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CIVITAVECCHIA-TARQUINIALazio sette
regione
AVVENIRE
DOMENICA
6 OTTOBRE 201310
“Proteggimi, o Dio: in te mi ri-
fugio.
Il mio Signore sei Tu… nelle tue
mani è la mia vita” (dal Salmo
15).
Con gioia ripetiamo, in questo
Anno della Fede, il versetto del
Salmo responsoriale poc’anzi
proclamato: è insieme atto di fe-
de e di affidamento a Colui che
è Signore della vita, Gesù Cristo,
unico nostro Maestro.
La festa di San Francesco
d’Assisi, titolare della Chiesa ma-
dre della nostra diocesi, ci offre
l’opportunità di iniziare l’Anno
Pastorale, come aveva già fatto il
mio venerato predecessore il ve-
scovo Carlo.
È il secondo momento, quello
celebrativo, dopo l’incontro di
catechesi, ieri sera, con il vesco-
vo Mariano, sul tema: “La Co-
munità educante e gli educa-
tori all’interno di essa”.
Ascolto e celebrazione per
l’impegno che ci sta davanti e
che insieme, presbiteri e fedeli
laici, vogliamo realizzare per l’e-
dificazione dell’unica Chiesa di
Cristo.
La Parola di Dio proclamata
nella prima lettura, ci presenta
alcuni versetti dell’epilogo della
lettera di Paolo ai cristiani della
Galazia.
Dopo aver ricordato l’annun-
cio di un solo vangelo predicato
dall’apostolo e che è la buona
notizia di Gesù Cristo, Paolo si
sofferma sulla fede.
Da essa infatti viene la giusti-
ficazione e non dalle opere; e la
fede in Gesù ci fa essere figli in
Lui Figlio di Dio e quindi chia-
mati a vivere, secondo lo Spirito,
una vita di libertà, che apre alla
carità e porta frutti spirituali.
Ed ecco la conclusione dell’a-
postolo: “a me non resta che un
unico vanto, la croce di Gesù Cri-
sto… io porto nel mio corpo i segni
della sua passione” (Gal 6,14-18).
Matteo, nel brano del Vangelo
(Mt 11,25-30) riferisce alcuni
detti di Gesù che mostrano il mi-
sterioso cammino della grazia
che si rivela solo ai semplici (vv
25-27) e che offre ristoro agli af-
faticati e stanchi (vv 28-30).
Gesù, dopo aver benedetto il
Padre, afferma: “tutto è stato dato
a me dal Padre mio; nessuno cono-
sce il Figlio se non il Padre, e nes-
suno conosce il Padre se non il Fi-
glio e colui al quale il Figlio vorrà
rivelarlo” (Mt 11, 27).
Sono tre enunciati di fonda-
mentale importanza per il cam-
mino di “discepoli”:
- il Padre dona ogni potere e
ogni essere al Figlio,
- la conoscenza del Padre e
del Figlio è reciproca ed esclusi-
va,
- per conoscere il Padre è ne-
cessaria la mediazione del Fi-
glio.
Alla luce di questi due passag-
gi della parola, vorrei fermare
l’attenzione per un cammino di
Chiesa, condiviso da tutti. Gesù
Cristo, il Maestro segnato dai
chiodi dell’amore, ci fa conosce-
re il Padre e ci aiuta ad accoglie-
re e vivere il suo progetto di sal-
vezza.
1. Che cosa dice a noi presbiteri
e consacrati il Maestro Gesù?
Cari amici sacerdoti, religiosi
e religiose, l’Anno della Fede, l’i-
nizio dell’Anno Pastorale e la
prossima Visita Pastorale sono
occasioni di grazia per ricentrare
la nostra vita su Gesù Cristo, il
Figlio di Dio così come il Vange-
lo e la Chiesa ce lo propongono.
Il prete, il consacrato, è il pri-
mo discepolo di Gesù e “discepo-
lo è colui per il quale l’assoluto
dell’uomo è il Regno di Dio”. Così
scrive il teologo Giovanni Moio-
li.
(cfr G. Moioli, Il discepolo,
Milano 200, p. 11)
E il Regno viene dove viene e
dove s’incontra Gesù e rimane e
pone la tenda dove dimora Ge-
sù.
La vita di grazia e la vita sa-
cramentale che proponiamo ai
nostri fratelli nella fede, sia in-
tensamente vissuta da noi, sacer-
doti, religiosi e religiose: in par-
ticolare la Celebrazione dell’Eu-
caristia quotidiana e il Sacra-
mento della Riconciliazione.
È Gesù il centro della Scrittu-
ra, dell’evangelizzazione, della
Chiesa e della nostra storia per-
sonale. Ha scritto Romano Guar-
dini: “Gesù sta al centro. Tutto il
passato era avviamento a lui. Tut-
to ciò che verrà dopo lo svilup-
perà”.
(R. Guardini, Il Signore, Vita e
Pensiero, Milano 1995, p. 552).
La nostra salvezza sta nel no-
me e nell’incontro con Gesù,
narratore di Dio Padre. Egli solo
è la nostra salvezza e la nostra
pace.
La povertà del nostro vaso di
creta non regge al confronto del-
la ricchezza del dono di Dio, ma
se c’è disponibilità e offerta di
sé, queste con il dono, faranno
impreziosire anche il povero
contenitore.
Il Santo Padre Francesco nel-
l’incontro con i vescovi italiani
lo scorso 23 maggio ci ha ricor-
dato:
“Mi ami tu?”. Le parole di Gesù
rivolte a Pietro sono rivolte a cia-
scun pastore: è il primato del “pa-
scere” che sant’Agostino intende
come “amoris officium pascere do-
minicum gregem”.
Il Signore si fa mendicante di
amore.
Ogni ministro della Chiesa si
fonda su questa intimità con il Si-
gnore; vivere di lui è la misura del
nostro servizio ecclesiale. Occorre
perciò vigilare e curare le pecore.
“La mancata vigilanza rende
tiepido il pastore; lo fa distratto,
dimentico e perfino insofferente; lo
seduce con la prospettiva della car-
riera, la lusinga del denaro e i
compromessi con lo spirito del
mondo; lo impigrisce trasforman-
dolo in un funzionario, un chierico
di stato preoccupato più di sé, del-
l’organizzazione e delle strutture,
che del vero bene del popolo di
Dio. Si corre il rischio allora, co-
me l’apostolo Pietro, di rinnegare
il Signore, anche se formalmente ci
si presenta e si parla in suo nome;
si offusca la santità della madre
Chiesa gerarchica, rendendola me-
no feconda”.
2. Che cosa dice ai fedeli laici il
Signore Gesù, con la Parola
proclamata in questa Eucari-
stia?
Uno dei grandi tesori del Con-
cilio Vaticano II è l’attenzione
posta sui fedeli laici: è una pro-
mozione indiscussa, dopo secoli
di dimenticanza o di semplice
reclutazione per la manovalanza.
Così la costituzione Lumen Gen-
tium (21 novembre 1964) e il de-
creto sull’Apostolato dei laici
Aposolicam Actuositatem (18 no-
vembre 1965) hanno ricollocato i
fedeli laici nella loro dignità di
popolo santo di Dio, favorendo
la nascita e il riconoscimento dei
vari ministeri, alcuni istituiti,
cioè con mandato ecclesiale, altri
di fatto esercitati nella Chiesa.
Il nostro laicato quindi è cre-
sciuto moltissimo: “ad intra”,
nella Chiesa, nelle Parrocchie.
È cresciuto in molte direzioni:
nella catechesi, nei momenti ce-
lebrativi o comunque attinenti
alla Liturgia, nelle commissioni
dei vari organismi diocesani e
parrocchiali, nel ministero verso
gli ammalati, la famiglia, i giova-
ni. Sono settori che vedono la
presenza di moltissimi laici.
Resta però scoperto un setto-
re, ed è la presenza dei laici co-
me fermento del mondo. È il no-
stro laicato “ad extra”, cioè verso
un mondo lontano dalla Chiesa
oppure indifferente e ostile ad
essa. In particolare il mondo del-
l’economia e della politica. Man-
cano tanti apostoli che facciano
una politica più onesta, più puli-
ta, più capace di progettare la
città solidale e di distribuire le
ricchezze di pochi a vantaggio
della collettività. Tanti, tanti laici
impegnati nei nostri settori e
movimenti, quando poi scendo-
no in politica si lasciano vincere
dall’idolo del denaro, del potere,
dell’arroganza. La fede, se c’è o
tale si può chiamare, rimane ai
margini di una vita privata e in-
significante.
Inoltre i laici da semplici “col-
laboratori” sono invitati a compie-
re un salto qualitativo divenendo
“corresponsabili” nella Chiesa, se-
condo le indicazioni della esorta-
zione postsinodale Cristifideles lai-
ci (30 dicembre 1988) del beato
Giovanni Paolo II.
La partecipazione responsabi-
le poi si vive nella comunione e
nella testimonianza: comunione
con i presbiteri e il vescovo, te-
stimonianza di vita in famiglia e
nella società in cui ciascuno ope-
ra.
Fare, senza essere quello che
siamo, snatura il nostro stesso
essere!
Le grandi risorse che ogni mo-
vimento, associazione e gruppo
ecclesiale possiedono, vanno poi
canalizzate in un unico corpo
che è la Chiesa, perché essa
esprima oggi il “corpo visibile di
Gesù Cristo, presente nel mon-
do”.
Infine desidero sottolineare il
valore del “dialogo” all’interno
di ogni singola realtà ecclesiale e
con il vasto mondo che ci circon-
da.
Il dialogo è una categoria cen-
trale della stessa rivelazione cri-
stiana e quindi dell’evangelizza-
zione, come spiega il servo di
Dio Paolo VI nell’enciclica Eccle-
siam suam (6 agosto 1964): “La
relazione soprannaturale che Dio
stesso ha instaurato con l’umanità
può essere raffigurata in un dialo-
go, nel quale il Verbo di Dio si
esprime nell’Incarnazione e quindi
nel Vangelo… Occorre pertanto
che noi teniamo sempre presente
questo ineffabile e realissimo rap-
porto dialogico offerto e stabilito
con noi da Dio – aggiunge il Papa
– per comprendere quale rapporto
noi, cioè la Chiesa, dobbiamo cer-
care di instaurare e promuovere
con l’umanità”.
Dio stesso è dialogo. La Chie-
sa, ad imitazione di Cristo, si fa
dialogo, si fa parola, si fa lin-
guaggio con tutti e verso tutti.
Se le varie realtà ecclesiali,
ciascuna con il proprio carisma e
la testimonianza di vita, avranno
la forza di essere “unità” allora
riveleranno tutto e soltanto l’a-
more, che fa dei molti un tutto,
un corpo solo, manifestando così
il volto bello della Chiesa cattoli-
ca, secondo la celebre espressio-
ne del teologo tedesco Johann
Adam Mohler.
Cari amici, per scelta di Dio,
noi siamo mandati, noi - consa-
crati e fedeli laici - siamo i conti-
nuatori della missione che il Pa-
dre ha affidato a Gesù inviando-
lo nel mondo. Anzi è Cristo stes-
so che continua in noi e attraver-
so di noi la missione ricevuta dal
Padre. Lui è la luce, noi portia-
mo lui, la luce.
Ci incoraggi l’esempio di
Francesco di Assisi nel “rinnova-
re-restaurare” la nostra Chiesa
diocesana e interceda per noi
Maria Santissima, Madre di Dio
e della Chiesa.
Così sia.
© don Luigi, vescovo
Convegno ecclesiale
Sull’esempiodisanFrancescoperrinnovarelanostraChiesa
L’omelia del vescovo Luigi nella
celebrazione eucaristica che venerdì
scorso ha concluso il convegno diocesano
FOTOANNAMARIACOLUCCI
CIVITAVECCHIA-TARQUINIALazio sette
regione
AVVENIRE
DOMENICA
6 OTTOBRE 2013 11
La comunità e gli educatori
che in essa vi operano rap-
presentano «una reciprocità
in cui l’una e gli altri si co-
stituiscono simultaneamen-
te». Così il vescovo Maria-
no Crociata, segretario ge-
nerale della CEI, ha intro-
dotto il tema “La comunità
educante e gli educatori
nella comunità” che giovedì
3 ottobre ha aperto il Con-
vegno ecclesiale della Dio-
cesi di Civitavecchia-Tar-
quinia.
Monsignor Crociata ha
spiegato che «gli educatori
cristiani sono coloro che
prendono coscienza del lo-
ro compito nell’atto stesso
in cui abbracciano consape-
volmente l’appartenenza al-
la comunità». Allo stesso
modo, ha spiegato il presu-
le «una comunità è educan-
te quando i suoi membri
avvertono la responsabilità
educativa che compete cia-
scuno». Una dimensione
che si realizza nella comu-
nità ecclesiale dove, ha
spiegato il segretario CEI,
«si attualizza in un luogo e
in un tempo determinati la
natura profonda della Chie-
sa nella sua qualità di
grembo materno che gene-
ra nuovi figli di Dio». Que-
sta comunità ecclesiale tra
origine dal «duplice fonda-
mento sacramentale e mini-
steriale del presbiterio e
della famiglia» e si realizza
«nell’incontro tra famiglia e
parrocchia, in cui si sostie-
ne il cammino educativo
dei genitori», con il presbi-
tero chiamato ad essere «re-
gista della vitalità ed
espressività di una comu-
nità ricca e composita».
Ad introdurre i lavori è
stato il vescovo Luigi Mar-
rucci che ha formulato a
monsignor Crociata gli au-
guri di tutta la comunità
per la proroga del suo man-
dato di segretario della
Conferenza episcopale.
Nel Teatro dei Salesiani
“Sala Buonarroti” della città
portuale, davanti a oltre
quattrocento rappresentanti
delle parrocchie, delle asso-
ciazioni e dei movimenti
presenti in Diocesi, monsi-
gnor Marrucci ha illustrato
il programma pastorale del-
la Chiesa di Civitavecchia-
Tarquinia per il nuovo an-
no. Una proposta che mette
l’accento sull’educazione
dopo aver approfondito, nel
biennio precedente, la fede
e l’iniziazione cristiana.
«Mentre il cammino di edu-
cazione alla fede e alla vita
cristiana accompagna i fi-
gli, – ha spiegato monsi-
gnor Marrucci – la Chiesa
domanda ai genitori, primi
educatori, di percorrere in-
sieme la strada dell’incon-
tro con il Signore Risorto, o
riprendere il percorso per
giungere ad una esperienza
personale con il Signore».
Il convegno è proseguito
con i lavori di coordina-
mento dei diversi ambiti
pastorali e si è concluso il 4
ottobre nella Cattedrale di
Civitavecchia con la cele-
brazione eucaristica in ono-
re di San Francesco d’Assi-
si.
MARINA PANDOLFI
Una fede “fai da te”, un
rapporto egoistico con Dio,
un “credere senza apparte-
nere”, un’opzione indivi-
duale che rifiuta la Chiesa.
È questo uno dei problemi
che sta emergendo nelle
società occidentali e che ci
chiama a una nuova evan-
gelizzazione. Il catechista,
testimone di fede, deve
“mostrare” come questa sia
un dono di Dio e un atto
ecclesiale; il catecumenato
deve far riscoprire la fede
all’interno della comunità e
la catechesi ha il compito
di condurre le persone alla
Chiesa che è il luogo del
Mistero di Cristo.
È questo aspetto, sottoli-
neato dal sacerdote colom-
biano Manuel José Jiménez
Rodríguez, uno dei proble-
mi più significativi su cui
si sono confrontati gli oltre
1600 partecipanti, prove-
nienti da 50 nazioni, al
Congresso Internazionale
di Catechesi, dal tema “Il
catechista, testimone della
fede”, che si è svolto dal 26
al 29 settembre a Roma. A
rappresentare la Chiesa di
Civitavecchia-Tarquinia vi
erano i tre componenti del-
l’equipe diocesana della
Catechesi: don Eduardo
Juárez, Marina Pandolfi,
Luciano Castiglioni.
L’incontro, promosso dal
Pontificio Consiglio per la
Promozione della Nuova
Evangelizzazione, ha visto
un confronto sulle nuove
forme di evangelizzazione
alla luce della Evangeli
Nunziandi di Paolo VI, in
cui si sottolinea l’importan-
za di una catechesi capace
di formare abitudini cristia-
ne.
Un altro compito della
catechesi, sottolineato da
monsignor Pierangelo Se-
queri, preside della Facoltà
Teologica dell’Italia Setten-
trionale, è quello di comu-
nicare la fede cristiana le-
gandola alla memoria Jesu
primo elemento della me-
moria fidei della Chiesa.
Secondo il sacerdote,
tutti i bambini hanno
un’immagine di Dio, biso-
gna però insegnare loro an-
che Cristo e abituarli all’i-
dea che la memoria Jesu
sarà la loro compagna an-
che quando saranno grandi
e avranno dubbi sulle feri-
te della propria vita e della
propria storia. La memoria
Jesu è come la memoria
della mamma, è una me-
moria che parla a tutti ed è
un invito alla fede in modo
persuasivo.
Culmine dell’incontro è
stato il discorso di Papa
Francesco. Il Santo Padre
ha parlato della figura del
catechista con cuore aperto
e con le parole di un Buon
Padre, ammonendoci su
quello che i catechisti non
devono fare né essere. Il
Pontefice ha ringraziato
tutti i catechisti per il com-
pito che svolgono all’inter-
no della Chiesa e ha am-
monito sulle conseguenze
negative dell’essere un ca-
techista “codardo, rigido,
non creativo”. Il catechista
deve essere una persona
che avendo ricevuto in do-
no la fede la trasmette agli
altri, come in un movimen-
to di diastole e sistole, deve
accogliere e deve andare
nelle periferie dove i bam-
bini non conoscono Dio.
Predicare il vangelo vuol
dire dimostrare con la pro-
pria vita di essere in Cristo
e amare l’altro e, in un se-
condo tempo, predicare il
vangelo a parole là dove
serve.
Alla conclusione del
Congresso è iniziato il pel-
legrinaggio dei catechisti
culminato il 29 settembre
con la Messa a San Pietro
del Santo Padre.
Congresso Internazionale di Catechesi
Ilcatechista,
testimonedellafede
L’equipe diocesana all’incontro mondiale dei catechisti
Convegno ecclesiale
«Lacomunitàeducantenascedall’incontrotrafamigliaeparrocchia»
Il vescovo Mariano Crociata, segretario della CEI,
ha aperto il convegno diocesano
RAFFAELLA CARLI
Centosettanta catechisti della nostra Diocesi, prove-
nienti da tutte le parrocchie, domenica 29 settembre
hanno partecipato alla Messa con Papa Francesco, in
Piazza San Pietro, a conclusione del Congresso inter-
nazionale dei catechisti.
Partiti in pullman al mattino molto presto, in una
giornata che minacciava pioggia, durante il viaggio ab-
biamo pregato Gesù di poter essere come Lui con i di-
scepoli di Emmaus: accostarci ai ragazzi con discrezio-
ne e rispetto, camminare al loro fianco, partire dalle
loro domande, dai loro problemi; ad essere una comu-
nità con l’anima del servizio.
«Chi è il catechista?» ha domandato Papa Francesco
durante l’omelia. «È colui che custodisce e alimenta la
memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa ri-
svegliare negli altri» ha poi spiegato.
Terminato l’Angelus, i catechisti si sono diretti sui
rispettivi pullman e sul nostro, durante il viaggio di ri-
torno, si è fatta una comunione d’anima “a caldo”.
Con libertà, qualcuno si è sentito di esprimere con
sincerità e commozione le proprie impressioni sulla
giornata e il proprio modo di vivere il servizio del ca-
techista. È stato molto interessante sentire le varie
esperienze. Chi è catechista da più trent’anni ha potu-
to comunicare la propria esperienza di vita, il proprio
metodo.
È emerso un arcobaleno, un’armonia e il desiderio
di continuare a vivere esperienze come queste dove si
respira aria di comunione nella Chiesa universale,
nella diocesi e fra le parrocchie.
IcatechistidaPapaFrancesco,in170allaMessaaSanPietro
Testimonianza
FOTOANNAMARIACOLUCCI

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Domenica 6 ottobre 2013: le pagine di Avvenire "Lazio Sette" della Diocesi di #Civitavecchia-#Tarquinia

  • 1. CIVITAVECCHIA-TARQUINIALazio sette regione AVVENIRE DOMENICA 6 OTTOBRE 201310 “Proteggimi, o Dio: in te mi ri- fugio. Il mio Signore sei Tu… nelle tue mani è la mia vita” (dal Salmo 15). Con gioia ripetiamo, in questo Anno della Fede, il versetto del Salmo responsoriale poc’anzi proclamato: è insieme atto di fe- de e di affidamento a Colui che è Signore della vita, Gesù Cristo, unico nostro Maestro. La festa di San Francesco d’Assisi, titolare della Chiesa ma- dre della nostra diocesi, ci offre l’opportunità di iniziare l’Anno Pastorale, come aveva già fatto il mio venerato predecessore il ve- scovo Carlo. È il secondo momento, quello celebrativo, dopo l’incontro di catechesi, ieri sera, con il vesco- vo Mariano, sul tema: “La Co- munità educante e gli educa- tori all’interno di essa”. Ascolto e celebrazione per l’impegno che ci sta davanti e che insieme, presbiteri e fedeli laici, vogliamo realizzare per l’e- dificazione dell’unica Chiesa di Cristo. La Parola di Dio proclamata nella prima lettura, ci presenta alcuni versetti dell’epilogo della lettera di Paolo ai cristiani della Galazia. Dopo aver ricordato l’annun- cio di un solo vangelo predicato dall’apostolo e che è la buona notizia di Gesù Cristo, Paolo si sofferma sulla fede. Da essa infatti viene la giusti- ficazione e non dalle opere; e la fede in Gesù ci fa essere figli in Lui Figlio di Dio e quindi chia- mati a vivere, secondo lo Spirito, una vita di libertà, che apre alla carità e porta frutti spirituali. Ed ecco la conclusione dell’a- postolo: “a me non resta che un unico vanto, la croce di Gesù Cri- sto… io porto nel mio corpo i segni della sua passione” (Gal 6,14-18). Matteo, nel brano del Vangelo (Mt 11,25-30) riferisce alcuni detti di Gesù che mostrano il mi- sterioso cammino della grazia che si rivela solo ai semplici (vv 25-27) e che offre ristoro agli af- faticati e stanchi (vv 28-30). Gesù, dopo aver benedetto il Padre, afferma: “tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno cono- sce il Figlio se non il Padre, e nes- suno conosce il Padre se non il Fi- glio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo” (Mt 11, 27). Sono tre enunciati di fonda- mentale importanza per il cam- mino di “discepoli”: - il Padre dona ogni potere e ogni essere al Figlio, - la conoscenza del Padre e del Figlio è reciproca ed esclusi- va, - per conoscere il Padre è ne- cessaria la mediazione del Fi- glio. Alla luce di questi due passag- gi della parola, vorrei fermare l’attenzione per un cammino di Chiesa, condiviso da tutti. Gesù Cristo, il Maestro segnato dai chiodi dell’amore, ci fa conosce- re il Padre e ci aiuta ad accoglie- re e vivere il suo progetto di sal- vezza. 1. Che cosa dice a noi presbiteri e consacrati il Maestro Gesù? Cari amici sacerdoti, religiosi e religiose, l’Anno della Fede, l’i- nizio dell’Anno Pastorale e la prossima Visita Pastorale sono occasioni di grazia per ricentrare la nostra vita su Gesù Cristo, il Figlio di Dio così come il Vange- lo e la Chiesa ce lo propongono. Il prete, il consacrato, è il pri- mo discepolo di Gesù e “discepo- lo è colui per il quale l’assoluto dell’uomo è il Regno di Dio”. Così scrive il teologo Giovanni Moio- li. (cfr G. Moioli, Il discepolo, Milano 200, p. 11) E il Regno viene dove viene e dove s’incontra Gesù e rimane e pone la tenda dove dimora Ge- sù. La vita di grazia e la vita sa- cramentale che proponiamo ai nostri fratelli nella fede, sia in- tensamente vissuta da noi, sacer- doti, religiosi e religiose: in par- ticolare la Celebrazione dell’Eu- caristia quotidiana e il Sacra- mento della Riconciliazione. È Gesù il centro della Scrittu- ra, dell’evangelizzazione, della Chiesa e della nostra storia per- sonale. Ha scritto Romano Guar- dini: “Gesù sta al centro. Tutto il passato era avviamento a lui. Tut- to ciò che verrà dopo lo svilup- perà”. (R. Guardini, Il Signore, Vita e Pensiero, Milano 1995, p. 552). La nostra salvezza sta nel no- me e nell’incontro con Gesù, narratore di Dio Padre. Egli solo è la nostra salvezza e la nostra pace. La povertà del nostro vaso di creta non regge al confronto del- la ricchezza del dono di Dio, ma se c’è disponibilità e offerta di sé, queste con il dono, faranno impreziosire anche il povero contenitore. Il Santo Padre Francesco nel- l’incontro con i vescovi italiani lo scorso 23 maggio ci ha ricor- dato: “Mi ami tu?”. Le parole di Gesù rivolte a Pietro sono rivolte a cia- scun pastore: è il primato del “pa- scere” che sant’Agostino intende come “amoris officium pascere do- minicum gregem”. Il Signore si fa mendicante di amore. Ogni ministro della Chiesa si fonda su questa intimità con il Si- gnore; vivere di lui è la misura del nostro servizio ecclesiale. Occorre perciò vigilare e curare le pecore. “La mancata vigilanza rende tiepido il pastore; lo fa distratto, dimentico e perfino insofferente; lo seduce con la prospettiva della car- riera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce trasforman- dolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupato più di sé, del- l’organizzazione e delle strutture, che del vero bene del popolo di Dio. Si corre il rischio allora, co- me l’apostolo Pietro, di rinnegare il Signore, anche se formalmente ci si presenta e si parla in suo nome; si offusca la santità della madre Chiesa gerarchica, rendendola me- no feconda”. 2. Che cosa dice ai fedeli laici il Signore Gesù, con la Parola proclamata in questa Eucari- stia? Uno dei grandi tesori del Con- cilio Vaticano II è l’attenzione posta sui fedeli laici: è una pro- mozione indiscussa, dopo secoli di dimenticanza o di semplice reclutazione per la manovalanza. Così la costituzione Lumen Gen- tium (21 novembre 1964) e il de- creto sull’Apostolato dei laici Aposolicam Actuositatem (18 no- vembre 1965) hanno ricollocato i fedeli laici nella loro dignità di popolo santo di Dio, favorendo la nascita e il riconoscimento dei vari ministeri, alcuni istituiti, cioè con mandato ecclesiale, altri di fatto esercitati nella Chiesa. Il nostro laicato quindi è cre- sciuto moltissimo: “ad intra”, nella Chiesa, nelle Parrocchie. È cresciuto in molte direzioni: nella catechesi, nei momenti ce- lebrativi o comunque attinenti alla Liturgia, nelle commissioni dei vari organismi diocesani e parrocchiali, nel ministero verso gli ammalati, la famiglia, i giova- ni. Sono settori che vedono la presenza di moltissimi laici. Resta però scoperto un setto- re, ed è la presenza dei laici co- me fermento del mondo. È il no- stro laicato “ad extra”, cioè verso un mondo lontano dalla Chiesa oppure indifferente e ostile ad essa. In particolare il mondo del- l’economia e della politica. Man- cano tanti apostoli che facciano una politica più onesta, più puli- ta, più capace di progettare la città solidale e di distribuire le ricchezze di pochi a vantaggio della collettività. Tanti, tanti laici impegnati nei nostri settori e movimenti, quando poi scendo- no in politica si lasciano vincere dall’idolo del denaro, del potere, dell’arroganza. La fede, se c’è o tale si può chiamare, rimane ai margini di una vita privata e in- significante. Inoltre i laici da semplici “col- laboratori” sono invitati a compie- re un salto qualitativo divenendo “corresponsabili” nella Chiesa, se- condo le indicazioni della esorta- zione postsinodale Cristifideles lai- ci (30 dicembre 1988) del beato Giovanni Paolo II. La partecipazione responsabi- le poi si vive nella comunione e nella testimonianza: comunione con i presbiteri e il vescovo, te- stimonianza di vita in famiglia e nella società in cui ciascuno ope- ra. Fare, senza essere quello che siamo, snatura il nostro stesso essere! Le grandi risorse che ogni mo- vimento, associazione e gruppo ecclesiale possiedono, vanno poi canalizzate in un unico corpo che è la Chiesa, perché essa esprima oggi il “corpo visibile di Gesù Cristo, presente nel mon- do”. Infine desidero sottolineare il valore del “dialogo” all’interno di ogni singola realtà ecclesiale e con il vasto mondo che ci circon- da. Il dialogo è una categoria cen- trale della stessa rivelazione cri- stiana e quindi dell’evangelizza- zione, come spiega il servo di Dio Paolo VI nell’enciclica Eccle- siam suam (6 agosto 1964): “La relazione soprannaturale che Dio stesso ha instaurato con l’umanità può essere raffigurata in un dialo- go, nel quale il Verbo di Dio si esprime nell’Incarnazione e quindi nel Vangelo… Occorre pertanto che noi teniamo sempre presente questo ineffabile e realissimo rap- porto dialogico offerto e stabilito con noi da Dio – aggiunge il Papa – per comprendere quale rapporto noi, cioè la Chiesa, dobbiamo cer- care di instaurare e promuovere con l’umanità”. Dio stesso è dialogo. La Chie- sa, ad imitazione di Cristo, si fa dialogo, si fa parola, si fa lin- guaggio con tutti e verso tutti. Se le varie realtà ecclesiali, ciascuna con il proprio carisma e la testimonianza di vita, avranno la forza di essere “unità” allora riveleranno tutto e soltanto l’a- more, che fa dei molti un tutto, un corpo solo, manifestando così il volto bello della Chiesa cattoli- ca, secondo la celebre espressio- ne del teologo tedesco Johann Adam Mohler. Cari amici, per scelta di Dio, noi siamo mandati, noi - consa- crati e fedeli laici - siamo i conti- nuatori della missione che il Pa- dre ha affidato a Gesù inviando- lo nel mondo. Anzi è Cristo stes- so che continua in noi e attraver- so di noi la missione ricevuta dal Padre. Lui è la luce, noi portia- mo lui, la luce. Ci incoraggi l’esempio di Francesco di Assisi nel “rinnova- re-restaurare” la nostra Chiesa diocesana e interceda per noi Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa. Così sia. © don Luigi, vescovo Convegno ecclesiale Sull’esempiodisanFrancescoperrinnovarelanostraChiesa L’omelia del vescovo Luigi nella celebrazione eucaristica che venerdì scorso ha concluso il convegno diocesano FOTOANNAMARIACOLUCCI
  • 2. CIVITAVECCHIA-TARQUINIALazio sette regione AVVENIRE DOMENICA 6 OTTOBRE 2013 11 La comunità e gli educatori che in essa vi operano rap- presentano «una reciprocità in cui l’una e gli altri si co- stituiscono simultaneamen- te». Così il vescovo Maria- no Crociata, segretario ge- nerale della CEI, ha intro- dotto il tema “La comunità educante e gli educatori nella comunità” che giovedì 3 ottobre ha aperto il Con- vegno ecclesiale della Dio- cesi di Civitavecchia-Tar- quinia. Monsignor Crociata ha spiegato che «gli educatori cristiani sono coloro che prendono coscienza del lo- ro compito nell’atto stesso in cui abbracciano consape- volmente l’appartenenza al- la comunità». Allo stesso modo, ha spiegato il presu- le «una comunità è educan- te quando i suoi membri avvertono la responsabilità educativa che compete cia- scuno». Una dimensione che si realizza nella comu- nità ecclesiale dove, ha spiegato il segretario CEI, «si attualizza in un luogo e in un tempo determinati la natura profonda della Chie- sa nella sua qualità di grembo materno che gene- ra nuovi figli di Dio». Que- sta comunità ecclesiale tra origine dal «duplice fonda- mento sacramentale e mini- steriale del presbiterio e della famiglia» e si realizza «nell’incontro tra famiglia e parrocchia, in cui si sostie- ne il cammino educativo dei genitori», con il presbi- tero chiamato ad essere «re- gista della vitalità ed espressività di una comu- nità ricca e composita». Ad introdurre i lavori è stato il vescovo Luigi Mar- rucci che ha formulato a monsignor Crociata gli au- guri di tutta la comunità per la proroga del suo man- dato di segretario della Conferenza episcopale. Nel Teatro dei Salesiani “Sala Buonarroti” della città portuale, davanti a oltre quattrocento rappresentanti delle parrocchie, delle asso- ciazioni e dei movimenti presenti in Diocesi, monsi- gnor Marrucci ha illustrato il programma pastorale del- la Chiesa di Civitavecchia- Tarquinia per il nuovo an- no. Una proposta che mette l’accento sull’educazione dopo aver approfondito, nel biennio precedente, la fede e l’iniziazione cristiana. «Mentre il cammino di edu- cazione alla fede e alla vita cristiana accompagna i fi- gli, – ha spiegato monsi- gnor Marrucci – la Chiesa domanda ai genitori, primi educatori, di percorrere in- sieme la strada dell’incon- tro con il Signore Risorto, o riprendere il percorso per giungere ad una esperienza personale con il Signore». Il convegno è proseguito con i lavori di coordina- mento dei diversi ambiti pastorali e si è concluso il 4 ottobre nella Cattedrale di Civitavecchia con la cele- brazione eucaristica in ono- re di San Francesco d’Assi- si. MARINA PANDOLFI Una fede “fai da te”, un rapporto egoistico con Dio, un “credere senza apparte- nere”, un’opzione indivi- duale che rifiuta la Chiesa. È questo uno dei problemi che sta emergendo nelle società occidentali e che ci chiama a una nuova evan- gelizzazione. Il catechista, testimone di fede, deve “mostrare” come questa sia un dono di Dio e un atto ecclesiale; il catecumenato deve far riscoprire la fede all’interno della comunità e la catechesi ha il compito di condurre le persone alla Chiesa che è il luogo del Mistero di Cristo. È questo aspetto, sottoli- neato dal sacerdote colom- biano Manuel José Jiménez Rodríguez, uno dei proble- mi più significativi su cui si sono confrontati gli oltre 1600 partecipanti, prove- nienti da 50 nazioni, al Congresso Internazionale di Catechesi, dal tema “Il catechista, testimone della fede”, che si è svolto dal 26 al 29 settembre a Roma. A rappresentare la Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia vi erano i tre componenti del- l’equipe diocesana della Catechesi: don Eduardo Juárez, Marina Pandolfi, Luciano Castiglioni. L’incontro, promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha visto un confronto sulle nuove forme di evangelizzazione alla luce della Evangeli Nunziandi di Paolo VI, in cui si sottolinea l’importan- za di una catechesi capace di formare abitudini cristia- ne. Un altro compito della catechesi, sottolineato da monsignor Pierangelo Se- queri, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Setten- trionale, è quello di comu- nicare la fede cristiana le- gandola alla memoria Jesu primo elemento della me- moria fidei della Chiesa. Secondo il sacerdote, tutti i bambini hanno un’immagine di Dio, biso- gna però insegnare loro an- che Cristo e abituarli all’i- dea che la memoria Jesu sarà la loro compagna an- che quando saranno grandi e avranno dubbi sulle feri- te della propria vita e della propria storia. La memoria Jesu è come la memoria della mamma, è una me- moria che parla a tutti ed è un invito alla fede in modo persuasivo. Culmine dell’incontro è stato il discorso di Papa Francesco. Il Santo Padre ha parlato della figura del catechista con cuore aperto e con le parole di un Buon Padre, ammonendoci su quello che i catechisti non devono fare né essere. Il Pontefice ha ringraziato tutti i catechisti per il com- pito che svolgono all’inter- no della Chiesa e ha am- monito sulle conseguenze negative dell’essere un ca- techista “codardo, rigido, non creativo”. Il catechista deve essere una persona che avendo ricevuto in do- no la fede la trasmette agli altri, come in un movimen- to di diastole e sistole, deve accogliere e deve andare nelle periferie dove i bam- bini non conoscono Dio. Predicare il vangelo vuol dire dimostrare con la pro- pria vita di essere in Cristo e amare l’altro e, in un se- condo tempo, predicare il vangelo a parole là dove serve. Alla conclusione del Congresso è iniziato il pel- legrinaggio dei catechisti culminato il 29 settembre con la Messa a San Pietro del Santo Padre. Congresso Internazionale di Catechesi Ilcatechista, testimonedellafede L’equipe diocesana all’incontro mondiale dei catechisti Convegno ecclesiale «Lacomunitàeducantenascedall’incontrotrafamigliaeparrocchia» Il vescovo Mariano Crociata, segretario della CEI, ha aperto il convegno diocesano RAFFAELLA CARLI Centosettanta catechisti della nostra Diocesi, prove- nienti da tutte le parrocchie, domenica 29 settembre hanno partecipato alla Messa con Papa Francesco, in Piazza San Pietro, a conclusione del Congresso inter- nazionale dei catechisti. Partiti in pullman al mattino molto presto, in una giornata che minacciava pioggia, durante il viaggio ab- biamo pregato Gesù di poter essere come Lui con i di- scepoli di Emmaus: accostarci ai ragazzi con discrezio- ne e rispetto, camminare al loro fianco, partire dalle loro domande, dai loro problemi; ad essere una comu- nità con l’anima del servizio. «Chi è il catechista?» ha domandato Papa Francesco durante l’omelia. «È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa ri- svegliare negli altri» ha poi spiegato. Terminato l’Angelus, i catechisti si sono diretti sui rispettivi pullman e sul nostro, durante il viaggio di ri- torno, si è fatta una comunione d’anima “a caldo”. Con libertà, qualcuno si è sentito di esprimere con sincerità e commozione le proprie impressioni sulla giornata e il proprio modo di vivere il servizio del ca- techista. È stato molto interessante sentire le varie esperienze. Chi è catechista da più trent’anni ha potu- to comunicare la propria esperienza di vita, il proprio metodo. È emerso un arcobaleno, un’armonia e il desiderio di continuare a vivere esperienze come queste dove si respira aria di comunione nella Chiesa universale, nella diocesi e fra le parrocchie. IcatechistidaPapaFrancesco,in170allaMessaaSanPietro Testimonianza FOTOANNAMARIACOLUCCI