3. La guerra di Piero
(Fabrizio de Andrè)
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
Lungo le sponde del mïo torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente.
Così dicevï ed erä inverno
e come glï altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati Pïero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una
croce.
Ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagionï a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel gïorno di primavera.
E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.
Sparagli Pïero, sparaglï ora
e dopö un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue.
E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.
E mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbraccia l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia.
Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato.
Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno.
Ninetta mia, crepare di maggio
ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno.
E mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
5. LEZIONE 2
La strofa e le rime: lo schema metrico.
Le figure retoriche sul SUONO (allitterazioni, enjambement, anafore
e onomatopee).
6. La mia sera
(Giovanni Pascoli)
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che
scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
Che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra ...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era ...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.
7. Pianto antico
(Giosuè Carducci)
L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
dà bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l'inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
10. X agosto
(Giovanni Pascoli)
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
Ritornava una rondine al tetto :
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
11. Laboratorio
“Gran pianto” e “atomo opaco” sono delle metafore:
sono, cioè, delle similitudini in cui il paragone non è
esplicito ma va “indovinato”.
Stelle
cadenti
Lacrime
• Sono piccole
• Brillano
• Precipitano
12. E in che cosa consiste la metafora “atomo opaco”? A
che cosa si riferisce? Riesci a indovinarlo?
Atomo opaco Terra, mondo
• È minuscolo
• È insignificante
• È un luogo
triste, privo di
emozioni
13. Ora prova tu
(oppure provate insieme, a coppie, ma sottovoce)!
Inverno
capelli
piedi libro
felicità
città
14. Compito per casa
Scrivi una poesia in versi liberi (senza uno schema metrico
preciso, cioè senza badare a sillabe, né ad accenti, né a
rime…) usando una o più metafore (anche quelle
“disegnate” a scuola, se vuoi).