la prima parte su un laboratorio pedagogico-didattico tenuto da me per l'Università degli Studi di Catania al fine di educare/formare al tema della sostenibilità ambientale e come coinvolgere gli studenti dalla scuola dell'infanzia alle secondarie
2. La sostenibilità:
slogan o necessità?
•Nel dicembre 2002, l’Assemblea Generale dell’ONU
adottava la risoluzione 57/254 che proclama il
Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile
(2004-2014)
• Unesco leader
per la promozione del decennio
3. Una necessità: i problemi
ambientali
• L’inquinamento e il degrado dell’idrosfera,
dell’atmosfera e della litosfera;
• La perdita di biodiversità e l’entropia
crescente del geosistema;
• Il buco nell’ozono, l’effetto serra;
• La desertificazione e la deforestazione;
• Le piogge acide.
4. Una necessità:
i problemi sociali ed economici
• le disuguaglianze planetarie, regionali e
locali;
• i problemi del sottosviluppo;
• i problemi demografici;
• la segregazione spaziale;
• le divisioni militari e le guerre
5. Per arrivare alla sostenibilità
si parte
da lontano: il 1972
Pubblicazione del rapporto I limiti dello sviluppo
da parte del Massachusetts; Institute of
Technology (MIT - Cambridge, Massachusetts -
USA)
Conferenza di Stoccolma organizzata dalle
Nazioni Unite sui problemi ambientali
dell’industrializzazione (con elaborazione di
109 raccomandazioni e creazione dell’UNEP -
United Nations Environmental Programme)
6. Gli anni ’70 del Novecento
Vengono posti in rilievo:
- il problema crescente dell’inquinamento
vincolo, determinato dai limiti naturali dello
sviluppo, intesi in termini di:
- limitatezza delle risorse naturali,
- degrado dei suoli per utilizzi urbani,
industriali e infrastrutturali,
- l’eccessiva e crescente divaricazione fra
la disponibilità di risorse naturali e la
relativa domanda a livello globale.
7. Pubblicazione del Rapporto Brundtland
(1987), che introduce il concetto di
‘sviluppo sostenibile’, cioè uno “sviluppo
che soddisfa i bisogni del presente senza
compromettere la possibilità delle
generazioni future di soddisfare i loro
bisogni”.
8. I principi di base dello sviluppo
sostenibile (H. Daly, 1988)
• Il principio del rendimento sostenibile:
le risorse naturali devono essere consumate a una
velocità tale da permetterne il ripristino
naturale, aumentando i meccanismi di riciclo e
incentivando gli usi alternativi.
• Il principio della capacità di assorbimento:
I rifiuti devono essere prodotti a una velocità
compatibile con quella del loro riassorbimento
da parte dell’ecosistema, evitando fenomeni di
accumolo.
9. Vertice sulla terra di Rio de Janeiro, in Brasile
(1992): si sottoscrivono le convenzioni sul clima e
sulla biodiversità, si esplicitano
la “dichiarazione di Rio" (27 principi per uno
sviluppo ecosostenibile) e
l’Agenda 21, un documento programmatico non
solo per l’ambiente ma anche per lo sviluppo
Locale che opera non solo a livello
internazionale ma anche locale.
10. Gli anni ’90 del Novecento
Protocollo di Kyoto (1997) per la soluzione del problema dell’effetto serra e del
cambiamento climatico. E’ entrato in vigore solo il 16 Febbraio 2005, dopo ben otto
anni, dopo la firma della Russia!
I Paesi aderenti avrebbero dovuto ridurre, nel periodo 2008-2012 le emissioni totali
di anidride carbonica del 5% rispetto al livello del 1990.
Il protocollo è sostanzialmente fallito.
Il XXI secolo
- Summit internazionale sullo sviluppo
sostenibile di Johannesburg (2002)
- Il WWF pubblica un rapporto, a cadenza
biennale, sullo stato del pianeta (Living
Planet Report 2002) che riprende il
concetto di impronta ecologica
– L’ultimo rapporto è del 2008
11. Sviluppo sostenibile nella scuola
Ecologia Economia Equità Cultura
• Salvaguardia delle risorse ambientali e culturali
• Equità ed etica dello sviluppo
• Preservazione delle risorse per le generazioni future
• Limitare l‘utilizzo e il consumo delle risorse
• Rivederne la distribuzione fra le diverse aree del pianeta
=
Un nuovo "modello di vita"
12. Una nuova dimensione
“geografica”
per la scuola:
1. dalla geografia fisica alla geografia
ambientale;
2. l’educazione ambientale;
3. l’approccio olistico;
4. la visione di lungo termine;
5. l’approccio di un’educazione
costruttiva, che lavora su problemi reali;
6. la partecipazione attiva.
13. Nuovi contenuti per
la scuola:
• Sostenibilità ambientale,
• Agenda 21 locale,
• Indicatori ambientali
(impronta ecologica),
• La cooperazione
intergovernativa,
• Il turismo sostenibile
EDUCAZIONE
AMBIENTALE
a scuola
GESTIONE
AMBIENTALE:
• fornire le
conoscenze
• partecipare alle decisioni
• attivazione
di comportamenti virtuosi
• costruzione del consenso
14. Nuovi metodi per la scuola:
Giochi di ruolo o role play:
attività di simulazione di una situazione
controversa, che implica l’esame e la
discussione di documenti e richiede il
coinvolgimento diretto dei partecipanti.
Questi devono assumere dei ruoli e ipotizzare
delle soluzioni al problema sulla base dei dati
forniti all’inizio o che gli stessi partecipanti
possono trovare su propria iniziativa
15. I Giochi di ruolo nella scuola di
primo grado
Le parole chiave che connotano un:
Gioco tradizionale
• competizione
• norma
• abilità
• fortuna
Gioco di ruolo
• gestione del conflitto
• necessità
• comportamento razionale
• caso
16. L’impronta ecologica
(Ecological Footprint)
(Wackernagel e Rees, 1996)
Indicatore di sostenibilità ambientale che stima
l’impatto che una determinata popolazione ha
sull’ambiente nel quale vive.
L’EF di una determinata popolazione o economia può
essere definita come l’area totale di ecosistemi terrestri
e acquatici necessaria per fornire, in modo sostenibile,
tutte le risorse utilizzate e per assorbire tutte le
emissioni prodotte. Il calcolo dell’EF si basa sull’idea
che ogni persona, attività o regione utilizza dei servizi
ecologici, che possono essere convertiti in superficie di
area biologicamente produttiva.
17. L’EF può essere ulteriormente suddivisa in:
Ecological Footprint of Consumption (EFC),
Che rappresenta una stima della domanda locale di servizi
naturali globali;
Ecological Footprint of Production (EFP),
Introdotta recentemente con l’obiettivo di prendere in
considerazione la domanda globale di servizi naturali locali;
EF consumption = EF production + EF imports - EF exports
L’analisi dell’impronta ecologica è quindi uno strumento di
calcolo che consente di stimare il consumo delle risorse e la
richiesta di assorbimento di rifiuti da parte di una
popolazione e della sua economia
18. Come si calcola
l’impronta ecologica?
Si calcola l’area nella quale:
- produrre, in modo sostenibile,
tutte le risorse necessarie;
- riassorbire tutti i rifiuti prodotti.
Tale area è la somma di 6
componenti
1. La superficie di terra coltivata necessaria
per produrre alimenti;
2. L’area di pascolo necessaria per i prodotti
animali;
3. La superficie di foresta necessaria per
produrre legno e carta;
4. La superficie marina necessaria per
produrre pesci e frutti di mare;
5. La superficie di terra edificata;
6. La superficie forestale necessaria per
assorbire le emissioni di anidride carbonica
risultanti dal consumo energetico e l’area
lasciata come ecosistema intatto per la
conservazione della biodiversità.
19. L’impronta ecologica:
alcuni confronti
• Se tutta la produzione fosse
equamente distribuita, ognuno
avrebbe a disposizione 2,18 ha/pro-
capite
• Paesi Ocse 7,22 ha/pro-capite
• Paesi non Ocse 1,81 ha/pro-capite
• L’impronta ecologica mondiale è
raddoppiata dal 1960 a oggi ma non
è «sfruttata» equamente!
L’impronta ecologica oggi
• Le società attuali consumano risorse
in misura di 1,2 volte superiore alla
capacità del pianeta
• Il nostro consumo di risorse sta cioè
eccedendo la capacità produttiva della
Terra (bio-capacità), depauperando il
capitale naturale del nostro pianeta
20. La “legittima quota di terra”
Se tale area fosse un’isola quadrata, essa
avrebbe i lati di 122 m di lunghezza, dove un
sesto circa di questa superficie di 150 ettari
sarebbe costituita da terreno coltivabile, il
resto da pascolo, foresta per ricavare il
legname, terreno edificabile e ambiente
naturale intatto, per conservarne la biodiversità
21. In altri termini….
• La sostenibilità ambientale richiede, per essere adeguatamente
trattata, un livello di scala più ampio di quello nazionale.
La rivoluzione industriale ha rotto la tradizionale relazione tra città e
territorio, scaturita dalla rivoluzione agricola e ben espressa
nell’originaria idea di territorio quale “insieme delle terre comprese
nei confini di ciascuna città” (Digesto di Giustiniano).
• La rivoluzione industriale rompe il legame tra cittadinanza e
territorio locale, cioè tra popolazione e risorse agricole
disponibili. Gli orizzonti si aprono, si globalizzano
progressivamente e, verso la seconda metà degli anni Ottanta
del Novecento (Living Planet Report, 2006), giungono a
erodere il capitale naturale accumulato: la rigenerazione
annuale del capitale naturale (della sua bio-capacità) diventa
minore del suo consumo (della sua impronta ecologica) e
impone al mondo, e dunque alla scuola, per la prima volta in
termini strategici, la questione della sostenibilità.