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Letture, Immagini,
Riflessioni, Atmosfere
che ruotano intorno
al CIBO
BIBBIA
E MORÌ CON UN FALAFEL IN MANO
GIOVANNI VERGA
WINSOR MCCAY
OSCAR WILDE
ANDREA CAMILLERI
ALESSANDRO MANZONI
BIBBIA
APICIO
VAZQUEZ MONTALBAN
GIOVANNI BOCCACCIO
VAZQUEZ MONTALBAN
MALVALDI MARCO
ALLENDE ISABELLE
BARBERY MURIEL
UMBERTO SABA
GABRIELE D'ANNUNZIO
PABLO NERUDA
JAKOB E WILHELM GRIMM
JOANNE HARRIS
GIANNI RODARI
MARCEL PROUST
OSCAR WILDE
AGATHA CHRISTIE
THOMAS MANN
KEROUAC JACK
CASSINI RICCARDO
AMADO JORGE
FOCACCIA
POLPETTE FALAFEL
LUPINI
CROSTINI WELSH RAREBIT
SANDWICH AL CETRIOLO
ARANCINI
POLENTA
FARRATA
LENTICCHIE
PANE E POMODORO
MACCHERONI DEL PAESE DI BENGODI
FRITTATA MARINATA
PASTICCIO DI TONNO
RATATOUILLE
CRUDITE‟ CON MAIONESE
POLPETTE AL POMODORO
MELE
ARANCE
CASETTA DI DOLCI
CIOCCOLATO
STRADA DI CIOCCOLATO
MADELEINE
MUFFIN
SCONES
PLETTEN PUDDING
APPLE PIE
NUTELLA
CAFFE'
2
29 Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla
superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme;
questo vi servirà di nutrimento.
30 A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò
che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni
erba verde per nutrimento». E così fu.
LA BIBBIA
Dal libro della Genesi - cap. 1, 29-30
3
APERITIVO: Cocktail Cenerentola
LA GATTA CENERENTOLA
Gianbattista Basile
Disse il principe: "Ho una figlia, ma fa sempre la
guardia al focolare, perché è disgraziata e da poco e
non merita di sedere dove mangiate voi" Disse il re:
"Questa sia in testa alla lista, perché così mi piace«.
Così partirono e il giorno dopo tornarono tutte e,
insieme con le figlie di Carmosina, venne Zezolla, e il
re, non appena la vide, ebbe come l'avvertimento
che fosse quella che desiderava, tuttavia abbozzò.
Ma, finito di sbattere i denti, si arrivò alla prova della
pianella, che non s'era neppure accostata al piede de
Zezolla, che si lanciò da sola al piede di quel
coccopinto d'Amore, come il ferro corre alla calamita.
Vista la qual cosa il re, corse a stringerla forte tra le
braccia e, fattala sedere sotto il baldacchino, le mise
la corona in testa, comandando a tutte che le
facessero inchini e riverenze, come alla loro regina.
Le sorelle vedendo ciò, piene di rabbia, non avendo
lo stomaco di sopportare lo scoppio del loro core, se
la filarono quatte quatte verso la casa della mamma,
confessando a loro dispetto che… è pazzo chi
contrasta con le stelle.
È ispirato alla fiaba di Basile, dove l'eroina
Zezolla si macchia addirittura dell'omicidio della
sua matrigna, e da cui Charles Perrault trasse
spunto per comporre la più famosa fiaba di
Cenerentola, l‟aperitivo analcolico di benvenuto!
4
APERITIVO: il deperitivo
MANIFESTO FUTURISTA
Fortunato Depero
Un fantastico aperitivo creato da uno
dei più poliedrici ed eclettici artisti
non solo del movimento futurista ma
dell‟arte italiana del Novecento:
Fortunato Depero e la sua
mirabolante “coppa di brividi”.
L‟aperitivo diventa un progetto dalle
linee semplici e forme geometriche
ben delineate, un bianco e nero
stilizzato che raffigura un flûte e le
diverse componenti del deperitivo. Lo
stile del disegno, tipicamente
deperiano, è essenziale, e l‟aperitivo
è descritto come se fosse un progetto
tecnico dove ogni elemento
raffigurato è nominato come in un
foglio di istruzioni illustrato.
La semplicità delle linee e dei volumi
restano però sulla carta perché
all‟atto pratico la Coppa di brividi è,
giustamente, da brividi 5
APERITIVO E DINTORNI: la focaccia
LA BIBBIA
Dal libro della Genesi - cap. 18
Gn 18
[1] Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre
egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno.
[2]Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse
loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, [3]dicendo: «Mio signore, se ho
trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. [4]Si vada a prendere
un po‟ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. [5]Permettete che vada a prendere
un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo
che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa‟ pure come hai detto». [6]Allora
Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e
fanne focacce». [7]All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo
diede al servo, che si affrettò a prepararlo. [8]Prese latte acido e latte fresco insieme con il
vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto
l'albero, quelli mangiarono.
All‟inizio del II millennio a.C., in Egitto, in Canaan ed in
Mesopotamia, il grano e vari tipi di pane erano l‟alimento principale,
assieme al latte, il burro, i formaggi, l‟acqua, la birra ed il vino.
Assai probabilmente i patriarchi, poiché erano semi-nomadi,
consumavano soprattutto dei latticini ottenuti dal proprio bestiame
e dai loro greggi, ma avevano pure il pane o la focaccia.
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APERITIVO E DINTORNI: polpette falafel
LATTE, MIELE
E FALAFEL
Elisa Pinna
C‟è chi li chiama falàfel e chi falafèl, c‟è chi scrive felafel chi falafel, mentre la forma araba letteraria è
falafil, ma si intende sempre quell‟alimento a base di legumi di origini antiche medio-orientali. È
ipotizzabile che i falafel possano essere nati come alternativa cristiana del venerdì alla carne e quella
ebraica al suino. Secondo la storica della cucina Claudia Roden, nel suo libro della cucina ebraica,
furono gli ebrei Yemeniti arrivati in Terra Santa prima del 1948 i primi a produrre e vendere falafel nelle
strade e a portarli alle colonie di pionieri ebrei. Allora i falafel erano più speziati e probabilmente fatti a
base di fave e non di ceci. Oggi in generale i falafel sono fatti a base di ceci e persino il Mc Donald's
offre in alcuni paesi il popolarissimo Mc Falafel. In Israele è il piatto nazionale
E MORÌ CON UN
FALAFEL IN MANO
John Birmingan
Chi, prima di un viaggio o un
pellegrinaggio, desideri
capire quali siano le
componenti, della società in
Israele oggi, basta che legga
questo libro che racconta
attraverso testimonianze e
storie di vita vissuta, le
diversità di una ventina di
«raggruppamenti suddivisi su
basi geografiche, etniche,
religiose» unite da alcuni
ingredienti comuni: il Latte, il
miele e i falafel.
Il romanzo He Died with a
Felafel in His Hand è
composto da una serie di
aneddoti, ambientati a
Brisbane e in altre città
australiane, sulla convivenza
con numerosi e improbabili
coinquilini. Da questo
romanzo è stato tratto un film
nel 2001. Il film si apre con la
morte di Flip rinvenuto da
Danny seduto davanti alla tv
con un falafel in mano.
7
APERITIVO E DINTORNI: i lupini
I MALAVOGLIA
Giuseppe Verga
“Padron „Ntoni adunque, per menare avanti la barca, aveva combinato con lo zio Crocifisso Campana
di legno un negozio di certi lupini da comprare a credenza per venderli a Riposto, dove compare
Cinghialenta aveva detto che c‟era un bastimento di Trieste a pigliar carico. Veramente i lupini erano un
po‟ avariati; ma non ce n‟erano altri a Trezza, e quel furbaccio di Campana di legno sapeva pure che la
Provvidenza se la mangiavano inutilmente il sole e l‟acqua, dov‟era ammarrata sotto il lavatoio, senza
far nulla; perciò si ostinava a fare il minchione. – Eh? Non vi conviene? lasciateli! Ma un centesimo di
meno non posso, in coscienza! che l‟anima ho da darla a Dio! – e dimenava il capo che pareva una
campana senza batacchio davvero. Questo discorso avveniva sulla porta della chiesa dell‟Ognina, la
prima domenica di settembre, che era stata la festa della Madonna, con gran concorso di tutti i paesi
vicini; e c‟era anche compare Agostino Piedipapera, il quale colle sue barzellette riuscì a farli mettere
d‟accordo sulle due onze e dieci a salma, da pagarsi «col violino» a tanto il mese. Allo zio Crocifisso gli
finiva sempre così, che gli facevano chinare il capo per forza, come Peppinino, perché aveva il
maledetto vizio di non saper dir di no. – Già! voi non sapete dir di no, quando vi conviene,
sghignazzava Piedipapera. Voi siete come le… e disse come.”
In un paese siciliano, Aci Trezza, vive la laboriosa famiglia Toscano,
soprannominata Malavoglia. Il patriarca è Padron 'Ntoni, vedovo, che
vive presso la casa del nespolo insieme al figlio Bastiano, detto
Bastianazzo, il quale è sposato con Maruzza. Bastiano ha cinque figli:
'Ntoni, Luca, Filomena, Alessio e Rosalia. Il principale mezzo di
sostentamento è la "Provvidenza", una piccola imbarcazione utilizzata
per la pesca. La partenza per il servizio militare del primogenito 'Ntoni,
segnerà l'inizio della rovina della famiglia dei Malavoglia, per far fronte
a questa situazione Padron ‟Ntoni tenta di fare un affare comprando
una grossa partita di lupini, peraltro avariati, da un suo compaesano…
8
APERITIVO E DINTORNI: i crostini o welsh rarebit
SOGNI DI UN DIVORATORE
DI CROSTINI
Winsor McCay - Silas
Dream of the Rarebit Fiend, in italiano Sogni di un
divoratore di crostini, è una striscia a fumetti
creata da Winsor McCay nel settembre del 1904.
Il protagonista "casuale" della striscia si trova
durante il sonno, catapultato in un incubo/sogno:
una situazione drammatica, ridicola o strana e
talvolta inquietante ma nell‟ultima vignetta della
striscia si sveglia e si rende conto che si è trattato
solo di un sogno, la cui causa deriva dal fatto di
aver mangiato prima di andare a letto i famosi
rarebit gallesi!
I rarebit conosciuti anche come Welsh rarebit,
sono dei crostini inzuppati di formaggio fuso e
sono, soprattutto per l'epoca, una leccornia che
crea una compulsione a mangiare fino
all'indigestione, che porta alla creazione durante il
sonno di Fiend (demone in Inglese) cioè demoni,
gli incubi che assalgono il povero malcapitato
della striscia durante la notte. 9
JACK. Sono innamorato di Gwendolen. Sono venuto in città apposta per chiedere
la sua mano.
ALGERNON. Credevo che fossi venuto per il piacere?... Invece si tratta di affari.
JACK. Come sei poco romantico!
ALGERNON. Non vedo niente di romantico nel chiedere la mano di una ragazza. È molto romantico
essere innamorati. Ma una precisa proposta di matrimonio non ha niente di romantico. E poi c'è il rischio
che sia accettata. Di solito lo è, a quanto mi dicono. E allora tutta l'eccitazione è finita. L'essenza
dell'amore romantico è l'incertezza. Se mai mi dovessi sposare, cercherò sicuramente di dimenticarlo.
JACK. Non ne dubito affatto, mio caro Algy. Il tribunale per i divorzi è stato creato apposta per persone
con una memoria così stravagante.
ALGERNON. Oh, è inutile discutere su questo argomento. I divorzi sono decisi in Cielo. (Jack allunga la
mano per prendere un panino, ma Algernon lo ferma). Per favore non toccare le tartine al cetriolo. Le ho
ordinate apposta per zia Augusta. (Ne prende una e la mangia).
JACK. Ma come, te le stai mangiando una dopo l'altra….
Ne "L'importanza di chiamarsi Ernesto", la commedia di
Oscar Wilde ambientata alla fine del „800 dove si prende
in giro la "seriosità" del periodo tardo vittoriano, erano i
"cucumber sandwich" (sandwich al cetriolo) di cui la
temibile Lady Bracknell lamentava la mancanza.
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO
Oscar Wilde
APERITIVO E DINTORNI: sandwich al cetriolo
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GLI ARANCINI DI MONTALBANO
Andrea Camilleri
Il titolo del libro è dovuto all‟ultimo racconto di questa
raccolta in cui il famoso commissario Montalbano decide di
trascorrere il capodanno a Vigàta in compagnia della
cammarera Adelina, pronto a gustarsi i suoi deliziosi
arancini. Il sospetto di un furto a un supermercato ricade su
un figlio pregiudicato di Adelina, Pasquale. Montalbano
amareggiato più per il fatto che non potrà gustare gli
arancini, che per la cattura di Pasquale, riuscirà a far luce
nell‟inchiesta e quindi a far assolvere il ragazzo dalle accuse
e potersi così gustare gli arancini tanto desiderati.
carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i
pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini „na poco di fette di salame e si fa tutta una
composta con la carne sgrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il
suco della carne s‟ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s‟assistema nel
palmo d‟una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e copre con
dell‟altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco
d‟ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s‟infilano in una padeddra d‟oglio bollente e si fanno
friggere fino a quando pigliano un colore d‟oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine,
ringrazziannu u Signiruzzu, si mangiano!
Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta: un ricordo che
sicuramente gli era trasùto nel Dna, nel patrimonio genetico. Adelina ci metteva
due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno
avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a
foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e
basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa
(senza zaffirano, pi
APERITIVO E DINTORNI: gli arancini
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IL PANE
IL BACIO DEL PANE
Carmine Abate
… Poi addentò il pane a occhi chiusi. “Erano anni che non assaggiavo un pane fatto
in casa. Davvero favoloso, non ho parole per ingraziarvi.” Non aggiunse altro.
Masticava piano piano…
L‟uomo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un coltellino svizzero, appoggiò il pane
all‟altezza dello sterno e con la lama più lunga ne tagliò due fette. Quando si abbassò
per rimettere il pane nel sacchetto, una delle fette cadde per terra sollevando una
nuvoletta di polvere. L‟uomo la raccolse subito, con apprensione.
“Buttatela via, è tutta impolverata” gli consigliai, convinto che volesse mangiarla. Lui
mi lanciò uno sguardo di disapprovazione: “il pane non si butta così, come una pietra
senza valore. Il pane è vita, ci vuole troppa fatica per farlo”. Diede un bacio sul lato
pulito della fetta e andò a posarla sotto il fico, dove becchettavano affamati tre o
quattro uccelli. Poi concluse: “il pane va rispettato”.
Mi sentii avvampare. Era più o meno, lo stesso rimprovero di nonno Francì quando
mi aveva visto dare un calcio a un panino con la Nutella che mi era caduto dalle
mani: “Lo sai quanti sudori, quanti sacrifici, è costato questo panino?”. E affinché non
dimenticassi l‟insegnamento e non ripetessi più quel gesto a suo dire “vomitòso”,
riprovevole, mi aveva anche mollato uno schiaffo. Ero un bambino, il nonno non mi
aveva mai punito prima di allora, eppure non avevo pianto, non piangevo se capivo di
avere sbagliato. Avevo ripreso il panino e, soffiata via la polvere, lo avevo baciato
davanti al nonno ed ero andato a buttarlo nel secchio del pastone per il maiale.
I due liceali, Marta e Francesco, durante una vacanza estiva conosceranno Lorenzo e il suo cagnolino
Fortunè. A lui i due ragazzi porteranno di tanto in tanto del pane appena sfornato conquistando così la
sua fiducia e diventando di conseguenza complici di un terribile segreto. Nella Bibbia si legge: «Se
offrirai il pane all'affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce» (Isaia 58-
10). Il bacio del pane è un gesto simbolico che evoca l‟unione tra gli uomini (dal latino cum panis, il
pane ci fa compagni), richiamando un mondo fatto di semplicità e onestà, un gesto sacro e inviolabile,
proprio come il pane.
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IL VINO
ODE AL VINO E ALTRE ODI ELEMENTARI
Pablo Neruda
Vino color del giorno, / vino color della notte, / vino con piedi di porpora / o
sangue di topazio, / vino, / stellato figlio della terra, / vino, liscio / come una spada
d‟oro, / morbido / come un disordinato velluto, / vino inchiocciolato / e
sospeso, / amoroso, / marino, / non sei mai presente in una sola coppa, / in un canto, in
un uomo, / sei corale, gregario, / e, quanto meno, scambievole.
A volte / ti nutri di ricordi / mortali, / sulla tua onda / andiamo di tomba in tomba, / tagliapietre del sepolcro
gelato, / e piangiamo / lacrime passeggere, / ma / il tuo bel / vestito di primavera / è diverso, / il cuore monta
ai rami, / il vento muove il giorno, / nulla rimane / nella tua anima immobile.
Il vino / muove la primavera, / cresce come una pianta di allegria, / cadono muri, / rocce, / si chiudono gli
abissi, / nasce il canto. / Oh, tu, caraffa di vino, nel deserto / con la bella che amo, / disse il vecchio poeta.
Che la brocca di vino / al bacio dell‟amore aggiunga il suo bacio.
Amor mio, d‟improvviso / il tuo fianco / è la curva colma / della coppa / il tuo petto è il grappolo, / la luce
dell‟alcol la tua chioma, / le uve / i tuoi capezzoli, / il tuo ombelico sigillo puro / impresso sul tuo ventre di
anfora, / e il tuo amore la cascata / di vino inestinguibile, / la chiarità che cade sui miei sensi, / lo splendore
terrestre della vita.
Ma non soltanto amore, / bacio bruciante / e cuore bruciato, / tu sei, vino di vita, / ma / amicizia degli esseri,
trasparenza, / coro di disciplina, / abbondanza di fiori. / Amo sulla tavola, / quando si conversa, / la luce di
una bottiglia / di intelligente vino.
Lo bevano; / ricordino in ogni / goccia d‟oro / o coppa di topazio /o cucchiaio di porpora/che l‟autunno
lavorò/fino a riempire di vino le anfore/e impari l‟uomo oscuro/nel cerimoniale del suo lavoro/e ricordare la
terra e i suoi doveri/a diffondere il cantico del frutto.
Il vino, figlio della terra e della fatica dell‟uomo semplice e forte. «Il vino
che allieta il cuore dell'uomo» (Salmo 103). Il vino è per tutti, di chi lo sa
gustare ed apprezzare. Prezioso ed essenziale, i suoi colori e le luci
trasparenti inebriano il cuore e la mente.
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I PRIMI PIATTI: polenta e gorgonzola
ALESSANDRO MANZONI
I Promessi Sposi
[Renzo] andò addirittura, secondo che aveva disegnato, alla casetta d'un certo Tonio, ch'era lì poco
distante; e lo trovò in cucina, che, con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una
mano, l'orlo d'un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola
polenta bigia, di gran saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola; e tre o
quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse
il momento di scodellare. Ma non c'era quell'allegria che la vista del desinare suol pur dare a chi se
l'è meritato con la fatica. La mole della polenta era in ragion dell'annata, e non del numero e della
buona voglia de' commensali: e ognun d'essi, fissando, con uno sguardo bieco d'amor rabbioso, la
vivanda comune, pareva pensare alla porzione d'appetito che le doveva sopravvivere. Mentre Renzo
barattava i saluti con la famiglia, Tonio scodellò la polenta sulla tafferìa di faggio, che stava
apparecchiata a riceverla: e parve una piccola luna, in un gran cerchio di vapori. Nondimeno le
donne dissero cortesemente a Renzo: «volete restar servito?», complimento che il contadino di
Lombardia, e chi sa di quant'altri paesi! non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand'anche
questo fosse un ricco epulone alzatosi allora da tavola, e lui fosse all'ultimo boccone.
Quando si parla di polenta non si può non
parlare di Alessandro Manzoni che in
alcuni punti dei Promessi Sposi affida la
sua penna alla gastronomia. In particolare
in un passo del VI capitolo dove si
descrive la "polenta" preparata da Tonio
per Renzo
14
I PRIMI PIATTI: polenta e gorgonzola
ULISSE
James Joyce
«Salve, Bloom!» Disse Nosey Flynn dal
suo cantuccio.
«Salve Flynn»
«Come vanno le cose?»
«Benone… fammi pensare. Prenderò un bicchiere di
Borgogna e… fammi pensare»...
«Ha il sandwich al formaggio?»
«Sì, signore»…
… «… un sandwich al formaggio allora»
«Gorgonzola ce l‟ha?»
«Sì, signore»…
Ulisse è la storia di una giornata (il
16 giugno 1904) di un gruppo di
abitanti di Dublino, che, incrociando
in modo apparentemente casuale le
vite degli altri, ne determinano lo
svolgimento, e lo descrivono,
attraverso il continuo monologo
interiore.
Il capitolo VIII è ambientato nel bar
Byrnie che Bloom, il protagonista del
romanzo, sceglie per uno spuntino
veloce e minimalista, un tramezzino
al gorgonzola. Mentre consuma il
tramezzino, mediante il classico
monologo interiore, Bloom osserva
gli scaffali del bar ove si ripongono
barattoli di tutti i tipi, e si abbandona
alla fantasia sul cibo e quella
quantità e qualità di materiali che
tutti gli uomini utilizzano per cibarsi.
Lo spuntino di Leopold, il tramezzino
di formaggio, non è propriamente un
piatto irlandese, ma un tocco locale
c‟è: l‟aggiunta della senape.
15
EPIGRAMMI – LIBRO XIII, 8
Marziale
Inbue plebeias Clusinis pultibus ollas,
Ut satur in vacuis dulcia musta bibas.
Versa la polenta di Chiusi nella povera
pentola, quando sazio le avrai vuotate, bevici
dentro il dolce mosto.
Sempre con il farro, veniva preparata anche
una focaccia cotta nel forno (la nostra pizza
bianca), la "farrata" romana, che nel periodo
più antico le donne romane, e probabilmente
anche quelle etrusche, mangiavano insieme
allo sposo nella cerimonia del matrimonio,
chiamata appunto "Confarreatio". Questo tipo
di pane viene anche citato nella Bibbia nel
Libro di Ezechiele
Prenditi anche del frumento, dell‟orzo, delle
fave, delle lenticchie, del miglio, del farro,
mettili in un vaso, fattene del pane durante
tutto il tempo che starai sdraiato sul tuo lato;
ne mangerai per 390 giorni.
LA BIBBIA
Dal libro di Ezechiele - 4,9
Con la farina di farro veniva preparata la "puls", che Marziale cita come
"clusinae pultes" (la puls di Chiusi). Questa puls non era altro che una
specie di farinata o polenta. Per secoli questo è stato il piatto principale
dei romani – re e consoli, sacerdoti e contadini – ma anche di Etruschi e
Sabini. Il farratum era una pietanza così diffusa che i Greci
soprannominavano i Romani «polentoni». Da questa puls è poi derivato il
termine “polenta”.
I PRIMI PIATTI: la farrata
16
I PRIMI PIATTI: le lenticchie
IL CANTO DEGLI UCCELLI
Anthony De Mello
Il filosofo Diogene stava cenando con un piatto di
lenticchie.
Lo vide il filosofo Aristippo che viveva nell‟agiatezza
adulando il re.
Aristippo disse: “Se tu imparassi ad essere ossequioso con
il re non dovresti vivere di robaccia come le lenticchie”.
Rispose Diogene: “Se tu avessi imparato a vivere di
lenticchie non dovresti adulare il re”.
Apicio, raffinato gastronomo e maestro di arti
culinarie, descrive nel suo libro di ricette De
re coquinaria come andavano cucinate le
lenticchie che nei tempi antichi svolgeva un
ruolo importante nell'alimentazione della
classe meno abbiente. Che l'alimentazione
delle classi inferiori fosse ben diversa da chi
viveva in condizioni più agiate lo testimonia
anche Anthony De Mello, nel suo Il canto
degli uccelli. Frammenti di saggezza nelle
grandi religioni: una raccolta di storie
buddiste, cristiane, chassidiche, storie zen,
indù, sufiche, storie antiche e moderne, storie
che si possono leggere in vari modi, e
possono aiutare la crescita umana e
spirituale, attraverso questo scambio di
battute tra due filosofi con stili di vita molto
diversi.
DE RE COQUINARIA
Apicio
17
LE RICETTE DI PEPE CARVALHO
Vazquez Montalban
Diede appuntamento a Charo e alla Andalusa in una locanda di San
Cugat. Per Carvalho era facile da raggiungere, nei pressi di
Vallvidrera, ma Charo vi arrivò con una incavolatura da riempire l‟intera
ottocentocinquanta.
“Io proprio non capisco perché non sei tu a passare da casa mia. Non
capisco perché giochi a nascondino.”
L‟Andalusa cercava di calmarla.
“Avrà i suoi motivi.”
”Avresti potuto almeno prepararci la cena a casa tua.”
“Avevo tutti gli ingredienti, ma non me la sentivo proprio. Non è la
giornata giusta. Più tardi forse ve la preparo. Una cenetta di
mezzanotte.”
Charo mostrava all‟ Andalusa un Carvalho colto in flagrante.
“Lo vedi. Dice sul serio. Non ci credevi? Questo è capace di mettersi a
cucinare alle quattro del mattino”
Charo contemplava Carvalho come si contempla un figlio amato che
ha avuto la mostruosa trovata di nascere con due teste. Invece
l‟Andalusa rideva a tal punto che le….
In questo libro lo scrittore catalano Vazquez Montalban gourmet
come il personaggio da lui creato raccoglie 120 ricette di pietanze
citate nei 14 volumi precedenti, che Pepe Carvalho, l‟investigatore
protagonista, mangia o cucina nel corso delle sue avventure. Per
ogni piatto oltre agli ingredienti e alle modalità di preparazione
viene riportato il passo del romanzo o del racconto.
… continua
I PRIMI PIATTI: pane e pomodoro
18
LE RICETTE DI PEPE CARVALHO
Vazquez Montalban
sue labbra mettevano in mostra due molari superiori d‟oro.
“Io adoro questo posto” disse l‟Andalusa come se stesse interpretando un film televisivo spagnolo.
Carvalho invece serbava una certa diffidenza verso il locale. Innanzitutto, perché era arredato con mobili
in stile
Impero, quello di Filippo II, realizzati a qualche metro di distanza nelle fabbriche di San Cugat. E non lo
tranquillizzavano neppure le specialità gastronomiche del posto: pane e pomodoro, fagioli con salsiccia,
carne alla brace, coniglio con salsa di alioli. Negli ultimi dieci anni erano spuntati in Catalogna oltre
diecimila locali con la pretesa di rifornire il cliente di queste meraviglie della semplificata cucina rurale
catalana. Ma al momento della verità il pane e pomodoro, squisitezza immaginativa che supera in
semplicità e sapore la pizza al pomodoro, si limitava a un impasto di farina mal cotta, umida, e con l‟
umidità aggiunta della polpa di pomodoro in scatola. E la salsa di aglio e olio. Ottenuta senza la pazienza
della mano ma con la trovata francese o maiorchina del rosso d‟ uovo, era di un giallo più adatto a un
affresco. Carvalho si rese conto con sorpresa di star dando alle stupitissime signore che lo
accompagnavano una conferenza sulle radici gastronomiche dell‟ umanità. Non fu l‟ esclamazione dell‟
Andalusa, “Mamma mia, quante cose sa quest‟ uomo”, a farlo riflettere sul ruolo che aveva assunto, ma il
fatto di ascoltare dalle sue stesse labbra l‟ espressione Koynè, applicata all‟ origine comune di alcuni
piatti.
“Così come esiste una Koynè linguistica e possiamo precisare l‟origine comune delle lingue ariane in
quella indoeuropea, esiste una Koynè gastronomica evidente, di cui uno degli indizi scientifici è il pane e
pomodoro. Possiamo accomunarlo alla pizza, ma la supera nella facilità di esecuzione. La farina della
pizza va cotta. Invece il pane e pomodoro non è che questo, pane e pomodoro, un po‟ di sale e dell‟olio”.
“Ed è buonissimo” lo spronava l‟Andalusa, piena di entusiasmo per i misteri che le svelava Carvalho.
“Rinfresca e nutre. È molto nutriente. Me lo ha spiegato il dottor Cardelùs quando gli ho portato il bambino
che è un po‟ anemico. Gli dia delle belle fette di pane e pomodoro col prosciutto. Un miracolo. Adesso il
bambino è in una casa di campagna a Gavà e dico sempre a chi me lo cura: soprattutto, pane e
… segue
I PRIMI PIATTI: pane e pomodoro
19
I PRIMI PIATTI: i maccheroni di Bengodi
DECAMERON
Giovanni Boccaccio
«Maso rispose che le più si trovavano in Berlinzone, terra de' Baschi, in una contrada che si chiamava
Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevasi un'oca a denaio e un papero giunta;
ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna
altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi
giù, e chi più ne pigliava più se n'aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che
mai si bevve, senza avervi entro gocciola d'acqua»
Giovanni Boccaccio (1313ca.-1375) nel suo
Decamerone, opera iniziata nel periodo in cui
a Firenze era scoppiata un'epidemia di peste,
raccontando le delizie del paese di Bengodi,
contrada del paese di Berlinzone, un luogo
immaginario dove chi più dorme più
guadagna, descrive una montagna di
formaggio Parmigiano grattugiato, dal quale
rotolano giù maccheroni (che erano tipo
gnocchi) e ravioli cotti in brodo di cappone.
La descrizione di questo luogo viene fatta da
Maso che, insieme a Bruno e Buffalmacco,
inventano una burla ai danni del credulone
Calandrino che, attirato da quanto gli viene
narrato riguardo al meraviglioso paese di
Bengodi dove si trova in abbondanza
l'elitropia, pietra che rende invisibili, si mette
alla sua ricerca.
20
SECONDI E CONTORNI: lettura
EPIGRAMMI
Marco Valerio Marziale
Cenabis belle, Iuli Cerialis, apud me;
Condicio est melior si tibi nulla, veni.
Octavam poteris servare; lavabimur una:
Scis, quam sint Stephani balnea iuncta
mihi.
Prima tibi dabitur ventri lactuca movendo
Utilis, et porris fila resecta suis,
Mox vetus et tenui maior cordyla lacerto,
Sed quam cum rutae frondibus ova tegant;
Altera non deerunt tenui versata favilla,
Et Velabrensi massa coacta foco,
Et quae Picenum senserunt frigus olivae.
Haec satis in gustu. Cetera nosse cupis?
Mentiar, ut venias…
Nel suo crudo realismo, in modo spregiudicato
e talvolta per bisogno di raggranellare quanto
gli bastasse per vivere, Marziale disse e scrisse,
quando poté, pane al pane e vino al vino. Con il
suo sguardo osservò attentamente ogni cosa
ed ogni aspetto umano dal vizio capitale al più
semplice gesto malizioso; con i suoi epigrammi
scrutò le piccole vicende quotidiane e le rese
eterne a volte calcando la mano con spirito
satirico a volte con umanità e gentilezza.Pranzerai bene, Giulio Ceriale, a casa mia; Se non
hai alcuna proposta migliore, vieni. Potrai
presentarti all‟ora ottava; ci laveremo assieme: sai
quanto siano vicini a me i bagni di Stefano. Per
primo piatto ti verrà servita della lattuga atta a
stimolare l‟appetito, porri tagliati a filetti, un tonno in
salamoia più grosso di uno sgombro e ricoperto di
uova con foglie di rughetta; non mancheranno altre
uova rigirate sotto un breve strato di cenere e
formaggio coagulato in un focolare di Velabro, e
olive che avvertirono il freddo del Piceno. Queste
vivande bastano per l‟antipasto. Vuoi sapere il
resto? Mentirò per invogliarti a venire… 21
SECONDI E CONTORNI: lettura
I BUDDENBROOK
Thomas Mann
Nella saga de I Buddenbrook Thomas Mann
descrive a lungo scene di pranzi e cene
utilizzando un vocabolario che evoca la
ricchezza, l‟opulenza, sia per i cibi che per il
vasellame e le stoviglie o la biancheria da
tavola al fine di sottolineare lo status sociale di
questa famiglia.
L‟allegria generale aveva raggiunto il colmo, ma dov‟era il dottor Grabow? La moglie del console si alzò
senza dar nell‟occhio e uscì perché là in fondo i posti della signorina Jungmann, del dottore e di Christian
erano rimasti liberi, e dal vestibolo a colonne si udiva quasi un gemito. Ella lasciò rapidamente la sala dietro
la cameriera che aveva servito il burro, il formaggio e la frutta… e infatti là nella penombra, sulla panca
rotonda e imbottita che circondava la colonna centrale era seduto o meglio raggomitolato il piccolo
Christian che mandava lamenti da straziare il cuore.
«Mio Dio, signora! – disse Ida, che gli stava accanto col dottore. – Povero piccolo, sta così male!»
«Mi sento male, mamma, mi sento maledettamente male!» piagnucolò Christian, girando inquieto gli occhi
rotondi e infossati al di sopra del naso troppo grosso. Aveva detto “maledettamente” solo per disperazione,
ma la mamma lo rimproverò:
«Se usi parole simili, il buon Dio ti punirà facendoti stare ancor peggio!»
Il dottor Grabow toccò il polso al ragazzo; il suo viso bonario pareva ancor più lungo e più mite del solito.
«Una piccola indigestione… niente di grave, signora!» la consolò. Poi riprese, nel suo tono professionale,
lento e pedantesco: «Il meglio sarebbe metterlo a letto… un leggero sonnifero, magari una tazzina di
camomilla per provocare la traspirazione… E dieta rigorosa, mi raccomando, signora. Dieta rigorosa, ripeto.
Un‟ala di piccione… un po‟ di pane bianco...»
«Non voglio piccione! – gridò Christian fuori di sé. – Non voglio mangiare mai più! Sto male, sto
maledettamente male! – Quell‟ energico avverbio pareva portargli sollievo, tanto era l‟ ardore con cui lo
pronunciava».
Il dottor Grabow fece un sorriso indulgente e quasi un po‟ malinconico. Oh, avrebbe mangiato di nuovo, il
giovanotto! Avrebbe vissuto come tutti gli altri. Come il padre, i parenti, gli amici, avrebbe fatto una vita
sedentaria, mangiando quattro volte al giorno cibi scelti e pesanti… Be‟, che Dio lo aiuti! Lui, Friedrich
Grabow, non se la sentiva certo di rovesciare le abitudini di quelle brave famiglie di commercianti, avvezze
agli agi e al benessere. Lui veniva quando lo chiamavano, prescriveva dieta rigorosa per due o tre giorni…
un pezzetto di pollo, una fettina di pane bianco… eh già, e poteva assicurare in coscienza che non era nulla
di grave, per questa volta.
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SECONDI E CONTORNI: frittata marinata
Uscì di corsa e dalla porta aperta entrarono le voci della serie televisiva
Ramòn y Cajal. Marta tornò e si lasciò cadere su una sedia, dove rimase
seduta con le corte gambe allargate.
Si passò una mano davanti agli occhi.
“Mamma mia, quanto ho bevuto.”
Carvalho mangiava un salamino tenendolo con le dita.
“Chi le avrebbe mai detto stamane che stasera avrebbe cenato con Marta
Miguel. Eh?”
“Proprio così”.
“Vuole che le dica la verità?”
“Dipende dalla quantità. Tutta la verità è troppa per una sola serata.”
“La verità è che ho finto di incontrarla per caso. Avevo voglia di parlarle.”
Carvalho finì il salamino e ne prese un altro, con le stesse dita, con gli
stessi occhi avidi, con lo stesso olfatto pronto a gratificarsi con l‟aroma di
quella mummia di maiale e peperoncino, probabilmente dell‟Estremadura.
“Stavo dicendo che avevo voglia di parlarle.”
“L‟ho sentita.”
“Sto passando dei momenti molto brutti. Quel che è capitato a Celia mia
ha proprio colpita. Sembrerò anche una donna forte, ma non lo sono. Ci si
costringe a esserlo. E poi c‟è mia madre. Ogni giorno mi stanca di più, ma
non voglio separarmi da lei, lo so di dire una sciocchezza, ma se un
giorno la facessi uscire da questa casa, se non le stessi accanto non
durerebbe nemmeno una settimana. È molto sensibile.”
LE RICETTE DI PEPE CARVALHO
Vazquez Montalban… segue
23
SECONDI E CONTORNI: frittata marinata
“No, non piango. Ho già pianto tutte le mie lacrime. Poverina. Lei pensa che sia giusto?”
Era una domanda dostoevskiana e Carvalho preferì bere un altro bicchiere di vino e dare un‟ occhiata
speranzosa al forno. Marta prese il cartoccio. La carta si era quasi bruciata e dall‟ involucro uscirono sei
salamini piccanti, perfetti, cerei, entusiasti del loro stesso calore, del loro vigore rosso. Carvalho si servì
per un po‟ di frittata e si versò col cucchiaio un po‟ di marinata sul mattone di patate, uova e cipolla.
“Questa marinata è già servita per il pesce.”
“Per gli sgombri. La marinata di sgombri la riadopero sempre. Quella di sardine no, dà un sapore troppo
forte.”
Carvalho si lasciò andare a una cena così spagnolesca assecondato a poco a poco dalla donna in una
dura lotta tra i suoi occhi famelici e l‟ ossessione della bilancia.
“Mi chiama la mamma.”
Era balzata in piedi.
“Non ho sentito niente.”
“La si sente appena.”
LE RICETTE DI PEPE CARVALHO
Vazquez Montalban
Per qualche ragione le storie dei gialli si intrecciano con il cibo. Con la comparsa di
Carvalho di Montalbàn, di Montalbano di Camilleri, della Kay Scarpetta della
Cornwell, e tanti altri, il food noir è diventato di moda. Come diceva Montalbàn in una
intervista «un protagonista deve avere due o tre particolarità facilmente riconoscibili.
Non esiste un protagonista che non li abbia». Il detective privato Pepe Carvalho, oltre
a scrivere lettere alla sua amica e a bruciare libri, ama cucinare cibi complessi o
giudicare le produzioni gastronomiche del suo aiutante Biscuter.
… continua 24
SECONDI E CONTORNI: pasticcio di tonno
ODORE DI CHIUSO
Marco Malvaldi
Mangia infine di gusto l‟ospite coi baffi; con gli occhi chiusi a volte. Un po‟ per gustarsi quel pasticcio
divino, e un po‟ per non sentire gli sguardi degli altri commensali, e non lasciarsi vincere ancora una
volta da quella timidezza che da sempre lo affligge in casa di sconosciuti …
Seduto a capotavola, il signor barone era visibilmente soddisfatto. All‟inizio aveva visto l‟Artusi servirsi
con parsimonia, e mangiare lentamente, a piccoli bocconi, masticando molto anche se il pasticcio per
sua natura non è facile da buttare giù: il tipico atteggiamento di chi mangia per dovere. Alla terza
porzione aveva cambiato idea. Evidentemente l‟Artusi era un passista non un velocista; lento,
metodico, sicuro e implacabile.
«Eccellente signor Barone, eccellente. Io non me la dico tanto coi pasticci -disse l‟Artusi- … ma questo,
permettetemi, era superbo. E sommamente arrangiato, anche… Come avrete capito, ambirei di
inserirlo nel mio tratterello sull‟arte del mangiare bene.
Odore di chiuso è un giallo di ambientazione ottocentesca: il castello, i delitti, la nobiltà decaduta,
il maggiordomo e, un italiano memorabile, il grande letterato gourmet, Pellegrino Artusi. Sarà
proprio il cuoco baffuto con il suo acume a fiutare il colpevole del gelido delitto piombato nella
dimora del barone Bonaiuti.
Dal diario di Pellegrino Artusi - Firenze sabato 1 luglio 1875
“finalmente dopo lunghe prove sono riuscito ad ottenere il polpettone che ho
assaggiato nel corso della mia strana visita al castello di Roccapendente. Ho
capito, dopo alcuni fallimenti, che è fondamentale aggiungere gli ingredienti nel
giusto ordine, uno per volta, e lasciare cuocere ognuno il tempo
necessario, giacché ognuno dei componenti di questo pasticcio richiede il proprio
tempo per acquisire la giusta consistenza, e il giusto sapore. «Trascriverò la
ricetta, ma solo per gusto mio e dei miei ospiti e non ripoterò nel mio manuale; io
amo narrare gli aneddoti legati a ogni piatto, e in questo caso son così tante le
storie che dovrei contare, che richiederebbero un libro per questo proprio».
25
SECONDI E CONTORNI: la ratatouille
ISABEL ALLENDE
Afrodita
… Il nostro artista, Robert
Shekter, è un vegetariano di
quelli irriducibili, ma almeno
non è animato da rigore
puritano. Robert tratta le
verdure con la stessa
appassionata devozione che
altri dedicano alle ostriche.
L'ho visto mordere un'umile
carota con la lascivia propria
della golosità fatta persona e
so che al momento del
bisogno, quando lo va a
trovare Annette, la donna dei
suoi sogni erotici, prepara con
le sue mani un'autentica
ratatouille francese, una delle
ricette vegetariane più
stimolanti del repertorio
culinario universale.
«Gli afrodisiaci sono il ponte gettato tra gola e lussuria. Immagino
che, in un mondo perfetto, qualsiasi alimento naturale, sano, fresco,
di bell'aspetto, leggero e saporito – vale a dire, dotato di quelle
caratteristiche che si cercano in un partner – sarebbe afrodisiaco, ma
la realtà è ben più complessa».
Da Afrodita, Isabel Allende
Afrodisiaco vegetariano di
Shekter
Robert prende quattro
melanzane (la proporzione è di
quattro per ogni singolo
ingrediente citato), cipolle,
peperoni, pomodori, aglio,
coriandolo, prezzemolo,
basilico, alloro, paprica ecc.;
taglia queste verdure a rondelle
con tutta la destrezza che
l'artrite concede alle sue mani;
frigge le melanzane in olio
d'oliva per cinque minuti mentre
canticchia 'O sole mio;
aggiunge il resto, copre la
casseruola e lascia cucinare a
fuoco lento per un'ora. Nel
frattempo si fa una doccia,
indossa la camicia migliore e va
a ricevere Annette con una rosa
tra i denti. Poi scoperchia la
pentola, mescola bene e lascia
riposare la sua infallibile
ratatouille per dieci minuti prima
di servirla. E' deliziosa anche
fredda, il mattino dopo, per
26
SECONDI E CONTORNI: crudité e maionese
ESTASI CULINARIE
Muriel Barbery
«La campagna. La mia cattedrale verde… Lì il mio cuore ha intonato i cantici più fervidi, l‟occhio ha
appreso i segreti dello sguardo, il gusto dei sapori della cacciagione e dell‟orto, e il naso l‟leganza dei
profumi… Accasciato sulla panchina sotto il tiglio mi svegliavo da una siesta inebriante cullata dal
fruscio delle foglie e sotto questa volta di miele dolce mordevo il frutto, mordevo il pomodoro».
«Carote, sedani, cetrioli, pomodori, peperoni, ravanelli, cavolfiori e broccoli: li aveva tagliati per il lungo,
perlomeno quelli che lo consentivano, ossia tutti eccetto gli ultimi due che comunque grazie alla loro
forma a fiore, si potevano afferrare per il gambo, un po‟ come l‟elsa della spada. Insieme a tutto questo,
alcune fette sottili di maiale arrosto al naturale, freddo e succulento. Cominciammo a intingere».
«Nessuno potrà mai scalfire la mia convinzione che le verdure crude con la maionese abbiano un che
di spiccatamente sensuale. La consistenza della verdura si insinua nella crema… La maionese e le
verdure sono travolte dalla loro unione. A questo si unisce la delicatezza di un sapore garbato, giacché
la maionese non ha note pungenti né piccanti e, come l‟acqua, sorprende la bocca con la sua affabile
neutralità; e poi le squisite sfumature del valzer degli ortaggi: la nota piccante e insolente del ravanello
e del cavolfiore, quella zuccherina e acquosa del pomodoro, quella discretamente acida del broccolo,
quella generosa e ampia della carota, il retrogusto di anice croccante del sedano... È una festa».
Il più grande critico gastronomico del mondo, uomo
freddo e potente ma dal grande talento culinario, è in
punto di morte e dal letto della sua lussuosa
abitazione, cerca disperatamente nei cassetti della
memoria l'unico sapore che vorrebbe assaggiare di
nuovo prima di morire. E così riemergono ricordi di
sontuosi banchetti, di cibo sublime, di sapori rudi e
primitivi, di sentimenti difficili e immagini contrastanti
come la sua personalità.
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SECONDI E CONTORNI: polpette al pomodoro
POLPETTE AL POMODORO
Umberto Saba
Tua madre, che non era una letterata, e passò due terzi della sua vita in cucina, ad ammannire per i
suoi cibi non molto variati, ma dai quali emanava, come da un uguale centro affettivo, un uguale
irradiante calore (l‟inconfondibile impronta di un modo di esistere e, quindi, di uno stile) ripiegò – per
così dire – sulle polpette, quando, partita te per un diverso destino, la casa rimase quella di due poveri
vecchi, che cercavano di celarsi a vicenda i desiderio egoistico di essere il primo a morire, per non
dover rimanere solo sulla terra…. Le polpette al pomodoro, che né tu né io assaggeremo più a questo
mondo, venivano, non confezionate, ma servite in due modi diversi. La tua povera madre le mangiava
calde e senza la salsa; io fredde e col piatto ricoperto fino agli orli di pomodoro”
La polpetta è una delle pietanze più antiche
e umili che si conoscano che spesso viene
associata a meccanismi psicologici o a
contesti e affetti intimi, familiari, silenziosi,
come nel Racconto breve “Polpette al
pomodoro” di Umberto Saba. Massimo
Montanari, insegnante di Storia Medioevale e
storia dell‟alimentazione, in un suo libro “Il
riposo della polpetta“ dice: «Ho pensato che
il riposo delle polpette assomiglia molto a
quello che succede alla nostra mente
quando elaboriamo le idee. Le idee sono il
risultato di esperienze, incontri riflessioni,
suggestioni: tanti ingredienti che si mettono
insieme e poi producono pensieri nuovi. Ma
prima che ciò accada è utile fare riposare
quegli ingredienti, dargli il tempo di
riposarsi, amalgamarsi, rassodarsi. Il riposo
delle polpette è come il riposo dei pensieri:
dopo un po‟ vengono meglio»
28
FRUTTA
CONSIGLI PER CONSERVARE FRUTTA E VERDURA
Apicio
Il nome di Apicio è da sempre legato alla
gastronomia, alle buone pietanze, alle cene
succulente. La sua raccolta di ricette
gastronomiche De re coquinaria è divisa in
varie sezioni. Il primo libro contiene
suggerimenti vari: dal come preparare un
vino speciale, come conservare a lungo frutta
e verdura, come conservare a lungo la carne,
come riconoscere il miele cattivo , come
conservare le olive verdi in modo da poterne
sempre ricavare l‟olio, ecc…
Si fructus oleraque
diu servare vultis,
haec praecepta
Apicii, clari coqui,
attente legite. Ut
mala et mala
granata diu durent,
in aquam calidam
ferventem paulisper
merge et statim
suspende. Ut mala
cydonia serves,
lege mala integra
cum ramulis
foliisque, in vasa
repone et melle
suffunde: diu
durabunt. Ut ficos,
pruna, pira, cerasa
diu serves, omnes
fructus cum petiolis
delige, postea
magna cum
diligentia
singulariter deterge
ac in mel repone.
Se volete conservare a
lungo la frutta e la
verdura, leggete
attentamente questi
consigli di Apicio, famoso
cuoco Romano. Affinché
le mele e i melograni si
conservino a lungo,
immergili nell‟acqua calda
bollente per un po‟ di
tempo e interrompi subito.
Affinché le mele cotogne
durino, raccogli mele
fresche con i ramoscelli e
le foglie, mettile in un
vaso e spargile di miele:
si conserveranno a lungo.
Affinché i fichi, le prugne,
le pere, le ciliegie si
conservino a lungo
raccogli tutti i frutti con i
loro gambi, dopo con
molta attenzione detergili
singolarmente e mettili nel
miele.
29
FRUTTA: mele e arance
ODE ALL’ARANCIA
Pablo Neruda
Sotto il ciel iacintino i paschi irrigui
che il sol traversa di sue lunghe
bande
mentre ai limiti cerula si spande
l‟ombra che tiene i gran boschi
contigui;
e i latifondi ove la zolla grassa
riluce a specchio sotto la tagliente
vanga o rosseggia franta dal
bidente
Seguace dietro il vomere che
passa;
e i frutteti ove tarda maturando
la sorba s'empie d'un pastoso
miele
e rubiconde piombano le mele
giù dal ramo gravato, a quando a
quando;
…
Datemi i frutti succulenti, i buoni
frutti de la mia terra, ch‟io li morda.
Ah forsennato chi non si ricorda
di te, Madre, e de‟ tuoi semplici
Come nella celebre natura morta di Cézanne le mele e le
arance nella loro squillante cromaticità si dispongono
sulla tovaglia bianca e dentro bianche stoviglie in
maniera elegantemente casuale, diventando protagoniste
sontuose e silenziose del tavolo del buffet
A somiglianza tua,
a tua immagine,
arancia,
si fece il mondo:
rotondo il sole, circondato
per spaccarsi di fuoco:
la notte costellò con zagare
la sua rotta e la sua nave.
Così fu e così fummo,
oh terra, scoprendoti,
pianeta arancione.
Siamo i raggi di una sola ruota
divisi
come lingotti d‟oro
e raggiungiamo con treni e con
fiumi
l‟insolita unità dell‟arancia
POEMA PARADISIACO
Gabriele D’Annunzio
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I DOLCI: la casetta di dolci
HANSEL E GRETEL
Jakob e Wilhelm Grimm
… «Vi confiderò un segreto... Se andate più
avanti, troverete una casetta di cioccolata!»
«Una casa di cioccolata - Intervenne Hansel,
che era molto goloso - Dove, dove?»
«Pochi passi ancora e ci sarete».
«Non sarà un trucco per farci del male?»
«Presto la potrete vedere. È tutta colorata,
piena di caramelle sulle pareti e sul tetto. È fatta
di cioccolato, di torrone e marzapane...! È una
delizia! Dentro troverete tutti i tipi di dolci».
«E potremo mangiarli?» Chiese ancora Hansel.
«Certo - Rispose il corvo - Basta volerlo,
seguitemi!»
I bambini non se lo fecero ripetere due volte e,
come l'uccello gli aveva detto, in una radura del
bosco incontrarono...
«Che meraviglia!» Esclamò Gretel.
«C'è veramente! Pancia mia fatti capanna!»
Disse entusiasta, Hansel.
La realtà superava la fantasia. Al fianco della
porta c'erano dei bastoni di zucchero. Le pietre
del sentiero erano caramelle di tutti i gusti:
mente, limone, banana, pino...
La storia di due poveri fratelli alle prese con un
mondo pericoloso, difficile, dove tutto sembra
quel che non è. Si inoltrano nel bosco in cerca
di cibo e trovano una casetta graziosa e
colorata che emana profumo di cose buone: le
pareti sono di marzapane, il tetto di ciliege
sciroppate, le finestre di caramelle, gli scalini di
cioccolato. Vengono accolti da una vecchina
che li invita ad entrare in casa e ad assaggiare
la casetta. Ma non si rendono conto di essere
caduti in trappola…
31
I DOLCI: il cioccolato
CHOCOLAT
Joanne Harris
Luc: Ogni volta dico a me stesso che è l'ultima volta, ma poi sento il profumo della sua cioccolata calda,
o...
Signora Audel:..conchiglie. Conchiglie di cioccolato, così piccole, così semplici, così "innocenti". Pensai,
oh, solo un piccolo assaggio, non può fare niente di male. Ma poi scoprii che erano ripiene di ricco,
peccaminoso...
Yvette:... burro cremoso che si "scioglie", Dio mi perdoni, si scioglie così lentamente sulla lingua, e ti
riempie di piacere.
Il libro Chocolat di Joanne Harris, scrittrice britannica di madre
francese, racconta di una donna, una bambina, un villaggio di
provincia in Francia, nomadi, nuovi amici, cioccolato, spezie e
magia!
Una storia tutta da gustare!
Dal libro Chocolat è stato tratto anche un film che ha come
protagonista una splendida Juliette Binoche, affiancata da
Johnny Depp.«C'era una volta un piccolo e silenzioso villaggio nella campagna
francese; gli abitanti credevano nella Tranquilité, la tranquillità. Se
vivevi in questo villaggio, sapevi ciò che ci si aspettava da te.
Conoscevi il tuo posto nello schema delle cose. E se ti capitava di
dimenticarlo, qualcuno ti avrebbe aiutato a ricordarlo. In questo
villaggio, se vedevi qualcosa che non avresti dovuto vedere, imparavi
a guardare dall'altra parte. E se per caso i tuoi desideri non erano
stati soddisfatti, imparavi a non chiedere mai di più. E cosi, nel buono
e nel cattivo tempo, nella fame e nelle feste, gli abitanti del villaggio si
mantenevano saldi alle loro tradizioni. Finché, un giorno d'inverno,
non soffiò uno irrequieto vento del Nord..."
32
I DOLCI: la strada di cioccolato
FAVOLE AL TELEFONO
LA STRADA DI CIOCCOLATO
Gianni RodariTre fratellini di Barletta una volta, camminando per la campagna,
trovarono una strada liscia liscia e tutta marrone.
“Che sarà?” disse il primo.
“Legno non è,” disse il secondo.
“Non è carbone,” disse il terzo.
Per saperne di più si inginocchiarono tutti e tre e diedero una
leccatina.
Era cioccolato, era una strada di cioccolato. Cominciarono a
mangiarne un pezzetto, poi un altro pezzetto, venne la sera e i tre
fratellini erano ancora lì che mangiavano la strada di cioccolato, fin
che non ce ne fu più neanche un quadratino. Non c‟era più né il
cioccolato né la strada.
“Dove siamo?” domandò il primo.
“Non siamo a Bari,” disse il secondo.
“Non siamo a Molfetta,” disse il terzo.
Non sapevano proprio come fare. Per fortuna ecco arrivare dai campi
un contadino col suo carretto.
“Vi porto a casa io,” disse il contadino. E li portò fino a Barletta, fin
sulla porta di casa. Nello smontare dal carretto si accorsero che era
fatto tutto di biscotto. Senza dire né uno né due cominciarono a
mangiarselo, e non lasciarono né le ruote né le stanghe.
Tre fratellini così fortunati, a Barletta, non c‟erano mai stati prima e
chissà quando ci saranno un‟altra volta.
L‟assaporamento spensierato
dei dolci richiede una
inclinazione naturale alla
fantasia e ai rapimenti poetici
tipico della dimensione infantile,
dove tutti vorrebbero stare,
lontani dalla paura di
indigestioni o sensi di colpa
tipici del mondo adulto.
33
I DOLCI: le madeleine
ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO
Marcel Proust«Una sera d‟inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di
prendere, contro la mia abitudine, un po‟ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò
a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva
scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la
prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale
avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del
pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un
delizioso piacere m‟aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m‟aveva reso indifferenti le
vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita… non mi sentivo più mediocre, contingente,
mortale. Da dove m‟era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e
della maddalena. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva?
Che senso aveva? Dove fermarla? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una
terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra
diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. È stata lei a risvegliarla, ma non la
conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella
medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e
ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi
volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità… retrocedo mentalmente all‟istante in cui ho preso la
prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito
uno sforzo di più… ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi
quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo.
Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella
prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è
disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e
odo il rumore degli spazi percorsi… All‟improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del
pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in
camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…»
34
I DOLCI: i muffin
POIROT E LA SALMA
Agatha Christie
«La pistola? Era nel cesto delle uova. Era già dentro, e io
ci ho messo le uova sopra, e poi me ne sono dimenticata.
E quando abbiamo trovato il povero John Christow morto
accanto alla piscina, ho avuto un tale choc che ho
lasciato cadere il cesto e Gudgeon lo ha preso al volo.
Appena in tempo, perché se fosse caduto a terra le uova
si sarebbero rotte».
È vero, un delitto è un incidente seccante. I domestici
non sanno più dove hanno la testa e tutto va storto.
Nessuno prende disposizioni per il pranzo e il tatto
vorrebbe che il menù venisse modificato in base alla
tragica evenienza. Meno male che l‟accorto
maggiordomo Gudgeon ha salvato le uova per la
prima colazione! E l‟invitato che dovrà arrivare da un
momento all‟altro? Per fortuna Hercule Poirot ha un
vero talento per smascherare gli assassini. È il suo
lavoro e a Villa La Conca troverà pane per i suoi denti!
Il cibo, dolce o salato, in generale e in particolare i vari
ingredienti delle pietanze citate nei gialli di Agatha
Christie sono spesso oggetto di osservazioni e
riflessioni e, a volte, costituiscono elementi decisivi ai
fini della caratterizzazione dei personaggi, della natura
umana e degli ambienti.
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I DOLCI: gli scones
POLVERE NEGLI OCCHI
Agatha Christie
«Mary Dove spense la luce e tirò le tende della
portafinestra. Solo allora si girò e vide la donna riversa sui
cuscini del sofà. Aveva posato uno degli scones al miele
accanto alla tazza di tè ancora mezza piena, dopo averlo
appena sbocconcellato. La morte aveva colto Adele
Fortescue del tutto di sorpresa, e l‟aveva folgorata
all‟istante»
Nella vita, la scrittrice inglese era golosa e buongustaia
e si dilettava anche nella preparazione di piatti semplici
e molto invitanti per gli ospiti. La maggior parte dei suoi
gialli infatti, l'arma del delitto non è un revolver e
nemmeno un pugnale, ma un cibo o una bevanda che
contengono una sostanza mortale, come in Polvere negli
occhi
Rex Fortescue, il «re», non era un uomo facile. Il ricco
affarista aveva cacciato di casa uno dei figli dopo un
violento litigio e trattava l‟altro da vero tiranno,
dominando come un sovrano la villa pacchiana di
proprietà. Uno dei suoi vizi era la marmellata d‟arance.
Per questo l‟hanno usata per avvelenarlo a colazione.
Invece sua moglie viene uccisa dal faceto assassino
all‟ora del tè mentre è intenta a gustarsi dei deliziosi
scones al miele.
36
I DOLCI: pletten pudding
I BUDDENBROOK
Thomas MannBon appétit! – disse con un breve e cordiale cenno del capo,
mentre faceva scorrere un rapido sguardo su tutta la tavola
sino in fondo, dove erano i ragazzi…
…nel momento in cui la cameriera dalle braccia nude e rosse,
dall‟ abito pesante a righe, con la cuffia bianca sui capelli,
aiutata dalla Signorina Jungmann e dalla ragazza del console,
ebbe servito la bollente zuppa di verdura coi crostini arrostiti e
tutti incominciarono a mangiare lentamente.
Si cambiarono i piatti di Meissen dall‟orlo dorato mentre
Madame Antoinette osservava attentamente i movimenti delle
domestiche e la signorina Jungmann lanciava ordini nell‟
imbuto del portavoce che collegava la sala da pranzo con la
cucina. Si fece passare il pesce.
Di nuovo furono cambiati i piatti. E comparve un enorme
prosciutto, rosso mattone, affumicato e bollito con una salsa
di scalogno bruna e acidula e una tale quantità di verdure che
ogni piatto sarebbe bastato a saziarli tutti.
Venne servito anche il capolavoro di Elizabeth Buddenbrook,
il “piatto russo”, un misto di frutta conservata nello spirito e
piccante.
A questo punto venne in tavola, in due grandi coppe di
cristallo, un budino speciale composto di strati di amaretti, di
lamponi, di biscotti e di crema; all‟altro capo della tavola
invece si vide guizzare il fuoco, perché i ragazzi avevano
ricevuto il dolce preferito, il plum-pudding alla fiamma.
37
I DOLCI: Apple Pie
ON THE ROAD
Jack Kerouac
Ma dovevo muovermi e smettere di lamentarmi, così presi su la borsa, dissi addio al vecchio albergatore
seduto vicino alla sua sputacchiera, e andai a mangiare. Mangiai torta di mele col gelato: diventava sempre
più buona man mano che ci si addentrava nello Iowa, le fette più grosse, il gelato più cremoso. C‟erano
gruppetti di ragazze fantastiche dappertutto, quel pomeriggio a Des Moines, tornavano da scuola, ma non
avevo tempo per pensare a queste cose e mi ripromisi di sfogarmi a Denver…
… Ci fermammo lungo la strada per mangiare un boccone. Il cow-boy andò a far riparare la gomma di
scorta; io e Eddie entrammo in una specie di ristorante casalingo. Sentii una gran risata, la più gran risata
del mondo, e apparve un personaggio del Nebraska di altri tempi, una vera pellaccia col suo codazzo di
ragazzi; le sue grida rauche arrivavano fino in fondo alle pianure, quel giorno, fino in fondo all‟intero mondo
grigio delle pianure. Rideva e tutti ridevano con lui. Non aveva un pensiero al mondo e trattava tutti con gran
riguardo. Ma senti che risata, dissi tra me e me. Questo è il West, e io sono nel West. Entrò nel locale
chiamando Ma per nome con quel vocione di tuono, e lei faceva la torta di ciliegie più buona di tutto il
Nebraska, e io me ne feci dare una fetta con una montagna di gelato sopra. “Ma, dammi qualcosa da
mettere sotto i denti prima che mi strappi via la carne a morsi o qualche altra scemenza del genere.” Si
lasciò andare su uno sgabello e fece ah! ah! ah! ah! “E non dimenticare i fagioli.” Era lo spirito del West,
quello che mi sedeva accanto. Mi sarebbe piaciuto sapere tutto della sua vita rozza e che diavolo aveva fatto
in quegli anni oltre a ridere e urlare. Uiuu, dissi alla mia anima, e in quel momento tornò il cow-boy e
partimmo per Grand Island
Sal è il protagonista insieme a Dean di questo romanzo
basato su una serie di viaggi alla scoperta del paesaggio
americano accomunati da una serie di ingredienti tra i
quali l‟amore per l‟Apple Pie e il gelato. In una lettera
destinata alla madre durante il suo viaggio da New York a
Chicago, Kerouac scrive: «Ho mangiato un'altra torta di
mele e gelato, che è praticamente l'unica cosa che ho
mangiato attraverso tutto il paese, ho capito che era
nutriente e gustosa, naturalmente». Non c‟è niente di più
americano dell‟Apple Pie! I soldati americani durante la II
guerra mondiale sostenevano di combattere: “for mom
and for apple pie”.
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I DOLCI: la nutella
NUTELLA NUTELLAE
Riccardo Cassini
DE INUTILITATE NASCONDIMENTI BARATTOLORUM
NUTELLAE AB ILLUSIBUS MAMMIS
Nutella omnia divisa est in partes tres:
Unum: Nutella in vaschettorum plasticae.
Duum: Nutella in vitreis bicchieribus custoditam.
Treum: Nutella sita in magnum barattolorum (magno barattolo si, sed melium est si magno Nutella IN
barattolo).
Nutella placet omnibus pueris atque puellis, sed, si troppa Nutella fagocitare cicciones divenire, cutaneis
eructionibus sottostare et brufolos peticellosque supra faciae tua stratos formare atque, ipso facto, diarream
cacarellamque subitaneam venire.
Propterea quod familiares, et mamma in particulare, semper Nutella celat in impensabilis locis ut eviteant
filiis sbafare, come soliti sunt. Sed domanda spontanea nascet: si mamma contraria est filiales sbafationes,
perchè Nutella comprat et postea celat?
La Nutella è stata compagna di intere generazioni di
italiani.
Dopo che Nanni Moretti, nel film "Bianca", la ha anche
celebrata come "rimedio esistenziale" contro la
depressione e contro la difficoltà del vivere è diventata,
più che una cioccolata, un vero simbolo. Per questo
quando Riccardo Cassini ha scritto un trattato sulla
Nutella in latino ricalcando il De Bello Gallico di Giulio
Cesare che comincia con la famosa frase Gallia est omnis
divisa in partes tres, il successo è stato immediato.
Naturalmente per divertirsi con questo brano
bisognerebbe sapere un po' di latino, avere letto il De
bello Gallico e avere mangiato almeno una volta pane e
Nutella. e chi non ha fatto almeno una di queste tre
azioni?
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IL CAFFÈ
DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI
Jorge Amado
Acciocché una veglia funebre sia animata ed onori effettivamente il
defunto che la presiede, rendendogli meno grave la prima confusa
notte della sua morte, è necessario dedicarvi cure sollecite,
occupandosi del morale e dell‟appetito.
Quando, e cosa si serve?
Ebbene, si serve per tutta la notte, dal principio alla fine. Il caffè è
indispensabile, e va servito in continuazione, naturalmente in tazze
piccole. Il caffè e latte, con pane, burro, formaggio, qualche
biscottino, qualche polpettina di aipim2 o carimã3, fette di cuscus
con uova fritte, quello solo al mattino e solo per chi ha passato lì la
notte, fino all‟alba. La cosa migliore è tenere sempre al fuoco un
bollitore perché non manchi mai il caffè, visto che arrivano
continuamente nuovi visitatori. Il caffè in tazzina è accompagnato
da biscotti o crackers; qualche volta si può servire un vassoio di
roba salata, panini con formaggio, prosciutto, mortadella, cose
semplici, visto che complicazioni ce ne sono già abbastanza col
defunto.
“Quando io morirò, tu portami il caffè, e vedrai che io
resuscito come Lazzaro”. Così diceva Eduardo De
Filippo attribuendo al caffè la poesia della vita. I gesti
abituali del prendere il caffè da consuetudini
diventano riti che accompagnano i momenti felici
come quelli tristi. Ed è quello che troviamo anche in
questo libro di Jorge Amado dove il caffè accompagna
la disperazione di una vedova, il suo smarrimento, la
confusione per il dolore della morte che viene
riassunto e descritto dalla vedova stessa, Dona
Flor, tra le indicazioni su come servire il caffè durante
la veglia e i suggerimenti sui salatini
d'accompagnamento.
40
ALTRE LETTURE: il pane
I PROMESSI SPOSI
Alessandro Manzoni
Per il pane, nutrimento che tiene in
vita, si lotta. Se il pane manca
iniziano i tumulti. Innumerevoli e
legittime sono infatti nella storia le
rivolte dei poveri per il pane.
Descrizione classica di una rivolta
per il pane è quella di Manzoni
negli indimenticabili capitoli dei
“Promessi Sposi” che sono una
fenomenologia della lotta popolare
valida in ogni tempo, luogo e per
qualsiasi motivo, purché di vitale
importanza. La rivolta del pane è
descritta nel capitolo 11 e quando
Renzo entra in Milano si legge:
“… andando avanti, senza sapere cosa si pensare, vide per terra certe strisce bianche e soffici
……… si chinò su una di quelle, guardò, toccò, e trovò che era farina. Grande abbondanza ci
deve essere a Milano, se straziano in questa maniera la grazia di Dio. Ci davano poi a intendere
che la carestia è per tutto. Ecco come fanno per tenere quieta la povera gente di campagna.“…
ma dopo pochi altri passi, arrivato al fianco di una colonna, vide, appiè di quella, qualcosa di più
strano; vide sugli scalini del piedistallo certe cose sparse, che certamente non erano ciottoli, e se
fossero state sul banco d‟un fornaio non si sarebbe esitato un momento a chiamarli pani……….. si
chinò ne raccolse uno: era veramente un pan tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo non era
solito a mangiare che nelle solennità”.
41
ALTRE LETTURE: il vino
AFORISMI
Cenai con un piccolo pezzo di
focaccia,
ma bevvi avidamente un‟anfora di
vino;
ora l‟amata cetra tocco con
dolcezza
e canto amore alla mia tenera
fanciulla.
Anacreonte (570 a.C. ca – 485 a.C.
ca)
Il Vino, questo affascinante nettare,
nelle parole di grandi scrittori,
pensatori e poeti che, dai tempi antichi
ad oggi, hanno desiderato e saputo
descrivere in aforismi e citazioni di
grande forza espressiva. Com‟è vero che nel vino c‟è la
verità
ti dirò tutto, senza segreti.
William Shakespeare (1564 –
1623)
Il vino è un composto di umore
e luce.
Galileo Galilei (1564 – 1642)
Grande è la fortuna di colui che
possiede una buona bottiglia,
un buon libro, un buon amico.
Molière (1622 – 1673)
Il vino è il più certo, e (senza
paragone)
il più efficace consolatore.
Giacomo Leopardi (1798 – 1837)
Il vino aggiunge un sorriso
all‟amicizia
ed una scintilla all‟amore.
Edmondo de Amicis (1846 –
1908)
Per conoscere l‟annata e la qualità
di un vino
non è necessario berne l‟intero
barilotto.
Oscar Wilde (1854 – 1900) L‟uomo è come il vino:
non tutti i vini invecchiando
migliorano;
alcuni inacidiscono.
Eugenio Montale (1896 – 1981)
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ALTRE LETTURE: banchetti celebri
IL GATTOPARDO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Il principe aveva troppa esperienza per offrire a degli invitati siciliani in un paese dell‟interno, un pranzo
che si iniziasse con un “potage”, e infrangeva tanto più facilmente le regole dell‟alta cucina in quanto
ciò corrispondeva ai propri gusti. Ma le informazioni sulla barbarica usanza forestiera di servire una
brodaglia come primo piatto erano giunte con troppa insistenza ai maggiorenti di Donnafugata perché
un residuo timore non palpitasse in loro all‟inizio di ognuno di questi pranzi solenni.
Perciò quando tre servitori in verde, oro e cipria entrarono recando ciascuno uno smisurato piatto
d‟argento che conteneva un torreggiante timballo di maccheroni, soltanto quattro su venti persone si
astennero dal manifestare una lieta sorpresa: il principe e la principessa perché se l‟aspettavano,
Angelica per affettazione e Concetta per mancanza di appetito.
Tutti gli altri (Tancredi compreso, rincresce dirlo) manifestarono il loro sollievo in modi diversi, che
andavano dai flautati grugniti estatici del notaio allo strilletto acuto di Francesco Paolo. Lo sguardo
circolare minaccioso del padrone di casa troncò del resto subito queste manifestazioni indecorose.
Buone creanze a parte, però, l‟aspetto di quei babelici pasticci era degno di evocare fremiti di
ammirazione. L‟oro brunito dell‟involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava non
erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall‟interno quando il coltello
squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di
pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi impigliate nella massa untuosa,
caldissima dei maccheroncini corti cui l‟estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.
Ne Il Gattopardo, Tomasi di Lampedusa racconta che ogni
anno, da generazioni, quando arrivava la bella stagione i
Principi di Salina si trasferivano da Palermo nel loro palazzo
di Donnafugata.
In occasione del loro arrivo si riapriva la casa, e una cena
solenne veniva offerta per accogliere gli amici di sempre e
ribadire il potere immutato del principe.
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MADAME BOVARY
Gustave Flaubert
La tavola era apparecchiata sotto la tettoia dei carri. C'erano quattro lombate di bue, sei fricassee di
pollo, un umido di vitello, tre cosciotti arrosto, e, nel mezzo, un bel maialino di latte allo spiedo,
circondato da quattro salsicciotti all'acetosella. Negli angoli troneggiavano le bottiglie di acquavite e il
sidro dolce, imbottigliato, premeva con la sua spuma densa contro i turaccioli. Tutti i bicchieri erano già
stati riempiti di vino fino all'orlo. Grandi piatti di crema gialla tremolavano alla più piccola scossa della
tavola e mostravano sulla liscia superficie le iniziali degli sposi novelli tracciate con un sottile arabesco.
Era venuto un pasticciere di Yvetot per occuparsi delle torte e dei torroni. Questi si era dato un gran da
fare, non essendo conosciuto nel paese, e al dolce servì personalmente una torta decorata che strappò
grida di meraviglia. La base era costituita da un cartone quadrato azzurro, raffigurante un tempio con
portici, colonnati, statuette di stucco disposte tutto intorno in nicchie costellate di stelle di carta dorata;
al secondo ripiano v'era un torrione di pasta di savoiardi circondato da minute fortificazioni di angelica,
mandorle, uva passa, spicchi d'arancia; infine sulla piattaforma superiore, costituita da un prato verde
con rocce e laghi di marmellata ove navigavano barchette di gusci di nocciole, un Amorino si dondolava
su un'altalena di cioccolata i cui pali di sostegno terminavano con due boccioli di rose fresche poste lì
sopra a guisa di pomoli.
Emma, donna sognatrice e appassionata di letture
romantiche, sposa il medico Charles Bovary, uomo mite e
mediocre. Ben presto Emma si rende conto di quanto la
sua vita sia triste e monotona e ben diversa dalle
avventure descritte nei romanzi che legge. La svolta
avviene con l'invito al ricevimento del marchese
d‟Andervilliers: qui Emma viene a contatto con il mondo
raffinato ed elegante del quale ha sempre voluto essere
parte.
ALTRE LETTURE: banchetti celebri
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SATYRICON
La Cena di Trimalchione
Petronio
….Fu servito comunque un antipasto di gran classe, Quanto al vassoio, vi campeggiava un asinello in
corinzio con bisaccia, che aveva olive bianche in una tasca, nere nell'altra.
Ricoprivano l'asinello due piatti, su cui in margine stava scritto il nome di Trimalchione e il peso
dell'argento. E vi avevano saldato ancora dei ponticelli, che sostenevano ghiri cosparsi di miele e
papavero.
E c'erano dei salsicciotti a sfrigolare su una graticola d'argento, e sotto la graticola susine di Siria con
chicchi di melagrana.
… Dinanzi a noi, che eravamo ancora all'antipasto, fu collocato un vassoio con sopra una cesta, in cui
c'era una gallina di legno con l'ali aperte a cerchio, come stanno di abitudine quando covano.
Si accostano subito due schiavi, che in un concerto assordante prendono a frugare tra la paglia e
tiratene fuori uova di pavone su uova, le dividono tra i convitati.….. «Qui dev'esserci qualcosa di
buono», frugo con la mano dentro il guscio e trovo immerso nel tuorlo pepato un beccafico bello
grasso. …..
La cena si svolge a casa di Trimalchione, un abbiente signore
arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale
che, per puro amore di sfarzo e ostentazione, organizza
banchetti all‟insegna della gola e dei piaceri.
La portata del cibo è spettacolare e altamente coreografica,
accompagnata da giochi acrobatici dei servi del padrone di casa
e da racconti tra i commensali in un clima vivace e colorato non
senza punte di chiara volgarità.
Al centro di questa folle tavolata coperta di ogni lusso e di
traboccanti vassoi da portata, siede come un sovrano
Trimalchione.
… continua
ALTRE LETTURE: banchetti celebri
45
Si trattava di un'alzata rotonda, che aveva disposti in giro i
dodici segni, su ciascuno dei quali l'imbanditore aveva
collocato quel cibo che meglio si adattava al soggetto:
sull'Ariete ceci arietini, sul Toro un pezzo di manzo, sui
Gemelli testicoli e rognoni, sul Cancro una corona, sul Leone
un fico d'Africa, sulla Vergine una vulvetta, sulla Libra una
bilancia, con una focaccia al cacio in un piatto e una al miele
nell'altro, sullo Scorpione un pesciolino di mare, sul Sagittario
un occhiofisso, sul Capricorno un'aragosta, sull'Acquario
un'oca, sui Pesci un par di triglie.
Nel mezzo poi una zolla strappata con l'erba sosteneva un
favo…… ecco quattro valletti accorrere danzando a suon di
musica e togliere il coperchio dell'alzata.
Ciò fatto, vediamo lì dentro capponi e pancette, e in mezzo, a
far da Pegaso, una lepre fornita d'ali.
…. seguiva un'alzata, dov'era deposto un cinghiale di prima
grandezza e con tanto di berretto, dalle cui zanne pendevano
due canestrini intrecciati di palme, uno pieno di datteri
freschi, l'altro di datteri secchi.. Intanto, a trinciare il cinghiale,
si presentò .. un gigante .. che, impugnato il coltello da
caccia, lo immerse con forza nel fianco del cinghiale, dalla
cui ferita uscì un volo di tordi..
… segue
SATYRICON
La Cena di Trimalchione
Petronio
ALTRE LETTURE: banchetti celebri
46
“la polenta non ha bisogno di
compagnia, vive una vita a sé
,soddisfa quando si accompagna
a qualcosa e non quando, contro
volontà ,ci viene mischiata come
se non fosse in grado di badare a
se stessa .”
LE TRE MINESTRE
Andrea Vitali
ALTRE LETTURE: la polenta
Filo conduttore del racconto di Vitali
sono le qualità attribuite ai cibi di
casa, più particolarmente le loro
presunte virtù terapeutiche, a cui si
legano vari aneddoti. Siamo in
un'Italia di provincia, negli anni
Sessanta, dove ancora si parla il
dialetto e "la saggezza si esprime in
assiomi che non ammettono
repliche". . Un tuffo nel passato al
quale contribuisce anche il verace
ricettario della tradizione locale che
affonda le radici nel territorio, tra le
sponde del lago di Como e le valli
retrostanti.
IL PICCOLO BERTO
Umberto Saba
Umberto Saba riesce a fare con la
polenta addirittura una lirica e ci
porta a considerare l‟aspetto
estetico di questo cibo .Il suo giallo
canarino ,in una dimessa cucina
economica (questo è il titolo della
poesia in “il piccolo Berto “)apre
inaspettate vie tra l‟umano e il
metafisico .
“Cucina economica”
immensa gratitudine alla vita
che ha conservato queste care
cose;
oceano di delizie, anima mia!
Oh come tutto al suo posto si trova!
Oh come tutto al suo posto è
restato!
In grande povertà anche è
salvezza.
Della gialla polenta la bellezza
mi commuove per gli occhi; il cuore
sale,
per fascini più occulti, ad un
estremo
dell‟umano possibile sentire…….
47
“…è una specie di Roquefort del
Maradagàl, ma un po‟ meno
stagionato: grasso, piccante, fetente
al punto da far vomitare un azteco,
con ricche muffe d‟un verde cupo
nella ignominia delle crepe,
saporitissimo da spalmare con il
coltello sulla lingua-ninfea e
biasciarlo poi per dei quarti d‟ora in
una polta immonda bevendoci
dentro vin rosso, in restauro della
parlantina adibita ai commerci e
recupero saliva”
LA MECCANICA
LA COGNIZIONE DEL DOLORE
Carlo Emilio Gadda
ALTRE LETTURE: il gorgonzola
Il gorgonzola, come motivo attraverso il quale si
concentra la rappresentazione delle classi
popolari, è presente nelle opere di Gadda a partire
da La Meccanica.
Nel romanzo Cognizione del dolore Gadda
orchestra quello che nei suoi appunti preparatori
chiama il «tema del formaggio di croconsuelo
(Gorgonzola)» che diventa il leitmotiv della
narrazione.
«Il gorgonzola
ghiotto, grasso, piccante, concupisci
bile e laudabile per meraviglie verdi
del capelvenere suo, biasciato in
polta fra morsi avidi e dilaceranti nel
pane e sorsate di vino larghe con un
gorgoglio tra le carotidi enfie, da
quelli che siedono stanchi alla
tavola dell‟osteria, una farina
addosso o una fuliggine unta, e han
mani dure e grossi baffi
stillanti, Zoraide rabbrividiva
pensandoci» 48
“Quando la mattina al levar del sole
io esco per recarmi al mio Wahlheim
e lì nel giardino colgo da me stesso i
piselli, poi mi siedo e li sgrano
mentre leggo Omero; quando scelgo
un pentolino nella cucina, taglio il
burro, metto i piselli al fuoco, li
copro, e siedo lì vicino per poterli di
tanto in tanto rigirare, allora io
capisco perfettamente come i
superbi pretendenti di Penelope
uccidessero buoi e maiali, li
facessero a pezzi e li arrostissero.
Nulla mi dà una così sincera e
profonda sensazione di pace come i
tratti di vita patriarcale che,
ringraziando il Signore, posso senza
affettazione introdurre nella mia vita”
I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER
Johann Wolfgang Goethe
ALTRE LETTURE: le verdure
Le immagini di Verther in cucina con Omero in mano e Carlotta
che affetta il pane possono valere come emblema dell‟originalità
e della forza e compiutezza dello Sturm und Drang e che ne
rappresenta la componente di ribellione alle convenzioni
politiche, religiose, sociali, morali ed estetiche di questo
romanzo.
49
IN DUE SI INDAGA MEGLIO
LA MORTE È DI CASA
Agatha Christie
Tommy mostrò alla moglie il titolo in prima pagina:
MISTERIOSO CASO DI AVVELENAMENTO! UCCISI DALLA
CREMA DI FICHI! «Se fossi partito ieri con lei, Tommy,
probabilmente l‟avresti mangiata anche tu, e saresti morto»
Smascherare i criminali è un lavoro appassionante.
Tommy e Tuppence, a capo di un‟agenzia investigativa
di cui sono gli unici membri con il fedele fattorino Albert,
partono sempre alla carica con spirito ed entusiasmo,
pronti a catturare spie ed avvelenatori, a demolire alibi di
ferro e a esorcizzare falsi fantasmi. Sanno fare di tutto,
forse perché conoscono a menadito le opere dei più
grandi giallisti.
ALTRE LETTURE: i dolci
50
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO
Oscar Wilde
Jack: Come puoi stare lì seduto, mangiando muffin
con tutta calma quando siamo in questo orribile
guaio, non riesco a capirlo. Mi sembri totalmente
senza cuore.
Algernon: Be‟, non posso mangiare muffin in modo
agitato. Il burro mi finirebbe probabilmente sui
polsini. Si dovrebbero sempre mangiare i muffin
con molta calma. È l‟unico modo per gustarli.
Quando mi trovo nei guai, mangiare è la sola cosa
che mi consola. Anzi: quando il guaio in cui mi
trovo è veramente grosso, chiunque mi conosca
intimamente potrà dirti che rifiuto tutto ad eccezione
del cibo e delle bevande. In questo momento, per
esempio, se mangio muffins è perché sono molto
infelice. A parte il fatto che ne vado matto
Una brillante commedia nella quale Oscar Wilde
traccia uno scorcio pungente dell‟aristocrazia
inglese, attraverso le vicende di un giovane
aristocratico di nome Algernon Moncrieff e del
suo amico, Ernest Worthing. I due scapoli poco
"onesti" condensano l'essenza stessa del
litigio, nella contesa pura ed ancestrale di cibo:
poco importa che si tratti non di sanguinolente
bistecche, ma di delicati muffin che i due
tentano, sbriciolandoli, di strapparsi di mano.
ALTRE LETTURE: i dolci
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ULTIMO VIENE IL CORVO
Italo Calvino
“… Si tirò su come una scimmia per il muro liscio, sfondò il cartone senza rumore e mise la testa
dentro. Fino ad allora non si era accorto dell‟odore. Respirò e gli salì alle narici una nuvola di quel
profumo caratteristico dei dolci. Più che un senso di ingordigia provò una trepida commozione, un
senso di remota tenerezza … Si calò giù nel buio … allungò una mano cercando di ambientarsi …
toccò qualcosa di solido ma soffice, con un velo granuloso in superficie: un crafen! … Andò avanti
rimestando nel buio col bastone di luce della lampadina. E a ogni punto che illuminava scopriva file
di scaffali e sopra gli scaffali file di vassoi e sopra i vassoi file di paste allungate e di tutti i colori, e
torte cariche di creme che stillavano come cere da candele accese … si butto sugli scaffali
ingozzandosi di paste, cacciandosele in bocca due ,tre per volta, senza nemmeno sentirne il sapore,
sembrava lottasse con i dolci, minacciosi nemici, strani mostri che lo cingevano d‟assedio, un
assedio croccante e sciropposo in cui doveva aprirsi il varco a forza con le mandibole … aveva visto
certe torte con la scritta “Buon Onomastico“. Ci si aggirò intorno, studiando il piano di attacco: prima
le passò in rassegna con il dito e leccò un po‟ di crema di cioccolato, poi ci affondò la faccia dentro
cominciando a morderle al centro una per una. Ma gli restava una mania che non sapeva come
soddisfare, non riusciva a trovare il modo per goderle del tutto”.
Italo calvino nel racconto Furto in
una pasticceria, contenuto in Ultimo
viene il corvo, racconta ciò che
accade a un ladro quando tenta, con
la sua banda, di rapinare di notte una
pasticceria. quello che viene rubato
non è il contenuto della cassa, ma un
tesoro ben più allettante!
ALTRE LETTURE: i dolci
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LA FAMOSA PIOGGIA DI PIOMBINO
Gianni Rodari
.
Gianni Rodari ha creato un vero e proprio «genere»
nella letteratura infantile. Le sue filastrocche sono un
gioco di libero e colorato umorismo per i lettori
anche più piccoli, ma il gioco non è mai fine a se
stesso: esso nasce sempre da una visione del
mondo piena di verità e di costruttivo ottimismo.
ALTRE LETTURE: i dolci
Una volta a Piombino piovvero confetti. Venivano giù
grossi come chicchi di grandine, ma erano di tutti i
colori; verdi, rosa, viola, blu. Un bambino si mise in
bocca un chicco verde, tanto per
provare, e trovò che sapeva di menta. Un altro
assaggiò un chicco rosa e sapeva di fragola.
"Sono confetti! Sono confetti!" E via tutti per le strade a
riempirsene le tasche. Ma non facevano in tempo a
raccoglierli, perché venivano giù fitti fitti. La pioggia
durò poco ma lasciò le strade coperte da un tappeto di
confetti profumati che scricchiolavano sotto ai piedi. Gli
scolari, tornando da scuola, ne trovarono ancora da
riempirsi le cartelle. Le vecchiette ne avevano messi
insieme dei bei fagottelli coi loro fazzoletti da testa. Fu
una grande giornata.
Anche adesso molta gente aspetta che dal cielo
piovano confetti, ma quella nuvola non è passata più
né da Piombino né da Torino, e forse non passerà mai
nemmeno da Cremona.
53
IL RIPOSO DELLA POLPETTA
Massimo Montanari
«Lo storico istituto della merenda, che tradizionalmente scandiva la
metà mattina, e la metà pomeriggio, meritato ristoro (merenda è dal
latino mereo e significa ciò che si deve meritare) durante il lavoro o lo
studio, ha lasciato il posto a una più piccola, insignificante merendina
che minimizza la portata dell‟evento, la sua collocazione temporale e
spaziale … la merenda - il tempo della merenda - non c‟è più, resta la
merendina da consumare … il tempo è scomparso, la merendina si
allarga potenzialmente all‟intera giornata … basta un crampo allo
stomaco e si allunga la mano, la merendina è pronta, la fame placata.
Il cibo oggetto ha preso il posto del cibo evento. Col tempo è
scomparso lo spazio. La merenda … aveva luoghi definiti per essere
consumata. Durante la mattinata scolastica ... in cortile, in corridoio, in
giardino … a casa il luogo poteva essere la cucina, il salotto, il
giardino; ma c‟era un luogo. La merendina mordi e fuggi non ha luogo,
si può afferrare e consumare ovunque … facendo altro, in luoghi
deputati ad altro».
La merendina è il paradigma della globalizzazione
industriale. Merendina infatti non è solo il diminutivo di
merenda ma un salto culturale e antropologico. Dalla
tradizione alimentare casalinga porta
all'industrializzazione alimentare, dalla natura alla
cultura, dalla famiglia alla strada, dalla competenza
gustativa all‟ineducazione verso il piacere del cibo.
Massimo Montanari in Il riposo della polpetta ci porta a
riflettere su questo cambiamento culturale.
ALTRE LETTURE: il cibo industriale
54
MARCOVALDO
Italo Calvino«Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata il gran daffare
della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni di consumo. A una cert'ora,
come per lo scatto d'un interruttore, smettevano la produzione e, via!, si buttavano
tutti a consumare … No, non si tocca, è proibito - diceva Marcovaldo ricordandosi che alla fine di quel
giro li attendeva la cassiera per la somma.
– E perché quella signora lì li prende? – insistevano, vedendo tutte queste buone donne che, entrate per
comprare solo due carote e un sedano, non sapevano resistere di fronte a una piramide di barattoli e tum!
tum! tum! con un gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere lattine di pomodori pelati, pesche
sciroppate, alici sott'olio a tambureggiare nel carrello … se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può
reggere fino a un certo punto: poi ti prende un'invidia, un crepacuore, e non resisti più. Allora Marcovaldo …
girò veloce a una traversa trai banchi, si sottrasse alla vista della famiglia e, presa da un ripiano una scatola
di datteri, la depose nel carrello. Voleva soltanto provare il piacere di portarla in giro per dieci minuti … Gli
altoparlanti diffondevano musichette allegre: i consumatori si muovevano o sostavano seguendone il ritmo, e
al momento giusto protendevano il braccio e prendevano un oggetto e lo posavano nel loro cestino, tutto a
suon di musica.
Il carrello di Marcovaldo adesso era gremito di mercanzia; … i prodotti dai nomi sempre meno decifrabili …
comunque Marcovaldo ne prendeva due o tre scatole …
– Qui ci chiedono un conto da un milione! … gli altoparlanti già avevano interrotto la loro musichetta, e
dicevano: – Attenzione! Tra un quarto d'ora il supermarket chiude! Siete pregati d'affrettarvi alla cassa!
Era tempo di disfarsi del carico: ora o mai più. Al richiamo dell'altoparlante la folla dei clienti era presa da
una furia frenetica, come se si trattasse degli ultimi minuti dell'ultimo supermarket in tutto il mondo, una furia
non si capiva se di prendere tutto quel che c'era o di lasciarlo lì, insomma uno spingi spingi attorno ai banchi
…
.. E così, nello stesso momento che lasciavano un tubetto di maionese, capitava loro sottomano un grappolo
di banane, e lo prendevano; o un pollo arrosto invece d'uno spazzolone di nylon; con questo sistema i loro
carrelli più si vuotavano più tornavano a riempirsi…»
Calvino è un osservatore attento e sensibile del
cambiamento che investe l‟Italia negli anni del
miracolo economico, di cui ha saputo cogliere con
lucidità, e trasfigurare nelle proprie opere,
attraverso Marcovaldo, le contraddizioni profonde
ALTRE LETTURE: il consumismo
55
76
CONCORSO LETTERARIO: premessa
Dopo l‟esame dei testi pervenuti, la Commissione ha deciso
all‟unanimità di operare la scelta dei vincitori tenendo conto
principalmente del messaggio e quindi del valore che deriva
dal contenuto.
Alcuni dei testi premiati sono stati ritenuti meritevoli
in considerazione della sensibilità o della maturità dimostrate
dagli autori nella trattazione di temi delicati e impegnativi
(quali la fame nel mondo o i disturbi dell‟alimentazione) o del
particolare approccio ironico, nonostante siano „prove di
scrittura‟ che presentano evidenti debolezze formali ed
espressive (soprattutto legate a difficoltà con la sintassi e
l‟ortografia) o rappresentino momenti diaristici ben lontani
dalle tipologie della composizione letteraria.
per La Giuria del Premio Letterario
Isabella Colonna Preti (presidente)
“I‟ VORREI” DISSI IER A QUEL CAMERIERE – Riccardo Monfrini
“I‟ vorrei” dissi ier a quel cameriere
“antipasti misti, caro garçon,
lardo, coppa, cotechino, jambon.
Non acqua, di rosso vino un bicchiere.
Se sbaglio tosto dammi il tuo parere…
A seguir di gorgonzola un piatton
e fumante polenta in gran porzion,
di pan giallo ricolmami il paniere.
I‟ vorrei, per finire, garzoncello,
macedonia con panna e del gelato,
un caffè nero e rum di Portorico.”
Replicò il camerier: “Or viene il bello:
Il vostro conto è pronto e assai salato…”
“Tranquillo!” risposi “Dallo al mio amico.”
77
CONCORSO LETTERARIO
Sezione POESIA
I classificato
ChiAmaLe EMOZIONI – Luca Incarbone
Cammino tra le bancarelle di un mercato rionale e vengo colto da una vera e propria vertigine
dell‟olfatto. Come fossi in un quadro naïf, fluttuo distratto, circondato da un tripudio di colori brillanti
e vivaci che sollecitano la mia curiosità. Sfioro cesti traboccanti di frutta e scruto mele fiabesche dalle
sfumature sgargianti, lucidate come fossero pezzi di porcellana pregiata; vedo spiccare sfere dalla
buccia oleosa che profuma di bergamotto e il giallo intenso di cedri carnosi accostati a grappoli d‟uva
carichi di acini gonfi come biglie da spiaggia. Pochi passi e mi cattura un tappeto di fragole
diligentemente allineate come fossero fili di rossi e pregiati rubini: la profumazione dolciastra rapisce
i miei sensi e mi allontano a malincuore. I miei occhi inciampano in un carretto che espone piccole
piramidi di olive: corposi cilindri affusolati dai colori ambrati e verdognoli dalla profumazione intensa,
mediterranea. Vittima di un gradevole sacrificio, assaggio i prodotti offerti su un crostino di pane e qui
mi soffermo con gli occhi rivolti verso il cielo, immerso
in un piacevole frammento di vita. Una voce mi chiama. La raggiungo districandomi tra gli spazi di
questo caleidoscopico souk italiano. Presentati dallo chef come fossero un ritratto d‟autore, gusto
frutti di mare bagnati da una rugiada di gocce di limone e prezzemolo, carpacci di pesce marinati
insaporiti da olio extra vergine d‟oliva che deliziano il palato, ricci di mare e crostacei adagiati su
lingue di pane saraceno croccante. All‟ombra di un ulivo secolare l‟isola dei dolci: bontà e fantasia
creano una millefoglie con salsa di banane e zenzero, croccanti cialde mandorlate, mentre una calda
cascata di cioccolato bianco inonda spiedini di frutta dai colori tropicali. Immerso in questo paradiso
del gusto osservo il mare increspato, fiero di essere italiano!
78
CONCORSO LETTERARIO
Sezione NARRATIVA
I classificato
UNA LACRIMA RESPINTA - Elisa Benassai
Melly è una bella mela profumata, nella sua polpa è racchiuso tutto il profumo del Trentino. Melly è
consapevole e orgogliosa del suo destino: presto finirà in un negozio per essere acquistata e
mangiata da qualcuno. Dal Fruttivendolo, Melly non è sola c‟è altra frutta e verdura di svariati colori.
In casa Ferrario si sono svegliati tutti: Anna, Luigi, Valentina e Sofia, la più piccola e la più debole
perché diventa sempre più magra, preoccupando tutti. Sua mamma, Anna, si reca dal Fruttivendolo.
Buongiorno signore!! Vorrei qualcosa per Sofia; pensiamo il peggio, anoressia: praticamente non
tocca cibo ed il nostro medico ci ha consigliato degli esami specifici e cibo genuino”
“Ecco qui: kiwi, spinaci, fagiolini, banane e questa mela speciale”
“Grazie e arrivederci”
La signora Anna dispone la frutta nel cesto in cucina e Melly osserva il nuovo ambiente: le tendine di
pizzo, il profumo del caffè, del pane tostato, delle arance appena spremute e dei fiori freschi. Ecco
Sofia: due grandi occhi, sguardo perso e assente davanti a un piatto ricco di frutta fresca e
croccante, che guarda malvolentieri.
“Sembra più persa di me”. Pensa Melly.
Anna prende Melly e la posa sul piatto.
“Dai Cara, sforzati a mangiare” . Pensa Melly.
Sofia non mangia la mela e Melly si sente rifiutata. Svariate volte viene offerta la mela a Sofia, la quale
rifiuta continuamente il cibo. Sofia viene ricoverata all‟ospedale, a causa dell‟anoressia; Melly nel
frattempo si sente dimenticata e appassita. Al ritorno di Sofia dall‟ospedale Melly è sul tavolo in
cucina, ormai rinsecchita con una macchia scura simile ad una lacrima. Sofia prende la mela: la
osserva per qualche minuto e si sente una stretta al cuore.
Ad alta voce dice: ”Mamma voglio andare dal Fruttivendolo mi è venuta una grande fame di frutta !!!
79
CONCORSO LETTERARIO
Sezione NARRATIVA
II classificato - ex aequo
SILENZIO - Alice Barlera e Jacopo Bertone
Clara guardava la sorella maggiore, seduta sul divano, con il solito libro tra le mani. Leggeva, le
lunghe gambe magre accavallate, le braccia, anch'esse magre, tenevano il libro davanti al viso. I
lunghi capelli le coprivano i meravigliosi occhi verdi. Clara amava nascondersi dietro la porta del
salotto a guardarla, avrebbe voluto essere come lei, dolce, simpatica e affettuosa. L'unica cosa che
non capiva era perché buttasse sempre il cibo che la mamma le preparava. A ogni pasto si alzava e
gettava tutto nella pattumiera, ma era un segreto e Clara non doveva rivelarlo a nessuno. Gliel'aveva
pure chiesto, la sorella le aveva detto che non aveva fame. Clara non ci credeva, la vedeva sempre
più magra e debole, l'unica cosa che faceva senza fatica era leggere. Diceva che era l'unica cosa che
la rendeva felice. Era quasi ora di cena, la madre cucinava da qualche minuto. Quella sera avrebbero
cenato con alcuni amici. Clara e la sorella erano svogliate e nervose. Odiavano cenare anche
solamente in famiglia, soprattutto Gina che non aveva idea di come avrebbe buttato il cibo che le
veniva riposto nel piatto. Si stavano preparano, quando i genitori le chiamarono in salotto per
salutare gli ospiti. Erano due amici di vecchia data, nessuna delle due sorelle ricordava il loro nome,
ma non gli importava. Cominciarono la cena subito dopo. Fu il pasto più lungo della vita di Gina,
ingurgitava tutto, con gli occhi chiusi senza assaporare il gusto. La sorellina la fissava, preoccupata,
anche lei mangiava forzata dalla mamma. Dopo il dolce, gli ospiti furono intrattenuti dai genitori in
salotto, mentre le due figlie salirono in camera. Gina si precipitò in bagno, Clara la sentiva rigettare
tutta la cena. Poi la sentì entrare in camera sua e poi silenzio.
80
CONCORSO LETTERARIO
Sezione NARRATIVA
II classificato - ex aequo
IL MIO DECIMO COMPLEANNO – Eleonora Giraldini e Sara Donzelli
DANIELE Oggi è il mio decimo compleanno. In cucina mamma e nonna preparano la cena più
favolosa di tutte, seconda solo a quella del Natale. Si sente il profumo della pasta al sugo, dell‟arrosto
con le patate, ormai ben cotto nel forno. Dopo quella che mi sembra un‟eternità, entriamo nella
sontuosa sala da pranzo: il tavolo è sovraccarico di stuzzichini, patatine, salatini e ogni altri
squisitezza immaginabile. Quando arriva la mia porzione di secondo, sono già pieno, ma è così buono
e si scioglie così facilmente in bocca che è un piacere finirlo. Ed ecco che senza indugio arriva il
momento più importate: quello della torta. Non ho mai assaggiato qualcosa di così buono. Il
cioccolato ha un sapore così forte e deciso, ma nello stesso tempo dolce che mi sembra di mangiare
un cibo proibito. Mentre mi metto a letto mi sento così pieno di felicità per questi meravigliosi regali
che piango. BAINGAN Oggi è il mio decimo compleanno. Mamma vuole preparare una grande cena e
so che questo ci costerà molto. Appena entro in casa scopro la tavola imbandita con ogni ben di Dio.
Nonna ha dato il meglio di sé cucinando il mio piatto preferito: una bella ciotola di riso! Mi accorgo
che ha aggiunto il burro e rimango a bocca aperta: è davvero buono. I chicchi che mi porto alla bocca
sembrano mischiati al nettare degli antichi dei della mia terra rossa. Sono gocce di gioia che si
condensano nel petto. Alla fine della cena mia sorella mi dona un‟arancia. Il primo morso dato con
esitazione si trasforma nella convinzione di avere appena addentato il sole. Il sapore è così
travolgente che cerco di ingoiare tutta l'arancia in un boccone, ma mi trattengo. Dopo l'ultimo
spicchio sento di poter morire in pace. Mi sento così pieno di limpida felicità per questi meravigliosi
regali che piango. 81
CONCORSO LETTERARIO
Sezione NARRATIVA
III classificato - ex aequo
BRONTOBURGER E CAVALLETTE FRITTE - Lorenza Borsella, Roberto Meroni e Alice Dina Nasuti
Stavo aspettando davanti alla grotta che mia madre finisse di cuocere la mia coscia di Brontosauro
con contorno di bacche selvatiche; non ne potevo più di quell'orribile cibo senza sapore, è da quando
sono piccolo che ogni singolo giorno mangio quelle orribili "pietanze", tra l'altro mia mamma non sa
nemmeno cucinare! Così mi è venuta una bellissima idea. Ho pensato, dopo l'ennesima notte passata
con il brontosauro sullo stomaco, di aprire una grotta dove tutti i miei amici sarebbero potuti venire a
mangiare un cibo fantastico, il migliore. Dopo il mio ventunesimo dente caduto, ero adulto, perciò
comprai con i miei artigli di T-Rex una piccola grotta vicino alla foresta. Il mio menù era fantastico e
poco costoso. Subito sono arrivati primitivi incuriositi a cercare cibo. La mia grotta la chiamai
McNeandertal, era bellissima ed innovativa, era tutta addobbata con ceppi di legno, ali di pterodattilo
e piante rampicanti... Ma la cosa forte del mio locale era il menù, aveva dei prezzi molto bassi, le
specialità della "grotta" erano: il BrontoBurger, i VelociNuggets, la MammuCola e per finire le
cavallettine fritte. Tutti volevano la carne di dinosauro, però, con il passare del tempo i miei cacciatori
dovevano andare sempre più lontano per trovare un solo dinosauro. Speriamo non si siano estinti!!!!
82
CONCORSO LETTERARIO
Sezione NARRATIVA
III classificato - ex aequo
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  • 2. BIBBIA E MORÌ CON UN FALAFEL IN MANO GIOVANNI VERGA WINSOR MCCAY OSCAR WILDE ANDREA CAMILLERI ALESSANDRO MANZONI BIBBIA APICIO VAZQUEZ MONTALBAN GIOVANNI BOCCACCIO VAZQUEZ MONTALBAN MALVALDI MARCO ALLENDE ISABELLE BARBERY MURIEL UMBERTO SABA GABRIELE D'ANNUNZIO PABLO NERUDA JAKOB E WILHELM GRIMM JOANNE HARRIS GIANNI RODARI MARCEL PROUST OSCAR WILDE AGATHA CHRISTIE THOMAS MANN KEROUAC JACK CASSINI RICCARDO AMADO JORGE FOCACCIA POLPETTE FALAFEL LUPINI CROSTINI WELSH RAREBIT SANDWICH AL CETRIOLO ARANCINI POLENTA FARRATA LENTICCHIE PANE E POMODORO MACCHERONI DEL PAESE DI BENGODI FRITTATA MARINATA PASTICCIO DI TONNO RATATOUILLE CRUDITE‟ CON MAIONESE POLPETTE AL POMODORO MELE ARANCE CASETTA DI DOLCI CIOCCOLATO STRADA DI CIOCCOLATO MADELEINE MUFFIN SCONES PLETTEN PUDDING APPLE PIE NUTELLA CAFFE' 2
  • 3. 29 Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. 30 A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento». E così fu. LA BIBBIA Dal libro della Genesi - cap. 1, 29-30 3
  • 4. APERITIVO: Cocktail Cenerentola LA GATTA CENERENTOLA Gianbattista Basile Disse il principe: "Ho una figlia, ma fa sempre la guardia al focolare, perché è disgraziata e da poco e non merita di sedere dove mangiate voi" Disse il re: "Questa sia in testa alla lista, perché così mi piace«. Così partirono e il giorno dopo tornarono tutte e, insieme con le figlie di Carmosina, venne Zezolla, e il re, non appena la vide, ebbe come l'avvertimento che fosse quella che desiderava, tuttavia abbozzò. Ma, finito di sbattere i denti, si arrivò alla prova della pianella, che non s'era neppure accostata al piede de Zezolla, che si lanciò da sola al piede di quel coccopinto d'Amore, come il ferro corre alla calamita. Vista la qual cosa il re, corse a stringerla forte tra le braccia e, fattala sedere sotto il baldacchino, le mise la corona in testa, comandando a tutte che le facessero inchini e riverenze, come alla loro regina. Le sorelle vedendo ciò, piene di rabbia, non avendo lo stomaco di sopportare lo scoppio del loro core, se la filarono quatte quatte verso la casa della mamma, confessando a loro dispetto che… è pazzo chi contrasta con le stelle. È ispirato alla fiaba di Basile, dove l'eroina Zezolla si macchia addirittura dell'omicidio della sua matrigna, e da cui Charles Perrault trasse spunto per comporre la più famosa fiaba di Cenerentola, l‟aperitivo analcolico di benvenuto! 4
  • 5. APERITIVO: il deperitivo MANIFESTO FUTURISTA Fortunato Depero Un fantastico aperitivo creato da uno dei più poliedrici ed eclettici artisti non solo del movimento futurista ma dell‟arte italiana del Novecento: Fortunato Depero e la sua mirabolante “coppa di brividi”. L‟aperitivo diventa un progetto dalle linee semplici e forme geometriche ben delineate, un bianco e nero stilizzato che raffigura un flûte e le diverse componenti del deperitivo. Lo stile del disegno, tipicamente deperiano, è essenziale, e l‟aperitivo è descritto come se fosse un progetto tecnico dove ogni elemento raffigurato è nominato come in un foglio di istruzioni illustrato. La semplicità delle linee e dei volumi restano però sulla carta perché all‟atto pratico la Coppa di brividi è, giustamente, da brividi 5
  • 6. APERITIVO E DINTORNI: la focaccia LA BIBBIA Dal libro della Genesi - cap. 18 Gn 18 [1] Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. [2]Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, [3]dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. [4]Si vada a prendere un po‟ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. [5]Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa‟ pure come hai detto». [6]Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». [7]All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. [8]Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono. All‟inizio del II millennio a.C., in Egitto, in Canaan ed in Mesopotamia, il grano e vari tipi di pane erano l‟alimento principale, assieme al latte, il burro, i formaggi, l‟acqua, la birra ed il vino. Assai probabilmente i patriarchi, poiché erano semi-nomadi, consumavano soprattutto dei latticini ottenuti dal proprio bestiame e dai loro greggi, ma avevano pure il pane o la focaccia. 6
  • 7. APERITIVO E DINTORNI: polpette falafel LATTE, MIELE E FALAFEL Elisa Pinna C‟è chi li chiama falàfel e chi falafèl, c‟è chi scrive felafel chi falafel, mentre la forma araba letteraria è falafil, ma si intende sempre quell‟alimento a base di legumi di origini antiche medio-orientali. È ipotizzabile che i falafel possano essere nati come alternativa cristiana del venerdì alla carne e quella ebraica al suino. Secondo la storica della cucina Claudia Roden, nel suo libro della cucina ebraica, furono gli ebrei Yemeniti arrivati in Terra Santa prima del 1948 i primi a produrre e vendere falafel nelle strade e a portarli alle colonie di pionieri ebrei. Allora i falafel erano più speziati e probabilmente fatti a base di fave e non di ceci. Oggi in generale i falafel sono fatti a base di ceci e persino il Mc Donald's offre in alcuni paesi il popolarissimo Mc Falafel. In Israele è il piatto nazionale E MORÌ CON UN FALAFEL IN MANO John Birmingan Chi, prima di un viaggio o un pellegrinaggio, desideri capire quali siano le componenti, della società in Israele oggi, basta che legga questo libro che racconta attraverso testimonianze e storie di vita vissuta, le diversità di una ventina di «raggruppamenti suddivisi su basi geografiche, etniche, religiose» unite da alcuni ingredienti comuni: il Latte, il miele e i falafel. Il romanzo He Died with a Felafel in His Hand è composto da una serie di aneddoti, ambientati a Brisbane e in altre città australiane, sulla convivenza con numerosi e improbabili coinquilini. Da questo romanzo è stato tratto un film nel 2001. Il film si apre con la morte di Flip rinvenuto da Danny seduto davanti alla tv con un falafel in mano. 7
  • 8. APERITIVO E DINTORNI: i lupini I MALAVOGLIA Giuseppe Verga “Padron „Ntoni adunque, per menare avanti la barca, aveva combinato con lo zio Crocifisso Campana di legno un negozio di certi lupini da comprare a credenza per venderli a Riposto, dove compare Cinghialenta aveva detto che c‟era un bastimento di Trieste a pigliar carico. Veramente i lupini erano un po‟ avariati; ma non ce n‟erano altri a Trezza, e quel furbaccio di Campana di legno sapeva pure che la Provvidenza se la mangiavano inutilmente il sole e l‟acqua, dov‟era ammarrata sotto il lavatoio, senza far nulla; perciò si ostinava a fare il minchione. – Eh? Non vi conviene? lasciateli! Ma un centesimo di meno non posso, in coscienza! che l‟anima ho da darla a Dio! – e dimenava il capo che pareva una campana senza batacchio davvero. Questo discorso avveniva sulla porta della chiesa dell‟Ognina, la prima domenica di settembre, che era stata la festa della Madonna, con gran concorso di tutti i paesi vicini; e c‟era anche compare Agostino Piedipapera, il quale colle sue barzellette riuscì a farli mettere d‟accordo sulle due onze e dieci a salma, da pagarsi «col violino» a tanto il mese. Allo zio Crocifisso gli finiva sempre così, che gli facevano chinare il capo per forza, come Peppinino, perché aveva il maledetto vizio di non saper dir di no. – Già! voi non sapete dir di no, quando vi conviene, sghignazzava Piedipapera. Voi siete come le… e disse come.” In un paese siciliano, Aci Trezza, vive la laboriosa famiglia Toscano, soprannominata Malavoglia. Il patriarca è Padron 'Ntoni, vedovo, che vive presso la casa del nespolo insieme al figlio Bastiano, detto Bastianazzo, il quale è sposato con Maruzza. Bastiano ha cinque figli: 'Ntoni, Luca, Filomena, Alessio e Rosalia. Il principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza", una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca. La partenza per il servizio militare del primogenito 'Ntoni, segnerà l'inizio della rovina della famiglia dei Malavoglia, per far fronte a questa situazione Padron ‟Ntoni tenta di fare un affare comprando una grossa partita di lupini, peraltro avariati, da un suo compaesano… 8
  • 9. APERITIVO E DINTORNI: i crostini o welsh rarebit SOGNI DI UN DIVORATORE DI CROSTINI Winsor McCay - Silas Dream of the Rarebit Fiend, in italiano Sogni di un divoratore di crostini, è una striscia a fumetti creata da Winsor McCay nel settembre del 1904. Il protagonista "casuale" della striscia si trova durante il sonno, catapultato in un incubo/sogno: una situazione drammatica, ridicola o strana e talvolta inquietante ma nell‟ultima vignetta della striscia si sveglia e si rende conto che si è trattato solo di un sogno, la cui causa deriva dal fatto di aver mangiato prima di andare a letto i famosi rarebit gallesi! I rarebit conosciuti anche come Welsh rarebit, sono dei crostini inzuppati di formaggio fuso e sono, soprattutto per l'epoca, una leccornia che crea una compulsione a mangiare fino all'indigestione, che porta alla creazione durante il sonno di Fiend (demone in Inglese) cioè demoni, gli incubi che assalgono il povero malcapitato della striscia durante la notte. 9
  • 10. JACK. Sono innamorato di Gwendolen. Sono venuto in città apposta per chiedere la sua mano. ALGERNON. Credevo che fossi venuto per il piacere?... Invece si tratta di affari. JACK. Come sei poco romantico! ALGERNON. Non vedo niente di romantico nel chiedere la mano di una ragazza. È molto romantico essere innamorati. Ma una precisa proposta di matrimonio non ha niente di romantico. E poi c'è il rischio che sia accettata. Di solito lo è, a quanto mi dicono. E allora tutta l'eccitazione è finita. L'essenza dell'amore romantico è l'incertezza. Se mai mi dovessi sposare, cercherò sicuramente di dimenticarlo. JACK. Non ne dubito affatto, mio caro Algy. Il tribunale per i divorzi è stato creato apposta per persone con una memoria così stravagante. ALGERNON. Oh, è inutile discutere su questo argomento. I divorzi sono decisi in Cielo. (Jack allunga la mano per prendere un panino, ma Algernon lo ferma). Per favore non toccare le tartine al cetriolo. Le ho ordinate apposta per zia Augusta. (Ne prende una e la mangia). JACK. Ma come, te le stai mangiando una dopo l'altra…. Ne "L'importanza di chiamarsi Ernesto", la commedia di Oscar Wilde ambientata alla fine del „800 dove si prende in giro la "seriosità" del periodo tardo vittoriano, erano i "cucumber sandwich" (sandwich al cetriolo) di cui la temibile Lady Bracknell lamentava la mancanza. L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO Oscar Wilde APERITIVO E DINTORNI: sandwich al cetriolo 10
  • 11. GLI ARANCINI DI MONTALBANO Andrea Camilleri Il titolo del libro è dovuto all‟ultimo racconto di questa raccolta in cui il famoso commissario Montalbano decide di trascorrere il capodanno a Vigàta in compagnia della cammarera Adelina, pronto a gustarsi i suoi deliziosi arancini. Il sospetto di un furto a un supermercato ricade su un figlio pregiudicato di Adelina, Pasquale. Montalbano amareggiato più per il fatto che non potrà gustare gli arancini, che per la cattura di Pasquale, riuscirà a far luce nell‟inchiesta e quindi a far assolvere il ragazzo dalle accuse e potersi così gustare gli arancini tanto desiderati. carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini „na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne sgrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il suco della carne s‟ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s‟assistema nel palmo d‟una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e copre con dell‟altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d‟ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s‟infilano in una padeddra d‟oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d‟oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringrazziannu u Signiruzzu, si mangiano! Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta: un ricordo che sicuramente gli era trasùto nel Dna, nel patrimonio genetico. Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa (senza zaffirano, pi APERITIVO E DINTORNI: gli arancini 11
  • 12. IL PANE IL BACIO DEL PANE Carmine Abate … Poi addentò il pane a occhi chiusi. “Erano anni che non assaggiavo un pane fatto in casa. Davvero favoloso, non ho parole per ingraziarvi.” Non aggiunse altro. Masticava piano piano… L‟uomo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un coltellino svizzero, appoggiò il pane all‟altezza dello sterno e con la lama più lunga ne tagliò due fette. Quando si abbassò per rimettere il pane nel sacchetto, una delle fette cadde per terra sollevando una nuvoletta di polvere. L‟uomo la raccolse subito, con apprensione. “Buttatela via, è tutta impolverata” gli consigliai, convinto che volesse mangiarla. Lui mi lanciò uno sguardo di disapprovazione: “il pane non si butta così, come una pietra senza valore. Il pane è vita, ci vuole troppa fatica per farlo”. Diede un bacio sul lato pulito della fetta e andò a posarla sotto il fico, dove becchettavano affamati tre o quattro uccelli. Poi concluse: “il pane va rispettato”. Mi sentii avvampare. Era più o meno, lo stesso rimprovero di nonno Francì quando mi aveva visto dare un calcio a un panino con la Nutella che mi era caduto dalle mani: “Lo sai quanti sudori, quanti sacrifici, è costato questo panino?”. E affinché non dimenticassi l‟insegnamento e non ripetessi più quel gesto a suo dire “vomitòso”, riprovevole, mi aveva anche mollato uno schiaffo. Ero un bambino, il nonno non mi aveva mai punito prima di allora, eppure non avevo pianto, non piangevo se capivo di avere sbagliato. Avevo ripreso il panino e, soffiata via la polvere, lo avevo baciato davanti al nonno ed ero andato a buttarlo nel secchio del pastone per il maiale. I due liceali, Marta e Francesco, durante una vacanza estiva conosceranno Lorenzo e il suo cagnolino Fortunè. A lui i due ragazzi porteranno di tanto in tanto del pane appena sfornato conquistando così la sua fiducia e diventando di conseguenza complici di un terribile segreto. Nella Bibbia si legge: «Se offrirai il pane all'affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce» (Isaia 58- 10). Il bacio del pane è un gesto simbolico che evoca l‟unione tra gli uomini (dal latino cum panis, il pane ci fa compagni), richiamando un mondo fatto di semplicità e onestà, un gesto sacro e inviolabile, proprio come il pane. 12
  • 13. IL VINO ODE AL VINO E ALTRE ODI ELEMENTARI Pablo Neruda Vino color del giorno, / vino color della notte, / vino con piedi di porpora / o sangue di topazio, / vino, / stellato figlio della terra, / vino, liscio / come una spada d‟oro, / morbido / come un disordinato velluto, / vino inchiocciolato / e sospeso, / amoroso, / marino, / non sei mai presente in una sola coppa, / in un canto, in un uomo, / sei corale, gregario, / e, quanto meno, scambievole. A volte / ti nutri di ricordi / mortali, / sulla tua onda / andiamo di tomba in tomba, / tagliapietre del sepolcro gelato, / e piangiamo / lacrime passeggere, / ma / il tuo bel / vestito di primavera / è diverso, / il cuore monta ai rami, / il vento muove il giorno, / nulla rimane / nella tua anima immobile. Il vino / muove la primavera, / cresce come una pianta di allegria, / cadono muri, / rocce, / si chiudono gli abissi, / nasce il canto. / Oh, tu, caraffa di vino, nel deserto / con la bella che amo, / disse il vecchio poeta. Che la brocca di vino / al bacio dell‟amore aggiunga il suo bacio. Amor mio, d‟improvviso / il tuo fianco / è la curva colma / della coppa / il tuo petto è il grappolo, / la luce dell‟alcol la tua chioma, / le uve / i tuoi capezzoli, / il tuo ombelico sigillo puro / impresso sul tuo ventre di anfora, / e il tuo amore la cascata / di vino inestinguibile, / la chiarità che cade sui miei sensi, / lo splendore terrestre della vita. Ma non soltanto amore, / bacio bruciante / e cuore bruciato, / tu sei, vino di vita, / ma / amicizia degli esseri, trasparenza, / coro di disciplina, / abbondanza di fiori. / Amo sulla tavola, / quando si conversa, / la luce di una bottiglia / di intelligente vino. Lo bevano; / ricordino in ogni / goccia d‟oro / o coppa di topazio /o cucchiaio di porpora/che l‟autunno lavorò/fino a riempire di vino le anfore/e impari l‟uomo oscuro/nel cerimoniale del suo lavoro/e ricordare la terra e i suoi doveri/a diffondere il cantico del frutto. Il vino, figlio della terra e della fatica dell‟uomo semplice e forte. «Il vino che allieta il cuore dell'uomo» (Salmo 103). Il vino è per tutti, di chi lo sa gustare ed apprezzare. Prezioso ed essenziale, i suoi colori e le luci trasparenti inebriano il cuore e la mente. 13
  • 14. I PRIMI PIATTI: polenta e gorgonzola ALESSANDRO MANZONI I Promessi Sposi [Renzo] andò addirittura, secondo che aveva disegnato, alla casetta d'un certo Tonio, ch'era lì poco distante; e lo trovò in cucina, che, con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l'orlo d'un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola; e tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse il momento di scodellare. Ma non c'era quell'allegria che la vista del desinare suol pur dare a chi se l'è meritato con la fatica. La mole della polenta era in ragion dell'annata, e non del numero e della buona voglia de' commensali: e ognun d'essi, fissando, con uno sguardo bieco d'amor rabbioso, la vivanda comune, pareva pensare alla porzione d'appetito che le doveva sopravvivere. Mentre Renzo barattava i saluti con la famiglia, Tonio scodellò la polenta sulla tafferìa di faggio, che stava apparecchiata a riceverla: e parve una piccola luna, in un gran cerchio di vapori. Nondimeno le donne dissero cortesemente a Renzo: «volete restar servito?», complimento che il contadino di Lombardia, e chi sa di quant'altri paesi! non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand'anche questo fosse un ricco epulone alzatosi allora da tavola, e lui fosse all'ultimo boccone. Quando si parla di polenta non si può non parlare di Alessandro Manzoni che in alcuni punti dei Promessi Sposi affida la sua penna alla gastronomia. In particolare in un passo del VI capitolo dove si descrive la "polenta" preparata da Tonio per Renzo 14
  • 15. I PRIMI PIATTI: polenta e gorgonzola ULISSE James Joyce «Salve, Bloom!» Disse Nosey Flynn dal suo cantuccio. «Salve Flynn» «Come vanno le cose?» «Benone… fammi pensare. Prenderò un bicchiere di Borgogna e… fammi pensare»... «Ha il sandwich al formaggio?» «Sì, signore»… … «… un sandwich al formaggio allora» «Gorgonzola ce l‟ha?» «Sì, signore»… Ulisse è la storia di una giornata (il 16 giugno 1904) di un gruppo di abitanti di Dublino, che, incrociando in modo apparentemente casuale le vite degli altri, ne determinano lo svolgimento, e lo descrivono, attraverso il continuo monologo interiore. Il capitolo VIII è ambientato nel bar Byrnie che Bloom, il protagonista del romanzo, sceglie per uno spuntino veloce e minimalista, un tramezzino al gorgonzola. Mentre consuma il tramezzino, mediante il classico monologo interiore, Bloom osserva gli scaffali del bar ove si ripongono barattoli di tutti i tipi, e si abbandona alla fantasia sul cibo e quella quantità e qualità di materiali che tutti gli uomini utilizzano per cibarsi. Lo spuntino di Leopold, il tramezzino di formaggio, non è propriamente un piatto irlandese, ma un tocco locale c‟è: l‟aggiunta della senape. 15
  • 16. EPIGRAMMI – LIBRO XIII, 8 Marziale Inbue plebeias Clusinis pultibus ollas, Ut satur in vacuis dulcia musta bibas. Versa la polenta di Chiusi nella povera pentola, quando sazio le avrai vuotate, bevici dentro il dolce mosto. Sempre con il farro, veniva preparata anche una focaccia cotta nel forno (la nostra pizza bianca), la "farrata" romana, che nel periodo più antico le donne romane, e probabilmente anche quelle etrusche, mangiavano insieme allo sposo nella cerimonia del matrimonio, chiamata appunto "Confarreatio". Questo tipo di pane viene anche citato nella Bibbia nel Libro di Ezechiele Prenditi anche del frumento, dell‟orzo, delle fave, delle lenticchie, del miglio, del farro, mettili in un vaso, fattene del pane durante tutto il tempo che starai sdraiato sul tuo lato; ne mangerai per 390 giorni. LA BIBBIA Dal libro di Ezechiele - 4,9 Con la farina di farro veniva preparata la "puls", che Marziale cita come "clusinae pultes" (la puls di Chiusi). Questa puls non era altro che una specie di farinata o polenta. Per secoli questo è stato il piatto principale dei romani – re e consoli, sacerdoti e contadini – ma anche di Etruschi e Sabini. Il farratum era una pietanza così diffusa che i Greci soprannominavano i Romani «polentoni». Da questa puls è poi derivato il termine “polenta”. I PRIMI PIATTI: la farrata 16
  • 17. I PRIMI PIATTI: le lenticchie IL CANTO DEGLI UCCELLI Anthony De Mello Il filosofo Diogene stava cenando con un piatto di lenticchie. Lo vide il filosofo Aristippo che viveva nell‟agiatezza adulando il re. Aristippo disse: “Se tu imparassi ad essere ossequioso con il re non dovresti vivere di robaccia come le lenticchie”. Rispose Diogene: “Se tu avessi imparato a vivere di lenticchie non dovresti adulare il re”. Apicio, raffinato gastronomo e maestro di arti culinarie, descrive nel suo libro di ricette De re coquinaria come andavano cucinate le lenticchie che nei tempi antichi svolgeva un ruolo importante nell'alimentazione della classe meno abbiente. Che l'alimentazione delle classi inferiori fosse ben diversa da chi viveva in condizioni più agiate lo testimonia anche Anthony De Mello, nel suo Il canto degli uccelli. Frammenti di saggezza nelle grandi religioni: una raccolta di storie buddiste, cristiane, chassidiche, storie zen, indù, sufiche, storie antiche e moderne, storie che si possono leggere in vari modi, e possono aiutare la crescita umana e spirituale, attraverso questo scambio di battute tra due filosofi con stili di vita molto diversi. DE RE COQUINARIA Apicio 17
  • 18. LE RICETTE DI PEPE CARVALHO Vazquez Montalban Diede appuntamento a Charo e alla Andalusa in una locanda di San Cugat. Per Carvalho era facile da raggiungere, nei pressi di Vallvidrera, ma Charo vi arrivò con una incavolatura da riempire l‟intera ottocentocinquanta. “Io proprio non capisco perché non sei tu a passare da casa mia. Non capisco perché giochi a nascondino.” L‟Andalusa cercava di calmarla. “Avrà i suoi motivi.” ”Avresti potuto almeno prepararci la cena a casa tua.” “Avevo tutti gli ingredienti, ma non me la sentivo proprio. Non è la giornata giusta. Più tardi forse ve la preparo. Una cenetta di mezzanotte.” Charo mostrava all‟ Andalusa un Carvalho colto in flagrante. “Lo vedi. Dice sul serio. Non ci credevi? Questo è capace di mettersi a cucinare alle quattro del mattino” Charo contemplava Carvalho come si contempla un figlio amato che ha avuto la mostruosa trovata di nascere con due teste. Invece l‟Andalusa rideva a tal punto che le…. In questo libro lo scrittore catalano Vazquez Montalban gourmet come il personaggio da lui creato raccoglie 120 ricette di pietanze citate nei 14 volumi precedenti, che Pepe Carvalho, l‟investigatore protagonista, mangia o cucina nel corso delle sue avventure. Per ogni piatto oltre agli ingredienti e alle modalità di preparazione viene riportato il passo del romanzo o del racconto. … continua I PRIMI PIATTI: pane e pomodoro 18
  • 19. LE RICETTE DI PEPE CARVALHO Vazquez Montalban sue labbra mettevano in mostra due molari superiori d‟oro. “Io adoro questo posto” disse l‟Andalusa come se stesse interpretando un film televisivo spagnolo. Carvalho invece serbava una certa diffidenza verso il locale. Innanzitutto, perché era arredato con mobili in stile Impero, quello di Filippo II, realizzati a qualche metro di distanza nelle fabbriche di San Cugat. E non lo tranquillizzavano neppure le specialità gastronomiche del posto: pane e pomodoro, fagioli con salsiccia, carne alla brace, coniglio con salsa di alioli. Negli ultimi dieci anni erano spuntati in Catalogna oltre diecimila locali con la pretesa di rifornire il cliente di queste meraviglie della semplificata cucina rurale catalana. Ma al momento della verità il pane e pomodoro, squisitezza immaginativa che supera in semplicità e sapore la pizza al pomodoro, si limitava a un impasto di farina mal cotta, umida, e con l‟ umidità aggiunta della polpa di pomodoro in scatola. E la salsa di aglio e olio. Ottenuta senza la pazienza della mano ma con la trovata francese o maiorchina del rosso d‟ uovo, era di un giallo più adatto a un affresco. Carvalho si rese conto con sorpresa di star dando alle stupitissime signore che lo accompagnavano una conferenza sulle radici gastronomiche dell‟ umanità. Non fu l‟ esclamazione dell‟ Andalusa, “Mamma mia, quante cose sa quest‟ uomo”, a farlo riflettere sul ruolo che aveva assunto, ma il fatto di ascoltare dalle sue stesse labbra l‟ espressione Koynè, applicata all‟ origine comune di alcuni piatti. “Così come esiste una Koynè linguistica e possiamo precisare l‟origine comune delle lingue ariane in quella indoeuropea, esiste una Koynè gastronomica evidente, di cui uno degli indizi scientifici è il pane e pomodoro. Possiamo accomunarlo alla pizza, ma la supera nella facilità di esecuzione. La farina della pizza va cotta. Invece il pane e pomodoro non è che questo, pane e pomodoro, un po‟ di sale e dell‟olio”. “Ed è buonissimo” lo spronava l‟Andalusa, piena di entusiasmo per i misteri che le svelava Carvalho. “Rinfresca e nutre. È molto nutriente. Me lo ha spiegato il dottor Cardelùs quando gli ho portato il bambino che è un po‟ anemico. Gli dia delle belle fette di pane e pomodoro col prosciutto. Un miracolo. Adesso il bambino è in una casa di campagna a Gavà e dico sempre a chi me lo cura: soprattutto, pane e … segue I PRIMI PIATTI: pane e pomodoro 19
  • 20. I PRIMI PIATTI: i maccheroni di Bengodi DECAMERON Giovanni Boccaccio «Maso rispose che le più si trovavano in Berlinzone, terra de' Baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevasi un'oca a denaio e un papero giunta; ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n'aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d'acqua» Giovanni Boccaccio (1313ca.-1375) nel suo Decamerone, opera iniziata nel periodo in cui a Firenze era scoppiata un'epidemia di peste, raccontando le delizie del paese di Bengodi, contrada del paese di Berlinzone, un luogo immaginario dove chi più dorme più guadagna, descrive una montagna di formaggio Parmigiano grattugiato, dal quale rotolano giù maccheroni (che erano tipo gnocchi) e ravioli cotti in brodo di cappone. La descrizione di questo luogo viene fatta da Maso che, insieme a Bruno e Buffalmacco, inventano una burla ai danni del credulone Calandrino che, attirato da quanto gli viene narrato riguardo al meraviglioso paese di Bengodi dove si trova in abbondanza l'elitropia, pietra che rende invisibili, si mette alla sua ricerca. 20
  • 21. SECONDI E CONTORNI: lettura EPIGRAMMI Marco Valerio Marziale Cenabis belle, Iuli Cerialis, apud me; Condicio est melior si tibi nulla, veni. Octavam poteris servare; lavabimur una: Scis, quam sint Stephani balnea iuncta mihi. Prima tibi dabitur ventri lactuca movendo Utilis, et porris fila resecta suis, Mox vetus et tenui maior cordyla lacerto, Sed quam cum rutae frondibus ova tegant; Altera non deerunt tenui versata favilla, Et Velabrensi massa coacta foco, Et quae Picenum senserunt frigus olivae. Haec satis in gustu. Cetera nosse cupis? Mentiar, ut venias… Nel suo crudo realismo, in modo spregiudicato e talvolta per bisogno di raggranellare quanto gli bastasse per vivere, Marziale disse e scrisse, quando poté, pane al pane e vino al vino. Con il suo sguardo osservò attentamente ogni cosa ed ogni aspetto umano dal vizio capitale al più semplice gesto malizioso; con i suoi epigrammi scrutò le piccole vicende quotidiane e le rese eterne a volte calcando la mano con spirito satirico a volte con umanità e gentilezza.Pranzerai bene, Giulio Ceriale, a casa mia; Se non hai alcuna proposta migliore, vieni. Potrai presentarti all‟ora ottava; ci laveremo assieme: sai quanto siano vicini a me i bagni di Stefano. Per primo piatto ti verrà servita della lattuga atta a stimolare l‟appetito, porri tagliati a filetti, un tonno in salamoia più grosso di uno sgombro e ricoperto di uova con foglie di rughetta; non mancheranno altre uova rigirate sotto un breve strato di cenere e formaggio coagulato in un focolare di Velabro, e olive che avvertirono il freddo del Piceno. Queste vivande bastano per l‟antipasto. Vuoi sapere il resto? Mentirò per invogliarti a venire… 21
  • 22. SECONDI E CONTORNI: lettura I BUDDENBROOK Thomas Mann Nella saga de I Buddenbrook Thomas Mann descrive a lungo scene di pranzi e cene utilizzando un vocabolario che evoca la ricchezza, l‟opulenza, sia per i cibi che per il vasellame e le stoviglie o la biancheria da tavola al fine di sottolineare lo status sociale di questa famiglia. L‟allegria generale aveva raggiunto il colmo, ma dov‟era il dottor Grabow? La moglie del console si alzò senza dar nell‟occhio e uscì perché là in fondo i posti della signorina Jungmann, del dottore e di Christian erano rimasti liberi, e dal vestibolo a colonne si udiva quasi un gemito. Ella lasciò rapidamente la sala dietro la cameriera che aveva servito il burro, il formaggio e la frutta… e infatti là nella penombra, sulla panca rotonda e imbottita che circondava la colonna centrale era seduto o meglio raggomitolato il piccolo Christian che mandava lamenti da straziare il cuore. «Mio Dio, signora! – disse Ida, che gli stava accanto col dottore. – Povero piccolo, sta così male!» «Mi sento male, mamma, mi sento maledettamente male!» piagnucolò Christian, girando inquieto gli occhi rotondi e infossati al di sopra del naso troppo grosso. Aveva detto “maledettamente” solo per disperazione, ma la mamma lo rimproverò: «Se usi parole simili, il buon Dio ti punirà facendoti stare ancor peggio!» Il dottor Grabow toccò il polso al ragazzo; il suo viso bonario pareva ancor più lungo e più mite del solito. «Una piccola indigestione… niente di grave, signora!» la consolò. Poi riprese, nel suo tono professionale, lento e pedantesco: «Il meglio sarebbe metterlo a letto… un leggero sonnifero, magari una tazzina di camomilla per provocare la traspirazione… E dieta rigorosa, mi raccomando, signora. Dieta rigorosa, ripeto. Un‟ala di piccione… un po‟ di pane bianco...» «Non voglio piccione! – gridò Christian fuori di sé. – Non voglio mangiare mai più! Sto male, sto maledettamente male! – Quell‟ energico avverbio pareva portargli sollievo, tanto era l‟ ardore con cui lo pronunciava». Il dottor Grabow fece un sorriso indulgente e quasi un po‟ malinconico. Oh, avrebbe mangiato di nuovo, il giovanotto! Avrebbe vissuto come tutti gli altri. Come il padre, i parenti, gli amici, avrebbe fatto una vita sedentaria, mangiando quattro volte al giorno cibi scelti e pesanti… Be‟, che Dio lo aiuti! Lui, Friedrich Grabow, non se la sentiva certo di rovesciare le abitudini di quelle brave famiglie di commercianti, avvezze agli agi e al benessere. Lui veniva quando lo chiamavano, prescriveva dieta rigorosa per due o tre giorni… un pezzetto di pollo, una fettina di pane bianco… eh già, e poteva assicurare in coscienza che non era nulla di grave, per questa volta. 22
  • 23. SECONDI E CONTORNI: frittata marinata Uscì di corsa e dalla porta aperta entrarono le voci della serie televisiva Ramòn y Cajal. Marta tornò e si lasciò cadere su una sedia, dove rimase seduta con le corte gambe allargate. Si passò una mano davanti agli occhi. “Mamma mia, quanto ho bevuto.” Carvalho mangiava un salamino tenendolo con le dita. “Chi le avrebbe mai detto stamane che stasera avrebbe cenato con Marta Miguel. Eh?” “Proprio così”. “Vuole che le dica la verità?” “Dipende dalla quantità. Tutta la verità è troppa per una sola serata.” “La verità è che ho finto di incontrarla per caso. Avevo voglia di parlarle.” Carvalho finì il salamino e ne prese un altro, con le stesse dita, con gli stessi occhi avidi, con lo stesso olfatto pronto a gratificarsi con l‟aroma di quella mummia di maiale e peperoncino, probabilmente dell‟Estremadura. “Stavo dicendo che avevo voglia di parlarle.” “L‟ho sentita.” “Sto passando dei momenti molto brutti. Quel che è capitato a Celia mia ha proprio colpita. Sembrerò anche una donna forte, ma non lo sono. Ci si costringe a esserlo. E poi c‟è mia madre. Ogni giorno mi stanca di più, ma non voglio separarmi da lei, lo so di dire una sciocchezza, ma se un giorno la facessi uscire da questa casa, se non le stessi accanto non durerebbe nemmeno una settimana. È molto sensibile.” LE RICETTE DI PEPE CARVALHO Vazquez Montalban… segue 23
  • 24. SECONDI E CONTORNI: frittata marinata “No, non piango. Ho già pianto tutte le mie lacrime. Poverina. Lei pensa che sia giusto?” Era una domanda dostoevskiana e Carvalho preferì bere un altro bicchiere di vino e dare un‟ occhiata speranzosa al forno. Marta prese il cartoccio. La carta si era quasi bruciata e dall‟ involucro uscirono sei salamini piccanti, perfetti, cerei, entusiasti del loro stesso calore, del loro vigore rosso. Carvalho si servì per un po‟ di frittata e si versò col cucchiaio un po‟ di marinata sul mattone di patate, uova e cipolla. “Questa marinata è già servita per il pesce.” “Per gli sgombri. La marinata di sgombri la riadopero sempre. Quella di sardine no, dà un sapore troppo forte.” Carvalho si lasciò andare a una cena così spagnolesca assecondato a poco a poco dalla donna in una dura lotta tra i suoi occhi famelici e l‟ ossessione della bilancia. “Mi chiama la mamma.” Era balzata in piedi. “Non ho sentito niente.” “La si sente appena.” LE RICETTE DI PEPE CARVALHO Vazquez Montalban Per qualche ragione le storie dei gialli si intrecciano con il cibo. Con la comparsa di Carvalho di Montalbàn, di Montalbano di Camilleri, della Kay Scarpetta della Cornwell, e tanti altri, il food noir è diventato di moda. Come diceva Montalbàn in una intervista «un protagonista deve avere due o tre particolarità facilmente riconoscibili. Non esiste un protagonista che non li abbia». Il detective privato Pepe Carvalho, oltre a scrivere lettere alla sua amica e a bruciare libri, ama cucinare cibi complessi o giudicare le produzioni gastronomiche del suo aiutante Biscuter. … continua 24
  • 25. SECONDI E CONTORNI: pasticcio di tonno ODORE DI CHIUSO Marco Malvaldi Mangia infine di gusto l‟ospite coi baffi; con gli occhi chiusi a volte. Un po‟ per gustarsi quel pasticcio divino, e un po‟ per non sentire gli sguardi degli altri commensali, e non lasciarsi vincere ancora una volta da quella timidezza che da sempre lo affligge in casa di sconosciuti … Seduto a capotavola, il signor barone era visibilmente soddisfatto. All‟inizio aveva visto l‟Artusi servirsi con parsimonia, e mangiare lentamente, a piccoli bocconi, masticando molto anche se il pasticcio per sua natura non è facile da buttare giù: il tipico atteggiamento di chi mangia per dovere. Alla terza porzione aveva cambiato idea. Evidentemente l‟Artusi era un passista non un velocista; lento, metodico, sicuro e implacabile. «Eccellente signor Barone, eccellente. Io non me la dico tanto coi pasticci -disse l‟Artusi- … ma questo, permettetemi, era superbo. E sommamente arrangiato, anche… Come avrete capito, ambirei di inserirlo nel mio tratterello sull‟arte del mangiare bene. Odore di chiuso è un giallo di ambientazione ottocentesca: il castello, i delitti, la nobiltà decaduta, il maggiordomo e, un italiano memorabile, il grande letterato gourmet, Pellegrino Artusi. Sarà proprio il cuoco baffuto con il suo acume a fiutare il colpevole del gelido delitto piombato nella dimora del barone Bonaiuti. Dal diario di Pellegrino Artusi - Firenze sabato 1 luglio 1875 “finalmente dopo lunghe prove sono riuscito ad ottenere il polpettone che ho assaggiato nel corso della mia strana visita al castello di Roccapendente. Ho capito, dopo alcuni fallimenti, che è fondamentale aggiungere gli ingredienti nel giusto ordine, uno per volta, e lasciare cuocere ognuno il tempo necessario, giacché ognuno dei componenti di questo pasticcio richiede il proprio tempo per acquisire la giusta consistenza, e il giusto sapore. «Trascriverò la ricetta, ma solo per gusto mio e dei miei ospiti e non ripoterò nel mio manuale; io amo narrare gli aneddoti legati a ogni piatto, e in questo caso son così tante le storie che dovrei contare, che richiederebbero un libro per questo proprio». 25
  • 26. SECONDI E CONTORNI: la ratatouille ISABEL ALLENDE Afrodita … Il nostro artista, Robert Shekter, è un vegetariano di quelli irriducibili, ma almeno non è animato da rigore puritano. Robert tratta le verdure con la stessa appassionata devozione che altri dedicano alle ostriche. L'ho visto mordere un'umile carota con la lascivia propria della golosità fatta persona e so che al momento del bisogno, quando lo va a trovare Annette, la donna dei suoi sogni erotici, prepara con le sue mani un'autentica ratatouille francese, una delle ricette vegetariane più stimolanti del repertorio culinario universale. «Gli afrodisiaci sono il ponte gettato tra gola e lussuria. Immagino che, in un mondo perfetto, qualsiasi alimento naturale, sano, fresco, di bell'aspetto, leggero e saporito – vale a dire, dotato di quelle caratteristiche che si cercano in un partner – sarebbe afrodisiaco, ma la realtà è ben più complessa». Da Afrodita, Isabel Allende Afrodisiaco vegetariano di Shekter Robert prende quattro melanzane (la proporzione è di quattro per ogni singolo ingrediente citato), cipolle, peperoni, pomodori, aglio, coriandolo, prezzemolo, basilico, alloro, paprica ecc.; taglia queste verdure a rondelle con tutta la destrezza che l'artrite concede alle sue mani; frigge le melanzane in olio d'oliva per cinque minuti mentre canticchia 'O sole mio; aggiunge il resto, copre la casseruola e lascia cucinare a fuoco lento per un'ora. Nel frattempo si fa una doccia, indossa la camicia migliore e va a ricevere Annette con una rosa tra i denti. Poi scoperchia la pentola, mescola bene e lascia riposare la sua infallibile ratatouille per dieci minuti prima di servirla. E' deliziosa anche fredda, il mattino dopo, per 26
  • 27. SECONDI E CONTORNI: crudité e maionese ESTASI CULINARIE Muriel Barbery «La campagna. La mia cattedrale verde… Lì il mio cuore ha intonato i cantici più fervidi, l‟occhio ha appreso i segreti dello sguardo, il gusto dei sapori della cacciagione e dell‟orto, e il naso l‟leganza dei profumi… Accasciato sulla panchina sotto il tiglio mi svegliavo da una siesta inebriante cullata dal fruscio delle foglie e sotto questa volta di miele dolce mordevo il frutto, mordevo il pomodoro». «Carote, sedani, cetrioli, pomodori, peperoni, ravanelli, cavolfiori e broccoli: li aveva tagliati per il lungo, perlomeno quelli che lo consentivano, ossia tutti eccetto gli ultimi due che comunque grazie alla loro forma a fiore, si potevano afferrare per il gambo, un po‟ come l‟elsa della spada. Insieme a tutto questo, alcune fette sottili di maiale arrosto al naturale, freddo e succulento. Cominciammo a intingere». «Nessuno potrà mai scalfire la mia convinzione che le verdure crude con la maionese abbiano un che di spiccatamente sensuale. La consistenza della verdura si insinua nella crema… La maionese e le verdure sono travolte dalla loro unione. A questo si unisce la delicatezza di un sapore garbato, giacché la maionese non ha note pungenti né piccanti e, come l‟acqua, sorprende la bocca con la sua affabile neutralità; e poi le squisite sfumature del valzer degli ortaggi: la nota piccante e insolente del ravanello e del cavolfiore, quella zuccherina e acquosa del pomodoro, quella discretamente acida del broccolo, quella generosa e ampia della carota, il retrogusto di anice croccante del sedano... È una festa». Il più grande critico gastronomico del mondo, uomo freddo e potente ma dal grande talento culinario, è in punto di morte e dal letto della sua lussuosa abitazione, cerca disperatamente nei cassetti della memoria l'unico sapore che vorrebbe assaggiare di nuovo prima di morire. E così riemergono ricordi di sontuosi banchetti, di cibo sublime, di sapori rudi e primitivi, di sentimenti difficili e immagini contrastanti come la sua personalità. 27
  • 28. SECONDI E CONTORNI: polpette al pomodoro POLPETTE AL POMODORO Umberto Saba Tua madre, che non era una letterata, e passò due terzi della sua vita in cucina, ad ammannire per i suoi cibi non molto variati, ma dai quali emanava, come da un uguale centro affettivo, un uguale irradiante calore (l‟inconfondibile impronta di un modo di esistere e, quindi, di uno stile) ripiegò – per così dire – sulle polpette, quando, partita te per un diverso destino, la casa rimase quella di due poveri vecchi, che cercavano di celarsi a vicenda i desiderio egoistico di essere il primo a morire, per non dover rimanere solo sulla terra…. Le polpette al pomodoro, che né tu né io assaggeremo più a questo mondo, venivano, non confezionate, ma servite in due modi diversi. La tua povera madre le mangiava calde e senza la salsa; io fredde e col piatto ricoperto fino agli orli di pomodoro” La polpetta è una delle pietanze più antiche e umili che si conoscano che spesso viene associata a meccanismi psicologici o a contesti e affetti intimi, familiari, silenziosi, come nel Racconto breve “Polpette al pomodoro” di Umberto Saba. Massimo Montanari, insegnante di Storia Medioevale e storia dell‟alimentazione, in un suo libro “Il riposo della polpetta“ dice: «Ho pensato che il riposo delle polpette assomiglia molto a quello che succede alla nostra mente quando elaboriamo le idee. Le idee sono il risultato di esperienze, incontri riflessioni, suggestioni: tanti ingredienti che si mettono insieme e poi producono pensieri nuovi. Ma prima che ciò accada è utile fare riposare quegli ingredienti, dargli il tempo di riposarsi, amalgamarsi, rassodarsi. Il riposo delle polpette è come il riposo dei pensieri: dopo un po‟ vengono meglio» 28
  • 29. FRUTTA CONSIGLI PER CONSERVARE FRUTTA E VERDURA Apicio Il nome di Apicio è da sempre legato alla gastronomia, alle buone pietanze, alle cene succulente. La sua raccolta di ricette gastronomiche De re coquinaria è divisa in varie sezioni. Il primo libro contiene suggerimenti vari: dal come preparare un vino speciale, come conservare a lungo frutta e verdura, come conservare a lungo la carne, come riconoscere il miele cattivo , come conservare le olive verdi in modo da poterne sempre ricavare l‟olio, ecc… Si fructus oleraque diu servare vultis, haec praecepta Apicii, clari coqui, attente legite. Ut mala et mala granata diu durent, in aquam calidam ferventem paulisper merge et statim suspende. Ut mala cydonia serves, lege mala integra cum ramulis foliisque, in vasa repone et melle suffunde: diu durabunt. Ut ficos, pruna, pira, cerasa diu serves, omnes fructus cum petiolis delige, postea magna cum diligentia singulariter deterge ac in mel repone. Se volete conservare a lungo la frutta e la verdura, leggete attentamente questi consigli di Apicio, famoso cuoco Romano. Affinché le mele e i melograni si conservino a lungo, immergili nell‟acqua calda bollente per un po‟ di tempo e interrompi subito. Affinché le mele cotogne durino, raccogli mele fresche con i ramoscelli e le foglie, mettile in un vaso e spargile di miele: si conserveranno a lungo. Affinché i fichi, le prugne, le pere, le ciliegie si conservino a lungo raccogli tutti i frutti con i loro gambi, dopo con molta attenzione detergili singolarmente e mettili nel miele. 29
  • 30. FRUTTA: mele e arance ODE ALL’ARANCIA Pablo Neruda Sotto il ciel iacintino i paschi irrigui che il sol traversa di sue lunghe bande mentre ai limiti cerula si spande l‟ombra che tiene i gran boschi contigui; e i latifondi ove la zolla grassa riluce a specchio sotto la tagliente vanga o rosseggia franta dal bidente Seguace dietro il vomere che passa; e i frutteti ove tarda maturando la sorba s'empie d'un pastoso miele e rubiconde piombano le mele giù dal ramo gravato, a quando a quando; … Datemi i frutti succulenti, i buoni frutti de la mia terra, ch‟io li morda. Ah forsennato chi non si ricorda di te, Madre, e de‟ tuoi semplici Come nella celebre natura morta di Cézanne le mele e le arance nella loro squillante cromaticità si dispongono sulla tovaglia bianca e dentro bianche stoviglie in maniera elegantemente casuale, diventando protagoniste sontuose e silenziose del tavolo del buffet A somiglianza tua, a tua immagine, arancia, si fece il mondo: rotondo il sole, circondato per spaccarsi di fuoco: la notte costellò con zagare la sua rotta e la sua nave. Così fu e così fummo, oh terra, scoprendoti, pianeta arancione. Siamo i raggi di una sola ruota divisi come lingotti d‟oro e raggiungiamo con treni e con fiumi l‟insolita unità dell‟arancia POEMA PARADISIACO Gabriele D’Annunzio 30
  • 31. I DOLCI: la casetta di dolci HANSEL E GRETEL Jakob e Wilhelm Grimm … «Vi confiderò un segreto... Se andate più avanti, troverete una casetta di cioccolata!» «Una casa di cioccolata - Intervenne Hansel, che era molto goloso - Dove, dove?» «Pochi passi ancora e ci sarete». «Non sarà un trucco per farci del male?» «Presto la potrete vedere. È tutta colorata, piena di caramelle sulle pareti e sul tetto. È fatta di cioccolato, di torrone e marzapane...! È una delizia! Dentro troverete tutti i tipi di dolci». «E potremo mangiarli?» Chiese ancora Hansel. «Certo - Rispose il corvo - Basta volerlo, seguitemi!» I bambini non se lo fecero ripetere due volte e, come l'uccello gli aveva detto, in una radura del bosco incontrarono... «Che meraviglia!» Esclamò Gretel. «C'è veramente! Pancia mia fatti capanna!» Disse entusiasta, Hansel. La realtà superava la fantasia. Al fianco della porta c'erano dei bastoni di zucchero. Le pietre del sentiero erano caramelle di tutti i gusti: mente, limone, banana, pino... La storia di due poveri fratelli alle prese con un mondo pericoloso, difficile, dove tutto sembra quel che non è. Si inoltrano nel bosco in cerca di cibo e trovano una casetta graziosa e colorata che emana profumo di cose buone: le pareti sono di marzapane, il tetto di ciliege sciroppate, le finestre di caramelle, gli scalini di cioccolato. Vengono accolti da una vecchina che li invita ad entrare in casa e ad assaggiare la casetta. Ma non si rendono conto di essere caduti in trappola… 31
  • 32. I DOLCI: il cioccolato CHOCOLAT Joanne Harris Luc: Ogni volta dico a me stesso che è l'ultima volta, ma poi sento il profumo della sua cioccolata calda, o... Signora Audel:..conchiglie. Conchiglie di cioccolato, così piccole, così semplici, così "innocenti". Pensai, oh, solo un piccolo assaggio, non può fare niente di male. Ma poi scoprii che erano ripiene di ricco, peccaminoso... Yvette:... burro cremoso che si "scioglie", Dio mi perdoni, si scioglie così lentamente sulla lingua, e ti riempie di piacere. Il libro Chocolat di Joanne Harris, scrittrice britannica di madre francese, racconta di una donna, una bambina, un villaggio di provincia in Francia, nomadi, nuovi amici, cioccolato, spezie e magia! Una storia tutta da gustare! Dal libro Chocolat è stato tratto anche un film che ha come protagonista una splendida Juliette Binoche, affiancata da Johnny Depp.«C'era una volta un piccolo e silenzioso villaggio nella campagna francese; gli abitanti credevano nella Tranquilité, la tranquillità. Se vivevi in questo villaggio, sapevi ciò che ci si aspettava da te. Conoscevi il tuo posto nello schema delle cose. E se ti capitava di dimenticarlo, qualcuno ti avrebbe aiutato a ricordarlo. In questo villaggio, se vedevi qualcosa che non avresti dovuto vedere, imparavi a guardare dall'altra parte. E se per caso i tuoi desideri non erano stati soddisfatti, imparavi a non chiedere mai di più. E cosi, nel buono e nel cattivo tempo, nella fame e nelle feste, gli abitanti del villaggio si mantenevano saldi alle loro tradizioni. Finché, un giorno d'inverno, non soffiò uno irrequieto vento del Nord..." 32
  • 33. I DOLCI: la strada di cioccolato FAVOLE AL TELEFONO LA STRADA DI CIOCCOLATO Gianni RodariTre fratellini di Barletta una volta, camminando per la campagna, trovarono una strada liscia liscia e tutta marrone. “Che sarà?” disse il primo. “Legno non è,” disse il secondo. “Non è carbone,” disse il terzo. Per saperne di più si inginocchiarono tutti e tre e diedero una leccatina. Era cioccolato, era una strada di cioccolato. Cominciarono a mangiarne un pezzetto, poi un altro pezzetto, venne la sera e i tre fratellini erano ancora lì che mangiavano la strada di cioccolato, fin che non ce ne fu più neanche un quadratino. Non c‟era più né il cioccolato né la strada. “Dove siamo?” domandò il primo. “Non siamo a Bari,” disse il secondo. “Non siamo a Molfetta,” disse il terzo. Non sapevano proprio come fare. Per fortuna ecco arrivare dai campi un contadino col suo carretto. “Vi porto a casa io,” disse il contadino. E li portò fino a Barletta, fin sulla porta di casa. Nello smontare dal carretto si accorsero che era fatto tutto di biscotto. Senza dire né uno né due cominciarono a mangiarselo, e non lasciarono né le ruote né le stanghe. Tre fratellini così fortunati, a Barletta, non c‟erano mai stati prima e chissà quando ci saranno un‟altra volta. L‟assaporamento spensierato dei dolci richiede una inclinazione naturale alla fantasia e ai rapimenti poetici tipico della dimensione infantile, dove tutti vorrebbero stare, lontani dalla paura di indigestioni o sensi di colpa tipici del mondo adulto. 33
  • 34. I DOLCI: le madeleine ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO Marcel Proust«Una sera d‟inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po‟ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m‟aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m‟aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita… non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m‟era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della maddalena. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva? Che senso aveva? Dove fermarla? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. È stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità… retrocedo mentalmente all‟istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito uno sforzo di più… ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo. Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi… All‟improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…» 34
  • 35. I DOLCI: i muffin POIROT E LA SALMA Agatha Christie «La pistola? Era nel cesto delle uova. Era già dentro, e io ci ho messo le uova sopra, e poi me ne sono dimenticata. E quando abbiamo trovato il povero John Christow morto accanto alla piscina, ho avuto un tale choc che ho lasciato cadere il cesto e Gudgeon lo ha preso al volo. Appena in tempo, perché se fosse caduto a terra le uova si sarebbero rotte». È vero, un delitto è un incidente seccante. I domestici non sanno più dove hanno la testa e tutto va storto. Nessuno prende disposizioni per il pranzo e il tatto vorrebbe che il menù venisse modificato in base alla tragica evenienza. Meno male che l‟accorto maggiordomo Gudgeon ha salvato le uova per la prima colazione! E l‟invitato che dovrà arrivare da un momento all‟altro? Per fortuna Hercule Poirot ha un vero talento per smascherare gli assassini. È il suo lavoro e a Villa La Conca troverà pane per i suoi denti! Il cibo, dolce o salato, in generale e in particolare i vari ingredienti delle pietanze citate nei gialli di Agatha Christie sono spesso oggetto di osservazioni e riflessioni e, a volte, costituiscono elementi decisivi ai fini della caratterizzazione dei personaggi, della natura umana e degli ambienti. 35
  • 36. I DOLCI: gli scones POLVERE NEGLI OCCHI Agatha Christie «Mary Dove spense la luce e tirò le tende della portafinestra. Solo allora si girò e vide la donna riversa sui cuscini del sofà. Aveva posato uno degli scones al miele accanto alla tazza di tè ancora mezza piena, dopo averlo appena sbocconcellato. La morte aveva colto Adele Fortescue del tutto di sorpresa, e l‟aveva folgorata all‟istante» Nella vita, la scrittrice inglese era golosa e buongustaia e si dilettava anche nella preparazione di piatti semplici e molto invitanti per gli ospiti. La maggior parte dei suoi gialli infatti, l'arma del delitto non è un revolver e nemmeno un pugnale, ma un cibo o una bevanda che contengono una sostanza mortale, come in Polvere negli occhi Rex Fortescue, il «re», non era un uomo facile. Il ricco affarista aveva cacciato di casa uno dei figli dopo un violento litigio e trattava l‟altro da vero tiranno, dominando come un sovrano la villa pacchiana di proprietà. Uno dei suoi vizi era la marmellata d‟arance. Per questo l‟hanno usata per avvelenarlo a colazione. Invece sua moglie viene uccisa dal faceto assassino all‟ora del tè mentre è intenta a gustarsi dei deliziosi scones al miele. 36
  • 37. I DOLCI: pletten pudding I BUDDENBROOK Thomas MannBon appétit! – disse con un breve e cordiale cenno del capo, mentre faceva scorrere un rapido sguardo su tutta la tavola sino in fondo, dove erano i ragazzi… …nel momento in cui la cameriera dalle braccia nude e rosse, dall‟ abito pesante a righe, con la cuffia bianca sui capelli, aiutata dalla Signorina Jungmann e dalla ragazza del console, ebbe servito la bollente zuppa di verdura coi crostini arrostiti e tutti incominciarono a mangiare lentamente. Si cambiarono i piatti di Meissen dall‟orlo dorato mentre Madame Antoinette osservava attentamente i movimenti delle domestiche e la signorina Jungmann lanciava ordini nell‟ imbuto del portavoce che collegava la sala da pranzo con la cucina. Si fece passare il pesce. Di nuovo furono cambiati i piatti. E comparve un enorme prosciutto, rosso mattone, affumicato e bollito con una salsa di scalogno bruna e acidula e una tale quantità di verdure che ogni piatto sarebbe bastato a saziarli tutti. Venne servito anche il capolavoro di Elizabeth Buddenbrook, il “piatto russo”, un misto di frutta conservata nello spirito e piccante. A questo punto venne in tavola, in due grandi coppe di cristallo, un budino speciale composto di strati di amaretti, di lamponi, di biscotti e di crema; all‟altro capo della tavola invece si vide guizzare il fuoco, perché i ragazzi avevano ricevuto il dolce preferito, il plum-pudding alla fiamma. 37
  • 38. I DOLCI: Apple Pie ON THE ROAD Jack Kerouac Ma dovevo muovermi e smettere di lamentarmi, così presi su la borsa, dissi addio al vecchio albergatore seduto vicino alla sua sputacchiera, e andai a mangiare. Mangiai torta di mele col gelato: diventava sempre più buona man mano che ci si addentrava nello Iowa, le fette più grosse, il gelato più cremoso. C‟erano gruppetti di ragazze fantastiche dappertutto, quel pomeriggio a Des Moines, tornavano da scuola, ma non avevo tempo per pensare a queste cose e mi ripromisi di sfogarmi a Denver… … Ci fermammo lungo la strada per mangiare un boccone. Il cow-boy andò a far riparare la gomma di scorta; io e Eddie entrammo in una specie di ristorante casalingo. Sentii una gran risata, la più gran risata del mondo, e apparve un personaggio del Nebraska di altri tempi, una vera pellaccia col suo codazzo di ragazzi; le sue grida rauche arrivavano fino in fondo alle pianure, quel giorno, fino in fondo all‟intero mondo grigio delle pianure. Rideva e tutti ridevano con lui. Non aveva un pensiero al mondo e trattava tutti con gran riguardo. Ma senti che risata, dissi tra me e me. Questo è il West, e io sono nel West. Entrò nel locale chiamando Ma per nome con quel vocione di tuono, e lei faceva la torta di ciliegie più buona di tutto il Nebraska, e io me ne feci dare una fetta con una montagna di gelato sopra. “Ma, dammi qualcosa da mettere sotto i denti prima che mi strappi via la carne a morsi o qualche altra scemenza del genere.” Si lasciò andare su uno sgabello e fece ah! ah! ah! ah! “E non dimenticare i fagioli.” Era lo spirito del West, quello che mi sedeva accanto. Mi sarebbe piaciuto sapere tutto della sua vita rozza e che diavolo aveva fatto in quegli anni oltre a ridere e urlare. Uiuu, dissi alla mia anima, e in quel momento tornò il cow-boy e partimmo per Grand Island Sal è il protagonista insieme a Dean di questo romanzo basato su una serie di viaggi alla scoperta del paesaggio americano accomunati da una serie di ingredienti tra i quali l‟amore per l‟Apple Pie e il gelato. In una lettera destinata alla madre durante il suo viaggio da New York a Chicago, Kerouac scrive: «Ho mangiato un'altra torta di mele e gelato, che è praticamente l'unica cosa che ho mangiato attraverso tutto il paese, ho capito che era nutriente e gustosa, naturalmente». Non c‟è niente di più americano dell‟Apple Pie! I soldati americani durante la II guerra mondiale sostenevano di combattere: “for mom and for apple pie”. 38
  • 39. I DOLCI: la nutella NUTELLA NUTELLAE Riccardo Cassini DE INUTILITATE NASCONDIMENTI BARATTOLORUM NUTELLAE AB ILLUSIBUS MAMMIS Nutella omnia divisa est in partes tres: Unum: Nutella in vaschettorum plasticae. Duum: Nutella in vitreis bicchieribus custoditam. Treum: Nutella sita in magnum barattolorum (magno barattolo si, sed melium est si magno Nutella IN barattolo). Nutella placet omnibus pueris atque puellis, sed, si troppa Nutella fagocitare cicciones divenire, cutaneis eructionibus sottostare et brufolos peticellosque supra faciae tua stratos formare atque, ipso facto, diarream cacarellamque subitaneam venire. Propterea quod familiares, et mamma in particulare, semper Nutella celat in impensabilis locis ut eviteant filiis sbafare, come soliti sunt. Sed domanda spontanea nascet: si mamma contraria est filiales sbafationes, perchè Nutella comprat et postea celat? La Nutella è stata compagna di intere generazioni di italiani. Dopo che Nanni Moretti, nel film "Bianca", la ha anche celebrata come "rimedio esistenziale" contro la depressione e contro la difficoltà del vivere è diventata, più che una cioccolata, un vero simbolo. Per questo quando Riccardo Cassini ha scritto un trattato sulla Nutella in latino ricalcando il De Bello Gallico di Giulio Cesare che comincia con la famosa frase Gallia est omnis divisa in partes tres, il successo è stato immediato. Naturalmente per divertirsi con questo brano bisognerebbe sapere un po' di latino, avere letto il De bello Gallico e avere mangiato almeno una volta pane e Nutella. e chi non ha fatto almeno una di queste tre azioni? 39
  • 40. IL CAFFÈ DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI Jorge Amado Acciocché una veglia funebre sia animata ed onori effettivamente il defunto che la presiede, rendendogli meno grave la prima confusa notte della sua morte, è necessario dedicarvi cure sollecite, occupandosi del morale e dell‟appetito. Quando, e cosa si serve? Ebbene, si serve per tutta la notte, dal principio alla fine. Il caffè è indispensabile, e va servito in continuazione, naturalmente in tazze piccole. Il caffè e latte, con pane, burro, formaggio, qualche biscottino, qualche polpettina di aipim2 o carimã3, fette di cuscus con uova fritte, quello solo al mattino e solo per chi ha passato lì la notte, fino all‟alba. La cosa migliore è tenere sempre al fuoco un bollitore perché non manchi mai il caffè, visto che arrivano continuamente nuovi visitatori. Il caffè in tazzina è accompagnato da biscotti o crackers; qualche volta si può servire un vassoio di roba salata, panini con formaggio, prosciutto, mortadella, cose semplici, visto che complicazioni ce ne sono già abbastanza col defunto. “Quando io morirò, tu portami il caffè, e vedrai che io resuscito come Lazzaro”. Così diceva Eduardo De Filippo attribuendo al caffè la poesia della vita. I gesti abituali del prendere il caffè da consuetudini diventano riti che accompagnano i momenti felici come quelli tristi. Ed è quello che troviamo anche in questo libro di Jorge Amado dove il caffè accompagna la disperazione di una vedova, il suo smarrimento, la confusione per il dolore della morte che viene riassunto e descritto dalla vedova stessa, Dona Flor, tra le indicazioni su come servire il caffè durante la veglia e i suggerimenti sui salatini d'accompagnamento. 40
  • 41. ALTRE LETTURE: il pane I PROMESSI SPOSI Alessandro Manzoni Per il pane, nutrimento che tiene in vita, si lotta. Se il pane manca iniziano i tumulti. Innumerevoli e legittime sono infatti nella storia le rivolte dei poveri per il pane. Descrizione classica di una rivolta per il pane è quella di Manzoni negli indimenticabili capitoli dei “Promessi Sposi” che sono una fenomenologia della lotta popolare valida in ogni tempo, luogo e per qualsiasi motivo, purché di vitale importanza. La rivolta del pane è descritta nel capitolo 11 e quando Renzo entra in Milano si legge: “… andando avanti, senza sapere cosa si pensare, vide per terra certe strisce bianche e soffici ……… si chinò su una di quelle, guardò, toccò, e trovò che era farina. Grande abbondanza ci deve essere a Milano, se straziano in questa maniera la grazia di Dio. Ci davano poi a intendere che la carestia è per tutto. Ecco come fanno per tenere quieta la povera gente di campagna.“… ma dopo pochi altri passi, arrivato al fianco di una colonna, vide, appiè di quella, qualcosa di più strano; vide sugli scalini del piedistallo certe cose sparse, che certamente non erano ciottoli, e se fossero state sul banco d‟un fornaio non si sarebbe esitato un momento a chiamarli pani……….. si chinò ne raccolse uno: era veramente un pan tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo non era solito a mangiare che nelle solennità”. 41
  • 42. ALTRE LETTURE: il vino AFORISMI Cenai con un piccolo pezzo di focaccia, ma bevvi avidamente un‟anfora di vino; ora l‟amata cetra tocco con dolcezza e canto amore alla mia tenera fanciulla. Anacreonte (570 a.C. ca – 485 a.C. ca) Il Vino, questo affascinante nettare, nelle parole di grandi scrittori, pensatori e poeti che, dai tempi antichi ad oggi, hanno desiderato e saputo descrivere in aforismi e citazioni di grande forza espressiva. Com‟è vero che nel vino c‟è la verità ti dirò tutto, senza segreti. William Shakespeare (1564 – 1623) Il vino è un composto di umore e luce. Galileo Galilei (1564 – 1642) Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro, un buon amico. Molière (1622 – 1673) Il vino è il più certo, e (senza paragone) il più efficace consolatore. Giacomo Leopardi (1798 – 1837) Il vino aggiunge un sorriso all‟amicizia ed una scintilla all‟amore. Edmondo de Amicis (1846 – 1908) Per conoscere l‟annata e la qualità di un vino non è necessario berne l‟intero barilotto. Oscar Wilde (1854 – 1900) L‟uomo è come il vino: non tutti i vini invecchiando migliorano; alcuni inacidiscono. Eugenio Montale (1896 – 1981) 42
  • 43. ALTRE LETTURE: banchetti celebri IL GATTOPARDO Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il principe aveva troppa esperienza per offrire a degli invitati siciliani in un paese dell‟interno, un pranzo che si iniziasse con un “potage”, e infrangeva tanto più facilmente le regole dell‟alta cucina in quanto ciò corrispondeva ai propri gusti. Ma le informazioni sulla barbarica usanza forestiera di servire una brodaglia come primo piatto erano giunte con troppa insistenza ai maggiorenti di Donnafugata perché un residuo timore non palpitasse in loro all‟inizio di ognuno di questi pranzi solenni. Perciò quando tre servitori in verde, oro e cipria entrarono recando ciascuno uno smisurato piatto d‟argento che conteneva un torreggiante timballo di maccheroni, soltanto quattro su venti persone si astennero dal manifestare una lieta sorpresa: il principe e la principessa perché se l‟aspettavano, Angelica per affettazione e Concetta per mancanza di appetito. Tutti gli altri (Tancredi compreso, rincresce dirlo) manifestarono il loro sollievo in modi diversi, che andavano dai flautati grugniti estatici del notaio allo strilletto acuto di Francesco Paolo. Lo sguardo circolare minaccioso del padrone di casa troncò del resto subito queste manifestazioni indecorose. Buone creanze a parte, però, l‟aspetto di quei babelici pasticci era degno di evocare fremiti di ammirazione. L‟oro brunito dell‟involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall‟interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi impigliate nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l‟estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio. Ne Il Gattopardo, Tomasi di Lampedusa racconta che ogni anno, da generazioni, quando arrivava la bella stagione i Principi di Salina si trasferivano da Palermo nel loro palazzo di Donnafugata. In occasione del loro arrivo si riapriva la casa, e una cena solenne veniva offerta per accogliere gli amici di sempre e ribadire il potere immutato del principe. 43
  • 44. MADAME BOVARY Gustave Flaubert La tavola era apparecchiata sotto la tettoia dei carri. C'erano quattro lombate di bue, sei fricassee di pollo, un umido di vitello, tre cosciotti arrosto, e, nel mezzo, un bel maialino di latte allo spiedo, circondato da quattro salsicciotti all'acetosella. Negli angoli troneggiavano le bottiglie di acquavite e il sidro dolce, imbottigliato, premeva con la sua spuma densa contro i turaccioli. Tutti i bicchieri erano già stati riempiti di vino fino all'orlo. Grandi piatti di crema gialla tremolavano alla più piccola scossa della tavola e mostravano sulla liscia superficie le iniziali degli sposi novelli tracciate con un sottile arabesco. Era venuto un pasticciere di Yvetot per occuparsi delle torte e dei torroni. Questi si era dato un gran da fare, non essendo conosciuto nel paese, e al dolce servì personalmente una torta decorata che strappò grida di meraviglia. La base era costituita da un cartone quadrato azzurro, raffigurante un tempio con portici, colonnati, statuette di stucco disposte tutto intorno in nicchie costellate di stelle di carta dorata; al secondo ripiano v'era un torrione di pasta di savoiardi circondato da minute fortificazioni di angelica, mandorle, uva passa, spicchi d'arancia; infine sulla piattaforma superiore, costituita da un prato verde con rocce e laghi di marmellata ove navigavano barchette di gusci di nocciole, un Amorino si dondolava su un'altalena di cioccolata i cui pali di sostegno terminavano con due boccioli di rose fresche poste lì sopra a guisa di pomoli. Emma, donna sognatrice e appassionata di letture romantiche, sposa il medico Charles Bovary, uomo mite e mediocre. Ben presto Emma si rende conto di quanto la sua vita sia triste e monotona e ben diversa dalle avventure descritte nei romanzi che legge. La svolta avviene con l'invito al ricevimento del marchese d‟Andervilliers: qui Emma viene a contatto con il mondo raffinato ed elegante del quale ha sempre voluto essere parte. ALTRE LETTURE: banchetti celebri 44
  • 45. SATYRICON La Cena di Trimalchione Petronio ….Fu servito comunque un antipasto di gran classe, Quanto al vassoio, vi campeggiava un asinello in corinzio con bisaccia, che aveva olive bianche in una tasca, nere nell'altra. Ricoprivano l'asinello due piatti, su cui in margine stava scritto il nome di Trimalchione e il peso dell'argento. E vi avevano saldato ancora dei ponticelli, che sostenevano ghiri cosparsi di miele e papavero. E c'erano dei salsicciotti a sfrigolare su una graticola d'argento, e sotto la graticola susine di Siria con chicchi di melagrana. … Dinanzi a noi, che eravamo ancora all'antipasto, fu collocato un vassoio con sopra una cesta, in cui c'era una gallina di legno con l'ali aperte a cerchio, come stanno di abitudine quando covano. Si accostano subito due schiavi, che in un concerto assordante prendono a frugare tra la paglia e tiratene fuori uova di pavone su uova, le dividono tra i convitati.….. «Qui dev'esserci qualcosa di buono», frugo con la mano dentro il guscio e trovo immerso nel tuorlo pepato un beccafico bello grasso. ….. La cena si svolge a casa di Trimalchione, un abbiente signore arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale che, per puro amore di sfarzo e ostentazione, organizza banchetti all‟insegna della gola e dei piaceri. La portata del cibo è spettacolare e altamente coreografica, accompagnata da giochi acrobatici dei servi del padrone di casa e da racconti tra i commensali in un clima vivace e colorato non senza punte di chiara volgarità. Al centro di questa folle tavolata coperta di ogni lusso e di traboccanti vassoi da portata, siede come un sovrano Trimalchione. … continua ALTRE LETTURE: banchetti celebri 45
  • 46. Si trattava di un'alzata rotonda, che aveva disposti in giro i dodici segni, su ciascuno dei quali l'imbanditore aveva collocato quel cibo che meglio si adattava al soggetto: sull'Ariete ceci arietini, sul Toro un pezzo di manzo, sui Gemelli testicoli e rognoni, sul Cancro una corona, sul Leone un fico d'Africa, sulla Vergine una vulvetta, sulla Libra una bilancia, con una focaccia al cacio in un piatto e una al miele nell'altro, sullo Scorpione un pesciolino di mare, sul Sagittario un occhiofisso, sul Capricorno un'aragosta, sull'Acquario un'oca, sui Pesci un par di triglie. Nel mezzo poi una zolla strappata con l'erba sosteneva un favo…… ecco quattro valletti accorrere danzando a suon di musica e togliere il coperchio dell'alzata. Ciò fatto, vediamo lì dentro capponi e pancette, e in mezzo, a far da Pegaso, una lepre fornita d'ali. …. seguiva un'alzata, dov'era deposto un cinghiale di prima grandezza e con tanto di berretto, dalle cui zanne pendevano due canestrini intrecciati di palme, uno pieno di datteri freschi, l'altro di datteri secchi.. Intanto, a trinciare il cinghiale, si presentò .. un gigante .. che, impugnato il coltello da caccia, lo immerse con forza nel fianco del cinghiale, dalla cui ferita uscì un volo di tordi.. … segue SATYRICON La Cena di Trimalchione Petronio ALTRE LETTURE: banchetti celebri 46
  • 47. “la polenta non ha bisogno di compagnia, vive una vita a sé ,soddisfa quando si accompagna a qualcosa e non quando, contro volontà ,ci viene mischiata come se non fosse in grado di badare a se stessa .” LE TRE MINESTRE Andrea Vitali ALTRE LETTURE: la polenta Filo conduttore del racconto di Vitali sono le qualità attribuite ai cibi di casa, più particolarmente le loro presunte virtù terapeutiche, a cui si legano vari aneddoti. Siamo in un'Italia di provincia, negli anni Sessanta, dove ancora si parla il dialetto e "la saggezza si esprime in assiomi che non ammettono repliche". . Un tuffo nel passato al quale contribuisce anche il verace ricettario della tradizione locale che affonda le radici nel territorio, tra le sponde del lago di Como e le valli retrostanti. IL PICCOLO BERTO Umberto Saba Umberto Saba riesce a fare con la polenta addirittura una lirica e ci porta a considerare l‟aspetto estetico di questo cibo .Il suo giallo canarino ,in una dimessa cucina economica (questo è il titolo della poesia in “il piccolo Berto “)apre inaspettate vie tra l‟umano e il metafisico . “Cucina economica” immensa gratitudine alla vita che ha conservato queste care cose; oceano di delizie, anima mia! Oh come tutto al suo posto si trova! Oh come tutto al suo posto è restato! In grande povertà anche è salvezza. Della gialla polenta la bellezza mi commuove per gli occhi; il cuore sale, per fascini più occulti, ad un estremo dell‟umano possibile sentire……. 47
  • 48. “…è una specie di Roquefort del Maradagàl, ma un po‟ meno stagionato: grasso, piccante, fetente al punto da far vomitare un azteco, con ricche muffe d‟un verde cupo nella ignominia delle crepe, saporitissimo da spalmare con il coltello sulla lingua-ninfea e biasciarlo poi per dei quarti d‟ora in una polta immonda bevendoci dentro vin rosso, in restauro della parlantina adibita ai commerci e recupero saliva” LA MECCANICA LA COGNIZIONE DEL DOLORE Carlo Emilio Gadda ALTRE LETTURE: il gorgonzola Il gorgonzola, come motivo attraverso il quale si concentra la rappresentazione delle classi popolari, è presente nelle opere di Gadda a partire da La Meccanica. Nel romanzo Cognizione del dolore Gadda orchestra quello che nei suoi appunti preparatori chiama il «tema del formaggio di croconsuelo (Gorgonzola)» che diventa il leitmotiv della narrazione. «Il gorgonzola ghiotto, grasso, piccante, concupisci bile e laudabile per meraviglie verdi del capelvenere suo, biasciato in polta fra morsi avidi e dilaceranti nel pane e sorsate di vino larghe con un gorgoglio tra le carotidi enfie, da quelli che siedono stanchi alla tavola dell‟osteria, una farina addosso o una fuliggine unta, e han mani dure e grossi baffi stillanti, Zoraide rabbrividiva pensandoci» 48
  • 49. “Quando la mattina al levar del sole io esco per recarmi al mio Wahlheim e lì nel giardino colgo da me stesso i piselli, poi mi siedo e li sgrano mentre leggo Omero; quando scelgo un pentolino nella cucina, taglio il burro, metto i piselli al fuoco, li copro, e siedo lì vicino per poterli di tanto in tanto rigirare, allora io capisco perfettamente come i superbi pretendenti di Penelope uccidessero buoi e maiali, li facessero a pezzi e li arrostissero. Nulla mi dà una così sincera e profonda sensazione di pace come i tratti di vita patriarcale che, ringraziando il Signore, posso senza affettazione introdurre nella mia vita” I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER Johann Wolfgang Goethe ALTRE LETTURE: le verdure Le immagini di Verther in cucina con Omero in mano e Carlotta che affetta il pane possono valere come emblema dell‟originalità e della forza e compiutezza dello Sturm und Drang e che ne rappresenta la componente di ribellione alle convenzioni politiche, religiose, sociali, morali ed estetiche di questo romanzo. 49
  • 50. IN DUE SI INDAGA MEGLIO LA MORTE È DI CASA Agatha Christie Tommy mostrò alla moglie il titolo in prima pagina: MISTERIOSO CASO DI AVVELENAMENTO! UCCISI DALLA CREMA DI FICHI! «Se fossi partito ieri con lei, Tommy, probabilmente l‟avresti mangiata anche tu, e saresti morto» Smascherare i criminali è un lavoro appassionante. Tommy e Tuppence, a capo di un‟agenzia investigativa di cui sono gli unici membri con il fedele fattorino Albert, partono sempre alla carica con spirito ed entusiasmo, pronti a catturare spie ed avvelenatori, a demolire alibi di ferro e a esorcizzare falsi fantasmi. Sanno fare di tutto, forse perché conoscono a menadito le opere dei più grandi giallisti. ALTRE LETTURE: i dolci 50
  • 51. L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO Oscar Wilde Jack: Come puoi stare lì seduto, mangiando muffin con tutta calma quando siamo in questo orribile guaio, non riesco a capirlo. Mi sembri totalmente senza cuore. Algernon: Be‟, non posso mangiare muffin in modo agitato. Il burro mi finirebbe probabilmente sui polsini. Si dovrebbero sempre mangiare i muffin con molta calma. È l‟unico modo per gustarli. Quando mi trovo nei guai, mangiare è la sola cosa che mi consola. Anzi: quando il guaio in cui mi trovo è veramente grosso, chiunque mi conosca intimamente potrà dirti che rifiuto tutto ad eccezione del cibo e delle bevande. In questo momento, per esempio, se mangio muffins è perché sono molto infelice. A parte il fatto che ne vado matto Una brillante commedia nella quale Oscar Wilde traccia uno scorcio pungente dell‟aristocrazia inglese, attraverso le vicende di un giovane aristocratico di nome Algernon Moncrieff e del suo amico, Ernest Worthing. I due scapoli poco "onesti" condensano l'essenza stessa del litigio, nella contesa pura ed ancestrale di cibo: poco importa che si tratti non di sanguinolente bistecche, ma di delicati muffin che i due tentano, sbriciolandoli, di strapparsi di mano. ALTRE LETTURE: i dolci 51
  • 52. ULTIMO VIENE IL CORVO Italo Calvino “… Si tirò su come una scimmia per il muro liscio, sfondò il cartone senza rumore e mise la testa dentro. Fino ad allora non si era accorto dell‟odore. Respirò e gli salì alle narici una nuvola di quel profumo caratteristico dei dolci. Più che un senso di ingordigia provò una trepida commozione, un senso di remota tenerezza … Si calò giù nel buio … allungò una mano cercando di ambientarsi … toccò qualcosa di solido ma soffice, con un velo granuloso in superficie: un crafen! … Andò avanti rimestando nel buio col bastone di luce della lampadina. E a ogni punto che illuminava scopriva file di scaffali e sopra gli scaffali file di vassoi e sopra i vassoi file di paste allungate e di tutti i colori, e torte cariche di creme che stillavano come cere da candele accese … si butto sugli scaffali ingozzandosi di paste, cacciandosele in bocca due ,tre per volta, senza nemmeno sentirne il sapore, sembrava lottasse con i dolci, minacciosi nemici, strani mostri che lo cingevano d‟assedio, un assedio croccante e sciropposo in cui doveva aprirsi il varco a forza con le mandibole … aveva visto certe torte con la scritta “Buon Onomastico“. Ci si aggirò intorno, studiando il piano di attacco: prima le passò in rassegna con il dito e leccò un po‟ di crema di cioccolato, poi ci affondò la faccia dentro cominciando a morderle al centro una per una. Ma gli restava una mania che non sapeva come soddisfare, non riusciva a trovare il modo per goderle del tutto”. Italo calvino nel racconto Furto in una pasticceria, contenuto in Ultimo viene il corvo, racconta ciò che accade a un ladro quando tenta, con la sua banda, di rapinare di notte una pasticceria. quello che viene rubato non è il contenuto della cassa, ma un tesoro ben più allettante! ALTRE LETTURE: i dolci 52
  • 53. LA FAMOSA PIOGGIA DI PIOMBINO Gianni Rodari . Gianni Rodari ha creato un vero e proprio «genere» nella letteratura infantile. Le sue filastrocche sono un gioco di libero e colorato umorismo per i lettori anche più piccoli, ma il gioco non è mai fine a se stesso: esso nasce sempre da una visione del mondo piena di verità e di costruttivo ottimismo. ALTRE LETTURE: i dolci Una volta a Piombino piovvero confetti. Venivano giù grossi come chicchi di grandine, ma erano di tutti i colori; verdi, rosa, viola, blu. Un bambino si mise in bocca un chicco verde, tanto per provare, e trovò che sapeva di menta. Un altro assaggiò un chicco rosa e sapeva di fragola. "Sono confetti! Sono confetti!" E via tutti per le strade a riempirsene le tasche. Ma non facevano in tempo a raccoglierli, perché venivano giù fitti fitti. La pioggia durò poco ma lasciò le strade coperte da un tappeto di confetti profumati che scricchiolavano sotto ai piedi. Gli scolari, tornando da scuola, ne trovarono ancora da riempirsi le cartelle. Le vecchiette ne avevano messi insieme dei bei fagottelli coi loro fazzoletti da testa. Fu una grande giornata. Anche adesso molta gente aspetta che dal cielo piovano confetti, ma quella nuvola non è passata più né da Piombino né da Torino, e forse non passerà mai nemmeno da Cremona. 53
  • 54. IL RIPOSO DELLA POLPETTA Massimo Montanari «Lo storico istituto della merenda, che tradizionalmente scandiva la metà mattina, e la metà pomeriggio, meritato ristoro (merenda è dal latino mereo e significa ciò che si deve meritare) durante il lavoro o lo studio, ha lasciato il posto a una più piccola, insignificante merendina che minimizza la portata dell‟evento, la sua collocazione temporale e spaziale … la merenda - il tempo della merenda - non c‟è più, resta la merendina da consumare … il tempo è scomparso, la merendina si allarga potenzialmente all‟intera giornata … basta un crampo allo stomaco e si allunga la mano, la merendina è pronta, la fame placata. Il cibo oggetto ha preso il posto del cibo evento. Col tempo è scomparso lo spazio. La merenda … aveva luoghi definiti per essere consumata. Durante la mattinata scolastica ... in cortile, in corridoio, in giardino … a casa il luogo poteva essere la cucina, il salotto, il giardino; ma c‟era un luogo. La merendina mordi e fuggi non ha luogo, si può afferrare e consumare ovunque … facendo altro, in luoghi deputati ad altro». La merendina è il paradigma della globalizzazione industriale. Merendina infatti non è solo il diminutivo di merenda ma un salto culturale e antropologico. Dalla tradizione alimentare casalinga porta all'industrializzazione alimentare, dalla natura alla cultura, dalla famiglia alla strada, dalla competenza gustativa all‟ineducazione verso il piacere del cibo. Massimo Montanari in Il riposo della polpetta ci porta a riflettere su questo cambiamento culturale. ALTRE LETTURE: il cibo industriale 54
  • 55. MARCOVALDO Italo Calvino«Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni di consumo. A una cert'ora, come per lo scatto d'un interruttore, smettevano la produzione e, via!, si buttavano tutti a consumare … No, non si tocca, è proibito - diceva Marcovaldo ricordandosi che alla fine di quel giro li attendeva la cassiera per la somma. – E perché quella signora lì li prende? – insistevano, vedendo tutte queste buone donne che, entrate per comprare solo due carote e un sedano, non sapevano resistere di fronte a una piramide di barattoli e tum! tum! tum! con un gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere lattine di pomodori pelati, pesche sciroppate, alici sott'olio a tambureggiare nel carrello … se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può reggere fino a un certo punto: poi ti prende un'invidia, un crepacuore, e non resisti più. Allora Marcovaldo … girò veloce a una traversa trai banchi, si sottrasse alla vista della famiglia e, presa da un ripiano una scatola di datteri, la depose nel carrello. Voleva soltanto provare il piacere di portarla in giro per dieci minuti … Gli altoparlanti diffondevano musichette allegre: i consumatori si muovevano o sostavano seguendone il ritmo, e al momento giusto protendevano il braccio e prendevano un oggetto e lo posavano nel loro cestino, tutto a suon di musica. Il carrello di Marcovaldo adesso era gremito di mercanzia; … i prodotti dai nomi sempre meno decifrabili … comunque Marcovaldo ne prendeva due o tre scatole … – Qui ci chiedono un conto da un milione! … gli altoparlanti già avevano interrotto la loro musichetta, e dicevano: – Attenzione! Tra un quarto d'ora il supermarket chiude! Siete pregati d'affrettarvi alla cassa! Era tempo di disfarsi del carico: ora o mai più. Al richiamo dell'altoparlante la folla dei clienti era presa da una furia frenetica, come se si trattasse degli ultimi minuti dell'ultimo supermarket in tutto il mondo, una furia non si capiva se di prendere tutto quel che c'era o di lasciarlo lì, insomma uno spingi spingi attorno ai banchi … .. E così, nello stesso momento che lasciavano un tubetto di maionese, capitava loro sottomano un grappolo di banane, e lo prendevano; o un pollo arrosto invece d'uno spazzolone di nylon; con questo sistema i loro carrelli più si vuotavano più tornavano a riempirsi…» Calvino è un osservatore attento e sensibile del cambiamento che investe l‟Italia negli anni del miracolo economico, di cui ha saputo cogliere con lucidità, e trasfigurare nelle proprie opere, attraverso Marcovaldo, le contraddizioni profonde ALTRE LETTURE: il consumismo 55
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  • 76. 76 CONCORSO LETTERARIO: premessa Dopo l‟esame dei testi pervenuti, la Commissione ha deciso all‟unanimità di operare la scelta dei vincitori tenendo conto principalmente del messaggio e quindi del valore che deriva dal contenuto. Alcuni dei testi premiati sono stati ritenuti meritevoli in considerazione della sensibilità o della maturità dimostrate dagli autori nella trattazione di temi delicati e impegnativi (quali la fame nel mondo o i disturbi dell‟alimentazione) o del particolare approccio ironico, nonostante siano „prove di scrittura‟ che presentano evidenti debolezze formali ed espressive (soprattutto legate a difficoltà con la sintassi e l‟ortografia) o rappresentino momenti diaristici ben lontani dalle tipologie della composizione letteraria. per La Giuria del Premio Letterario Isabella Colonna Preti (presidente)
  • 77. “I‟ VORREI” DISSI IER A QUEL CAMERIERE – Riccardo Monfrini “I‟ vorrei” dissi ier a quel cameriere “antipasti misti, caro garçon, lardo, coppa, cotechino, jambon. Non acqua, di rosso vino un bicchiere. Se sbaglio tosto dammi il tuo parere… A seguir di gorgonzola un piatton e fumante polenta in gran porzion, di pan giallo ricolmami il paniere. I‟ vorrei, per finire, garzoncello, macedonia con panna e del gelato, un caffè nero e rum di Portorico.” Replicò il camerier: “Or viene il bello: Il vostro conto è pronto e assai salato…” “Tranquillo!” risposi “Dallo al mio amico.” 77 CONCORSO LETTERARIO Sezione POESIA I classificato
  • 78. ChiAmaLe EMOZIONI – Luca Incarbone Cammino tra le bancarelle di un mercato rionale e vengo colto da una vera e propria vertigine dell‟olfatto. Come fossi in un quadro naïf, fluttuo distratto, circondato da un tripudio di colori brillanti e vivaci che sollecitano la mia curiosità. Sfioro cesti traboccanti di frutta e scruto mele fiabesche dalle sfumature sgargianti, lucidate come fossero pezzi di porcellana pregiata; vedo spiccare sfere dalla buccia oleosa che profuma di bergamotto e il giallo intenso di cedri carnosi accostati a grappoli d‟uva carichi di acini gonfi come biglie da spiaggia. Pochi passi e mi cattura un tappeto di fragole diligentemente allineate come fossero fili di rossi e pregiati rubini: la profumazione dolciastra rapisce i miei sensi e mi allontano a malincuore. I miei occhi inciampano in un carretto che espone piccole piramidi di olive: corposi cilindri affusolati dai colori ambrati e verdognoli dalla profumazione intensa, mediterranea. Vittima di un gradevole sacrificio, assaggio i prodotti offerti su un crostino di pane e qui mi soffermo con gli occhi rivolti verso il cielo, immerso in un piacevole frammento di vita. Una voce mi chiama. La raggiungo districandomi tra gli spazi di questo caleidoscopico souk italiano. Presentati dallo chef come fossero un ritratto d‟autore, gusto frutti di mare bagnati da una rugiada di gocce di limone e prezzemolo, carpacci di pesce marinati insaporiti da olio extra vergine d‟oliva che deliziano il palato, ricci di mare e crostacei adagiati su lingue di pane saraceno croccante. All‟ombra di un ulivo secolare l‟isola dei dolci: bontà e fantasia creano una millefoglie con salsa di banane e zenzero, croccanti cialde mandorlate, mentre una calda cascata di cioccolato bianco inonda spiedini di frutta dai colori tropicali. Immerso in questo paradiso del gusto osservo il mare increspato, fiero di essere italiano! 78 CONCORSO LETTERARIO Sezione NARRATIVA I classificato
  • 79. UNA LACRIMA RESPINTA - Elisa Benassai Melly è una bella mela profumata, nella sua polpa è racchiuso tutto il profumo del Trentino. Melly è consapevole e orgogliosa del suo destino: presto finirà in un negozio per essere acquistata e mangiata da qualcuno. Dal Fruttivendolo, Melly non è sola c‟è altra frutta e verdura di svariati colori. In casa Ferrario si sono svegliati tutti: Anna, Luigi, Valentina e Sofia, la più piccola e la più debole perché diventa sempre più magra, preoccupando tutti. Sua mamma, Anna, si reca dal Fruttivendolo. Buongiorno signore!! Vorrei qualcosa per Sofia; pensiamo il peggio, anoressia: praticamente non tocca cibo ed il nostro medico ci ha consigliato degli esami specifici e cibo genuino” “Ecco qui: kiwi, spinaci, fagiolini, banane e questa mela speciale” “Grazie e arrivederci” La signora Anna dispone la frutta nel cesto in cucina e Melly osserva il nuovo ambiente: le tendine di pizzo, il profumo del caffè, del pane tostato, delle arance appena spremute e dei fiori freschi. Ecco Sofia: due grandi occhi, sguardo perso e assente davanti a un piatto ricco di frutta fresca e croccante, che guarda malvolentieri. “Sembra più persa di me”. Pensa Melly. Anna prende Melly e la posa sul piatto. “Dai Cara, sforzati a mangiare” . Pensa Melly. Sofia non mangia la mela e Melly si sente rifiutata. Svariate volte viene offerta la mela a Sofia, la quale rifiuta continuamente il cibo. Sofia viene ricoverata all‟ospedale, a causa dell‟anoressia; Melly nel frattempo si sente dimenticata e appassita. Al ritorno di Sofia dall‟ospedale Melly è sul tavolo in cucina, ormai rinsecchita con una macchia scura simile ad una lacrima. Sofia prende la mela: la osserva per qualche minuto e si sente una stretta al cuore. Ad alta voce dice: ”Mamma voglio andare dal Fruttivendolo mi è venuta una grande fame di frutta !!! 79 CONCORSO LETTERARIO Sezione NARRATIVA II classificato - ex aequo
  • 80. SILENZIO - Alice Barlera e Jacopo Bertone Clara guardava la sorella maggiore, seduta sul divano, con il solito libro tra le mani. Leggeva, le lunghe gambe magre accavallate, le braccia, anch'esse magre, tenevano il libro davanti al viso. I lunghi capelli le coprivano i meravigliosi occhi verdi. Clara amava nascondersi dietro la porta del salotto a guardarla, avrebbe voluto essere come lei, dolce, simpatica e affettuosa. L'unica cosa che non capiva era perché buttasse sempre il cibo che la mamma le preparava. A ogni pasto si alzava e gettava tutto nella pattumiera, ma era un segreto e Clara non doveva rivelarlo a nessuno. Gliel'aveva pure chiesto, la sorella le aveva detto che non aveva fame. Clara non ci credeva, la vedeva sempre più magra e debole, l'unica cosa che faceva senza fatica era leggere. Diceva che era l'unica cosa che la rendeva felice. Era quasi ora di cena, la madre cucinava da qualche minuto. Quella sera avrebbero cenato con alcuni amici. Clara e la sorella erano svogliate e nervose. Odiavano cenare anche solamente in famiglia, soprattutto Gina che non aveva idea di come avrebbe buttato il cibo che le veniva riposto nel piatto. Si stavano preparano, quando i genitori le chiamarono in salotto per salutare gli ospiti. Erano due amici di vecchia data, nessuna delle due sorelle ricordava il loro nome, ma non gli importava. Cominciarono la cena subito dopo. Fu il pasto più lungo della vita di Gina, ingurgitava tutto, con gli occhi chiusi senza assaporare il gusto. La sorellina la fissava, preoccupata, anche lei mangiava forzata dalla mamma. Dopo il dolce, gli ospiti furono intrattenuti dai genitori in salotto, mentre le due figlie salirono in camera. Gina si precipitò in bagno, Clara la sentiva rigettare tutta la cena. Poi la sentì entrare in camera sua e poi silenzio. 80 CONCORSO LETTERARIO Sezione NARRATIVA II classificato - ex aequo
  • 81. IL MIO DECIMO COMPLEANNO – Eleonora Giraldini e Sara Donzelli DANIELE Oggi è il mio decimo compleanno. In cucina mamma e nonna preparano la cena più favolosa di tutte, seconda solo a quella del Natale. Si sente il profumo della pasta al sugo, dell‟arrosto con le patate, ormai ben cotto nel forno. Dopo quella che mi sembra un‟eternità, entriamo nella sontuosa sala da pranzo: il tavolo è sovraccarico di stuzzichini, patatine, salatini e ogni altri squisitezza immaginabile. Quando arriva la mia porzione di secondo, sono già pieno, ma è così buono e si scioglie così facilmente in bocca che è un piacere finirlo. Ed ecco che senza indugio arriva il momento più importate: quello della torta. Non ho mai assaggiato qualcosa di così buono. Il cioccolato ha un sapore così forte e deciso, ma nello stesso tempo dolce che mi sembra di mangiare un cibo proibito. Mentre mi metto a letto mi sento così pieno di felicità per questi meravigliosi regali che piango. BAINGAN Oggi è il mio decimo compleanno. Mamma vuole preparare una grande cena e so che questo ci costerà molto. Appena entro in casa scopro la tavola imbandita con ogni ben di Dio. Nonna ha dato il meglio di sé cucinando il mio piatto preferito: una bella ciotola di riso! Mi accorgo che ha aggiunto il burro e rimango a bocca aperta: è davvero buono. I chicchi che mi porto alla bocca sembrano mischiati al nettare degli antichi dei della mia terra rossa. Sono gocce di gioia che si condensano nel petto. Alla fine della cena mia sorella mi dona un‟arancia. Il primo morso dato con esitazione si trasforma nella convinzione di avere appena addentato il sole. Il sapore è così travolgente che cerco di ingoiare tutta l'arancia in un boccone, ma mi trattengo. Dopo l'ultimo spicchio sento di poter morire in pace. Mi sento così pieno di limpida felicità per questi meravigliosi regali che piango. 81 CONCORSO LETTERARIO Sezione NARRATIVA III classificato - ex aequo
  • 82. BRONTOBURGER E CAVALLETTE FRITTE - Lorenza Borsella, Roberto Meroni e Alice Dina Nasuti Stavo aspettando davanti alla grotta che mia madre finisse di cuocere la mia coscia di Brontosauro con contorno di bacche selvatiche; non ne potevo più di quell'orribile cibo senza sapore, è da quando sono piccolo che ogni singolo giorno mangio quelle orribili "pietanze", tra l'altro mia mamma non sa nemmeno cucinare! Così mi è venuta una bellissima idea. Ho pensato, dopo l'ennesima notte passata con il brontosauro sullo stomaco, di aprire una grotta dove tutti i miei amici sarebbero potuti venire a mangiare un cibo fantastico, il migliore. Dopo il mio ventunesimo dente caduto, ero adulto, perciò comprai con i miei artigli di T-Rex una piccola grotta vicino alla foresta. Il mio menù era fantastico e poco costoso. Subito sono arrivati primitivi incuriositi a cercare cibo. La mia grotta la chiamai McNeandertal, era bellissima ed innovativa, era tutta addobbata con ceppi di legno, ali di pterodattilo e piante rampicanti... Ma la cosa forte del mio locale era il menù, aveva dei prezzi molto bassi, le specialità della "grotta" erano: il BrontoBurger, i VelociNuggets, la MammuCola e per finire le cavallettine fritte. Tutti volevano la carne di dinosauro, però, con il passare del tempo i miei cacciatori dovevano andare sempre più lontano per trovare un solo dinosauro. Speriamo non si siano estinti!!!! 82 CONCORSO LETTERARIO Sezione NARRATIVA III classificato - ex aequo