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Novembre 2020
GRATUITO PATROCINIO
12 mesi di giurisprudenza
Appunti di Alberto Vigani
INDICE
1. LA RENDITA INAIL COSTITUISCE REDDITO DA COMPUTARE PER IL GRATUITO
PATROCINIO? 3
2. GRATUITO PATROCINIO: NO REVOCA PER MOTIVI DI REDDITO ALLA VITTIMA DI
PROSTITUZIONE MINORILE 3
3. GRATUITO PATROCINIO E SEPARAZIONE CONSENSUALE: AMMISSIONE SEMPRE
PERCHE IL CONFLITTO DI INTERESSI RESTA LATENTE 4
4. CASSAZIONE: PER LA REVOCA DEL GRATUITO PATROCINIO NON SERVE IL
PASSAGGIO IN GIUDICATO DELLA LITE TEMERARIA 5
5. GRATUITO PATROCINIO: L’AVVOCATO PUÒ’ CHIEDERE I COMPENSI SOLO DOPO
LA REVOCA 7
6. CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO: RIBADITA LA NON COPERTURA DELLA
MEDIAZIONE 8
7. ARRIVA LA CASSAZIONE SEZIONI UNITE: FALSITÀ’ O ERRONEITÀ’ DICHIARAZIONE
NON COMPORTA REVOCA AMMISSIONE 8
8. AUTOMATICA REVOCA DEL GRATUITO PATROCINIO SE ARRIVA DICHIARAZIONE
DI MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA DOMANDA 9
1
12 mesi di gratuito patrocinio
9. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL
DEBITORE ESECUTATO: TRIB. CIV. VERONA, SEZ. II, DECRETO 27/11/2019 10
10. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL
DEBITORE ESECUTATO 11
11. LA CONSULTA AFFRONTA LA QUESTIONE SE NEL PENALE SI PUÒ REVOCARE
L’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO DELLA PERSONA OFFESA. PARE
PROPRIO DI NO! 13
12. CHI PUÒ IMPUGNARE IL RIGETTO DELL’AMMISSIONE? 14
13. LO STATO PUÒ LUCRARE SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO CHE ASSISTE CON
IL GRATUITO PATROCINIO? 16
14. DA QUALE MOMENTO DECORRONO GLI EFFETTI DELL’AMMISSIONE AL
GRATUITO PATROCINIO QUALORA LA DOMANDA SIA RIPROPOSTA AL GIUDICE? 25
15. GRATUITO PATROCINIO: REVOCA AMMISSIONE CON NOMINA DUE DIFENSORI 27
16. GRATUITO PATROCINIO: LA AUTOCERTIFICAZIONE FALSA NON CAUSA
OBBLIGATORIAMENTE LA REVOCA 28
17. CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: NO ALLA PRESCRIZIONE BREVE 29
18. QUANDO LA PARTE SI PUÒ DIFENDERE PERSONALMENTE SI PUÒ AVERE IL
GRATUITO PATROCINIO? 31
19. REATO ANCHE LE FALSE DICHIARAZIONI NON SUPERANTI LA SOGLIA
REDDITUALE 33
20. SI CUMULA IL MANTENIMENTO DEI FIGLI CON IL REDDITO DELL’EX CONIUGE 34
21. COME SI IMPUGNA LA REVOCA IN SENTENZA DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO
PATROCINIO? APPELLO O RICORSO EX ART. 170 DPR 115/ 2002? LA CASSAZIONE
FA CHIAREZZA! 36
22. ADOZIONE MINORI, GRATUITO PATROCINIO E COMPENSI DEL DIFENSORE
D’UFFICIO DEL GENITORE IRREPERIBILE 37
23. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO MIGRANTI IRREGOLARI: COME FARE? 39
24. DOMANDA DI GRATUITO PATROCINIO: SE INAMMISSIBILE NON SERVE LA
MOTIVAZIONE 42
25. GRATUITO PATROCINIO: SI DEVE VERIFICARE L’EFFETTIVA CONVIVENZA AL
MOMENTO DELLA DOMANDA, ANDANDO OLTRE IL DATO ANAGRAFICO 43
26. GRATUITO PATROCINIO: SI ESCLUDE IL REDDITO DEL CONIUGE ANCHE NELLA
SEPARAZIONE CONSENSUALE 44
2
12 mesi di gratuito patrocinio
1. LA RENDITA INAIL COSTITUISCE REDDITO DA
COMPUTARE PER IL GRATUITO PATROCINIO?
Avevamo già affrontato la questione del computo della rendita​ ​INAIL scrivendone qui.
Si rende necessario verificare la natura della dazione dell’istituto assicurativo,e la
computabilità ai fini della determinazione al reddito rilevante per l’ammissione al gratuito
patrocinio: in dettaglio si pone la questione se le somme percepite a titolo risarcitorio siano
destinate a reintegrare un danno concretizzatosi nella mancata percezione di redditi e se
non si tratta di reintegra patrimoniale e non remunerativa.
Infatti, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, le somme percepite a titolo
risarcitorio sono soggette ad imposizione solo qualora risultino destinate a reintegrare un
danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, non costituendo invece reddito
imponibile nella diversa ipotesi in cui esse tendano a ristorare un pregiudizio di natura
diversa, non è, peraltro, portato esclusivo della giurisprudenza civile.
Pertanto, il discrimine tra entrate patrimoniali rilevanti ovvero non rilevanti nell’accezione di
cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, sta non già nell’essere il reddito imponibile ovvero
esente o soggetto a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva ma ​nella natura
effettivamente reddituale o meno, nel senso che concorrono al reddito le somme percepite a
titolo risarcitorio ove esse siano destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata
percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito nella diversa ipotesi in cui tendano a
ristorare un pregiudizio di diversa natura.
Il principio è stato enunciato dalla ​Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 15
settembre – 1° ottobre 2020, n. 27234​, pronunciandosi sulla qualificazione della rendita Inail
percepita dal padre di un richiedente l’ammissione al gratuito patrocinio, a titolo di
indennizzo per la perdita di un altro figlio.
2. GRATUITO PATROCINIO: NO REVOCA PER MOTIVI
DI REDDITO ALLA VITTIMA DI PROSTITUZIONE
MINORILE
La sentenza in questione (​15 aprile 2020, n. 12191​) decide l’impugnazione avverso la
ordinanza della Corte d’appello che revocava, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112,
comma 1 lett. d), su richiesta dell’ufficio finanziario competente, l’ammissione al beneficio
del patrocinio a spese dello Stato già disposto dal Tribunale in favore di un donna, ove si
3
12 mesi di gratuito patrocinio
rilevava che la stessa e il suo nucleo familiare avevano percepito per l’anno 2018 redditi ai
fini IRPEF, eccedenti il limite di legge per l’ammissione al beneficio in parola.
La Corte di Cassazione– nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui si versava in un’ipotesi
rientrante tra quelle per le quali il ​D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-ter​– precisa che
la persona offesa può essere ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche
in deroga ai limiti di reddito e la relativa istanza necessita esclusivamente dei requisiti di cui
all’art. 79, comma 1, lett. a) e b), del decreto e non anche dell’allegazione da parte
dell’interessato, prevista dalla lett. c), del medesimo articolo, di una dichiarazione sostitutiva
di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per
l’ammissione (cfr. sez. 4 n. 13497 del 15/02/2017, Mattioli, Rv. 269534) dal D.P.R. n. 115 del
2002, art. 76, comma 4-ter:
4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis,
609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai
reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602,
609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al
patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.
non è tenuto ad adempiere all’obbligo di cui allo stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79,
comma 1, lett. d).
***
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
● Conformi: Cass. pen. sez.. 4, n. 13497 del 15/02/2017
● Difformi: non si rinvengono precedenti
RIFERIMENTI NORMATIVI
1. Art. 76 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
2. Art. 79 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
3. Art. 112 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
3. GRATUITO PATROCINIO E SEPARAZIONE
CONSENSUALE: ammissione sempre perchè il conflitto
di interessi resta latente
La cassazione precisa che ci può ​sempre essere gratuito patrocinio nella separazione
consensuale avanti il tribunale​.
4
12 mesi di gratuito patrocinio
Si può accedere al gratuito patrocinio anche nella cause di separazione consensuale, nella
quale permane il potenziale conflitto di interessi: quest’ultimo era stato già precisato in un
recente caso di separazione giudiziale (Cass. 30068/2017); di seguito si era estesa la
soluzione al procedimento di separazione su base concordata (Cass. 20385/2019).
E’ stato infatti ritenuto che ​la circostanza che i coniugi accedano al giudizio di omologazione
sulla base di un accordo consensuale, accesso che, di regola comune, può avvenire anche
unilateralmente (art. 711 c.p.c., comma 2), non comporta l’assenza di interessi confliggenti​.
Peraltro, gli esiti dell’iniziativa per la separazione non sono predefiniti, neppure nell’ipotesi di
un accordo consensuale, che non ha efficacia se non a seguito del controllo del giudice, che
può ricusare il tenore degli accordi per ragioni di contrarietà ai principi di ordine pubblico o
agli interessi dei figli (cfr. l’art. 158 c.c., comma 2), come può concludersi con un assetto
diverso rispetto al contenuto inizialmente concordato dai coniugi.
Incidenter tantum​, viene confermato che ​la separazione dei coniugi non incide sui diritti
della personalità​, non consentendo perciò di accedere al regime agevolato che limite il
computo dei redditi per la determinazione della soglia di ammissione al solo richiedente.
Corte di cassazione – Sezione II – 29 settembre 2020 n. 20545.
4. CASSAZIONE: PER LA REVOCA DEL GRATUITO
PATROCINIO NON SERVE IL PASSAGGIO IN
GIUDICATO DELLA LITE TEMERARIA
Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 06/12/2017, n. 29144
La revoca dell’ammissione al beneficio per la temerarietà della lite può essere disposta
indipendentemente dal passaggio in giudicato della decisione di merito che abbia accertato
la condotta processuale abusiva​.
Questo perché l’autorità della sentenza di primo grado, qual è desumibile dall’art. 337 c.p.c.,
giustifica l’adozione di un provvedimento che si fondi sull’accertamento dei fatti come
operato nella stessa, e considerato che, ove si negasse la possibilità di adottare
immediatamente un provvedimento di revoca a fronte di domande avanzate con mala fede o
colpa grave conclamate, sarebbe consentito alla parte di reiterare la condotta abusiva in
sede di impugnazione, continuando a beneficiare del patrocinio a spese dello Stato, con
possibilità pressoché nulle di recupero delle spese anticipate a tale titolo. (Rigetta,
TRIBUNALE PADOVA, 13/05/2015)
5
12 mesi di gratuito patrocinio
FONTI
CED Cassazione, 2017
***
Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 31/07/2014, n. 17461
In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca del provvedimento di ammissione, ai
sensi dell’art. 136 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, può essere disposta solo qualora non
sussistessero in origine o siano venute meno le condizioni reddituali oppure se l’interessato
ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Pertanto, la condotta del
difensore che taccia, nel corso del processo, circa l’ammissione al beneficio non ne giustifica
la revoca, salvi gli eventuali effetti sul piano disciplinare o della permanenza nell’elenco degli
avvocati per il patrocinio a spese dello Stato. (Cassa con rinvio, Trib. Napoli, 06/11/2012)
FONTI
CED Cassazione, 2014
***
Cass. civ. Sez. Unite Sent., 19/06/2012, n. 10027 (rv. 623042)
Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta
da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa
pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista
rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata
in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art.
337 cod. proc. civ., come si trae dall’interpretazione sistematica della disciplina del
processo, in cui un ruolo decisivo riveste l’art. 282 cod. proc. civ.: il diritto pronunciato dal
giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello
dello stato originario di lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della
sentenza di primo grado. Pertanto, allorché penda, in grado di appello, sia il giudizio in cui è
stata pronunciata una sentenza su causa di riconoscimento di paternità naturale e che
l’abbia dichiarata, sia il giudizio che su tale base abbia accolto la domanda di petizione di
eredità, ed entrambe le sentenze siano state impugnate, il secondo giudizio non deve di
necessità essere sospeso, in attesa che nel primo si formi la cosa giudicata sulla
dichiarazione di paternità naturale, ma può esserlo, ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ., se il
giudice del secondo giudizio non intenda riconoscere l’autorità dell’altra decisione. Non
ostano, a tale conclusione, le disposizioni degli artt. 573 e 715 cod. civ., non essendo in
questione il momento dal quale si producono gli effetti della dichiarazione di filiazione
naturale, ma il potere del giudice, cui la seconda domanda sia proposta, di conoscerne sulla
base della filiazione naturale già riconosciuta con sentenza, pur non ancora passata in
giudicato. (Regola sospensione, App. Torino, 15/03/2011)
6
12 mesi di gratuito patrocinio
FONTI
CED Cassazione, 2012
Corriere Giur., 2012, 11, 1322 nota di ZUFFI
Famiglia e Diritto, 2013, 5, 450
5. GRATUITO PATROCINIO: L’AVVOCATO PUO’
CHIEDERE I COMPENSI SOLO DOPO LA REVOCA
In tema di ​patrocinio a spese dello Stato​, l’avvocato della parte che vi sia ammessa ​non
può richiedere al cliente i propri compensi professionali, in assenza di un
provvedimento di revoca​ del beneficio ad opera del giudice del procedimento principale.
Solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o,
in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della
modifica.
Invero, il sistema per la difesa dei non abbienti demanda al giudice del procedimento in cui è
prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione e, quando
esse vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche, il potere di
revoca; in quest’ultimo caso, peraltro, proprio perché la revoca del beneficio non ha effetto
retroattivo, al cittadino è garantita l’assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del
mutamento delle condizioni.
Tale verifica era, altresì, rilevante perché, ​in caso di revoca per il mutamento delle condizioni
patrimoniali​, ​doveva essere esclusa l’efficacia retroattiva del provvedimento​, sicchè
incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il
mutamento delle condizioni patrimoniali.
Cassazione Sez. VI – 2, Ord., (ud. 13-12-2019) 05-06-2020, n. 10669
(Rigetta, TRIBUNALE GORIZIA, 14/09/2018)
6. CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO: RIBADITA
LA NON COPERTURA DELLA MEDIAZIONE
Corte di Cassazione, (data ud. 18/12/2019) 31/08/2020, n. 18123: ​l’avvocato della parte
ammessa al gratuito patrocinio non ha diritto al compenso professionale a spese
7
12 mesi di gratuito patrocinio
dello Stato​, per quanto attiene alle attività compiute nell’interesse del cliente, durante la
mediazione obbligatoria​.
In modo espresso, la norma D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 74, limita l’operatività del
patrocinio a spese dello Stato all’ambito del procedimento sia penale che civile, eppertanto
postula l’intervenuto avvio della lite giudiziale.
Detto limite non può esser superato dal Giudice con attività di interpretazione posto che in
tal modo verrebbe ad incidere sulla sfera afferente la gestione del pubblico denaro, specie
con relazione alle disposizioni di spesa,materia riservata al Legislatore e presidiata da
precisi dettami costituzionali – Cass. sez. 2 n. 24723/11, Cass. sez. 1 n. 15490/04, Cass.
sez. L n. 17997/19 -.
Anche la prospettata questione di sospetta illegittimità costituzionale delle norme in tema di
patrocinio a spese dello Stato e mediazione, in quanto non consentono la liquidazione di
compenso al difensore anche per la fase di mediazione obbligatoria quando non consegua
la lite giudiziale, appare manifestamente infondata.
Difatti l’argomento svolto dal ricorrente per sostenere il sospetto d’illegittimità costituzionale
si fonda su presupposto fattuale non esistente in quanto nella specie: la procedura di
mediazione obbligatoria svolta si concluse senza alcun accordo, sicchè doveva conseguire
la lite. Lite giudiziaria che non intervenne poiché le parti raggiunsero accordo stragiudiziale,
sicché la richiesta di compenso sarebbe correlata ad attività professionale stragiudiziale.
Dunque la proposta questione di costituzionalità nella specie non assume rilevanza posto
che il Legislatore ha ritenuto di riconoscere il patrocinio a spese dello Stato in relazione
all’attività nell’ambito del processo e, non anche, per l’attività stragiudiziale, rimessa
esclusivamente alla volontà delle parti, relativamente alla quale non concorre il pur previsto
limite generale della manifesta infondatezza delle ragioni sostenute.
Corte di Cassazione, (data ud. 18/12/2019) 31/08/2020, n. 18123
7. ARRIVA LA CASSAZIONE SEZIONI UNITE: FALSITA’
O ERRONEITA’ DICHIARAZIONE NON COMPORTA
REVOCA AMMISSIONE
In passato avevamo scritto del rinvio alle Sezioni Unite per la soluzione della questione: “Se
la falsità o incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di
intervenuta ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di
legge; ovvero in tale ultima ipotesi, non incidendo sull’ammissibilità dell’istanza, ne determini
la revoca soltanto nei casi espressamente previsti dagli artt. 95 e 112 del D.P.R. n. 115 del
2002” (Cass. pen. Sez. IV Ord., 04/06/2019, n. 29284).
8
12 mesi di gratuito patrocinio
Ora arriva la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 14273, depositata il 12
maggio 2020, che dirime ogni questione. Viene affermato in via definitiva il seguente
principio di diritto: «​la ​falsità o l’incompletezza della dichiarazione sostitutiva di
certificazione prevista dall’art. 79 c. 1 lett. c) d.p.r. 115 del 2002, qualora i ​redditi effettivi
non superino il limite di legge​, ​non comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio
a spese dello Stato​, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate
dagli artt. 95 e 112 d.p.r. 115 del 2002».
8. AUTOMATICA REVOCA DEL GRATUITO
PATROCINIO SE ARRIVA DICHIARAZIONE DI
MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA DOMANDA
La Corte di Cassazione (Sent. 16-04-2020, n. 7869) decide un ricorso ove si lamenta la
violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 13 e 136, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3,
perchè la Corte di Appello di Potenza, a firma del relatore Fabrizio Nastri, avrebbe
erroneamente disposto la revoca dell’ammissione del ricorrente al beneficio del patrocinio a
spese dello Stato per effetto della ritenuta infondatezza del gravame dallo stesso proposto.
Il ricorrente assume, in particolare, di non aver agito con colpa grave e che, pertanto, non
sussistesse alcun motivo per disporre la revoca del beneficio al quale egli era stato
ammesso.
La Corte di cassazione conferma che la revoca del beneficio del patrocinio a spese dello
Stato costituisce conseguenza automatica, prevista per legge (cfr. del D.P.R. n. 115 del
2002, art. 74, comma 2), della dichiarazione di manifesta infondatezza della domanda.
Si precisa che trattasi di misura evidentemente ispirata ad evitare che i costi derivanti dalla
proposizione di domande evidentemente infondate, ovvero di iniziative giudiziarie attivate
con malafede e colpa grave, ricadano sulla collettività.
Il giudizio sulla sussistenza della colpa grave si risolve in un apprezzamento di fatto,
non utilmente censurabile in Cassazione, che viene svolto direttamente dal giudice di
merito investito della cognizione della causa​.
Nè si ravvisano, nella normativa in esame, profili di contrasto con i principi posti dagli artt. 3
e 24 Cost.: quanto al primo, perché non sussiste alcun trattamento irragionevole di situazioni
differenziate, essendo – al contrario – del tutto ragionevole che la situazione di colui che,
essendo stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in via provvisoria, abbia agito o
resistito in giudizio con colpa grave o malafede, o abbia proposto domande palesemente
infondate, non meriti identico trattamento rispetto alla condizione del soggetto che, nella
9
12 mesi di gratuito patrocinio
identica condizione soggettiva, si sia invece comportato con buona fede e senza colpa, ed
abbia proposto una domanda non manifestamente infondata.
D’altro canto, neppure sussistono profili di contrasto con l’art. 24 Cost., giacchè il diniego
dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non si traduce
necessariamente ed in via automatica in una limitazione del diritto di azione e difesa
dell’interessato. Inoltre, occorre considerare che ​l’ammissione viene sempre disposta in
via provvisoria, onde appare ulteriormente ragionevole che, in sede di verifica finale,
si faccia luogo alla revoca del beneficio in tutti i casi in cui la sua anticipata
concessione si riveli non giustificata in ragione, alternativamente o cumulativamente,
dell’atteggiamento soggettivo dell’interessato ovvero dell’oggettiva manifesta
infondatezza della domanda da esso proposta.
Riportiamo di seguito il testo esteso della sentenza di cassazione n. 7869/2020 e della
precedente sentenza di merito della Corte di Potenza.
Riferimenti normativi
● D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2
● Costituzione, art. 24
● Costituzione, art. 24
Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 10-01-2020) 16-04-2020, n. 7869
9. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON
MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL DEBITORE
ESECUTATO: ​TRIB. CIV. VERONA, SEZ. II, DECRETO 27/11/2019
Il tribunale di Verona interviene sulla legittimazione ad ottenere l’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato nel processo esecutivo da parte del debitore esecutato: viene confermata
solo in caso di opposizione.
In particolare il giudice scaligero parte dal fatto che, ai sensi dell’art. 75, secondo comma,
T.U.S.G., nel processo esecutivo, è espressamente statuito che ​la disciplina dei gratuito
patrocinio si applica “​in quanto compatibile​”, così ponendo un’eccezione rispetto alla
regola generale​. La disciplina del gratuito patrocinio è, quindi, applicabile al processo
esecutivo non in via automatica, ma sulla base di una valutazione condotta da farsi
caso per caso in ragione della peculiare natura del processo esecutivo e della diversa
posizione processuale che assumono le parti.
Infatti, nel processo esecutivo, “le attività che si compiono. non sono dirette
all’accertamento in senso proprio di diritti, ma alla loro realizzazione pratica sulla
base di un preesistente titolo esecutivo” (cfr. Cassazione civile sez. III, 02/11/2010,
10
12 mesi di gratuito patrocinio
n.22279) e, pertanto, “il debitore è soggetto al potere coattivo del creditore, recuperando
solo nelle eventuali fasi di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., la cui funzione è diretta a
stabilire un separato ambito di cognizione, la pienezza della posizione di parte, con
possibilità di svolgere contraddittorio e difesa tecnica”.
Per questa ragione anche il principio del contraddittorio viene a declinarsi
diversamente rispetto alla giurisdizione dichiarativa, essendo, invero, funzionale al “il
migliore esercizio della potestà ordinatoria, affidata al giudice stesso​”.
Pertanto, nella maggior parte dei ​processi esecutivi, per la parte esecutata non vi è
alcuna necessità finanche di interloquire con l’esercizio della potestà ordinatoria del
Giudice dell’Esecuzione e, in presenza di un’esecuzione legittimamente avviata e
nella quale gli atti del processo sono immuni da censure di legittimità o opportunità​,
di far valere una propria pretesa nei confronti del creditore procedente proponendo
un’opposizione esecutiva. In tutti questi casi non può, evidentemente, provvedersi
all’ammissione della parte esecutata al patrocinio a spese dello Stato perché
significherebbe gravare l’erario (e, quindi, in ultima analisi i contribuenti) di una spesa
non utile ai fini della tutela della posizione della parte esecutata.
Un tanto può essere anche everificato in sede di ammissione al gratuito patrocinio ove si
svolge il preventivo vaglio di ammissibilità da parte dell’Ordine degli Avvocati in relazione
alla non manifesta infondatezza della pretesa.
Diversamente opinando, si finisce per ammettere al gratuito patrocinio soggetti sottoposti
all’esecuzione senza poter operare la preventiva ed ineliminabile valutazione di utilità (o non
manifesta infondatezza) dell’attività processuale che potrà eventualmente essere svolta a
spese dell’Erario e nell’interesse della parte esecutata.
10. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON
MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL DEBITORE
ESECUTATO
Il tribunale di Verona (DECRETO 27/11/2019) ​interviene sulla legittimazione ad ottenere
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo esecutivo da parte del debitore
esecutato: viene confermata solo in caso di opposizione.
In particolare il giudice scaligero parte dal fatto che, ai sensi dell’art. 75, secondo comma,
T.U.S.G., nel processo esecutivo, è espressamente statuito che ​la disciplina dei gratuito
patrocinio si applica “​in quanto compatibile​”, così ponendo un’eccezione rispetto alla
regola generale​. La disciplina del gratuito patrocinio è, quindi, applicabile al processo
esecutivo non in via automatica, ma sulla base di una valutazione condotta da farsi
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12 mesi di gratuito patrocinio
caso per caso in ragione della peculiare natura del processo esecutivo e della diversa
posizione processuale che assumono le parti.
Infatti, nel processo esecutivo, “le attività che si compiono. non sono dirette
all’accertamento in senso proprio di diritti, ma alla loro realizzazione pratica sulla
base di un preesistente titolo esecutivo” (cfr. Cassazione civile sez. III, 02/11/2010,
n.22279) e, pertanto, “il debitore è soggetto al potere coattivo del creditore, recuperando
solo nelle eventuali fasi di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., la cui funzione è diretta a
stabilire un separato ambito di cognizione, la pienezza della posizione di parte, con
possibilità di svolgere contraddittorio e difesa tecnica”.
Per questa ragione anche il principio del contraddittorio viene a declinarsi
diversamente rispetto alla giurisdizione dichiarativa, essendo, invero, funzionale al “il
migliore esercizio della potestà ordinatoria, affidata al giudice stesso​”.
Pertanto, nella maggior parte dei ​processi esecutivi, per la parte esecutata non vi è
alcuna necessità finanche di interloquire con l’esercizio della potestà ordinatoria del
Giudice dell’Esecuzione e, in presenza di un’esecuzione legittimamente avviata e
nella quale gli atti del processo sono immuni da censure di legittimità o opportunità​,
di far valere una propria pretesa nei confronti del creditore procedente proponendo
un’opposizione esecutiva. In tutti questi casi non può, evidentemente, provvedersi
all’ammissione della parte esecutata al patrocinio a spese dello Stato perché
significherebbe gravare l’erario (e, quindi, in ultima analisi i contribuenti) di una spesa
non utile ai fini della tutela della posizione della parte esecutata.
Un tanto può essere anche e verificato in sede di ammissione al gratuito patrocinio ove si
svolge il preventivo vaglio di ammissibilità da parte dell’Ordine degli Avvocati in relazione
alla non manifesta infondatezza della pretesa.
Diversamente opinando, si finisce per ammettere al gratuito patrocinio soggetti sottoposti
all’esecuzione senza poter operare la preventiva ed ineliminabile valutazione di utilità (o non
manifesta infondatezza) dell’attività processuale che potrà eventualmente essere svolta a
spese dell’Erario e nell’interesse della parte esecutata.
11. LA CONSULTA AFFRONTA LA QUESTIONE SE NEL
PENALE SI PUÒ REVOCARE L’AMMISSIONE AL
GRATUITO PATROCINIO DELLA PERSONA OFFESA.
PARE PROPRIO DI NO!
Con la sentenza n. 47/2020, ​la Corte Costituzionale affronta la questione della
costituzionalità dell’art. 112 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte
in cui non prevede la possibilità di revoca del decreto di ammissione al patrocinio a spese
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12 mesi di gratuito patrocinio
dello Stato in caso di «acclarata mancanza della veste di persona offesa​» dei reati di cui
all’art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte, innanzitutto, precisa che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato è
riconducibile ad una disciplina processuale nella cui conformazione il legislatore
gode di ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o
arbitrarietà di quanto previsto​. Infatti, in tema di patrocinio a spese dello Stato, è cruciale
l’individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e
necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia (sentenza n. 16 del
2018).
In ambito extra penale, il riconoscimento del beneficio è richiesto, dal comma 2 dell’art. 74
del d.P.R. n. 115 del 2002, che le ragioni di chi agisce o resiste «risultino non
manifestamente infondate»: per questa ragione è previsto la revoca dell’ammissione al
patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati se l’interessato
ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.
Tutto ciò non vale invece per il processo penale, del quale il legislatore ha inteso sempre
privilegiare le specificità: da un lato, l’essere frutto di un’azione dell’organo pubblico che
viene “subita” dal soggetto che aspira al beneficio in parola; dall’altro, avere, come posta in
gioco, il bene supremo della libertà personale (sentenza n. 237 del 2015). In quest’ultimo
caso è garantita una più intensa protezione, sganciando l’ammissione al beneficio de quo da
qualsiasi filtro di non manifesta infondatezza delle ragioni del soggetto interessato.
Il detto percorso motivo si attaglia però ​al solo indagato o imputato, che, appunto,
“subisce” l’azione dell’organo pubblico e vede messa in gioco la propria libertà
personale, meno invece si addicono alla persona offesa, che è solo un soggetto
eventuale del procedimento penale, nel quale, comunque, non è coinvolta la sfera
della sua libertà personale ​(ordinanze n. 254 del 2011 e n. 339 del 2008). Per la parte
offesa risultano, invero, solo la necessità di garantirle l’effettività del diritto di difesa,
rimuovendo gli ostacoli di ordine economico all’esercizio delle prerogative difensive con
l’assistenza tecnica di un difensore, e la specificità del ruolo ad essa riconosciuto che si
sostanzia in «un’attività di supporto e di controllo» dell’operato del pubblico ministero tesa a
realizzare una sorta di contributo all’esercizio dell’azione penale (sentenze n. 23 del 2015 e
n. 353 del 1991; ordinanza n. 3 del 2020).
Per tutte queste ragioni, quando la persone offesa pone in essere una condotta calunniosa,
infatti, non solo viene meno ogni esigenza di tutela del diritto di difesa, ma è addirittura
“tradito” il ruolo di supporto e controllo tradizionalmente riconosciutole​, posto che, in una
sorta di eterogenesi dei fini, la presunta persona offesa, invece di coadiuvare il pubblico
ministero, ne intralcia l’operato e lo trae in inganno, accusando un terzo di un reato nella
piena consapevolezza della sua innocenza.
Si potrebbe quindi ritenere necessario il desumere una revocabilità dell’ammissione, ma ​la
Corte precisa che si tratterebbe di introdurre ex novo una distinta ipotesi di revoca
del decreto di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, che non si
può realizzare in via giurisdizionale perché andrebbe a compiere una scelta distonica
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12 mesi di gratuito patrocinio
rispetto a quella effettuata dal legislatore di non operare alcuna distinzione tra i
soggetti del processo penale.
Pertanto, pur se la questione di fondo esiste, deve essere ritenuta riservata al legislatore
e, allo stato, la persona offesa che diventa imputata di calunnia non può vedere revocata la
sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
12. CHI PUÒ IMPUGNARE IL RIGETTO
DELL’AMMISSIONE?
Cassazione; individuato il soggetto legittimato a proporre opposizione al
provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
(lo si ribadisce nell’ordinanza n. 4023 del 18 febbraio 2020)​.
In particolare: in tema di patrocinio a spese dello Stato, ​la legittimazione ad impugnare il
decreto di rigetto dell’istanza di ammissione e quello di revoca del beneficio già
riconosciuto spetta alla sola parte che intendeva avvalersene o che tale revoca ha
subito, essendo l’unica titolare del diritto al suddetto patrocinio.
Non spetta invece sempre al difensore, il quale può agire esclusivamente, ove il
menzionato beneficio non sia venuto meno, per ottenere la liquidazione del compenso
eventualmente ad esso spettante.
Va quindi posto in risalto che, in materia di gratuito patrocinio, ​la legittimazione del
difensore in proprio è limitata soltanto alla controversia in tema di liquidazione di
compensi ma non è configurabile anche con riferimento all’opposizione avverso il
decreto di rigetto dell’istanza di ammissione o di revoca del gratuito patrocinio​; in tali
casi, infatti, detta legittimazione è riconoscibile al solo interessato, ovvero propriamente alla
parte che si vuole avvalere del gratuito patrocinio o che vi è stata ammessa ma il cui
beneficio sia stato poi revocato.
Per l’effetto, solo quando vi sia (A) rigetto o (B) accoglimento solo parziale dell’​istanza di
liquidazione del compenso del procuratore in regime di patrocinio a spese dello Stato,
sussiste la legittimazione esclusiva del difensore, quale unico destinatario del diritto a
ricevere quanto retributivo del suo ministerio defensionale da parte dell’erario​.
Infatti, il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga
opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle
somme liquidate, o la carenza di liquidazione agisce in forza di una propria autonoma
legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio
autonomo – avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del
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12 mesi di gratuito patrocinio
compenso – e non consequenziale rispetto a quello principale svoltosi in esercizio
dell’istituto.
Non spetta invece medesimo diritto alla parte assistita in patrocinio a spese dello Stato in
quanto non obbligata ad alcun pagamento del corrispettivo.
Risulta invero elemento incontestato che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato
determina la configurazione di un’assistenza professionale tra i due soggetti (patrocinato e
patrocinatore), mentre l’insorgenza del rapporto economico si instaura direttamente tra il
difensore e lo Stato.
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12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI:
Conformi:
Cass. 18 febbraio 2020, n. 4023;
Cass. 11 settembre 2018, n. 21997;
Cass. sez. unite 23.12.2016, n. 26907;
Cass. 27 gennaio 2015, n. 1539;
Cass. 15 dicembre 2014, n. 10705;
Difformi:
Non si rinvengono precedenti
Riferimenti normativi:
T.U.S.G.
Art. 93, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
Art. 93, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
Art. 99, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
Art. 112, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
Art. 113, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
13. LO STATO PUÒ LUCRARE SUL COMPENSO
DELL’AVVOCATO CHE ASSISTE CON IL GRATUITO
PATROCINIO?
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la ​sentenza n. 19 del 3 gennaio 202​0,
ha aperto nuovamente un dibattito sull’entità delle somme liquidate dal giudice in favore del
difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in comparazione con quanto
liquidato dal giudice a carico della parte soccombente in favore dello Stato.
Invero, al momento della liquidazione del compenso all’avvocato che assiste in regime di
patrocinio a spese dello Stato, quanto di spettanza del difensore viene quantificato in misura
ridotta rispetto alla tabellazione prevista per DM, dal 50 al 30 % in meno (rispettivamente nel
civile e nel penale), mentre nulla si dice di quanto deve pagare controparte.
Il TUSG DPR 30/05/2002, n. 115, dispone che, in generale:
Art. 82 DPR 115-2002 (Onorario e spese del difensore)
1. L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con
decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni
caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti
relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell’impegno
professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione
processuale della persona difesa.
2. Nel caso in cui il difensore nominato dall’interessato sia iscritto in un elenco degli
avvocati di un distretto di corte d’appello diverso da quello in cui ha sede il
magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale
pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste
dalla tariffa professionale.
3. Il decreto di pagamento è comunicato al difensore e alle parti, compreso il
pubblico ministero.
Il compenso del patrocinio a spese dello Stato in ambito civile viene dimezzato ai sensi del
disposto del TUSG DPR 30/05/2002, n. 115:
ART. 130 (L) (Compensi del difensore, dell’ausiliario del magistrato e del consulente tecnico
di parte)
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12 mesi di gratuito patrocinio
Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte
sono ridotti della metà.
L’importo dovuto viene determinato con riferimento alla tabellazione prevista con decreto
ministeriale (ad oggi il DM 55/2014 e successive modifiche) e, pertanto, ai sensi del TUSG il
legale civilista ammesso al gratuito patrocinio riceverà dallo Stato i compensi nella misura
ridotta del 50% (appunto la metà).
La valutazione comparata fra quanto liquidato a favore del patrocinio del non abbiente
vittorioso e quanto determinato a carico del soccombente avversario deve fare riferimento
all’art. 91 cod. proc. civ., che usa appositamente il termine “​rimborso​” immettendo
nell’ordinamento una norma inderogabile.
Art. 91 – Condanna alle spese
Il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui condanna la parte
soccombente ​al rimborso delle spese ​a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare …
(omissis).
La detta previsione legislativa, in sé apparentemente semplice, non vede rigorosa
applicazione a seguito della diffusa deroga che vede sovente omettere la totale rifusione
delle spese sostenute in concreto dalla parte vittoriosa.
Per questa ragione, ​la recente sentenza accentua questa disapplicazione di fatto,
ritenendo che quanto liquidato a favore del patrocinio del non abbiente vittorioso
possa essere diverso ed inferiore a quanto posto a carico del soccombente, tenuto a
rifondere però l’Erario e non la controparte processuale​.
Infatti, il disposto legislativo prevede che, qualora la parte ammessa al patrocinio vinca la
causa e quindi abbia diritto alla rifusione delle spese legali da parte del soccombente, detto
pagamento spetti allo Stato ai sensi del TUSG DPR 30/05/2002, n. 115:
ART. 133 (L) (Pagamento in favore dello Stato)
1. Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al
patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa
dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato.
La sentenza oggi in commento, ​Cass. n. 19 del 3 gennaio 2020​, ​sposa una corrente
giurisprudenziale successiva ad un precedente – ma non superato – orientamento
che impedisce che lo Stato possa incassare di più di quanto viene pagato al difensore
del patrocinio per i non abbienti.
I PRECEDENTI E LA SENTENZA 19/2020
Sul punto, infatti, si registrano successive ed opposte statuizioni:
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12 mesi di gratuito patrocinio
1. in un primo tempo, partendo dalle affermazioni contenute in Cass. pen. 9
novembre 2011 n. 46537​, il giudice di legittimità era pervenuto alla
conclusione secondo cui, “​qualora nell’ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa
la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a
quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art.
133 del d.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non
abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare
che l’eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto
dello Stato a discapito del soccombente​ ​ovvero, al contrario, di danno erariale​”;
quanto ora affermato era meglio precisato in ​Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud.
06-03-2019) 13-05-2019, n. 20552​.
Si viene così a ipotizzare, in via speculare al rischio di danno erariale, anche un possibile
indebito arricchimento in capo allo Stato qualora le spese liquidate a favore dell’erario per la
vittoria dell’assistito in regime di patrocinio a spese dello Stato sia superiore a quanto
effettivamente riconosciuto quale compenso professionale all’avvocato che ha garantito una
vittoriosa tutela dei diritti del non abbiente.
Buona conferma dei principi espressi fin qui arrivava con ​Cass. civ. n. 18167/2016, ​ove si
sottolinea che una diversità fra (I) liquidazione e (II) condanna alla rifusione
disconoscerebbe la vera ratio dell’istituto della rifusione delle spese legali, il quale mira
unicamente a tenere indenne la controparte dei costi sostenuti per la propria difesa, senza
perseguire ulteriori finalità di stampo punitivo. Peraltro,, il principio espresso dalla Corte,
traendo fondamento da principi generali, e non settoriali, dell’ordinamento, si afferma
connotato da una notevole vis espansiva, in virtù della quale esso si presta a trovare
applicazione non solo nell’ambito del processo penale, ma anche nel settore più ampio dei
giudizi civili.
In coerenza a tale enunciazione era poi seguita la medesima ​Cassazione civile con
l’ordinanza n. 21611 19 settembre 2017 che aveva confermato: “.​.. qualora nell’ambito di
un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il
giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo
Stato, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non
abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare che l’eventuale
divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente
ovvero, al contrario, di danno erariale​“.
Con quest’ultima sentenza, si ha la conferma dell’individuazione di un possibile di ingiusto
profitto in capo all’erario.
In epoca intermedia vi era stato anche un richiamo della ​Consulta che aveva recepito il
principio in una sua motivazione (in ​sentenza n. 270/2012​) affermando ” … ​laddove al fine
di escludere i dubbi di legittimità costituzionale ​del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 sollevati
dalle ordinanze di rimessione, ha escluso che, ove sia pronunziata condanna alle spese di
giudizio a carico della controparte del soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese
dello Stato, vi sia una iniusta locupletatio dell’Erario, atteso che, anche recentemente, la
18
12 mesi di gratuito patrocinio
giurisprudenza di legittimità aveva puntualizzato che la somma che, ai sensi del D.Lgs. n.
115 del 2002, art. 133, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo Stato
liquida al difensore del soggetto non abbiente​ ​...​“.
Di contenuti analoghi è anche la più recente sentenza della ​Corte Costituzionale n.
122/2016.
1. da ultimo, ​la Corte di Cassazione (II SEZIONE) ​ha cambiato orientamento e lo ha
precisato proprio con la ​sentenza n. 19 del 2020​: si è così affermato che, qualora
qualora vi sia differenza tra gli importi di tale liquidazione e di quella adottata carico
del soccombente nel giudizio di merito, non vi è vizio del decreto di liquidazione dei
compensi del procuratore in patrocinio a spese dello stato; ciò si è fatto motivando
con i passaggi che seguono:
1. innanzitutto, si dice che il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto
a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex
art. 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non
abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità
che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e
del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del
summenzionato art. 130.
2. in tal modo, da un lato, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente
sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e, dall’altro, si consente allo
Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al
singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto
corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità;
3. inoltre, nel quantificare i compensi del difensore delle parti ammesse al gratuito
patrocinio, non è in alcun caso consentito superare i limiti e le prescrizioni poste dalla
normativa di materia. Pertanto, pur a voler ammettere che il giudice sia tenuto a
quantificare detto compenso in misura corrispondente all’importo delle spese
processuali poste a carico della parte soccombente, resta fermo che il difensore della
parte ammessa al gratuito patrocinio non ha alcun titolo ad ottenere più di quanto
risulti dalla corretta applicazione delle disposizioni del testo unico,potendo contestare
solo sotto tali profili il decreto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 82;
4. si aggiunge a conferma che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina
che prevede una riduzione del compenso del procuratore in regime di patrocinio a
spese dello Stato, non lede il principio di parità di trattamento a causa del
particolare criterio di remunerazione delle attività prestata in favore dei non
abbienti, poiché il sistema è caratterizzato da peculiari connotazioni pubblicistiche e
la riduzione dei compensi ai sensi dell’art. 130 t.u.s.g. non impone al professionista
un sacrificio tale da “​risolvere il ragionevole legame tra l’onorario a lui spettante ed il
relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una – parzialmente diversa
– modalità di determinazione del compenso giustificato ​dalla considerazione
19
12 mesi di gratuito patrocinio
dell’interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell’ambito di una
disciplina, mirante ad assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di difesa in ogni
stato e grado del processo, nella quale la liquidazione degli onorari professionali è
suscettibile di restare a carico dell’erario​” (cfr., testualmente, Corte Cost. 122/2016;
Corte Cost. 270/2012). Quanto alla potenziale lesione del diritto di difesa per effetto
“​della più ridotta platea di professionisti disposta a difendere in sede civile le parti
non abbienti (data la minore remuneratività di tale attività)​“, può al più prospettarsi,
non un vizio di costituzionalità, ma “un mero inconveniente di fatto non direttamente
riconducibile alla applicazione della disposizione” (Corte Cost. 270/2012).
5. concludendo, si afferma, che solo la violazione delle disposizioni poste dal D.P.R. n.
115 del 2002 per la corretta liquidazione delle competenze in favore del difensore del
soggetto ammesso al patrocinio a spese dello stato può essere posta a fondamento
del ricorso del difensore, che non ha quindi motivo di dolersi dell’eventuale differenza
tra l’importo liquidatogli e quello invece posto a carico del soccombente (essendo
invece quest’ultimo l’unico ad essere effettivamente pregiudicato da tale differenza).
LE CRITICHE
Ebbene, se la recente scelta è fondata sui cinque motivi descritti, si deve rilevare che questi
non convincono già per i loro contenuti immotivatamente asimmetrici e, poi, pare necessario
aggiungere che essi paiono persino demoliti dalla coeva (ma non citata) giurisprudenza di
legittimità, oltre che negati dalla stessa giurisprudenza costituzionale erroneamente invocata
a proprio suffragio.
Per dare analitica contezza delle critiche appare pratico argomentare secondo il
medesimo ordine proposto nella sentenza in commento​.
1. In primis, si afferma che il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto
a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art.
133 del D.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non
abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R..
La questione non pare pertinente perché non si ravvede alcun riferimento normativo che
giustifichi un limite al Giudice penale nella diversificazione della liquidazione fra compenso a
favore del procuratore e rifusione delle spese a favore dell’erario.
La disciplina citata dalla massima non ha, infatti, alcuna riserva a favore del settore penale.
L’art. 106 bis prevede solo una diversificazione della riduzione del compenso, e nulla altro,
mentre l’art. 110 non crea alcuna riserva particolare a favore del processo penale.
Art. 106-bis DPR 115-2002 (Compensi del difensore, dell’ausiliario del magistrato, del
consulente tecnico di parte e dell’investigatore privato autorizzato)
20
12 mesi di gratuito patrocinio
● Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di
parte e all’investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo.);
Come accennato sopra, nell’affermare una diversità di disciplina, parimenti di alcuna utilità è
l’art. 110.
ART. 110 (L)
(Pagamento in favore dello Stato)
● Se si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, nel caso di sentenza di
non luogo a procedere ovvero di assoluzione dell’imputato ammesso al patrocinio
perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, il magistrato, se
condanna il querelante al pagamento delle spese in favore dell’imputato, ne dispone
il pagamento in favore dello Stato.
● Se si tratta di reato per il quale si procede d’ufficio, il magistrato, se rigetta la
domanda di restituzione o di risarcimento del danno, o assolve l’imputato ammesso
al beneficio per cause diverse dal difetto di imputabilità e condanna la parte civile
non ammessa al beneficio al pagamento delle spese processuali in favore
dell’imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato.
● Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno
il magistrato, se condanna l’imputato non ammesso al beneficio al pagamento delle
spese in favore della parte civile ammessa al beneficio, ne dispone il pagamento in
favore dello Stato.
In difetto dell’affermata distinzione delle modalità di liquidazione in ambito civile e penale,
cade ogni deduzione difensiva sul punto.
1. Di seguito si afferma che l’asimmetria fra il liquidato e quanto rifuso eviti che la parte
soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri
soccombenti e, in parallelo, si consente allo Stato di compensare le situazioni di
mancato recupero delle somme liquidate al difensore; anche qui i motivi sembrano
superabili e, anzi, già superati dalla medesima giurisprudenza di legittimità: l’evitare il
maggior favore verso il soccombente nei confronti del non abbiente ammesso al
beneficio rispetto alla controparte assistita in regime ordinario palesa un’iniqua
attenuazione del regime sanzionatorio imposto al condannato, disconoscendo così la
vera ratio dell’istituto della rifusione delle spese legali.Quest’ultimo mira unicamente
a tenere indenne la controparte dei costi sostenuti per la propria difesa, senza
perseguire ulteriori finalità di stampo punitivo (seppur non ricordata in sentenza, lo
affermava già Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., (ud. 15-03-2016) 16-09-2016, n. 18167).
In aggiunta, si deve precisare che l’intento sanzionatorio manifestato, dal punto di
vista sistematico, è certo improprio poiché manca alcuna previsione espressa in tal
senso, invero necessaria in via tassativa (si ricorda la limitazione di sanzioni ed illeciti
21
12 mesi di gratuito patrocinio
civili ad ipotesi tassativamente determinate), mentre il presupposto e la finalità della
rifusione delle spese di lite sono il rendere appunto indenne la controparte delle
spese effettivamente sostenute in ragione del processo, esulando del tutto da alcuna
finalità “punitiva” del tipo di quella ora prevista dall’art. 96 c.p.c., u.c.
D‘altro canto, il principio espresso dalla Corte di legittimità è pure confermato dall’ordinanza
n. 270/2012 del Giudice delle leggi ove si sottolinea che, traendo fondamento da principi
generali, e non settoriali, dell’ordinamento, quanto statuito risulta connotato da una notevole
vis espansiva​, in virtù della quale esso si presta a trovare applicazione non solo nell’ambito
del processo penale, ma anche nel settore più ampio dei giudizi civili.
Non solo: secondo la Corte Costituzionale (n. 122/2016) il vantaggio che la parte abbiente,
sapendo di godere di un trattamento privilegiato in ordine alle spese processuali,
ricaverebbe dalla condizione economica disagiata della controparte ammessa al gratuito
patrocinio, rappresenta un mero inconveniente di fatto irrilevante nel giudizio di
costituzionalità: a nulla giova quindi darne conto.
Per quanto invece riguarda il proposito di recuperare somme all’erario, la stessa sentenza
della Corte Costituzionale n. 270/12 precisa che, “​nel meccanismo attraverso il quale si
procede alla liquidazione dei compensi spettanti al difensore che abbia difeso in giudizi
diversi da quelli penali la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato …. non è dato
riscontrare alcuna forma di prelievo tributario, trattandosi semplicemente di una,
parzialmente diversa, modalità di determinazione dei compensi medesimi – giustificata, per
come dianzi dimostrato, dalla diversità, rispetto a quelli penali, dei procedimenti
giurisdizionali cui si riferisce – tale da condurre ad un risultato economicamente inferiore
rispetto a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario​“. Per l’effetto, se il
recupero di somme da parte dell’erario ha sempre una connotazione di esazione di un
qualche genere, si deve qui vedere negata ogni attività in tal senso a mezzo la diversa
quantificazione delle spese legali a favore dell’erario rispetto a quanto liquidato vero il
patrocinatore in regime di beneficio di Stato.
1. Per converso, la questione che all’avvocato che assiste con il beneficio spetta il solo
diritto a vedere liquidato quanto previsto dal TUSG poco aggiunge rispetto al veder
usato lo strumento per attuare l’art. 24 della costituzione come mera fonte di
discrimine in sfavore proprio di chi consente di garantire a tutti l’accesso alla difesa. Il
dato che concerne le modalità di liquidazione ex DPR 115/2002 è innegabile, ma ciò
non serve certo a legittimare il perseguimento di un fine diverso dal servire a
sostenere la difesa necessaria ai sensi della norma costituzionale e nel rispetto
dell’art. 91 c.p.c..
2. Si invoca a suffragio di una diversità modalità di liquidazione fra civile e penale (e in
questo caso non di diversa entità, lo si ricordi) l’affermazione della Consulta per la
quale non vi è lesione del principio di parità di trattamento: in realtà non pare vi sia
alcuna previsione legislativa in differenziazione delle discipline civili e penali da
invocare. La massima costituzionale del 2012 (che richiama altre statuizioni
precedenti) rileva l’assenza di una questione d’illegittimità fra le norme che all’epoca
22
12 mesi di gratuito patrocinio
prevedevano una differenziazione del ​quantum liquidato nel civile e nel penale, e ciò
si ivi afferma invocando il fatto che il sistema è caratterizzato da peculiari
connotazioni pubblicistiche atte a giustificare il differente trattamento.
Nella vicenda che ci riguarda oggi non si ha alcuna disparità sul piano legislativo, ma solo il
tentativo di dare una lettura differenziata a norme che prevedono il medesimo risultato, con
ciò violando ogni riserva di legge sul punto.
A dirla tutta, nella recente sentenza della Suprema Corte n. 11590/2019 citata in
provvedimento commentato si afferma che vi una diversa tempistica nelle liquidazioni del
processo civile e del processo penale e ciò consentirebbe di non estendere
meccanicamente il modello in uso in ambito penalistico, dove – a differenza che nel civile –
la liquidazione avverrebbe nel medesimo dispositivo: il tentativo di sviluppare tale tematica
risulta però controproducente perché – a partire dalla finanziaria 2016 – anche nel processo
civile si ha l’obbligatoria liquidazione in contestualità al provvedimento che chiude la fase
processuale alla quale le spese sono inerenti (art. 83, comma 3 bis del DPR 115/2002).
Art. 83 (L)
(Onorario e spese dell’ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte) 1.
L’onorario e le spese spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente
tecnico di parte sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, secondo le
norme del presente testo unico. (1)
2. La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e,
comunque, all’atto della cessazione dell’incarico, dall’autorità giudiziaria che ha
proceduto; per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di rinvio,
ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato. In ogni caso, il
giudice competente può provvedere anche alla liquidazione dei compensi dovuti
per le fasi o i gradi anteriori del processo, se il provvedimento di ammissione al
patrocinio è intervenuto dopo la loro definizione.
3. Il decreto di pagamento è comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico
ministero.
3-bis. Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del
provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta.
Se quindi si cercava un vincolo ​a contrariis​, ora si può dire che tale specificazione è
diventata conferma del poter applicare al civile il principio che si dava per pacifico nel
penale.
Del pari è del tutto ininfluente quanto affermato circa il minor numero di avvocati disponibili,
perché quanto conta non è invocare una maggior liquidazione a favore del procuratore, in
emulazione di quanto può accadere nel regime ordinario o per il processo penale, bensì il
23
12 mesi di gratuito patrocinio
ribadire che non esiste alcuna ragione plausibile per sostenere una maggior rifusione a
favore dell’erario.
1. In sentenza si conclude affermando che, non essendoci nessun danno per
l’avvocato, che vede comunque liquidato quanto dovutogli secondo il TUSG, nulla
osta a veder rifuse maggiori somme a favore dello stato. Ebbene, per quanto sia
corretto rilevare che non si ha un danno a carico del procuratore in regime di
patrocinio a spese dello Stato, è altrettanto corretto rilevare anche che nulla osta a
veder rispettata la norma ed a evidenziare che manca una previsione normativa
giustificante una maggior rifusione a favore dell’erario. Le stesse pronunce della
Consulta (n. 270/2012 e n. 122/2016) escludono « ​[…] che, ove sia
pronunziata condanna alle spese di giudizio a carico della controparte del soggetto
ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, vi sia una iniusta
locupletatio dell’Erario, atteso che, anche recentemente, la giurisprudenza di
legittimità ha puntualizzato che la somma che, ai sensi dell’art. 133 d.lgs. n. 115 del
2002, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo Stato liquida al
difensore del soggetto non abbiente (Corte di cassazione, Sez. VI penale, 8
novembre 2011, n. 46537)​». Ebbene, se non vi è un ingiusto profitto solo perchè
si ha allineamento di quanto liquidato come spese legali e quanto rifuso all’erario
come da massima del 2011, che si cerca di superare, pare facile dedurre che la
mancata coincidenza dei due importi causi un ingiustificato arricchimento e, in difetto
di una norma che ne dia almeno un qualche fondamento, sia del tutto insostenibile
in via interpretativa.
Per tutti i motivi dedotti, il provvedimento da ultimo occorso risulta non equilibrato e persino
collassante nei suoi punti fondanti proprio per non esser riuscito a superare le migliori
ragioni delle opposte statuizioni della Cassazione e della Corte Costituzionale.
Visto che, in materia di TUSG, la medesima Suprema Corte ha riconosciuto una particolare
autorevolezza alle pronunce della propria IV sezione (vedasi di seguito Cass. n.
20552/2019) alla quale vengono rimesse le questioni in tema di applicazione del decreto
presidenziale 115/2002 e la quale ha già mutato in senso opposto il suo orientamento, si
evidenzia che la sentenza in commento è stata pronunciata dalla II sezione: anche per
questa ragione, ma anche per la contraddittorietà con altre maggioritarie e coeve pronunce
della Suprema Corte e persino con precedenti di giurisprudenza costituzionale, non si può
che confidare ed auspicare in un intervento delle Sezioni Unite.
Riportiamo di seguito tutta la giurisprudenza di riferimento sia in massima che in testo
integrale, con evidenziate le parti di maggior rilievo.
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12 mesi di gratuito patrocinio
14. DA QUALE MOMENTO DECORRONO GLI EFFETTI
DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO
QUALORA LA DOMANDA SIA RIPROPOSTA AL
GIUDICE?
Talvolta accade che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel corso del giudizio
venga dichiarata in sentenza (o altro provvedimento) con decorrenza dalla proposizione
della domanda avanti il Giudice competente​ ​ex art. 124 DPR 115/2002​.
Tuttavia, la ​Cassazione – anche nel 2019 (​infra​) – ​ha precisato ​l’erroneità dell’ordinanza
che ammette al patrocinio a spese dello Stato con decorrenza solo dalla data di
riproposizione dell’istanza di ammissione al Giudice​, invece che dalla data di
presentazione dell’originaria istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Secondo la
Corte di legittimità l’effetto retroagisce dal momento della proposizione della primigenita
domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato avanti il COA.
Invero, in materia civile, ai sensi dell’art. 124 del d.P.R. n. 115/2002, l’organo competente a
ricevere l’istanza di ammissione è il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e, in particolare, “Se
procede la Corte di cassazione […] il consiglio dell’ordine competente è quello ove ha sede il
magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”.
L’​art. 126, comma 3, del d.P.R. n. 115/2002​, poi prevede che “Se il consiglio dell’ordine
respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al magistrato
competente per il giudizio, che decide con decreto”.
Il legislatore ha quindi previsto, in caso di rigetto-inammissibilità dell’istanza da parte del
Consiglio dell’Ordine – organo competente a ricevere l’istanza – che la medesima istanza
possa essere proposta al magistrato competente per il giudizio.
La II sezione civile della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 20710/2017, ha avuto modo di
ribadire che “ove l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – dichiarata
inammissibile dal consiglio dell’ordine degli avvocati – sia stata successivamente presentata,
sulla base della allegazione delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni, al
magistrato competente per il giudizio e da questo accolta, ​gli effetti dell’ammissione al
patrocinio decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata al consiglio
dell’ordine degli avvocati​”.
Un tanto è stato confermato recentemente anche da Cass., VI civile, nn. 9038 e 9039 del
2019.
Ciò è appunto in coerenza con quanto già rilevato da Cass., II civ., n. 24729/2011: “il
condizionare gli effetti della delibera di ammissione alla sua data di emissione (che deve
avvenire, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 126, nei dieci giorni successivi a
quello in cui è stata presentata o è pervenuta l’istanza di ammissione), porterebbe a
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12 mesi di gratuito patrocinio
pregiudicare illogicamente i diritti dell’istante per un fatto ad esso non addebitabile”, ciò
anche in linea con l’art. 24 della Costituzione che chiaramente non può consentire che “il
diritto ai non abbienti, con appositi istituti” di “agire e difendersi davanti ad ogni
giurisdizione”, “diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, venga condizionato
da un diniego all’ammissione al patrocinio da parte del precedente organo (Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati) deputato ad esaminare l’istanza.
RIFERIMENTI NORMATIVI
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 109​.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 122​.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 124​.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 126​.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 136​.
15. GRATUITO PATROCINIO: REVOCA AMMISSIONE
CON NOMINA DUE DIFENSORI
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12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Inerenti e conformi Cass. Civ. Sez. II, 4 /097 2017, n. 20710
Cass. civ. Sez. II, 23/11/2011, n. 24729
Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 01/04/2019, n. 9038
Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 01/04/2019, n. 9039
Difformi non presenti
La Cassazione Civile (Sent. Sez. 2 Num. 1736 Anno 2020) enuncia il principio che evidenzia
la ​possibilità, a pena di inammissibilità, della nomina di un solo difensore con il
patrocinio a spese dello Stato​.
In particolare si evidenzia che, ​dal complesso delle disposizioni del d.p.r. 115/2202 che
regolano per tutti i processi l’istituto del patrocinio a spese dello Stato – ed in
particolare dall’art. 80 che prevede che “chi è ammesso al patrocinio può nominare un
difensore” e dagli artt. 82 e 83 che dispongono la liquidazione dei compensi al difensore –
si ricava che l’art. 91 del medesimo d.p.r., pur se collocato all’interno del titolo
specificamente dedicato al processo penale, esprime un principio di carattere
generale.
Da detta rilevanza generale consegue che nel processo civile l’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato è esclusa se il richiedente è assistito da più di un difensore e, in ogni caso,
gli effetti dell’ammissione cessano a partire dal momento in cui la persona alla quale il
beneficio è stato concesso nomina un secondo difensore di fiducia.
Riportiamo il testo integrale della sentenza Cassazione Civile Sent. Sez. 2 Num. 1736 Anno
2020.
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12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Inerenti e conformi Cass. 5007/1981
Cass. 5168/1979
Cass. 4585/1977
Cass. 1734/1979
Cass. 5379/1977; si veda anche Cass. 1348/1980
Cass. 6094/1979
Cass. 22965/2011
Tribunale Trapani, 9 giugno 2005
Difformi non presenti
RIFERIMENTI NORMATIVI
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 80.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 82.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 83.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 91.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 130.
16. GRATUITO PATROCINIO: LA AUTOCERTIFICAZIONE
FALSA NON CAUSA OBBLIGATORIAMENTE LA REVOCA
La Corte di Cassazione Penale decide a Sezione unite sulla questione controversa della
revocabilità, o meno, dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso di
autorcertificazione falsa.
Le Sezioni Unite Penali intervengono affermando che l’eventuale autocertificazione non
veritiera (in quanto falsa o incompleta) delle condizioni reddituali non è sufficiente a
cagionare la revoca del decreto di ammissione in quanto la falsità non incide sulla
sussistenza dei requisiti di ammissibilità: la revoca può essere disposta solo nei casi
espressamente previsti dalla legge.
Questo è il principio statuito nel corso dell’udienza del 19 dicembre 2019 in cui le Sezioni
Unite Penali si sono espresse in merito al problema sollevato da ricorrente, per come
risultante dalle informazioni provvisorie 27-29/2019 (sotto allegate).
La vicenda sottoposta alle Sezioni Unite affrontava la questione se la falsità o incompletezza
dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ne
comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche
nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge. In alternativa si ipotizzava
che il mancato superamento dei limiti reddituali non comportasse alcuna revoca, appunto
essendo quest’ultima limitata ad alcuni e differenti casi previsti dalla disciplina dell’istituto.
La Suprema Corte a Sezioni Unite ha appunto scelto la seconda ipotesi evidenziando il fatto
che la revoca può essere disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
Resta invece invariato il principio per il quale secondo orientamento consolidato, ​è condotta
penalmente rilevante anche la falsa dichiarazione di un reddito che non superi la
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12 mesi di gratuito patrocinio
soglia massima per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ne abbiamo
parlato qui​ ​QUI​.
In calce riportiamo il testo delle informazioni provvisorie ed alleghiamo il pdf delle medesime.
RIFERIMENTI NORMATIVI
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 78
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 79
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 95
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 96
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 112
17. CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: NO ALLA
PRESCRIZIONE BREVE
Per la Cassazione la prescrizione breve del gratuito patrocinio è incompatibile con le regole
di contabilità pubblica che impongono l’emissione di un mandato di pagamento (ordinanza
29543/2019).
La prescrizione triennale (presuntiva) del credito dell’avvocato non si applica se chi deve
pagare il compenso è lo Stato.
La questione segue la decisione ricorrere per cassazione di un avvocato, che aveva svolto
l’incarico di difensore con patrocinio a spese dello Stato in un procedimento civile, che
formulava domanda di liquidazione dei compensi e la vedeva respinta con decreto del 31
marzo 2017.
Ne avevamo già scritto​ ​QUI​.
La Corte ha confermato che (cfr. Cass. n. 1304/1995) la presunzione di pagamento prevista
dagli artt. 2954, 2955 e 2956 c.c., va applicata solo a quei rapporti che si svolgono senza
formalità e non opera quando il diritto, di cui si chiede il pagamento, scaturisce da un
contratto stipulato per iscritto.
Di conseguenza esula dalla previsione della norma di cui all’art. 2956 c.c., n. 2, il credito
verso un ente nascente da contratto scritto.
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12 mesi di gratuito patrocinio
Nella fattispecie, essendo il credito vantato nei confronti del Ministero, sottoposto
all’applicazione delle regole di contabilità pubblica di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 55, e
del regolamento di contabilità di cui al R.D. n. 827 del 1924, ciò implica che i pagamenti
debbano essere improntati ad un rigido formalismo, e che pertanto anche il pagamento in
oggetto, in quanto previsto dal D.L. n. 8 del 1991, come posto a carico del Ministero
convenuto, non poteva prescindere dalla formale emissione di un mandato di pagamento.
Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: In caso di crediti vantati nei confronti
dell’Amministrazione dello Stato, attesa la necessità di fare applicazione delle regole di
contabilità pubblica anche in relazione ai pagamenti, devesi a tal fine provvedere mediante
appositi mandati di pagamento, non è possibile invocare la prescrizione presuntiva.
RIFERIMENTI NORMATIVI
● Art. 2938 c.c.
● Art. 2954 c.c.
● Art. 2955 c.c.
● Art. 2956 c.c., n. 2.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76.
30
12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Inerenti e conformi Cassazione Civile Sez. II, 01/07/1996, n. 5959.
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/07/2017, n. 16486.
Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 20-12-2017, n. 30539.
Difformi Non si rinvengono precedenti
18. QUANDO LA PARTE SI PUÒ DIFENDERE
PERSONALMENTE SI PUÒ AVERE IL GRATUITO
PATROCINIO?
La Corte Costituzionale, con una recentissima ORDINANZA (la n. 234/2019), conferma un
orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità (ne avevamo scritto ​QUI​) in
merito alla fruibilità del patrocinio a spese dello Stato quando la parte può stare in giudizio
personalmente.
La Consulta, con l’ordinanza n. 234 del 13/11/2019, ha dichiarato sia la manifesta
infondatezza che la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
sollevata, in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 111, comma 2, Cost., dell’art. 74, comma 2,
del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui prevede il patrocinio a spese dello Stato
anche in favore delle parti non abbienti che si avvalgano della difesa tecnica nei giudizi
davanti al giudice di pace in cui sia ammesso che la parte si difenda personalmente senza
avvocato, a seguito del modesto valore del contenzioso.
L’eccezione era sollevata per l’art. 3, comma 1, della Carta Costituzionale sotto il profilo
della violazione dei principi di pari dignità sociale e uguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge, nonché per l’art. 111, secondo comma, assumendo la violazione del principio di parità
processuale delle parti.
In particolare, giudice rimettente censura l’art. 74, comma 2, del TUSG nella parte in cui non
dispone che, nell’ipotesi in cui il legislatore ha previsto l’autodifesa personale si debba
anticipare il solo contributo unificato al richiedente il «gratuito patrocinio; inoltre la
disposizione censurata violerebbe anche l’art. 111, secondo comma, Cost., in quanto nei
procedimenti aventi a oggetto sanzioni amministrative le pubbliche amministrazioni resistenti
«… si avvalgono ordinariamente dell’autodifesa con la delega a funzionari che certamente
non sono equiparabili ai difensori nominati con conseguente violazione di detto principio di
parità delle parti processuali».
In riferimento all’art. 3 Cost., la Corte evidenzia che il limite reddituale per l’accesso al
beneficio del patrocinio a spese dello Stato è espressione di un bilanciamento rimesso alla
discrezionalità del legislatore e coerente con la garanzia costituzionale dell’art. 24, terzo
comma, Cost.
Per quanto concerne l’art. 111, il Comune resistente può scegliere di difendersi avvalendosi
di un proprio funzionario o procedendo alla nomina di un avvocato: detta scelta non
pregiudica la tutela giurisdizionale dello stesso Comune e comunque ciò è irrilevante al fine
della tutela giurisdizionale del ricorrente e ininfluente al fine dell’applicazione da parte del
giudice a quo della disposizione denunciata.
La Corte Costituzionale precisa che è diritto della parte, peraltro anch’esso di rango
costituzionale, la scelta di difendersi personalmente o farsi assistere da un difensore tecnico
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12 mesi di gratuito patrocinio
con una specifica preparazione tecnica, in grado di garantire l’effettività della tutela
giurisdizionale richiesta proprio dall’art. 24 Cost.
Si riporta di seguito il testo il testo integrale della sentenza, con una tabella della
giurisprudenza di riferimento.
***
RIFERIMENTI NORMATIVI
● Art. 3, comma 1, Cost.
● Art. 111, comma 2, Cost.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 74, comma 2.
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 75.
19. REATO ANCHE LE FALSE DICHIARAZIONI NON
SUPERANTI LA SOGLIA REDDITUALE
La Corte di Cassazione, con una recente SENTENZA (la n. 49572/2019), precisa un
orientamento già espresso: ​è condotta penalmente rilevante anche la falsa
32
12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Inerenti e conformi Corte Costituzionale ordinanza 234 del
13/11/2019.
Cassazione Civile Sent. Sez. 2, Num. 15175 del 13/06/2019.
Cass. civ. Sez. II, Sent. n. 30069 del 14-12-2017.
Cass. civ. Sez. II Sent. n. 164 del 05/01/2018.
Difformi Non si rinvengono precedenti
dichiarazione di un reddito che non superi la soglia massima per l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato.
Pertanto, ciò che rileva è solo che il richiedente il beneficio abbia consapevolmente omesso
la dichiarazione di un suo reddito, a nulla rilevando la non decisività di esso ai fini
dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio.
In merito, la giurisprudenza della Suprema Corte ha più volte affermato che “ai fini della
integrazione del reato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 95, in caso di effettiva
sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, non è sufficiente che
l’istanza contenga falsità od omissioni, dovendo il giudice procedere ad una rigorosa verifica
dell’elemento soggettivo del reato, al fine di escludere l’eventuale inutilità del falso”.
Pertanto, il reato sussiste anche quando la falsità o l’omissione riguardi redditi in concreto
rientranti nei limiti massimi stabiliti dalla legge per ottenere il beneficio del patrocinio per non
abbienti a spese dello Stato, nondimeno in tal caso occorre verificare con particolare
attenzione se, alla stregua delle risultanze processuali, la falsità o l’omissione fosse
realmente espressiva di deliberato mendacio o reticenza sulle effettive condizioni reddituali o
non fosse piuttosto frutto di disattenzione, come tale non qualificabile come dolo.
Sul punto, è stata rimessa alle Sezioni Unite la soluzione della questione: “Se la falsità o
incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta
ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge; ovvero in
tale ultima ipotesi, non incidendo sull’ammissibilità dell’istanza, ne determini la revoca
soltanto nei casi espressamente previsti dagli artt. 95 e 112 del D.P.R. n. 115 del 2002”
(Cass. pen. Sez. IV Ord., 04/06/2019, n. 29284).
Si riporta di seguito il testo il testo integrale della sentenza, con una tabella della
giurisprudenza di riferimento.
***
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12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Inerenti e conformi Cassazione penale Sez. 4, Sentenza n. 45786 del 04/05/2017
Cassazione penale Sez. 4, Sentenza n. 7192 del 11/01/2018
Cassazione penale Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015
Cassazione penale Sez. 4, Sentenza n. 20836 del 16/04/2019
Cassazione Penale Sez. 4 Ordinanza n. 29284 del 04/06/2019
RIFERIMENTI NORMATIVI
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 95
20. SI CUMULA IL MANTENIMENTO DEI FIGLI CON IL
REDDITO DELL’EX CONIUGE
La ​Corte di Cassazione​, con una recentissima ORDINANZA (la n. 24378/2019 ), ritorna sul
tema della ​qualificazione dell’assegno per il mantenimento dei figli confermandone la
rilevanza ai fini della determinazione della soglia reddituale per l’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato in quanto, se il richiedente l’accesso al beneficio convive con il coniuge o
con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo
periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.
Invero, ai fini della verifica di siffatta condizione di minorazione deve venire in
considerazione ogni componente di reddito, imponibile o meno, siccome espressivo di
capacità economica.
Per questa ragione, per l’ammissione al gratuito patrocinio devono essere indicati, ex art. 76
d. P.R. n. 115 del 2002, anche i redditi esentati dal computo ai fini dell’IRPEF e quindi pure
gli assegni di mantenimenti ricevuti dal coniuge separato non collocatorio dei figli (lo stesso
dicasi gli assegni familiari e pensioni di invalidità), i quali, pur non essendo tassati,
concorrono a determinare il limite di reddito previsto per l’ammissione al beneficio in
questione.
La questione impatta su un orientamento della prassi che andava in senso opposto (ne
avevamo parlato ​qui​). Purtroppo si va incidere su quella che è la disponibilità di fatto del
coniuge più debole perchè, qualunque sia la scelta del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in
materia di ammissione provvisoria, questa decisione sarà il riferimento dell’Agenzia delle
Entrate in sede di verifica definitiva dei requisiti per accedere al beneficio.
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12 mesi di gratuito patrocinio
Cass. pen. Sez. 4 Sentenza n. 12410 del 06/03/2019
Difformi Non si rinvengono precedenti
Si riporta il testo integrale delle sentenze di riferimento.
RIFERIMENTI NORMATIVI
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76
● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 92
21. COME SI IMPUGNA LA REVOCA IN SENTENZA
DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO?
APPELLO O RICORSO EX ART. 170 DPR 115/ 2002? LA
CASSAZIONE FA CHIAREZZA!
In riferimento ad un provvedimento della Corte d’Appello di Venezia, la ​Cassazione affronta
il problema delle modalità dell’impugnazione del provvedimento di revoca adottato
con la sentenza che chiude il processo dinanzi al giudice del merito (in uno dei capi
della medesima sentenza) anziché con un separato decreto.
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12 mesi di gratuito patrocinio
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi
Cass. civ. sez. II, 30/09/2019, (ud. 08/02/2019, dep. 30/09/2019), n.
24378/2019 (in materia di assegni di mantenimento)
Cass. Pen., 05-05-2016, (ud. 09/03/2016), n. 18818/2016
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-02-2016) 01-06-2016, n. 23223
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2012) 04-10-2012, n. 39067 (in materia
di assegni familiari)
Difformi Non si rinvengono precedenti
Secondo la Suprema Corte, che così conferma il cambio di orientamento (inziato con Cass.
civ. n. 29228/2017), il ricorrente che vuole impugnare la revoca lo deve fare ricorrendo al
rimedio, avente carattere generale, dell’opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art.
170​, e non più ​con il mezzo di impugnazione previsto per la sentenza che accoglie o
respinge la domanda (appello o ricorso per cassazione), secondo il precedente indirizzo di
cui a Cass. n. 7191/2016.
Invero, l’utilizzo di uno specifico e rapido rimedio impugnatorio (l’opposizione al capo
dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento
impugnato), risponde ad un’esigenza di semplificazione, permettendo così di evitare che la
questione inerente l’ammissione al patrocinio dello Stato, che riguarda l’accesso alla difesa,
coinvolga le altre parti del processo, divenendo terreno di una comune contesa, e
consentendo il riesame della sola questione dell’ammissione senza costringere ad esercitare
il gravame con il rito ordinario.
Invero, la pronuncia della revoca con separato decreto, significa ed implica che l’opposizione
al relativo provvedimento e il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide
sull’opposizione si svolgono, non tra le parti del processo “principale”, ma tra colui che aveva
chiesto l’ammissione al patrocinio e l’Amministrazione statale (Agenzia delle Entrate). Vi è
quindi diversità dei soggetti interessati a contraddire sulla revoca dell’ammissione al
patrocinio rispetto a quelli che sono parti della causa cui il beneficio dell’ammissione si
riferisce.
D’altra parte, l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ha natura di rimedio generale:
il sistema, pertanto, non tollera una diversificazione del sistema impugnatorio unicamente
sulla base dell’essere stata la pronuncia del provvedimento in tema di patrocinio inserita nel
medesimo atto – la sentenza – che definisce il giudizio in relazione al quale la parte ha
chiesto di avvalersi del beneficio (in tal senso dovendosi disattendere il contrario principio
espresso da Cass. n. 26966/2011, rimasto isolato nella successiva giurisprudenza di
legittimità, a mente del quale il rimedio impugnatorio sarebbe sempre ed unicamente il
ricorso per cassazione ex art. 111 co. 7 Cost.).
La Corte ha perciò riaffermato il seguente principio: “In tema di patrocinio a spese dello
Stato, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza
che definisce il giudizio di appello, anziché con separato decreto, come previsto dal D.P.R.
n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la
relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso
D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza,
sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione”, precisandosi
che si tratta di soluzione che ha trovato ulteriore conferma da ultimo in Cass. n. 3028/2018,
nonché in Cass. n. 32028/2018).
Riportiamo di seguito il testo integrale sia dell’ordinanza N. 28150/2019, dello scorso 25
settembre, che ha enunciato il principio di diritto, che della precedente Cass. civ. Sez. II,
Sent., (ud. 25-10-2017) 06-12-2017, n. 29228, nonchè il ricorso che introdotto il giudizio
deciso con la prima.
36
12 mesi di gratuito patrocinio
22. ADOZIONE MINORI, GRATUITO PATROCINIO E
COMPENSI DEL DIFENSORE D’UFFICIO DEL
GENITORE IRREPERIBILE
Da ora devono essere pagati dallo Stato anche i compensi dell’avvocato che difende
d’ufficio il genitore irreperibile, nei processi per adozione​. Vediamo perchè.
Con la sentenza 135 del 31 maggio 2019, la Corte Costituzionale ha ​dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 143​, comma 1, del D.P.R. 30/05/2002, n. 115, recante
«Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia
(Testo A)», ​nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e
le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile, nei processi di cui
alla legge 4 maggio 1983, n. 184​ (Diritto del minore ad una famiglia).
Il Giudizio è stato promosso dal Tribunale per i minorenni di Bari, nel corso di una procedura
aperta su istanza di liquidazione di onorari per l’attività professionale svolta dal richiedente
quale difensore di ufficio del genitore irreperibile, nel giudizio per la dichiarazione di
adottabilità del figlio minore.
La questione incidentale di legittimità costituzionale riguarda la norma citata ​«​nella parte in
cui non prevede che, in attesa che venga emanata una specifica disciplina sulla difesa
d’ufficio nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 [Diritto del minore ad una
famiglia], possano essere posti a carico dell’erario gli onorari e le spese spettanti al
difensore d’ufficio del genitore irreperibile​»​.
L’art. 143, dunque, omette di indicare tra le spese poste a carico dell’erario gli onorari
e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile e, pertanto, questi
non avrebbe diritto di ottenere il pagamento degli onorari per l’attività svolta​, salvo
ove la parte assistita sia di fatto irreperibile, ​stante l’impossibilità, per detto difensore,
«​sia di ricevere eventualmente nomina fiduciaria, sia di comprovare i titoli economici
che consentono l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato​»​.
Secondo la Consulta, la questione è fondata con riferimento alla violazione dell’art. 3 Cost.,
per la disparità di trattamento tra il difensore di ufficio di irreperibile nominato nell’ambito di
procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità di minori in condizioni di
abbandono e il difensore di ufficio di irreperibile nominato nell’ambito del procedimento
penale (in favore del quale il diritto a tale liquidazione è espressamente previsto dall’art. 117,
comma 1, del d.P.R. n. 115/2002).
In proposito, la Corte Costituzionale ha già avuto occasione di affermare che ​«​la diversità di
disciplina fra la liquidazione degli onorari e dei compensi nel processo civile e nel processo
penale trova fondamento nella diversità delle situazioni comparate (da una parte gli interessi
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12 mesi di gratuito patrocinio
civili, dall’altra le situazioni tutelate che sorgono per effetto dell’esercizio dell’azione penale)​»
(ord. n. 350 del 2005; ord. n. 270 del 2012 e n. 201 del 2006).
Rileva la Consulta che «​quel che viene in rilievo, e che dà fondamento alle censure di
disparità di trattamento e di irragionevolezza formulate dal rimettente, attiene all’an stesso
del compenso​», compenso che al difensore d’ufficio del genitore irreperibile, pur obbligato
ad assumerne la difesa, viene irragionevolmente negato.
La Corte osserva come la disparità di trattamento appaia ancor più priva di giustificazione
per la natura degli interessi in gioco e il ruolo del difensore chiamato ad apprestarvi tutela.
Invero, la ratio della difesa nei processi di adottabilità è quella di «​dare la massima
protezione ai diritti dei minori e dei loro genitori –– ai quali è appunto garantito di far valere le
proprie ragioni anche in assenza di un avvocato di fiducia –– per evitare che l’eventuale
debolezza sociale di tali soggetti influisca negativamente nel procedimento​». Infine, la
mancata previsione della liquidabilità, a carico dell’erario, degli onorari spettanti al difensore
d’ufficio dell’irreperibile nei processi di adottabilità non è frutto di una scelta definitiva del
legislatore del 2002 che, con la disposizione censurata, ha solo rinviato ad una successiva
«​specifica disciplina sulla difesa d’ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983 n.
184​» – ed è, quindi, solo conseguenza dell’inerzia del legislatore successivo: inerzia
protratta sino ad oggi.
Per tali ragioni, la Corte ha stabilito la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 143,
comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede che l’erario sia tenuto al
pagamento degli onorari e delle spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile,
come liquidati dal magistrato ai sensi dell’art. 82 del citato d.P.R.. Detta liquidazione, ai sensi
dell’art. 117, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, costituisce, tuttavia, una anticipazione,
avendo lo Stato diritto di ripetere le somme anticipate nei confronti di chi si sia reso
successivamente reperibile
23. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO MIGRANTI
IRREGOLARI: COME FARE?
La Giurisprudenza in materia di ammissione dello straniero non regolarmente soggiornante
al patrocinio a spese dello Stato è cambiata nel corso degli anni aprendo sempre di più e
andando anche in senso contrario al dettato letterale della norma; questo è avvenuto senza
però portare ad una pronuncia di incostituzionalità della disposizione dell’art. 119 del DPR
115/2002 (TUSG): esso, infatti, ​limita espressamente l’ammissione al gratuito patrocinio solo
a favore dello straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del
sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare​.
In successione ad una prima costante e rigorosa lettura del Testo Unico è seguita
un’apertura più orientata alla tutela dell’accesso al diritto di difesa sancito dalla carta
costituzionale.
Invero, l’art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai
cittadini); da ultimo, la superiore magistratura amministrativa ha confermato che, se
38
12 mesi di gratuito patrocinio
l’ordinamento ritiene che il patrocinio a spese dello Stato sia una implicazione necessaria del
diritto alla difesa costituzionalmente garantito, tale diritto non può essere negato allo
straniero che non sia “regolarmente soggiornante”: Cons. Stato Sez. III Sent., 14/01/2015, n.
59.
In questo senso, l’art. 119 del D.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui limita il beneficio allo
straniero “regolarmente soggiornante, va letto al fine di evitare il prestarsi a serie censure
sotto il profilo della costituzionalità.
Partendo dal suindicato passaggio interpretativo, ​la giurisprudenza di legittimità si è
espressa precisando che il concetto di “straniero regolarmente soggiornante” debba
essere interpretato in senso estensivo comprendendovi anche lo straniero che abbia
in corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire
il rilascio del permesso di soggiorno​. In miglior dettaglio, si può dire che lo straniero che
ha diritto ad ottenere un procedimento amministrativo per il rilascio del permesso di
soggiorno può accedere al beneficio di Stato, richiedendone l’ammissione ed ottenendo il
permesso provvisorio; quest’ultimo dovrà essere prodotto nella domanda per l’accesso al
beneficio medesimo, anche in via integrativa alla medesima.
***
Cass. civ. Sez. II Sent., 05/01/2018, n. 164
In tema di gratuito patrocinio, ove lo straniero abbia agito per ottenere l’autorizzazione
temporanea all’ingresso od alla permanenza in Italia per gravi motivi connessi con lo
sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del figlio minore, ex
art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, il suo regolare soggiorno sul territorio nazionale
non costituisce presupposto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato giacché tale
requisito, previsto in via generale dall’art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 per l’accesso degli
stranieri a detto beneficio, da un lato si identifica esattamente con il bene della vita ottenibile
in forza dell’art. 31, comma 3, cit. e, dall’altro, va interpretato in via estensiva,
comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo o
giurisdizionale dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno. (Cassa con
rinvio, TRIBUNALE PER I MINORENNI NAPOLI, 22/06/2016)
FONTI
CED Cassazione, 2018
***
Cass. civ. Sez. II Sent., 14/12/2017, n. 30069
Poiché il patrocinio a spese dello Stato rappresenta una implicazione necessaria del diritto
alla difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost., il requisito di “straniero
39
12 mesi di gratuito patrocinio
regolarmente soggiornante”, richiesto dall’art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 per accedere
ad esso, deve essere interpretato in senso estensivo, comprendendovi anche lo straniero
che abbia in corso un procedimento (amministrativo o) giurisdizionale, dal quale possa
derivare il rilascio del permesso di soggiorno, come avviene nel caso di azione ai sensi
dell’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, ove il requisito previsto in via generale per
l’accesso degli stranieri al patrocinio a spese dello Stato costituisce il bene della vita
ottenibile all’esito del giudizio, sicché, richiederlo come presupposto dell’ammissione al
patrocinio, si tradurrebbe in una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.
(Cassa con rinvio, TRIBUNALE PER I MINORENNI NAPOLI, 10/06/2016)
FONTI
CED Cassazione, 2017
***
Cons. Stato Sez. III, Sent., (ud. 08-01-2015) 14-01-2015, n. 59
In tema di gratuito patrocinio, , l’art. 119 del D.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui limita il
beneficio allo straniero “regolarmente soggiornante” si presta a serie censure sotto il profilo
della costituzionalità. A tacer d’altro, l’art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in
giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini); pertanto, se l’ordinamento ritiene che il patrocinio a
spese dello Stato sia una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente
garantito, tale diritto non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente
soggiornante”.
In questa luce la giurisprudenza è consolidata nel senso che, per evitare censure di
costituzionalità, quanto meno, il concetto di “straniero regolarmente soggiornante” debba
essere interpretato in senso estensivo comprendendovi anche lo straniero che abbia in
corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio
del permesso di soggiorno.
Massima redazionale ARt. 24, 2019
***
T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV Sent., 12/03/2012, n. 631
L’impugnativa del diniego di emersione, rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno
(precisandosi che, per quanto attiene al rinnovo, fa eccezione l’ipotesi in cui si tratti di
straniero che chiede il rinnovo prima della scadenza del titolo o comunque entro i termini di
legge) non rientra in alcuna delle previsioni che ammettono lo straniero al gratuito patrocinio,
non trattandosi di cittadino italiano (art. 74 D.P.R. n. 115/2002 – T.U. Spese di giustizia), né
di straniero regolarmente soggiornante (art. 119 del medesimo D.P.R.), né di soggetto
destinatario di un provvedimento di espulsione (art. 142). In definitiva, l’accesso dello
40
12 mesi di gratuito patrocinio
straniero al beneficio del gratuito patrocinio è riconosciuto in via eccezionale, con
conseguente inapplicabilità di esso al di fuori dei casi contemplati (art. 119 del citato D.P.R.).
FONTI
Massima redazionale Ipsoa, 2012
***
T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV Sent., 09/02/2012, n. 356
Gli stranieri sono ammessi al patrocinio a spese dello Stato in alcuni casi espressamente
previsti dall’ordinamento. L’impugnativa del diniego di emersione, rilascio o rinnovo
(precisandosi che, per quanto attiene al rinnovo, fa eccezione l’ipotesi in cui si tratti di
straniero che chiede il rinnovo prima della scadenza del titolo o comunque entro i termini di
legge) del permesso di soggiorno non rientra invero in alcuna delle previsioni che
ammettono lo straniero al gratuito patrocinio, non trattandosi di cittadino italiano (art. 74
D.P.R. n. 115/2002 – T.U. Spese di giustizia), né di straniero regolarmente soggiornante
(art. 119 del medesimo DPR), né di soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione
(art. 142). L’accesso dello straniero al beneficio del gratuito patrocinio è riconosciuto in via
eccezionale, con conseguente inapplicabilità di esso al di fuori dei casi contemplati (art. 119
del citato D.P.R.).
FONTI
Massima redazionale Ipsoa, 2012
***
Cass. civ. Sez. I Sent., 10/06/2011, n. 12744
Nel giudizio d’impugnazione avverso il diniego del riconoscimento dello “status” di rifugiato,
lo straniero può essere munito di titolo di soggiorno temporaneo (pure abilitante il medesimo
all’esercizio del lavoro) e può, dunque, essere considerato “regolarmente soggiornante” ai
fini dell’ammissione al patrocinio ex art. 119 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115; ne deriva
che il giudice chiamato a decidere sull’opposizione alla revoca di detta ammissione, ai sensi
dell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non può ravvisare alcuna presunzione
d’inesistenza del permesso di soggiorno, ma deve viceversa accertare se, alla data di
presentazione dell’istanza, lo straniero fosse munito del necessario permesso. (Cassa con
rinvio, Trib. Ancona, 19/06/2007)
FONTI
CED Cassazione, 2011
***
41
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Compendio 2020: gratuito patrocinio un anno di giurisprudenza

  • 1.
  • 2. Novembre 2020 GRATUITO PATROCINIO 12 mesi di giurisprudenza Appunti di Alberto Vigani INDICE 1. LA RENDITA INAIL COSTITUISCE REDDITO DA COMPUTARE PER IL GRATUITO PATROCINIO? 3 2. GRATUITO PATROCINIO: NO REVOCA PER MOTIVI DI REDDITO ALLA VITTIMA DI PROSTITUZIONE MINORILE 3 3. GRATUITO PATROCINIO E SEPARAZIONE CONSENSUALE: AMMISSIONE SEMPRE PERCHE IL CONFLITTO DI INTERESSI RESTA LATENTE 4 4. CASSAZIONE: PER LA REVOCA DEL GRATUITO PATROCINIO NON SERVE IL PASSAGGIO IN GIUDICATO DELLA LITE TEMERARIA 5 5. GRATUITO PATROCINIO: L’AVVOCATO PUÒ’ CHIEDERE I COMPENSI SOLO DOPO LA REVOCA 7 6. CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO: RIBADITA LA NON COPERTURA DELLA MEDIAZIONE 8 7. ARRIVA LA CASSAZIONE SEZIONI UNITE: FALSITÀ’ O ERRONEITÀ’ DICHIARAZIONE NON COMPORTA REVOCA AMMISSIONE 8 8. AUTOMATICA REVOCA DEL GRATUITO PATROCINIO SE ARRIVA DICHIARAZIONE DI MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA DOMANDA 9 1 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 3. 9. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL DEBITORE ESECUTATO: TRIB. CIV. VERONA, SEZ. II, DECRETO 27/11/2019 10 10. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL DEBITORE ESECUTATO 11 11. LA CONSULTA AFFRONTA LA QUESTIONE SE NEL PENALE SI PUÒ REVOCARE L’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO DELLA PERSONA OFFESA. PARE PROPRIO DI NO! 13 12. CHI PUÒ IMPUGNARE IL RIGETTO DELL’AMMISSIONE? 14 13. LO STATO PUÒ LUCRARE SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO CHE ASSISTE CON IL GRATUITO PATROCINIO? 16 14. DA QUALE MOMENTO DECORRONO GLI EFFETTI DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO QUALORA LA DOMANDA SIA RIPROPOSTA AL GIUDICE? 25 15. GRATUITO PATROCINIO: REVOCA AMMISSIONE CON NOMINA DUE DIFENSORI 27 16. GRATUITO PATROCINIO: LA AUTOCERTIFICAZIONE FALSA NON CAUSA OBBLIGATORIAMENTE LA REVOCA 28 17. CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: NO ALLA PRESCRIZIONE BREVE 29 18. QUANDO LA PARTE SI PUÒ DIFENDERE PERSONALMENTE SI PUÒ AVERE IL GRATUITO PATROCINIO? 31 19. REATO ANCHE LE FALSE DICHIARAZIONI NON SUPERANTI LA SOGLIA REDDITUALE 33 20. SI CUMULA IL MANTENIMENTO DEI FIGLI CON IL REDDITO DELL’EX CONIUGE 34 21. COME SI IMPUGNA LA REVOCA IN SENTENZA DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO? APPELLO O RICORSO EX ART. 170 DPR 115/ 2002? LA CASSAZIONE FA CHIAREZZA! 36 22. ADOZIONE MINORI, GRATUITO PATROCINIO E COMPENSI DEL DIFENSORE D’UFFICIO DEL GENITORE IRREPERIBILE 37 23. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO MIGRANTI IRREGOLARI: COME FARE? 39 24. DOMANDA DI GRATUITO PATROCINIO: SE INAMMISSIBILE NON SERVE LA MOTIVAZIONE 42 25. GRATUITO PATROCINIO: SI DEVE VERIFICARE L’EFFETTIVA CONVIVENZA AL MOMENTO DELLA DOMANDA, ANDANDO OLTRE IL DATO ANAGRAFICO 43 26. GRATUITO PATROCINIO: SI ESCLUDE IL REDDITO DEL CONIUGE ANCHE NELLA SEPARAZIONE CONSENSUALE 44 2 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 4. 1. LA RENDITA INAIL COSTITUISCE REDDITO DA COMPUTARE PER IL GRATUITO PATROCINIO? Avevamo già affrontato la questione del computo della rendita​ ​INAIL scrivendone qui. Si rende necessario verificare la natura della dazione dell’istituto assicurativo,e la computabilità ai fini della determinazione al reddito rilevante per l’ammissione al gratuito patrocinio: in dettaglio si pone la questione se le somme percepite a titolo risarcitorio siano destinate a reintegrare un danno concretizzatosi nella mancata percezione di redditi e se non si tratta di reintegra patrimoniale e non remunerativa. Infatti, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, le somme percepite a titolo risarcitorio sono soggette ad imposizione solo qualora risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, non costituendo invece reddito imponibile nella diversa ipotesi in cui esse tendano a ristorare un pregiudizio di natura diversa, non è, peraltro, portato esclusivo della giurisprudenza civile. Pertanto, il discrimine tra entrate patrimoniali rilevanti ovvero non rilevanti nell’accezione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, sta non già nell’essere il reddito imponibile ovvero esente o soggetto a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva ma ​nella natura effettivamente reddituale o meno, nel senso che concorrono al reddito le somme percepite a titolo risarcitorio ove esse siano destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito nella diversa ipotesi in cui tendano a ristorare un pregiudizio di diversa natura. Il principio è stato enunciato dalla ​Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 15 settembre – 1° ottobre 2020, n. 27234​, pronunciandosi sulla qualificazione della rendita Inail percepita dal padre di un richiedente l’ammissione al gratuito patrocinio, a titolo di indennizzo per la perdita di un altro figlio. 2. GRATUITO PATROCINIO: NO REVOCA PER MOTIVI DI REDDITO ALLA VITTIMA DI PROSTITUZIONE MINORILE La sentenza in questione (​15 aprile 2020, n. 12191​) decide l’impugnazione avverso la ordinanza della Corte d’appello che revocava, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, comma 1 lett. d), su richiesta dell’ufficio finanziario competente, l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato già disposto dal Tribunale in favore di un donna, ove si 3 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 5. rilevava che la stessa e il suo nucleo familiare avevano percepito per l’anno 2018 redditi ai fini IRPEF, eccedenti il limite di legge per l’ammissione al beneficio in parola. La Corte di Cassazione– nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui si versava in un’ipotesi rientrante tra quelle per le quali il ​D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-ter​– precisa che la persona offesa può essere ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche in deroga ai limiti di reddito e la relativa istanza necessita esclusivamente dei requisiti di cui all’art. 79, comma 1, lett. a) e b), del decreto e non anche dell’allegazione da parte dell’interessato, prevista dalla lett. c), del medesimo articolo, di una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione (cfr. sez. 4 n. 13497 del 15/02/2017, Mattioli, Rv. 269534) dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-ter: 4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. non è tenuto ad adempiere all’obbligo di cui allo stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. d). *** ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI ● Conformi: Cass. pen. sez.. 4, n. 13497 del 15/02/2017 ● Difformi: non si rinvengono precedenti RIFERIMENTI NORMATIVI 1. Art. 76 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 2. Art. 79 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 3. Art. 112 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 3. GRATUITO PATROCINIO E SEPARAZIONE CONSENSUALE: ammissione sempre perchè il conflitto di interessi resta latente La cassazione precisa che ci può ​sempre essere gratuito patrocinio nella separazione consensuale avanti il tribunale​. 4 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 6. Si può accedere al gratuito patrocinio anche nella cause di separazione consensuale, nella quale permane il potenziale conflitto di interessi: quest’ultimo era stato già precisato in un recente caso di separazione giudiziale (Cass. 30068/2017); di seguito si era estesa la soluzione al procedimento di separazione su base concordata (Cass. 20385/2019). E’ stato infatti ritenuto che ​la circostanza che i coniugi accedano al giudizio di omologazione sulla base di un accordo consensuale, accesso che, di regola comune, può avvenire anche unilateralmente (art. 711 c.p.c., comma 2), non comporta l’assenza di interessi confliggenti​. Peraltro, gli esiti dell’iniziativa per la separazione non sono predefiniti, neppure nell’ipotesi di un accordo consensuale, che non ha efficacia se non a seguito del controllo del giudice, che può ricusare il tenore degli accordi per ragioni di contrarietà ai principi di ordine pubblico o agli interessi dei figli (cfr. l’art. 158 c.c., comma 2), come può concludersi con un assetto diverso rispetto al contenuto inizialmente concordato dai coniugi. Incidenter tantum​, viene confermato che ​la separazione dei coniugi non incide sui diritti della personalità​, non consentendo perciò di accedere al regime agevolato che limite il computo dei redditi per la determinazione della soglia di ammissione al solo richiedente. Corte di cassazione – Sezione II – 29 settembre 2020 n. 20545. 4. CASSAZIONE: PER LA REVOCA DEL GRATUITO PATROCINIO NON SERVE IL PASSAGGIO IN GIUDICATO DELLA LITE TEMERARIA Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 06/12/2017, n. 29144 La revoca dell’ammissione al beneficio per la temerarietà della lite può essere disposta indipendentemente dal passaggio in giudicato della decisione di merito che abbia accertato la condotta processuale abusiva​. Questo perché l’autorità della sentenza di primo grado, qual è desumibile dall’art. 337 c.p.c., giustifica l’adozione di un provvedimento che si fondi sull’accertamento dei fatti come operato nella stessa, e considerato che, ove si negasse la possibilità di adottare immediatamente un provvedimento di revoca a fronte di domande avanzate con mala fede o colpa grave conclamate, sarebbe consentito alla parte di reiterare la condotta abusiva in sede di impugnazione, continuando a beneficiare del patrocinio a spese dello Stato, con possibilità pressoché nulle di recupero delle spese anticipate a tale titolo. (Rigetta, TRIBUNALE PADOVA, 13/05/2015) 5 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 7. FONTI CED Cassazione, 2017 *** Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 31/07/2014, n. 17461 In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca del provvedimento di ammissione, ai sensi dell’art. 136 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, può essere disposta solo qualora non sussistessero in origine o siano venute meno le condizioni reddituali oppure se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Pertanto, la condotta del difensore che taccia, nel corso del processo, circa l’ammissione al beneficio non ne giustifica la revoca, salvi gli eventuali effetti sul piano disciplinare o della permanenza nell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato. (Cassa con rinvio, Trib. Napoli, 06/11/2012) FONTI CED Cassazione, 2014 *** Cass. civ. Sez. Unite Sent., 19/06/2012, n. 10027 (rv. 623042) Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ., come si trae dall’interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l’art. 282 cod. proc. civ.: il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza di primo grado. Pertanto, allorché penda, in grado di appello, sia il giudizio in cui è stata pronunciata una sentenza su causa di riconoscimento di paternità naturale e che l’abbia dichiarata, sia il giudizio che su tale base abbia accolto la domanda di petizione di eredità, ed entrambe le sentenze siano state impugnate, il secondo giudizio non deve di necessità essere sospeso, in attesa che nel primo si formi la cosa giudicata sulla dichiarazione di paternità naturale, ma può esserlo, ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ., se il giudice del secondo giudizio non intenda riconoscere l’autorità dell’altra decisione. Non ostano, a tale conclusione, le disposizioni degli artt. 573 e 715 cod. civ., non essendo in questione il momento dal quale si producono gli effetti della dichiarazione di filiazione naturale, ma il potere del giudice, cui la seconda domanda sia proposta, di conoscerne sulla base della filiazione naturale già riconosciuta con sentenza, pur non ancora passata in giudicato. (Regola sospensione, App. Torino, 15/03/2011) 6 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 8. FONTI CED Cassazione, 2012 Corriere Giur., 2012, 11, 1322 nota di ZUFFI Famiglia e Diritto, 2013, 5, 450 5. GRATUITO PATROCINIO: L’AVVOCATO PUO’ CHIEDERE I COMPENSI SOLO DOPO LA REVOCA In tema di ​patrocinio a spese dello Stato​, l’avvocato della parte che vi sia ammessa ​non può richiedere al cliente i propri compensi professionali, in assenza di un provvedimento di revoca​ del beneficio ad opera del giudice del procedimento principale. Solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica. Invero, il sistema per la difesa dei non abbienti demanda al giudice del procedimento in cui è prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione e, quando esse vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche, il potere di revoca; in quest’ultimo caso, peraltro, proprio perché la revoca del beneficio non ha effetto retroattivo, al cittadino è garantita l’assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del mutamento delle condizioni. Tale verifica era, altresì, rilevante perché, ​in caso di revoca per il mutamento delle condizioni patrimoniali​, ​doveva essere esclusa l’efficacia retroattiva del provvedimento​, sicchè incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il mutamento delle condizioni patrimoniali. Cassazione Sez. VI – 2, Ord., (ud. 13-12-2019) 05-06-2020, n. 10669 (Rigetta, TRIBUNALE GORIZIA, 14/09/2018) 6. CASSAZIONE E GRATUITO PATROCINIO: RIBADITA LA NON COPERTURA DELLA MEDIAZIONE Corte di Cassazione, (data ud. 18/12/2019) 31/08/2020, n. 18123: ​l’avvocato della parte ammessa al gratuito patrocinio non ha diritto al compenso professionale a spese 7 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 9. dello Stato​, per quanto attiene alle attività compiute nell’interesse del cliente, durante la mediazione obbligatoria​. In modo espresso, la norma D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 74, limita l’operatività del patrocinio a spese dello Stato all’ambito del procedimento sia penale che civile, eppertanto postula l’intervenuto avvio della lite giudiziale. Detto limite non può esser superato dal Giudice con attività di interpretazione posto che in tal modo verrebbe ad incidere sulla sfera afferente la gestione del pubblico denaro, specie con relazione alle disposizioni di spesa,materia riservata al Legislatore e presidiata da precisi dettami costituzionali – Cass. sez. 2 n. 24723/11, Cass. sez. 1 n. 15490/04, Cass. sez. L n. 17997/19 -. Anche la prospettata questione di sospetta illegittimità costituzionale delle norme in tema di patrocinio a spese dello Stato e mediazione, in quanto non consentono la liquidazione di compenso al difensore anche per la fase di mediazione obbligatoria quando non consegua la lite giudiziale, appare manifestamente infondata. Difatti l’argomento svolto dal ricorrente per sostenere il sospetto d’illegittimità costituzionale si fonda su presupposto fattuale non esistente in quanto nella specie: la procedura di mediazione obbligatoria svolta si concluse senza alcun accordo, sicchè doveva conseguire la lite. Lite giudiziaria che non intervenne poiché le parti raggiunsero accordo stragiudiziale, sicché la richiesta di compenso sarebbe correlata ad attività professionale stragiudiziale. Dunque la proposta questione di costituzionalità nella specie non assume rilevanza posto che il Legislatore ha ritenuto di riconoscere il patrocinio a spese dello Stato in relazione all’attività nell’ambito del processo e, non anche, per l’attività stragiudiziale, rimessa esclusivamente alla volontà delle parti, relativamente alla quale non concorre il pur previsto limite generale della manifesta infondatezza delle ragioni sostenute. Corte di Cassazione, (data ud. 18/12/2019) 31/08/2020, n. 18123 7. ARRIVA LA CASSAZIONE SEZIONI UNITE: FALSITA’ O ERRONEITA’ DICHIARAZIONE NON COMPORTA REVOCA AMMISSIONE In passato avevamo scritto del rinvio alle Sezioni Unite per la soluzione della questione: “Se la falsità o incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge; ovvero in tale ultima ipotesi, non incidendo sull’ammissibilità dell’istanza, ne determini la revoca soltanto nei casi espressamente previsti dagli artt. 95 e 112 del D.P.R. n. 115 del 2002” (Cass. pen. Sez. IV Ord., 04/06/2019, n. 29284). 8 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 10. Ora arriva la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 14273, depositata il 12 maggio 2020, che dirime ogni questione. Viene affermato in via definitiva il seguente principio di diritto: «​la ​falsità o l’incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall’art. 79 c. 1 lett. c) d.p.r. 115 del 2002, qualora i ​redditi effettivi non superino il limite di legge​, ​non comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato​, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dagli artt. 95 e 112 d.p.r. 115 del 2002». 8. AUTOMATICA REVOCA DEL GRATUITO PATROCINIO SE ARRIVA DICHIARAZIONE DI MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA DOMANDA La Corte di Cassazione (Sent. 16-04-2020, n. 7869) decide un ricorso ove si lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 13 e 136, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello di Potenza, a firma del relatore Fabrizio Nastri, avrebbe erroneamente disposto la revoca dell’ammissione del ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per effetto della ritenuta infondatezza del gravame dallo stesso proposto. Il ricorrente assume, in particolare, di non aver agito con colpa grave e che, pertanto, non sussistesse alcun motivo per disporre la revoca del beneficio al quale egli era stato ammesso. La Corte di cassazione conferma che la revoca del beneficio del patrocinio a spese dello Stato costituisce conseguenza automatica, prevista per legge (cfr. del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2), della dichiarazione di manifesta infondatezza della domanda. Si precisa che trattasi di misura evidentemente ispirata ad evitare che i costi derivanti dalla proposizione di domande evidentemente infondate, ovvero di iniziative giudiziarie attivate con malafede e colpa grave, ricadano sulla collettività. Il giudizio sulla sussistenza della colpa grave si risolve in un apprezzamento di fatto, non utilmente censurabile in Cassazione, che viene svolto direttamente dal giudice di merito investito della cognizione della causa​. Nè si ravvisano, nella normativa in esame, profili di contrasto con i principi posti dagli artt. 3 e 24 Cost.: quanto al primo, perché non sussiste alcun trattamento irragionevole di situazioni differenziate, essendo – al contrario – del tutto ragionevole che la situazione di colui che, essendo stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in via provvisoria, abbia agito o resistito in giudizio con colpa grave o malafede, o abbia proposto domande palesemente infondate, non meriti identico trattamento rispetto alla condizione del soggetto che, nella 9 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 11. identica condizione soggettiva, si sia invece comportato con buona fede e senza colpa, ed abbia proposto una domanda non manifestamente infondata. D’altro canto, neppure sussistono profili di contrasto con l’art. 24 Cost., giacchè il diniego dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non si traduce necessariamente ed in via automatica in una limitazione del diritto di azione e difesa dell’interessato. Inoltre, occorre considerare che ​l’ammissione viene sempre disposta in via provvisoria, onde appare ulteriormente ragionevole che, in sede di verifica finale, si faccia luogo alla revoca del beneficio in tutti i casi in cui la sua anticipata concessione si riveli non giustificata in ragione, alternativamente o cumulativamente, dell’atteggiamento soggettivo dell’interessato ovvero dell’oggettiva manifesta infondatezza della domanda da esso proposta. Riportiamo di seguito il testo esteso della sentenza di cassazione n. 7869/2020 e della precedente sentenza di merito della Corte di Potenza. Riferimenti normativi ● D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 ● Costituzione, art. 24 ● Costituzione, art. 24 Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 10-01-2020) 16-04-2020, n. 7869 9. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL DEBITORE ESECUTATO: ​TRIB. CIV. VERONA, SEZ. II, DECRETO 27/11/2019 Il tribunale di Verona interviene sulla legittimazione ad ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo esecutivo da parte del debitore esecutato: viene confermata solo in caso di opposizione. In particolare il giudice scaligero parte dal fatto che, ai sensi dell’art. 75, secondo comma, T.U.S.G., nel processo esecutivo, è espressamente statuito che ​la disciplina dei gratuito patrocinio si applica “​in quanto compatibile​”, così ponendo un’eccezione rispetto alla regola generale​. La disciplina del gratuito patrocinio è, quindi, applicabile al processo esecutivo non in via automatica, ma sulla base di una valutazione condotta da farsi caso per caso in ragione della peculiare natura del processo esecutivo e della diversa posizione processuale che assumono le parti. Infatti, nel processo esecutivo, “le attività che si compiono. non sono dirette all’accertamento in senso proprio di diritti, ma alla loro realizzazione pratica sulla base di un preesistente titolo esecutivo” (cfr. Cassazione civile sez. III, 02/11/2010, 10 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 12. n.22279) e, pertanto, “il debitore è soggetto al potere coattivo del creditore, recuperando solo nelle eventuali fasi di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., la cui funzione è diretta a stabilire un separato ambito di cognizione, la pienezza della posizione di parte, con possibilità di svolgere contraddittorio e difesa tecnica”. Per questa ragione anche il principio del contraddittorio viene a declinarsi diversamente rispetto alla giurisdizione dichiarativa, essendo, invero, funzionale al “il migliore esercizio della potestà ordinatoria, affidata al giudice stesso​”. Pertanto, nella maggior parte dei ​processi esecutivi, per la parte esecutata non vi è alcuna necessità finanche di interloquire con l’esercizio della potestà ordinatoria del Giudice dell’Esecuzione e, in presenza di un’esecuzione legittimamente avviata e nella quale gli atti del processo sono immuni da censure di legittimità o opportunità​, di far valere una propria pretesa nei confronti del creditore procedente proponendo un’opposizione esecutiva. In tutti questi casi non può, evidentemente, provvedersi all’ammissione della parte esecutata al patrocinio a spese dello Stato perché significherebbe gravare l’erario (e, quindi, in ultima analisi i contribuenti) di una spesa non utile ai fini della tutela della posizione della parte esecutata. Un tanto può essere anche everificato in sede di ammissione al gratuito patrocinio ove si svolge il preventivo vaglio di ammissibilità da parte dell’Ordine degli Avvocati in relazione alla non manifesta infondatezza della pretesa. Diversamente opinando, si finisce per ammettere al gratuito patrocinio soggetti sottoposti all’esecuzione senza poter operare la preventiva ed ineliminabile valutazione di utilità (o non manifesta infondatezza) dell’attività processuale che potrà eventualmente essere svolta a spese dell’Erario e nell’interesse della parte esecutata. 10. GRATUITO PATROCINIO: NECESSARIA NON MANIFESTA INFONDATEZZA PER IL DEBITORE ESECUTATO Il tribunale di Verona (DECRETO 27/11/2019) ​interviene sulla legittimazione ad ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo esecutivo da parte del debitore esecutato: viene confermata solo in caso di opposizione. In particolare il giudice scaligero parte dal fatto che, ai sensi dell’art. 75, secondo comma, T.U.S.G., nel processo esecutivo, è espressamente statuito che ​la disciplina dei gratuito patrocinio si applica “​in quanto compatibile​”, così ponendo un’eccezione rispetto alla regola generale​. La disciplina del gratuito patrocinio è, quindi, applicabile al processo esecutivo non in via automatica, ma sulla base di una valutazione condotta da farsi 11 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 13. caso per caso in ragione della peculiare natura del processo esecutivo e della diversa posizione processuale che assumono le parti. Infatti, nel processo esecutivo, “le attività che si compiono. non sono dirette all’accertamento in senso proprio di diritti, ma alla loro realizzazione pratica sulla base di un preesistente titolo esecutivo” (cfr. Cassazione civile sez. III, 02/11/2010, n.22279) e, pertanto, “il debitore è soggetto al potere coattivo del creditore, recuperando solo nelle eventuali fasi di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., la cui funzione è diretta a stabilire un separato ambito di cognizione, la pienezza della posizione di parte, con possibilità di svolgere contraddittorio e difesa tecnica”. Per questa ragione anche il principio del contraddittorio viene a declinarsi diversamente rispetto alla giurisdizione dichiarativa, essendo, invero, funzionale al “il migliore esercizio della potestà ordinatoria, affidata al giudice stesso​”. Pertanto, nella maggior parte dei ​processi esecutivi, per la parte esecutata non vi è alcuna necessità finanche di interloquire con l’esercizio della potestà ordinatoria del Giudice dell’Esecuzione e, in presenza di un’esecuzione legittimamente avviata e nella quale gli atti del processo sono immuni da censure di legittimità o opportunità​, di far valere una propria pretesa nei confronti del creditore procedente proponendo un’opposizione esecutiva. In tutti questi casi non può, evidentemente, provvedersi all’ammissione della parte esecutata al patrocinio a spese dello Stato perché significherebbe gravare l’erario (e, quindi, in ultima analisi i contribuenti) di una spesa non utile ai fini della tutela della posizione della parte esecutata. Un tanto può essere anche e verificato in sede di ammissione al gratuito patrocinio ove si svolge il preventivo vaglio di ammissibilità da parte dell’Ordine degli Avvocati in relazione alla non manifesta infondatezza della pretesa. Diversamente opinando, si finisce per ammettere al gratuito patrocinio soggetti sottoposti all’esecuzione senza poter operare la preventiva ed ineliminabile valutazione di utilità (o non manifesta infondatezza) dell’attività processuale che potrà eventualmente essere svolta a spese dell’Erario e nell’interesse della parte esecutata. 11. LA CONSULTA AFFRONTA LA QUESTIONE SE NEL PENALE SI PUÒ REVOCARE L’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO DELLA PERSONA OFFESA. PARE PROPRIO DI NO! Con la sentenza n. 47/2020, ​la Corte Costituzionale affronta la questione della costituzionalità dell’art. 112 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte in cui non prevede la possibilità di revoca del decreto di ammissione al patrocinio a spese 12 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 14. dello Stato in caso di «acclarata mancanza della veste di persona offesa​» dei reati di cui all’art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. n. 115 del 2002. La Corte, innanzitutto, precisa che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato è riconducibile ad una disciplina processuale nella cui conformazione il legislatore gode di ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà di quanto previsto​. Infatti, in tema di patrocinio a spese dello Stato, è cruciale l’individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia (sentenza n. 16 del 2018). In ambito extra penale, il riconoscimento del beneficio è richiesto, dal comma 2 dell’art. 74 del d.P.R. n. 115 del 2002, che le ragioni di chi agisce o resiste «risultino non manifestamente infondate»: per questa ragione è previsto la revoca dell’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Tutto ciò non vale invece per il processo penale, del quale il legislatore ha inteso sempre privilegiare le specificità: da un lato, l’essere frutto di un’azione dell’organo pubblico che viene “subita” dal soggetto che aspira al beneficio in parola; dall’altro, avere, come posta in gioco, il bene supremo della libertà personale (sentenza n. 237 del 2015). In quest’ultimo caso è garantita una più intensa protezione, sganciando l’ammissione al beneficio de quo da qualsiasi filtro di non manifesta infondatezza delle ragioni del soggetto interessato. Il detto percorso motivo si attaglia però ​al solo indagato o imputato, che, appunto, “subisce” l’azione dell’organo pubblico e vede messa in gioco la propria libertà personale, meno invece si addicono alla persona offesa, che è solo un soggetto eventuale del procedimento penale, nel quale, comunque, non è coinvolta la sfera della sua libertà personale ​(ordinanze n. 254 del 2011 e n. 339 del 2008). Per la parte offesa risultano, invero, solo la necessità di garantirle l’effettività del diritto di difesa, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico all’esercizio delle prerogative difensive con l’assistenza tecnica di un difensore, e la specificità del ruolo ad essa riconosciuto che si sostanzia in «un’attività di supporto e di controllo» dell’operato del pubblico ministero tesa a realizzare una sorta di contributo all’esercizio dell’azione penale (sentenze n. 23 del 2015 e n. 353 del 1991; ordinanza n. 3 del 2020). Per tutte queste ragioni, quando la persone offesa pone in essere una condotta calunniosa, infatti, non solo viene meno ogni esigenza di tutela del diritto di difesa, ma è addirittura “tradito” il ruolo di supporto e controllo tradizionalmente riconosciutole​, posto che, in una sorta di eterogenesi dei fini, la presunta persona offesa, invece di coadiuvare il pubblico ministero, ne intralcia l’operato e lo trae in inganno, accusando un terzo di un reato nella piena consapevolezza della sua innocenza. Si potrebbe quindi ritenere necessario il desumere una revocabilità dell’ammissione, ma ​la Corte precisa che si tratterebbe di introdurre ex novo una distinta ipotesi di revoca del decreto di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, che non si può realizzare in via giurisdizionale perché andrebbe a compiere una scelta distonica 13 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 15. rispetto a quella effettuata dal legislatore di non operare alcuna distinzione tra i soggetti del processo penale. Pertanto, pur se la questione di fondo esiste, deve essere ritenuta riservata al legislatore e, allo stato, la persona offesa che diventa imputata di calunnia non può vedere revocata la sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato. 12. CHI PUÒ IMPUGNARE IL RIGETTO DELL’AMMISSIONE? Cassazione; individuato il soggetto legittimato a proporre opposizione al provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (lo si ribadisce nell’ordinanza n. 4023 del 18 febbraio 2020)​. In particolare: in tema di patrocinio a spese dello Stato, ​la legittimazione ad impugnare il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione e quello di revoca del beneficio già riconosciuto spetta alla sola parte che intendeva avvalersene o che tale revoca ha subito, essendo l’unica titolare del diritto al suddetto patrocinio. Non spetta invece sempre al difensore, il quale può agire esclusivamente, ove il menzionato beneficio non sia venuto meno, per ottenere la liquidazione del compenso eventualmente ad esso spettante. Va quindi posto in risalto che, in materia di gratuito patrocinio, ​la legittimazione del difensore in proprio è limitata soltanto alla controversia in tema di liquidazione di compensi ma non è configurabile anche con riferimento all’opposizione avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione o di revoca del gratuito patrocinio​; in tali casi, infatti, detta legittimazione è riconoscibile al solo interessato, ovvero propriamente alla parte che si vuole avvalere del gratuito patrocinio o che vi è stata ammessa ma il cui beneficio sia stato poi revocato. Per l’effetto, solo quando vi sia (A) rigetto o (B) accoglimento solo parziale dell’​istanza di liquidazione del compenso del procuratore in regime di patrocinio a spese dello Stato, sussiste la legittimazione esclusiva del difensore, quale unico destinatario del diritto a ricevere quanto retributivo del suo ministerio defensionale da parte dell’erario​. Infatti, il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle somme liquidate, o la carenza di liquidazione agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio autonomo – avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del 14 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 16. compenso – e non consequenziale rispetto a quello principale svoltosi in esercizio dell’istituto. Non spetta invece medesimo diritto alla parte assistita in patrocinio a spese dello Stato in quanto non obbligata ad alcun pagamento del corrispettivo. Risulta invero elemento incontestato che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato determina la configurazione di un’assistenza professionale tra i due soggetti (patrocinato e patrocinatore), mentre l’insorgenza del rapporto economico si instaura direttamente tra il difensore e lo Stato. 15 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI: Conformi: Cass. 18 febbraio 2020, n. 4023; Cass. 11 settembre 2018, n. 21997; Cass. sez. unite 23.12.2016, n. 26907; Cass. 27 gennaio 2015, n. 1539; Cass. 15 dicembre 2014, n. 10705; Difformi: Non si rinvengono precedenti Riferimenti normativi: T.U.S.G. Art. 93, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 93, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 99, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 112, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 113, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
  • 17. 13. LO STATO PUÒ LUCRARE SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO CHE ASSISTE CON IL GRATUITO PATROCINIO? Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la ​sentenza n. 19 del 3 gennaio 202​0, ha aperto nuovamente un dibattito sull’entità delle somme liquidate dal giudice in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in comparazione con quanto liquidato dal giudice a carico della parte soccombente in favore dello Stato. Invero, al momento della liquidazione del compenso all’avvocato che assiste in regime di patrocinio a spese dello Stato, quanto di spettanza del difensore viene quantificato in misura ridotta rispetto alla tabellazione prevista per DM, dal 50 al 30 % in meno (rispettivamente nel civile e nel penale), mentre nulla si dice di quanto deve pagare controparte. Il TUSG DPR 30/05/2002, n. 115, dispone che, in generale: Art. 82 DPR 115-2002 (Onorario e spese del difensore) 1. L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell’impegno professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa. 2. Nel caso in cui il difensore nominato dall’interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto di corte d’appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale. 3. Il decreto di pagamento è comunicato al difensore e alle parti, compreso il pubblico ministero. Il compenso del patrocinio a spese dello Stato in ambito civile viene dimezzato ai sensi del disposto del TUSG DPR 30/05/2002, n. 115: ART. 130 (L) (Compensi del difensore, dell’ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte) 16 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 18. Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà. L’importo dovuto viene determinato con riferimento alla tabellazione prevista con decreto ministeriale (ad oggi il DM 55/2014 e successive modifiche) e, pertanto, ai sensi del TUSG il legale civilista ammesso al gratuito patrocinio riceverà dallo Stato i compensi nella misura ridotta del 50% (appunto la metà). La valutazione comparata fra quanto liquidato a favore del patrocinio del non abbiente vittorioso e quanto determinato a carico del soccombente avversario deve fare riferimento all’art. 91 cod. proc. civ., che usa appositamente il termine “​rimborso​” immettendo nell’ordinamento una norma inderogabile. Art. 91 – Condanna alle spese Il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui condanna la parte soccombente ​al rimborso delle spese ​a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare … (omissis). La detta previsione legislativa, in sé apparentemente semplice, non vede rigorosa applicazione a seguito della diffusa deroga che vede sovente omettere la totale rifusione delle spese sostenute in concreto dalla parte vittoriosa. Per questa ragione, ​la recente sentenza accentua questa disapplicazione di fatto, ritenendo che quanto liquidato a favore del patrocinio del non abbiente vittorioso possa essere diverso ed inferiore a quanto posto a carico del soccombente, tenuto a rifondere però l’Erario e non la controparte processuale​. Infatti, il disposto legislativo prevede che, qualora la parte ammessa al patrocinio vinca la causa e quindi abbia diritto alla rifusione delle spese legali da parte del soccombente, detto pagamento spetti allo Stato ai sensi del TUSG DPR 30/05/2002, n. 115: ART. 133 (L) (Pagamento in favore dello Stato) 1. Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato. La sentenza oggi in commento, ​Cass. n. 19 del 3 gennaio 2020​, ​sposa una corrente giurisprudenziale successiva ad un precedente – ma non superato – orientamento che impedisce che lo Stato possa incassare di più di quanto viene pagato al difensore del patrocinio per i non abbienti. I PRECEDENTI E LA SENTENZA 19/2020 Sul punto, infatti, si registrano successive ed opposte statuizioni: 17 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 19. 1. in un primo tempo, partendo dalle affermazioni contenute in Cass. pen. 9 novembre 2011 n. 46537​, il giudice di legittimità era pervenuto alla conclusione secondo cui, “​qualora nell’ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare che l’eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente​ ​ovvero, al contrario, di danno erariale​”; quanto ora affermato era meglio precisato in ​Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-03-2019) 13-05-2019, n. 20552​. Si viene così a ipotizzare, in via speculare al rischio di danno erariale, anche un possibile indebito arricchimento in capo allo Stato qualora le spese liquidate a favore dell’erario per la vittoria dell’assistito in regime di patrocinio a spese dello Stato sia superiore a quanto effettivamente riconosciuto quale compenso professionale all’avvocato che ha garantito una vittoriosa tutela dei diritti del non abbiente. Buona conferma dei principi espressi fin qui arrivava con ​Cass. civ. n. 18167/2016, ​ove si sottolinea che una diversità fra (I) liquidazione e (II) condanna alla rifusione disconoscerebbe la vera ratio dell’istituto della rifusione delle spese legali, il quale mira unicamente a tenere indenne la controparte dei costi sostenuti per la propria difesa, senza perseguire ulteriori finalità di stampo punitivo. Peraltro,, il principio espresso dalla Corte, traendo fondamento da principi generali, e non settoriali, dell’ordinamento, si afferma connotato da una notevole vis espansiva, in virtù della quale esso si presta a trovare applicazione non solo nell’ambito del processo penale, ma anche nel settore più ampio dei giudizi civili. In coerenza a tale enunciazione era poi seguita la medesima ​Cassazione civile con l’ordinanza n. 21611 19 settembre 2017 che aveva confermato: “.​.. qualora nell’ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare che l’eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente ovvero, al contrario, di danno erariale​“. Con quest’ultima sentenza, si ha la conferma dell’individuazione di un possibile di ingiusto profitto in capo all’erario. In epoca intermedia vi era stato anche un richiamo della ​Consulta che aveva recepito il principio in una sua motivazione (in ​sentenza n. 270/2012​) affermando ” … ​laddove al fine di escludere i dubbi di legittimità costituzionale ​del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 sollevati dalle ordinanze di rimessione, ha escluso che, ove sia pronunziata condanna alle spese di giudizio a carico della controparte del soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, vi sia una iniusta locupletatio dell’Erario, atteso che, anche recentemente, la 18 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 20. giurisprudenza di legittimità aveva puntualizzato che la somma che, ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 133, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore del soggetto non abbiente​ ​...​“. Di contenuti analoghi è anche la più recente sentenza della ​Corte Costituzionale n. 122/2016. 1. da ultimo, ​la Corte di Cassazione (II SEZIONE) ​ha cambiato orientamento e lo ha precisato proprio con la ​sentenza n. 19 del 2020​: si è così affermato che, qualora qualora vi sia differenza tra gli importi di tale liquidazione e di quella adottata carico del soccombente nel giudizio di merito, non vi è vizio del decreto di liquidazione dei compensi del procuratore in patrocinio a spese dello stato; ciò si è fatto motivando con i passaggi che seguono: 1. innanzitutto, si dice che il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. 2. in tal modo, da un lato, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e, dall’altro, si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità; 3. inoltre, nel quantificare i compensi del difensore delle parti ammesse al gratuito patrocinio, non è in alcun caso consentito superare i limiti e le prescrizioni poste dalla normativa di materia. Pertanto, pur a voler ammettere che il giudice sia tenuto a quantificare detto compenso in misura corrispondente all’importo delle spese processuali poste a carico della parte soccombente, resta fermo che il difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio non ha alcun titolo ad ottenere più di quanto risulti dalla corretta applicazione delle disposizioni del testo unico,potendo contestare solo sotto tali profili il decreto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 82; 4. si aggiunge a conferma che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina che prevede una riduzione del compenso del procuratore in regime di patrocinio a spese dello Stato, non lede il principio di parità di trattamento a causa del particolare criterio di remunerazione delle attività prestata in favore dei non abbienti, poiché il sistema è caratterizzato da peculiari connotazioni pubblicistiche e la riduzione dei compensi ai sensi dell’art. 130 t.u.s.g. non impone al professionista un sacrificio tale da “​risolvere il ragionevole legame tra l’onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una – parzialmente diversa – modalità di determinazione del compenso giustificato ​dalla considerazione 19 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 21. dell’interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell’ambito di una disciplina, mirante ad assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale la liquidazione degli onorari professionali è suscettibile di restare a carico dell’erario​” (cfr., testualmente, Corte Cost. 122/2016; Corte Cost. 270/2012). Quanto alla potenziale lesione del diritto di difesa per effetto “​della più ridotta platea di professionisti disposta a difendere in sede civile le parti non abbienti (data la minore remuneratività di tale attività)​“, può al più prospettarsi, non un vizio di costituzionalità, ma “un mero inconveniente di fatto non direttamente riconducibile alla applicazione della disposizione” (Corte Cost. 270/2012). 5. concludendo, si afferma, che solo la violazione delle disposizioni poste dal D.P.R. n. 115 del 2002 per la corretta liquidazione delle competenze in favore del difensore del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello stato può essere posta a fondamento del ricorso del difensore, che non ha quindi motivo di dolersi dell’eventuale differenza tra l’importo liquidatogli e quello invece posto a carico del soccombente (essendo invece quest’ultimo l’unico ad essere effettivamente pregiudicato da tale differenza). LE CRITICHE Ebbene, se la recente scelta è fondata sui cinque motivi descritti, si deve rilevare che questi non convincono già per i loro contenuti immotivatamente asimmetrici e, poi, pare necessario aggiungere che essi paiono persino demoliti dalla coeva (ma non citata) giurisprudenza di legittimità, oltre che negati dalla stessa giurisprudenza costituzionale erroneamente invocata a proprio suffragio. Per dare analitica contezza delle critiche appare pratico argomentare secondo il medesimo ordine proposto nella sentenza in commento​. 1. In primis, si afferma che il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R.. La questione non pare pertinente perché non si ravvede alcun riferimento normativo che giustifichi un limite al Giudice penale nella diversificazione della liquidazione fra compenso a favore del procuratore e rifusione delle spese a favore dell’erario. La disciplina citata dalla massima non ha, infatti, alcuna riserva a favore del settore penale. L’art. 106 bis prevede solo una diversificazione della riduzione del compenso, e nulla altro, mentre l’art. 110 non crea alcuna riserva particolare a favore del processo penale. Art. 106-bis DPR 115-2002 (Compensi del difensore, dell’ausiliario del magistrato, del consulente tecnico di parte e dell’investigatore privato autorizzato) 20 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 22. ● Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all’investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo.); Come accennato sopra, nell’affermare una diversità di disciplina, parimenti di alcuna utilità è l’art. 110. ART. 110 (L) (Pagamento in favore dello Stato) ● Se si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, nel caso di sentenza di non luogo a procedere ovvero di assoluzione dell’imputato ammesso al patrocinio perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, il magistrato, se condanna il querelante al pagamento delle spese in favore dell’imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato. ● Se si tratta di reato per il quale si procede d’ufficio, il magistrato, se rigetta la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, o assolve l’imputato ammesso al beneficio per cause diverse dal difetto di imputabilità e condanna la parte civile non ammessa al beneficio al pagamento delle spese processuali in favore dell’imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato. ● Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno il magistrato, se condanna l’imputato non ammesso al beneficio al pagamento delle spese in favore della parte civile ammessa al beneficio, ne dispone il pagamento in favore dello Stato. In difetto dell’affermata distinzione delle modalità di liquidazione in ambito civile e penale, cade ogni deduzione difensiva sul punto. 1. Di seguito si afferma che l’asimmetria fra il liquidato e quanto rifuso eviti che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e, in parallelo, si consente allo Stato di compensare le situazioni di mancato recupero delle somme liquidate al difensore; anche qui i motivi sembrano superabili e, anzi, già superati dalla medesima giurisprudenza di legittimità: l’evitare il maggior favore verso il soccombente nei confronti del non abbiente ammesso al beneficio rispetto alla controparte assistita in regime ordinario palesa un’iniqua attenuazione del regime sanzionatorio imposto al condannato, disconoscendo così la vera ratio dell’istituto della rifusione delle spese legali.Quest’ultimo mira unicamente a tenere indenne la controparte dei costi sostenuti per la propria difesa, senza perseguire ulteriori finalità di stampo punitivo (seppur non ricordata in sentenza, lo affermava già Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., (ud. 15-03-2016) 16-09-2016, n. 18167). In aggiunta, si deve precisare che l’intento sanzionatorio manifestato, dal punto di vista sistematico, è certo improprio poiché manca alcuna previsione espressa in tal senso, invero necessaria in via tassativa (si ricorda la limitazione di sanzioni ed illeciti 21 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 23. civili ad ipotesi tassativamente determinate), mentre il presupposto e la finalità della rifusione delle spese di lite sono il rendere appunto indenne la controparte delle spese effettivamente sostenute in ragione del processo, esulando del tutto da alcuna finalità “punitiva” del tipo di quella ora prevista dall’art. 96 c.p.c., u.c. D‘altro canto, il principio espresso dalla Corte di legittimità è pure confermato dall’ordinanza n. 270/2012 del Giudice delle leggi ove si sottolinea che, traendo fondamento da principi generali, e non settoriali, dell’ordinamento, quanto statuito risulta connotato da una notevole vis espansiva​, in virtù della quale esso si presta a trovare applicazione non solo nell’ambito del processo penale, ma anche nel settore più ampio dei giudizi civili. Non solo: secondo la Corte Costituzionale (n. 122/2016) il vantaggio che la parte abbiente, sapendo di godere di un trattamento privilegiato in ordine alle spese processuali, ricaverebbe dalla condizione economica disagiata della controparte ammessa al gratuito patrocinio, rappresenta un mero inconveniente di fatto irrilevante nel giudizio di costituzionalità: a nulla giova quindi darne conto. Per quanto invece riguarda il proposito di recuperare somme all’erario, la stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 270/12 precisa che, “​nel meccanismo attraverso il quale si procede alla liquidazione dei compensi spettanti al difensore che abbia difeso in giudizi diversi da quelli penali la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato …. non è dato riscontrare alcuna forma di prelievo tributario, trattandosi semplicemente di una, parzialmente diversa, modalità di determinazione dei compensi medesimi – giustificata, per come dianzi dimostrato, dalla diversità, rispetto a quelli penali, dei procedimenti giurisdizionali cui si riferisce – tale da condurre ad un risultato economicamente inferiore rispetto a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario​“. Per l’effetto, se il recupero di somme da parte dell’erario ha sempre una connotazione di esazione di un qualche genere, si deve qui vedere negata ogni attività in tal senso a mezzo la diversa quantificazione delle spese legali a favore dell’erario rispetto a quanto liquidato vero il patrocinatore in regime di beneficio di Stato. 1. Per converso, la questione che all’avvocato che assiste con il beneficio spetta il solo diritto a vedere liquidato quanto previsto dal TUSG poco aggiunge rispetto al veder usato lo strumento per attuare l’art. 24 della costituzione come mera fonte di discrimine in sfavore proprio di chi consente di garantire a tutti l’accesso alla difesa. Il dato che concerne le modalità di liquidazione ex DPR 115/2002 è innegabile, ma ciò non serve certo a legittimare il perseguimento di un fine diverso dal servire a sostenere la difesa necessaria ai sensi della norma costituzionale e nel rispetto dell’art. 91 c.p.c.. 2. Si invoca a suffragio di una diversità modalità di liquidazione fra civile e penale (e in questo caso non di diversa entità, lo si ricordi) l’affermazione della Consulta per la quale non vi è lesione del principio di parità di trattamento: in realtà non pare vi sia alcuna previsione legislativa in differenziazione delle discipline civili e penali da invocare. La massima costituzionale del 2012 (che richiama altre statuizioni precedenti) rileva l’assenza di una questione d’illegittimità fra le norme che all’epoca 22 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 24. prevedevano una differenziazione del ​quantum liquidato nel civile e nel penale, e ciò si ivi afferma invocando il fatto che il sistema è caratterizzato da peculiari connotazioni pubblicistiche atte a giustificare il differente trattamento. Nella vicenda che ci riguarda oggi non si ha alcuna disparità sul piano legislativo, ma solo il tentativo di dare una lettura differenziata a norme che prevedono il medesimo risultato, con ciò violando ogni riserva di legge sul punto. A dirla tutta, nella recente sentenza della Suprema Corte n. 11590/2019 citata in provvedimento commentato si afferma che vi una diversa tempistica nelle liquidazioni del processo civile e del processo penale e ciò consentirebbe di non estendere meccanicamente il modello in uso in ambito penalistico, dove – a differenza che nel civile – la liquidazione avverrebbe nel medesimo dispositivo: il tentativo di sviluppare tale tematica risulta però controproducente perché – a partire dalla finanziaria 2016 – anche nel processo civile si ha l’obbligatoria liquidazione in contestualità al provvedimento che chiude la fase processuale alla quale le spese sono inerenti (art. 83, comma 3 bis del DPR 115/2002). Art. 83 (L) (Onorario e spese dell’ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte) 1. L’onorario e le spese spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, secondo le norme del presente testo unico. (1) 2. La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all’atto della cessazione dell’incarico, dall’autorità giudiziaria che ha proceduto; per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato. In ogni caso, il giudice competente può provvedere anche alla liquidazione dei compensi dovuti per le fasi o i gradi anteriori del processo, se il provvedimento di ammissione al patrocinio è intervenuto dopo la loro definizione. 3. Il decreto di pagamento è comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero. 3-bis. Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta. Se quindi si cercava un vincolo ​a contrariis​, ora si può dire che tale specificazione è diventata conferma del poter applicare al civile il principio che si dava per pacifico nel penale. Del pari è del tutto ininfluente quanto affermato circa il minor numero di avvocati disponibili, perché quanto conta non è invocare una maggior liquidazione a favore del procuratore, in emulazione di quanto può accadere nel regime ordinario o per il processo penale, bensì il 23 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 25. ribadire che non esiste alcuna ragione plausibile per sostenere una maggior rifusione a favore dell’erario. 1. In sentenza si conclude affermando che, non essendoci nessun danno per l’avvocato, che vede comunque liquidato quanto dovutogli secondo il TUSG, nulla osta a veder rifuse maggiori somme a favore dello stato. Ebbene, per quanto sia corretto rilevare che non si ha un danno a carico del procuratore in regime di patrocinio a spese dello Stato, è altrettanto corretto rilevare anche che nulla osta a veder rispettata la norma ed a evidenziare che manca una previsione normativa giustificante una maggior rifusione a favore dell’erario. Le stesse pronunce della Consulta (n. 270/2012 e n. 122/2016) escludono « ​[…] che, ove sia pronunziata condanna alle spese di giudizio a carico della controparte del soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, vi sia una iniusta locupletatio dell’Erario, atteso che, anche recentemente, la giurisprudenza di legittimità ha puntualizzato che la somma che, ai sensi dell’art. 133 d.lgs. n. 115 del 2002, va rifusa in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore del soggetto non abbiente (Corte di cassazione, Sez. VI penale, 8 novembre 2011, n. 46537)​». Ebbene, se non vi è un ingiusto profitto solo perchè si ha allineamento di quanto liquidato come spese legali e quanto rifuso all’erario come da massima del 2011, che si cerca di superare, pare facile dedurre che la mancata coincidenza dei due importi causi un ingiustificato arricchimento e, in difetto di una norma che ne dia almeno un qualche fondamento, sia del tutto insostenibile in via interpretativa. Per tutti i motivi dedotti, il provvedimento da ultimo occorso risulta non equilibrato e persino collassante nei suoi punti fondanti proprio per non esser riuscito a superare le migliori ragioni delle opposte statuizioni della Cassazione e della Corte Costituzionale. Visto che, in materia di TUSG, la medesima Suprema Corte ha riconosciuto una particolare autorevolezza alle pronunce della propria IV sezione (vedasi di seguito Cass. n. 20552/2019) alla quale vengono rimesse le questioni in tema di applicazione del decreto presidenziale 115/2002 e la quale ha già mutato in senso opposto il suo orientamento, si evidenzia che la sentenza in commento è stata pronunciata dalla II sezione: anche per questa ragione, ma anche per la contraddittorietà con altre maggioritarie e coeve pronunce della Suprema Corte e persino con precedenti di giurisprudenza costituzionale, non si può che confidare ed auspicare in un intervento delle Sezioni Unite. Riportiamo di seguito tutta la giurisprudenza di riferimento sia in massima che in testo integrale, con evidenziate le parti di maggior rilievo. 24 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 26. 14. DA QUALE MOMENTO DECORRONO GLI EFFETTI DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO QUALORA LA DOMANDA SIA RIPROPOSTA AL GIUDICE? Talvolta accade che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel corso del giudizio venga dichiarata in sentenza (o altro provvedimento) con decorrenza dalla proposizione della domanda avanti il Giudice competente​ ​ex art. 124 DPR 115/2002​. Tuttavia, la ​Cassazione – anche nel 2019 (​infra​) – ​ha precisato ​l’erroneità dell’ordinanza che ammette al patrocinio a spese dello Stato con decorrenza solo dalla data di riproposizione dell’istanza di ammissione al Giudice​, invece che dalla data di presentazione dell’originaria istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Secondo la Corte di legittimità l’effetto retroagisce dal momento della proposizione della primigenita domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato avanti il COA. Invero, in materia civile, ai sensi dell’art. 124 del d.P.R. n. 115/2002, l’organo competente a ricevere l’istanza di ammissione è il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e, in particolare, “Se procede la Corte di cassazione […] il consiglio dell’ordine competente è quello ove ha sede il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”. L’​art. 126, comma 3, del d.P.R. n. 115/2002​, poi prevede che “Se il consiglio dell’ordine respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto”. Il legislatore ha quindi previsto, in caso di rigetto-inammissibilità dell’istanza da parte del Consiglio dell’Ordine – organo competente a ricevere l’istanza – che la medesima istanza possa essere proposta al magistrato competente per il giudizio. La II sezione civile della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 20710/2017, ha avuto modo di ribadire che “ove l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – dichiarata inammissibile dal consiglio dell’ordine degli avvocati – sia stata successivamente presentata, sulla base della allegazione delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni, al magistrato competente per il giudizio e da questo accolta, ​gli effetti dell’ammissione al patrocinio decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata al consiglio dell’ordine degli avvocati​”. Un tanto è stato confermato recentemente anche da Cass., VI civile, nn. 9038 e 9039 del 2019. Ciò è appunto in coerenza con quanto già rilevato da Cass., II civ., n. 24729/2011: “il condizionare gli effetti della delibera di ammissione alla sua data di emissione (che deve avvenire, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 126, nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata o è pervenuta l’istanza di ammissione), porterebbe a 25 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 27. pregiudicare illogicamente i diritti dell’istante per un fatto ad esso non addebitabile”, ciò anche in linea con l’art. 24 della Costituzione che chiaramente non può consentire che “il diritto ai non abbienti, con appositi istituti” di “agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”, “diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, venga condizionato da un diniego all’ammissione al patrocinio da parte del precedente organo (Consiglio dell’Ordine degli Avvocati) deputato ad esaminare l’istanza. RIFERIMENTI NORMATIVI ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 109​. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 122​. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 124​. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 126​. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 136​. 15. GRATUITO PATROCINIO: REVOCA AMMISSIONE CON NOMINA DUE DIFENSORI 26 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Inerenti e conformi Cass. Civ. Sez. II, 4 /097 2017, n. 20710 Cass. civ. Sez. II, 23/11/2011, n. 24729 Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 01/04/2019, n. 9038 Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 01/04/2019, n. 9039 Difformi non presenti
  • 28. La Cassazione Civile (Sent. Sez. 2 Num. 1736 Anno 2020) enuncia il principio che evidenzia la ​possibilità, a pena di inammissibilità, della nomina di un solo difensore con il patrocinio a spese dello Stato​. In particolare si evidenzia che, ​dal complesso delle disposizioni del d.p.r. 115/2202 che regolano per tutti i processi l’istituto del patrocinio a spese dello Stato – ed in particolare dall’art. 80 che prevede che “chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore” e dagli artt. 82 e 83 che dispongono la liquidazione dei compensi al difensore – si ricava che l’art. 91 del medesimo d.p.r., pur se collocato all’interno del titolo specificamente dedicato al processo penale, esprime un principio di carattere generale. Da detta rilevanza generale consegue che nel processo civile l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa se il richiedente è assistito da più di un difensore e, in ogni caso, gli effetti dell’ammissione cessano a partire dal momento in cui la persona alla quale il beneficio è stato concesso nomina un secondo difensore di fiducia. Riportiamo il testo integrale della sentenza Cassazione Civile Sent. Sez. 2 Num. 1736 Anno 2020. 27 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Inerenti e conformi Cass. 5007/1981 Cass. 5168/1979 Cass. 4585/1977 Cass. 1734/1979 Cass. 5379/1977; si veda anche Cass. 1348/1980 Cass. 6094/1979 Cass. 22965/2011 Tribunale Trapani, 9 giugno 2005 Difformi non presenti
  • 29. RIFERIMENTI NORMATIVI ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 80. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 82. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 83. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 91. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 130. 16. GRATUITO PATROCINIO: LA AUTOCERTIFICAZIONE FALSA NON CAUSA OBBLIGATORIAMENTE LA REVOCA La Corte di Cassazione Penale decide a Sezione unite sulla questione controversa della revocabilità, o meno, dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso di autorcertificazione falsa. Le Sezioni Unite Penali intervengono affermando che l’eventuale autocertificazione non veritiera (in quanto falsa o incompleta) delle condizioni reddituali non è sufficiente a cagionare la revoca del decreto di ammissione in quanto la falsità non incide sulla sussistenza dei requisiti di ammissibilità: la revoca può essere disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Questo è il principio statuito nel corso dell’udienza del 19 dicembre 2019 in cui le Sezioni Unite Penali si sono espresse in merito al problema sollevato da ricorrente, per come risultante dalle informazioni provvisorie 27-29/2019 (sotto allegate). La vicenda sottoposta alle Sezioni Unite affrontava la questione se la falsità o incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge. In alternativa si ipotizzava che il mancato superamento dei limiti reddituali non comportasse alcuna revoca, appunto essendo quest’ultima limitata ad alcuni e differenti casi previsti dalla disciplina dell’istituto. La Suprema Corte a Sezioni Unite ha appunto scelto la seconda ipotesi evidenziando il fatto che la revoca può essere disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Resta invece invariato il principio per il quale secondo orientamento consolidato, ​è condotta penalmente rilevante anche la falsa dichiarazione di un reddito che non superi la 28 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 30. soglia massima per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ne abbiamo parlato qui​ ​QUI​. In calce riportiamo il testo delle informazioni provvisorie ed alleghiamo il pdf delle medesime. RIFERIMENTI NORMATIVI ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 78 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 79 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 95 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 96 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 112 17. CASSAZIONE & GRATUITO PATROCINIO: NO ALLA PRESCRIZIONE BREVE Per la Cassazione la prescrizione breve del gratuito patrocinio è incompatibile con le regole di contabilità pubblica che impongono l’emissione di un mandato di pagamento (ordinanza 29543/2019). La prescrizione triennale (presuntiva) del credito dell’avvocato non si applica se chi deve pagare il compenso è lo Stato. La questione segue la decisione ricorrere per cassazione di un avvocato, che aveva svolto l’incarico di difensore con patrocinio a spese dello Stato in un procedimento civile, che formulava domanda di liquidazione dei compensi e la vedeva respinta con decreto del 31 marzo 2017. Ne avevamo già scritto​ ​QUI​. La Corte ha confermato che (cfr. Cass. n. 1304/1995) la presunzione di pagamento prevista dagli artt. 2954, 2955 e 2956 c.c., va applicata solo a quei rapporti che si svolgono senza formalità e non opera quando il diritto, di cui si chiede il pagamento, scaturisce da un contratto stipulato per iscritto. Di conseguenza esula dalla previsione della norma di cui all’art. 2956 c.c., n. 2, il credito verso un ente nascente da contratto scritto. 29 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 31. Nella fattispecie, essendo il credito vantato nei confronti del Ministero, sottoposto all’applicazione delle regole di contabilità pubblica di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 55, e del regolamento di contabilità di cui al R.D. n. 827 del 1924, ciò implica che i pagamenti debbano essere improntati ad un rigido formalismo, e che pertanto anche il pagamento in oggetto, in quanto previsto dal D.L. n. 8 del 1991, come posto a carico del Ministero convenuto, non poteva prescindere dalla formale emissione di un mandato di pagamento. Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: In caso di crediti vantati nei confronti dell’Amministrazione dello Stato, attesa la necessità di fare applicazione delle regole di contabilità pubblica anche in relazione ai pagamenti, devesi a tal fine provvedere mediante appositi mandati di pagamento, non è possibile invocare la prescrizione presuntiva. RIFERIMENTI NORMATIVI ● Art. 2938 c.c. ● Art. 2954 c.c. ● Art. 2955 c.c. ● Art. 2956 c.c., n. 2. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76. 30 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Inerenti e conformi Cassazione Civile Sez. II, 01/07/1996, n. 5959. Cass. civ. Sez. III Sent., 05/07/2017, n. 16486. Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 20-12-2017, n. 30539. Difformi Non si rinvengono precedenti
  • 32. 18. QUANDO LA PARTE SI PUÒ DIFENDERE PERSONALMENTE SI PUÒ AVERE IL GRATUITO PATROCINIO? La Corte Costituzionale, con una recentissima ORDINANZA (la n. 234/2019), conferma un orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità (ne avevamo scritto ​QUI​) in merito alla fruibilità del patrocinio a spese dello Stato quando la parte può stare in giudizio personalmente. La Consulta, con l’ordinanza n. 234 del 13/11/2019, ha dichiarato sia la manifesta infondatezza che la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 111, comma 2, Cost., dell’art. 74, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui prevede il patrocinio a spese dello Stato anche in favore delle parti non abbienti che si avvalgano della difesa tecnica nei giudizi davanti al giudice di pace in cui sia ammesso che la parte si difenda personalmente senza avvocato, a seguito del modesto valore del contenzioso. L’eccezione era sollevata per l’art. 3, comma 1, della Carta Costituzionale sotto il profilo della violazione dei principi di pari dignità sociale e uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, nonché per l’art. 111, secondo comma, assumendo la violazione del principio di parità processuale delle parti. In particolare, giudice rimettente censura l’art. 74, comma 2, del TUSG nella parte in cui non dispone che, nell’ipotesi in cui il legislatore ha previsto l’autodifesa personale si debba anticipare il solo contributo unificato al richiedente il «gratuito patrocinio; inoltre la disposizione censurata violerebbe anche l’art. 111, secondo comma, Cost., in quanto nei procedimenti aventi a oggetto sanzioni amministrative le pubbliche amministrazioni resistenti «… si avvalgono ordinariamente dell’autodifesa con la delega a funzionari che certamente non sono equiparabili ai difensori nominati con conseguente violazione di detto principio di parità delle parti processuali». In riferimento all’art. 3 Cost., la Corte evidenzia che il limite reddituale per l’accesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato è espressione di un bilanciamento rimesso alla discrezionalità del legislatore e coerente con la garanzia costituzionale dell’art. 24, terzo comma, Cost. Per quanto concerne l’art. 111, il Comune resistente può scegliere di difendersi avvalendosi di un proprio funzionario o procedendo alla nomina di un avvocato: detta scelta non pregiudica la tutela giurisdizionale dello stesso Comune e comunque ciò è irrilevante al fine della tutela giurisdizionale del ricorrente e ininfluente al fine dell’applicazione da parte del giudice a quo della disposizione denunciata. La Corte Costituzionale precisa che è diritto della parte, peraltro anch’esso di rango costituzionale, la scelta di difendersi personalmente o farsi assistere da un difensore tecnico 31 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 33. con una specifica preparazione tecnica, in grado di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale richiesta proprio dall’art. 24 Cost. Si riporta di seguito il testo il testo integrale della sentenza, con una tabella della giurisprudenza di riferimento. *** RIFERIMENTI NORMATIVI ● Art. 3, comma 1, Cost. ● Art. 111, comma 2, Cost. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 74, comma 2. ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 75. 19. REATO ANCHE LE FALSE DICHIARAZIONI NON SUPERANTI LA SOGLIA REDDITUALE La Corte di Cassazione, con una recente SENTENZA (la n. 49572/2019), precisa un orientamento già espresso: ​è condotta penalmente rilevante anche la falsa 32 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Inerenti e conformi Corte Costituzionale ordinanza 234 del 13/11/2019. Cassazione Civile Sent. Sez. 2, Num. 15175 del 13/06/2019. Cass. civ. Sez. II, Sent. n. 30069 del 14-12-2017. Cass. civ. Sez. II Sent. n. 164 del 05/01/2018. Difformi Non si rinvengono precedenti
  • 34. dichiarazione di un reddito che non superi la soglia massima per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Pertanto, ciò che rileva è solo che il richiedente il beneficio abbia consapevolmente omesso la dichiarazione di un suo reddito, a nulla rilevando la non decisività di esso ai fini dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio. In merito, la giurisprudenza della Suprema Corte ha più volte affermato che “ai fini della integrazione del reato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 95, in caso di effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, non è sufficiente che l’istanza contenga falsità od omissioni, dovendo il giudice procedere ad una rigorosa verifica dell’elemento soggettivo del reato, al fine di escludere l’eventuale inutilità del falso”. Pertanto, il reato sussiste anche quando la falsità o l’omissione riguardi redditi in concreto rientranti nei limiti massimi stabiliti dalla legge per ottenere il beneficio del patrocinio per non abbienti a spese dello Stato, nondimeno in tal caso occorre verificare con particolare attenzione se, alla stregua delle risultanze processuali, la falsità o l’omissione fosse realmente espressiva di deliberato mendacio o reticenza sulle effettive condizioni reddituali o non fosse piuttosto frutto di disattenzione, come tale non qualificabile come dolo. Sul punto, è stata rimessa alle Sezioni Unite la soluzione della questione: “Se la falsità o incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge; ovvero in tale ultima ipotesi, non incidendo sull’ammissibilità dell’istanza, ne determini la revoca soltanto nei casi espressamente previsti dagli artt. 95 e 112 del D.P.R. n. 115 del 2002” (Cass. pen. Sez. IV Ord., 04/06/2019, n. 29284). Si riporta di seguito il testo il testo integrale della sentenza, con una tabella della giurisprudenza di riferimento. *** 33 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Inerenti e conformi Cassazione penale Sez. 4, Sentenza n. 45786 del 04/05/2017 Cassazione penale Sez. 4, Sentenza n. 7192 del 11/01/2018 Cassazione penale Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015 Cassazione penale Sez. 4, Sentenza n. 20836 del 16/04/2019 Cassazione Penale Sez. 4 Ordinanza n. 29284 del 04/06/2019
  • 35. RIFERIMENTI NORMATIVI ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 95 20. SI CUMULA IL MANTENIMENTO DEI FIGLI CON IL REDDITO DELL’EX CONIUGE La ​Corte di Cassazione​, con una recentissima ORDINANZA (la n. 24378/2019 ), ritorna sul tema della ​qualificazione dell’assegno per il mantenimento dei figli confermandone la rilevanza ai fini della determinazione della soglia reddituale per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in quanto, se il richiedente l’accesso al beneficio convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante. Invero, ai fini della verifica di siffatta condizione di minorazione deve venire in considerazione ogni componente di reddito, imponibile o meno, siccome espressivo di capacità economica. Per questa ragione, per l’ammissione al gratuito patrocinio devono essere indicati, ex art. 76 d. P.R. n. 115 del 2002, anche i redditi esentati dal computo ai fini dell’IRPEF e quindi pure gli assegni di mantenimenti ricevuti dal coniuge separato non collocatorio dei figli (lo stesso dicasi gli assegni familiari e pensioni di invalidità), i quali, pur non essendo tassati, concorrono a determinare il limite di reddito previsto per l’ammissione al beneficio in questione. La questione impatta su un orientamento della prassi che andava in senso opposto (ne avevamo parlato ​qui​). Purtroppo si va incidere su quella che è la disponibilità di fatto del coniuge più debole perchè, qualunque sia la scelta del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in materia di ammissione provvisoria, questa decisione sarà il riferimento dell’Agenzia delle Entrate in sede di verifica definitiva dei requisiti per accedere al beneficio. 34 12 mesi di gratuito patrocinio Cass. pen. Sez. 4 Sentenza n. 12410 del 06/03/2019 Difformi Non si rinvengono precedenti
  • 36. Si riporta il testo integrale delle sentenze di riferimento. RIFERIMENTI NORMATIVI ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76 ● D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 92 21. COME SI IMPUGNA LA REVOCA IN SENTENZA DELL’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO? APPELLO O RICORSO EX ART. 170 DPR 115/ 2002? LA CASSAZIONE FA CHIAREZZA! In riferimento ad un provvedimento della Corte d’Appello di Venezia, la ​Cassazione affronta il problema delle modalità dell’impugnazione del provvedimento di revoca adottato con la sentenza che chiude il processo dinanzi al giudice del merito (in uno dei capi della medesima sentenza) anziché con un separato decreto. 35 12 mesi di gratuito patrocinio ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Conformi Cass. civ. sez. II, 30/09/2019, (ud. 08/02/2019, dep. 30/09/2019), n. 24378/2019 (in materia di assegni di mantenimento) Cass. Pen., 05-05-2016, (ud. 09/03/2016), n. 18818/2016 Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-02-2016) 01-06-2016, n. 23223 Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2012) 04-10-2012, n. 39067 (in materia di assegni familiari) Difformi Non si rinvengono precedenti
  • 37. Secondo la Suprema Corte, che così conferma il cambio di orientamento (inziato con Cass. civ. n. 29228/2017), il ricorrente che vuole impugnare la revoca lo deve fare ricorrendo al rimedio, avente carattere generale, dell’opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170​, e non più ​con il mezzo di impugnazione previsto per la sentenza che accoglie o respinge la domanda (appello o ricorso per cassazione), secondo il precedente indirizzo di cui a Cass. n. 7191/2016. Invero, l’utilizzo di uno specifico e rapido rimedio impugnatorio (l’opposizione al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato), risponde ad un’esigenza di semplificazione, permettendo così di evitare che la questione inerente l’ammissione al patrocinio dello Stato, che riguarda l’accesso alla difesa, coinvolga le altre parti del processo, divenendo terreno di una comune contesa, e consentendo il riesame della sola questione dell’ammissione senza costringere ad esercitare il gravame con il rito ordinario. Invero, la pronuncia della revoca con separato decreto, significa ed implica che l’opposizione al relativo provvedimento e il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione si svolgono, non tra le parti del processo “principale”, ma tra colui che aveva chiesto l’ammissione al patrocinio e l’Amministrazione statale (Agenzia delle Entrate). Vi è quindi diversità dei soggetti interessati a contraddire sulla revoca dell’ammissione al patrocinio rispetto a quelli che sono parti della causa cui il beneficio dell’ammissione si riferisce. D’altra parte, l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ha natura di rimedio generale: il sistema, pertanto, non tollera una diversificazione del sistema impugnatorio unicamente sulla base dell’essere stata la pronuncia del provvedimento in tema di patrocinio inserita nel medesimo atto – la sentenza – che definisce il giudizio in relazione al quale la parte ha chiesto di avvalersi del beneficio (in tal senso dovendosi disattendere il contrario principio espresso da Cass. n. 26966/2011, rimasto isolato nella successiva giurisprudenza di legittimità, a mente del quale il rimedio impugnatorio sarebbe sempre ed unicamente il ricorso per cassazione ex art. 111 co. 7 Cost.). La Corte ha perciò riaffermato il seguente principio: “In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anziché con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione”, precisandosi che si tratta di soluzione che ha trovato ulteriore conferma da ultimo in Cass. n. 3028/2018, nonché in Cass. n. 32028/2018). Riportiamo di seguito il testo integrale sia dell’ordinanza N. 28150/2019, dello scorso 25 settembre, che ha enunciato il principio di diritto, che della precedente Cass. civ. Sez. II, Sent., (ud. 25-10-2017) 06-12-2017, n. 29228, nonchè il ricorso che introdotto il giudizio deciso con la prima. 36 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 38. 22. ADOZIONE MINORI, GRATUITO PATROCINIO E COMPENSI DEL DIFENSORE D’UFFICIO DEL GENITORE IRREPERIBILE Da ora devono essere pagati dallo Stato anche i compensi dell’avvocato che difende d’ufficio il genitore irreperibile, nei processi per adozione​. Vediamo perchè. Con la sentenza 135 del 31 maggio 2019, la Corte Costituzionale ha ​dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 143​, comma 1, del D.P.R. 30/05/2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», ​nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile, nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184​ (Diritto del minore ad una famiglia). Il Giudizio è stato promosso dal Tribunale per i minorenni di Bari, nel corso di una procedura aperta su istanza di liquidazione di onorari per l’attività professionale svolta dal richiedente quale difensore di ufficio del genitore irreperibile, nel giudizio per la dichiarazione di adottabilità del figlio minore. La questione incidentale di legittimità costituzionale riguarda la norma citata ​«​nella parte in cui non prevede che, in attesa che venga emanata una specifica disciplina sulla difesa d’ufficio nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 [Diritto del minore ad una famiglia], possano essere posti a carico dell’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile​»​. L’art. 143, dunque, omette di indicare tra le spese poste a carico dell’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile e, pertanto, questi non avrebbe diritto di ottenere il pagamento degli onorari per l’attività svolta​, salvo ove la parte assistita sia di fatto irreperibile, ​stante l’impossibilità, per detto difensore, «​sia di ricevere eventualmente nomina fiduciaria, sia di comprovare i titoli economici che consentono l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato​»​. Secondo la Consulta, la questione è fondata con riferimento alla violazione dell’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento tra il difensore di ufficio di irreperibile nominato nell’ambito di procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità di minori in condizioni di abbandono e il difensore di ufficio di irreperibile nominato nell’ambito del procedimento penale (in favore del quale il diritto a tale liquidazione è espressamente previsto dall’art. 117, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002). In proposito, la Corte Costituzionale ha già avuto occasione di affermare che ​«​la diversità di disciplina fra la liquidazione degli onorari e dei compensi nel processo civile e nel processo penale trova fondamento nella diversità delle situazioni comparate (da una parte gli interessi 37 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 39. civili, dall’altra le situazioni tutelate che sorgono per effetto dell’esercizio dell’azione penale)​» (ord. n. 350 del 2005; ord. n. 270 del 2012 e n. 201 del 2006). Rileva la Consulta che «​quel che viene in rilievo, e che dà fondamento alle censure di disparità di trattamento e di irragionevolezza formulate dal rimettente, attiene all’an stesso del compenso​», compenso che al difensore d’ufficio del genitore irreperibile, pur obbligato ad assumerne la difesa, viene irragionevolmente negato. La Corte osserva come la disparità di trattamento appaia ancor più priva di giustificazione per la natura degli interessi in gioco e il ruolo del difensore chiamato ad apprestarvi tutela. Invero, la ratio della difesa nei processi di adottabilità è quella di «​dare la massima protezione ai diritti dei minori e dei loro genitori –– ai quali è appunto garantito di far valere le proprie ragioni anche in assenza di un avvocato di fiducia –– per evitare che l’eventuale debolezza sociale di tali soggetti influisca negativamente nel procedimento​». Infine, la mancata previsione della liquidabilità, a carico dell’erario, degli onorari spettanti al difensore d’ufficio dell’irreperibile nei processi di adottabilità non è frutto di una scelta definitiva del legislatore del 2002 che, con la disposizione censurata, ha solo rinviato ad una successiva «​specifica disciplina sulla difesa d’ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983 n. 184​» – ed è, quindi, solo conseguenza dell’inerzia del legislatore successivo: inerzia protratta sino ad oggi. Per tali ragioni, la Corte ha stabilito la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede che l’erario sia tenuto al pagamento degli onorari e delle spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile, come liquidati dal magistrato ai sensi dell’art. 82 del citato d.P.R.. Detta liquidazione, ai sensi dell’art. 117, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, costituisce, tuttavia, una anticipazione, avendo lo Stato diritto di ripetere le somme anticipate nei confronti di chi si sia reso successivamente reperibile 23. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO MIGRANTI IRREGOLARI: COME FARE? La Giurisprudenza in materia di ammissione dello straniero non regolarmente soggiornante al patrocinio a spese dello Stato è cambiata nel corso degli anni aprendo sempre di più e andando anche in senso contrario al dettato letterale della norma; questo è avvenuto senza però portare ad una pronuncia di incostituzionalità della disposizione dell’art. 119 del DPR 115/2002 (TUSG): esso, infatti, ​limita espressamente l’ammissione al gratuito patrocinio solo a favore dello straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare​. In successione ad una prima costante e rigorosa lettura del Testo Unico è seguita un’apertura più orientata alla tutela dell’accesso al diritto di difesa sancito dalla carta costituzionale. Invero, l’art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini); da ultimo, la superiore magistratura amministrativa ha confermato che, se 38 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 40. l’ordinamento ritiene che il patrocinio a spese dello Stato sia una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, tale diritto non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente soggiornante”: Cons. Stato Sez. III Sent., 14/01/2015, n. 59. In questo senso, l’art. 119 del D.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui limita il beneficio allo straniero “regolarmente soggiornante, va letto al fine di evitare il prestarsi a serie censure sotto il profilo della costituzionalità. Partendo dal suindicato passaggio interpretativo, ​la giurisprudenza di legittimità si è espressa precisando che il concetto di “straniero regolarmente soggiornante” debba essere interpretato in senso estensivo comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio del permesso di soggiorno​. In miglior dettaglio, si può dire che lo straniero che ha diritto ad ottenere un procedimento amministrativo per il rilascio del permesso di soggiorno può accedere al beneficio di Stato, richiedendone l’ammissione ed ottenendo il permesso provvisorio; quest’ultimo dovrà essere prodotto nella domanda per l’accesso al beneficio medesimo, anche in via integrativa alla medesima. *** Cass. civ. Sez. II Sent., 05/01/2018, n. 164 In tema di gratuito patrocinio, ove lo straniero abbia agito per ottenere l’autorizzazione temporanea all’ingresso od alla permanenza in Italia per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del figlio minore, ex art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, il suo regolare soggiorno sul territorio nazionale non costituisce presupposto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato giacché tale requisito, previsto in via generale dall’art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 per l’accesso degli stranieri a detto beneficio, da un lato si identifica esattamente con il bene della vita ottenibile in forza dell’art. 31, comma 3, cit. e, dall’altro, va interpretato in via estensiva, comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo o giurisdizionale dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE PER I MINORENNI NAPOLI, 22/06/2016) FONTI CED Cassazione, 2018 *** Cass. civ. Sez. II Sent., 14/12/2017, n. 30069 Poiché il patrocinio a spese dello Stato rappresenta una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost., il requisito di “straniero 39 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 41. regolarmente soggiornante”, richiesto dall’art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 per accedere ad esso, deve essere interpretato in senso estensivo, comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento (amministrativo o) giurisdizionale, dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno, come avviene nel caso di azione ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, ove il requisito previsto in via generale per l’accesso degli stranieri al patrocinio a spese dello Stato costituisce il bene della vita ottenibile all’esito del giudizio, sicché, richiederlo come presupposto dell’ammissione al patrocinio, si tradurrebbe in una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE PER I MINORENNI NAPOLI, 10/06/2016) FONTI CED Cassazione, 2017 *** Cons. Stato Sez. III, Sent., (ud. 08-01-2015) 14-01-2015, n. 59 In tema di gratuito patrocinio, , l’art. 119 del D.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui limita il beneficio allo straniero “regolarmente soggiornante” si presta a serie censure sotto il profilo della costituzionalità. A tacer d’altro, l’art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini); pertanto, se l’ordinamento ritiene che il patrocinio a spese dello Stato sia una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, tale diritto non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente soggiornante”. In questa luce la giurisprudenza è consolidata nel senso che, per evitare censure di costituzionalità, quanto meno, il concetto di “straniero regolarmente soggiornante” debba essere interpretato in senso estensivo comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio del permesso di soggiorno. Massima redazionale ARt. 24, 2019 *** T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV Sent., 12/03/2012, n. 631 L’impugnativa del diniego di emersione, rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (precisandosi che, per quanto attiene al rinnovo, fa eccezione l’ipotesi in cui si tratti di straniero che chiede il rinnovo prima della scadenza del titolo o comunque entro i termini di legge) non rientra in alcuna delle previsioni che ammettono lo straniero al gratuito patrocinio, non trattandosi di cittadino italiano (art. 74 D.P.R. n. 115/2002 – T.U. Spese di giustizia), né di straniero regolarmente soggiornante (art. 119 del medesimo D.P.R.), né di soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione (art. 142). In definitiva, l’accesso dello 40 12 mesi di gratuito patrocinio
  • 42. straniero al beneficio del gratuito patrocinio è riconosciuto in via eccezionale, con conseguente inapplicabilità di esso al di fuori dei casi contemplati (art. 119 del citato D.P.R.). FONTI Massima redazionale Ipsoa, 2012 *** T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV Sent., 09/02/2012, n. 356 Gli stranieri sono ammessi al patrocinio a spese dello Stato in alcuni casi espressamente previsti dall’ordinamento. L’impugnativa del diniego di emersione, rilascio o rinnovo (precisandosi che, per quanto attiene al rinnovo, fa eccezione l’ipotesi in cui si tratti di straniero che chiede il rinnovo prima della scadenza del titolo o comunque entro i termini di legge) del permesso di soggiorno non rientra invero in alcuna delle previsioni che ammettono lo straniero al gratuito patrocinio, non trattandosi di cittadino italiano (art. 74 D.P.R. n. 115/2002 – T.U. Spese di giustizia), né di straniero regolarmente soggiornante (art. 119 del medesimo DPR), né di soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione (art. 142). L’accesso dello straniero al beneficio del gratuito patrocinio è riconosciuto in via eccezionale, con conseguente inapplicabilità di esso al di fuori dei casi contemplati (art. 119 del citato D.P.R.). FONTI Massima redazionale Ipsoa, 2012 *** Cass. civ. Sez. I Sent., 10/06/2011, n. 12744 Nel giudizio d’impugnazione avverso il diniego del riconoscimento dello “status” di rifugiato, lo straniero può essere munito di titolo di soggiorno temporaneo (pure abilitante il medesimo all’esercizio del lavoro) e può, dunque, essere considerato “regolarmente soggiornante” ai fini dell’ammissione al patrocinio ex art. 119 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115; ne deriva che il giudice chiamato a decidere sull’opposizione alla revoca di detta ammissione, ai sensi dell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non può ravvisare alcuna presunzione d’inesistenza del permesso di soggiorno, ma deve viceversa accertare se, alla data di presentazione dell’istanza, lo straniero fosse munito del necessario permesso. (Cassa con rinvio, Trib. Ancona, 19/06/2007) FONTI CED Cassazione, 2011 *** 41 12 mesi di gratuito patrocinio