inserite in un contesto competitivo molto polarizzato, con grande “tifo” e allo stesso tempo grande ostilità per il candidato con cui stiamo lavorando. In alcuni casi non ci limitiamo a realizzare campagne “virali”, ma costruiamo strumenti (ad esempio generatori automatici di manifesti) che permettano a chiunque, anche senza alcuna competenza grafica, di realizzare adattamenti liberi.
  • 94. Paura della satira? Tarocca il Manifesto (Regionali 2010) Sito “neutro” (ma progettato dal comitato Vendola) in cui l’utente poteva liberamente taroccare i manifesti dei tre candidati principali. 85% dei manifesti generati ha riguardato Vendola, circa il 50% di quei manifesti era “negativo” ma nelle ore successive alla pubblicazione del sito, la campagna di Vendola ha sovrastato quella degli avversari sui social media.
  • 95. Paura della satira? Oppure Vendola (Primarie 2012) Campagna creata con un concept ipervirale. Sapevamo che la generazione dei manifesti avrebbe potuto ottenere effetti satirici, ma anche che in questo modo il claim “Oppure Vendola” sarebbe diventato più rapidamente popolare sul web.
  • 96. Paura della satira? Matteo Renzi (Primarie 2013) Il sito www.cambiaverso.com permetteva agli utenti di generare il proprio manifesto personalizzato e di pubblicarlo direttamente su Facebook e su Twitter, con un solo click e inserendo solo il proprio testo. Grazie a questo strumento, sono stati realizzati oltre 10mila manifesti nella prima settimana dopo l’uscita del generatore.
  • 97. Paura della satira? In sintesi - Non avere paura dei “manifesti tarocchi”: se la campagna non funziona, non funzionerà anche se non sarà oggetto di satira. Se funziona, è meglio far sì che circoli nel modo più semplice e virale possibile. Scelta strategica e di creatività: le campagne non sono “virali” per definizione. Chiaramente un candidato molto amato o molto odiato favorisce meccanismi di generazione di manifesti. Ma è altrettanto importante progettare una campagna che si presti a questo tipo di declinazioni. La progettazione, dunque, può condizionare almeno in parte concept e visual della campagna. Evitare di inserire il candidato (in particolare foto, in particolare il voto) direttamente sui manifesti oggetto di satira. Questo potrebbe favorire un effetto-boomerang (l’oppositore può mettere parole scomode in bocca al candidato)
  • 98. Il marketing virale può aiutare la politica? Sì, ma senza esagerare La politica è sempre più importante della comunicazione
  • 99. Il marketing virale aiuta? Sì, ma senza esagerare Se è vero che una buona comunicazione può aiutare, è altrettanto che vero che una buona comunicazione, da sola, non basta per vincere le elezioni. Serve molto altro, serve la politica. Servono le cose fatte per un sindaco, una proposta chiara per un candidato, una visione strategica d’insieme per un gruppo di lavoro. Per questo motivo bisogna fare sempre attenzione a dare il giusto peso a ogni singola componente della comunicazione pensando che nessuna idea, da sola, risulta davvero decisiva. I video virali, anche geniali, non fanno eccezione.
  • 100. Il marketing virale aiuta? Cos’è un video virale Un video è virale quando: - È condiviso dai tastemaker, da utenti con grande popolarità e reputazione che accelera il processo di conoscenza del contenuto; Ha un format facilmente riproducibile da altri utenti, che moltiplicano sia la portata del contenuto, sia la conoscenza dello stesso; Contiene componenti (soggetto, sceneggiatura, scelte stilistiche) imprevedibili, che tengano alta l’attenzione dello spettatore. Queste tre condizioni sono necessarie, ma non sufficienti. I video virali non si costruiscono in laboratorio (salvo rarissimi, e comunque non del tutto gestibili, casi)
  • 101. Il marketing virale aiuta? Michele Emiliano – Problemi di elezione(Amministrative 2009) Un video autoprodotto a costo zero da due volontari diventa così popolare su Internet da indurre un cambio di pianificazione sui mezzi tradizionali: questo video va in televisione nell’ultima settimana prima delle elezioni.
  • 102. Il marketing virale aiuta? Michele Emiliano – Gianni Paulicelli (Amministrative 2009) Un noto commerciante barese, conosciuto per i suoi video pubblicitari sulle principali tv locali, realizza uno spot politico “atipico” a sostegno di Michele Emiliano, sindaco di Bari. Qui un suo spot originale…
  • 103. Il marketing virale aiuta? Michele Emiliano – Gianni Paulicelli (Amministrative 2009) …e qui lo spot politico, realizzato tenendo conto di tutte le caratteristiche stilistiche dell’originale, ma con un messaggio forte e di profonda attualità per le amministrative 2009: il no al nucleare.
  • 104. Il marketing virale aiuta? Michele Emiliano – Ballottaggio (Amministrative 2009) Lo spot per la tv e per Internet (due minuti) con cui Michele Emiliano, rilanciando e rovesciando un messaggio elettorale di Berlusconi, comunica la sua candidatura nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
  • 105. Il marketing virale aiuta? In sintesi - Virali si nasce, non si diventa: è giusto impegnarsi per progettare contenuti (in particolare video) di successo, ma se la grande idea non arriva, non bisogna fissarsi né disperdere troppe energie in questo segmento. Virale è autoironico: anche se in politica può sembrare difficile, o addirittura pericoloso, è impossibile pensare a un contenuto davvero virale senza tenere conto di una dose, anche piccola, di ironia, meglio se applicata a se stessi. Virale è genuino: un video troppo perfetto, patinato, preciso, difficilmente riuscirà a ottenere la carica empatica necessaria alla diffusione di un contenuto. Meglio impreciso ma fatto in casa, vero, accessibile a tutti. - Virale non è tutto: la politica viene sempre prima della comunicazione. Mai dimenticarselo.
  • 106. Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio? Ne diamo due: fare almeno una campagna dietro le quinte, presentarsi dai politici con un piano di lavoro già pronto
  • 107. Due consigli 1. Fare una campagna dietro le quinte Spesso si impara più lavorando come volontari in una campagna elettorale, anche molto piccola, anche in un ruolo molto marginale, che studiando modelli teorici troppo elaborati (e troppo slegati dal contesto italiano, specie locale). Il nostro primo consiglio è, dunque: cercate la pratica, l’esperienza concreta, anche non su livelli nazionali, perché si impara molto di più “sporcandosi le mani” che studiando ma a “distanza di sicurezza”. Nel bene e nel male, si impara più dietro le quinte, e questo tipo di esperienza non si può trovare altrove, se non in campagna elettorale.
  • 108. Due consigli 2. Andare dai politici ma con le idee chiare L’offerta di comunicazione politica professionale supera, al momento, la domanda. La cultura della comunicazione politica fa fatica a radicare e ancora oggi ci sono tantissimi politici e partiti che non ritengono di aver bisogno di consulenti, di analisi, di sondaggi, di dati scientifici. Per questo non è più sufficiente andare da un politico e dire di essere in grado di fare una campagna elettorale. Serve un altro approccio, più dispendioso dal punto di vista del tempo e dell’impegno necessario. Serve andare da un cliente potenziale illustrando con precisione qual è lo scenario, qual è la potenziale crisi di comunicazione e come si risolve.
  • 109. Due consigli 2. Andare dai politici ma con le idee chiare Possibile schema di lavoro: 1. Individuazione di un partito o di un politico con cui si intende lavorare; 2. Analisi scientifica dei punti di forza e dei punti di debolezza nell’attuale comunicazione del destinatario; 3. Spiegazione puntuale di come si intendono risolvere i punti di debolezza, in quanto tempo, con quali strumenti e perché è così importante che il politico investa per risolvere i problemi segnalati; 4. Indicazione chiara e definita di quale può essere il ruolo del comunicatore politico per risolvere il problema evidenziato (e, dunque, perché un politico dovrebbe scegliere proprio quel collaboratore).
  • 110. Due consigli In sintesi - - - Il curriculum accademico non basta, serve l’esperienza sul campo. E serve fare gavetta. La competenza professionale non basta, quando il mercato è saturo. Serve un approccio più proattivo, in cui problemi e soluzioni siano mostrati ai politici con prontezza, in alcuni casi prima ancora che loro siano consapevoli di avere quel tipo di problemi. Meglio una buona campagna locale, con autonomia e responsabilità, che una grande campagna nazionale ma con un ruolo piccolo e defilato, specie nelle prime fasi. Il comunicatore politico, se gli va bene, lavora sette giorni su sette e 24 ore su 24. O si accetta questa regola (almeno in alcune parti dell’anno), o si rischia di non essere efficaci come servirebbe in questo momento storico.
  • 111. L’evoluzione digitale della specie - la dieta mediatica degli italiani (edizione 2013) I dati del CENSIS sugli strumenti, gli stili, le modalità e le caratteristiche dell’informazione preferita dagli italiani di Dino Amenduni Ottobre 2013
  • 112. Sommario 1. Dieta mediatica degli italiani 2013 – cinque tabelle a. b. c. d. e. Mezzi di comunicazione utilizzati Gli italiani e l’accesso a Internet A cosa serve Internet Dove si informano gli italiani Customer care: le dinamiche consumatori-aziende 2. Cinque riflessioni sui dati a. b. c. d. e. Le distanza giovani-anziani I tre tipi di super-utenti Internet I tre tipi di lettore Investimento in “media personali” Dalla reclame alla web reputation
  • 113. Premessa l’utente a spostarsi autonomamente all’interno dell’ampio e variegato sistema di strumenti mediatici disponibili per costruire i propri palinsesti personali e autogestiti, fatti su misura, rintracciando i contenuti di proprio interesse consoni, secondo le sue preferenze e i suoi bisogni, facendo individualmente arbitraggio tra vecchi e nuovi media, per arrivare a risulta tendenzialmente superata la dimensione gerarchica che attribuiva alle fonti tradizionali il ruolo insostituibile ed esclusivo di emittenti dei messaggi professionali e autorevoli dell’informazione mainstream, sostituita dalla prassi dell’autoassemblaggio delle fonti nell’ambiente web e da flussi continui e indistinti di informazioni propagate in una dimensione orizzontale. (Dalla ricerca 2013 del Censis – PDF scaricabile qui)
  • 114. 1. Dieta mediatica 2013: cinque tabelle Mezzi di comunicazione utilizzati Gli italiani e l’accesso a Internet A cosa serve Internet Dove si informano gli italiani Le dinamiche consumatori-aziende
  • 115. 1. Mezzi di comunicazione Utenti dei media tradizionali e nuovi in Italia Evoluzione nel periodo 2007-2013 Tv e radio reggono, crollano i quotidiani
  • 116. 1. Mezzi di comunicazione 1. Televisione +1%, radio +6% in sei anni. Nello stesso intervallo, Internet: +18% -> l’opposizione media tradizionali versus nuovi media è smentita dalle cifre (modello “second screen”: gli utenti guardano la TV con lo smartphone tra le mani) 2. Lettori dei quotidiani: -20% in sei anni. I giornali a pagamento hanno perso un quarto dei lettori, ma anche i quotidiani online hanno meno utenti rispetto a sei anni fa -> coda lunga dell’informazione, polverizzazione dei manifesti, agenda giornalistica multimediale e stabilita dall’utente 3. Utenti di Internet: 63.5%. Italiani con lo smartphone: 40%. Lettura e connettività ubiqua dal punto di vista spaziotemporale -> le redazioni devono allungare i tempi di produzione dei contenuti (dal mattino presto alla sera tardi) 4. Lettori di ebook: 5.2%. È un mercato ancora di nicchia
  • 117. 2. Gli italiani e Internet L’evoluzione digitale della specie Comportamenti e tipologia degli utenti Internet in Italia L’inizio del press divide
  • 118. 2. Gli italiani e Internet 1. Un italiano su due ha almeno un profilo sui social media, la quota sale all’80% tra gli under 30 -> chi è assente, o è presente in modo inappropriato, perde immediatamente competitività (cinque anni fa non era così). Questo vale per ogni segmento dell’informazione, dal giornalismo alla politica 2. Il 20% degli utenti Internet (44.6% tra gli under 30) ha smesso di leggere informazioni dalla carta stampata: nascita, e potenziale crescita del press divide in Italia 3. Non solo nativi digitali: l’84.3% degli italiani sotto i 44 anni è utente di Internet (italiani tra i 14 e 44 anni: 22.9 milioni di persone, dati ISTAT) -> le aziende non digitali perdono per strada mezza Italia 4. Il 24.2% degli italiani ha fatto acquisti online negli ultimi 30 giorni -> l’e-commerce non è più un servizio per nicchie di “coraggiosi”, ma una precisa scelta di marketing
  • 119. 3. A cosa serve Internet Gli impieghi di Internet della popolazione italiana Evoluzione nel periodo 2011-2013 Trionfa il segno +: gli italiani fanno sempre più cose
  • 120. 3. A cosa serve Internet 1. Il 43.2% cerca informazioni su aziende, prodotti e servizi (attività più frequente degli utenti italiani) -> si parla di te anche se tu non sei online. Ma se non sei online non puoi gestire le crisi di comunicazione, né imparare, né utilizzare i dati per migliorare la tua offerta 2. Gli italiani usano sempre di più Internet per ascoltare musica: 34.5% -> dal supporto fisico (cd), al supporto digitale (MP3) all’assenza di supporti (streaming) 3. Scarsa centralità delle attività “serie” (eccetto l’home banking) su Internet, come sbrigare pratiche, allargare la rete professionale o prenotare una visita medica: colpa degli italiani, o di chi offre servizi? 4. Internet come luogo della partecipazione diretta alla vita politica: parzialmente falso. Solo l’8.8% lo fa -> vince chi mescola porta-a-porta e tecnologia
  • 121. 4. Gli italiani e l’informazione Mezzi di informazione utilizzati in Italia Evoluzione nel periodo 2011-2013 Vicinissimi al sorpasso di Facebook sui quotidiani
  • 122. 4. Gli italiani e l’informazione 1. Dominio assoluto dei telegiornali (86% in crescita come pubblico +5 punti in due anni) e dei giornali radio (55.7%), ma crollo della fiducia: sette italiani su dieci ritengono manipolate le informazioni che provengono dai media tradizionali -> crisi del giornalismo radio-televisivo, non crisi del mezzo radio-televisivo. 2. I quotidiani sono fonte di informazione per il 39.2%, Facebook è al 37.6%: due anni fa la distanza era di 21 punti -> i grandi editori devono imparare a stare sui social media, se vogliono salvare la loro centralità 3. Facebook stacca Twitter (6.3%) di 31 punti percentuali -> Facebook serve a comunicare in modo im-mediato, Twitter a comunicare con, e attraverso, i filtri dei media tradizionali 4. Blog/forum sono letti solo dal 14.1% degli italiani: la blogosfera italiana è considerata poco matura, o poco influente (o entrambe le cose)
  • 123. 5. Comportamenti con le aziende Canali di comunicazione clienti-aziende Comportamenti adottati negli ultimi sessanta giorni La pagina FB è più utilizzata dei call center telefonici
  • 124. 5. Comportamenti con le aziende 1. Il 36.6% degli italiani ha avuto un comportamento interattivo con le aziende negli ultimi 60 giorni -> il modello di relazione azienda-cliente basato esclusivamente sulla transazione è definitivamente finito. L’assistenza pre e post-vendita rappresentano elementi di (web)marketing sempre più irrinunciabili 2. Il sito web dell’azienda è il primo luogo dell’interazione: un sito fatto male equivale a una brutta prima impressione, il cliente può essere perso per sempre 3. Facebook è più utilizzato rispetto alla consulenza telefonica come forma di interazione cliente-azienda -> la distribuzione dei budget su social media e sull’assistenza telefonica è già stata aggiornata sulla base di questo cambio di comportamento? 4. Contenuti prodotti dagli utenti hanno un peso equivalente ai contenuti aziendali: dalla reclame alla web reputation
  • 125. 2. Cinque approfondimenti La distanza giovani-anziani I tre tipi di super-utenti Internet I tre tipi di lettore Investimento in “media personali” Dalla reclame alla web reputation
  • 126. 1. La distanza giovani-anziani “Forti restano le distanze tra i consumi mediatici dei giovani e quelli degli anziani, con i primi saldamente posizionati sulla linea di frontiera dei new media e i secondi distaccati, in termini di quote di utenza, di decine di punti percentuali iscritto a Facebook, contro appena il 9,2% dei secondi; il 66,1% degli under 30 usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il degli anziani (il 2,7%); il un tablet, solo il 2,3% degli anziani lo usa. ampiamente inferiore a quella degli ultrasessantacinquenni (il 52,3%)” (Censis)
  • 127. 2. I tre tipi di super-utente Internet composto da quanti si collegano alla rete con una connessione adsl da un pc da tavolo o da un pc portatile, ma per meno di un’ora al giorno: sono i “connessi tradizionali” (19.9%) , specie per motivi di lavoro e di studio. Il secondo gruppo approfitta delle connessioni wifi e di apparecchi come i tablet e gli smartphone per un periodo di tempo che arriva fino alle tre ore giornaliere: sono i “connessi mobili” (8.1%) (11.5%) possibile. Mai come i “supermobili” , che fanno ricorso alla connessione mobile da deciso sono entrati nell’era biomediatica.” (dati Censis parametrati sugli utenti totali Internet, il 63.5% della popolazione)
  • 128. 3. I tre tipi di lettore “Si presentano tre profili di consumatori di news nettamente distinti. I giovani sono orientati verso una informazione molto personalizzata, che trova un minimo comun denominatore nei messaggi dei telegiornali, poi si polverizza nella ricerca di quello che interessa individualmente (i motori di ricerca su internet) o per piccoli gruppi di riferimento (gli amici che fanno. degli adulti, che sono comunque cresciuti acquisendo una grande confidenza con i media digitali, si riconosce in parte la da un uso maggiore dei media strutturati, sia generalisti come i tg, sia mirati come le tv all news, con una apertura anche verso i quotidiani che si comprano in edicola. Infine ci sono le generazioni pre-digitali, legate a tv, radio e quotidiani che sulla spinta dei loro desideri.” (Censis)
  • 129. 4. Investimento in media personali aggiornati risulta che da molti anni la in dettaglio, negli ultimi vent’anni, aumentata del 329,5%, mentre la spesa per libri e giornali ha segnato un 20,3%, con un ripiegamento cominciato a partire dal 2004. Nello stesso arco di tempo, la spesa per telefoni e servizi telefonici ha registrato un aumento del 366,4% stato progressivo ma meno impetuoso (+49,9% negli ultimi dieci anni)” (Censis).
  • 130. 5. Reclame -> web reputation “Il consumatore ha nuovi strumenti a portata di mano per farsi, da fruitore passivo, utente attivo: ricercando le opinioni degli altri consumatori dei prodotti e servizi di suo interesse, inviando lamentele direttamente all’azienda [..] entrando in relazione con la community di persone con cui ha in comune gli stessi gusti: occasione di condivisione di stili di vita. Presenza sul web, interazione telematica e good reputation online sono tre fattori che contribuiscono alla costruzione dell’immagine aziendale […] e una presenza articolata su internet diventa una leva di consenso significativa digitale forte, un io virtuale dialogante capace di posizionarsi in una logica orizzontale rispetto alla comunicazione d’impresa.” (Censis)
  • 131. Il terreno di gioco L‟inizio dell‟era biomediatica (indagine Censis, ottobre 2012)
  • 132. 1. Un italiano su due è su Facebook Gli usi della Rete
  • 133. 1. Un italiano su due è su Facebook 1. Tendenziale sovrapposizione tra Internet e Facebook 2. Due utenti di Internet su tre sono su FB (+17% in dodici mesi) 3. Facebook in Italia nel 2008: 600mila iscritti. Cinque anni dopo: 21 milioni 4. Youtube in Italia: 61.8% degli utenti attivi (Twitter, circa 2.5 milioni di iscritti)
  • 134. 2. Rete e comportamenti d‟acquisto Nuovi fattori di influenza
  • 135. 2. Rete e comportamenti d‟acquisto 1. Due italiani su tre consultano Internet per valutare l‟acquisto di un prodotto 2. Quasi un italiano su tre può convincersi leggendo un commento di un altro utente su forum o social media 3. Per un italiano su quattro Internet è il luogo dove si cercano offerte 4. Un italiano su dieci chiede espressamente aiuto nelle valutazioni attraverso i social media
  • 136. 3. La TV è sempre la TV, ma… Fonti di messaggi pubblicitari
  • 137. 3. La TV è sempre la TV, ma… 1. Internet è il secondo mezzo più “influenzante” in termini pubblicitari, più dei giornali e della radio (giornali + riviste > Internet) 2. La televisione è sempre al primo posto, ma non esiste un dominio assoluto di un mezzo sugli altri 3. Tendenze stabili fino a 45 anni, poi Internet cede il passo ai mezzi tradizionali 4. Internet è più efficace tra i più istruiti
  • 138. Video #3 Ivan Krastev Può esistere democrazia senza fiducia?
  • 139. #3 – Democrazia senza fiducia http://www.ted.com/talks/lang/it/ivan_krastev_can_democrac y_exist_without_trust.html Cinque grandi rivoluzioni hanno modellato la cultura politica degli ultimi 50 anni, spiega il teorico Ivan Krastev, che mostra come ogni passo in avanti - dalla rivoluzione culturale degli anni '60 alle recenti scoperte nel settore delle neuroscienze - abbia anche contribuito a erodere la fiducia negli strumenti della democrazia. Come lui stesso dice, "Quello che è andato bene è anche quello che è andato storto". La democrazia può sopravvivere?
  • 140. Dove sono i voti degli italiani? Democrazia senza fiducia, comunicazione extramediale, il ruolo di Internet: le nuove dinamiche di socializzazione elettorale
  • 141. Sommario A. Analisi dei dati della ricerca Censis “Il primato dell’opinione nella comunicazione orizzontale” (18 giugno 2013) - Calo della fiducia nei media, in Italia e in Europa - Nuovi agenti di socializzazione elettorale - Internet e democrazia: un’alleanza non automatica B. Come cambia l’organizzazione e la comunicazione politica: cinque idee per “aggiornare” i partiti
  • 142. Premessa (1): i media sono io di due paradigmi fondamentali: - da una parte, la moltiplicazione e l’integrazione dei mezzi di informazione e comunicazione di cui disponiamo; - dall’altra, una finora dell’utente tendenzialmente in grado di comporre attivamente i propri palinsesti fatti su misura, in base ai , grazie alle tecnologie digitali, contenuti autoprodotti. (Censis, giugno 2013)
  • 143. Premessa (2): non mi fido più Solo tre istituzioni, in Italia, superano il 50% di fiducia. Il problema di fiducia riguarda la politica, ma non è l’unica “malata” (dati Demos-Repubblica, 31 dicembre 2012)
  • 144. Scenario Le nuove campagne elettorali si giocheranno su un terreno caratterizzato dalle seguenti tendenze: - Sfiducia generalizzata nei “mittenti” (politici e non politici) - Fiducia crescente nei “vicini” (reti prossimali di relazioni) - Controllo crescente dell’attendibilità dei messaggi dei mittenti da parte dei destinatari: fine delle promesse, fine della stagione degli annunci, fine della retorica - Aumento della mediatizzazione della politica, anche se i media sembrano sempre più deboli - Autocomunicazione di massa come nuovo, cruciale, obiettivo delle campagne elettorali: tutti devono poter parlare con la stessa voce e gli stessi contenuti, ma ogni sostenitore deve poter scegliere quando e come farlo
  • 145. 1. Democrazia senza fiducia Meno tv generalista, meno giornali, meno fiducia nelle istituzioni: le conseguenze
  • 146. 1a Fiducia nei media (2011-2012) -11%: fiducia nella televisione in Italia vs media europea (in Italia la televisione è vista dal 98.3% della popolazione)
  • 147. 1a Fiducia nei media (2011-2012) Fiducia nell’informazione radiofonica in Svezia: 80% (Italia: 39%) Fiducia nell’informazione televisiva in Austria: 70% (Italia: 37%) Fiducia nella stampa in Olanda: 57% (Italia: 35%) Internet è l’unico canale in cui in Italia c’è più fiducia rispetto alla media europea, ma è un dato comunque piuttosto basso (38%) Conseguenze: dispersione della fiducia, atteggiamento dubbioso dei destinatari dell’informazione, riduzione della capacità di influenza del mittente sui destinatari
  • 148. 1b Fuga dai giornali (2000-2012) -34.3%: calo delle vendite dei quotidiani negli ultimi dodici anni (due milioni di copie)
  • 149. 1b Fuga dai giornali (2000-2012) Cause/conseguenze A. Press divide: “ usano Internet per informarsi e per accedere a tutti gli strumenti che per comunicare si avvalgono della scrittura” (Censis) B. Perdita del peso sociale dei quotidiani, da prima a ultima porta di accesso alle notizie: “ d’influenza in ragione dei processi di frammentazione innescati dalla moltiplicazione dei media e dai percorsi individuali di acquisizione delle informazioni da parte del pubblico” (Censis)
  • 150. 1c Meno tv generalista (2000-2012) -17.1%: calo dello share di Rai e Mediaset dal 2000 a oggi (la somma degli ascolti resta comunque alta: 73.6%)
  • 151. 1c Meno tv generalista (2000-2012) Cause/conseguenze A. Rai: -7.5%; Mediaset -9.6% negli ultimi 12 anni -> coda lunga della televisione B. Stesso trend per i telegiornali sceso dal 26,9% del 2010 al 22,6% del 2012, quello del Tg5 dal 22,4% al 19,2% C. 1992-2011: incremento medio dei consumi del 20,3%, aumentata del 329,5%, mentre la spesa per libri e giornali ha segnato un -20,3% -> coda lunga dell’informazione, preferenza per mezzi “individuali” di produzione e ricezione di contenuti giornalistici
  • 152. 1d Facebook, Twitter, popolo, elite -35.9%: italiani che usano Twitter rispetto a quelli che usano Facebook (-68.1% tra gli under 30)
  • 153. 1d Facebook, Twitter, popolo, elite Cause/conseguenze A. Youtube popolare quanto Facebook tra gli under 30 -> “dominio del video” tra le fasce più giovani (42.4% degli italiani guarda programmi TV via Youtube, 56.6% tra gli under30) B.La prevalenza di Facebook su Twitter è trasversale: tra i più giovani, tra i più istruiti, tra gli utenti attivi di Internet. Youtube, invece, tiene testa a Facebook in tutte le categorie -> Facebook è più utile a parlare con il grande pubblico online, Twitter è più utile a influenzare il dibattito sui media tradizionali C. 80% degli under30 è iscritto a Facebook e usa Youtube (solo 11.6 è iscritto a Twitter) -> elettori 18-30 vanno raggiunti quasi esclusivamente sui social media
  • 154. 1e Manipolazione vs indipendenza 7 su 10: gli italiani che pensano che “gli apparati dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie”
  • 155. 1e Manipolazione vs. indipendenza Cause/conseguenze A.Gli italiani pensano di potersi informare senza alcun aiuto esterno: 85% -> facile informare, altrettanto facile disinformare B.Pur considerandolo “manipolatorio” (70%), gli italiani non considerando il sistema dei media attuale “superato” (è così solo per il 36% della popolazione) -> la crisi di fiducia è nei confronti dei giornalisti italiani, non del giornalismo in genere C.La partecipazione degli utenti garantisce l’indipendenza delle notizie per il 44% degli italiani -> fiducia in Internet come tecnologia, non nel giornalismo su Internet
  • 156. Sintesi e tendenze (1) Giornali mai così deboli, mai così forti Anche se i giornali sono sempre meno letti, le loro storie sono la benzina necessaria per il dibattito, sui vecchi e sui nuovi media. Il dibattito può nascere da opinioni e non solo da fatti. Questo disperde la discussione pubblica in mille rivoli e la dispersione, paradossalmente, rimette al centro la capacità di sintesi dei grandi gruppi editoriali, specie se sono tra loro “alleati”. “La TV cerca nei giornali una legittimazione e i giornali si infilano nei palinsesti televisivi. In base a questa salda alleanza dell’informazione mainstream, se serve un commento autorevole, si invita il giornalista della carta stampata e il direttore di un quotidiano fa la sua comparsa nei talk show politici.” (Censis)
  • 157. Sintesi e tendenze (2) Twitter fa (e farà) notizia anche con meno pubblico Se i giornali (e i giornalisti) hanno ancora un controllo molto forte sull’agenda del dibattito pubblico, soprattutto nazionale, è l’interazione tra organizzazione e media a favorire la notiziabilità di un’azione di comunicazione. Se giornali e giornalisti usano Twitter (più che Facebook) come strumento di reperimento e produzione di contenuti, è lì che in questa fase si gioca la partita della mediazione giornalistica. La partita della disintermediazione (contatto diretto mittenti-destinatari), invece, si gioca su Facebook (24 milioni di utenti in Italia). Facebook è il luogo della conversazione, Twitter della relazione.
  • 158. 2. Nuovi agenti di socializzazione politica Le campagne elettorali del futuro prossimo: extramediali (ma ipermediali)
  • 159. 2a Non mi fido dei media, mi fido di te +24.9%: italiani che acquisiscono informazioni da parenti e amici prima di votare (2009-2013)
  • 160. 2a Non mi fido dei media, mi fido di te Cause/conseguenze A.I talk show politici (+6.6%) si avvicinano molto ai telegiornali (-14%) per capacità di influenza -> ogni apparizione televisiva può far perdere o guadagnare voti. L’impreparazione è nociva B.Totale perdita di centralità della comunicazione istituzionale dei partiti come capacità di influenza (materiali di propaganda: 9%; siti Internet dei partiti 5.9%; eventi “fisici” 4%) -> non sprecare soldi in questo genere di attività C.I social media non “spostano voti” (blog + Facebook + forum di discussione: 8.7%) -> Internet non è il luogo della propaganda, ma il luogo dell’organizzazione politica e dell’offerta di contenuti
  • 161. 2b Non mi fido dei media, mi fido di te Agenti di socializzazione elettorale nelle ultime elezioni politiche (2013) (dato disaggregato per coalizione)
  • 162. 2b Non mi fido dei media, mi fido di te Cause/conseguenze A.Le differenze tra coalizioni ci sono, ma non sono così rilevanti. I telegiornali sono “primi” per tutti (tranne elettori M5S), il passaparola è “secondo” per tutti (primo per M5S) -> le differenze tra centrosinistra e centrodestra nel mix mediale degli agenti di socializzazione sono state sopravvalutate B.Uniche differenze significative (e prevedibili): più peso della tv per il centrodestra, più peso degli eventi “fisici” per il centrosinistra -> al centrosinistra serve la buona televisione per vincere C.I social media hanno pesato come strumento di propaganda diretta solo per il M5S -> dato stabile o volatile?
  • 163. Sintesi e tendenze Internet non sposta un voto, ma fa molto di più diventata la nuova spina dorsale dell’intero sistema della comunicazione ormai compiuta. (Censis) Produzione (digitale) del contenuto -> distribuzione sui nuovi media -> diffusione sui mezzi tradizionali -> interpretazione e dibattito sui nuovi media -> comunicazione extramediale
  • 164. 3. Internet e democrazia: un’alleanza non automatica Più connessi, più scettici, più attivi, (più astenuti)
  • 165. 3a Always on, everywhere on 50.9%: percentuale di ricavi delle compagnie telefoniche (rapporto spese per telefonate/spese per navigazione – nel 2005 era 25.1%)
  • 166. 3a Always on, everywhere on Cause/conseguenze A.Comunicazione politica generativa -> si è (quasi) tutti in campagna elettorale su Internet sempre, comunque, dovunque, da qualsiasi dispositivo, che ci piaccia o meno B.Era biomediatica -> ogni utente, produttore e consumatore di contenuti allo stesso tempo, può produrre contenuti capaci di “spostare voti”, senza la minima mediazione delle organizzazioni politiche tradizionali C.I partiti devono comunicare 24 ore su 24, sette giorni su sette (esattamente come i loro elettori fanno già da anni, senza chiedere il permesso a nessuno)
  • 167. 3b Internet “peggiora” la politica? 35.3%: percentuale di italiani che ritiene che le nuove tecnologie digitali abbiano “peggiorato l’organizzazione dei movimenti politici” (solo il 15% pensa che sia migliorato)
  • 168. 3b Internet “peggiora” la politica? Cause/conseguenze A.Il settore maggiormente favorito dalle tecnologie digitali è l’informazione, secondo gli italiani -> giornalismo senza fiducia + Internet = percezione di emancipazione “collettiva” dai gruppi editoriali B.Il 28.8% degli italiani ritiene che la formazione delle opinioni politiche sia peggiorata con Internet -> era biomediatica o solipsismo? Autocomunicazione di massa o populismo? C.Il 53% degli elettori di centrosinistra parteciperebbe a referendum consultivi online (35.6% centrodestra, 69% MoVimento5Stelle) -> una quota non trascurabile di italiani chiede di ricostruire il rapporto tra tecnologie e volontà politica
  • 169. Sintesi e tendenze (1) Internet aiuta la democrazia solo se la democrazia vuole farsi aiutare da Internet Il rapporto ambivalente tra gli italiani e Internet (fiducia più alta della media europea vs. scarso ruolo dei social media nelle azioni di propaganda dirette; percezione di indipendenza vs. percezione di peggioramento della vita politica) è tale perché mediato da una terza variabile: la sfiducia nella politica. Gli italiani vogliono partecipare, non trovano i luoghi giusti per farlo, hanno ascoltato per anni promesse vuote sulla partecipazione, ora rispondono con frustrazione. Conoscono la maturità degli strumenti, li usano giornalmente, ora si aspettano lo stesso da partiti e politici.
  • 170. Sintesi e tendenze (2) Non esiste alcuna correlazione tra accesso a Internet e aumento della partecipazione diretta al voto Affluenza politiche 2008-politiche 2013: -6% Accesso a Internet in Italia 2008-2013: +16% Più informazione = più disillusione = più astensione? È una tendenza solo italiana o universale? Le risposte a queste domande richiedono analisi continue e dettagliate, ma il solo fatto che ci si debba porre questi due interrogativi ci dice che Internet può favorire l’accesso a processi democratici, ma questo accesso non è affatto automatico. Serve delega politica e serve dare “un senso” misurabile alla partecipazione (io-militante dedico tempo alla partecipazione, la mia partecipazione contribuisce a cambiare le cose)
  • 171. Conclusioni Cinque idee operative per “aggiornare i partiti”
  • 172. 1 Da opinion maker a problem solver Il sistema dei media è aumentato per complessità e velocità. L’agenda può essere dettata da più attori. I media tradizionali, pur essendo più deboli, hanno comunque la possibilità di orientare il dibattito sui social e di “interpretarlo” secondo proprie logiche editoriali. Per queste ragioni è quasi impossibile che un partito “detti l’agenda” attraverso sue iniziative (che, come abbiamo visto, non incidono neanche sulle intenzioni di voto). Più che provare a farsi sentire con proprie idee slegate dal contesto, i partiti dovrebbero sapere cosa dire, in qualsiasi momento, a commento e supporto di un fatto di attualità. Esempio: episodio di cronaca -> partito fa proposta di legge/iniziativa online sul tema entro 12 ore dal picco di attivazione. Partito = “servizio assistenza elettori”
  • 173. 1 Da opinion maker a problem solver Dalla democrazia del consenso… di orientamenti e istanze sociali; sull’azione di soggetti di rappresentanza intermedi (i partiti di massa, il grande e identificazione di interessi collettivi; su processi di costruzione del consenso attraverso il confronto nelle sedi istituzionali appropriate e la composizione delle diverse tensioni in gioco” (Censis)
  • 174. 1 Da opinion maker a problem solver …alla democrazia dell’opinione …fondata, al contrario, sulla logica della semplificazione, che accentua l’importanza dei singoli eventi piuttosto che le strutture durevoli e i processi storico-sociali in cui si determinano; sulla immediatezza dei messaggi e la non mediazione dei contenuti (dall’uso spregiudicato dei sondaggi ai confronti televisivi dei leader di schieramento); sul legame a doppio filo con il sistema dei media, chiamati a essere i principali interpreti dell’opinione degli italiani e, al tempo stesso, i principali strumenti di formazione delle opinioni (Censis)
  • 175. 2 Tutti i contenuti pronti, sempre La velocità di risposta politica ai picchi di attivazione mediatica dipende dalla capacità di elaborazione politica pregressa. Se un partito non sa “cosa dire” su un tema diventato (improvvisamente) di attualità, sarà semplicemente oscurato dagli altri partiti e dagli altri attori mediatici. Non sarà percepito, e dunque, non sarà considerato utile. Passaggio dalla logica delle “campagne” (tematiche, stagionali) alla logica Wiki: i documenti politicoprogrammatici devono essere sempre aggiornabili, da parte dei dirigenti e degli iscritti, anche contemporaneamente anche online, per garantire qualità e flessibilità. Se manca una delle due componenti, manca la capacità dell’iniziativa politica ai tempi della comunicazione orizzontale e diffusa.
  • 176. 3 Partito instant: la “regola dello 0.1%” Non si vive di sola tattica (per fortuna!), ma i voti si “spostano” ogni giorno e su diversi canali di comunicazione. Per questo le organizzazioni politiche devono dotarsi di strutture creative rapide, capaci di realizzare campagne di comunicazione “instant”, buone per inserirsi nel dibattito frenetico dei nuovi media per 24-36 ore, attraverso micro-campagne tematiche, azioni di satira o adottando maggiore aggressività nei confronti degli avversari rispetto al solito, allo scopo di capitalizzare i difetti di comunicazione degli altri o per sottolineare caratteristiche identitarie. Per provare a guadagnare (o a non perdere) lo 0.1% dei voti, tutti i giorni. Nota bene: tattica senza strategia = comunicazione senza contenuto = fuffa.
  • 177. 4 Partecipazione = democrazia interna Qualsiasi iniziativa che chieda ai cittadini di “partecipare” e che non porti alcun risultato concreto in termini politici equivale a una promessa non mantenuta. Anche se organizzata con i migliori auspici, la partecipazione frustrata genera disillusione, sfiducia, disinteresse, esattamente come una qualsiasi, cattiva, gestione politica. I processi di partecipazione possono funzionare solo se sono “obbligatori”, cioè se c’è una connessione certa tra attivazione e comportamenti. LiquidFeedback non funzionerà se il dibattito gira a vuoto, così come progetti come TuParlamento possono diventare boomerang se i politici che promettono “democrazia” non possono poi garantirla a causa di vizi di democrazia interna nei loro partiti.
  • 178. 5 Comunicare meno Interviste, dichiarazioni, promesse, aspettative: l’iperpresenza comunicativa della politica non ha portato consenso, ma sfiducia. Gli attuali livelli di sfiducia impongono uno stile di gestione pubblica completamente differente rispetto al recente passato: - i politici dovrebbero parlare solo quando hanno qualcosa di nuovo da dire; - i politici dovrebbero parlare con i media solo quando devono annunciare grandi novità strategiche o informare su risultati acquisiti (no promesse, no polemiche); - i politici non dovrebbero fare annunci, perché oggi è troppo facile chiedere loro conto di eventuali fallimenti - ogni azione di comunicazione deve avere il fine principale di illustrare la ricaduta immediata di ciò che si propone sulla vita quotidiana dei cittadini.
  • 179. Cinque buone idee di comunicazione per chi ha appena vinto le elezioni La campagna elettorale permanente: opportunità e fatiche, metodi di consolidamento e allargamento del consenso di Dino Amenduni
  • 180. Sommario Cinque cose da fare subito dopo aver vinto le elezioni 1. Evitare un cambio drastico delle abitudini di comunicazione 2. Ampliare e diversificare la propria presenza sui social per evitare l’effetto-parafulmine 3. Continuare a fornire contenuti inediti e aggiornati ai sostenitori 4. Creare (e comunicare) format stabili di comunicazione 5. Organizzare la mobilitazione: le super-issues
  • 181. Premessa “Undicesimo comandamento che suggerisco a tutti i candidati: evitare di andare in giro per i mercati rionali a fare l'amicone del quartiere e poi sparire dopo la nomina a sindaco” (il mio amico Roberto su Facebook: come lui, chissà quanti altri)
  • 182. Si spengono le luci, tacciono le voci Evitare un cambio drastico delle abitudini di comunicazione dopo la fine della campagna elettorale
  • 183. Evitare cambi drastici Gli sforzi dei candidati in campagna elettorale nei processi di ascolto, di confronto, di incontro della cittadinanza sono superiori a ciò che gli elettori sono abituati a vedere durante le normali fasi della vita politica. La ripetizione sistematica di questo comportamento ha generato sfiducia nell’elettorato, che dunque crede sempre meno alle promesse elettorali. Obiettivo: preservare il piccolo capitale di fiducia che i vincitori delle elezioni riescono a conquistare. Alternativa: effetto-boomerang, (più) rapida perdita del consenso
  • 184. Evitare cambi drastici Alcuni esempi di azioni di comunicazione classicamente abbandonate dopo la fine della campagna elettorale: - Gestione dei profili del candidato sui social media (ancor più vero per i candidati sconfitti); - Incontri a cadenza regolare con i cittadini (forum, iniziative nei quartieri); - Appuntamenti a cadenza regolare su Facebook e Twitter (livetweeting, sessioni di domande e risposte online); - Produzione di materiali di comunicazione sulle attività politiche del candidato (newsletter, infografiche).
  • 185. Evitare cambi drastici Buona pratica: #matteorisponde Format settimanale di confronto tra Renzi e gli utenti su Twitter. Nasce durante la campagna elettorale…
  • 186. Evitare cambi drastici Buona pratica: #matteorisponde …e prosegue anche dopo la campagna elettorale, in forma ancor più istituzionale (Renzi come segretario del PD)
  • 187. Evitare cambi drastici Cattiva pratica: Bill De Blasio, sindaco di New York Gli aggiornamenti della pagina Facebook ufficiale, e del suo sito, sono fermi al 6 novembre 2013 (giorno dell’elezione)
  • 188. Evitare cambi drastici In sintesi: - Attivare meccanismi di partecipazione durante le elezioni è un’arma a doppio taglio: può favorire la costruzione del consenso durante la campagna con la stessa velocità con cui può accelerare la sua erosione se i processi di ascolto sono bruscamente interrotti dopo aver vinto le elezioni; - Una strada alternativa per costruire e conservare il consenso può essere: mettere in campo un numero minore di azioni prima delle elezioni, con l’impegno di conservare queste “abitudini” dopo la fine della campagna elettorale.
  • 189. Evitare l’effetto parafulmine La comunicazione istituzionale non deve riguardare solo i profili del politico eletto
  • 190. Evitare l’effetto parafulmine Un politico in campagna elettorale è obbligato a ridurre la complessità e a rispondere in prima persona di tutte le questioni che riguardano i problemi del territorio che si intende amministrare (dal Municipio al Governo). Questa scelta obbligata porta a centralizzare la sua comunicazione, con vantaggi in termini quantitativi (ad esempio: più contatti sul sito e sui social media). Ma (per esempio) è giusto che un sindaco a domande a cui dovrebbe rispondere un Ufficio Relazioni col Pubblico risponda sui suoi canali personali?
  • 191. Evitare l’effetto parafulmine Dopo aver vinto le elezioni si deve però cambiare strategia e separare la comunicazione personale dall’istituzionale, altrimenti il politico dovrà rispondere (pubblicamente) anche di questioni che non lo riguardano direttamente. Questo, nella pratica, vuol dire organizzare una rete di profili istituzionali sui principali social media, curati da dipendenti della PA o da figure di staff, che devono rispondere alle principali questioni amministrative, dandone conto al politico con regolari report interni.
  • 192. Evitare l’effetto parafulmine Buona pratica: Comune di Milano – Palazzo Marino (link) Pagina Facebook di ufficiale di comunicazione istituzionale, con “orari di ufficio” e una policy di gestione dei commenti pubblica e non discrezionale.
  • 193. Evitare l’effetto parafulmine Buona pratica: Comune di Milano – Palazzo Marino (link) Nelle informazioni della pagina è possibile consultare un documento di due pagine (link) in cui è scritto come la pagina è gestita e cosa “succede” ai commenti degli utenti.
  • 194. Evitare l’effetto parafulmine In sintesi: - Ridurre la complessità della comunicazione istituzionale offre un vantaggio immediato in termini di visibilità e accessi al profilo, ma la centralizzazione non è la strategia migliore a lungo termine: un politico eletto deve giocare di squadra con l’istituzione che rappresenta; - Dopo aver vinto le elezioni si deve perciò cambiare strategia e diversificare la comunicazione personale dall’istituzionale, altrimenti il politico dovrà rispondere (pubblicamente) anche di questioni che non lo riguardano direttamente.
  • 195. Sentirsi in campagna elettorale permanente La comunicazione istituzionale è fondamentale, soprattutto sui social media
  • 196. Campagna elettorale permanente L’appuntamento elettorale è il momento in cui una comunità si confronta in modo più acceso e determinato sulle scelte politiche dei candidati, ma questo non vuol dire che un politico eletto possa permettersi il lusso di comunicare meno, o peggio, negli anni trascorsi tra un’elezione e l’altra. Siamo in campagna elettorale permanente: ogni dichiarazione pubblica, ogni scelta amministrativa, è “sondata” dai media, dagli istituti di ricerca ed è discussa dagli utenti sui social media. Il consenso si deve difendere ogni giorno.
  • 197. Campagna elettorale permanente Alcuni esempi di azioni di comunicazione istituzionale da progettare sui social media: - Condivisione, in un linguaggio didascalico e comprensibile, delle principali scelte amministrative (di una Giunta, di un Consiglio dei Ministri…); - Infografiche per facilitare la comprensione delle scelte; - Fotografie prima/dopo per comunicare la risoluzione dei problemi, soprattutto se quei problemi sono stati sottolineati dagli utenti (attraverso i social media o i canali istituzionali tradizionali); - Dirette streaming di consigli comunali, conferenze stampa, eventi di interesse pubblico.
  • 198. Campagna elettorale permanente Buona pratica: Pagina Facebook del Comune di Barcellona, ricca di contenuti di interesse generale e di meccanismi di coinvolgimento del pubblico
  • 199. Campagna elettorale permanente Buona pratica: infografica sulla città di Newark, New Jersey (dal sito del Comune)
  • 200. Campagna elettorale permanente Cattiva pratica: Regione Calabria su FB (pagina ufficiale?), non aggiornata dal 2009 (gli utenti, però, continuano a scrivere sulla bacheca della pagina)
  • 201. Campagna elettorale permanente In sintesi: - La comunicazione istituzionale passa in via prioritaria dai social media: ridurre i contenuti veicolati attraverso quei canali vuol dire dare l’idea che gli amministratori non abbiano risultati da condividere con il pubblico; - Al contrario, pubblicare contenuti inediti di comunicazione istituzionale permette a elettori, militanti o semplici cittadini di allargare il bacino potenziale di cittadini informati attraverso la comunicazione istituzionale oltre i classici canali ufficiali; - Si guadagnano (e si perdono) voti tutti i giorni.
  • 202. Format stabili di comunicazione Per aiutare i cittadini a trovare le informazioni, serve regolarità
  • 203. Format stabili di comunicazione La serialità, in comunicazione, paga (immaginate una serie TV in cui il giorno di messa in onda dovesse cambiare in continuazione…), perché prepara il pubblico, gli permette di sapere dove e come cercare le informazioni e, nel caso della comunicazione politica, di interagire con il candidato o con la Pubblica Amministrazione in vista dell’appuntamento successivo. Per questi motivi un politico appena eletto deve subito condividere appuntamenti fissi di confronto con la cittadinanza, poco importa se siano offline o online.
  • 204. Format stabili di comunicazione Alcuni esempi di format di comunicazione istituzionale stabile: - Appuntamento settimanale su una TV locale; - Sessione di domande/risposte sui social media, a cadenza fissa; - Appuntamento fisso di un amministratore all’interno di luoghi simbolo di una città o di una comunità (esempio: tutti i giovedì sera in un centro per anziani); - Forum “fisici” di incontro con la cittadinanza all’interno delle circoscrizioni elettorali, a cadenza fissa.
  • 205. Format stabili di comunicazione Buona pratica: Appuntamento televisivo del venerdì di Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, su Lira TV
  • 206. Format stabili di comunicazione Buona pratica: Weekly address della Casa Bianca: messaggio radio del sabato mattina (con Obama è diventato anche video-messaggio su Youtube)
  • 207. Format stabili di comunicazione In sintesi: - Una delle prime azioni che un politico neo-eletto dovrebbe adottare è un piano sistematico dei momenti di confronto con la cittadinanza. Il piano, ovviamente, non dovrebbe mai essere interrotto o ridimensionato (se ci riesce Obama…); - Questi appuntamenti devono essere condivisi con un’agenda pubblica, altrimenti la pianificazione può essere parzialmente vana; - Stabilizzare la comunicazione vuol dire semplificare il lavoro organizzativo, ma anche aumentare il lavoro redazionale di preparazione.
  • 209. Organizzare la mobilitazione Un programma politico è fatto di priorità amministrative, che spesso coincidono con i temi forti di una campagna elettorale. Un politico eletto grazie a impegni pubblici su temi determinanti difende la sua credibilità solo se porta risultati apprezzabili proprio su quei temi. Per raggiungere obiettivi “di visione”, però, serve tempo e in alcuni casi serve il sostegno popolare. Un reciproco patto politico-elettore per il raggiungimento di un obiettivo può essere la base della mobilitazione popolare durante un mandato.
  • 210. Organizzare la mobilitazione Dichiarare apertamente quali sono gli obiettivi di lungo termine di un amministratore uscente, e spiegare ai cittadini come possono contribuire al raggiungimento di quegli obiettivi, è una modalità di gestione e consolidamento del consenso, e allo stesso tempo è una modalità trasversale di comunicazione politica: un cittadino può non aver votato per un politico, ma può appoggiare una sua specifica battaglia. Schema di lavoro: super-issues -> una sezione del sito del politico eletto spiega quali sono gli obiettivi e come un cittadino può far sentire la propria voce per raggiungerli.
  • 211. Le super-issues Buona pratica: Homepage del sito di Barack Obama: qui l’utente può subito individuare le principali battaglie politiche del suo mandato presidenziale.
  • 212. Le super-issues Buona pratica: all’interno della singola issue c’è un minisito apposito che contiene le informazioni principali e le possibili modalità di attivazione da parte dei cittadini.
  • 213. Le super-issues Buona pratica: qualsiasi sia l’argomento in questione, ci sono sempre tre possibilità di coinvolgimento popolare: informazione, condivisione, attivazione.
  • 214. Organizzare la mobilitazione In sintesi: - Un mandato si valuta soprattutto sul rispetto delle promesse elettorali: più grandi sono le promesse, più ampio potrà essere il consenso pre-elettorale, più alte saranno le aspettative post-elettorali. L’unica modalità possibile di gestione di problemi complessi è considerare il cittadino un alleato, e metterlo nelle condizioni di offrire il sostegno politico necessario per le grandi riforme. - Un sito personale di un neo-eletto può, attraverso le super-issues, potenziare la comunicazione istituzionale di un ente pubblico o di un partito.
  • 215. Conclusione Il popolo non è organizzato; perciò l'espressione della sua volontà perché i suoi mediatori - i partiti - hanno perso contatto con il popolo. (Adriano Olivetti, 1949. Da allora le cose sono ulteriormente peggiorate)
  • 216. Scrivere (per) la politica Creatività, emozione, dati: dieci idee per costruire un discorso politico efficace (i risultati di un’esercitazione)
  • 217. Sommario 1. La comunicazione politica dal dopoguerra ai giorni nostri: dieci stimoli, dieci brainstorming 2. Dalla teoria alla pratica e viceversa: la costruzione collettiva di un decalogo di buone pratiche per la scrittura creativa per la politica (esercitazione) L’esercitazione ha avuto luogo a Putignano (Bari), il 17 luglio 2013, all’interno di un laboratorio del progetto Scrivoanchio. Hanno partecipato 20 ragazzi tra i 14 e i 18 anni, finalisti di un concorso nazionale di scrittura, i quali hanno liberamente commentato le campagne da noi proposte (efficacia, impatto, attualità, scelte grafiche, testi, musiche…). Il brainstorming ha offerto gli spunti per la definizione del decalogo della buona scrittura per la politica
  • 218. Esercitazione: il modello Fase1: brainstorming e dibattito sui dieci stimoli, presentati singolarmente Fase2: stesura e condivisione delle buone pratiche tra i partecipanti Fase3: divisione in quattro gruppi, ognuno dei quali aveva il compito di scrivere un appello al voto di un candidato presidente del Consiglio di max 3 minuti. Il testo poteva tener conto del decalogo appena realizzato e doveva essere interpretato da un candidato scelto dal gruppo davanti a una telecamera. Durata complessiva dell’esercitazione: circa due ore Il modello di esercitazione (brainstorming più definizione condivisa di buone pratiche più eventuale simulazione finale) può essere riprodotto liberamente in altri contesti.
  • 219. Il brainstorming 50 anni di comunicazione politica in dieci messaggi
  • 220. 1. Democrazia Cristiana, 1963 “Mai più dittature” (campagna DC per la giornata della Liberazione Tema: la comunicazione identitaria)
  • 221. 2. Partito Comunista Italiano, 1976 “Noi abbiamo le mani pulite, chi può dire altrettanto?” (campagna PCI per le elezioni politiche anticipate Tema: la comunicazione elettorale)
  • 222. 3. Kennedy a Berlino, 1963 (tema: l’emozione in politica) Duemila anni fa -- Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire "civis Romanus sum.” Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire "Ich bin ein Berliner.” […] La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri -- per impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che vivono a molte miglia da qua dall'altra parte dell'Atlantico, che sono distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest.
  • 223. 4. Forza Italia, 1994 “E Forza Italia, per fare per crescere” (video e inno fondativo del partito Tema: il video e la musica in politica)
  • 224. 5. Il risotto di D’Alema, 1997 Bruno Vespa manda in onda un filmato amatoriale (video - Tema: la politica pop)
  • 225. 6. Nichi Vendola, 2005 “Pericoloso – come tutte le persone oneste” (campagna per le elezioni regionali Tema: comunicare gli outsider)
  • 226. 7. Barack Obama, 2008 “Yes we can” (campagna per le elezioni presidenziali americane Tema: comunicare per “fare la storia”)
  • 227. 8. Satira politica, 2001 “Meno tasse per Totti” (adbusting satirico, campagna elettorale di Berlusconi, elezioni politiche 2001 Tema: il “purché se ne parli” è un approccio corretto?)
  • 228. 9. Licia Ronzulli, 2012 Il primo voto al ritorno in Parlamento Europeo dopo la maternità (nella foto, Licia Ronzulli con sua figlia Vittoria Tema: opportunità e rischi dell’umanizzazione)
  • 229. 10. Partito Democratico, 2013 “Lo smacchiamo” (video-spot per il web, elezioni politiche 2013 Tema: la comunicazione autoreferenziale)
  • 230. Il decalogo della buona scrittura per la politica I risultati del processo di brainstorming
  • 231. 1. Semplicità (non banalità) Il messaggio politico deve essere chiaro, non complesso. Non deve essere di difficile comprensione né contenere elementi in potenziale contraddizione tra loro. Una buona comunicazione può consistere anche in un solo messaggio forte. Bisogna resistere alla tentazione di dire tanto (tutto? Troppo?) in un unico manifesto o in un unico stimolo di comunicazione, perché affatica il destinatario ed è meno facile da ricordare. Semplificare, però, non significa banalizzare. Ridurre un messaggio all’essenziale vuol dire lavorare duramente (e nel dettaglio) sulla rifinitura, che può richiedere anche un lungo periodo di studio preliminare.
  • 232. 2. Definizione della tua identità I cittadini devono sapere chi sei, cosa vuoi fare, come intendi farlo, da dove parti, dove vuoi arrivare. Devono conoscere la tua storia, i tuoi punti di forza, i tuoi valori. Serve definire un quadro coerente, e per certi versi prevedibile, che permetta al cittadino di sapere cosa il partito o il politico farà senza che debba ripeterlo tutte le volte. Se questo quadro non c’è, il messaggio politico (e dunque il mittente) sarà considerato ambiguo, provvisorio, inaffidabile. L’identità non si costruisce solo definendo chi o cosa si è, ma anche definendo chi o cosa non si è, o determinandosi in modo oppositivo, sulla base delle caratteristiche dell’avversario.
  • 233. 3. Coerenza tra forme e contenuti Il contenuto del messaggio deve essere confermato, sottolineato, rinforzato dal suo contenitore. La manifestazione di una volontà o di un’ideale non è credibile se le scelte di comunicazione (e le scelte politiche conseguenti) sono diverse da ciò che si vuole sostenere. Questa coerenza va perseguita in tutte le valutazioni sulla comunicazione della “forma”, anche nelle scelte grafiche, visive, di testo, di pianificazione dei mezzi, persino di vissuto biografico di chi sta comunicando. Il rischio, in caso contrario, è di apparire ipocriti, se non addirittura falsi.
  • 234. 4. A prova di fact-checking L’autoaffermazione del proprio valore può essere una scelta di comunicazione vincente solo se ciò che è sostenuto può essere facilmente dimostrato. Questo è stato vero sempre ma lo è ancora di più ora, a causa della diffusione dei social media e della possibilità (anche individuale) di verificare l’attendibilità delle fonti. Le promesse (elettorali) oggi rappresentano sempre più una fonte di rischio e sempre meno un’opportunità per costruire consenso. Le promesse troppo grandi possono essere facilmente “smontate” trasformandosi in un boomerang, specie quando il mancato raggiungimento degli obiettivi non dipende (solamente) dal mittente.
  • 235. 5. La verità è strategica Nessuna campagna di comunicazione sarà “buona” se il prodotto è scadente. Il tema della verità è dunque centrale sia in senso positivo che in senso negativo. Dire tutta la verità può non essere sempre utile, soprattutto se i contesti sono fluidi e complessi. In alcuni casi il bluff comunicativo può funzionare di più. Questa riflessione assai pragmatica non deve però essere considerato un alibi. La comunicazione politica dovrebbe essere prima di tutto un esercizio di correttezza, sempre e comunque. Anche perché, comunicare il falso è un’azione che prima o poi, ti si ritorce contro.
  • 236. 6. Empatia, non ruffianeria La comunicazione emozionale, “di pancia”, non è necessariamente svincolata da logiche razionali di decodifica. Anche l’emozione può essere percepita come vera o falsa, attendibile o inattendibile. Può essere verificata. Il confine tra empatia (comunico in modo emozionale perché conosco ciò di cui sto parlando e sono dunque sinceramente coinvolto) e ruffianeria (comunico in modo emozionale nel tentativo di portare il pubblico dalla mia parte, ma senza che il mittente sia coinvolto a sua volta) è molto labile. In periodi di profonda sfiducia verso la (comunicazione) politica, è molto importante abbandonare del tutto ogni forma di ruffianeria retorica: non funziona più.
  • 237. 7. Pathos e concretezza Puntare su un solo registro di comunicazione (emozionale vs. razionale) appare oggi insufficiente. Emozionare, parlare di ideali e valori, raccontare storie, coinvolgere è una tecnica efficace solo se non si perde di vista la necessità di rassicurare gli elettori con messaggi concreti, pratici, che non diano la sensazione che il politico sia solo un bravo comiziante, e non un amministratore all’altezza. Allo stesso modo, è vero il ragionamento contrario: pensare di poter convincere qualcuno solo snocciolando dati, statistiche, competenza è sbagliato. I dati devono essere annunciati in modo non asettico, ma coinvolgente, inserendoli in una narrazione convincente e calda.