Presentazione - contratti nazionali-09 e 10-03-2017.pdf
Giurisprudenza permuta
1. PERMUTA
PERMUTA DI AREA FABBRICABILE CON APPARTAMENTO/I
DELL’EDIFICIO DA COSTRUIRVI (PERMUTA)
Premessa (Interpretazione del contratto)
Stabilire se un contratto è di permuta o di appalto o vendita (o compravendita)
o misto, è di competenza del giudice di merito, le cui valutazioni in tema
appunto di interpretazione del contratto sono censurabili in sede di legittimità
solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di
motivazione (1).
Il primo e principale criterio da seguire, ex art. 1362 Cod. civ., ai fini della
ricerca della comune intenzione che avevano le parti quando hanno stipulato un
contratto, consiste nell’esame del senso letterale delle parole e delle espressioni
utilizzate nel contratto (2) [e così operando, la volontà delle parti può risultare
talmente chiara e certa da rendere superfluo il ricorso ad altre ricerche (3)]; con
l’avvertenza che per «senso letterale delle parole» si deve intendere tutta la
formulazione letterale del contratto, in ogni sua parte e in ogni parola che lo
compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un
contratto composto di più clausole, poichè si devono collegare e raffrontare tra
loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (4).
Contratto di permuta
Il contratto con cui A cede a B la proprietà di un’area edificabile in cambio di
uno o più appartamenti del fabbricato che B si obbliga, in cambio, a costruire sulla
stessa area a propria cura e con propri mezzi - realizzandosi l’effetto del
trasferimento immediato della proprietà attuale (dell’area) in cambio della cosa
futura [ipotesi che si verifica egualmente anche se sia previsto un conguaglio in
denaro, non incidendo tale clausola sulla natura del contratto di permuta (5)]
restando differito l’acquisto della proprietà dell’(o degli) appartamento/i al momento
della realizzazione dell’edificio, senza bisogno di alcuna altra manifestazione di
volontà -, integra un contratto di permuta fra un bene esistente (l’area edificabile)
con un bene futuro (uno o più appartamenti nel fabbricato da costruire) (6).
(1) Cass. 22 dicembre 2005 n. 28479, 21 aprile 2005 n. 8296.
(2) Cass. 05/28479, 23 luglio 2004 n. 13839.
(3) Cass. 05/28479, 29 luglio 2994 n. 14495, 13 luglio 2004 n. 12957.
(4) Cass. 05/28479 [Il criterio letterale deve peraltro essere verificato alla luce dell’intero contesto
contrattuale, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre attribuendo loro il senso che risulta
dall’atto, ex art. 1363 Cod. civ. (ved. anche Cass. 4 luglio 2002 n. 9712). Ma anche quando - essendo
insufficienti i risultati ottenuti col primo criterio di ricerca della comune intenzione delle parti (ved. anche
Cass. 15 maggio 2003 n. 7548) - si ricorra alla valutazione del comportamento delle parti ex art. 1362 Cod.
civ., questo va considerato solo come comportamento complessivo delle parti medesime, essendo inidoneo il
contegno isolato di una sola di loro a evidenziare il contenuto di un proposito comune (ved. anche Cass.
04/13839)], 5 aprile 2004 n. 6641.
(5) Cass. 12 aprile 2001 n. 5494. Ved. Cass. 20 luglio 1991 n. 8118.
(6) Cass. 05/28479, 29 maggio 1998 n. 5322, 21 novembre 1997 n. 11643, 5 agosto 1995 n. 8630, 11
marzo 1993 n. 2952 (Nella specie, la Corte d’appello ha rilevato fra l’altro che i contraenti A e B avevano
«conferito forma e sostanza di permuta» al contratto, più volte esplicitamente adoperando la parola
«permuta» proprio per sottolineare con tale appropriato termine, avente una sua propria e tipica valenza,
l’intenzione di scambiare una cosa già esistente (l’area edificatoria) con una futura (la realizzanda costruzione
sull’area stessa), costituendo lo scambio l’oggetto primario ed essenziale del contratto; e che, peraltro, i
contraenti avevano fatto ricorso alla redazione del capitolato unito al contratto solo per concordare le
caratteristiche tecniche della futura costruzione), 24 gennaio 1992 n. 811, 91/8118, 12 giugno 1987 n. 5147.
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 287
2. PERMUTA
Il contratto di permuta produce l’effetto del trasferimento immediato della
proprietà dell’area e della costituzione dell’obbligazione dell’acquirente di tenere
il comportamento necessario affinché la cosa da consegnare venga ad esistenza,
evento che va individuato nel momento in cui si perfeziona il processo produttivo
della cosa nelle sue componenti essenziali, essendo irrilevante che manchi di
alcune rifiniture o di qualche accessorio non indispensabile per la sua
realizzazione, e che è sufficiente da solo a determinare l’acquisto della proprietà
al permutante dell’area, senza necessità di altre dichiarazioni di volontà (7).
Decadenza e prescrizione
Si applicano alla permuta, in quanto siano con questa compatibili, le norme
stabilite per la vendita (e la compravendita), come dispone l’art. 1555 Cod. civ.
Pertanto qualora A riscontri difetti nell’appartamento costruito da B in
permuta, il termine di decadenza per la loro denunzia a B è quello di 8 giorni
dalla scoperta, prescritto dall’art. 1495, 1°c., Cod. civ. (e non quello di 60 giorni
stabilito per il contratto d’appalto dall’art. 1667, 2°c., Cod. civ. (8).
E l’azione di A contro B si prescrive, in ogni caso, in 1 anno dal giorno della
consegna, ex art. 1495, 3°c. (e non in 2 anni, come stabilito per l’appalto dall’art.
1667, 3°c.).
Contratto non di permuta (vendita, do ut facias, appalto)
Ma se le parti abbiano convenuto l’immediato trasferimento da parte di A
della proprietà dell’area contro la mera promessa da parte di B della vendita di
uno o più appartamenti nel fabbricato da costruire, non si ha una permuta ma
due distinti contratti: una compravendita ed una promessa di vendita (9).
Egualmente non si ha un contratto di permuta quando l’obbligo della
costruzione dell’edificio non sia rimasto su un piano accessorio e strumentale ma
abbia assunto rilievo essenziale nella volontà delle parti e l’alienazione dell’area
abbia costituito solo il mezzo per conseguire l’obiettivo primario (della costruzione
dell’edificio), obbligandosi B a costruire un edificio e il proprietario del suolo A
a cedere, quale compenso per B, parte dell’immobile che da quest’ultimo sarà
realizzato.
In questo caso il contratto fra le due parti si qualifica come contratto
innominato del genere do ut facias, analogo al contratto di appalto, dal quale
differisce per la mancanza di un corrispettivo in denaro (10).
(7) Cass. 91/8118.
(8) Cass. 11 marzo 1993 n. 2952.
(9) Cass. 05/28479 [Nella specie la Corte d’appello aveva correttamente applicato l’art. 1362 Cod. civ. ed
i principi sulla interpretazione di un atto pubblico, valorizzando, da un lato, le espressioni letterali «indicanti
inequivocabilmente la stipulazione, con riferimento all’erigendo immobile, non già di una vendita o permuta
di cosa futura, ma di una promessa di vendita» («promittente venditore», «promittente acquirente», immobile
«promesso in vendita»), dall’altro il contenuto di una specifica clausola, che faceva espresso riferimento ad
un futuro contratto di vendita dell’immobile da costruire distinto dalla»presente promessa»].
(10) Cass. 01/5494 [Nella specie la Corte suprema ha ritenuto che il contratto avente ad oggetto la
promessa di vendita (da A a B) di un appezzamento di terreno ai fini della costruzione di un edificio, con
coevo affidamento in appalto (a B) della costruzione dell’immobile, non possa qualificarsi permuta], 18
novembre 1987 n. 8487.
288 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX
3. PERMUTA
Il contratto con cui A cede a B la proprietà di un’area in cambio di un edificio
(o di parte di esso) che B si obbliga a costruire sull’area medesima a sua cura
e spese, qualora la costruzione dell’edificio costituisca l’oggetto principale della
comune volontà delle parti (risultando, la precedente cessione dell’area, strettamente
funzionale alla costruzione dell’edificio), si configura non come permuta ma come
contratto misto di vendita-appalto. (11)
(11) Cass. 98/5322 (La Corte d’appello ha accertato che i contraenti A e B, persone molto esperte nei
rispettivi campi professionali, avevano intitolato l’atto pubblico fra loro intercorso come «appalto-vendita» e
notato che tale qualificazione giuridica del contratto non era stata minimamente contestata da B e che ad
essa si era adeguata l’amministrazione finanziaria nell’applicare i relativi tributi), 97/11643 (La Corte
d’appello ha compiuto l’esame delle clausole contrattuali ed ha rilevato la inequivoca, essenziale presenza
degli elementi del contratto di appalto, stipulato in conformità di un apposito capitolato, nel quale i poteri
di controllo del cedente l’area, in particolare quello di chiedere variazioni in corso d’opera, i termini nei
quali doveva avvenire la consegna del realizzato e tutte le garanzie a favore del predetto, lo fanno individuare
quale vero e proprio committente e non quale acquirente di cosa futura. La Corte di merito in sostanza ha
accertato che oggetto della pattuizione era l’obbligo di prestare il risultato di un’opera da parte dell’acquirente
l’area), 93/2952, 92/811, 87/5147.
Sul contratto misto di vendita (di cosa presente) - appalto - che si distingue dal contratto di vendita
di cosa futura a seconda che l’obbligo di completamento dei lavori assuma, nel contratto, un rilievo centrale
ovvero soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà attuale - ved. anche Cass.
9 novembre 2005 n. 21773 in GIU 1/05, 206.
Per la distinzione fra appalto o vendita ved. Cass. 21 maggio 2001 n. 6925. Ved. anche «Appalto o
vendita» in GIU 1/96, 3458 e «Trasferimento della proprietà di un immobile da costruire: appalto o vendita?»
in GIU 1/87, 79.
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 289
4. PERMUTA
APPENDICE
CODICE CIVILE
INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Art. 1362 (Intenzione dei contraenti) — Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale
sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento
complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.
Art. 1363 (Interpretazione complessiva delle clausole) — Le clausole del contratto si
interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal
complesso dell’atto.
Art. 1364 (Espressioni generali) — Per quanto generali siano le espressioni usate nel
contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di
contrattare.
Art. 1365 (Indicazioni esemplificative) — Quando in un contratto si è espresso un caso al
fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo
ragione, può estendersi lo stesso patto.
Art. 1366 (Interpretazione di buona fede) — Il contratto deve essere interpretato secondo
buona fede.
Art. 1367 (Conservazione del contratto) — Nel dubbio, il contratto o le singole clausole
devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo
cui non ne avrebbero alcuno.
Art. 1368 (Pratiche generali interpretative) — Le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò
che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore, le clausole ambigue s’interpretano
secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell’impresa.
Art. 1369 (Espressioni con più sensi) — Le espressioni che possono avere più sensi devono,
nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
Art. 1370 (Interpretazione contro l’autore della clausola) — Le clausole inserite nelle
condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti
s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro.
Art. 1371 (Regole finali) — Qualora, nonostante l’applicazione delle norme contenute in
questo capo, il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per
l’obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contemperamento degli interessi
delle parti, se è a titolo oneroso.
VENDITA
Art. 1472 (Vendita di cose future) — Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura,
l’acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto della
vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando gli alberi sono
tagliati o i frutti sono separati.
Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio, la vendita è nulla,
se la cosa non viene ad esistenza.
Art. 1495 (Termini e condizioni per l’azione) — Il compratore decade dal diritto alla
garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso
termine stabilito dalle parti o dalla legge.
La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha
occultato.
L’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia
convenuto per l’esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della
cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla
consegna.
290 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX
5. PERMUTA
PERMUTA
Art. 1552 (Nozione) — La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco
trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro.
Art. 1555 (Applicabilità delle norme sulla vendita) — Le norme stabilite per la vendita si
applicano alla permuta, in quanto siano con questa compatibili.
APPALTO
Art. 1667 (Difformità e vizi dell’opera) — L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le
difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera
e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso, non
siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi
entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha
riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera.
Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le
difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano
decorsi i due anni dalla consegna.
GIURISPRUDENZA
A
SULLA INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Cass. 21 aprile 2005 n. 8296
In tema di interpretazione del contratto - riservata al giudice del merito, le cui valutazioni
sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica
contrattuale o per vizi di motivazione - al fine di far valere i suddetti vizi, il ricorrente per
cassazione, per il principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, deve riportare il testo
integrale della regolamentazione pattizia del rapporto nella sua originaria formulazione, o della parte
in contestazione, precisare quali norme ermeneutiche siano state in concreto violate e specificare
in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato.
Cass. 29 luglio 2004 n. 14495
In tema di interpretazione dei contratti in genere, l’elemento letterale rappresenta, ai sensi
dell’art. 1362 Cod. civ., l’elemento letterale rappresenta, ai sensi dell’art. 1362 Cod. civ.,
l’imprescindibile dato di partenza dell’indagine ermeneutica, con la conseguente preclusione del
ricorso ad altri criteri di interpretazione quando la comune volontà delle parti emerga in modo
certo ed immediato dalle espressioni adoperate nel contratto.
Cass. 23 luglio 2004 n. 13839
In tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione delle parti
contraenti, ex art. 1362 Cod. civ., il primo e principale strumento dell’operazione interpretativa è
costituito dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, e, quando si
faccia riferimento al comportamento delle parti, esso può essere preso in considerazione solo come
comportamento complessivo di esse, essendo inidoneo il contegno isolato di una sola delle parti
ad evidenziare il contenuto di un proposito comune.
Cass. 13 luglio 2004 n. 12957
In tema di interpretazione del contratto l’art. 1362 Cod. civ. pone il principio non
dell’interpretazione letterale bensì della ricostruzione della volontà delle parti, in ordine alla quale
il tradizionale e non codificato principio in claris non fit interpretatio postula che la formulazione
testuale sia talmente chiara da precludere la ricerca di una volontà diversa, quest’ultima ciò che
costituisce peraltro propriamente il thema demonstrandum, e non già premessa argomentativa di
fatto.
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 291
6. PERMUTA
Cass. 5 aprile 2004 n. 6641
Nell’interpretazione del contratto, è necessario procedere al coordinamento delle varie clausole
contrattuali, prescritto dall’art. 1363 Cod. civ., anche quando l’interpretazione possa essere
compiuta sulla base del senso letterale delle parole senza residui di incertezza, perchè, quando si
parla si senso letterale, si intende tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in
ogni sua parte e in ogni parola che la compone, e non già una parte soltanto, quale una singola
clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra
loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato.
Cass. 15 maggio 2003 n. 7548
In tema di interpretazione dei contratti, qualora le espressioni letterali utilizzate non siano
sufficienti per ricostruire la comune volontà delle parti, occorre aver riguardo all’intento comune
che esse hanno perseguito (omissis).
Cass. 4 luglio 2002 n. 9712
Nell’interpretazione del contratto il criterio letterale assume funzione fondamentale, ma il rilievo
da assegnare alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto
contrattuale e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al
loro coordinamento a norma dell’art. 1363 Cod. civ.
B
SU APPALTO, VENDITA, PERMUTA
Cass. 22 dicembre 2005 n. 28479
Il contratto con cui una parte cede all’altra la proprietà di un’area edificabile, in cambio di
un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del
cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro,
qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della
cosa futura. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice
di merito, che aveva ravvisato nelle pattuizioni intercorse tra le parti due distinti contratti, una
compravendita ed una promessa di vendita, escludendo la possibilità di qualificare la fattispecie
come permuta, avendo le parti convenuto l’immediato trasferimento della proprietà dell’area contro
la mera promessa di vendita di un appartamento nel fabbricato da costruire).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 13 luglio 1983 la signora AA - premesso che atto pubblico del
19 marzo 1980 aveva venduto al signor BB al prezzo di lire 50 milioni, un terreno con
sovrastante piccolo edificio da demolire; che il BB si era impegnato a venderle, allo stesso
prezzo, una porzione del fabbricato erigendo sul terreno trasferitogli; (omissis).
MOTIVI DELLA DECISIONE
A) Con il primo motivo la signora AA ... censura la sentenza impugnata per avere i giudici
di appello ritenuto infondata la domanda principale (che, muovendo dalla qualificazione del
contratto inter partes come permuta di cosa presente con cosa futura, mirava all’accertamento
dell’intervenuto acquisto della proprietà dell’immobile per cui è causa), dopo aver qualificato
come preliminare il contratto di cui all’atto pubblico 19 marzo 1980, relativo al trasferimento
della proprietà di una porzione immobiliare dell’erigendo fabbricato, sulla base di
un’interpretazione sommaria e apodittica di detto contratto, ancorata esclusivamente al nomen
iuris e alla espressioni letterali utilizzate dalle parti, senza tener conto dell’interesse sostanziale
perseguito dalle stesse.
B) La ricorrente afferma in particolare che:
— il contratto in questione non contiene alcun riferimento all’obbligo delle parti di
prestare il proprio consenso per la stipula dell’atto definitivo di compravendita, mentre l’unico
termine previsto è quello per la consegna dell’immobile all’acquirente;
— la reale natura di detto contratto, anche alla luce dell’orientamento giurisprudenziale
292 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX
7. PERMUTA
della Suprema Corte, è invece quella di permuta di cosa presente (il terreno edificabile) con
cosa futura (la porzione immobiliare all’interno del fabbricato da realizzare sullo stesso terreno);
— indipendentemente dal nomen iuris e dalle espressioni letterali usate dalle parti nel
contratto del 19 marzo 1980, l’intento sostanziale dei contraenti era pertanto quello di trasferire
la proprietà del suolo dietro il trasferimento della proprietà del futuro appartamento, restando
anche irrilevante il meccanismo di compensazione dei corrispettivi in denaro, previsto dalle
parti, in quanto detti corrispettivi non costituivano l’immediato controvalore dei beni oggetto
del contratto stesso;
— i giudici di appello hanno errato sia nell’attività di interpretazione del contratto - con
violazione in particolare dell’art. 1362 C.c., rimanendo strettamente ancorati al dato letterale
dell’atto pubblico 19 marzo 1980 e omettendo di accertare se le parti avessero voluto stipulare
un contratto di permuta oppure un contratto di compravendita con contestuale promessa di
vendita, e senza tener conto che, nell’interpretazione del contratto, se l’elemento letterale assume
funzione fondamentale, la valutazione del complessivo comportamento delle parti non costituisce
un canone sussidiario, bensì un parametro necessario e indefettibile - che nella qualificazione
dello stesso contratto, restando irrilevante l’astratta riconducibilità del contratto nello schema
della compravendita e della promessa di vendita, poiché dal complesso delle pattuizioni appariva
evidente che il sinallagma contrattuale consisteva propriamente nel trasferimento della proprietà
attuale in cambio di quella della cosa futura e che l’unica obbligazione disciplinata era quella,
a carico del signor BB, di tenere il comportamento necessario affinché la cosa da consegnare
venisse ad esistenza, obbligazione per il cui adempimento era stato fissato anche un termine,
coincidente con quello di consegna dell’appartamento; (omissis).
C) il motivo è infondato.
In tema di interpretazione del contratto - riservata al giudice del merito, le cui valutazioni
sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica
contrattuale o per vizi di motivazione (Cass. 21 aprile 2005 n. 8296) - ai fini della ricerca della
comune intenzione delle parti contraenti, ex art. 1362 C.c. il primo e principale strumento
dell’operazione interpretativa è costituito dal senso letterale delle parole e delle espressioni
utilizzate nel contratto (Cass. 23 luglio 2004 n. 13839), in quanto l’elemento letterale
rappresenta, ai sensi dell’art. 1362 C.c. l’imprescindibile dato di partenza dell’indagine
ermeneutica, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri di interpretazione quando
la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate
nel contratto (Cass. 29 luglio 2004 n. 14495) e sia talmente chiara da precludere la ricerca di
una volontà diversa (Cass. 13 luglio 2004 n. 12957). Anche quando si faccia riferimento al
comportamento delle parti - per essere le espressioni letterali insufficienti a ricostruire la
comune volontà delle parti (Cass. 15 maggio 2003 n. 7548) - esso può essere preso in
considerazione solo come comportamento complessivo delle parti medesime, essendo inidoneo
il contegno isolato di una sola di loro a evidenziare il contenuto di un proposito comune (Cass.
23 luglio 2004 n. 13839). Peraltro, pur assumendo il criterio letterale funzione fondamentale, il
rilievo da assegnare alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto
contrattuale e le singole clausole vanno considerate in correlazione, tra loro, dovendo procedersi
al loro coordinamento a norma dell’art. 1393 C.c. (Cass. 4 luglio 2002 n. 9712) e dovendosi
intendere per «senso letterale delle parole» tutta la formulazione letterale della dichiarazione
negoziale, in ogni sua parte e in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto,
quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare
e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. 5 aprile 2004 n.
6641).
D) La Corte di appello di P. ... ha fatto corretta applicazione del criterio interpretativo di
cui all’art. 1362 C.c. e dei principi sopra enunciati, valorizzando, da un lato, le espressioni
letterali dell’intestazione del rogito e dei termini contrattuali sistematicamente utilizzati
«indicanti inequivocabilmente la stipulazione, con riferimento all’erigendo immobile, non già di
una vendita o permuta di cosa futura, ma di una promessa di vendita» («promittente venditore»,
«promittente acquirente», immobile «promesso in vendita»), dall’altro il contenuto di una
specifica clausola, denominata «patti comuni», che faceva riferimento espresso ad un futuro
contratto di vendita dell’immobile da costruire distinto dalla «presente promessa», così
indicando chiaramente la previsione contrattuale di una ulteriore manifestazione di volontà delle
parti al fine del trasferimento della proprietà dell’immobile.
E) (Omissis).
I giudici di appello hanno pertanto proceduto all’accertamento del contenuto sostanziale del
contratto sulla base di due criteri, coordinati tra loro su di un piano di pari importanza: quello
letterale, fondato sul significato delle parole usate, e quello logico della comune intenzione delle
parti, quale emergente dalla ratio delle previsioni contrattuali interpretate complessivamente,
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 293
8. PERMUTA
dato che la chiarezza e l’univocità delle parole usate rendevano palese l’effettiva volontà dei
contraenti. (Omissis).
H) La Corte di appello di Perugia ha attribuito al rogito notarile del 19 marzo 1980, con
valutazione immune da errori di diritto e da vizi argomentativi, la qualificazione giuridica di
contratto di compravendita del terreno e di contratto preliminare di compravendita del
fabbricato da costruire.
La ricorrente ha criticato tale qualificazione, richiamando la giurisprudenza in forza della
quale il contratto, avente ad oggetto la cessione di un’area edificabile in cambio di un
appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato a cura e con i mezzi del cessionario, integra
gli estremi della permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma
contrattuale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura (Cass.
5 agosto 1995 n. 8630; 21 novembre 1997 n. 11643; 29 maggio 1998 n. 5322; 12 aprile 2001 n.
5494).
In particolare AA ha insistito nel qualificare il rapporto contrattuale di cui al rogito del 19
marzo 1980 come permuta di cosa presente (l’area edificabile) con cosa futura (la porzione
dell’immobile da costruire), essendo il risultato traslativo, ossia l’attribuzione della proprietà di
una determinata opera, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio
e mirando la volontà delle parti non a trasferire la proprietà dei beni verso il corrispettivo di
un prezzo, ma a realizzare il reciproco trasferimento della proprietà dei beni medesimi.
Anche tale censura è priva di fondamento.
I principi giurisprudenziali richiamati, diversamente da quanto affermato dalla ricorrente,
non sono pertinenti alla fattispecie concreta dedotta in giudizio. (Omissis).
Cass. 9 novembre 2005 n. 21773
Il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato o di una porzione di fabbricato non
ancora compiutamente realizzato o (come nella specie) da ristrutturare, con previsione dell’obbligo
del cedente - che sia anche imprenditore edile - di eseguire i lavori necessari al fine di completare
il bene o di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della
vendita di una cosa futura (verificandosi allora l’effetto traslativo nel momento in cui il bene viene
in esistenza nella sua completezza), quanto quelli del negozio misto caratterizzato da elementi
propri della vendita di cosa presente (con conseguente effetto traslativo immediato) e dell’appalto:
e ciò a seconda che l’obbligo di completamento dei lavori assuma, nel sinallagma contrattuale, un
rilievo centrale. ovvero soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà
attuale. L’indagine sul reale contenuto delle volontà espresse nella convenzione negoziale «de qua»,
risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è riservata al giudice del merito ed è conseguentemente
incensurabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione. (Nella specie, la S.C. ha
cassato la sentenza impugnata, che aveva qualificato apoditticamente il contratto in questione come
vendita di cosa futura, escludendo quindi che in relazione ad esso fosse dovuta l’INVIM, senza
porsi affatto il problema della sua possibile qualificazione come vendita di cosa esistente con
impegno del venditore a completare i lavori di ristrutturazione).
MOTIVI DELLA DECISIONE (*)
Cass. 21 maggio 2001 n. 6925
Si ha contratto di appalto e non di vendita quando la prestazione della materia costituisce un
semplice mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro è lo scopo essenziale del negozio, in modo
che le modifiche da apportare a cose, pur rientranti nella normale attività produttiva
dell’imprenditore che si obbliga a fornirle ad altri, consistono non già, in accorgimenti marginali
e secondari diretti ad adattarle alle specifiche esigenze del destinatario della prestazione, ma sono
tali da dar luogo ad un «opus perfectum», inteso come effettivo e voluto risultato della prestazione
e configurato in modo che la prestazione d’opera assuma, non tanto per l’aspetto quantitativo,
quanto piuttosto sul piano qualitativo e sotto il profilo teleologico, valore determinante al fine del
risultato da fornire alla controparte.
(*) Questa sentenza, completa dei MOTIVI DELLA DECISIONE, è già stata pubblicata in GIU 1/06, 206.
294 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX
9. PERMUTA
Cass. 12 aprile 2001 n. 5494
Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area in cambio di un
fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull’area stessa, a cura e con mezzi del cessionario,
integra il contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro se il sinallagma negoziale
sia consistito nel trasferimento reciproco, con effetto immediato sulla proprietà dell’area e differito
della cosa futura, e l’assunzione dell’obbligo di erigere l’edificio sia restata su di un piano accessorio
e strumentale, ma non quando le due parti si obbligano l’una a costruire un edificio e l’altra - il
proprietario del suolo - a cederlo, in tutto o in parte, quale compenso, poiché, in tale ultimo caso,
il contratto ha effetti obbligatori e si qualifica conte innominato del genere do ut facias, analogo
al contratto d’appalto, dal quale differisce per la mancanza di un corrispettivo in denaro. (Nel caso
di specie, la Corte suprema ha ritenuto che il contratto avente ad oggetto la promessa di vendita
di un appezzamento di terreno, ai fini della costruzione di un edificio con coevo affidamento in
appalto all’altro contraente della costruzione delle unità abitative, non sia qualificabile permuta
avuto riguardo al rilievo teleologicamente essenziale che nella volontà delle parti ha assunto la
costruzione del fabbricato).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con scrittura privata ... 1979, AA promise di vendere a BB, ai fini della costruzione di
un edificio, un appezzamento di terreno ... (del quale si dichiarò comproprietario per la metà),
con esclusione di alcune porzioni di esso, e contestualmente affidò in appalto ai suddetti BB
la costruzione delle unità abitative insistenti sulle aree escluse: ... (omissis).
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.3. ... Dalla costante giurisprudenza di legittimità emerge il principio generale secondo cui il
contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area edificabile in cambio di un
fabbricato o di alcune sue parti da costruire sulla stessa superficie a cura e con i mezzi del
cessionario può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia
un contratto misto costituito con gli elementi della vendita e dell’appalto, configurandosi il primo
se il sinallagma negoziale consiste nel trasferimento reciproco della proprietà attuale e della cosa
futura (ipotesi che si verifica anche se sia previsto un conguaglio in danaro, non incidendo tale
clausola sulla causa tipica del negozio di permuta) e l’obbligo di erigere l’edificio sia restato su un
piano accessorio e strumentale, e ravvisandosi invece il secondo quando la costruzione del
fabbricato abbia assunto rilievo teleologicamente essenziale nella volontà delle parti e l’alienazione
dell’area abbia costituito solo il mezzo per conseguire l’obbiettivo primario. In applicazione di tale
criterio, è stato affermato che si ha permuta di cosa presente con cosa futura quando il proprietario
di suolo edificatorio la cede a un imprenditore in cambio di appartamenti del fabbricato che su
di esso sarà edificato (realizzandosi l’effetto del trasferimento immediato della proprietà dell’area e
restando differito l’acquisto della proprietà degli appartamenti al momento del venire in essere
dell’edificio, senza bisogno di alcuna altra manifestazione di volontà), ma non quando le due parti
si obbligano l’una a costruire un edificio e l’altra - il proprietario del suolo - a cedere parte
dell’immobile quale compenso: quest’ultimo contratto, che ha effetti obbligatori, si qualifica come
contratto innominato del genere do ut facias, analogo al contratto di appalto, dal quale differisce
per la mancanza di un corrispettivo in danaro. Orbene, non può dirsi che rispetto ai suesposti
principi - dei quali non viene in sé stessa revocata in discussione la rilevanza - i giudici del merito
siano incorsi nelle prospettate violazioni dei canoni interpretativi da applicare ai fini dell’analisi
ricostruttiva della fattispecie né nei denunciati aspetti di inadeguatezza motivazionale. Gli elementi
presi in considerazione ai fini dell’individuazione del contenuto della volontà negoziale delle parti
risultano oggettivamente significativi; e la valenza in concreto ad essi attribuita in sede ermeneutica
costituisce frutto di un apprezzamento valutativo riservato al giudice del merito e sottratto a
sindacato di legittimità. E, sulla base del risultato interpretativo per tal modo conseguito,
l’operazione logicamente successiva di qualificazione giuridica si palesa immune da errori di diritto
o da incongruenze intrinseche. (Omissis).
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 295
10. PERMUTA
Cass. 29 maggio 1998 n. 5322
Il contratto di cessione della proprietà di un’area in cambio di un fabbricato (o di parte di
esso) da erigere sull’area medesima a cura e con mezzi del cessionario partecipa della natura
giuridica del contratto di permuta di bene presente con altro futuro, ovvero del contratto misto
vendita-appalto, a seconda che, rispettivamente, il sinallagma negoziale consista nel trasferimento
reciproco del diritto di proprietà attuale del terreno e di quello futuro sul fabbricato (l’obbligo di
erigere il medesimo restando su di un piano meramente accessorio e strumentale), ovvero la
costruzione del fabbricato risulti l’oggetto principale della volontà delle parti (ad essa risultando
strettamente funzionale la precedente cessione dell’area).
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Omissis).
Questa Corte Suprema, con la precedente sentenza n. 6064 del 29 maggio 1991, dopo avere
esposto i termini del rapporto contrattuale costituito dalle parti in causa così come accertati nei
precedenti giudizi di merito e non contestati (l’avv. AA aveva dichiarato in contratto che intende-
va costruire sul proprio suolo un nuovo fabbricato in conformità del progetto redatto dall’ing. S.
ed approvato dall’autorità comunale, ed i contraenti avevano concordato la costruzione, a spese
della società BB, di un unico fabbricato in condominio ... avevano stabilito che il piano scanti-
nato, il piano terra ed il primo piano per intero sarebbero stati di proprietà di AA, mentre il resto
dell’immobile sarebbe stato di proprietà della società, ed avevano concordato a titolo di corri-
spettivo dell’appalto la cessione in favore della società appaltatrice delle quote ideali del sopras-
suolo corrispondente ai piani alti dell’edificio sopra indicati) e dopo aver constatato che la Corte
d’appello di B., con la sua sentenza in data ... 1987, aveva qualificato il contratto in questione
come permuta di un bene attuale (il suolo edificatorio) con beni futuri (lo scantinato, il pianter-
reno e il primo piano dell’edificio), ha rilevato che la predetta Corte di merito non aveva preci-
sato quale fosse la cosa di proprietà della società che veniva scambiata con le quote di suolo ad
essa trasferite, (omissis) per cui la decisione impugnata andava cassata, (omissis).
Alla luce dei rilievi formulati da questa Corte Suprema nella sentenza di annullamento la Corte
d’appello, in sede di rinvio, ha assolto innanzi tutto il compito di stabilire, interpretando il nego-
zio posto in essere dalle parti, la sua natura giuridica, decidendo se si trattava d’una permuta o
d’un appalto, ed ha poi individuato le norme in tema di garanzia da applicare al caso concreto.
A tale scopo la Corte ha accertato che i contraenti (persone assai esperte nel rispettivo
campo professionale) avevano intitolato l’atto pubblico tra di loro intercorso come «appalto-ven-
dita», e notato che tale qualificazione giuridica del contratto non era stata minimamente con-
testata dalla società BB durante l’intero giudizio di primo grado e che ad essa s’era adeguata
l’amministrazione finanziaria nell’applicare i dovuti tributi.
La Corte ha altresì accertato che nel caso di specie le parti non avevano dato vita ad un
negozio di permuta, perché non solo non avevano voluto lo scambio attuale e contemporaneo
della proprietà di determinati beni, ma non avevano neppure voluto lo scambio di una cosa attua-
le contro una cosa futura, dato che alla società costruttrice non era stata trasferita l’intera area
edificabile ma solo le quote ideali corrispondenti a quella parte del fabbricato (i piani alti) che,
col costruirla, sarebbe diventata di sua proprietà; sicché l’avv. AA, conservando la proprietà delle
quote ideali dell’area edificabile corrispondenti ai piani bassi dell’edificio, era diventato proprieta-
rio degli stessi per effetto dell’accessione della costruzione al suolo e non per effetto del trasferi-
mento che la società avrebbe dovuto operare in suo favore in adempimento dell’obbligo assunto
con la permuta se avesse ricevuto in cessione l’intera area edificabile.
Pertanto, non essendo l’avv. AA diventato titolare della proprietà dei piani bassi del fabbri-
cato in cambio della cessione alla società del suolo edificatorio, ma per effetto di accessione,
non era dato riscontrare nel contratto quell’elemento essenziale della permuta dato dallo scam-
bio di cosa contro cosa.
Non a caso - ha osservato la Corte - i contraenti nell’atto pubblico avevano parlato di pro-
prietà in condominio rendendo evidente la loro volontà di dar vita ad una nuova realtà giuri-
dica e di fatto in cui si coniugavano la preesistente mai dismessa proprietà di AA sulle quote
ideali dell’area rimaste nel suo patrimonio e la proprietà sulle quote altrettanto ideali prima
della realizzazione dei piani alti vendute alla società costruttrice.
Doveva ritenersi certo, dunque, secondo la Corte d’appello, che l’intenzione dei contraenti
ricostruita secondo i criteri legali di interpretazione dei negozi giuridici, non era stata quella di
dar vita ad un contratto di permuta, ma quella di stipulare un contratto di appalto, con la con-
seguente piena efficacia della garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera.
Così decidendo la Corte di merito non ha né disatteso i principi enunciati da questa Corte
296 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX
11. PERMUTA
suprema nella precedente sentenza di cassazione con rinvio né violato i criteri legali di inter-
pretazione dei contratti.
Essa infatti ha tenuto ben presente i principi di cui sopra, considerando che gli estremi del
contratto di permuta tra cosa attuale e cosa futura sono ravvisabili nell’intesa negoziale in base
alla quale un soggetto trasferisce la proprietà di un suolo edificatorio ad altro soggetto e questi, a
titolo di controprestazione totale o parziale, attribuisce al primo la proprietà di una determinata
porzione immobiliare compresa nell’edificio che si accinge a costruire sull’area medesima e che per
accessione è diventato per intero proprietà dell’acquirente del suolo predetto. Naturalmente la pre-
stazione assunta dal costruttore ha natura obbligatoria, che si trasformerà in reale con la realiz-
zazione delle parti immobiliari destinate al venditore del suolo. Tale figura contrattuale, pur non
coincidendo con lo schema normale della permuta - che richiede lo scambio attuale e contempo-
raneo tra le parti della proprietà di determinati beni - tuttavia ne contiene l’essenziale e caratteri-
stica peculiarità dello scambio di cose di rispettiva proprietà dell’uno e dell’altro contraente.
La Corte ha fatto inoltre corretta applicazione del criterio primario di ermeneutica giudi-
ziale enunciato nell’art. 1362, 1° co. C.c. avendo proceduto all’accertamento del contenuto sostan-
ziale del contratto sulla base di due fondamentali criteri - coordinati su un piano di concor-
rente importanza - quello letterale fondato sul significato delle parole usate e quello logico della
comune intenzione delle parti quale emergente dalla ratio delle previsioni contrattuali, ed essen-
dosi correttamente astenuta dal far ricorso a quelli di carattere sussidiario enunciati dalle norme
successive dato che la chiarezza e l’univocità delle parole usate rendevano palese l’effettiva
volontà dei contraenti.
Esclusa la permuta ed assolto così al suo compito di giudice di rinvio, la Corte ha attri-
buito al contratto, come conseguenza naturale della sua opera di interpretazione, la qualifica-
zione giuridica di appalto ...
Cass. 21 novembre 1997 n. 11643
Il contratto avente ad oggetto la cessione di un’area edificabile in cambio di un appartamento
sito nel fabbricato che sarà realizzato a cura e con i mezzi del cessionario può integrare tanto gli
estremi della permuta tra un bene esistente ed un bene futuro quanto quelli del negozio misto
caratterizzato da elementi propri della vendita e dell’appalto, ricorrendo la prima ipotesi qualora il
sinallagma contrattuale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa
futura (l’obbligo di erigere il manufatto collocandosi, conseguentemente, su di un piano accessorio
e strumentale), verificandosi la seconda ove, al contrario, la costruzione del fabbricato assuma
rilievo centrale all’interno della convenzione negoziale, e la cessione dell’area costituisca soltanto lo
strumento prodromico onde conseguire tale, primario obiettivo. La indagine sul reale contenuto
delle volontà espresse nella convenzione negoziale de qua, risolvendosi in un apprezzamento di
fatto, è riservata al giudice di merito ed è, conseguentemente, incensurabile in Cassazione se
sorretta da adeguata motivazione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Omissis). AA era proprietario di una casa con annesso cortile, e aveva promesso di ven-
dere tale immobile a certo BB imprenditore edile, il quale in corrispettivo avrebbe dovuto
costruire in appalto per suo conto sei appartamenti e 140 metri quadri di garage, mentre avreb-
be tenuto per sé il restante del costruito. (Omissis).
(La Corte d’appello) rilevava che tra AA e BB non era stata conclusa una permuta di cosa
presente con cosa futura ... ma invero un contratto misto, nel quale erano ravvisabili elementi
del contratto di appalto. (Omissis).
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Omissis).
3) Osserva il collegio che è giurisprudenza costante della Corte di cassazione, dalla quale
non vi sono ragioni per discostarsi, che il contratto avente ad oggetto il trasferimento della pro-
prietà di un’area in cambio di un fabbricato, ovvero, come nel caso di specie, di alcune parti di
un fabbricato da costruire sull’area ceduta, a cura e con i mezzi del cessionario, può integrare
sia un negozio misto costituito da elementi della vendita e dell’appalto, che un negozio di per-
muta tra bene esistente e bene futuro. Si configura pertanto il predetto contratto misto quando
la costruzione del fabbricato sia stata al centro del sinallagma e l’alienazione dell’area invece
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 297
12. PERMUTA
abbia costituito solo il mezzo per pervenire a tale obiettivo primario delle parti (Cass. n. 811 del
1992, n. 8630 del 1996). È dunque questione di interpretazione del contratto, potere che spetta
al giudice del merito, accertare tale essenzialità nel voluto contrattuale, e la conseguente statui-
zione, se adeguatamente motivata, sfugge al controllo di legittimità (Cass. n. 2952 del 1993).
La sentenza impugnata ha compiuto l’esame delle clausole contrattuali ed ha rilevato la ine-
quivoca, essenziale presenza degli elementi del contratto di appalto, stipulato in conformità di un
apposito capitolato, nel quale i poteri di controllo del cedente l’area, in particolare quello di chie-
dere variazioni in corso d’opera, i termini nei quali doveva avvenire la consegna del realizzato e
tutte le garanzie a favore del predetto, lo fanno individuare quale vero e proprio committente e
non quale acquirente di cosa futura. La Corte di merito in sostanza ha accertato, con motivazio-
ne che non merita censure, che oggetto della pattuizione era l’obbligo di prestare il risultato di
un’opera da parte dell’acquirente l’area. Risultato, peraltro, che ... doveva esser assicurato nei limi-
ti della proprietà superficiaria, ovvero nei limiti della utilizzazione della colonna d’aria sovrastante
il suolo che BB andava ad acquistare, in cambio di quanto si impegnava a costruire per conto del
cedente. Pertanto la conseguente esclusione della natura negoziale dell’acquisto da parte di AA della
porzione di immobile in questione, è coerente con l’indirizzo di questa Corte Suprema. (Omissis).
Cass. 5 agosto 1995 n. 8630
Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area in cambio di un
fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull’area stessa, a cura e con mezzi del cessionario,
può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia un contratto
misto, costituito con elementi della vendita e dell’appalto; si configura il primo contratto se il
sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco della proprietà attuale e della cosa
futura e l’obbligo di erigere l’edificio sia rimasto su un piano accessorio e strumentale; va ravvisato
invece l’altro contratto quando la costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà delle
parti e l’alienazione dell’area abbia costituito solo il mezzo per conseguire l’obbiettivo primario.
Segue in GIU 3/96, 3665 il testo (stralcio) della sentenza.
Cass. 11 marzo 1993 n. 2952
Il contratto avente ad oggetto il trasferimento di un’area fabbricabile in cambio di una
costruzione ancora da realizzare a cura e con i mezzi del concessionario integra la permuta di un
bene esistente con un bene futuro quando il sinallagma contrattuale consista nel trasferimento della
proprietà attuale in cambio di quella della cosa futura; ove invece la costruzione del fabbricato sia
stata al centro della volontà negoziale e la cessione dell’area abbia costituito soltanto il mezzo per
conseguire detto obiettivo primario, può essere ipotizzata la ricorrenza di un contratto misto avente
gli elementi della vendita e dell’appalto; la relativa indagine si risolve in un apprezzamento di fatto
riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato.
Segue in GIU 1/94, 2275 il testo (stralcio) della sentenza.
Cass. 24 gennaio 1992 n. 811
Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area edificabile in cambio
di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sulla stessa superficie a cura e con i mezzi del
cessionario può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro,
sia un contratto misto costituito con gli elementi della vendita e dell’appalto. Si configura il primo
contratto se il sinallagma negoziale sia consentito nel trasferimento reciproco della proprietà attuale
e della cosa futura (ipotesi che si verifica anche se sia previsto un conguaglio in danaro, non
incidendo tale clausola sulla causa tipica del negozio di permuta) e l’obbligo di erigere l’edificio
sia restato su un piano accessorio e strumentale; va ravvisato, invece, l’altro contratto quando la
costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà delle parti e l’alienazione dell’area abbia
costituito soltanto il mezzo per conseguire l’obiettivo primario.
298 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX
13. PERMUTA
Cass. 20 luglio 1991 n. 8118
Il contratto col quale il proprietario di un’area fabbricabile trasferisce questa ad un costruttore
in cambio di parti dell’edificio che l’acquirente si impegna a realizzare sull’area medesima, deve
qualificarsi come permuta di cosa presente con cosa futura e produce l’effetto del trasferimento
immediato della proprietà dell’area e della costituzione dell’obbligazione dell’acquirente di tenere il
comportamento necessario affinché la cosa da consegnare venga ad esistenza, evento che va
individuato nel momento in cui si perfeziona il processo produttivo della cosa nelle sue componenti
essenziali, essendo irrilevante che manchi di alcune rifiniture o di qualche accessorio non
indispensabile per la sua realizzazione, e che è sufficiente da solo a determinare l’acquisto della
proprietà al permutante dell’area, senza necessità di altre dichiarazioni di volontà.
Cass. 18 novembre 1987 n. 8487
Si ha permuta, che è un contratto di scambio ad effetti reali, consistente nel reciproco
trasferimento della proprietà di cose (o di altri diritti reali) o entrambe presenti o l’una presente e
l’altra futura, quando il proprietario del suolo edificatorio lo ceda ad un imprenditore contro
appartamenti del costruendo fabbricato, ma non quando le due parti si obbligano l’una a costruire
un edificio e l’altra, (il proprietario del suolo) a cedere parte dell’immobile quale compenso.
Quest’ultimo contratto che ha effetti obbligatori va qualificato come contratto innominato del
genere do ut facias, analogo al contratto di appalto (dal quale differisce per la mancanza del
corrispettivo in danaro) e comporta una diversa valutazione dell’incidenza delle prestazioni delle
parti e dei rispettivi inadempimenti.
Cass. 12 giugno 1987 n. 5147
Il contratto avente ad oggetto il trasferimento, attuale e futuro, di un’area edificabile in cambio
di una costruzione che sarà realizzata, a cura e con i mezzi del cessionario, su altra area del
cedente, può integrare sia la permuta tra un bene esistente e un bene futuro, sia un contratto
misto avente gli elementi della vendita e dell’appalto: ricorre il primo caso qualora si ritenga che
il sinallagma negoziale voluto dagli interessati sia consistito nel trasferimento della proprietà attuale
in cambio della cosa futura, restando su un piano accessorio e strumentale l’obbligazione di erigere
l’edificio; ricorre la seconda ipotesi nel caso inverso, quando cioè l’interprete si convinca che la
costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà negoziale e dell’interesse delle parti e la
cessione dell’area costituisca solo il mezzo posto in essere per conseguire detto primario obiettivo.
Giurisprudenza del BLT - Anno XX n.2/2006 299
14. PERMUTA
INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA
A
DATA N°
21 aprile 2005 8296
29 luglio 2004 14495
23 luglio 2004 13839
13 luglio 2004 12957
5 aprile 2004 6641
15 maggio 2003 7548
4 luglio 2002 9712
B
DATA SENTENZA (Cass.civ.) N° In GIURIA Con OR (*)
22 dicembre 2005 28479 e OR — i.q.f.
9 novembre 2005 21773 OR 1/06, 206
21 maggio 2001 6925 — 2/01, 446
12 aprile 2001 5494 e OR — 2/01, 418
29 maggio 1998 5322 e OR — —
21 novembre 1997 11643 e OR — —
5 agosto 1995 8630 OR 3/96, 3665
11 marzo 1993 2952 OR 1/94, 2275
24 gennaio 1992 811 — 1/93, 1709
20 luglio 1991 8118 — 2/92, 1594
18 novembre 1987 8487 — 2/88, 472
12 giugno 1987 5147 — 1/88, 355
(*) «Con OR»: in questa colonna sono così indicate le sentenze per le quali è pubblicato anche il testo
(estratto) - che qui non viene riportato - in precedente fascicolo di questa rivista.
300 n.2/2006 Giurisprudenza del BLT - Anno XX