Questo articolo è la denuncia di un giovane professionista su un sistema nazionale poco meritocratico, più attento all'apparenza che alla qualità e poco attento allo sviluppo delle competenze professionali, antico problema del nostro paese mai risolto. Pubblicazione Folio, cnpi, marzo 2005.
1. 61marzo 2005
Apparenza o QualitàAMARE
CONSIDERAZIONI
modo li hanno ottenuti), non hanno
più aperto un libro nemmeno per guar-
dare le didascalie ed ormai hanno dis-
imparato persino a leggere.
Quest’ultimi sono i principali asser-
tori del concetto di empirismo alchi-
mistico assoluto, un mix da applicare
con orgoglio nel lavoro, costituito da
credenze popolari, esperienze perso-
nali mai troppo approfondite e pre-
giudizi, un muro impenetrabile in cui
perizia, competenza e preparazione
non riesce ad aver ragione.
Negli ambienti così compaginati la vo-
lontà di imparare, di impegnarsi per
il raggiungimento di obiettivi reali, di
tendere ad uno sviluppo professiona-
le crescente, s’è sopito nel tempo, la
proprietà ed i soci il più delle volte vi-
vono in un universo parallelo ma di-
stante anni luce, sono imperatori di-
vini che hanno perso ogni contatto con
il mondo produttivo, ordinano dal-
l’alto dell’Olimpo attraverso diretto-
ri-baroni sempre in guerra tra loro, i
capireparto svolgono funzione di fe-
deli guardiani, i tecnici, gli impiegati
e gli operai formano una plebe consi-
derata non indispensabile per i risul-
tati aziendali ed obbligata alla cieca
sudditanza.
Chi non stà al gioco è fuori dalla squa-
dra, la professionalità non è più capa-
cità tecnica e perizia, ma diviene as-
servimento, rinuncia di un giudizio
competente e razionale, cameratismo
e omertà a discapito dell’interesse fi-
nale dell’imprenditore stesso, solida-
rietà con la propria squadra in guerra
perenne con i restanti settori dell’a-
zienda, alla mercè di dirigenti peren-
nemente impegnati nell’eterna lotta
delle investiture.
Le cose, però, non sono sempre an-
Ho letto la lettera aperta del col-
lega Adriano Bernardi su “Fo-
lio” n. 1 di Gennaio 2005, pag.49, e
sono rimasto molto colpito, anche se
non sorpreso.
Colpito perché ho la netta sensazione
che il problema denunciato dal Col-
lega sia più esteso e profondo di quan-
to emerga, non sorpreso perché ho
un’ulteriore conferma di quanto ri-
scontrato personalmente, sempre in
grosse aziende, seppur in altro setto-
re e in altra provincia Italiana.
La mia esperienza, svoltasi in molti an-
ni di lavoro nel comprensorio cerami-
co di Sassuolo (MO), è del tutto simi-
le a quanto esposto da Bernardi ed or-
mai temo sia divenuta pratica diffusa
in tutta la grande industria Italiana.
I Periti Industriali, purtroppo, do-
po un glorioso periodo hanno subi-
to nel settore industriale, e non so-
lo, un declassamento ingiustificato,
proprio per i motivi descritti dal Col-
lega di Brescia.
Risulta altresì vero che negli ambien-
ti industriali spesso sono assegnate fun-
zioni inconsuete a persone poco pre-
parate da un punto di vista tecnico, ed
in genere per tre motivi principali:
1 - Parentela stretta con qualcuno
dei dirigenti o dei capireparto, il
nuovo arrivato è così promosso a
svolgere mansioni da specializza-
to pur non avendo a volte la spe-
cializzazione necessaria, (il ne-
potismo continua ad avere molti
adepti nel nostro Paese, ma tutti
credono che nell’imprenditoria
privata non esista);
2 - Cariche formali, obbligatorie ma
considerate totalmente insignifi-
canti per la produttività, da asse-
gnare assolutamente a personale
di livello medio alto “riciclato”,
considerato poco competitivo
perché non più aggiornato sui
tempi ma comunque da salva-
guardare perché casta protetta,
(in questa categoria si sono pro-
mossi, purtroppo, ispettori interni
per la qualità, addetti alla sicu-
rezza, persino RSPP);
3 - Ignoranza manageriale che porta
a ritenere un Perito Meccanico un
buon fabbro, un Perito Edile un
muratore, un Termotecnico un ot-
timo fuochista, un Chimico una
persona in camice bianco da met-
tere sotto una pressa a fare carichi
di rottura per vantare a visitatori
e clienti l’alta specializzazione del-
la propria manodopera.
Conseguentemente, per caduta a ca-
tena, le professionalità, nella grossa in-
dustria Italiana, risultano sottostima-
te e sottoutilizzate a tutti i livelli.
Esiste in generale una gestione delle
risorse umane a dir poco irresponsa-
bile, un’incompetenza diffusa so-
prattutto tra i livelli alti, sia dirigen-
ziali sia manageriali, un assoluto pre-
dominio di capireparto poco qualifi-
cati che vivono nella più totale disin-
formazione tecnico-scientifica, per-
sone che non mancano di esercitare
poteri mobbistici verso i subordina-
ti, specie se più preparati tecnica-
mente e aggiornati.
L’aggiornamento e la formazione so-
no considerati tempo perso, mentali-
tà sostenuta dai nuovi analfabeti che
troppo spesso si trovano a gestire
squadre o reparti: i nuovi analfabeti
vivono nei vecchi ricordi della loro fal-
limentare esperienza scolastica, e dal
diploma o dalla laurea, (se mai e in che
Negli ultimi anni la società predilige
l’involucro formale, dimenticando la reale
importanza di professionisti competenti
2. date così, le odierne grandi aziende,
in genere costituite in periodo di boom
economico, con le condizioni favore-
voli sono riuscite ad ingrandirsi nel
corso degli anni cercando e utilizzan-
do i tecnici ed i professionisti miglio-
ri, valorizzandone le competenze e di-
venendo veri fari luminosi nell’in-
ventiva e nella capacità produttiva.
Ma cosa è successo poi, ossia negli ul-
timi 40 anni?
Io penso che da un lato si siano in-
grandite ed arricchite troppo, rag-
giungendo dimensioni poco con-
trollabili dalla proprietà che ha ini-
ziato a delegare i compiti a persone
poco idonee, disinteressandosi dal-
l’attività produttiva per curare solo
l’aspetto finanziario, dall’altro riten-
go che i vecchi imprenditori, orgo-
gliosi di quanto avevano costruito as-
sieme ai loro collaboratori, (profes-
sionisti, tecnici, impiegati e operai),
non siano stati avvicendati da altret-
tanti degni sostituti.
L’imprenditore di allora costruiva an-
che per migliorare il proprio Paese,
con la voglia di creare benessere per
tutti ed essere addirittura ricordato
nella storia per questo, era a contatto
con la produzione e conosceva il va-
lore dei collaboratori, l’importanza di
investire parte del denaro guadagna-
to per migliorare la qualità.
Lavorava a fianco dei propri tecnici
e pianificava gli obiettivi da raggiun-
gere assieme a loro, accettava le sfi-
de e riusciva ad impartire fiducia ai
propri dipendenti anche nei momenti
peggiori, stimolandoli a dare sempre
il meglio, a cercare di ottenere il me-
glio, pensiamo a persone come Enzo
Ferrari, forse il più grande tra loro,
di tali capacità da riuscire a creare
una vera grande squadra, ancora og-
gi in cima alla vetta e d’esempio per
il mondo intero.
Molti imprenditori di nuova genera-
zione, invece, non hanno dimostra-
to le stesse capacità dei successori di
Ferrari, iniziando a distruggere l’im-
prenditoria Italiana, demotivando la
ricerca, la formazione e la professio-
nalità, investendo più sull’immagine
che sulla qualità e squalificando la
capacità professionale dei dipendenti
per risparmiare sul costo della ma-
nodopera, ma decuplicare i propri
guadagni.
Ora siamo immersi in una pesante cri-
si della produzione industriale, ma co-
sa ci si doveva aspettare?
Le politiche di sfruttamento hanno
sempre portato alla desolazione, al-
l’arricchimento dei pochi e all’impo-
verimento del Paese, al contrario una
coltivazione responsabile ha sempre
portato ad un buon raccolto, suffi-
ciente per creare in parte ricchezza e
in parte fondi da investire per ricerca,
migliorie tecnologiche, servizi, com-
petitività.
Il problema che ci ritroviamo oggi è
la conseguenza di una reazione a ca-
tena che si è innescata diversi de-
cenni fa e che bisogna al più presto
interrompere, prima che sia troppo
tardi.
I tagli portano a ridurre investimenti,
servizi (sia pubblici sia privati) e be-
nessere, ciò causa impoverimento tec-
nico scientifico, precarietà, insicurez-
za e povertà; ne consegue un econo-
mia del risparmio estremo che riduce
ulteriormente le spese e blocca il mer-
cato, la produzione ed i guadagni di
tutti, alzando il rischio di recessione.
Bisogna investire più in formazione,
ricerca, tecnologie, dare più spazio al-
la piccola e media impresa, magari se-
guendo il modello Veneto, l’unico in
Italia ad essere competitivo nel mon-
do, ma ancora più importante è ne-
cessario restituire professionalità e di-
gnità ai lavoratori, la vera forza pro-
duttiva del Paese, ma anche vera ri-
62 anno XXX - n. 3
UNBENE
PREZIOSO SEGUE >
3. le capacità intellettive del cervello
nel conseguire quei risultati ottenu-
ti per applicazione, sacrificio, stu-
dio, esperienza, capacità di impara-
re e voglia di mettere in pratica quan-
to si apprende.
Questo deve stimolarci nel fare me-
glio e nel pretendere il giusto rispetto
da parte di tutti, al di fuori di fasulli
schemi, al di fuori delle falsità e ipo-
crisie, al di là di inutili poteri di log-
gia o interessi mediatici, economici,
politici ed egoistici.
In questo anche i Collegi e gli Ordi-
ni devono impegnarsi, promuoven-
do sul mercato veri esperti, periti ag-
giornati, certificati e riconosciuti in
ambito europeo per capacità tecni-
co-scientifiche, dedicandosi alla lo-
ro promozione e tutela, pretenden-
do il giusto ruolo dalle istituzioni,
dalla società e dalle industrie, con-
trollando e disincentivando tutti gli
abusi, dai praticoni fai da tè, che ro-
vinano il mercato declassando inte-
re categorie, alle prepotenze di Or-
dini più forti oppure emergenti che
tendono a squalificare le altre pro-
fessionalità per assicurarsi una fetta
di mercato altrimenti difficile da con-
quistare, (attenzione alle pressioni
esercitate da associazioni o da Ordi-
ni di laureati triennali!!!), alle in-
giustizie normative che escludono in
modo pregiudizievole intere profes-
sioni considerate erroneamente mi-
nori rispetto ad altre.
Se non riusciremo a fare tutto que-
sto, risaltando più la qualità dell’ap-
parenza, non potremo né difendere
la nostra Categoria, né sperare di ri-
sollevare la situazione economica tut-
tora in stallo.
Stefano Sghedoni
sorsa economica: ogni lavoratore è un
compratore di beni e servizi!!!
E’ necessario mantenere alti anche i
controlli per evitare i vari effetti par-
malat, mucca pazza, le sofisticazioni,
la riproduzione non autorizzata, lo
spionaggio industriale, l’evasione fi-
scale, la criminalità, gli abusi ambien-
tali e le emergenze sanitarie che arre-
cano danni irreparabili ai cittadini ma
anche al mercato nazionale, di conse-
guenza agli stessi imprenditori.
E’ necessario una maggiore responsa-
bilizzazione della classe dirigente po-
litica, sindacale e imprenditoriale,
quando si smetterà di lavorare solo per
i propri interessi personali, o gli inte-
ressi di pochi, e si comincerà a guar-
dare di più verso le conquiste sociali
arriveremo di sicuro ad ottenere mag-
giori risultati.
Al di là di quelle che sono le proble-
matiche esterne, terribilmente reali e
comunque da combattere, dobbiamo
tenere a mente un concetto fonda-
mentale : un titolo di diploma o di lau-
rea suppone solo il conseguimento di
un percorso di apprendimento teori-
co pratico; un diploma di abilitazione
alla professione denota la conclusio-
ne di un periodo di praticantato pres-
so alcuni professionisti del settore; l’ap-
partenenza ad un Collegio o ad un Or-
dine presuppone un controllo sulla
professionalità dell’iscritto, tanto più
approfondita quanto più è riuscito a
mettere in pratica le nozioni acquisi-
te teoricamente, ma il vero distinguo
è l’eccellenza ottenuta da una forma-
zione continua lungo tutto il percor-
so professionale, in grado di tener ag-
giornato il professionista ai continui
progressi ed innovazioni che contrad-
distinguono i tempi moderni.
A questo aggiungiamo che tutte le pro-
fessioni non sostituiscono e non sono
sostitutive di altre professionalità, un
ingegnere non sostituisce un perito e
viceversa, così come un medico non
sostituisce un infermiere, sono diffe-
renti competenze tecniche, comple-
mentari tra loro, che rientrano nel
grande ruolo multidisciplinare delle
attività umane.
Ricordiamoci inoltre che il solo pos-
sesso di un titolo non significa nulla:
fu William Thomson a svolgere im-
portanti studi e ad arrivare a favolose
scoperte nella fisica atomica e nella
termodinamica, e non il titolo di Lord
Kelvin; Albert Einstein arrivò alla sua
relatività prima di essere considerato
uno scienziato di fama mondiale, pri-
ma di diventare Professore; Gugliel-
mo Marconi come tutti sappiamo non
era né ingegnere né scienziato, ma nes-
suno oggi se ne ricorda più; Leonar-
do da Vinci, invece, non possedeva al-
cun titolo nobiliare, né laurea, né di-
ploma solo una grande intelligenza ap-
plicativa ed un genio rimasto unico ne-
gli ultimi mille anni.
L’ingegno umano, e dunque la pro-
fessionalità di ognuno, dipende dal-
63marzo 2005
UNBENE
PREZIOSO