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BAMBINI, PROCESSI DI PERSUASIONE E
       MODELLI EDUCATIVI




                                                 06 Maggio 2006

                          A cura di Alessandro Amadori

COESIS RESEARCH Srl - Via Milano, 150 - Cologno Monzese - 20093 (MI) - Tel.: 02/25409971 - FAX: 02/25409921 - P.IVA 03906890961
L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  Secondo molti osservatori, la pubblicità televisiva, con i connessi
   processi di persuasione e di induzione al consumo, fa male ai
   bambini: si impossessa dei loro desideri, automatizza le loro
   fantasie, li spinge appunto a comportamenti di consumo eccessivi e
   forzati (causando così la formazione della “shopping generation”).
  Si può essere o meno d’accordo con questa teoria. Un fatto però è
   certo: i bambini sono sovra-esposti a messaggi pubblicitari. Una
   ricerca divulgata nel 2005 dalla Società Italiana di Pediatria lo
   dimostra. Vedere quantificato il tempo di esposizione dei bambini
   alle “radiazioni di mercato” fa una certa impressione. Prendiamo in
   considerazione qualche concreta cifra.
  Se per esempio un bambino guardasse per due ore al giorno Italia 1
   nella fascia oraria compresa fra le 15.00 e le 18.00, durante la quale
   è trasmessa una programmazione specificamente destinata
   all’infanzia, quel bambino rischierebbe di vedere in un anno
   addirittura 31.500 spot pubblicitari.


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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  Il caso di Italia 1 è emblematico, perché questa emittente,
   tra le grandi reti commerciali nazionali, è quella che prevede
   programmi pomeridiani espressamente dedicati ai bambini e
   risulta la più vista da questo target di utenti. Interessante
   può essere anche esaminare comparativamente il caso di
   Rai3, una rete molto attenta ai ragazzi.
  Nella settimana del 12 Luglio 2004, Italia 1 ha trasmesso
   647 tra spot e trailer di altri programmi TV contro i 53 di
   Rai3, e nella settimana del 13 Dicembre 2004 spot e trailer
   di Italia 1 sono stati 672 contro i 44 di Rai3 (cioè dalle 12
   alle 15 volte di più).
  Sebbene lo studio sia stato limitato nel tempo, è verosimile
   ritenere che la pressione pubblicitaria sia costante nell’anno
   e che quindi quella indicata sia la “dose” di pubblicità
   settimanale che un bambino o un adolescente assume se
   passa due ore al giorno davanti a determinati canali televisivi.


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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  La situazione è analoga se si ragiona non per numero di spot
   ma per tempi complessivi: su 15 ore di programmazione di
   Italia 1, quattro sono di pubblicità; la durata media del
   singolo spot è attorno ai 20 secondi e generalmente sono
   trasmessi blocchi pubblicitari da 10 spot ciascuno. Queste
   semplici     misure     danno      contezza     dell’effettivo
   “bombardamento pubblicitario” a cui sono sottoposti i
   bambini. Quali sono le conseguenze?
  Secondo i pediatri italiani, l’affollamento pubblicitario
   genera cattive abitudini alimentari. In un periodo di 4
   settimane, Italia 1 ha trasmesso circa 500 spot di cibo, il che
   significa, facendo la solita simulazione, che considerate due
   ore al giorno di visione TV per un anno si arriva al numero di
   5500 pubblicità di snack dolci e salati, bibite, biscotti e
   gelati.


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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  Il Professor Giuseppe Saggese, presidente della Società
   Italiana di Pediatria, ritiene che oggi vi siano dati certi sul
   rapporto fra consumo televisivo e sovrappeso. Per autorevoli
   studi americani ogni ora giornaliera davanti alla TV fa
   aumentare del 7% circa il rischio di obesità in un bambino,
   così come avere la TV in camera da letto lo fa aumentare
   addirittura del 30%.
  Si sa anche che un’alimentazione eccessiva è la causa
   principale di sovrappeso e obesità infantile: il mangiare
   disordinato e costante nell’arco della giornata avviene spesso
   davanti alla TV. Non è difficile collegare le cose e
   comprendere che vedere centinaia di spot è un forte
   incentivo verso un consumo non necessario di alimenti.
  L’esposizione intensiva ai media e alla pubblicità si riflette
   anche sul condizionamento dei desideri e sulle esigenze di
   omologazione con i coetanei.


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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  Al primo posto nella graduatoria mondiale del consumo televisivo ci sono i
   bambini americani, che dedicano più tempo alla TV che a qualsiasi altra
   occupazione (escludendo, per fortuna, il sonno). Mediamente, negli Stati
   Uniti, i bimbi tra i 2 e i 5 anni passano davanti al televisore 25 ore alla
   settimana, come dire 54 giorni all’anno. E’ stato calcolato che, alla fine delle
   scuole superiori, ogni americano ha frequentato la scuola per 11.000 ore,
   mentre le ore che ha dedicato alla televisione sono almeno 15.000.
  L’eccesso di televisione può dunque certamente favorire l’obesità infantile.
   Spesso la TV ruba tempo all’attività fisica e ciò, unito al fatto che i bimbi,
   seduti davanti allo schermo, amano sgranocchiare patatine, caramelle e
   stuzzichini, può sbilanciare l’equilibrio calorico giornaliero.
  Secondo ricerche americane, per gli adolescenti il rischio di diventare obesi
   aumenta in media del 2% per ogni ora trascorsa giornalmente davanti al
   video.
  In altre parole, un ragazzino che guarda la televisione per 3 ore al giorno, ha
   il 6% di probabilità in più di diventare obeso, rispetto ad un suo coetaneo
   che non guardi la televisione.




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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  Oltre allo specifico problema del sovrappeso e del rischio di
   obesità, bisogna considerare che una quota rilevante dell’influenza
   che la televisione esercita sullo sviluppo psicosociale dei bambini
   dipende proprio dall’esposizione pubblicitaria.
  I giovani e i bambini sono tra i “bersagli” principali di quella
   televisiva. Anzi, fin verso i sette anni gli spot televisivi sono uno
   spettacolo molto gradito dai bambini, perché essi si adattano
   benissimo alla loro mente.
  Uno spot è sempre molto BREVE, presenta una SITUAZIONE
   PIACEVOLE e interessante (a volte una vera e propria mini-
   avventura), la quale spesso coinvolge “BAMBINI ATTORI” (con i
   quali i piccoli spettatori tendono ad identificarsi).
  Educatori e psicologi stanno sempre di più esprimendo le proprie
   perplessità, sostenendo che una continua esposizione alla pubblicità
   crea insoddisfazione nei bambini e li induce a ritenere che la
   felicità stia tutta nel consumare.


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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO

  Uno semplice modello di funzionamento della persuasione
   pubblicitaria è quello, a 4 fasi, denominato AIDA. Esso ci spiega il
   processo generale attraverso cui uno stimolo commerciale diventa
   un effettivo comportamento di acquisto e consumo:



          ATTENZIONE       INTERESSE               DESIDERIO



                                                             Emozioni




                                                    AZIONE




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L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO
  La pubblicità televisiva raggiunge già i bambini di un anno e mezzo o due anni.
   I messaggi pubblicitari vengono inseriti nelle storie destinate ai più piccini e
   sono veicolati dai personaggi stessi.
  Osservando i character tridimensionali (personaggi) televisivi, il piccolo vive
   sensazioni piacevoli e confortanti; così, quando riconosce lo stesso character
   nella forma di un oggetto-pupazzo nella vetrina di un negozio, desidera
   possederlo.
  Molto spesso il pupazzo-giocattolo ha un logo, lo stesso che appare sullo
   schermo, così che il piccolo, inconsapevolmente, associando questo logo al
   giocattolo che lo attrae, inizia un legame di “fedeltà” nei confronti della
   marca.
  I dati riguardanti l’Italia sono allineati a quelli dei maggiori paesi
   “consumisti”. Secondo un’indagine europea condotta da Eurodata TV, gli
   italiani sono i terzi “consumatori” di televisione in Europa, preceduti sono da
   Gran Bretagna e Spagna. I dati Auditel ci dicono che in media, i bambini e
   ragazzini di 4-14 anni passano ogni giorno circa due ore e mezza davanti al
   televisore (ma il 19% dei bambini supera la media nazionale e guarda la TV
   per circa 5-6 ore al giorno, mentre il 4% arriva addirittura a 7 ore).



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IL NAG FACTOR

  Per nag factor si intende il “tormento” (richieste insistenti,
   capricci, paragoni con gli altri bambini, e così via) che un bambino
   ben condizionato dalla pubblicità dà ai suoi genitori e parenti
   affinché acquistino per lui un determinato prodotto, gli consentano
   di vestire e comportarsi in un certo modo, di mangiare determinati
   alimenti, compresi i cosiddetti cibi spazzatura che possono rendere
   obesi e danneggiano l'organismo.
  Una campagna pubblicitaria ben costruita può per certi versi
   mettere in crisi il rapporto genitore-bambino: il piccolo a cui si dice
   che una serie di prodotti sono “per lui”, considera “cattivo” l'adulto
   che non soddisfa le sue “legittime” richieste. Se il messaggio che
   proviene dai media contrasta apertamente con la volontà dei
   genitori, questi dovranno fare un lavoro supplementare per
   convincere i figli a seguire la loro linea educativa; in caso contrario
   ad avere la meglio saranno i messaggi pubblicitari, nuovi educatori di
   molti bambini contemporanei (Oliverio Ferraris).



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IL NAG FACTOR

  Chi ha come target i bambini - dai 2 anni in su e a volte anche di età
   inferiore - si preoccupa di “fidelizzarli” al prodotto, alla marca (brand) il più
   presto possibile e per ottenere questo mette a punto strategie volte a
   incanalare le loro emozioni: per esempio, l'attaccamento che i bambini di età
   prescolare sviluppano nei confronti degli oggetti con cui vengono in contatto,
   le persone e i personaggi (compresi quelli che compaiono sugli schermi) che
   incontrano quotidianamente.
  L'obiettivo è infatti triplice: renderli insistenti nella richiesta di
   determinati prodotti indirizzati a loro (nag factor); ottenere che con le loro
   richieste influenzino gli acquisti degli adulti (non solo cibi e giocattoli ma
   anche prodotti per la casa, auto, telefonini ecc.); fidelizzarli, appunto, ad una
   marca, una confezione, uno slogan che acquisisce, per il piccolo consumatore,
   una risonanza emotiva che, nelle intenzioni dei pubblicitari, dovrebbe
   accompagnarlo anche negli anni successivi, così da renderlo dipendente da
   quel determinato prodotto per molti anni ancora.
  L'immagine del prodotto, di per sé, dovrebbe evocare sensazioni gradevoli,
   protezione, affetto, sicurezza oppure avventura, curiosità, autonomia. A
   volte la frustrazione di non possedere un determinato prodotto può creare
   una vera e propria ferita narcisistica se altri bambini o ragazzi sono invece
   in possesso dello status symbol del momento, (Oliverio Ferraris).



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IL NAG FACTOR

  Se da una parte è indiscutibile l'abilità dei cosiddetti "manipolatori" di
   professione nell'andare incontro a quelle che sono le necessità evolutive del
   piccolo (in termini di età) pubblico, d'altro canto è anche vero che il
   successo delle varie strategie adottate è facilitato dalla crisi che la famiglia
   di oggi attraversa soprattutto a livello di funzioni genitoriali. La fragilità di
   quest'ultime trova espressione nella delega: i genitori demandano all'esterno
   compiti e funzioni.
  Così, nella prima infanzia è dall'esterno, dai media, che vengono forniti i
   cosiddetti "oggetti transizionali", ossia quegli oggetti che facilitano al
   bambino il passaggio dalla relazione esclusiva con la madre alle relazioni con
   gli altri e che per tanto tempo conservano il loro valore affettivo. Sempre
   dai media provengono i modelli di identificazione ed è dura per i genitori
   competere con gli ideali di perfezione che quotidianamente i media
   propongono ed enfatizzano.
  I bambini di oggi sono poco contenuti dai propri genitori e il "bambino
   tiranno" è l'evidente risultato di questo scarso contenimento. La delega
   genitoriale favorisce inoltre il conformismo e l'indifferenziazione, perché
   scarsa attenzione viene prestata alle caratteristiche e alle differenze
   individuali, nel nome di un adeguamento ai dettami di massa.


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IL NAG FACTOR

  C'è anche uno scarso sentire rispetto alla sfera emotiva di
   ogni singolo bambino e forse l'aumento di problematiche
   legate alla sfera dell'oralità, come l'obesità, sta ad indicare
   anche     un'incapacità     di   distinguere    e    rispondere
   adeguatamente alle differenti sensazioni ed emozioni
   provate dai piccoli. L'ingestione dei cibi, soprattutto di quelli
   proposti in maniera accattivante, arriva quindi a costituire un
   sistema di autoregolazione che viene attivato anche laddove
   bisogni di fame o sete non siano realmente presenti.
  In sintesi, mi pare che sarebbe utile aiutare i genitori a
   riappropriarsi delle loro funzioni contenitive, sia in termini
   affettivi che disciplinari. Un interscambio più equilibrato tra
   famiglia e mondo esterno faciliterebbe a mio avviso un
   percorso di crescita maggiormente rispettoso delle
   differenze individuali e aiuterebbe i bambini ad acquisire un
   personale senso critico (Oliverio Ferraris).


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COME DIFENDERSI

  Appurato che il problema esiste (i bambini guardano molta pubblicità TV, la
   pubblicità induce al consumo eccessivo di prodotti alimentari non necessari,
   questo consumo provoca rischi di obesità, parallelamente i desideri e
   comportamenti tendono ad omologarsi), e una volta misurato sia pure
   sommariamente il fenomeno, la domanda diventa: cosa possiamo fare, da
   subito, per difenderci?
  Ecco qualche suggerimento pratico:
         bisogna portare i bambini a passare meno ore al giorno davanti alla
          televisione, incentivando comportamenti alternativi, dallo sport al gioco,
          dalla frequentazione di amici alla lettura;
         occorre assolutamente evitare che il bambino abbia la sua televisione in
          camera da letto: questa condizione infatti si correla fortemente con il
          rischio di obesità;
         reti diverse hanno indici di affollamento pubblicitario differente: è
          opportuno orientarsi verso reti meno affollate (e magari, se proprio è
          inevitabile che i figli guardino la televisione, optare per canali dedicati
          satellitari o digitali terrestri a basso affollamento pubblicitario).



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CONCLUDENDO

  Gli esperti suggeriscono che un bambino dedichi al massimo due ore
   al giorno tra TV, videogiochi e PC (ossia alla fruizione del cosiddetto
   SIC, Sistema Integrato delle Comunicazioni). La soluzione in ogni
   caso non sta nel cronometro, bensì nell’indurre come detto il
   bambino e l’adolescente ad avere abitudini di vita più sane:
   alimentazione corretta, attività fisica, opportunità di svago legate
   all’età.
  Dopo aver all’inizio messo la televisione sul banco degli imputati, è
   anche giusto in conclusione spendere una parola di almeno parziale
   difesa in suo favore. Se i bambini guardano molta, troppa TV, è
   anche perché i genitori dedicano poco tempo ai propri figli. Per
   esempio in media i padri italiani giocano per appena 15 minuti al
   giorno con i figli. La televisione è di fatto una baby sitter
   elettronica, e questo fa anche comodo, solletica la nostra pigrizia.
   In altre parole la televisione rischia di diventare il capro espiatorio
   di un più ridotto e povero rapporto ludico e comunicativo nell’ambito
   familiare tra genitori e figli.


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CONCLUDENDO

  Insomma, se vogliamo difenderci dalla televisione dobbiamo
   recuperare una più intensa relazione comunicativa con i
   nostri figli. Parlando di più con loro, giocando più
   frequentemente, costruendogli un palinsesto fatto più di
   videocassette e DVD scelti assieme che di reti televisive di
   parcheggio, magari regalandogli un animale (un ottimo
   antidoto al tempo dedicato passivamente alla fruizione
   televisiva).
  In un certo senso, la troppa TV guardata dai bambini è lo
   specchio di un problema che sta più nei genitori che nei figli.
   Possiamo perciò così chiudere citando Jung:


         “Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino,
        dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa
                che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.”


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  • 1. BAMBINI, PROCESSI DI PERSUASIONE E MODELLI EDUCATIVI 06 Maggio 2006 A cura di Alessandro Amadori COESIS RESEARCH Srl - Via Milano, 150 - Cologno Monzese - 20093 (MI) - Tel.: 02/25409971 - FAX: 02/25409921 - P.IVA 03906890961
  • 2. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  Secondo molti osservatori, la pubblicità televisiva, con i connessi processi di persuasione e di induzione al consumo, fa male ai bambini: si impossessa dei loro desideri, automatizza le loro fantasie, li spinge appunto a comportamenti di consumo eccessivi e forzati (causando così la formazione della “shopping generation”).  Si può essere o meno d’accordo con questa teoria. Un fatto però è certo: i bambini sono sovra-esposti a messaggi pubblicitari. Una ricerca divulgata nel 2005 dalla Società Italiana di Pediatria lo dimostra. Vedere quantificato il tempo di esposizione dei bambini alle “radiazioni di mercato” fa una certa impressione. Prendiamo in considerazione qualche concreta cifra.  Se per esempio un bambino guardasse per due ore al giorno Italia 1 nella fascia oraria compresa fra le 15.00 e le 18.00, durante la quale è trasmessa una programmazione specificamente destinata all’infanzia, quel bambino rischierebbe di vedere in un anno addirittura 31.500 spot pubblicitari. COESIS Research Srl 2
  • 3. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  Il caso di Italia 1 è emblematico, perché questa emittente, tra le grandi reti commerciali nazionali, è quella che prevede programmi pomeridiani espressamente dedicati ai bambini e risulta la più vista da questo target di utenti. Interessante può essere anche esaminare comparativamente il caso di Rai3, una rete molto attenta ai ragazzi.  Nella settimana del 12 Luglio 2004, Italia 1 ha trasmesso 647 tra spot e trailer di altri programmi TV contro i 53 di Rai3, e nella settimana del 13 Dicembre 2004 spot e trailer di Italia 1 sono stati 672 contro i 44 di Rai3 (cioè dalle 12 alle 15 volte di più).  Sebbene lo studio sia stato limitato nel tempo, è verosimile ritenere che la pressione pubblicitaria sia costante nell’anno e che quindi quella indicata sia la “dose” di pubblicità settimanale che un bambino o un adolescente assume se passa due ore al giorno davanti a determinati canali televisivi. COESIS Research Srl 3
  • 4. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  La situazione è analoga se si ragiona non per numero di spot ma per tempi complessivi: su 15 ore di programmazione di Italia 1, quattro sono di pubblicità; la durata media del singolo spot è attorno ai 20 secondi e generalmente sono trasmessi blocchi pubblicitari da 10 spot ciascuno. Queste semplici misure danno contezza dell’effettivo “bombardamento pubblicitario” a cui sono sottoposti i bambini. Quali sono le conseguenze?  Secondo i pediatri italiani, l’affollamento pubblicitario genera cattive abitudini alimentari. In un periodo di 4 settimane, Italia 1 ha trasmesso circa 500 spot di cibo, il che significa, facendo la solita simulazione, che considerate due ore al giorno di visione TV per un anno si arriva al numero di 5500 pubblicità di snack dolci e salati, bibite, biscotti e gelati. COESIS Research Srl 4
  • 5. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  Il Professor Giuseppe Saggese, presidente della Società Italiana di Pediatria, ritiene che oggi vi siano dati certi sul rapporto fra consumo televisivo e sovrappeso. Per autorevoli studi americani ogni ora giornaliera davanti alla TV fa aumentare del 7% circa il rischio di obesità in un bambino, così come avere la TV in camera da letto lo fa aumentare addirittura del 30%.  Si sa anche che un’alimentazione eccessiva è la causa principale di sovrappeso e obesità infantile: il mangiare disordinato e costante nell’arco della giornata avviene spesso davanti alla TV. Non è difficile collegare le cose e comprendere che vedere centinaia di spot è un forte incentivo verso un consumo non necessario di alimenti.  L’esposizione intensiva ai media e alla pubblicità si riflette anche sul condizionamento dei desideri e sulle esigenze di omologazione con i coetanei. COESIS Research Srl 5
  • 6. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  Al primo posto nella graduatoria mondiale del consumo televisivo ci sono i bambini americani, che dedicano più tempo alla TV che a qualsiasi altra occupazione (escludendo, per fortuna, il sonno). Mediamente, negli Stati Uniti, i bimbi tra i 2 e i 5 anni passano davanti al televisore 25 ore alla settimana, come dire 54 giorni all’anno. E’ stato calcolato che, alla fine delle scuole superiori, ogni americano ha frequentato la scuola per 11.000 ore, mentre le ore che ha dedicato alla televisione sono almeno 15.000.  L’eccesso di televisione può dunque certamente favorire l’obesità infantile. Spesso la TV ruba tempo all’attività fisica e ciò, unito al fatto che i bimbi, seduti davanti allo schermo, amano sgranocchiare patatine, caramelle e stuzzichini, può sbilanciare l’equilibrio calorico giornaliero.  Secondo ricerche americane, per gli adolescenti il rischio di diventare obesi aumenta in media del 2% per ogni ora trascorsa giornalmente davanti al video.  In altre parole, un ragazzino che guarda la televisione per 3 ore al giorno, ha il 6% di probabilità in più di diventare obeso, rispetto ad un suo coetaneo che non guardi la televisione. COESIS Research Srl 6
  • 7. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  Oltre allo specifico problema del sovrappeso e del rischio di obesità, bisogna considerare che una quota rilevante dell’influenza che la televisione esercita sullo sviluppo psicosociale dei bambini dipende proprio dall’esposizione pubblicitaria.  I giovani e i bambini sono tra i “bersagli” principali di quella televisiva. Anzi, fin verso i sette anni gli spot televisivi sono uno spettacolo molto gradito dai bambini, perché essi si adattano benissimo alla loro mente.  Uno spot è sempre molto BREVE, presenta una SITUAZIONE PIACEVOLE e interessante (a volte una vera e propria mini- avventura), la quale spesso coinvolge “BAMBINI ATTORI” (con i quali i piccoli spettatori tendono ad identificarsi).  Educatori e psicologi stanno sempre di più esprimendo le proprie perplessità, sostenendo che una continua esposizione alla pubblicità crea insoddisfazione nei bambini e li induce a ritenere che la felicità stia tutta nel consumare. COESIS Research Srl 7
  • 8. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  Uno semplice modello di funzionamento della persuasione pubblicitaria è quello, a 4 fasi, denominato AIDA. Esso ci spiega il processo generale attraverso cui uno stimolo commerciale diventa un effettivo comportamento di acquisto e consumo: ATTENZIONE INTERESSE DESIDERIO Emozioni AZIONE COESIS Research Srl 8
  • 9. L’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO  La pubblicità televisiva raggiunge già i bambini di un anno e mezzo o due anni. I messaggi pubblicitari vengono inseriti nelle storie destinate ai più piccini e sono veicolati dai personaggi stessi.  Osservando i character tridimensionali (personaggi) televisivi, il piccolo vive sensazioni piacevoli e confortanti; così, quando riconosce lo stesso character nella forma di un oggetto-pupazzo nella vetrina di un negozio, desidera possederlo.  Molto spesso il pupazzo-giocattolo ha un logo, lo stesso che appare sullo schermo, così che il piccolo, inconsapevolmente, associando questo logo al giocattolo che lo attrae, inizia un legame di “fedeltà” nei confronti della marca.  I dati riguardanti l’Italia sono allineati a quelli dei maggiori paesi “consumisti”. Secondo un’indagine europea condotta da Eurodata TV, gli italiani sono i terzi “consumatori” di televisione in Europa, preceduti sono da Gran Bretagna e Spagna. I dati Auditel ci dicono che in media, i bambini e ragazzini di 4-14 anni passano ogni giorno circa due ore e mezza davanti al televisore (ma il 19% dei bambini supera la media nazionale e guarda la TV per circa 5-6 ore al giorno, mentre il 4% arriva addirittura a 7 ore). COESIS Research Srl 9
  • 10. IL NAG FACTOR  Per nag factor si intende il “tormento” (richieste insistenti, capricci, paragoni con gli altri bambini, e così via) che un bambino ben condizionato dalla pubblicità dà ai suoi genitori e parenti affinché acquistino per lui un determinato prodotto, gli consentano di vestire e comportarsi in un certo modo, di mangiare determinati alimenti, compresi i cosiddetti cibi spazzatura che possono rendere obesi e danneggiano l'organismo.  Una campagna pubblicitaria ben costruita può per certi versi mettere in crisi il rapporto genitore-bambino: il piccolo a cui si dice che una serie di prodotti sono “per lui”, considera “cattivo” l'adulto che non soddisfa le sue “legittime” richieste. Se il messaggio che proviene dai media contrasta apertamente con la volontà dei genitori, questi dovranno fare un lavoro supplementare per convincere i figli a seguire la loro linea educativa; in caso contrario ad avere la meglio saranno i messaggi pubblicitari, nuovi educatori di molti bambini contemporanei (Oliverio Ferraris). COESIS Research Srl 10
  • 11. IL NAG FACTOR  Chi ha come target i bambini - dai 2 anni in su e a volte anche di età inferiore - si preoccupa di “fidelizzarli” al prodotto, alla marca (brand) il più presto possibile e per ottenere questo mette a punto strategie volte a incanalare le loro emozioni: per esempio, l'attaccamento che i bambini di età prescolare sviluppano nei confronti degli oggetti con cui vengono in contatto, le persone e i personaggi (compresi quelli che compaiono sugli schermi) che incontrano quotidianamente.  L'obiettivo è infatti triplice: renderli insistenti nella richiesta di determinati prodotti indirizzati a loro (nag factor); ottenere che con le loro richieste influenzino gli acquisti degli adulti (non solo cibi e giocattoli ma anche prodotti per la casa, auto, telefonini ecc.); fidelizzarli, appunto, ad una marca, una confezione, uno slogan che acquisisce, per il piccolo consumatore, una risonanza emotiva che, nelle intenzioni dei pubblicitari, dovrebbe accompagnarlo anche negli anni successivi, così da renderlo dipendente da quel determinato prodotto per molti anni ancora.  L'immagine del prodotto, di per sé, dovrebbe evocare sensazioni gradevoli, protezione, affetto, sicurezza oppure avventura, curiosità, autonomia. A volte la frustrazione di non possedere un determinato prodotto può creare una vera e propria ferita narcisistica se altri bambini o ragazzi sono invece in possesso dello status symbol del momento, (Oliverio Ferraris). COESIS Research Srl 11
  • 12. IL NAG FACTOR  Se da una parte è indiscutibile l'abilità dei cosiddetti "manipolatori" di professione nell'andare incontro a quelle che sono le necessità evolutive del piccolo (in termini di età) pubblico, d'altro canto è anche vero che il successo delle varie strategie adottate è facilitato dalla crisi che la famiglia di oggi attraversa soprattutto a livello di funzioni genitoriali. La fragilità di quest'ultime trova espressione nella delega: i genitori demandano all'esterno compiti e funzioni.  Così, nella prima infanzia è dall'esterno, dai media, che vengono forniti i cosiddetti "oggetti transizionali", ossia quegli oggetti che facilitano al bambino il passaggio dalla relazione esclusiva con la madre alle relazioni con gli altri e che per tanto tempo conservano il loro valore affettivo. Sempre dai media provengono i modelli di identificazione ed è dura per i genitori competere con gli ideali di perfezione che quotidianamente i media propongono ed enfatizzano.  I bambini di oggi sono poco contenuti dai propri genitori e il "bambino tiranno" è l'evidente risultato di questo scarso contenimento. La delega genitoriale favorisce inoltre il conformismo e l'indifferenziazione, perché scarsa attenzione viene prestata alle caratteristiche e alle differenze individuali, nel nome di un adeguamento ai dettami di massa. COESIS Research Srl 12
  • 13. IL NAG FACTOR  C'è anche uno scarso sentire rispetto alla sfera emotiva di ogni singolo bambino e forse l'aumento di problematiche legate alla sfera dell'oralità, come l'obesità, sta ad indicare anche un'incapacità di distinguere e rispondere adeguatamente alle differenti sensazioni ed emozioni provate dai piccoli. L'ingestione dei cibi, soprattutto di quelli proposti in maniera accattivante, arriva quindi a costituire un sistema di autoregolazione che viene attivato anche laddove bisogni di fame o sete non siano realmente presenti.  In sintesi, mi pare che sarebbe utile aiutare i genitori a riappropriarsi delle loro funzioni contenitive, sia in termini affettivi che disciplinari. Un interscambio più equilibrato tra famiglia e mondo esterno faciliterebbe a mio avviso un percorso di crescita maggiormente rispettoso delle differenze individuali e aiuterebbe i bambini ad acquisire un personale senso critico (Oliverio Ferraris). COESIS Research Srl 13
  • 14. COME DIFENDERSI  Appurato che il problema esiste (i bambini guardano molta pubblicità TV, la pubblicità induce al consumo eccessivo di prodotti alimentari non necessari, questo consumo provoca rischi di obesità, parallelamente i desideri e comportamenti tendono ad omologarsi), e una volta misurato sia pure sommariamente il fenomeno, la domanda diventa: cosa possiamo fare, da subito, per difenderci?  Ecco qualche suggerimento pratico:  bisogna portare i bambini a passare meno ore al giorno davanti alla televisione, incentivando comportamenti alternativi, dallo sport al gioco, dalla frequentazione di amici alla lettura;  occorre assolutamente evitare che il bambino abbia la sua televisione in camera da letto: questa condizione infatti si correla fortemente con il rischio di obesità;  reti diverse hanno indici di affollamento pubblicitario differente: è opportuno orientarsi verso reti meno affollate (e magari, se proprio è inevitabile che i figli guardino la televisione, optare per canali dedicati satellitari o digitali terrestri a basso affollamento pubblicitario). COESIS Research Srl 14
  • 15. CONCLUDENDO  Gli esperti suggeriscono che un bambino dedichi al massimo due ore al giorno tra TV, videogiochi e PC (ossia alla fruizione del cosiddetto SIC, Sistema Integrato delle Comunicazioni). La soluzione in ogni caso non sta nel cronometro, bensì nell’indurre come detto il bambino e l’adolescente ad avere abitudini di vita più sane: alimentazione corretta, attività fisica, opportunità di svago legate all’età.  Dopo aver all’inizio messo la televisione sul banco degli imputati, è anche giusto in conclusione spendere una parola di almeno parziale difesa in suo favore. Se i bambini guardano molta, troppa TV, è anche perché i genitori dedicano poco tempo ai propri figli. Per esempio in media i padri italiani giocano per appena 15 minuti al giorno con i figli. La televisione è di fatto una baby sitter elettronica, e questo fa anche comodo, solletica la nostra pigrizia. In altre parole la televisione rischia di diventare il capro espiatorio di un più ridotto e povero rapporto ludico e comunicativo nell’ambito familiare tra genitori e figli. COESIS Research Srl 15
  • 16. CONCLUDENDO  Insomma, se vogliamo difenderci dalla televisione dobbiamo recuperare una più intensa relazione comunicativa con i nostri figli. Parlando di più con loro, giocando più frequentemente, costruendogli un palinsesto fatto più di videocassette e DVD scelti assieme che di reti televisive di parcheggio, magari regalandogli un animale (un ottimo antidoto al tempo dedicato passivamente alla fruizione televisiva).  In un certo senso, la troppa TV guardata dai bambini è lo specchio di un problema che sta più nei genitori che nei figli. Possiamo perciò così chiudere citando Jung: “Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.” COESIS Research Srl 16