Lingue straniere e dislessia evolutiva, emilia romagna, Dalosio
1. LINGUE STRANIERE E DISLESSIA EVOLUTIVA
Bibliografia essenziale di riferimento
a cura di Michele Daloiso
daloiso@unive.it
Parte A – Fondamenti di didattica delle lingue moderne
Balboni P.E., 2008, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse (nuova
edizione), Torino, Utet Università.
Balboni P.E., 1999, Tecniche didattiche per l’educazione linguistica, Torino, Utet Università.
Cardona M., 2010, Il ruolo della memoria nell’apprendimento delle lingue. Una prospettiva
glottodidattica (nuova edizione), Torino, Utet Università.
Daloiso M., 2009, I fondamenti neuropsicologici dell’educazione linguistica, Venezia,
Cafoscarina.
Daloiso M., 2010, Lineamenti di didattica delle lingue moderne, Roma, Aracne.
Parte B – Dislessia e didattica delle lingue moderne
Commissione Europea, 2005, Special Educational Needs in Europe and the Teaching and
Learning of Languages. Insights and Innovation, http://ec.europa.eu.
Daloiso M., 2009, “Lingue straniere e bisogni speciali: le politiche educative dell’Unione
Europea”, in Scuola e Lingue Moderne, 8-9/2009.
Kormos J., Kontra E.H. (a cura di), Language Learners with Special Needs. An International
Perspective, Bristol/Buffalo/Toronto, Multilingual Matters.
Kvilekval P., Rialti E., 2010, Dislessia. Strumenti compensativi per la lingua inglese, Libriliberi.
Gabrieli C., Grabrieli R., 2008, Dyslexia. What is it? Uno studio sull’insegnamento della lingua
inglese a studenti dislessici, Roma, Armando.
Piechurska-Kuciel E., 2010, Dyslexia in the Foreign Language Classroom,
Bristol/Buffalo/Toronto, Multilingual Matters.
Schneider E., Crombie M., 2003, Dyslexia and Foreign Language Learning, Londra, Fulton.
2. Lingue straniere e dislessia evolutiva: per una glottodidattica accessibile
Michele Daloiso
L’Associazione Internazionale Dislessia (2002) definisce la dislessia evolutiva una difficoltà di
apprendimento di origine neurologica che colpisce alcune abilità specifiche connesse alla letto-
scrittura, quali il riconoscimento della forma grafica delle parole, lo spelling e le abilità di
decodifica. Pur essendo di norma classificata tra le difficoltà di apprendimento, la dislessia sarebbe
ascrivibile alla categoria dei disturbi del linguaggio, poiché colpisce in modo specifico ed
indipendente dallo sviluppo cognitivo l’abilità linguistica (seppur appresa) della lettura, e tutti i
processi fonologici, auditivi, visivi e mnemonici ad essa collegati. Poiché tali processi sono alla
base di altre abilità linguistiche, correlano positivamente con la dislessia anche altre difficoltà più
generali relative allo sviluppo del linguaggio. Sul piano educativo, il quadro clinico-linguistico
della dislessia ha generato spesso posizioni che tendono a sminuire il valore dell’apprendimento di
una lingua straniera (LS) da parte di allievi dislessici, sollevando perplessità sulla loro effettiva
possibilità di conseguire buoni risultati in termini di apprendimento. Prendendo le mosse da queste
considerazioni, il presente contributo intende offrire un’analisi delle barriere che possono impedire
all’allievo dislessico l’apprendimento di una LS, e alcune riflessioni per costruire un ambiente di
apprendimento che superi tali barriere.
1. L’apprendimento delle lingue straniere da parte di allievi dislessici
Per offrire una risposta convincente sul piano scientifico alle perplessità di chi ritiene
l’apprendimento di una LS da parte di allievi dislessici un compito troppo faticoso, è necessario
circoscrivere i possibili impedimenti all’apprendimento – ossia le barriere contro cui l’allievo
dislessico deve scontrarsi. Nei prossimi paragrafi si discuteranno tre tipologie di barriere su cui è
necessario operare a livello glottodidattico.
1.1. Barriere linguistiche
La prima forma di impedimento riguarda la difficoltà di processamento linguistico da parte
dell’allievo dislessico. Si tratta di una barriera di natura neurologica, indipendente da condizioni
esterne (qualità dell’educazione, grado di esposizione all’input linguistico ecc.), e solo parzialmente
recuperabile. Secondo un recente studio longitudinale, infatti, solo il 20% degli allievi in età scolare
riesce a recuperare pienamente il deficit (Stella, 2004). Rimandando agli studi di settore per un
quadro sistematico della dislessia (De Beni e Cisotto, 2000; Stella, 2004), in questa sede ci pare
utile reinterpretare i dati della ricerca neuropsicologica alla luce della nozione di competenza
comunicativa, così come intesa in Balboni (2008). Le barriere di natura linguistica che l’allievo
dislessico può incontrare nell’apprendimento di una LS riguardano le abilità (Daloiso, 2009a):
a. linguistiche, ed in particolare:
- la “comprensione scritta superficiale”, che consente di decodificare la forma grafica delle
parole, associandola alla forma fonetica e al significato; a questo proposito, la lettura può
risultare fluente ma poco accurata (dislessia fonologica), o lenta ma più precisa (dislessia
superficiale). Poiché, inoltre, la decodifica superficiale costituisce di fatto un requisito alla
comprensione profonda, accade talvolta che allievi con forme gravi di dislessia possano
manifestare difficoltà più generali nella comprensione scritta (Lavadas e Berti, 2003);
3. - la “comprensione orale superficiale”: a causa della ridotta consapevolezza fonologica,
l’allievo dislessico può trovare molto faticoso segmentare le unità di significato nel flusso
comunicativo, e percepire una velocità d’eloquio più elevata rispetto ai compagni;
- la produzione: sul piano dell’oralità, le difficoltà sono circoscritte all’articolazione di alcuni
suoni e alla pronuncia di parole non familiari; in relazione allo scritto, sebbene in Italia si
distinguano dislessia, disortografia e disgrafia, di fatto questi disturbi correlano talvolta
positivamente, per cui non è possibile ignorare eventuali ricadute della dislessia sull’abilità
di scrittura;
b. meta-linguistiche, ed in particolare:
- l’analisi fonologica, che appare difficoltosa soprattutto per gli allievi con dislessia
fonologica, i quali possono incontrare enormi difficoltà in compiti apparentemente semplici,
quali riconoscere se due parole rimano tra loro, scomporre una parola in sillabe, dire se una
parola contiene un dato suono, ecc. Questi compiti richiedono, infatti, la “consapevolezza
fonologica”, ossia la capacità di riconoscere, analizzare, confrontare suoni linguistici;
- l’analisi visiva, che appare problematica per gli allievi con dislessia superficiale, i quali
trovano faticoso analizzare la forma grafica delle parole, scambiandone non di rado
l’orientamento e la sequenza, nonché l’ordine di successione delle singole lettere;
- la conversione grafema-fonema, che implica l’analisi sia fonologica sia visiva, e per tale
ragione risulta problematica per tutti gli allievi dislessici. Pur essendo un processo
automatico, la conversione grafema-fonema è connessa ad alcune abilità meta-linguistiche,
quali la capacità di confrontare forme morfologiche diverse di una stessa parola, e di
individuare regolarità e irregolarità del codice scritto rispetto all’orale.
Sul piano psicolinguistico, le difficoltà qui descritte appaiono legate ad un’inaspettata limitazione
della memoria di lavoro nell’allievo dislessico, che riduce la capacità di ritenzione delle
informazioni da apprendere.
1.2. Barriere psicologiche
La dislessia si caratterizza per un’alta percentuale di comorbilità, che riguarda anche difficoltà di
tipo socio-relazionale e psicologico (Stella, 2007; Kormos e Kontra, 2008), le quali rappresentano
in molti casi la conseguenza di reiterate esperienze negative, che segnano il vissuto personale
dell’allievo al punto da influire sullo sviluppo della sua personalità. L’apprendimento della LS è
dunque spesso ostacolato da barriere psicologiche quali:
a. basso grado di autostima, il più delle volte determinato dall’esperienza di ripetuti fallimenti in
ambito scolastico (Cornoldi, 1999), causati da forme di dislessia non recuperabili o dal mancato
sviluppo di strategie compensatorie efficaci in lingua materna (LM). Questi allievi possono
ritenere che l’apprendimento di una LS sia un compito al di sopra delle loro capacità percepite;
b. ansia linguistica, che si manifesta in uno stato di agitazione che ricorre ogniqualvolta l’allievo è
posto di fronte a compiti linguistici (Kormos e Kontra, 2008). Ciò di fatto mina alla base la
disposizione psicologica dello studente all’apprendimento di una LS, generando riluttanza alla
comunicazione, difficoltà ad auto-correggersi, limitata attenzione ecc.
c. fragilità motivazionale, causata dal fatto che la curiosità iniziale per la LS, che spesso
caratterizza gli allievi dislessici, non trova sostegno sul piano metodologico; emerge spesso
nello studente un senso di frustrazione, dovuto alla consapevolezza che lo studio della LS non
può essere portato a termine semplicemente applicando le strategie compensatorie acquisite in
LM (Arnold e Brown, 1999);
d. riluttanza alla relazione, spesso conseguenza di esperienze di stigmatizzazione della diversità,
talvolta accentuata dall’abuso di una terminologia deprivativa (dis-abile, dis-lessico, difficoltà,
disturbo, disordine ecc.) che, accostata alla parola “studente”, finisce per caratterizzare l’allievo
4. sulla base di ciò che non riesce a fare. Per tale ragione nei documenti europei (CE, 2005) si usa
l’espressione “bisogni educativi speciali”, dove l’aggettivo “speciale” è di estrema rilevanza
politica, considerato che nel linguaggio quotidiano è di norma utilizzato con accezione positiva.
1.3. Barriere metodologiche
A condizionare il successo di un allievo dislessico nell’apprendimento di una LS può essere anche il
contesto glottodidattico, ed in particolare l’insieme delle decisioni curricolari e metodologiche
operate dal docente di LS, le quali possono costituire involontarie barriere a livello di:
a. approccio: ciascuno degli approcci e dei metodi elaborati dalla glottodidattica può di fatto
costituire una barriera per l’allievo dislessico; ad esempio, l’impianto formalistico può risultare
inefficace, dal momento che punta eccessivamente sulle abilità meta-linguistiche, mentre
l’approccio comunicativo, pur ridimensionando l’importanza dell’accuratezza, può risultare
ansiogeno, dal momento che pone l’allievo di fronte a situazioni di “pressione comunicativa”;
b. supporti: le facilitazioni comunemente adottate per favorire l’apprendimento linguistico
possono non essere sufficienti per l’allievo dislessico; in generale, infatti, l’insegnamento della
LS si basa ancora largamente sul linguaggio verbale, mentre l’allievo dislessico trarrebbe
beneficio all’uso di altri linguaggi come supporto alla comprensione verbale;
c. tempi d’insegnamento: poiché la dislessia correla positivamente con difficoltà legate alla
memoria di lavoro, spesso l’allievo percepisce un’eccessiva rapidità nella presentazione del
materiale linguistico, e la mancanza del tempo necessario per l’assimilazione;
d. verifica (specialmente se scritta), che risulta inaccessibile a causa dei seguenti fattori:
- tempi di svolgimento, che di norma non sono sufficienti affinché l’allievo dislessico possa
completare la prova; va infatti tenuto presente che la velocità di lettura in LM di uno
studente normodotato è di 7 sillabe al secondo, mentre quella di un allievo dislessico varia
da 3 a 5, numeri che scendono inevitabilmente nella lettura in LS;
- tipo di conoscenze/competenze verificate, problema direttamente conseguente alla
definizione del sillabo di LS;
- quantità delle conoscenze/competenze verificate, che risulta talvolta eccessiva per l’allievo
dislessico, a causa delle difficoltà connesse alla memoria di lavoro.
2. Oltre le barriere: riflessioni per una glottodidattica accessibile
Sull’insegnamento della LS ad allievi dislessici è attualmente disponibile un numero limitato di
studi scientifici, perlopiù in ambito internazionale. Rielaborando i risultati di queste ricerche alla
luce della tradizione glottodidattica italiana, è possibile iniziare a delineare un quadro metodologico
di riferimento che possa garantire la “accessibilità glottodidattica”.
Nel linguaggio quotidiano la parola “accessibilità” ha un duplice valore: da un lato può indicare la
mera raggiungibilità fisica di un luogo (“La principessa era imprigionata in un castello
inaccessibile”; da questa accezione derivano espressioni metaforiche come “i prezzi degli affitti non
sono sempre accessibili”), dall’altro può riferirsi all’intelligibilità cognitiva di un discorso, un testo,
un compito (“il libro è scritto con un linguaggio accessibile”).
Prendendo le mosse da questa seconda accezione, definiamo “accessibilità glottodidattica”
l’insieme delle scelte strategiche operate dal docente di LS al fine di rimuovere o aggirare le
barriere che impediscono l’apprendimento linguistico. L’accessibilità glottodidattica investe
perlomeno tre aree di intervento, che sintetizziamo di seguito.
2.1. Accessibilità linguistica
5. Le barriere linguistiche discusse in 1.1 sono intrinseche all’allievo, e non spetta al docente di LS
rimuoverle in senso riabilitativo (o più propriamente “abilitativo”, dal momento che la dislessia non
implica la perdita di abilità precedentemente sviluppate), se non in un’ottica di educazione
linguistica, che preveda la sinergia tra gli insegnanti di italiano e di LS e il logopedista. Poiché,
tuttavia, tali barriere non investono tutte le dimensioni della competenza comunicativa, il docente di
LS può operare scelte curricolari di fondo che non insistono sulla dis-abilità, bensì sulle abilità
residue dell’allievo. Tali scelte riguardano:
a. la scelta della lingua: la struttura intrinseca di ciascuna lingua può rendere più o meno evidenti
le difficoltà di un allievo dislessico; in particolare, la “trasparenza linguistica”, intesa come
vicinanza tra i sistemi fonetico e grafico della lingua (Smythe, 2004), può costituire un valido
criterio per la scelta (ove possibile) della lingua da insegnare. E’ stato infatti riscontrato che le
difficoltà di conversione grafema-fonema tipiche della dislessia riemergono in modo molto più
evidente nell’apprendimento di lingue opache, come l’inglese, rispetto a lingue più trasparenti,
come lo spagnolo e l’italiano;
b. la definizione delle mete linguistiche: in considerazione del quadro linguistico dell’allievo
dislessico, è possibile individuare un nucleo di priorità glottodidattiche. Ferma restando la
centralità dello sviluppo di abilità culturali ed interculturali, che non sono compromesse dalla
dislessia, sul piano strettamente linguistico riteniamo prioritarie (Daloiso, 2009a):
- le abilità orali rispetto a quelle scritte, il cui grado di sviluppo dipenderà dal profilo
linguistico dell’allievo dislessico e dal tipo di lingua insegnata; ciò non significa, ad ogni
modo, l’esclusione del codice scritto, che rappresenta un supporto necessario ad allievi che
non apprendono una lingua come LM;
- l’efficacia comunicativa rispetto alla fluenza e/o all’accuratezza; l’inclusione di uno di
questi due aspetti della comunicazione nel curricolo personalizzato dipenderà dal tipo di
dislessia, dal momento che la produzione non accurata è tipica della dislessia fonologica,
mentre la produzione non fluente è un tratto distintivo della dislessia superficiale;
- la comprensione globale è prioritaria rispetto all’analisi, e quest’ultima dovrà riguardare più
il contenuto che la forma del messaggio comunicativo, in modo da limitare i problemi legati
all’analisi meta-linguistica.
2.2. Accessibilità psicologica
Le barriere psicologiche che impediscono all’allievo dislessico un accostamento sereno allo studio
della LS sono spesso diretta conseguenza di reiterati insuccessi scolastici, che intaccano l’autostima
e la motivazione, generando stati d’ansia. Riprendendo il noto modello della valutazione emotiva di
Schumann (1999; per una prospettiva glottodidattica, Daloiso, 2009c), possiamo sostenere che una
glottodidattica psicologicamente accessibile dovrà presentare un input (inteso in senso lato come
lingua, attività, materiali ecc.):
a. basato sull’equilibrio tra novità e ricorrenza: la novità può costituire di norma un catalizzatore
di attenzione temporaneo, ma l’allievo dislessico necessita di un impianto della lezione
ricorrente, trasparente ed esplicito, in modo da poter far leva sulle abilità meta-cognitive per
seguire la lezione e progredire nell’apprendimento linguistico;
b. piacevole: proprio perché la carriera scolastica dell’allievo dislessico è spesso costellata di
insuccessi, va recuperata la dimensione ludica dell’apprendimento linguistico, in modo che lo
studente possa riscoprire il piacere di imparare in modo sereno e gradevole, senza percepire
un’accentuazione sulle sue dis-abilità;
6. c. pertinente ai propri bisogni: le scelte curricolari descritte in 2.1 vanno esplicitate con l’allievo
nell’ambito di un patto formativo, per evitare che egli costruisca aspettative poco realistiche sui
propri risultati in termini di apprendimento;
d. realizzabile e sicuro: l’effettiva realizzabilità di un’attività è strettamente legata all’accessibilità
linguistica e metodologica: un compito può essere infatti percepito come realizzabile se a livello
linguistico non fa leva sulla dis-abilità e se a livello metodologico propone un percorso
rispettoso delle modalità di apprendimento dell’allievo (cfr. 2.3).
2.3. Accessibilità metodologica
Nel paragrafo 1.3 abbiamo evidenziato alcune aree glottodidattiche particolarmente problematiche
per l’insegnamento della LS ad allievi dislessici. Rimandando ad un nostro studio precedente per
una discussione generale sulle scelte metodologiche che possono influire positivamente
sull’apprendimento della LS in questo contesto (Daloiso, 2009a), ci soffermiamo ora su un aspetto
specifico relativo alla facilitazione dell’apprendimento.
Come è emerso nei paragrafi precedenti, la dislessia è associata ad una limitazione della memoria di
lavoro, che genera problemi di ritenzione delle informazioni ambientali. Poiché, tuttavia, la
memoria di lavoro è costituita da due sotto-componenti (il circuito fonologico e il taccuino visuo-
spaziale; per un approfondimento in prospettiva glottodidattica: Cardona, 2010), è ipotizzabile che
la dislessia fonologica sia direttamente connessa ad un deficit del circuito fonologico, mentre la
dislessia superficiale, che colpisce la via visivo-lessicale alla lettura, interessi un deficit del taccuino
visuo-spaziale.
Abbracciando questa ipotesi, il docente potrà selezionare specifiche strategie di aggancio
mnemonico che fanno leva sulla componente attiva della memoria di lavoro. A seconda del tipo di
dislessia dunque si potranno proporre, ad esempio, strategie di aggancio:
a. fonetico, come l’associazione di singoli foni o gruppi fonetici difficili a suoni, rumori
ambientali, versi di animali che l’allievo percepisce ad essi più vicini; l’esempio emblematico è
costituito dalle parole onomatopeiche, ma alcune ricerche internazionali (Schneider e Crombie,
2003) hanno rilevato come l’aggancio fonetico possa realizzarsi anche con singoli foni;
b. visivo-immaginativo: accanto alle comuni tecniche di associazione parola-immagine, può
risultare utile selezionare un nucleo di parole accomunate da uno stesso elemento linguistico
(fonetico, grafico ecc.) che appare di difficile memorizzazione per l’allievo, il quale dovrà
costruire e rappresentare graficamente una storia fantasiosa contenente tali parole;
c. sensoriale: oltre alle già diffuse tecniche di risposta fisica totale, possono essere utili specifiche
tecniche di fonetica gestuale, che consistono nel dare la possibilità all’allievo di “percepire
fisicamente” se sta pronunciando in modo corretto un suono; per la lingua inglese, ad esempio,
si possono approntare tecniche di fonetica gestuale relative al fenomeno dell’aspirazione (per
l’aspirazione iniziale in parole come horse, house si può far percepire fisicamente all’allievo la
fuoriuscita di aria dalla bocca ponendovi vicino una mano).
Vorremmo concludere questa sezione sottolineando che le esemplificazioni qui discusse risultano in
sintonia con la prospettiva educativa proposta dalla Commissione Europea (CE, 2005), secondo cui
ogni studente ha caratteristiche, interessi, stili cognitivi e bisogni di apprendimento che lo rendono
unico. Le difficoltà di apprendimento andrebbero perciò reinterpretate in chiave non deprivativa,
ossia come particolari propensioni dell’allievo che fanno leva sulle risorse s sui canali percettivi a
sua disposizione. Seguendo questa prospettiva, un allievo con dislessia fonologica, ad esempio,
predilige il canale visivo, mentre uno studente con dislessia superficiale privilegia il canale
auditivo.
7. 3. Conclusioni
In questo saggio abbiamo discusso la nozione di “accessibilità glottodidattica” applicata
all’insegnamento della LS ad allievi dislessici. Tuttavia, nel concludere questo saggio riteniamo
essenziale evidenziare come tale nozione possa contribuire alla didattica delle lingue tout court. E’
necessario, infatti, superare quello che abbiamo definito un paradosso della moderna glottodidattica
(Daloiso, 2009b): da decenni si propongono i paradigmi teorico-metodologici di “flessibilità”,
“adattabilità”, “valorizzazione degli stili d’apprendimento”, “differenziazione”. Tuttavia queste
stesse nozioni faticano ad essere applicate al contesto dei bisogni educativi speciali. Pur non
rinnegando le specificità metodologiche che possono richiedere alcune situazioni d’insegnamento
ad allievi con difficoltà di apprendimento, riteniamo che l’adattamento glottodidattico sulla base del
profilo e dei bisogni degli allievi rappresenti il compito di ogni insegnante di lingue. Il problema,
perciò, non è tanto se i principi sopra menzionati possano applicarsi o meno a questo contesto,
quanto piuttosto come essi si possano concretizzare in situazioni specifiche, come ad esempio
l’insegnamento delle lingue ad allievi dislessici.
Riferimenti bibliografici
ARNOLD J., BROWN H.D., 1999, “A Map of the Terrain”, in ARNOLD J. (a cura di), Affect in Language
Learning, Cambridge, CUP.
BALBONI P.E., 2008, Le sfide di Babele (nuova edizione), Torino, UTET Università.
CARDONA M., 2010, Il ruolo della memoria nell’apprendimento delle lingue, Torino, UTET
Università.
COMMISSIONE EUROPEA, 2005, Special Educational Needs in Europe and the Teaching and Learning
of Languages. Insights and Innovation, http://ec.europa.eu, visionato il 30.08.2010.
CORNOLDI C., 1999, Le difficoltà di apprendimento a scuola, Il Mulino, Bologna.
DALOISO M., 2009a, “La dislessia evolutiva. Un quadro linguistico, psicolinguistico e
glottodidattico”, in Studi di Glottodidattica, 2.
DALOISO M., 2009b, “Lingue straniere e bisogni speciali: le politiche educative dell’Unione
Europea”, in Scuola e Lingue Moderne, 8-9.
DALOISO M., 2009c, I fondamenti neuropsicologici dell’educazione linguistica, Venezia,
Cafoscarina.
DE BENI R., CISOTTO L., 2000, Psicopatologia della lettura e della scrittura, Trento, Erickson.
KORMOS J., KONTRA E.H. (a cura di), 2008, Language Learners with Special Needs. An International
Perspective, Bristol/Buffalo/Toronto, Multilingual Matters.
LAVADAS E., BERTI A., 2003, Neuropsicologia, Bologna, Il Mulino.
SCHUMANN J.H., 1999, The Neurobiology of Affect in Language, Oxford, Blackwell.
SMYTHE I. (a cura di), 2004, Provision and Use of Information Technology with Adult Dyslexic
Students in University in Europe, Cardiff, WDP.
SCHNEIDER E., CROMBIE M., 2003, Dyslexia and Foreign Language Learning, Londra, Fulton.
STELLA G., 2004, La dislessia, Bologna, Il Mulino.
STELLA G., 2007, Storie di dislessia, Firenze, Libri Liberi.