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TRENTINO SVILUPPO spa
COMUN GENERAL DE FASCIA
Riqualificarsi nella continuità:
le dinamiche evolutive del
distretto turistico della val di Fassa.
Inchiesta per l’elaborazione del documento preliminare di programmazione.
settembre 2012
a cura di Sergio Remi
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Sommario
1. Dalla quantità alla qualità: i nodi della transizione. ...................................................................................... 4
2. Ripensare il territorio .................................................................................................................................. 11
3. Le carenze d’infrastrutture e di servizi pubblici. ......................................................................................... 17
4. Le esigenze di riequilibrio della struttura ricettiva...................................................................................... 26
5. La ricettività alberghiera: tra elementi di crisi ed esigenze di rinnovata competitività.............................. 31
6. Professionalità e imprenditorialità nel settore turistico ............................................................................. 41
7. L’offerta extralberghiera e la questione delle seconde case....................................................................... 50
8. La casa per i residenti .................................................................................................................................. 58
9. Lo sci come motore dello sviluppo.............................................................................................................. 63
10. Il distretto turistico globale ....................................................................................................................... 73
11. La piattaforma turistica delle Dolomiti...................................................................................................... 79
12. Un’offerta turistica global service ............................................................................................................. 93
13. Per una maggiore integrazione (e diversificazione) dell’economia locale.............................................. 106
13.1 Zootecnia e gestione del territorio.................................................................................................... 109
13.2 Artigianato......................................................................................................................................... 119
14. Investire su persone, famiglie e comunità. ............................................................................................. 130
15. Quali possibili indirizzi per il Documento preliminare............................................................................. 138
15.1 Le strategie vocazionali della Val di Fassa......................................................................................... 138
15.2 Infrastrutture e mobilità.................................................................................................................... 139
15.3 Riqualificazione del patrimonio edilizio ............................................................................................ 140
15.3 La ricettività turistica extralberghiera ............................................................................................... 141
15.4 La prima casa per i residenti............................................................................................................. 142
15.5. La valorizzazione dei paesi................................................................................................................ 143
15.6 Tutela e valorizzazione del territorio agricolo.................................................................................. 145
15.7 L’uso sostenibile delle risorse forestali e montane.......................................................................... 146
15.8 La competitività del sistema turistico................................................................................................ 147
15.8.1 La piattaforma turistica delle Dolomiti e il riconoscimento dell’Unesco ................................... 148
15.8.2 La qualificazione dell’imprenditorialità turistica....................................................................... 150
15.8.3 La diversificazione dell’offerta turistica..................................................................................... 152
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15.9 Integrazione (e diversificazione) dell’economia locale ..................................................................... 154
15.9.1 La valorizzazione dell’agricoltura locale..................................................................................... 155
15.9.2 Le politiche per l’artigianato....................................................................................................... 156
15.10 Politiche temporali, nuove forme di mutualismo e welfare mix.................................................... 157
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1. Dalla quantità alla qualità: i nodi della transizione.
Circa sessanta mila posti letto da riempire – due terzi extralberghieri e un terzo negli alberghi- que-
sto è il dato da cui non si può prescindere per ragionare sulle prospettive di sviluppo della val di
Fassa. Nel contesto alpino pochi altri territori possono vantare un’analoga consistenza della struttu-
ra ricettiva.
La val di Fassa è per definizione un territorio a monocultura turistica. Il turismo in val di Fassa si
fonda, oltre che sulle bellezze naturali note in tutto il mondo, su impianti e piste per lo sci e attrez-
zature complementari di alto livello.1
Analogamente, la ricettività alberghiera ha visto un progressi-
vo miglioramento nel corso degli anni, fino a raggiungere in molti casi ottimi livelli qualitativi, sen-
za però mai superare la classificazione delle quattro stelle. Nel 2010 sono stati rilevati nel Comun
General de Fascia 291 alberghi, con complessivi 16.772 posti letto, pari al 30 % dei posti letto pre-
senti in valle. Il maggior numero di alberghi (58 %) e posti letto alberghieri (66 %) sono strutture a
tre stelle.
Attorno al turismo ruotano attività complementari di tipo commerciale e artigianale, in particolare
connesse all’attività edilizia. La componente industriale della Valle è rappresentata unicamente dal
settore degli impianti a fune che conta una quindicina di aziende con quasi 300 dipendenti. A fronte
del settore alberghiero e della ristorazione in cui si concentra il 52% degli addetti - dato che non si
verifica in nessun’altra valle del Trentino - il commercio occupa il 13,48 % degli occupati, mentre il
settore delle costruzioni dà lavoro al 9,64 % degli addetti operanti in Valle.
Il 28,7 % delle imprese artigiane (87 su 303) del Comun General de Fascia opera nel settore
dell’edilizia. Allo stesso settore di attività sono riconducibili anche le imprese operanti nel settore
dell’impiantistica (idraulici, elettricisti, ecc.) e del legno. Questi sono, dopo quello edile, i due setto-
ri maggiormente rappresentati nel Comun General, rispettivamente con il 16,8 % e il 15,2 % del to-
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Le ski area in Val di Fassa sono sette (Belvedere, Col Rodella, Catinaccio, Aloch - Buffaure, Ciampac, Carezza,
Marmolada), sono inserite nel comprensorio sciistico del Dolomiti Superski e si dividono tra il comprensorio sciistico di
Fassa e quello di Carezza; Moena fa invece parte del comprensorio sciistico Trevalli (Lusia - Passo San Pellegrino -
Falcade). Il comprensorio Val di Fassa - Carezza si struttura in 90 impianti per un totale di oltre 200 km di piste da sci
oltre alla Ski Area Trevalli che offre altri 27 impianti e 100 km di piste da sci. Sono possibili collegamenti sciistici di-
retti verso altre vallate, quali la Val Gardena, Val Badia e Arabba, permettendo così di accedere, dai paesi di Campitello
e Canazei, al circuito del Sella Ronda. E' presente anche una funivia che consente di raggiungere il Sass Pordoi. Nume-
rosi anche i circuiti del fondo (Pozza di Fassa, Fontanazzo, Passo San Pellegrino, Alba di Canazei, Passo di Costalun-
ga). Ad Alba di Canazei sorge uno stadio del ghiaccio.
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tale delle imprese artigiane. È quindi possibile affermare che circa il 60 % delle imprese artigiane
del Comun General de Fascia opera, più o meno direttamente, nel settore dell’attività edilizia.
Ancor più ridotto è il contributo dell’agricoltura all’economia locale. Nel Comun General de Fascia
al 2010 erano presenti 115 aziende agricole, con un’incidenza percentuale sulla popolazione resi-
dente dell’1,17 %. Lo stesso dato riferito alla Provincia Autonoma di Trento nel 2010 era di circa
3,1 aziende agricole rilevate ogni 100 abitanti residenti. Il valore dell’indice relativo al Comun Ge-
neral de Fascia conferma il carattere residuale dell’attività agricola nel territorio considerato.
Dai dati schematici sopra riportati è evidente come il turismo sia l’unico motore di sviluppo su cui i
soggetti locali possono contare per mantenere i livelli di benessere raggiunti. Le tradizionali quanti-
tà di arrivi e presenze e i forti investimenti nel settore, sia privati, sia pubblici, fanno del turismo il
punto di forza dell’economia locale anche se, le esternalità negative generate dai flussi turistici e al-
cune carenze infrastrutturali potrebbero nel tempo minare le basi del vantaggio competitivo acquisi-
to. Le potenzialità dello sviluppo turistico appaiono inoltre essere limitate da una serie di cambia-
menti riconducibili: ai processi d’apertura dei mercati e l’emergere di nuove destinazioni, alla crisi
finanziaria globale, all’evolversi dei modelli di fruizione turistica e, non ultimo, ai cambiamenti
climatici.
Di tali fattori di rischio il contesto locale è perfettamente consapevole. A essere messo in discussio-
ne - praticamente da tutti gli attori intervistati nel corso della presente indagine - è il modello di cre-
scita quantitativa che negli ultimi quarant’anni ha caratterizzato lo sviluppo turistico della Valle. Al
termine di un ciclo fortemente espansivo, emerge la consapevolezza che il turismo ha in sé i germi
per il suo progressivo esaurimento e per la sua saturazione: ha una capacità intrinseca di livellare
progressivamente le diversità culturali e gli elementi di qualità ambientale che creano turismo. Per-
ché ciò non avvenga, sono tutti concordi sul fatto che bisogna intervenire attivamente per aumentare
la sostenibilità ambientale, sociale ed economica del turismo, per poterlo far durare nel tempo, sen-
za diminuire, ma anzi incrementando, il suo livello qualitativo per residenti e ospiti.
La transizione da un modello di sviluppo quantitativo a un modello di sviluppo qualitativo è la
strategia perseguita dagli operatori locali, alla ricerca di soluzioni che riguardano, in modo parti-
colare:
• la qualificazione dei servizi pubblici e delle reti infrastrutturali;
• i margini di redditività dell’attività turistica e i pericoli di una deriva economica connessa alle
vendite low cost,
• la valorizzazione del contesto paesaggistico e dell’identità culturale;
• il governo dei flussi turistici e la diversificazione dell’offerta;
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• una maggiore integrazione dell’economia locale attraverso il rafforzamento di settori comple-
mentari al turismo;
• una maggiore attenzione al benessere e alla crescita socio-culturale della comunità locale.
Come tutti i sistemi locali a forte specializzazione economica - sia essa turistica o industriale – la
val di Fassa si trova però di fronte a delle rigidità strutturali, finanziarie e culturali che rendono
complesso un adeguamento dell’offerta locale alle mutevoli condizioni del contesto. A rendere dif-
ficile un processo di riconversione dell’offerta turistica locale sono una serie di fattori quali:
• la consistenza dell’offerta ricettiva;
• il diffuso stato d’indebitamento delle aziende;
• il carattere frammentato e famigliare della struttura imprenditoriale;
• la concorrenza dell’offerta ricettiva non imprenditoriale;
• la debolezza dei settori economici complementari;
• il sovraccarico delle infrastrutture nei periodi di maggiore afflusso turistico;
• gli alti livelli d’occupazione di suolo;
• lo stato di relativo abbandono di parte del patrimonio immobiliare costituito dalle seconde case
e da alberghi dismessi;
• la carenza di competenze e di manodopera locale.
L’industria del turismo, al pari degli altri settori, si deve fondare su adeguate economie di scala, è
quindi difficile avviare un processo di riconversione verso segmenti di fruizione turistica che non
abbiano la base numerica adeguata a sostenere i cospicui investimenti effettuati. Quantità e qualità
in Valle di Fassa devono necessariamente convivere e ci si chiede in che misura la qualificazione
e diversificazione dell’offerta possa essere remunerativa e incidere su flussi turistici in buona parte
massificati come quelli che, perlomeno nella stagione invernale, convergono in val di Fassa.
Il recente processo d’apertura dei mercati ha fatto della Valle di Fassa un “distretto turistico globa-
lizzato”, ponendola al centro di nuovi flussi turistici internazionali e in concorrenza con nuove de-
stinazioni, non necessariamente montane. La caratteristica dominante dei flussi turistici globali è
l’estrema variabilità: sono flussi itineranti, difficilmente fidelizzabili, che ricercano nella località
cose diverse e spesso non codificabili. Il turismo della neve è un settore maturo che già da diversi
anni ha manifestato un processo d’assestamento. I nuovi sciatori provenienti da paesi dell’Est non
sono considerati una clientela stabile e affidabile su cui costruire un nuovo e duraturo sistema
d’offerta. Come tutte le destinazioni turistiche, anche la Valle di Fassa ha segnato una progressiva
riduzione della permanenza media e ciò è causato: da un lato, dalla maggior ecletticità del turista,
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desideroso di concedersi vacanze in posti sempre diversi per periodi più brevi ma più frequenti
nell’anno; dall’altro, dalla scomparsa della villeggiatura montana estiva, che è stata di gran moda
negli anni Sessanta e Settanta e che ha determinato l’avvio dello sviluppo turistico di molte destina-
zioni di montagna. Perseguire una costante strategia d’adeguamento alla domanda al fine di renderla
fedele alla località - come fino ad oggi è stato fatto con la tradizionale clientela italiana e tedesca -
non appare più una scelta strategica.
La val di Fassa si trova oggi a dover fronteggiare una molteplicità di scenari competitivi riguardanti
sia i paesi di provenienza dei turisti, sia le motivazioni della vacanza. Plasmare il prodotto in fun-
zione di un generico “consumatore globale” oltre che difficile (vista la variabilità della domanda),
rischia di portare a un progressivo processo d’omologazione dell’offerta (un’offerta standardizzata
che può andare bene per chiunque). Il fenomeno della globalizzazione e il conseguente adeguamen-
to dell’offerta locale ai caratteri dell’international style tendono, infatti, ad appiattire le differenze e
a portare alla proposta di modelli mediani che non appartengono a nessuno e generano inevitabil-
mente mediocrità.
Di certo le Dolomiti continuano a essere un eccezionale fattore d’attrazione, come lo sono le struttu-
re sciistiche dell’area. Da più parti, però ci si chiede se l’attività sciistica, praticata in un contesto
ambientale unico al mondo, sia sufficiente a definire l’identità della località e continuare a garantire
i flussi turistici del passato. Le statistiche su arrivi e presenze in questo momento non aiutano a dare
una risposta a questi quesiti. I costanti trend di crescita dei decenni trascorsi, nell’ultima stagione
invernale hanno subito una battuta d’arresto. Gli attori locali s’interrogano (fornendo risposte diver-
se) se questo sia un dato contingente, dovuto alle condizioni climatiche e alla crisi finanziaria globa-
le, o se sia il segnale di un’inversione di tendenza.
Al di là del dato statistico, esiste comunque la percezione diffusa di una crescente difficoltà a stare
sul mercato con l’attuale modello d’offerta. L’esigenza di riempire le strutture per remunerare gli
investimenti e far fronte ai mutui bancari, impone alle aziende strategie d’offerta low cost e la ne-
cessità di affidarsi ad agenzie internazionali che organizzano l’incoming alberghiero trattenendo
consistenti quote di valore per l’intermediazione. Sono queste stesse agenzie che, per rendere anco-
ra più appetibile la vacanza ai turisti stranieri, abbinano al soggiorno in val di Fassa anche gite in
altre città come Milano e l'immancabile Venezia, contribuendo a diversificare il comportamento dei
turisti (non più dediti alla sola attività sciistica) e a dirottare risorse al di fuori dell’area. La concor-
renza delle vicine località altoatesine e austriache erodono quote di mercato, con particolare riferi-
mento ai flussi pregiati del turismo italiano e tedesco. Le imprese alberghiere locali stanno poi vi-
vendo un delicato momento di ricambio generazionale che ha già comportato la chiusura di alcune
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aziende o la loro cessione a operatori esterni alla valle. Tutto questo costituisce un serio motivo di
preoccupazione per gli operatori locali.
L’apertura al mercato globale - che per la Valle di Fassa ha significato l’apertura ai mercati extraeu-
ropei e un ruolo crescente svolto dai tour operator internazionali - impone oggi un cambio di passo,
un maggior protagonismo della società locale nel determinare e governare le proprie dinamiche di
sviluppo. Si sente l’esigenza:
• di aumentare la coesione interna alla Valle, superando la frammentazione degli interessi e le lo-
giche localistiche;
• di far crescere interessi economici fondati sulla qualità del bene territorio nelle sue diverse acce-
zioni, ambientale, culturale e produttiva, e aumentare di conseguenza l’autonoma capacità del
sistema di generare flussi turistici diversificati;
• di aumentare il livello d’integrazione tra le diverse attività presenti localmente (turismo, agricol-
tura, artigianato, servizi) al fine di proporre un’immagine unitaria e più articolata dell’offerta lo-
cale;
• di consolidare un sistema di reti infrastrutturali e di servizio (di livello locale, metropolitano e
globale) capaci di garantire la qualità della vita e una maggiore competitività del territorio in
un’economia fatta di flussi.
Nella competizione globale muta il ruolo economico del territorio e la sua capacità attrattiva. Quello
che conta nella nuova economia è l’offerta che il territorio è in grado di proporre in termini di cono-
scenze, reti e qualità ambientale. Nel mercato turistico globale cresce anche una domanda e
un’offerta di nuove soluzioni che vanno nella direzione della ricerca e della diffusione
dell’eccellenza, senza farne necessariamente un fenomeno di élite, ma proponendolo come fatto cul-
turale e, in quanto tale, universale.
Nel nuovo rapporto che con la globalizzazione si è venuto a creare tra luoghi e flussi è importante
affermare la propria diversità, identità e la specificità della propria offerta, unica e non replicabile in
altri contesti. Si sta nella globalizzazione se si hanno competenze distintive, riconoscibili e capaci di
produrre valore aggiunto nelle reti globali. Per far questo è necessario fare “rete corta di comunità
locale”, aumentando i livelli di coesione interna, a livello istituzionale, economico e sociale, per poi
fare “rete lunga di mercato” dotandosi delle competente necessarie per stare nelle reti globali. Fare
“rete lunga di mercato” per la Valle di Fassa significa anche ragionare sulla propria visibilità inter-
nazionale e sul suo spazio di posizione nell’ambito della piattaforma turistica delle Dolomiti.
In questo processo di transizione da un modello di sviluppo quantitativo a un modello di sviluppo
qualitativo grandi aspettative sono rivolte al ruolo che potrà essere svolto dal Comun General de
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Fascia, come soggetto istituzionale in grado di mediare e portare a sintesi l’articolato sistema
d’interessi locali e settoriali. Per la prima volta esiste l’opportunità di esprimere una programmazio-
ne socio-economica e urbanistica che consideri la Valle nella sua unitarietà.
Traendo le fila del discorso fatto finora, possiamo dire che l'economia fassana si trova oggi di fronte
ad una scelta che deve essere compiuta in modo chiaro e trasparente, dopo essere stata pubblica-
mente discussa. La scelta tra:
• un sentiero di evoluzione adattiva, che asseconda la congiuntura fino a oggi favorevole, prolun-
gandola il più possibile e rimandando a domani (se saranno necessarie) le trasformazioni di
maggiore impegno;
• e un sentiero d’iniziativa progettuale, che invece forza i tempi dell'evoluzione in corso, antici-
pando problemi e soluzioni, in modo da trarre il massimo vantaggio dai cambiamenti che stanno
maturando nei mercati esterni.
La prima opzione ha dalla sua le buone performance realizzate finora, sulla base di uno schema di
risposta adattiva ai problemi che di volta in volta si sono presentati e che sono stati superati anche
grazie al sostegno della politica pubblica locale. Ma la realtà attuale, se analizzata in profondità, dà
anche argomenti e ragioni per la seconda opzione, quella progettuale. In effetti, come abbiamo vi-
sto, sotto la superficie non si fatica a rintracciare criticità, problemi irrisolti, situazioni ambivalenti:
tutti indizi di fratture e discontinuità che possono trasformare in un difficile percorso a ostacoli
quella che oggi appare come una strategia di adattamento graduale ai cambiamenti in corso. Il sen-
tiero dell'iniziativa progettuale, certo, ha un costo per gli attori dell'economia locale. Un costo che
non deve essere sottovalutato. Infatti, per percorrerlo fino in fondo, occorre fissare delle priorità, es-
sere selettivi, non immaginare più lo sviluppo come un'espansione a macchia d'olio che dilata, e-
stensivamente, sempre le stesse formule imprenditoriali, sempre lo stesso tessuto di relazioni. Biso-
gna invece accettare di cambiare, di rischiare, di dipendere da altri attori secondo la logica dell'a-
zione di sistema e delle relazioni a rete.
Da quanto emerso dal percorso d’interviste agli attori locali emergono tre percorsi di pro-
grammazione socio economica e urbanistica che potremmo considerare prioritari.
La gestione quantitativa dei flussi rimane l’aspetto fondamentale all’interno delle problematiche
della località. In quest’ambito si tratta di attuare interventi - principalmente di carattere urbanistico -
che vadano a incidere, sia sugli aspetti d’organizzazione e maggiore efficienza del sistema infra-
strutturale, sia sugli squilibri oggi rilevabili nell’ambito d’offerta ricettiva. Emerge l’esigenza di una
programmazione che, attraverso il coinvolgimento degli operatori, sia un grado di perseguire un
corretto e indispensabile equilibrio tra potenzialità sciistiche, potenzialità ricettive e dotazione
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di servizi e infrastrutture. Il tutto in una logica di salvaguardia delle peculiarità ambientali e socia-
li del contesto e della qualità dell’offerta turistica.
Un secondo percorso riguarda la necessità di recuperare una forte dimensione identitaria. Anche
in questo caso ci troviamo di fronte a una duplice esigenza. Da un lato si tratta di recuperare e va-
lorizzare gli elementi distintivi (cultura, tradizioni, qualità sociale, paesaggio) che fanno della val
di Fassa (e delle Dolomiti) una destinazione unica nel quadro del turismo internazionale. L’esigenza
è sviluppare un sistema articolato ma integrato di offerte turistiche specializzate capaci di intercetta-
re una domanda sempre più segmentata e sempre più alla ricerca di elementi di autenticità.
Dall’altro lato si tratta di dare risposta a una crescente domanda di “normalità” negli assetti di
sviluppo economico e sociale. Decenni di sviluppo turistico intensivo hanno messo in secondo pia-
no la dimensione della comunità locale: oggi ci s’interroga sulla tenuta del tessuto sociale e sulla
continuità del modello imprenditoriale. Emergono i limiti di un’organizzazione sociale, territoria-
le e imprenditoriale costruita sui tempi e sulle stagionalità del turismo dove, al troppo pieno si alter-
na il troppo vuoto, ai periodi di stress e totale dedizione al turista si alternano periodi d’inattività e
caduta di senso. La comunità locale ha oggi bisogno di pensare maggiormente a se stessa ponendo i
propri bisogni al centro dell’azione di sviluppo. In tale ottica emerge anche l’opportunità di far cre-
scere settori economici complementari, quali l’agricoltura, l’artigianato, i servizi, che oltre a con-
tribuire a qualificare l’offerta turistica e ambientale della località, possono diversificare, e quindi
rendere più solide, l’economia locale e le stesse forme di convivenza sociale.
La terza esigenza è quella di darsi una struttura imprenditoriale adeguata a una competizione
che si è fatta globale. Con l’apertura dei mercati i flussi si sono fatti mobili, incostanti, addirittura
effimeri, la condizione dello spazio in cui si vive e si lavora è sempre più quella dell’incertezza. La
creazione del valore si sposta sulla dimensione dell’immateriale: non basta più offrire pasti e posti
letto, ma assume sempre più ruolo la capacità di produrre valore attraverso le conoscenze e le espe-
rienze offerte al visitatore. A fronte dei cambiamenti le imprese possono “resistere” riducendo i
prezzi, tagliando i costi all’osso o investendo in nuovi servizi (wellness, intrattenimento, ecc.) ma
alla fine c’è il rischio che strategie solamente difensive non riescano a raggiungere il traguardo di
consolidare relazioni di mercato che vanno comunque sfilacciandosi. Per reggere la sfida della glo-
balizzazione e della smaterializzazione le imprese devono oggi fare un investimento cognitivo nella
creazione di competenze distintive a carattere fortemente specializzato e un investimento relazio-
nale all’interno e all’esterno del sistema locale. La competizione in cui è inserita la val di Fassa è
ancora giocata tra localismi: trentini, altoatesini e veneti. Costruire un sistema di piattaforma territo-
riale in cui la rete degli operatori - e dei territori - converga verso un’azione promozionale congiun-
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ta (e adeguata alla dimensione del mercato turistico globale) può essere un importante obiettivo
strategico.
2. Ripensare il territorio
Alla base del processo di riconversione da un modello d’offerta quantitativa a un modello d’offerta
qualitativa c’è, prima di tutto, il territorio. Il famoso adagio heideggeriano secondo cui il territorio
prima si abita e si costruisce e poi si pensa, va oggi rovesciato. E’ in un’attenta e condivisa (e pen-
sata) strategia di gestione del territorio che vanno ricercati quei meccanismi d’integrazione capaci di
rafforzare i caratteri identitari, economici e sociali della Valle di Fassa e la sua competitività sui
mercati.
Lo sviluppo turistico dei decenni recenti ha profondamente modificato l’economia tradizionale e
l’assetto territoriale della Valle, inducendo crescita demografica e una poderosa produzione edilizia.
Il sistema insediativo tradizionale è stato modificato pesantemente, con l’abbandono delle attività
agricole e la crescita edilizia attorno ai vecchi centri, anche con iniziative di grande dimensione a-
vulse dal contesto locale. Nel fondo valle, lungo l’asse viario principale, si è creato un insediamento
lineare che rende irriconoscibili in molti casi i nuclei originari. Soraga, Vigo, Pozza e Pera, Mazzin,
Campestrin, Fontanazzo, Campitello, Canazei, Alba e Penia costituiscono un'unica conurbazione
che per numerosi mesi dell’anno appare disabitata. Solo alcuni nuclei minori come Pian e Tamion
sono riusciti a mantenere una loro identità insediativa. Ai complessi edilizi risalenti agli anni ’60 e
’70 si deve in gran parte l’enorme sproporzione oggi esistente tra gli alloggi dei censiti e le seconde
case.
Anche il restante territorio ha subito gli effetti della trasformazione. L’abbandono delle attività agri-
cole e della zootecnia, settore nel quale è oggi occupato solo il 3,2 % della popolazione, ha note-
volmente ridotto la frequentazione produttiva dei vasti alpeggi che ospitavano in passato sia le aree
pascolive di proprietà collettiva, sia gli appezzamenti falciabili proprietà di singoli individui. Tanto
i valichi alpini, quanto le valli laterali, su cui gravitava gran parte dell’economia tradizionale, sono
oggi per lo più riutilizzati - con rare eccezioni - come aree sciistiche servite da una fitta rete
d’impianti di risalita e dotate di moderne strutture di servizio in quota. Sui valichi di grande transito
lo sviluppo dell’industria turistica ha fatto sorgere dei veri e propri nuclei insediativi stabilmente a-
bitati, composti di rifugi, alberghi, negozi e ristoranti.
Salvo le fasce sacrificate per i tracciati sciistici, le superfici boscate, di per sé poco estese per la
conformazione stessa del territorio, appaiono oggi in espansione a discapito delle aree a prato e pa-
scolo. Ciò, sia per effetto del citato abbandono delle attività agropastorali, sia in virtù di una più ra-
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zionale gestione introdotta degli enti preposti, Comuni e ASBUC (Amministrazioni Separate Beni
di Uso Civico), che hanno posto dei limiti ragionevoli allo sfruttamento intensivo cui fino all’inizio
del ’900 erano state sottoposte essenzialmente per scopi edilizi e commerciali.
Tali dinamiche di trasformazione nei modelli d’uso del suolo e negli assetti socio economici sono
oggi al centro di un processo di ripensamento critico, che coinvolge praticamente tutti gli attori in-
tervistati.
“Bisogna innanzitutto chiedersi quali siano le ragioni di tali trasformazioni, partire da una rifles-
sione sul recente passato. La val di Fassa ha avuto nei decenni scorsi la grande opportunità di av-
viarsi verso una condizione di benessere diffuso che ha quasi eliminato l’emigrazione. Però oggi è
chiaro che questo processo ha accelerato a tal punto da incidere profondamente sia sull’immagine
della valle, sia sulle dinamiche economiche e sociali. Oggi siamo tutti consapevoli che in quegli
anni siano state fatte delle scelte molto discutibili, errate, che hanno portato a un’espansione stra-
ordinaria dell’urbanizzazione, delle seconde case, dei posti letto. Siamo stati tutti vittime dell’idea
della città diffusa lineare che doveva trasferirsi attraverso i comprensori nelle valli. Allora la stra-
da è diventata il fulcro dell’urbanizzazione, come la via Emilia. Ci sono ragioni storiche che hanno
determinato questo fenomeno: la parcellizzazione del suolo, l’assenza di grandi proprietà come il
maso chiuso di altre realtà che hanno consentito una minore penetrazione della speculazione edili-
zia. Questa è la zavorra che oggi ci portiamo dietro, che ha portato alle attuali situazioni di conge-
stione e che rende anche difficile ragionare su nuove ipotesi di futuro”. Fabio Chiocchetti Diretto-
re Istituto Cultura Ladina
“La valle di Fassa era poverissima, fino agli anni 70 si emigrava all’estero Poi è stata una corsa a
realizzare alberghi, appartamenti, seconde case. C’era una fonte di reddito nuova e tutti ne hanno
approfittato. Adesso siamo arrivati alla saturazione e si sta tornando indietro. Lo sviluppo è stato
fatto alla cieca, senza una proiezione futura mirata, è stato fatto tutto un po’ di conseguenza, uno fa
una cosa, uno fa l’altra, le strade, gli impianti, senza domandarti come sarebbe stata la valle in fu-
turo. Con gli alberghi e gli appartamenti siamo arrivati a saturazione, con 55mila posti letto che
sono diventati troppi per la domanda che abbiamo, salvo pochi periodi, venti giorni l’anno. Quindi
ora siamo sempre alla rincorsa per riempire i posti letto”. Enzo Iori Presidente APT
“I numeri del nostro sviluppo turistico derivano da una normale voglia di crescita economica negli
anni 70 e 80. Io non mi sento di criticare chi, avendo un pezzo di terreno edificabile se l’è costruito,
si è fatto quattro appartamenti da gestire. Perché mai dovremmo criminalizzare quest’aspetto,
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quando c’era l’opportunità di una crescita economica, quando si veniva comunque da decenni di
povertà, di stenti, di pastorizia e agricoltura misera. Oggi ci troviamo in un contesto di un turismo
maturo che in passato non è stato né pensato né pianificato. Negli anni in cui c’è stata
l’accelerazione del fenomeno del turismo in valle, i fassani che avevano la responsabilità di pro-
grammare e governare il territorio non avevano la preparazione per poter non solo decidere, ma
avere una visione del futuro. Oggi i nodi vengono al pettine. Abbiamo avuto uno sviluppo turistico
spontaneistico, non governato, non pianificato, che adesso mostra tutti i limiti e le crepe. Adesso
dovremmo fermarci a riflettere dove porta l’attuale situazione”. Daniele Dezulian Presidente del
Consorzio impianti a fune val di Fassa e Carezza
“Negli anni 70 e 80 gli amministratori hanno fatto grossi errori, hanno lasciato costruire dei con-
domini che hanno invaso il territorio senza portare alcun reale vantaggio. Oggi ci troviamo con dei
condomini costruiti per cento persone che a Natale si riempiono di trecento persone. I dati ufficiali
parlano di 60mila posti letto, ma sono convinto che arriviamo tranquillamente a 100mila. Ho visto
io appartamenti di 60-70 mq con dentro venti persone. Magari sono giovani, con gli amici, che per
una settimana vivono come in una tendopoli. E’ chiaro che questo tipo di turismo porta poco sul
piano economico e fa molti danni sul piano della congestione. Qualcuno dice che la Valle di Fassa
è diventata il dormitorio delle Dolomiti, perché ci sono troppi posti letto e si paga poco rispetto al-
le altre realtà delle Dolomiti”. Rinaldo De Berlol Insegnante e Ispettore VV.FF
La riflessione sugli errori del passato porta a interrogarsi sul futuro assetto della Valle alla ricerca di
una difficile mediazione tra una pur sempre necessaria gestione dei flussi quantitativi, che richiede
altri investimenti e trasformazioni territoriali, e una riqualificazione complessiva del sistema
d’offerta, che però al momento si presenta dagli esiti incerti. “Riqualificarsi nella continuità” ap-
pare essere la parola d’ordine su cui convergono le strategie degli attori locali, anche se non
mancano voci che esprimono preoccupazione sull’effettiva opportunità e possibilità di perseguire
un modello d’offerta fondato su ipotesi di crescita costante della domanda e sulla conseguente ne-
cessità di fare investimenti in infrastrutture di supporto.
“ Ci vorrebbe un processo di riqualificazione, se non addirittura di riconversione della nostra of-
ferta turistica. Fino ad oggi abbiamo puntato sui numeri, sull’alta ricettività, per cui un processo di
riconversione è difficile: come fai a dire a un operatore che ha fatto importanti investimenti che de-
ve ridurre il numero dei posti letto. Salvo che non sia costretto dal mercato. L’impressione è però
che i nostri operatori, per la stragrande maggioranza, continui a puntare su un modello di turismo
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industriale: i sessanta mila posti letto, gli impianti, i grandi caroselli sciistici. Il modello è questo,
abbiamo fatto gli investimenti, dobbiamo quindi guadagnare il massimo possibile. Specialmente in
un periodo di crisi come questo non possiamo rischiare in un processo di riconversione dagli esiti
incerti. Attualmente siamo appiattiti sulla domanda, se uno viene qua con un pacco di euro è chiaro
che gli dai quello che vuole, anche se magari centra poco con le nostre specificità ambientali e cul-
turali. Stiamo vivendo una situazione difficile per tutti, non è necessario vedere le statistiche, per
strada quest’inverno abbiamo visto meno pullman, meno sciatori, meno turisti, la crisi la percepisci
semplicemente girando per strada. In questo periodo è difficile parlare di prospettive di sviluppo.
Credo comunque che questa non sia una crisi di attraversamento, per cui le cose, una volta passata
la crisi ricominceranno come prima. In questa prospettiva penso che dovremmo rivedere la nostra
offerta. Ci vuole un ritorno a un’accoglienza più umana. Il nostro contesto, per le sue caratteristi-
che, non è adatto alle grandi strutture, al turismo massificato. Dobbiamo puntare sulla familiarità,
sul rapporto umano.” Bruno Sommariva Segretario CgF
“Quando si sbaglia a livello urbanistico, come noi abbiamo sbagliato negli anni ‘60 si sbaglia per
sempre. Il modello dei collegamenti impiantistici e delle infrastrutture è il proseguimento del mo-
dello che abbiamo impostato negli anni ’60. Fortunatamente, non si possono più costruire le se-
conde case. Tutta la domanda di sviluppo è orientata solo a riempire i sessantamila posti letto. Se
l’obiettivo è solo questo, non potremmo mai essere i protagonisti del nostro sviluppo, perché da soli
non ne abbiamo la forza. Dobbiamo affidarci alle grandi agenzie del turismo internazionale, ab-
bassare i prezzi e accettare chiunque venga. O si fa la scelta della qualità e di ridurre i numeri, co-
sa che comunque avverrà per dinamiche di mercato, oppure continuiamo su questo modello quanti-
tativo, ipotecando il nostro futuro per i prossimi vent’anni”. Luigi Casanova Cipra
“Dove andrà in futuro lo sviluppo della val di Fassa? Andrà ancora a pesare sulle famiglie che si
impegneranno, come si sono impegnate negli anni ’70. La val di Fassa negli anni ‘60-‘70 è stata
delle banche, le famiglie hanno rischiato molto, del proprio, hanno abbandonato una cultura che
era quella rurale per saltare a piè pari in quella alberghiera, che però adesso non si sa più se è al-
berghiera. Tutti parlano di alberghi quando invece il grosso numero di appartamenti fa a pugni
con la nostra economia. Oggi ognuno si arrangia, guardando ai propri debiti, alle proprie priorità,
siamo una comunità che non è un insieme, che non è riuscita a fare sistema. Già negli anni ‘70 si
parlava di Fassa 2000, una società di sviluppo che doveva andare ad acquisire le aziende che era-
no in difficoltà per non perdere il patrimonio. Purtroppo il patrimonio sta diventando di chi non a-
bita in val di Fassa: non solo le seconde case, negli ultimi anni sono stati venduti ventisette alber-
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ghi. Gli impegni delle famiglie che possiedono gli alberghi sono stati grossi, si sono buttati, ci han-
no creduto senza guardare ai bilanci economici. Abbiamo sconvolto una legge banale
dell’economia: tenere bassa l’offerta per tenere alti i prezzi. Noi abbiamo fatto il contrario: in val
di Fassa la mezza pensione costa trenta euro ma si dice che è arrivata anche a ventiquattro euro, il
noleggio di un paio di sci costa dieci euro a settimana, tre euro a metà settimana. Così continuere-
mo a rincorrere il turista, i grossi numeri. Finché continueremo a credere alle fate, continueremo
ad aumentare l’offerta e a credere che quella sia la soluzione, offriremo sempre più infrastrutture
pensate solo per i turisti, con costi per la società e la popolazione”. Elio Liberatore Presidente
APSP Fassa.
“Il futuro sicuramente non potrà più essere quello dei sessantamila mila posti letto. Attualmente
gran parte della nostra attenzione è concentrata sul problema della viabilità, che effettivamente è
un grosso problema, in stagione ci vuole più di un’ora per andare da Canazei a Pozza. Allora
stiamo pensando a costruire una valle fatta di tangenziali e circonvallazioni. Ma siamo sicuri che
questo serva? O fra dieci anni avremo un altro tipo di turismo? Credo che prima di decidere inve-
stimenti dovremmo porci queste domande.” Cesare Bernard Presidente Consei General
“Oggi in val di Fassa ci sono due esigenze contrastanti che però, in una programmazione di breve
e medio periodo, potrebbero trovare una loro logica di coerenza. L’obiettivo a breve termine è di
riempire i sessanta mila posti letto. In tale logica è chiaro che bisogna rendere appetibile l’offerta,
è necessario fare le circonvallazioni, gli impianti vanno potenziati sempre di più. Anche se non si
capisce bene dove si va a finire con questo sempre di più. Sul medio periodo c’è chi comincia a
pensare che bisogna incidere anche sulla consistenza dei posti letto mediante interventi tesi alla
decrescita. In Valle di Fassa le zone di espansione edilizia sono pressoché esaurite, restano gli im-
mobili esistenti, di cui un dieci per cento si sa benissimo che sono destinati a non essere più nel cir-
cuito produttivo alberghiero. Questi volumi dovrebbero poter essere recuperati per l’edilizia abita-
tiva dei residenti. Così forse qualcuno dei nostri giovani, delle nostre giovani coppie, anziché anda-
re a vivere a Ziano, che per altro è un bel posto, magari trovano casa qui. Alcuni immobili potreb-
bero anche benissimo essere rasi al suolo, aprire degli spazi di vita all’interno dei paesi. Mettia-
moci pure dei parcheggi interrati, ma in superficie c’è bisogno di spazi di vita, magari anche degli
orti, dei giardini. Nella mentalità dominante il metro cubo è un bene ineliminabile, non si sacrifica
un metro cubo, piuttosto se ne aggiunge mezzo. Allora aumentiamo pure le volumetrie dove ci sono
insediamenti di un certo tipo, dove c’è necessità di adeguamento di qualità degli alberghi, ma al-
trove si possono benissimo, con interventi mirati, senza accollare l’onere al singolo privato, attuare
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dei piani di acquisizione che potrebbe preludere anche a dei piani di riqualificazione dei centri sto-
rici. Cosa già tentata trent’anni fa ma che non è andata a buon fine come sappiamo. La qualità
dell’intervento di recupero deve giovare a migliorare l’aspetto esteriore e l’accoglienza. Si toglie il
traffico dal paese e creiamo dei centri storici pedonali”. Fabio Chiocchetti Direttore Istituto Cul-
tura Ladina
“Lo sviluppo turistico ha obbligato i Comuni a fare dei fortissimi investimenti per servizi e infra-
strutture che poi, di fatto, sono utilizzate per poche settimane l’anno. Nei picchi comunque c’è
l’affluenza e questo genera altri tipi di problemi: la viabilità, le strade, la necessità di fare le cir-
convallazioni. Un’analisi attenta sulle prospettive di sviluppo del territorio non può prescindere da
questi dati. Come in tutte le cose, dobbiamo fare un mix. Nel senso che per mantenere competitiva
della valle devi ammodernarla e devi creare, o quanto meno migliorare, le infrastrutture che ci so-
no. In una prospettiva di più lungo periodo bisogna invece pensare a una riconversione della no-
stra offerta turistica. La riconversione comunque va fatta in modo graduale. Se il clima lo permette,
dobbiamo rimanere attrattivi sull’offerta invernale per cui il sistema impiantistico è ancora molto
importante. In val di Fassa quello impiantistico è il settore più sviluppato, quindi da questo punto
di vista con due o tre interventi d’aggiustamento riusciamo ancora a essere competitivi. In
un’ottica di riconversione della nostra offerta, migliorare il tessuto urbanistico è sicuramente una
priorità. Se poi questo coincidesse anche con la riduzione dei posti letto, sarebbe il massimo. Non
c’è più spazio per nuovi insediamenti edilizi, io lavorerei per una riconversione delle brutture che
abbiamo sul territorio, se fosse per me i condomini degli anni 70-80, come il Fassa Laurino a Maz-
zin, andrebbero abbattuti e ricostruiti diversamente. Le stesse seconde case costruite sempre negli
anni 70, molto impattanti e decontestualizzate, andrebbero quantomeno ristrutturate” Riccardo
Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, albergatore.
“In passato in val di Fassa abbiamo fatto scelte sbagliate. Le conseguenze le paghiamo ora. Prima
di tutto la scelta scellerata di destinare tanto territorio alle seconde case, fortunatamente la Legge
Gilmozzi ci ha messo una pezza, anche se tardiva. Non abbiamo mai avuto una pianificazione di
Valle, per cui i limiti sono dovuti a interventi frammentati senza una strategia in grado di pensare
in modo organico alla valle nella sua unicità. Hanno sempre prevalso i campanilismi e gli interessi
particolari. Le scelte le fanno le persone ed evidentemente in Valle non c’era una cultura adeguata
per fare certi ragionamenti. Paghiamo un dazio perché è mancata la coesione. Pensare oggi allo
sviluppo della Valle, significa riconoscere questi errori, per non ripeterli. In passato non c’erano
forse gli strumenti, non c’era la cultura, non c’erano degli enti in grado di fare programmazione di
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valle. E’ per questo, che oggi credo molto nel ruolo del Comun General. Quando ho sentito parlare
del Piano Territoriale della comunità ho pensato a una cosa molto difficile da fare, molto ambizio-
sa, ma sicuramente indispensabile. Mettersi a ragionare su tutta la valle, considerando tutti gli a-
spetti che riguardano la vita in questa valle, è una cosa che non è mai stata fatta e che non è facile
da fare. Lo dimostra il fatto che stiate partendo da un processo di ascolto del territorio”. Gianni
Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski.
3. Le carenze d’infrastrutture e di servizi pubblici.
La qualificazione delle reti infrastrutturali dei servizi pubblici è al primo punto dell’agenda di
gran parte degli operatori locali, sia economici, sia istituzionali. Un sistema turistico efficiente
non si può basare esclusivamente sul settore dell’accoglienza e dell’intrattenimento. A corollario
del core business della località devono operare una serie di servizi e beni pubblici in grado di co-
struire un’offerta complessiva di sistema. Nelle aree turistiche, il settore pubblico ha una funzione
imprenditoriale non sostituibile, in quanto detiene e gestisce alcune componenti critiche dell’offerta:
l’urbanistica, il paesaggio, la sicurezza, la qualità ambientale, il sistema infrastrutturale, i beni cultu-
rali. La collaborazione pubblico-privato ha, in questo caso, una declinazione fortissima e specifica.
Uno dei grandi temi sollevati dagli interlocutori è quello dell’accessibilità alla Valle. La colloca-
zione periferica penalizza il sistema locale rispetto ai grandi flussi turistici internazionali. Efficienti
collegamenti con il sistema aeroportuale, (in particolare con l’aeroporto di Bolzano) e con il corri-
doio autostradale del Brennero, sono strategici per la competitività del sistema turistico locale. Tra
le reti infrastrutturali s’inserisce anche il trasporto su rotaia che però, da molti attori locali, è conce-
pito principalmente come un sistema di mobilità interna alla Valle. Il dibattito si articola su due
grandi progettualità di sistema: da una parte il Progetto Metroland, concepito dalla Provincia Au-
tonoma di Trento come sistema metropolitano provinciale che prevede la realizzazione di un colle-
gamento ferroviario Trento-Pergine-Borgo-Borgo-Cavalese-Soraga; dall’altro il Progetto Transdo-
lomites, promosso da un’associazione locale allo scopo di promuovere la progettazione e la realiz-
zazione della ferrovia che collega Trento alle valli di Fiemme e di Fassa attraverso la val di Cembra,
favorendo la mobilità locale all’interno di ciascuna valle.
“A una valle turistica servono servizi, in primo luogo l’accessibilità. Come raggiungo la Valle di
Fassa? Il nostro problema è che siamo decentrati, dobbiamo collegarci con l’asse del Brennero,
anche in relazione agli importanti investimenti fatti su quest’asse: il tunnel del Brennero e l’alta ve-
locità ferroviaria. L’accesso dagli aeroporti lo abbiamo a Treviso, Verona, Venezia, Bergamo. So-
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no tutti scali molto scomodi. Il trasferimento da qualsiasi aeroporto implica come minimo tre ore e
mezzo di viaggio. Noi riteniamo indispensabile ampliare l’aeroporto di Bolzano, ci permetterebbe
di arrivare in val di Fassa in quaranta minuti. C’è poi il tema dell’accessibilità su rotaia, Trento ha
il progetto Metroland, ma qui in val di Fassa si preferisce parlare di Transdolomites, e più adegua-
to alle nostre esigenze di mobilità interna e allo spostamento degli sciatori. Dobbiamo ridurre la
mobilità interna su gomma per raggiungere gli impianti”. Celestino Lasagna Presidente Associa-
zione Albergatori della val di Fassa
“Per quanto riguarda la mobilità, in valle siamo veramente carenti. Non solo per gli spostamenti
interni, ma anche per i collegamenti con le città maggiori, dove ci sono gli aeroporti. Un turista
che parte da Mosca non può impiegare quattro ore per arrivare a Venezia e sei ore da Venezia a
Canazei, è un controsenso. L’Austria ha l’aeroporto internazionale a Innsbruck e dopo un’ora sei
già sulle piste da sci. Se i numeri sono questi, è chiaro che non riusciremo mai a competere con le
località austriache. C’è poi il tema dell’accessibilità tramite ferrovia. La Provincia sta portando
avanti il progetto Metroland, la metropolitana di superficie, può essere un bel progetto, però biso-
gna considerare i tempi. Se dobbiamo aspettare vent’anni, non serve a risolvere i nostri attuali e
urgenti problemi di mobilità, sarebbe meglio qualcosa di più tempestivo. Sento parlare di questo
Transdolomite che potrebbe collegare la val di Fassa con Trento, potrebbe essere un’alternativa,
anche perché i costi sono nettamente inferiori ed è un progetto più fattibile”. Massimo De Bertol
Presidente Associazioni Artigiani della val di Fassa
“Sulla mobilità la maggior parte delle persone in Valle è contraria a Metroland, perché un colle-
gamento veloce che ci porta a Trento in quaranta minuti non ci serve. In Valle abbiamo bisogno di
un treno che faccia il servizio tra i comuni, tra le tre valli dell’Avisio, magari non le ventisei stazio-
ni previste da Transdolomites, possiamo anche ridurle, comunque il modello è quello. Abbiamo bi-
sogno di un treno di servizio alle valli, dobbiamo pensare a noi cittadini e ai turistici per deconge-
stionare le strade. A livello di arco alpino la risposta all’esigenza di una mobilità sostenibile è il
treno, tutti i Paesi moderni puntano sul treno. A livello di Dolomiti c’è la possibilità di avere il cir-
cuito della ferrovia delle dolomiti, collegando Feltre con Primolano, 18 Km, partiamo da Calalzo
di Cadore e arriviamo Dobbiaco e poi con il treno dell’Avisio, abbiamo chiuso l’anello delle Do-
lomiti. Sarebbe un ulteriore fattore d’immagine e promozione per le Dolomiti”. Luigi Casanova
Cipra
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“Metroland e Transdolomiti rispondono a due logiche diverse: una è quella del collegamento velo-
ce con la val d’Adige, l’altra è finalizzata a una mobilità più interna. Sono opzioni da approfondire
entrambe, finora non ci siamo fatti un’idea precisa. Lo stesso Comun general per ora non ha preso
posizione, sta valutando le prospettive. Personalmente ritengo che il collegamento veloce con Tren-
to sia secondario rispetto ai problemi di mobilità che abbiamo all’interno della valle, cioè la neces-
sità di creare un’alternativa al trasporto su gomma. Metroland risponde a una visione Trento cen-
trica. Ma qui in Valle non abbiamo flussi su Trento tali da giustificare l’investimento. Molti dei no-
stri flussi gravitano su Bolzano o anche Belluno. Per quanto riguarda l’accessibilità turistica per
noi sarebbe molto più utile avere un collegamento con l’aeroporto di Bolzano”. Francesco Dellan-
tonio, artigiano e amministratore del Comune di Soraga
“La mobilità per noi è un tema strategico, sento molti turisti lamentarsi dei collegamenti. Dobbia-
mo lavorare sui collegamenti degli impianti ma anche sulla viabilità e più in generale sulla mobili-
tà. Io vedrei molto positivamente un collegamento di superficie come un trenino che colleghi Moe-
na con Canazei. Dobbiamo creare un’alternativa all’auto. Metroland che ferma a Soraga non è la
soluzione. Se Metroland fa tre fermate a che cosa serve? Ci vuole un trenino di superficie che serve
la valle, che ferma in tutti i paesi. In modo che possa dire al mio cliente fatti un giro a Moena, vai
al centro salute a Canazei, ogni mezz’ora c’è il trenino”. Stefano Weiss giovani albergatori Vice-
presidente APT
Il forte sviluppo turistico del territorio ha messo in evidenza le numerose criticità dell’attuale rete
stradale, rese particolarmente evidenti dai fenomeni di congestione rilevabili nei periodi di maggior
afflusso. Traffico, inquinamento, scadimento della qualità della vita nei periodi d’alta stagione turi-
stica, diventano delle vere e proprie emergenze per una località di montagna che passa da 9.000 re-
sidenti a picchi di 18.000 arrivi il giorno. Tale situazione induce la maggior parte degli attori locali
intervistati a esprimere una domanda d’adeguamento delle reti viarie (circonvallazioni dei paesi e
parcheggi) e d’individuazione di modelli di mobilità sostenibile. In tale contesto s’inserisce anche
una domanda, in particolare da parte dei paesi della bassa e media valle, d’impianti di collegamento
ai principali caroselli sciistici.
“A fronte dello sviluppo urbanistico dei decenni scorsi, la valle è rimasta indietro
sull’infrastrutturazione pubblica. In stagione turistica passiamo da nove mila a settanta mila abi-
tanti e le infrastrutture sono inadeguate. Sul piano della viabilità gli interventi più urgenti sono le
tre varianti dei paesi, la circonvallazione di Canazei Campitello, lo snodo dell’area di Pozza, e
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quello di Soraga. C’è poi della mobilità vera e propria, l’esigenza di favorire un sistema di scam-
bio tra le zone, ma anche di collegamento tra le aree sciistiche esistenti. Attualmente abbiamo una
valle disomogenea: l’alta valle ha un’offerta impiantistica straordinaria, il centro valle più o meno
si sta arrangiando, la bassa valle è completamente tagliata fuori. Dal punto di vista della mobilità
l’idea che avevamo sviluppato era di mettere in connessione gli impianti di Buffaure, Pera, Gar-
deccia. C’è poi l’area di collegamento delle zone di Moena e Soraga che sono, di fatto, gli unici
due paesi in valle che non serviti da impianti a fune direttamente dal paese. Moena ha quasi undici
mila posti letto, Soraga ne ha quasi tre mila; sono quindi in totale quattordicimila persone obbliga-
te a spostarsi in auto per raggiungere gli impianti e questo è un limite sia per l’offerta turistica sia
per la vivibilità del territorio”. Riccardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, alber-
gatore.
“ Viabilità e mobilità sono le esigenze prioritarie di cui si parla da anni. Dobbiamo ridurre la mo-
bilità su gomma, anche se penso che la chiusura dei passi sia una cosa assurda. Una soluzione per
la mobilità sostenibile è data dal collegamento tra gli impianti. Abbiamo la possibilità con relative
poche spese di collegare dal Ciampac, Col de rossi, potremmo arrivare a Pera con il collegamento
del Ciampedie. Dal Ciampedie la possibilità di collegare Soraga. Soraga collegata con Moena e
Moena con Lusia. Questo potrebbe risolvere con basso impatto un problema di mobilità, sia in in-
verno sia in estate. Altro problema importante è quello dei parcheggi sia nei paesi, sia di testata
per gli impianti”. Celestino Lasagna Presidente Associazione Albergatori della val di Fassa.
“Non vi è dubbio che la questione infrastrutturale riguardi anche la creazione di nuovi impianti.
Moena non lavora perché non riesce ad offrire lo sci come collegamento diretto. Sono dell’idea che
non vanno coinvolte aree nuove, tempo fa si parlava del giro del Sasso Lungo, vedo però la neces-
sità di collegamento tra quello che abbiamo. Alcune operazioni migliorerebbero molto la nostra of-
ferta sciistica. Le aree di Vigo e di Buffaure sono in sofferenza, con un collegamento risolverebbero
i loro problemi e anche i problemi di viabilità su Meida, dove tutti convergono per andare al Buf-
faure. E’ chiaro che altre aree come la val S. Nicolò, la val Duron, Fuciade, la stessa Marmolada,
vanno invece tutelate” Gianni Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Do-
lomiti Super Ski
“La bassa valle, Moena in particolare, non ha i servizi adeguati per portare i propri turisti nelle
zone sciistiche. Ci vorrebbe un impianto di arroccamento che parta dal paese. Dal punto di vista
impiantistico c’è prima di tutto l’esigenza di migliorare la situazione di Moena. Mancano gli ar-
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roccamenti verso la zona del Lusia e verso il Passo Carezza. Verso il Lusia, dove siamo coinvolti
come SIC, abbiamo un interesse particolare. Il Comune sta cercando di definire delle priorità. La
prima cosa da fare e chiedere di inserire questi arroccamenti nel piano provinciale. Sono iter bu-
rocratici abbastanza lunghi e intanto si perde competitività”. Fiorenzo Peratoner SIC
“La qualità percepita dal turista è oggi bassissima, il traffico e i trasporti pubblici in Valle sono i
temi di lamentela più ricorrenti nelle caselle di posta elettronica nostre e dell’APT. Abbiamo un
servizio skibus che si stima soddisfi solo il trenta per cento dell’utenza che vuole spostarsi con i
mezzi pubblici, quindi con una percentuale molto bassa e anche una qualità decisamente bassa,
perché sono mezzi vecchi e fumosi. Sui temi della mobilità c’è un grande fermento d’idee da parte
dei comuni, del Comun general, dei comitati locali di mobilità, delle associazioni di albergatori,
che propongono le loro idee di mobilità: chi dice il trenino, chi la monorotaia sopraelevata, chi
l’impianto a fune che attraversa la valle. Tante idee, però alla fine bisogna fare delle scelte, avendo
presente che la mobilità costa. La mobilità è per definizione un servizio in perdita e allora bisogna
capire quali sono le soluzioni tecnico-economiche più idonee e in val di Fassa, su questo, abbiamo
ancora un po’ di confusione. Gli impianti possono svolgere un ruolo di mobilità alternativa, però
gli impianti non possono essere la risposta al problema della mobilità, che è un servizio pubblico.
Altrimenti rischiamo veramente di togliere risorse per quello che è lo sci: la gestione, il rinnova-
mento degli impianti, delle piste, degli impianti d’innevamento a monte. E’ questo il cuore della no-
stra attività, non possiamo diventare un servizio di mobilità pubblica. Qualcuno dice che gli im-
pianti a fune potrebbero fare impianti a valle pagati con lo skipass. Bellissimo, uno sale con il pro-
prio skipass in cabina, percorre tutta la valle e poi va a sciare. Però con quali risorse? L’impianto
di trasferimento in valle ha dei costi di gestione, se li paghiamo con lo skipass vuol dire togliere ri-
sorse per gli investimenti”. Daniele Dezulian Presidente del Consorzio impianti a fune val di Fas-
sa e Carezza
“La vera necessità è una viabilità alternativa per sollevare i paesi dal traffico. Negli ultimi quindi-
ci anni ci siamo talmente intasati di traffico per cui il turista non ritiene più appetibile stare nel
fondo valle. Dobbiamo portare il traffico di scorrimento fuori dai paesi. Il problema principale è il
flusso d’attraversamento. Le statiche ci dicono che siamo a quasi 18mila passaggi giornalieri sui
periodi di punta e questo va a discapito della qualità della vita, prima dei residenti e poi chiara-
mente dell’offerta turistica. Moena ha già la circonvallazione, Soraga, di cui sono amministratore,
la sta richiedendo con forza. Dobbiamo creare un collegamento tra la fine della circonvallazione di
Moena fino a Soraga nord. Moena e Soraga possono essere considerate un’unica zona urbana at-
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tualmente spaccata in due da questa mancata realizzazione della circonvallazione. Poi chiaramente
ci sono i nodi di Pozza, Campitello e Canazei. Mazzin si potrebbe sistemare un po’ meglio ma è un
comune un po’ più felice da questo punto di vista, perché seppur molto urbanizzato, è meno presen-
te sulla strada. A Vigo è già stata fatta e va bene”. Francesco Dellantonio Artigiano e ammini-
stratore del Comune di Soraga.
“Io penso che sia ormai improcrastinabile l’esigenza di trovare una soluzione per liberare i paesi
dal traffico e ridare ai nostri paesi quell’immagine di paesi di montagna che hanno perso nel tem-
po. Se non recuperi questa dimensione di paese di montagna, se non dai la sensazione a chi viene
da fuori di trovarsi in un’oasi di tranquillità, il tuo mercato andrà progressivamente a erodersi.
Oggi nei paesi, quando passi con il passeggino, hai le colonne di automobili che ti scaricano ad-
dosso i gas. È cruciale liberare il paese altrimenti si ha uno spreco di risorse incredibile. Si spende
un milione di euro ogni stagione per lo skibus gratuito per l’ospite, un bellissimo servizio che poi
dopo è rovinato, anche in modo irreparabile, a livello d’immagine, perché lo skibus non è puntuale,
non ha più orari a causa del traffico. Quindi anche quel servizio lì, oneroso per la valle e importan-
te per il turista, perde la sua potenzialità diventando un boomerang. Qualcosa sul fondovalle biso-
gna farlo e urgentemente, non è pensabile che ci impieghino vent’anni a fare una pista ciclabile che
non è ancora finita. I nostri Amministratori non possono tornare da Trento e dirci che la circonval-
lazione di Canazei la faranno nel 2017, poi nel 2025 quella di Pozza e nel 2030 quella di Soraga.
Nelle attuali dinamiche di mercato, quindici anni sono pari a un’era geologica, tutto corre veloce-
mente e noi rischiamo di perdere quote di mercato. Dovremmo essere noi, come Valle, a trovare
degli strumenti per rimediare a questa situazione. Dobbiamo trovare noi stessi un modo di fare fi-
nanza di progetto, pensiamo a una vignetta per chi entra in val di Fassa, a un fondo vincolato e de-
stinato a fare queste benedette circonvallazioni. Sarebbe importante arrivare a un progetto vera-
mente completo per tutta la valle. Credo che il Comun General di Fassa sia veramente utile perché
può finalmente dare quella visione di sviluppo organico e complessivo della valle che è mancato fi-
no ad oggi“. Silvano Ploner giornalista
Lo stesso Comun General ritiene che gli interventi su tale tema siano d’importanza strategica per lo
sviluppo socio economico della Valle. Per questo ha ritenuto opportuno procedere
all’individuazione di alcuni obiettivi di carattere generale volti soprattutto a evidenziare problemi,
criticità e possibili soluzioni. Il documento elaborato dal Consei di ombolc su proposta della com-
missione mobilità, viabilità e trasporti del Comun General è stato sottoposto ai responsabili provin-
ciali ai lavori pubblici, infrastrutture stradali e trasporti della provincia di Trento. Si chiede la pro-
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gettazione della circonvallazione di Soraga, la variante all’abitato di Pozza, il termine della variante
di Vigo e la rotatoria a San Giovanni, l’inizio dei lavori della variante Campitello – Canazei, oltre a
interventi definitivi sulla strada del passo Fedaia, la sistemazione della strada dei passi Sella Costa-
lunga, il ponte di Pera. Poi una serie di parcheggi anche interrati in quasi tutti i paesi.
“A livello di Comunità di Valle la commissione mobilità ha indicato come soluzioni la tangenziale
nei paesi, che significa fare una tangenziale a Soraga, una tangenziale a Pozza e una tangenziale a
Canazei. Si tratta poi di creare zone a traffico limitato all’interno dei paesi con parcheggi di testata
per evitare che le auto entrino in paese. C’è poi la necessità di disegnare un sistema pubblico di
trasporto per collegare le aree e abbattere il transito automobilistico, in questo momento è stato
pensato su gomma perché non abbiamo chiaro quali siano le possibili alternative. Abbiamo svaria-
te ipotesi, però il territorio è quello che è, non abbiamo grandi spazi di manovra. C’è la Transdo-
lomite che spinge per il trenino, ma non è una soluzione perché ci vincolerebbe un territorio enor-
me. Sarebbe una barriera strutturale con un vincolo di venti metri per parte. Non è pensabile in
una Valle così stretta”.Fausto Castelnuovo, Sindaco di Mazzin e Assessore GgF
“Come Comun General abbiamo costituito una commissione sulla mobilità cui fanno parte alcuni
consiglieri, sindaci e imprenditori, stiamo per formalizzare tutte le richieste dei singoli comuni per
poterle poi portare a Trento e spiegare cosa vorremmo fare a livello di viabilità. La circonvallazio-
ne di Vigo dovrebbe essere pronta per la fine di dicembre, stanno progettando quella di Canazei,
dopodiché partirebbero quelle di Pozza e di Soraga. Il piano stralcio della viabilità della Provincia
dovrebbe prevedere soluzioni anche per le valli laterali, qui a Pozza c’è Gardeccia e Valsannicolò,
a Campitello c’è la Valduron. C’è poi la questione del transito sui passi, che deve trovare una so-
luzione a livello delle tre provincie interessate, perché non è ammissibile impiegare due ore per
scendere dal Pordoi per arrivare a Pozza, anche se per la verità, solo per pochi periodi l’anno. Pe-
rò dalle statistiche della Provincia risulta in valle il passaggio di quasi venti mila macchine al
giorno”. Tullio Dellagiacoma Sindaco di Pozza di Fassa e Assessore CgF
Il transito sui passi dolomitici è un'altra questione su cui si concentrano le riflessioni degli attori
locali, anche in considerazione del fatto che tale questione influenza in modo decisivo le politiche
di mobilità all’interno della Valle. La val di Fassa, oltre che essere una destinazione, è un’area di
transito d’intensi flussi turistici, anche giornalieri, diretti ai passi dolomitici. Secondo i dati del 2009
il Costalunga tra la val di Fassa e la val d’Ega è il passo più frequentato, con un transito giornaliero
medio di 2.560 veicoli. Al secondo e terzo posto due passi più “escursionistici”: il Pordoi, tra il
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gruppo del Sella e la Marmolada, con 1.578 veicoli, seguito dal Sella, fra val di Fassa e val Garde-
na, con 1.470 veicoli, media che sale a oltre 2.000 limitatamente al periodo primavera estate.
“E’ evidente che la situazione dell’accessibilità sui passi dolomitici è ai limiti di rottura. Non puoi
pensare di andare in agosto al passo Pordoi e trovarti su mille macchine parcheggiate sui prati
perché non ci sono i parcheggi. Oppure la strada del passo Sella, che non sai se arrivi in cima per-
ché frana, e continuano a passare pullman, moto e poi su non ci sono parcheggi neanche lì. La
stessa cosa vale per il Fedaia. Il pedaggio di per sé non risolve il problema, è dimostrato in tutto il
mondo. Il tema dei passi andrebbe affrontato con soluzioni miste: disincentivare l’utilizzo del mez-
zo privato a favore dei mezzi pubblici; con la valorizzazione degli impianti a fune esistenti laddove
arrivano in quota. Va poi affrontato il problema dei parcheggi in quota, trovare una formula per
limitare il numero delle macchine, magari facendo pagare i parcheggi in quota con delle politiche
tariffarie diverse, ma il pedaggio, di per se, è solo un modo di fare cassa. Può essere una delle so-
luzioni se servono risorse per fare gli investimenti sui passi, ma non per limitare il traffico”. Ric-
cardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, albergatore.
“Bisogna premettere che i nostri passi sono punti di collegamento e non di arrivo. Il pedaggio viste
esperienze fatte altrove non serve a limitare il traffico, ma solo per incassare denaro. Sui passi so-
no insediate varie aziende, quindi chiudere i passi creerebbe una crisi di queste attività. Io vedrei
una regolamentazione dei parcheggi, evitare che auto e camper parcheggino sui prati e ad avere
dei punti panoramici ordinati. Si potrebbe introdurre il pagamento del parcheggio. Quando avremo
il parcheggio a Canazei di cinquecento posti macchina, magari ne discuteremo. Questo parcheggio
era partito prima dell’Accordo di programma tra il Comun General e la Provincia, in questi giorni
dovrebbero vedere il finanziamento. Il parcheggio a Canazei può aiutare a risolvere il problema
del traffico sui passi”. Mariano Cloch Sindaco Canazei Vice Procurador CgF
“E’ ovvio che un’importante mole di traffico sia anche causata dal trasferimento tra le valli. Biso-
gna capire quali sono i costi e i benefici di un’eventuale limitazione del traffico sui passi. È eviden-
te che tutto l’indotto localizzato in quota ne soffrirebbe molto, ma anche le aziende localizzate sul
fondo valle ne risentirebbero. Quando i passi sono chiusi per le gare ciclistiche, gli esercizi com-
merciali hanno un calo del 30%. Ho parlato più volte con il sindaco di Selva in val Gardena, il
quale dice che vorrebbe chiudere il passo in modo da essere la parte terminale della valle, nel sen-
so che il cliente che arriva da lui, non trova più traffico, rumore, inquinamento, anzi vorrebbe un
parco naturale per chiudere definitivamente il passo. Questa credo che sia una visione estrema e
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improponibile. Da quando hanno messo il ticket nei due passi in Alto Adige, il traffico è aumentato.
Non sono certamente i pochi euro di pedaggio che dissuadono i turisti dal fare il giro dei passi do-
lomitici. Se si vuole risolvere veramente il problema del traffico sui passi bisogna pensare ad al-
tro”. Franco Lorenz Sindaco di Vigo di Fassa e Assessore CgF
“Nel piano stralcio sulla mobilità emergono esigenze abbastanza chiare per quanto riguarda la vi-
abilità, perlomeno per quelle che a nostro avviso sono le priorità. Siamo invece in ritardo
nell’elaborare un modello di mobilità alternativa. Si corre il rischio di inseguire delle soluzioni che
sono difficili da realizzare e ancora di più da sostenere nel tempo. Tutti ci sentiamo esperti di mobi-
lità, perché appare una cosa banale, mentre è una scienza complessa. In estate abbiamo almeno un
mese dove sull’asse di valle ci sono grossi problemi. A questo si lega la mobilità sui passi, una que-
stione che sfugge dalle nostre competenze specifiche e che limita il nostro piano d’azione, è una
questione di carattere sovra provinciale. Siamo in una fase, dove nessuno prende un’iniziativa o
una decisione forte. Sulla questione dei passi in realtà non si è ancora capito qual è l’obiettivo:
vogliamo fare cassa? Vogliamo limitare l’accesso, per renderli più attrattivi per altre forme di frui-
zione? L’obiettivo condiziona chiaramente la scelta della soluzione. Personalmente ritengo che la
chiusura dei passi in alcuni giorni, o periodi, consentirebbe d’incentivare una fruizione da parte
dei ciclisti, che sono tantissimi e possono essere una risorsa turistica enorme per la Valle di Fassa.
Lo vediamo quando facciamo il Sella Ronda Day a fine giugno”. Gianni Rasom Consigliere CgF e
responsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski
Le esigenze d’infrastrutturazione pubblica non riguarda solo la rete stradale, ma si estendono anche
a una serie di dotazioni collettive a servizio dei turisti e della popolazione locale.
“Le grosse strutture sportive e ricreative in val di Fassa non sono pubbliche. Non abbiamo un pa-
lazzetto dello sport che secondo me sarebbe di grossa utilità, anche in chiave turistica, L’unica pi-
scina che abbiamo è a Canazei, è aperta al pubblico solo in stagione turistica ed è di una società
privata. Nella pianificazione urbanistica io inserirei un palazzetto dello sport, che dia un servizio
sovra comunale, ubicato nel centro valle è quindi comodo per tutti. Se ne parla da anni. In un pa-
lazzetto dello sport puoi svolgere tante attività, anche i congressi. Un grosso meeting, oggi non sai
dove organizzarlo, c’è il tendone di Pozza di Fassa che però non è il massimo. A Pozza ci sarebbe
spazio per questa infrastruttura”. Riccardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, al-
bergatore.
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“Gli albergatori hanno investito molto in qualità, ora questa qualità va portata al di fuori
dell’azienda, nei servizi sul territorio. Fuori dagli alberghi oggi non c’è niente. Se d’estate c’è
brutto tempo, il turista non sa dove andare. Bisogna creare punti d’aggregazione, spazi coperti,
centri commerciali, attrazioni dove la gente possa passare la giornata. Non abbiamo spazi in cui
organizzare eventi. Se va bene c’è qualche tendone, assolutamente inadeguato alle esigenze”. Cele-
stino Lasagna Presidente Associazione Albergatori della val di Fassa.
“Tutte le società sportive, in questo momento hanno grossissime difficoltà a organizzare le attività
per i giovani perché purtroppo le strutture sportive sono quelle che sono. Ci troviamo a dover com-
battere con gli orari, perché l’unica palestra è quella delle medie, che serve anche l’istituto d’arte e
il liceo, prima ci sono tutte le attività della scuola, poi ci sono i corsi che organizza il Comune, poi
entrano le società sportive”. Giorgio De Luca artigiano e responsabile Skiteam.
“Un problema in valle è l’assenza di servizi. Ad esempio, il sistema di taxi in centro Fassa. Se ho
necessità di andare a Bolzano con il taxi non ho questo servizio. Qui, su dieci aziende di trasporto
pubblico, tutti fanno o skibus o fanno servizio estivo su Gardeccia con il pulmino. Fai fatica a tro-
vare un’auto che ti porta da qualche parte. Non c’è un equilibrio, perché uno si compra il pulmino,
d’estate fa avanti e indietro a Gardeccia, d’inverno lo dà all’APT per fare skibus, ed è a posto. Ma
tu Comune dici, se tu vuoi avere una licenza a 360° all’interno di questo Comune, tu mi dai un ser-
vizio diverso, un notturno, un diurno, ecc. Questo è un discorso da fare a tutti i livelli, in tutti i set-
tori”. Claudio Bernard imprenditore, presidente consorzio impianti
4. Le esigenze di riequilibrio della struttura ricettiva
Il turismo invernale ha rappresentato dagli anni ’60 un potente motore per lo sviluppo
dell’economia fassana. Dopo una fase di avvio a destinazione quasi élitaria, lo sviluppo turistico ha
vissuto il suo massimo periodo di espansione attorno alla fine degli anni ’70 e durante gli anni ’80,
quando diventa un prodotto turistico di massa. Il primo risultato di questo intenso processo di svi-
luppo è stato la crescita esponenziale della ricettività turistica della Valle: cresce la ricettività alber-
ghiera, che tende sempre più ad adeguarsi alle esigenze e ai ritmi della vacanza invernale, ma cre-
scono ancor di più la ricettività extralberghiera e, in particolare, le seconde case.
Nel 2010 sono stati rilevati nel Comun General de Fascia 291 alberghi, 142 esercizi complementari,
2.544 alloggi privati e 4.823 seconde case (per seconde case s’intendono le case di proprietà dei non
residenti). L’attuale ripartizione dei posti letto per tipologia di struttura ricettiva è rappresentata dal
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seguente grafico, da cui è evidente una netta predominanza della disponibilità di posti letto turistici
nelle seconde case e negli alloggi privati.
Figura 1 Ripartizione dei posti letto nelle strutture ricettive della Valle di Fassa
Se tale crescita della struttura ricettiva è stata per anni compatibile con l’andamento delle presenze
turistiche e comunque frutto di un processo spontaneo e non pianificato, oggi diversi interlocutori si
domandano se sia ancora coerente con un mercato che già, da alcuni anni, ha dato segnali
d’assestamento.
La disponibilità ricettiva da fattore di competitività sembra oggi tramutarsi in un limite allo
sviluppo della località. L’esigenza di riempire un cosi alto numero di posti letto, la frammentazio-
ne dell’offerta, una domanda con minore disponibilità di spesa, determina una concorrenza interna
al sistema locale. Gli operatori, sia delle strutture certificate, sia degli alloggi privati, rischiano di
innescare una pericolosa spirale competitiva fondata sulla riduzione dei prezzi e una conseguente
minore qualità dell’offerta. Per il bene delle attività esistenti e della redditività che l’intero sistema
economico fassano si aspetta dal turismo, andrebbe fatto qualche ragionamento di selettività e di
specializzazione dell’offerta.
“Negli anni 90 la politica d’incentivi della Provincia Autonoma di Trento favoriva l’insediamento
degli alberghi quattro stelle, pensando che sarebbe anche seguita una clientela quattro stelle, ma
non è stato così. Sono stati creati gli alberghi quattro stelle perché c’erano gli incentivi, però sono
stati creati in modo forzato. Abbiamo preso intere aree e abbiamo creato dei ghetti alberghieri:
dieci alberghi a quattro stelle, uno attaccato all’altro. In quest’ottica di massificazione, adesso
queste strutture, nei periodi di minore richiesta, competono soprattutto a livello di prezzo con le
strutture di categoria inferiore. Questo porta a uno svilimento dell’offerta e anche a una conflittua-
lità interna al sistema. Con tutti questi posti letto noi non siamo attualmente nella condizione di at-
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trarre un turismo elitario. Chiaramente le situazioni aziendali sono diversificate. La crisi è a mac-
chia di leopardo, gli imprenditori più accorti, capaci di investire non solo sulla struttura ma anche
sulle proprie competenze lavorano bene anche in una situazione di questo tipo. In altre situazioni ci
sono, invece, grosse carenze. Penso che in una pianificazione del turismo la qualità dell’ospitalità
alberghiera sia al centro di una politica di rilancio, dobbiamo lavorare su un turismo che chiede
qualità, anziché dare contributi agli ampliamenti, si cominciassero a dare contributi a chi da due
camere ne realizza una”. Andrea Weiss Direttore APT
“Un albergatore non rinuncerà mai ai suoi cinquanta posti letto per farne trenta di qualità superio-
re. Con la diffusione del turismo intermediato dalle agenzie il criterio ottimale di dimensionamento
dell’albergo è avere i posti letto sufficienti a dare ospitalità a un pullman di turisti, questo è il mas-
simo di visione strategica. Di certo il futuro deve andare verso una riqualificazione delle strutture.
Anche perché la competizione si è fatta dura, qualcuno non regge, c’è un problema di ricambio ge-
nerazionale. Perciò, nei fatti, c’è una selezione che verrà sempre più fatta dal mercato. Il futuro si-
curamente non può più essere giocato sull’offerta quantitativa di sessanta mila posti letto. Ce ne
vogliono meno e di maggiore qualità”. Cesare Bernard Presidente Consei General
“ E’ difficile pensare a una politica di riduzione dei posti letto. Anche se, secondo me, ci stiamo av-
viando a una riduzione fisiologia indotta dal mercato. A Canazei, in via Pareda, ci sono alberghi
chiusi da tre o quattro anni. La gestione di un albergo è sempre più complicata: la crisi, il ricambio
generazionale, i finanziamenti dalle banche, si sta proprio tornando indietro. Ci sono alberghi
chiusi che faranno fatica a riaprire perché non hanno avuto la continuità, non hanno fatto le ri-
strutturazioni che andavano fatte e ora si trovano con strutture vecchie che non vale la pena di ri-
mettere a posto. Negli anni passati hanno potuto trasformare gli alberghi in residence, a Pozza
hanno trasformato alcuni alberghi in seconde case. Oggi questo non è più possibile c’è il vincolo
alberghiero o al massimo di prima casa. Le stesse difficoltà le vedi anche con gli appartamenti, con
le seconde case di proprietà dei locali ma ancora di più degli esterni. Fanno fatica ad affittare per
cui o svendono o restano chiuse, se ne vedono molte in giro”. Enzo Iori Presidente APT
“Più o meno si condivide l’idea che in questo momento la val di Fassa ha un dato inconfutabile che
è quello di un numero di posti letto esageratamente alto per parlare di una destinazione modello.
Partendo da questo presupposto c’è la necessità di una politica urbanistica orientata al riequilibrio
del sistema in particolare per quanto riguarda il rapporto tra ricettività alberghiera ed extralber-
ghiera. Siamo tutti consapevoli che è difficile ridurre i posti letto, ma sarebbe già interessante cre-
are i presupposti affinché questi posti letto fossero innanzitutto riqualificati e maggiormente utiliz-
zati. Riqualificare i posti letto significa anzitutto rimettere il sistema al livello di uno standard me-
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dio, con spazi più ampi e luminosi, di maggior benessere. Far sì che i posti letto attuali abbiano la
possibilità di essere venduti meglio, più apprezzati. Nell’alberghiero questo processo è già in parte
avviato: ci sono comunque delle normative, la classificazione alberghiera prevede determinate me-
trature per ottenere uno standard minimo suddiviso per categorie. Una cosa del genere andrebbe
fatta anche nel residenziale. Ci sono tanti immobili fermi, utilizzati pochi mesi all’anno, magari di
proprietà di un’unica immobiliare a cui conviene la politica dei monolocali con sei persone allog-
giate in pochi metri quadri, anche per solo tre settimane all’anno”. Francesco Cocciardi Alberga-
tore Moena
“Gli alberghi vivono un momento delicato, i margini sono sempre più ridotti, gli investimenti effet-
tuati sono grossi. Non si riesce a chiedere il giusto valore. Non so se la colpa è di noi albergatori,
ma spesso siamo costretti a svendere. La domanda è inferiore all’offerta. Se fossimo capaci di valo-
rizzarli, di usarli bene, sessanta mila posti letto non sarebbero troppi. Ci dobbiamo chiedere se riu-
sciamo a sostenere certi numeri, e tutto dipende dalla disponibilità e qualità di servizi. Abbiamo
sessanta mila posti letto, ma non abbiamo i servizi adeguati a tale ricettività. Il turista di una volta
si accontentava, oggi sono molto più esigenti. Fai presto a perdere quote di mercato. Dobbiamo poi
tenere presente che la maggior parte dei posti letto sono nelle seconde case. Se noi fossimo capaci
di occupare queste seconde case, con una buona ricettività, con un turista che spende, credo che
anche il PIL della Valle ne guadagnerebbe. In alternativa bisognerebbe che la Provincia o il Co-
mun General cominciasse a fare politiche per riconvertire questo immerso patrimonio immobiliare
e immetterlo sul mercato della prima casa, per le giovani coppie. Di certo non possiamo più pensa-
re di continuare a costruire”. Stefano Weiss giovani albergatori Vicepresidente APT
Il confronto con l’offerta ricettiva dei più diretti competitori, quali sono val Gardena e val Badia, è
inevitabile. Tali località sono indicate come un modello turistico da imitare per la capacità che han-
no avuto di contenere la proliferazione dell’offerta. In queste località il numero dei posti letto alber-
ghieri è decisamente superiore a quello dei posti extralberghieri, ma quello che più conta è che, at-
traverso vincoli urbanistici e misure fiscali di disincentivo, sono riusciti a contenere il numero di se-
conde case. La seguente tabella riporta il dato relativo alle seconde case e l’incidenza delle seconde
case sulla popolazione residente. Nel 2010 erano presenti nel Comun General de Fascia 4.823 se-
conde case di proprietà di non residenti e 7.768 seconde case totali. Nel 2008 nel comprensorio turi-
stico della val Gardena e nel comprensorio della val Badia erano presenti rispettivamente 1.505 e
1.053 seconde case totali.
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Tabella 1 Confronti con i comprensori turistici della val Gardena e della val Badia
Comun General
de Fascia
Val Gardena Val Badia
Popolazione 9.860 15.666 6.006
Seconde case* 7.768 1.505 1.053
Incidenza %
seconde case
78,78 9,61 17,53
* I dati per il Comun General si riferiscono al 2010, quelli per i territori della Provincia Autonoma di Bolzano al 2008
“La val Gardena e la val Badia, con più o meno la nostra stessa popolazione, hanno meno di venti
mila posti letto e prezzi molto più alti dei nostri. Dovremmo imparare da loro: dimezzare i posti let-
to e raddoppiare i costi. Ciò consentirebbe anche di qualificare l’offerta. Noi abbiamo sballato la
proporzione tra posti letto alberghieri ed extralberghieri. Una stazione turistica sta in piedi quando
le seconde case non superano il trenta per cento della ricettività. A Campitello abbiamo il sessanta
per cento di seconde case. E’ il settore alberghiero che produce reddito costante, la seconda casa
una volta costruita non produce più niente. Il calo dei posti letti dovrebbe essere fatto sull’extra al-
berghiero, ma tale obiettivo è difficilmente praticabile”. Renzo Valentini Sindaco di Campitello e
Assessore CgF
“Ci vorrebbe una politica urbanistica in grado di promuovere ristrutturazioni fondate sulla qualità
e non sulla quantità, fornendo standard minimi di qualità. Ce lo dimostrano i nostri cugini Garde-
nesi e Badiotti, loro, anche in questo periodo di crisi, vanno meglio di noi perché hanno impostato
il tutto su una politica di qualità e non di quantità. Comunque, credo che i posti letto in Valle di
Fassa non siano tanti in termini assoluti, perlomeno quelli alberghieri. Abbiamo risorse ambientali
uniche al mondo, i mercati da esplorare sono ancora molti, credo che lavorando bene si possano
attivare nuovi flussi turistici. I mercati inesplorati non sono solo geografici, ma anche motivaziona-
li. Tutti quando andiamo in vacanza cerchiamo emozioni nuove. Quindi anche noi dobbiamo impa-
rare a valorizzare e vendere le emozioni che si possono vivere in val di Fassa. E’ anche vero che è
difficile dare emozioni a sessanta mila persone in una settimana. Certamente dobbiamo investire in
una diversificazione della nostra offerta, avendo però presente che la sommatoria di tante nicchie
turistiche, non farà mai i numeri cui ci siamo abituati con lo sci. E’ un peccato che a livello alber-
ghiero non si sia lavorato in un certo modo, pensando a strutture di maggiore qualità, con spazi più
ampi e meno posti letto. Si è invece fatta la corsa a creare posti letto, sposando la causa della
quantità anziché quella della qualità. Non possiamo più permetterci dei quattro stelle con le came-
rette piccole”. Gianni Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Dolomiti
Super Ski
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5. La ricettività alberghiera: tra elementi di crisi ed esigenze di rinnovata
competitività
L’offerta alberghiera in val di Fassa è ormai da alcuni anni caratterizzata da una certa stabilità. Dai
dati forniti dall’Apt risulta che nel 2000 i posti letto offerti negli alberghi di Fassa erano 16.658 e
sono scesi nel 2009 a 16.464 per risalire a 16.772 nel 2011. Tale stabilità di offerta nel numero dei
posti letto si è comunque accompagnata a investimenti finalizzati a ristrutturazioni, migliorie o ade-
guamenti alle normative in necessaria risposta alla qualità attesa dall’ospite in un panorama di offer-
ta di vacanza estremamente concorrenziale su scala mondiale.
I forti investimenti nel costante processo di qualificazione delle strutture alberghiere hanno indotto
una diffusa condizione d’indebitamento delle aziende che oggi sono alla ricerca di una redditività
degli investimenti, perseguendo (o subendo) anche i modelli d’offerta low cost. La piccola dimen-
sione di gran parte delle imprese alberghiere, gli alti investimenti che si sono resi necessari per of-
frire servizi di maggiore qualità e i minori margini di redditività, inducono uno stato di crisi del set-
tore cui si cerca di far fronte con proposte di creazione di reti d’impresa e di maggiore specializ-
zazione degli esercizi su flussi turistici diversificati. Diverse sono anche le situazioni di crisi azien-
dale conclamate per le quali ci si attende interventi istituzionali analoghi a quelli adottati, a livello
provinciale, per le industrie manifatturiere in crisi al fine di prevenire acquisizioni da parte di
soggetti economici esterni alla valle.
“ Il settore alberghiero è debole perché la concorrenza al suo interno è enorme, le gestioni sono
molto familiari con un grosso problema di ricambio generazionale. Siamo ancora alla proposta al-
berghiera degli anni 80-90. Solo alcuni riescono a fare una proposta di qualità alta e a essere
competitivi. Gli alberghi a conduzione familiare fanno oggi molta fatica a stare sul mercato, fanno
tutto loro, molti non possono permettersi il personale. Questo porta tante volte a dismettere gli al-
berghi, allora che si fa? Si vende, ma a chi? Anche questo è un grande problema, c’è un rischio di
acquisizioni esterne. Bisogna creare qualcosa che tenga le risorse e l’imprenditorialità in valle. Ci
vorrebbe una holding locale che riuscisse a gestire questo flusso di alberghi dismessi che purtrop-
po sta sempre più crescendo”. Cesare Bernard Presidente Consei General
“I figli d’albergatori non vogliono portare avanti l’azienda di famiglia. Gli alberghi si trasformano
in residence e questo per noi è un grosso pericolo. Oppure, quando non hanno più una continuità di
gestione, restano chiusi. Ci sono stati degli investitori russi che hanno comprato alberghi, hanno
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presentato in comune un progetto d’ampliamento di venti mila metri cubi. Il comune chiaramente si
è spaventato e ora anche i russi tentano di rivendere”. Fiorenzo Peratoner SIC
“Ormai ci sono alberghi di una certa caratura, con il centro benessere, il wellness. Secondo me
questo non è stato un grande business perché i costi di queste strutture sono oggi insostenibili. Sa-
rebbe stato meglio creare un unico centro wellness a servizio di tutto il paese dove ogni albergo si
poteva convenzionare. Eppure, per stare sulla breccia, l’albergatore ha dovuto fare questi investi-
menti, magari andando poi in bassa stagione a praticare dei prezzi scandalosi. Una pensione com-
pleta a trenta euro in un albergo tre stelle superiore non è possibile, questo sistema non da qualità
al nostro turismo. Quando dico queste cose ai miei amici albergatori, mi dicono: hai ragione, però
quando arriva la rata del mutuo e c’è da pagare il cuoco o il cameriere, come faccio. Purtroppo
stiamo anche vedendo parecchi alberghi che stanno chiudendo, in passato alcuni alberghi sono sta-
ti trasformati in appartamenti. In un periodo di crisi come questo è anche difficile trovare chi ti
compra l’albergo, quindi si tira avanti”. Tullio della Giacoma Sindaco di Pozza di Fassa e Asses-
sore CgF
“Non dobbiamo nasconderci che in questo momento tante aziende sono in difficoltà. E’ stato inve-
stito, però nella direzione sbagliata. Tantissime aziende hanno investito, hanno capito anche che
hanno sbagliato, ma non sono nelle condizioni di fare una riconversione: hanno debiti, il mercato
va male, c’è la stretta creditizia. E’ difficile dire all’albergatore punta sulla qualità, se ha i mutui
in scadenza e non lavora, non ti sta neanche ad ascoltare”. Gianni Rasom Consigliere CgF e re-
sponsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski
“Sono pronto a scommettere che tra qualche anno avremo diverse aziende alberghiere che chiude-
ranno. Avremo questi grossi casermoni che non sapremo come utilizzare, anche perché oggi c’è il
vincolo di destinazione. Dovremo cominciare a ragionare su come riutilizzarli”. Celestino Lasagna
Presidente Associazione Albergatori della val di Fassa.
“Il turismo negli ultimi dieci anni si è trasformato, l’albergatore oggi è tutto un altro mestiere. E’
finita l’epoca in cui uno rimaneva al bar, rispondeva ogni tanto al telefono e riempiva l’albergo
ugualmente. Adesso la concorrenza è spietata, il mondo è più piccolo. C’è stata selezione, il busi-
ness turistico alberghiero in questo momento è caratterizzato da albergatori bravi che guadagnano,
ci sono gli albergatori che sopravvivono, poi ci sono quelli che stanno chiudendo perché non rie-
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scono più a stare sul mercato. Volendo fare delle percentuali; secondo me vive bene un 35%, so-
pravvive un 55% ed è in crisi un 10%”. Franco Lorenz Sindaco di Vigo di Fassa e Assessore CgF
“C’è un fattore di crisi globale e ha colpito anche noi, il nostro sistema turistico sta vivendo un pe-
riodo di declino già evidente da cinque o sei anni. L’apertura dei mercati ha fatto emergere nuove
destinazioni ma soprattutto le ha rese accessibili a costi sempre inferiori, con i voli low cost. Noi
abbiamo avuto flussi sempre maggiori ma con margini progressivamente inferiori. Le imprese più
grosse hanno compensato con l’economia di scala, ma i piccoli sono andati in crisi.
Quell’imprenditore alberghiero diffuso che era venuto fuori con le politiche di Malossini, con tutto
questo stimolo all’imprenditoria alberghiera sta andando in crisi, non può più reinvestire, non ha
quelle dimensioni tali che gli consentono di essere abbastanza forte per offrire dei servizi, avere dei
margini sufficienti. C’è stato un equivoco di fondo molto grande, tra l’azienda a gestione familiare,
che era quella nata con Malossini, e l’azienda con clima familiare che è quella che noi cerchiamo
di mantenere, che è una nostra prerogativa. Nell’azienda familiare hai almeno quattro familiari
che lavorano: padre, madre, due figli, uno fa il cuoco, uno fa il cameriere, uno fa la reception e
aiuta dove serve. Era il classico modello degli anni 70-80, il modello che ha generato ricchezza, ma
che oggi è in crisi o non c’è più. Oggi i figli spesso fanno altro, rimangono i genitori che assumono
dipendenti stagionali, l’albergo diventa un’azienda vera e propria dove cerchi di mantenere un
clima familiare, ma è un clima che ti costa un sacco di soldi, è complicato da gestire in strutture
che per dimensioni sono totalmente sballate. Si cerca di compensare facendo investimenti sulla
struttura, offrendo agli ospiti servizi di qualità. Negli ultimi dieci anni sono stati fatti molti investi-
menti: chi li ha fatti entro una certa soglia, fino ai due milioni di euro d’indebitamento riesce a te-
nersi in piedi; tra i due e i tre milioni di euro si galleggia ancora; ma dai tre milioni in su si è
sull’orlo del baratro. Ci sono tanti alberghi che hanno fatto investimenti molto alti, sovradimensio-
nati rispetto alla dimensione d’impresa. Chi ha quaranta camere non riesce a rientrare da un inve-
stimento da tre milioni. Adesso stiamo cercando di affrontare la situazione, c’è una legge a cui
stiamo facendo riferimento, riguarda le reti d’imprese che è questo tentativo di ottimizzare le ge-
stioni avendo una dimensione critica sufficiente per proporre un servizio di un certo tipo con sere-
nità. Dobbiamo trovare il modo d’intercettare i diversi flussi turistici, specializzando le nostre im-
prese su offerte diversificate”. Francesco Cocciardi Albergatore Moena.
Da quanto emerge dal racconto dei testimoni privilegiati, il settore alberghiero locale soffre di alcu-
ne problematiche che incidono negativamente sulla tenuta del modello imprenditoriale:
• la frammentazione delle unità locali e la mancanza di una coesione interna al settore;
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• le imprese a prevalente carattere famigliare, con i membri della famiglia che coprono le posi-
zioni lavorative più disparate;
• le difficoltà di passaggio generazionale con le conseguenti dismissioni delle strutture;
• la carenza di figure professionali intermedie, a fronte di una buona disponibilità di figure pro-
fessionali per livelli più bassi e di laureati, che peraltro faticano a inserirsi in profili coerenti;
• l’elevato turn over del personale, con basso impiego di manodopera locale e un alto impiego di
manodopera immigrata.
Tali problematiche sono il frutto di uno sviluppo per certi versi impetuoso e spontaneistico che non
è stato accompagnato da un processo di adeguata professionalizzazione e crescita imprenditoriale
all’interno delle strutture. Formazione, successione imprenditoriale e competenze coinvolte nel
processo produttivo appaiono oggi i principali nodi evolutivi.
“Io ritengo che la valle sia proiettata in un ambito internazionale ma non sia cresciuta di pari pas-
so con quest’ambito. Il boom turistico è stato così veloce che non ha lasciato il tempo alla forma-
zione. Ci sono senz’altro persone molto valide, che hanno visione strategia, ma sono cresciute indi-
vidualmente, per proprie capacità e sensibilità personali, non c’è stata una crescita complessiva
del sistema. Abbiamo subito la modernizzazione più che governarla. Ci siamo ritrovati al centro del
mondo turistico senza sapere bene cosa questo comportasse. Adesso le persone sono un po’ più co-
scienti ma manca la preparazione. A noi manca la capacità di pensare a nuove idee, di metterci at-
torno a un tavolo e guardare al futuro. Abbiamo molte potenzialità, basta guardare alla natura, pe-
rò purtroppo non sappiamo gestirla. C’è un grosso bisogno di formazione, di sviluppare maggiori
capacità gestionali”. Cesare Bernard Presidente Consei General
“Una cosa strana è che in val di Fassa non si è sviluppata una formazione alta in campo turistico.
La scuola di Tesero in realtà non è molto frequentata dai fassani, c’è la scuola di Falcade lo sci
college, che però è più sul discorso sportivo. Vanno piuttosto a Merano. In val di Fassa ci vorrebbe
una cultura turistica diversa, più raffinata. E qui viene fuori il discorso della formazione, che negli
anni è molto migliorato, c’è molta più gente che fa studi universitari. C’è però la generazione dei
trenta quarantenni, anche figli di persone influenti della valle, che sono poco formati scolastica-
mente e culturalmente ed è la generazione che ora comincia prendere le decisioni sullo sviluppo di
questa valle. Dobbiamo sperare negli attuali ventenni che hanno fatto un maggiore investimento in
formazione”. Annalisa Zorzi Insegnante
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa
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Le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di fassa

  • 1. 1 TRENTINO SVILUPPO spa COMUN GENERAL DE FASCIA Riqualificarsi nella continuità: le dinamiche evolutive del distretto turistico della val di Fassa. Inchiesta per l’elaborazione del documento preliminare di programmazione. settembre 2012 a cura di Sergio Remi
  • 2. 2 Sommario 1. Dalla quantità alla qualità: i nodi della transizione. ...................................................................................... 4 2. Ripensare il territorio .................................................................................................................................. 11 3. Le carenze d’infrastrutture e di servizi pubblici. ......................................................................................... 17 4. Le esigenze di riequilibrio della struttura ricettiva...................................................................................... 26 5. La ricettività alberghiera: tra elementi di crisi ed esigenze di rinnovata competitività.............................. 31 6. Professionalità e imprenditorialità nel settore turistico ............................................................................. 41 7. L’offerta extralberghiera e la questione delle seconde case....................................................................... 50 8. La casa per i residenti .................................................................................................................................. 58 9. Lo sci come motore dello sviluppo.............................................................................................................. 63 10. Il distretto turistico globale ....................................................................................................................... 73 11. La piattaforma turistica delle Dolomiti...................................................................................................... 79 12. Un’offerta turistica global service ............................................................................................................. 93 13. Per una maggiore integrazione (e diversificazione) dell’economia locale.............................................. 106 13.1 Zootecnia e gestione del territorio.................................................................................................... 109 13.2 Artigianato......................................................................................................................................... 119 14. Investire su persone, famiglie e comunità. ............................................................................................. 130 15. Quali possibili indirizzi per il Documento preliminare............................................................................. 138 15.1 Le strategie vocazionali della Val di Fassa......................................................................................... 138 15.2 Infrastrutture e mobilità.................................................................................................................... 139 15.3 Riqualificazione del patrimonio edilizio ............................................................................................ 140 15.3 La ricettività turistica extralberghiera ............................................................................................... 141 15.4 La prima casa per i residenti............................................................................................................. 142 15.5. La valorizzazione dei paesi................................................................................................................ 143 15.6 Tutela e valorizzazione del territorio agricolo.................................................................................. 145 15.7 L’uso sostenibile delle risorse forestali e montane.......................................................................... 146 15.8 La competitività del sistema turistico................................................................................................ 147 15.8.1 La piattaforma turistica delle Dolomiti e il riconoscimento dell’Unesco ................................... 148 15.8.2 La qualificazione dell’imprenditorialità turistica....................................................................... 150 15.8.3 La diversificazione dell’offerta turistica..................................................................................... 152
  • 3. 3 15.9 Integrazione (e diversificazione) dell’economia locale ..................................................................... 154 15.9.1 La valorizzazione dell’agricoltura locale..................................................................................... 155 15.9.2 Le politiche per l’artigianato....................................................................................................... 156 15.10 Politiche temporali, nuove forme di mutualismo e welfare mix.................................................... 157
  • 4. 4 1. Dalla quantità alla qualità: i nodi della transizione. Circa sessanta mila posti letto da riempire – due terzi extralberghieri e un terzo negli alberghi- que- sto è il dato da cui non si può prescindere per ragionare sulle prospettive di sviluppo della val di Fassa. Nel contesto alpino pochi altri territori possono vantare un’analoga consistenza della struttu- ra ricettiva. La val di Fassa è per definizione un territorio a monocultura turistica. Il turismo in val di Fassa si fonda, oltre che sulle bellezze naturali note in tutto il mondo, su impianti e piste per lo sci e attrez- zature complementari di alto livello.1 Analogamente, la ricettività alberghiera ha visto un progressi- vo miglioramento nel corso degli anni, fino a raggiungere in molti casi ottimi livelli qualitativi, sen- za però mai superare la classificazione delle quattro stelle. Nel 2010 sono stati rilevati nel Comun General de Fascia 291 alberghi, con complessivi 16.772 posti letto, pari al 30 % dei posti letto pre- senti in valle. Il maggior numero di alberghi (58 %) e posti letto alberghieri (66 %) sono strutture a tre stelle. Attorno al turismo ruotano attività complementari di tipo commerciale e artigianale, in particolare connesse all’attività edilizia. La componente industriale della Valle è rappresentata unicamente dal settore degli impianti a fune che conta una quindicina di aziende con quasi 300 dipendenti. A fronte del settore alberghiero e della ristorazione in cui si concentra il 52% degli addetti - dato che non si verifica in nessun’altra valle del Trentino - il commercio occupa il 13,48 % degli occupati, mentre il settore delle costruzioni dà lavoro al 9,64 % degli addetti operanti in Valle. Il 28,7 % delle imprese artigiane (87 su 303) del Comun General de Fascia opera nel settore dell’edilizia. Allo stesso settore di attività sono riconducibili anche le imprese operanti nel settore dell’impiantistica (idraulici, elettricisti, ecc.) e del legno. Questi sono, dopo quello edile, i due setto- ri maggiormente rappresentati nel Comun General, rispettivamente con il 16,8 % e il 15,2 % del to- 1 Le ski area in Val di Fassa sono sette (Belvedere, Col Rodella, Catinaccio, Aloch - Buffaure, Ciampac, Carezza, Marmolada), sono inserite nel comprensorio sciistico del Dolomiti Superski e si dividono tra il comprensorio sciistico di Fassa e quello di Carezza; Moena fa invece parte del comprensorio sciistico Trevalli (Lusia - Passo San Pellegrino - Falcade). Il comprensorio Val di Fassa - Carezza si struttura in 90 impianti per un totale di oltre 200 km di piste da sci oltre alla Ski Area Trevalli che offre altri 27 impianti e 100 km di piste da sci. Sono possibili collegamenti sciistici di- retti verso altre vallate, quali la Val Gardena, Val Badia e Arabba, permettendo così di accedere, dai paesi di Campitello e Canazei, al circuito del Sella Ronda. E' presente anche una funivia che consente di raggiungere il Sass Pordoi. Nume- rosi anche i circuiti del fondo (Pozza di Fassa, Fontanazzo, Passo San Pellegrino, Alba di Canazei, Passo di Costalun- ga). Ad Alba di Canazei sorge uno stadio del ghiaccio.
  • 5. 5 tale delle imprese artigiane. È quindi possibile affermare che circa il 60 % delle imprese artigiane del Comun General de Fascia opera, più o meno direttamente, nel settore dell’attività edilizia. Ancor più ridotto è il contributo dell’agricoltura all’economia locale. Nel Comun General de Fascia al 2010 erano presenti 115 aziende agricole, con un’incidenza percentuale sulla popolazione resi- dente dell’1,17 %. Lo stesso dato riferito alla Provincia Autonoma di Trento nel 2010 era di circa 3,1 aziende agricole rilevate ogni 100 abitanti residenti. Il valore dell’indice relativo al Comun Ge- neral de Fascia conferma il carattere residuale dell’attività agricola nel territorio considerato. Dai dati schematici sopra riportati è evidente come il turismo sia l’unico motore di sviluppo su cui i soggetti locali possono contare per mantenere i livelli di benessere raggiunti. Le tradizionali quanti- tà di arrivi e presenze e i forti investimenti nel settore, sia privati, sia pubblici, fanno del turismo il punto di forza dell’economia locale anche se, le esternalità negative generate dai flussi turistici e al- cune carenze infrastrutturali potrebbero nel tempo minare le basi del vantaggio competitivo acquisi- to. Le potenzialità dello sviluppo turistico appaiono inoltre essere limitate da una serie di cambia- menti riconducibili: ai processi d’apertura dei mercati e l’emergere di nuove destinazioni, alla crisi finanziaria globale, all’evolversi dei modelli di fruizione turistica e, non ultimo, ai cambiamenti climatici. Di tali fattori di rischio il contesto locale è perfettamente consapevole. A essere messo in discussio- ne - praticamente da tutti gli attori intervistati nel corso della presente indagine - è il modello di cre- scita quantitativa che negli ultimi quarant’anni ha caratterizzato lo sviluppo turistico della Valle. Al termine di un ciclo fortemente espansivo, emerge la consapevolezza che il turismo ha in sé i germi per il suo progressivo esaurimento e per la sua saturazione: ha una capacità intrinseca di livellare progressivamente le diversità culturali e gli elementi di qualità ambientale che creano turismo. Per- ché ciò non avvenga, sono tutti concordi sul fatto che bisogna intervenire attivamente per aumentare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica del turismo, per poterlo far durare nel tempo, sen- za diminuire, ma anzi incrementando, il suo livello qualitativo per residenti e ospiti. La transizione da un modello di sviluppo quantitativo a un modello di sviluppo qualitativo è la strategia perseguita dagli operatori locali, alla ricerca di soluzioni che riguardano, in modo parti- colare: • la qualificazione dei servizi pubblici e delle reti infrastrutturali; • i margini di redditività dell’attività turistica e i pericoli di una deriva economica connessa alle vendite low cost, • la valorizzazione del contesto paesaggistico e dell’identità culturale; • il governo dei flussi turistici e la diversificazione dell’offerta;
  • 6. 6 • una maggiore integrazione dell’economia locale attraverso il rafforzamento di settori comple- mentari al turismo; • una maggiore attenzione al benessere e alla crescita socio-culturale della comunità locale. Come tutti i sistemi locali a forte specializzazione economica - sia essa turistica o industriale – la val di Fassa si trova però di fronte a delle rigidità strutturali, finanziarie e culturali che rendono complesso un adeguamento dell’offerta locale alle mutevoli condizioni del contesto. A rendere dif- ficile un processo di riconversione dell’offerta turistica locale sono una serie di fattori quali: • la consistenza dell’offerta ricettiva; • il diffuso stato d’indebitamento delle aziende; • il carattere frammentato e famigliare della struttura imprenditoriale; • la concorrenza dell’offerta ricettiva non imprenditoriale; • la debolezza dei settori economici complementari; • il sovraccarico delle infrastrutture nei periodi di maggiore afflusso turistico; • gli alti livelli d’occupazione di suolo; • lo stato di relativo abbandono di parte del patrimonio immobiliare costituito dalle seconde case e da alberghi dismessi; • la carenza di competenze e di manodopera locale. L’industria del turismo, al pari degli altri settori, si deve fondare su adeguate economie di scala, è quindi difficile avviare un processo di riconversione verso segmenti di fruizione turistica che non abbiano la base numerica adeguata a sostenere i cospicui investimenti effettuati. Quantità e qualità in Valle di Fassa devono necessariamente convivere e ci si chiede in che misura la qualificazione e diversificazione dell’offerta possa essere remunerativa e incidere su flussi turistici in buona parte massificati come quelli che, perlomeno nella stagione invernale, convergono in val di Fassa. Il recente processo d’apertura dei mercati ha fatto della Valle di Fassa un “distretto turistico globa- lizzato”, ponendola al centro di nuovi flussi turistici internazionali e in concorrenza con nuove de- stinazioni, non necessariamente montane. La caratteristica dominante dei flussi turistici globali è l’estrema variabilità: sono flussi itineranti, difficilmente fidelizzabili, che ricercano nella località cose diverse e spesso non codificabili. Il turismo della neve è un settore maturo che già da diversi anni ha manifestato un processo d’assestamento. I nuovi sciatori provenienti da paesi dell’Est non sono considerati una clientela stabile e affidabile su cui costruire un nuovo e duraturo sistema d’offerta. Come tutte le destinazioni turistiche, anche la Valle di Fassa ha segnato una progressiva riduzione della permanenza media e ciò è causato: da un lato, dalla maggior ecletticità del turista,
  • 7. 7 desideroso di concedersi vacanze in posti sempre diversi per periodi più brevi ma più frequenti nell’anno; dall’altro, dalla scomparsa della villeggiatura montana estiva, che è stata di gran moda negli anni Sessanta e Settanta e che ha determinato l’avvio dello sviluppo turistico di molte destina- zioni di montagna. Perseguire una costante strategia d’adeguamento alla domanda al fine di renderla fedele alla località - come fino ad oggi è stato fatto con la tradizionale clientela italiana e tedesca - non appare più una scelta strategica. La val di Fassa si trova oggi a dover fronteggiare una molteplicità di scenari competitivi riguardanti sia i paesi di provenienza dei turisti, sia le motivazioni della vacanza. Plasmare il prodotto in fun- zione di un generico “consumatore globale” oltre che difficile (vista la variabilità della domanda), rischia di portare a un progressivo processo d’omologazione dell’offerta (un’offerta standardizzata che può andare bene per chiunque). Il fenomeno della globalizzazione e il conseguente adeguamen- to dell’offerta locale ai caratteri dell’international style tendono, infatti, ad appiattire le differenze e a portare alla proposta di modelli mediani che non appartengono a nessuno e generano inevitabil- mente mediocrità. Di certo le Dolomiti continuano a essere un eccezionale fattore d’attrazione, come lo sono le struttu- re sciistiche dell’area. Da più parti, però ci si chiede se l’attività sciistica, praticata in un contesto ambientale unico al mondo, sia sufficiente a definire l’identità della località e continuare a garantire i flussi turistici del passato. Le statistiche su arrivi e presenze in questo momento non aiutano a dare una risposta a questi quesiti. I costanti trend di crescita dei decenni trascorsi, nell’ultima stagione invernale hanno subito una battuta d’arresto. Gli attori locali s’interrogano (fornendo risposte diver- se) se questo sia un dato contingente, dovuto alle condizioni climatiche e alla crisi finanziaria globa- le, o se sia il segnale di un’inversione di tendenza. Al di là del dato statistico, esiste comunque la percezione diffusa di una crescente difficoltà a stare sul mercato con l’attuale modello d’offerta. L’esigenza di riempire le strutture per remunerare gli investimenti e far fronte ai mutui bancari, impone alle aziende strategie d’offerta low cost e la ne- cessità di affidarsi ad agenzie internazionali che organizzano l’incoming alberghiero trattenendo consistenti quote di valore per l’intermediazione. Sono queste stesse agenzie che, per rendere anco- ra più appetibile la vacanza ai turisti stranieri, abbinano al soggiorno in val di Fassa anche gite in altre città come Milano e l'immancabile Venezia, contribuendo a diversificare il comportamento dei turisti (non più dediti alla sola attività sciistica) e a dirottare risorse al di fuori dell’area. La concor- renza delle vicine località altoatesine e austriache erodono quote di mercato, con particolare riferi- mento ai flussi pregiati del turismo italiano e tedesco. Le imprese alberghiere locali stanno poi vi- vendo un delicato momento di ricambio generazionale che ha già comportato la chiusura di alcune
  • 8. 8 aziende o la loro cessione a operatori esterni alla valle. Tutto questo costituisce un serio motivo di preoccupazione per gli operatori locali. L’apertura al mercato globale - che per la Valle di Fassa ha significato l’apertura ai mercati extraeu- ropei e un ruolo crescente svolto dai tour operator internazionali - impone oggi un cambio di passo, un maggior protagonismo della società locale nel determinare e governare le proprie dinamiche di sviluppo. Si sente l’esigenza: • di aumentare la coesione interna alla Valle, superando la frammentazione degli interessi e le lo- giche localistiche; • di far crescere interessi economici fondati sulla qualità del bene territorio nelle sue diverse acce- zioni, ambientale, culturale e produttiva, e aumentare di conseguenza l’autonoma capacità del sistema di generare flussi turistici diversificati; • di aumentare il livello d’integrazione tra le diverse attività presenti localmente (turismo, agricol- tura, artigianato, servizi) al fine di proporre un’immagine unitaria e più articolata dell’offerta lo- cale; • di consolidare un sistema di reti infrastrutturali e di servizio (di livello locale, metropolitano e globale) capaci di garantire la qualità della vita e una maggiore competitività del territorio in un’economia fatta di flussi. Nella competizione globale muta il ruolo economico del territorio e la sua capacità attrattiva. Quello che conta nella nuova economia è l’offerta che il territorio è in grado di proporre in termini di cono- scenze, reti e qualità ambientale. Nel mercato turistico globale cresce anche una domanda e un’offerta di nuove soluzioni che vanno nella direzione della ricerca e della diffusione dell’eccellenza, senza farne necessariamente un fenomeno di élite, ma proponendolo come fatto cul- turale e, in quanto tale, universale. Nel nuovo rapporto che con la globalizzazione si è venuto a creare tra luoghi e flussi è importante affermare la propria diversità, identità e la specificità della propria offerta, unica e non replicabile in altri contesti. Si sta nella globalizzazione se si hanno competenze distintive, riconoscibili e capaci di produrre valore aggiunto nelle reti globali. Per far questo è necessario fare “rete corta di comunità locale”, aumentando i livelli di coesione interna, a livello istituzionale, economico e sociale, per poi fare “rete lunga di mercato” dotandosi delle competente necessarie per stare nelle reti globali. Fare “rete lunga di mercato” per la Valle di Fassa significa anche ragionare sulla propria visibilità inter- nazionale e sul suo spazio di posizione nell’ambito della piattaforma turistica delle Dolomiti. In questo processo di transizione da un modello di sviluppo quantitativo a un modello di sviluppo qualitativo grandi aspettative sono rivolte al ruolo che potrà essere svolto dal Comun General de
  • 9. 9 Fascia, come soggetto istituzionale in grado di mediare e portare a sintesi l’articolato sistema d’interessi locali e settoriali. Per la prima volta esiste l’opportunità di esprimere una programmazio- ne socio-economica e urbanistica che consideri la Valle nella sua unitarietà. Traendo le fila del discorso fatto finora, possiamo dire che l'economia fassana si trova oggi di fronte ad una scelta che deve essere compiuta in modo chiaro e trasparente, dopo essere stata pubblica- mente discussa. La scelta tra: • un sentiero di evoluzione adattiva, che asseconda la congiuntura fino a oggi favorevole, prolun- gandola il più possibile e rimandando a domani (se saranno necessarie) le trasformazioni di maggiore impegno; • e un sentiero d’iniziativa progettuale, che invece forza i tempi dell'evoluzione in corso, antici- pando problemi e soluzioni, in modo da trarre il massimo vantaggio dai cambiamenti che stanno maturando nei mercati esterni. La prima opzione ha dalla sua le buone performance realizzate finora, sulla base di uno schema di risposta adattiva ai problemi che di volta in volta si sono presentati e che sono stati superati anche grazie al sostegno della politica pubblica locale. Ma la realtà attuale, se analizzata in profondità, dà anche argomenti e ragioni per la seconda opzione, quella progettuale. In effetti, come abbiamo vi- sto, sotto la superficie non si fatica a rintracciare criticità, problemi irrisolti, situazioni ambivalenti: tutti indizi di fratture e discontinuità che possono trasformare in un difficile percorso a ostacoli quella che oggi appare come una strategia di adattamento graduale ai cambiamenti in corso. Il sen- tiero dell'iniziativa progettuale, certo, ha un costo per gli attori dell'economia locale. Un costo che non deve essere sottovalutato. Infatti, per percorrerlo fino in fondo, occorre fissare delle priorità, es- sere selettivi, non immaginare più lo sviluppo come un'espansione a macchia d'olio che dilata, e- stensivamente, sempre le stesse formule imprenditoriali, sempre lo stesso tessuto di relazioni. Biso- gna invece accettare di cambiare, di rischiare, di dipendere da altri attori secondo la logica dell'a- zione di sistema e delle relazioni a rete. Da quanto emerso dal percorso d’interviste agli attori locali emergono tre percorsi di pro- grammazione socio economica e urbanistica che potremmo considerare prioritari. La gestione quantitativa dei flussi rimane l’aspetto fondamentale all’interno delle problematiche della località. In quest’ambito si tratta di attuare interventi - principalmente di carattere urbanistico - che vadano a incidere, sia sugli aspetti d’organizzazione e maggiore efficienza del sistema infra- strutturale, sia sugli squilibri oggi rilevabili nell’ambito d’offerta ricettiva. Emerge l’esigenza di una programmazione che, attraverso il coinvolgimento degli operatori, sia un grado di perseguire un corretto e indispensabile equilibrio tra potenzialità sciistiche, potenzialità ricettive e dotazione
  • 10. 10 di servizi e infrastrutture. Il tutto in una logica di salvaguardia delle peculiarità ambientali e socia- li del contesto e della qualità dell’offerta turistica. Un secondo percorso riguarda la necessità di recuperare una forte dimensione identitaria. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una duplice esigenza. Da un lato si tratta di recuperare e va- lorizzare gli elementi distintivi (cultura, tradizioni, qualità sociale, paesaggio) che fanno della val di Fassa (e delle Dolomiti) una destinazione unica nel quadro del turismo internazionale. L’esigenza è sviluppare un sistema articolato ma integrato di offerte turistiche specializzate capaci di intercetta- re una domanda sempre più segmentata e sempre più alla ricerca di elementi di autenticità. Dall’altro lato si tratta di dare risposta a una crescente domanda di “normalità” negli assetti di sviluppo economico e sociale. Decenni di sviluppo turistico intensivo hanno messo in secondo pia- no la dimensione della comunità locale: oggi ci s’interroga sulla tenuta del tessuto sociale e sulla continuità del modello imprenditoriale. Emergono i limiti di un’organizzazione sociale, territoria- le e imprenditoriale costruita sui tempi e sulle stagionalità del turismo dove, al troppo pieno si alter- na il troppo vuoto, ai periodi di stress e totale dedizione al turista si alternano periodi d’inattività e caduta di senso. La comunità locale ha oggi bisogno di pensare maggiormente a se stessa ponendo i propri bisogni al centro dell’azione di sviluppo. In tale ottica emerge anche l’opportunità di far cre- scere settori economici complementari, quali l’agricoltura, l’artigianato, i servizi, che oltre a con- tribuire a qualificare l’offerta turistica e ambientale della località, possono diversificare, e quindi rendere più solide, l’economia locale e le stesse forme di convivenza sociale. La terza esigenza è quella di darsi una struttura imprenditoriale adeguata a una competizione che si è fatta globale. Con l’apertura dei mercati i flussi si sono fatti mobili, incostanti, addirittura effimeri, la condizione dello spazio in cui si vive e si lavora è sempre più quella dell’incertezza. La creazione del valore si sposta sulla dimensione dell’immateriale: non basta più offrire pasti e posti letto, ma assume sempre più ruolo la capacità di produrre valore attraverso le conoscenze e le espe- rienze offerte al visitatore. A fronte dei cambiamenti le imprese possono “resistere” riducendo i prezzi, tagliando i costi all’osso o investendo in nuovi servizi (wellness, intrattenimento, ecc.) ma alla fine c’è il rischio che strategie solamente difensive non riescano a raggiungere il traguardo di consolidare relazioni di mercato che vanno comunque sfilacciandosi. Per reggere la sfida della glo- balizzazione e della smaterializzazione le imprese devono oggi fare un investimento cognitivo nella creazione di competenze distintive a carattere fortemente specializzato e un investimento relazio- nale all’interno e all’esterno del sistema locale. La competizione in cui è inserita la val di Fassa è ancora giocata tra localismi: trentini, altoatesini e veneti. Costruire un sistema di piattaforma territo- riale in cui la rete degli operatori - e dei territori - converga verso un’azione promozionale congiun-
  • 11. 11 ta (e adeguata alla dimensione del mercato turistico globale) può essere un importante obiettivo strategico. 2. Ripensare il territorio Alla base del processo di riconversione da un modello d’offerta quantitativa a un modello d’offerta qualitativa c’è, prima di tutto, il territorio. Il famoso adagio heideggeriano secondo cui il territorio prima si abita e si costruisce e poi si pensa, va oggi rovesciato. E’ in un’attenta e condivisa (e pen- sata) strategia di gestione del territorio che vanno ricercati quei meccanismi d’integrazione capaci di rafforzare i caratteri identitari, economici e sociali della Valle di Fassa e la sua competitività sui mercati. Lo sviluppo turistico dei decenni recenti ha profondamente modificato l’economia tradizionale e l’assetto territoriale della Valle, inducendo crescita demografica e una poderosa produzione edilizia. Il sistema insediativo tradizionale è stato modificato pesantemente, con l’abbandono delle attività agricole e la crescita edilizia attorno ai vecchi centri, anche con iniziative di grande dimensione a- vulse dal contesto locale. Nel fondo valle, lungo l’asse viario principale, si è creato un insediamento lineare che rende irriconoscibili in molti casi i nuclei originari. Soraga, Vigo, Pozza e Pera, Mazzin, Campestrin, Fontanazzo, Campitello, Canazei, Alba e Penia costituiscono un'unica conurbazione che per numerosi mesi dell’anno appare disabitata. Solo alcuni nuclei minori come Pian e Tamion sono riusciti a mantenere una loro identità insediativa. Ai complessi edilizi risalenti agli anni ’60 e ’70 si deve in gran parte l’enorme sproporzione oggi esistente tra gli alloggi dei censiti e le seconde case. Anche il restante territorio ha subito gli effetti della trasformazione. L’abbandono delle attività agri- cole e della zootecnia, settore nel quale è oggi occupato solo il 3,2 % della popolazione, ha note- volmente ridotto la frequentazione produttiva dei vasti alpeggi che ospitavano in passato sia le aree pascolive di proprietà collettiva, sia gli appezzamenti falciabili proprietà di singoli individui. Tanto i valichi alpini, quanto le valli laterali, su cui gravitava gran parte dell’economia tradizionale, sono oggi per lo più riutilizzati - con rare eccezioni - come aree sciistiche servite da una fitta rete d’impianti di risalita e dotate di moderne strutture di servizio in quota. Sui valichi di grande transito lo sviluppo dell’industria turistica ha fatto sorgere dei veri e propri nuclei insediativi stabilmente a- bitati, composti di rifugi, alberghi, negozi e ristoranti. Salvo le fasce sacrificate per i tracciati sciistici, le superfici boscate, di per sé poco estese per la conformazione stessa del territorio, appaiono oggi in espansione a discapito delle aree a prato e pa- scolo. Ciò, sia per effetto del citato abbandono delle attività agropastorali, sia in virtù di una più ra-
  • 12. 12 zionale gestione introdotta degli enti preposti, Comuni e ASBUC (Amministrazioni Separate Beni di Uso Civico), che hanno posto dei limiti ragionevoli allo sfruttamento intensivo cui fino all’inizio del ’900 erano state sottoposte essenzialmente per scopi edilizi e commerciali. Tali dinamiche di trasformazione nei modelli d’uso del suolo e negli assetti socio economici sono oggi al centro di un processo di ripensamento critico, che coinvolge praticamente tutti gli attori in- tervistati. “Bisogna innanzitutto chiedersi quali siano le ragioni di tali trasformazioni, partire da una rifles- sione sul recente passato. La val di Fassa ha avuto nei decenni scorsi la grande opportunità di av- viarsi verso una condizione di benessere diffuso che ha quasi eliminato l’emigrazione. Però oggi è chiaro che questo processo ha accelerato a tal punto da incidere profondamente sia sull’immagine della valle, sia sulle dinamiche economiche e sociali. Oggi siamo tutti consapevoli che in quegli anni siano state fatte delle scelte molto discutibili, errate, che hanno portato a un’espansione stra- ordinaria dell’urbanizzazione, delle seconde case, dei posti letto. Siamo stati tutti vittime dell’idea della città diffusa lineare che doveva trasferirsi attraverso i comprensori nelle valli. Allora la stra- da è diventata il fulcro dell’urbanizzazione, come la via Emilia. Ci sono ragioni storiche che hanno determinato questo fenomeno: la parcellizzazione del suolo, l’assenza di grandi proprietà come il maso chiuso di altre realtà che hanno consentito una minore penetrazione della speculazione edili- zia. Questa è la zavorra che oggi ci portiamo dietro, che ha portato alle attuali situazioni di conge- stione e che rende anche difficile ragionare su nuove ipotesi di futuro”. Fabio Chiocchetti Diretto- re Istituto Cultura Ladina “La valle di Fassa era poverissima, fino agli anni 70 si emigrava all’estero Poi è stata una corsa a realizzare alberghi, appartamenti, seconde case. C’era una fonte di reddito nuova e tutti ne hanno approfittato. Adesso siamo arrivati alla saturazione e si sta tornando indietro. Lo sviluppo è stato fatto alla cieca, senza una proiezione futura mirata, è stato fatto tutto un po’ di conseguenza, uno fa una cosa, uno fa l’altra, le strade, gli impianti, senza domandarti come sarebbe stata la valle in fu- turo. Con gli alberghi e gli appartamenti siamo arrivati a saturazione, con 55mila posti letto che sono diventati troppi per la domanda che abbiamo, salvo pochi periodi, venti giorni l’anno. Quindi ora siamo sempre alla rincorsa per riempire i posti letto”. Enzo Iori Presidente APT “I numeri del nostro sviluppo turistico derivano da una normale voglia di crescita economica negli anni 70 e 80. Io non mi sento di criticare chi, avendo un pezzo di terreno edificabile se l’è costruito, si è fatto quattro appartamenti da gestire. Perché mai dovremmo criminalizzare quest’aspetto,
  • 13. 13 quando c’era l’opportunità di una crescita economica, quando si veniva comunque da decenni di povertà, di stenti, di pastorizia e agricoltura misera. Oggi ci troviamo in un contesto di un turismo maturo che in passato non è stato né pensato né pianificato. Negli anni in cui c’è stata l’accelerazione del fenomeno del turismo in valle, i fassani che avevano la responsabilità di pro- grammare e governare il territorio non avevano la preparazione per poter non solo decidere, ma avere una visione del futuro. Oggi i nodi vengono al pettine. Abbiamo avuto uno sviluppo turistico spontaneistico, non governato, non pianificato, che adesso mostra tutti i limiti e le crepe. Adesso dovremmo fermarci a riflettere dove porta l’attuale situazione”. Daniele Dezulian Presidente del Consorzio impianti a fune val di Fassa e Carezza “Negli anni 70 e 80 gli amministratori hanno fatto grossi errori, hanno lasciato costruire dei con- domini che hanno invaso il territorio senza portare alcun reale vantaggio. Oggi ci troviamo con dei condomini costruiti per cento persone che a Natale si riempiono di trecento persone. I dati ufficiali parlano di 60mila posti letto, ma sono convinto che arriviamo tranquillamente a 100mila. Ho visto io appartamenti di 60-70 mq con dentro venti persone. Magari sono giovani, con gli amici, che per una settimana vivono come in una tendopoli. E’ chiaro che questo tipo di turismo porta poco sul piano economico e fa molti danni sul piano della congestione. Qualcuno dice che la Valle di Fassa è diventata il dormitorio delle Dolomiti, perché ci sono troppi posti letto e si paga poco rispetto al- le altre realtà delle Dolomiti”. Rinaldo De Berlol Insegnante e Ispettore VV.FF La riflessione sugli errori del passato porta a interrogarsi sul futuro assetto della Valle alla ricerca di una difficile mediazione tra una pur sempre necessaria gestione dei flussi quantitativi, che richiede altri investimenti e trasformazioni territoriali, e una riqualificazione complessiva del sistema d’offerta, che però al momento si presenta dagli esiti incerti. “Riqualificarsi nella continuità” ap- pare essere la parola d’ordine su cui convergono le strategie degli attori locali, anche se non mancano voci che esprimono preoccupazione sull’effettiva opportunità e possibilità di perseguire un modello d’offerta fondato su ipotesi di crescita costante della domanda e sulla conseguente ne- cessità di fare investimenti in infrastrutture di supporto. “ Ci vorrebbe un processo di riqualificazione, se non addirittura di riconversione della nostra of- ferta turistica. Fino ad oggi abbiamo puntato sui numeri, sull’alta ricettività, per cui un processo di riconversione è difficile: come fai a dire a un operatore che ha fatto importanti investimenti che de- ve ridurre il numero dei posti letto. Salvo che non sia costretto dal mercato. L’impressione è però che i nostri operatori, per la stragrande maggioranza, continui a puntare su un modello di turismo
  • 14. 14 industriale: i sessanta mila posti letto, gli impianti, i grandi caroselli sciistici. Il modello è questo, abbiamo fatto gli investimenti, dobbiamo quindi guadagnare il massimo possibile. Specialmente in un periodo di crisi come questo non possiamo rischiare in un processo di riconversione dagli esiti incerti. Attualmente siamo appiattiti sulla domanda, se uno viene qua con un pacco di euro è chiaro che gli dai quello che vuole, anche se magari centra poco con le nostre specificità ambientali e cul- turali. Stiamo vivendo una situazione difficile per tutti, non è necessario vedere le statistiche, per strada quest’inverno abbiamo visto meno pullman, meno sciatori, meno turisti, la crisi la percepisci semplicemente girando per strada. In questo periodo è difficile parlare di prospettive di sviluppo. Credo comunque che questa non sia una crisi di attraversamento, per cui le cose, una volta passata la crisi ricominceranno come prima. In questa prospettiva penso che dovremmo rivedere la nostra offerta. Ci vuole un ritorno a un’accoglienza più umana. Il nostro contesto, per le sue caratteristi- che, non è adatto alle grandi strutture, al turismo massificato. Dobbiamo puntare sulla familiarità, sul rapporto umano.” Bruno Sommariva Segretario CgF “Quando si sbaglia a livello urbanistico, come noi abbiamo sbagliato negli anni ‘60 si sbaglia per sempre. Il modello dei collegamenti impiantistici e delle infrastrutture è il proseguimento del mo- dello che abbiamo impostato negli anni ’60. Fortunatamente, non si possono più costruire le se- conde case. Tutta la domanda di sviluppo è orientata solo a riempire i sessantamila posti letto. Se l’obiettivo è solo questo, non potremmo mai essere i protagonisti del nostro sviluppo, perché da soli non ne abbiamo la forza. Dobbiamo affidarci alle grandi agenzie del turismo internazionale, ab- bassare i prezzi e accettare chiunque venga. O si fa la scelta della qualità e di ridurre i numeri, co- sa che comunque avverrà per dinamiche di mercato, oppure continuiamo su questo modello quanti- tativo, ipotecando il nostro futuro per i prossimi vent’anni”. Luigi Casanova Cipra “Dove andrà in futuro lo sviluppo della val di Fassa? Andrà ancora a pesare sulle famiglie che si impegneranno, come si sono impegnate negli anni ’70. La val di Fassa negli anni ‘60-‘70 è stata delle banche, le famiglie hanno rischiato molto, del proprio, hanno abbandonato una cultura che era quella rurale per saltare a piè pari in quella alberghiera, che però adesso non si sa più se è al- berghiera. Tutti parlano di alberghi quando invece il grosso numero di appartamenti fa a pugni con la nostra economia. Oggi ognuno si arrangia, guardando ai propri debiti, alle proprie priorità, siamo una comunità che non è un insieme, che non è riuscita a fare sistema. Già negli anni ‘70 si parlava di Fassa 2000, una società di sviluppo che doveva andare ad acquisire le aziende che era- no in difficoltà per non perdere il patrimonio. Purtroppo il patrimonio sta diventando di chi non a- bita in val di Fassa: non solo le seconde case, negli ultimi anni sono stati venduti ventisette alber-
  • 15. 15 ghi. Gli impegni delle famiglie che possiedono gli alberghi sono stati grossi, si sono buttati, ci han- no creduto senza guardare ai bilanci economici. Abbiamo sconvolto una legge banale dell’economia: tenere bassa l’offerta per tenere alti i prezzi. Noi abbiamo fatto il contrario: in val di Fassa la mezza pensione costa trenta euro ma si dice che è arrivata anche a ventiquattro euro, il noleggio di un paio di sci costa dieci euro a settimana, tre euro a metà settimana. Così continuere- mo a rincorrere il turista, i grossi numeri. Finché continueremo a credere alle fate, continueremo ad aumentare l’offerta e a credere che quella sia la soluzione, offriremo sempre più infrastrutture pensate solo per i turisti, con costi per la società e la popolazione”. Elio Liberatore Presidente APSP Fassa. “Il futuro sicuramente non potrà più essere quello dei sessantamila mila posti letto. Attualmente gran parte della nostra attenzione è concentrata sul problema della viabilità, che effettivamente è un grosso problema, in stagione ci vuole più di un’ora per andare da Canazei a Pozza. Allora stiamo pensando a costruire una valle fatta di tangenziali e circonvallazioni. Ma siamo sicuri che questo serva? O fra dieci anni avremo un altro tipo di turismo? Credo che prima di decidere inve- stimenti dovremmo porci queste domande.” Cesare Bernard Presidente Consei General “Oggi in val di Fassa ci sono due esigenze contrastanti che però, in una programmazione di breve e medio periodo, potrebbero trovare una loro logica di coerenza. L’obiettivo a breve termine è di riempire i sessanta mila posti letto. In tale logica è chiaro che bisogna rendere appetibile l’offerta, è necessario fare le circonvallazioni, gli impianti vanno potenziati sempre di più. Anche se non si capisce bene dove si va a finire con questo sempre di più. Sul medio periodo c’è chi comincia a pensare che bisogna incidere anche sulla consistenza dei posti letto mediante interventi tesi alla decrescita. In Valle di Fassa le zone di espansione edilizia sono pressoché esaurite, restano gli im- mobili esistenti, di cui un dieci per cento si sa benissimo che sono destinati a non essere più nel cir- cuito produttivo alberghiero. Questi volumi dovrebbero poter essere recuperati per l’edilizia abita- tiva dei residenti. Così forse qualcuno dei nostri giovani, delle nostre giovani coppie, anziché anda- re a vivere a Ziano, che per altro è un bel posto, magari trovano casa qui. Alcuni immobili potreb- bero anche benissimo essere rasi al suolo, aprire degli spazi di vita all’interno dei paesi. Mettia- moci pure dei parcheggi interrati, ma in superficie c’è bisogno di spazi di vita, magari anche degli orti, dei giardini. Nella mentalità dominante il metro cubo è un bene ineliminabile, non si sacrifica un metro cubo, piuttosto se ne aggiunge mezzo. Allora aumentiamo pure le volumetrie dove ci sono insediamenti di un certo tipo, dove c’è necessità di adeguamento di qualità degli alberghi, ma al- trove si possono benissimo, con interventi mirati, senza accollare l’onere al singolo privato, attuare
  • 16. 16 dei piani di acquisizione che potrebbe preludere anche a dei piani di riqualificazione dei centri sto- rici. Cosa già tentata trent’anni fa ma che non è andata a buon fine come sappiamo. La qualità dell’intervento di recupero deve giovare a migliorare l’aspetto esteriore e l’accoglienza. Si toglie il traffico dal paese e creiamo dei centri storici pedonali”. Fabio Chiocchetti Direttore Istituto Cul- tura Ladina “Lo sviluppo turistico ha obbligato i Comuni a fare dei fortissimi investimenti per servizi e infra- strutture che poi, di fatto, sono utilizzate per poche settimane l’anno. Nei picchi comunque c’è l’affluenza e questo genera altri tipi di problemi: la viabilità, le strade, la necessità di fare le cir- convallazioni. Un’analisi attenta sulle prospettive di sviluppo del territorio non può prescindere da questi dati. Come in tutte le cose, dobbiamo fare un mix. Nel senso che per mantenere competitiva della valle devi ammodernarla e devi creare, o quanto meno migliorare, le infrastrutture che ci so- no. In una prospettiva di più lungo periodo bisogna invece pensare a una riconversione della no- stra offerta turistica. La riconversione comunque va fatta in modo graduale. Se il clima lo permette, dobbiamo rimanere attrattivi sull’offerta invernale per cui il sistema impiantistico è ancora molto importante. In val di Fassa quello impiantistico è il settore più sviluppato, quindi da questo punto di vista con due o tre interventi d’aggiustamento riusciamo ancora a essere competitivi. In un’ottica di riconversione della nostra offerta, migliorare il tessuto urbanistico è sicuramente una priorità. Se poi questo coincidesse anche con la riduzione dei posti letto, sarebbe il massimo. Non c’è più spazio per nuovi insediamenti edilizi, io lavorerei per una riconversione delle brutture che abbiamo sul territorio, se fosse per me i condomini degli anni 70-80, come il Fassa Laurino a Maz- zin, andrebbero abbattuti e ricostruiti diversamente. Le stesse seconde case costruite sempre negli anni 70, molto impattanti e decontestualizzate, andrebbero quantomeno ristrutturate” Riccardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, albergatore. “In passato in val di Fassa abbiamo fatto scelte sbagliate. Le conseguenze le paghiamo ora. Prima di tutto la scelta scellerata di destinare tanto territorio alle seconde case, fortunatamente la Legge Gilmozzi ci ha messo una pezza, anche se tardiva. Non abbiamo mai avuto una pianificazione di Valle, per cui i limiti sono dovuti a interventi frammentati senza una strategia in grado di pensare in modo organico alla valle nella sua unicità. Hanno sempre prevalso i campanilismi e gli interessi particolari. Le scelte le fanno le persone ed evidentemente in Valle non c’era una cultura adeguata per fare certi ragionamenti. Paghiamo un dazio perché è mancata la coesione. Pensare oggi allo sviluppo della Valle, significa riconoscere questi errori, per non ripeterli. In passato non c’erano forse gli strumenti, non c’era la cultura, non c’erano degli enti in grado di fare programmazione di
  • 17. 17 valle. E’ per questo, che oggi credo molto nel ruolo del Comun General. Quando ho sentito parlare del Piano Territoriale della comunità ho pensato a una cosa molto difficile da fare, molto ambizio- sa, ma sicuramente indispensabile. Mettersi a ragionare su tutta la valle, considerando tutti gli a- spetti che riguardano la vita in questa valle, è una cosa che non è mai stata fatta e che non è facile da fare. Lo dimostra il fatto che stiate partendo da un processo di ascolto del territorio”. Gianni Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski. 3. Le carenze d’infrastrutture e di servizi pubblici. La qualificazione delle reti infrastrutturali dei servizi pubblici è al primo punto dell’agenda di gran parte degli operatori locali, sia economici, sia istituzionali. Un sistema turistico efficiente non si può basare esclusivamente sul settore dell’accoglienza e dell’intrattenimento. A corollario del core business della località devono operare una serie di servizi e beni pubblici in grado di co- struire un’offerta complessiva di sistema. Nelle aree turistiche, il settore pubblico ha una funzione imprenditoriale non sostituibile, in quanto detiene e gestisce alcune componenti critiche dell’offerta: l’urbanistica, il paesaggio, la sicurezza, la qualità ambientale, il sistema infrastrutturale, i beni cultu- rali. La collaborazione pubblico-privato ha, in questo caso, una declinazione fortissima e specifica. Uno dei grandi temi sollevati dagli interlocutori è quello dell’accessibilità alla Valle. La colloca- zione periferica penalizza il sistema locale rispetto ai grandi flussi turistici internazionali. Efficienti collegamenti con il sistema aeroportuale, (in particolare con l’aeroporto di Bolzano) e con il corri- doio autostradale del Brennero, sono strategici per la competitività del sistema turistico locale. Tra le reti infrastrutturali s’inserisce anche il trasporto su rotaia che però, da molti attori locali, è conce- pito principalmente come un sistema di mobilità interna alla Valle. Il dibattito si articola su due grandi progettualità di sistema: da una parte il Progetto Metroland, concepito dalla Provincia Au- tonoma di Trento come sistema metropolitano provinciale che prevede la realizzazione di un colle- gamento ferroviario Trento-Pergine-Borgo-Borgo-Cavalese-Soraga; dall’altro il Progetto Transdo- lomites, promosso da un’associazione locale allo scopo di promuovere la progettazione e la realiz- zazione della ferrovia che collega Trento alle valli di Fiemme e di Fassa attraverso la val di Cembra, favorendo la mobilità locale all’interno di ciascuna valle. “A una valle turistica servono servizi, in primo luogo l’accessibilità. Come raggiungo la Valle di Fassa? Il nostro problema è che siamo decentrati, dobbiamo collegarci con l’asse del Brennero, anche in relazione agli importanti investimenti fatti su quest’asse: il tunnel del Brennero e l’alta ve- locità ferroviaria. L’accesso dagli aeroporti lo abbiamo a Treviso, Verona, Venezia, Bergamo. So-
  • 18. 18 no tutti scali molto scomodi. Il trasferimento da qualsiasi aeroporto implica come minimo tre ore e mezzo di viaggio. Noi riteniamo indispensabile ampliare l’aeroporto di Bolzano, ci permetterebbe di arrivare in val di Fassa in quaranta minuti. C’è poi il tema dell’accessibilità su rotaia, Trento ha il progetto Metroland, ma qui in val di Fassa si preferisce parlare di Transdolomites, e più adegua- to alle nostre esigenze di mobilità interna e allo spostamento degli sciatori. Dobbiamo ridurre la mobilità interna su gomma per raggiungere gli impianti”. Celestino Lasagna Presidente Associa- zione Albergatori della val di Fassa “Per quanto riguarda la mobilità, in valle siamo veramente carenti. Non solo per gli spostamenti interni, ma anche per i collegamenti con le città maggiori, dove ci sono gli aeroporti. Un turista che parte da Mosca non può impiegare quattro ore per arrivare a Venezia e sei ore da Venezia a Canazei, è un controsenso. L’Austria ha l’aeroporto internazionale a Innsbruck e dopo un’ora sei già sulle piste da sci. Se i numeri sono questi, è chiaro che non riusciremo mai a competere con le località austriache. C’è poi il tema dell’accessibilità tramite ferrovia. La Provincia sta portando avanti il progetto Metroland, la metropolitana di superficie, può essere un bel progetto, però biso- gna considerare i tempi. Se dobbiamo aspettare vent’anni, non serve a risolvere i nostri attuali e urgenti problemi di mobilità, sarebbe meglio qualcosa di più tempestivo. Sento parlare di questo Transdolomite che potrebbe collegare la val di Fassa con Trento, potrebbe essere un’alternativa, anche perché i costi sono nettamente inferiori ed è un progetto più fattibile”. Massimo De Bertol Presidente Associazioni Artigiani della val di Fassa “Sulla mobilità la maggior parte delle persone in Valle è contraria a Metroland, perché un colle- gamento veloce che ci porta a Trento in quaranta minuti non ci serve. In Valle abbiamo bisogno di un treno che faccia il servizio tra i comuni, tra le tre valli dell’Avisio, magari non le ventisei stazio- ni previste da Transdolomites, possiamo anche ridurle, comunque il modello è quello. Abbiamo bi- sogno di un treno di servizio alle valli, dobbiamo pensare a noi cittadini e ai turistici per deconge- stionare le strade. A livello di arco alpino la risposta all’esigenza di una mobilità sostenibile è il treno, tutti i Paesi moderni puntano sul treno. A livello di Dolomiti c’è la possibilità di avere il cir- cuito della ferrovia delle dolomiti, collegando Feltre con Primolano, 18 Km, partiamo da Calalzo di Cadore e arriviamo Dobbiaco e poi con il treno dell’Avisio, abbiamo chiuso l’anello delle Do- lomiti. Sarebbe un ulteriore fattore d’immagine e promozione per le Dolomiti”. Luigi Casanova Cipra
  • 19. 19 “Metroland e Transdolomiti rispondono a due logiche diverse: una è quella del collegamento velo- ce con la val d’Adige, l’altra è finalizzata a una mobilità più interna. Sono opzioni da approfondire entrambe, finora non ci siamo fatti un’idea precisa. Lo stesso Comun general per ora non ha preso posizione, sta valutando le prospettive. Personalmente ritengo che il collegamento veloce con Tren- to sia secondario rispetto ai problemi di mobilità che abbiamo all’interno della valle, cioè la neces- sità di creare un’alternativa al trasporto su gomma. Metroland risponde a una visione Trento cen- trica. Ma qui in Valle non abbiamo flussi su Trento tali da giustificare l’investimento. Molti dei no- stri flussi gravitano su Bolzano o anche Belluno. Per quanto riguarda l’accessibilità turistica per noi sarebbe molto più utile avere un collegamento con l’aeroporto di Bolzano”. Francesco Dellan- tonio, artigiano e amministratore del Comune di Soraga “La mobilità per noi è un tema strategico, sento molti turisti lamentarsi dei collegamenti. Dobbia- mo lavorare sui collegamenti degli impianti ma anche sulla viabilità e più in generale sulla mobili- tà. Io vedrei molto positivamente un collegamento di superficie come un trenino che colleghi Moe- na con Canazei. Dobbiamo creare un’alternativa all’auto. Metroland che ferma a Soraga non è la soluzione. Se Metroland fa tre fermate a che cosa serve? Ci vuole un trenino di superficie che serve la valle, che ferma in tutti i paesi. In modo che possa dire al mio cliente fatti un giro a Moena, vai al centro salute a Canazei, ogni mezz’ora c’è il trenino”. Stefano Weiss giovani albergatori Vice- presidente APT Il forte sviluppo turistico del territorio ha messo in evidenza le numerose criticità dell’attuale rete stradale, rese particolarmente evidenti dai fenomeni di congestione rilevabili nei periodi di maggior afflusso. Traffico, inquinamento, scadimento della qualità della vita nei periodi d’alta stagione turi- stica, diventano delle vere e proprie emergenze per una località di montagna che passa da 9.000 re- sidenti a picchi di 18.000 arrivi il giorno. Tale situazione induce la maggior parte degli attori locali intervistati a esprimere una domanda d’adeguamento delle reti viarie (circonvallazioni dei paesi e parcheggi) e d’individuazione di modelli di mobilità sostenibile. In tale contesto s’inserisce anche una domanda, in particolare da parte dei paesi della bassa e media valle, d’impianti di collegamento ai principali caroselli sciistici. “A fronte dello sviluppo urbanistico dei decenni scorsi, la valle è rimasta indietro sull’infrastrutturazione pubblica. In stagione turistica passiamo da nove mila a settanta mila abi- tanti e le infrastrutture sono inadeguate. Sul piano della viabilità gli interventi più urgenti sono le tre varianti dei paesi, la circonvallazione di Canazei Campitello, lo snodo dell’area di Pozza, e
  • 20. 20 quello di Soraga. C’è poi della mobilità vera e propria, l’esigenza di favorire un sistema di scam- bio tra le zone, ma anche di collegamento tra le aree sciistiche esistenti. Attualmente abbiamo una valle disomogenea: l’alta valle ha un’offerta impiantistica straordinaria, il centro valle più o meno si sta arrangiando, la bassa valle è completamente tagliata fuori. Dal punto di vista della mobilità l’idea che avevamo sviluppato era di mettere in connessione gli impianti di Buffaure, Pera, Gar- deccia. C’è poi l’area di collegamento delle zone di Moena e Soraga che sono, di fatto, gli unici due paesi in valle che non serviti da impianti a fune direttamente dal paese. Moena ha quasi undici mila posti letto, Soraga ne ha quasi tre mila; sono quindi in totale quattordicimila persone obbliga- te a spostarsi in auto per raggiungere gli impianti e questo è un limite sia per l’offerta turistica sia per la vivibilità del territorio”. Riccardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, alber- gatore. “ Viabilità e mobilità sono le esigenze prioritarie di cui si parla da anni. Dobbiamo ridurre la mo- bilità su gomma, anche se penso che la chiusura dei passi sia una cosa assurda. Una soluzione per la mobilità sostenibile è data dal collegamento tra gli impianti. Abbiamo la possibilità con relative poche spese di collegare dal Ciampac, Col de rossi, potremmo arrivare a Pera con il collegamento del Ciampedie. Dal Ciampedie la possibilità di collegare Soraga. Soraga collegata con Moena e Moena con Lusia. Questo potrebbe risolvere con basso impatto un problema di mobilità, sia in in- verno sia in estate. Altro problema importante è quello dei parcheggi sia nei paesi, sia di testata per gli impianti”. Celestino Lasagna Presidente Associazione Albergatori della val di Fassa. “Non vi è dubbio che la questione infrastrutturale riguardi anche la creazione di nuovi impianti. Moena non lavora perché non riesce ad offrire lo sci come collegamento diretto. Sono dell’idea che non vanno coinvolte aree nuove, tempo fa si parlava del giro del Sasso Lungo, vedo però la neces- sità di collegamento tra quello che abbiamo. Alcune operazioni migliorerebbero molto la nostra of- ferta sciistica. Le aree di Vigo e di Buffaure sono in sofferenza, con un collegamento risolverebbero i loro problemi e anche i problemi di viabilità su Meida, dove tutti convergono per andare al Buf- faure. E’ chiaro che altre aree come la val S. Nicolò, la val Duron, Fuciade, la stessa Marmolada, vanno invece tutelate” Gianni Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Do- lomiti Super Ski “La bassa valle, Moena in particolare, non ha i servizi adeguati per portare i propri turisti nelle zone sciistiche. Ci vorrebbe un impianto di arroccamento che parta dal paese. Dal punto di vista impiantistico c’è prima di tutto l’esigenza di migliorare la situazione di Moena. Mancano gli ar-
  • 21. 21 roccamenti verso la zona del Lusia e verso il Passo Carezza. Verso il Lusia, dove siamo coinvolti come SIC, abbiamo un interesse particolare. Il Comune sta cercando di definire delle priorità. La prima cosa da fare e chiedere di inserire questi arroccamenti nel piano provinciale. Sono iter bu- rocratici abbastanza lunghi e intanto si perde competitività”. Fiorenzo Peratoner SIC “La qualità percepita dal turista è oggi bassissima, il traffico e i trasporti pubblici in Valle sono i temi di lamentela più ricorrenti nelle caselle di posta elettronica nostre e dell’APT. Abbiamo un servizio skibus che si stima soddisfi solo il trenta per cento dell’utenza che vuole spostarsi con i mezzi pubblici, quindi con una percentuale molto bassa e anche una qualità decisamente bassa, perché sono mezzi vecchi e fumosi. Sui temi della mobilità c’è un grande fermento d’idee da parte dei comuni, del Comun general, dei comitati locali di mobilità, delle associazioni di albergatori, che propongono le loro idee di mobilità: chi dice il trenino, chi la monorotaia sopraelevata, chi l’impianto a fune che attraversa la valle. Tante idee, però alla fine bisogna fare delle scelte, avendo presente che la mobilità costa. La mobilità è per definizione un servizio in perdita e allora bisogna capire quali sono le soluzioni tecnico-economiche più idonee e in val di Fassa, su questo, abbiamo ancora un po’ di confusione. Gli impianti possono svolgere un ruolo di mobilità alternativa, però gli impianti non possono essere la risposta al problema della mobilità, che è un servizio pubblico. Altrimenti rischiamo veramente di togliere risorse per quello che è lo sci: la gestione, il rinnova- mento degli impianti, delle piste, degli impianti d’innevamento a monte. E’ questo il cuore della no- stra attività, non possiamo diventare un servizio di mobilità pubblica. Qualcuno dice che gli im- pianti a fune potrebbero fare impianti a valle pagati con lo skipass. Bellissimo, uno sale con il pro- prio skipass in cabina, percorre tutta la valle e poi va a sciare. Però con quali risorse? L’impianto di trasferimento in valle ha dei costi di gestione, se li paghiamo con lo skipass vuol dire togliere ri- sorse per gli investimenti”. Daniele Dezulian Presidente del Consorzio impianti a fune val di Fas- sa e Carezza “La vera necessità è una viabilità alternativa per sollevare i paesi dal traffico. Negli ultimi quindi- ci anni ci siamo talmente intasati di traffico per cui il turista non ritiene più appetibile stare nel fondo valle. Dobbiamo portare il traffico di scorrimento fuori dai paesi. Il problema principale è il flusso d’attraversamento. Le statiche ci dicono che siamo a quasi 18mila passaggi giornalieri sui periodi di punta e questo va a discapito della qualità della vita, prima dei residenti e poi chiara- mente dell’offerta turistica. Moena ha già la circonvallazione, Soraga, di cui sono amministratore, la sta richiedendo con forza. Dobbiamo creare un collegamento tra la fine della circonvallazione di Moena fino a Soraga nord. Moena e Soraga possono essere considerate un’unica zona urbana at-
  • 22. 22 tualmente spaccata in due da questa mancata realizzazione della circonvallazione. Poi chiaramente ci sono i nodi di Pozza, Campitello e Canazei. Mazzin si potrebbe sistemare un po’ meglio ma è un comune un po’ più felice da questo punto di vista, perché seppur molto urbanizzato, è meno presen- te sulla strada. A Vigo è già stata fatta e va bene”. Francesco Dellantonio Artigiano e ammini- stratore del Comune di Soraga. “Io penso che sia ormai improcrastinabile l’esigenza di trovare una soluzione per liberare i paesi dal traffico e ridare ai nostri paesi quell’immagine di paesi di montagna che hanno perso nel tem- po. Se non recuperi questa dimensione di paese di montagna, se non dai la sensazione a chi viene da fuori di trovarsi in un’oasi di tranquillità, il tuo mercato andrà progressivamente a erodersi. Oggi nei paesi, quando passi con il passeggino, hai le colonne di automobili che ti scaricano ad- dosso i gas. È cruciale liberare il paese altrimenti si ha uno spreco di risorse incredibile. Si spende un milione di euro ogni stagione per lo skibus gratuito per l’ospite, un bellissimo servizio che poi dopo è rovinato, anche in modo irreparabile, a livello d’immagine, perché lo skibus non è puntuale, non ha più orari a causa del traffico. Quindi anche quel servizio lì, oneroso per la valle e importan- te per il turista, perde la sua potenzialità diventando un boomerang. Qualcosa sul fondovalle biso- gna farlo e urgentemente, non è pensabile che ci impieghino vent’anni a fare una pista ciclabile che non è ancora finita. I nostri Amministratori non possono tornare da Trento e dirci che la circonval- lazione di Canazei la faranno nel 2017, poi nel 2025 quella di Pozza e nel 2030 quella di Soraga. Nelle attuali dinamiche di mercato, quindici anni sono pari a un’era geologica, tutto corre veloce- mente e noi rischiamo di perdere quote di mercato. Dovremmo essere noi, come Valle, a trovare degli strumenti per rimediare a questa situazione. Dobbiamo trovare noi stessi un modo di fare fi- nanza di progetto, pensiamo a una vignetta per chi entra in val di Fassa, a un fondo vincolato e de- stinato a fare queste benedette circonvallazioni. Sarebbe importante arrivare a un progetto vera- mente completo per tutta la valle. Credo che il Comun General di Fassa sia veramente utile perché può finalmente dare quella visione di sviluppo organico e complessivo della valle che è mancato fi- no ad oggi“. Silvano Ploner giornalista Lo stesso Comun General ritiene che gli interventi su tale tema siano d’importanza strategica per lo sviluppo socio economico della Valle. Per questo ha ritenuto opportuno procedere all’individuazione di alcuni obiettivi di carattere generale volti soprattutto a evidenziare problemi, criticità e possibili soluzioni. Il documento elaborato dal Consei di ombolc su proposta della com- missione mobilità, viabilità e trasporti del Comun General è stato sottoposto ai responsabili provin- ciali ai lavori pubblici, infrastrutture stradali e trasporti della provincia di Trento. Si chiede la pro-
  • 23. 23 gettazione della circonvallazione di Soraga, la variante all’abitato di Pozza, il termine della variante di Vigo e la rotatoria a San Giovanni, l’inizio dei lavori della variante Campitello – Canazei, oltre a interventi definitivi sulla strada del passo Fedaia, la sistemazione della strada dei passi Sella Costa- lunga, il ponte di Pera. Poi una serie di parcheggi anche interrati in quasi tutti i paesi. “A livello di Comunità di Valle la commissione mobilità ha indicato come soluzioni la tangenziale nei paesi, che significa fare una tangenziale a Soraga, una tangenziale a Pozza e una tangenziale a Canazei. Si tratta poi di creare zone a traffico limitato all’interno dei paesi con parcheggi di testata per evitare che le auto entrino in paese. C’è poi la necessità di disegnare un sistema pubblico di trasporto per collegare le aree e abbattere il transito automobilistico, in questo momento è stato pensato su gomma perché non abbiamo chiaro quali siano le possibili alternative. Abbiamo svaria- te ipotesi, però il territorio è quello che è, non abbiamo grandi spazi di manovra. C’è la Transdo- lomite che spinge per il trenino, ma non è una soluzione perché ci vincolerebbe un territorio enor- me. Sarebbe una barriera strutturale con un vincolo di venti metri per parte. Non è pensabile in una Valle così stretta”.Fausto Castelnuovo, Sindaco di Mazzin e Assessore GgF “Come Comun General abbiamo costituito una commissione sulla mobilità cui fanno parte alcuni consiglieri, sindaci e imprenditori, stiamo per formalizzare tutte le richieste dei singoli comuni per poterle poi portare a Trento e spiegare cosa vorremmo fare a livello di viabilità. La circonvallazio- ne di Vigo dovrebbe essere pronta per la fine di dicembre, stanno progettando quella di Canazei, dopodiché partirebbero quelle di Pozza e di Soraga. Il piano stralcio della viabilità della Provincia dovrebbe prevedere soluzioni anche per le valli laterali, qui a Pozza c’è Gardeccia e Valsannicolò, a Campitello c’è la Valduron. C’è poi la questione del transito sui passi, che deve trovare una so- luzione a livello delle tre provincie interessate, perché non è ammissibile impiegare due ore per scendere dal Pordoi per arrivare a Pozza, anche se per la verità, solo per pochi periodi l’anno. Pe- rò dalle statistiche della Provincia risulta in valle il passaggio di quasi venti mila macchine al giorno”. Tullio Dellagiacoma Sindaco di Pozza di Fassa e Assessore CgF Il transito sui passi dolomitici è un'altra questione su cui si concentrano le riflessioni degli attori locali, anche in considerazione del fatto che tale questione influenza in modo decisivo le politiche di mobilità all’interno della Valle. La val di Fassa, oltre che essere una destinazione, è un’area di transito d’intensi flussi turistici, anche giornalieri, diretti ai passi dolomitici. Secondo i dati del 2009 il Costalunga tra la val di Fassa e la val d’Ega è il passo più frequentato, con un transito giornaliero medio di 2.560 veicoli. Al secondo e terzo posto due passi più “escursionistici”: il Pordoi, tra il
  • 24. 24 gruppo del Sella e la Marmolada, con 1.578 veicoli, seguito dal Sella, fra val di Fassa e val Garde- na, con 1.470 veicoli, media che sale a oltre 2.000 limitatamente al periodo primavera estate. “E’ evidente che la situazione dell’accessibilità sui passi dolomitici è ai limiti di rottura. Non puoi pensare di andare in agosto al passo Pordoi e trovarti su mille macchine parcheggiate sui prati perché non ci sono i parcheggi. Oppure la strada del passo Sella, che non sai se arrivi in cima per- ché frana, e continuano a passare pullman, moto e poi su non ci sono parcheggi neanche lì. La stessa cosa vale per il Fedaia. Il pedaggio di per sé non risolve il problema, è dimostrato in tutto il mondo. Il tema dei passi andrebbe affrontato con soluzioni miste: disincentivare l’utilizzo del mez- zo privato a favore dei mezzi pubblici; con la valorizzazione degli impianti a fune esistenti laddove arrivano in quota. Va poi affrontato il problema dei parcheggi in quota, trovare una formula per limitare il numero delle macchine, magari facendo pagare i parcheggi in quota con delle politiche tariffarie diverse, ma il pedaggio, di per se, è solo un modo di fare cassa. Può essere una delle so- luzioni se servono risorse per fare gli investimenti sui passi, ma non per limitare il traffico”. Ric- cardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, albergatore. “Bisogna premettere che i nostri passi sono punti di collegamento e non di arrivo. Il pedaggio viste esperienze fatte altrove non serve a limitare il traffico, ma solo per incassare denaro. Sui passi so- no insediate varie aziende, quindi chiudere i passi creerebbe una crisi di queste attività. Io vedrei una regolamentazione dei parcheggi, evitare che auto e camper parcheggino sui prati e ad avere dei punti panoramici ordinati. Si potrebbe introdurre il pagamento del parcheggio. Quando avremo il parcheggio a Canazei di cinquecento posti macchina, magari ne discuteremo. Questo parcheggio era partito prima dell’Accordo di programma tra il Comun General e la Provincia, in questi giorni dovrebbero vedere il finanziamento. Il parcheggio a Canazei può aiutare a risolvere il problema del traffico sui passi”. Mariano Cloch Sindaco Canazei Vice Procurador CgF “E’ ovvio che un’importante mole di traffico sia anche causata dal trasferimento tra le valli. Biso- gna capire quali sono i costi e i benefici di un’eventuale limitazione del traffico sui passi. È eviden- te che tutto l’indotto localizzato in quota ne soffrirebbe molto, ma anche le aziende localizzate sul fondo valle ne risentirebbero. Quando i passi sono chiusi per le gare ciclistiche, gli esercizi com- merciali hanno un calo del 30%. Ho parlato più volte con il sindaco di Selva in val Gardena, il quale dice che vorrebbe chiudere il passo in modo da essere la parte terminale della valle, nel sen- so che il cliente che arriva da lui, non trova più traffico, rumore, inquinamento, anzi vorrebbe un parco naturale per chiudere definitivamente il passo. Questa credo che sia una visione estrema e
  • 25. 25 improponibile. Da quando hanno messo il ticket nei due passi in Alto Adige, il traffico è aumentato. Non sono certamente i pochi euro di pedaggio che dissuadono i turisti dal fare il giro dei passi do- lomitici. Se si vuole risolvere veramente il problema del traffico sui passi bisogna pensare ad al- tro”. Franco Lorenz Sindaco di Vigo di Fassa e Assessore CgF “Nel piano stralcio sulla mobilità emergono esigenze abbastanza chiare per quanto riguarda la vi- abilità, perlomeno per quelle che a nostro avviso sono le priorità. Siamo invece in ritardo nell’elaborare un modello di mobilità alternativa. Si corre il rischio di inseguire delle soluzioni che sono difficili da realizzare e ancora di più da sostenere nel tempo. Tutti ci sentiamo esperti di mobi- lità, perché appare una cosa banale, mentre è una scienza complessa. In estate abbiamo almeno un mese dove sull’asse di valle ci sono grossi problemi. A questo si lega la mobilità sui passi, una que- stione che sfugge dalle nostre competenze specifiche e che limita il nostro piano d’azione, è una questione di carattere sovra provinciale. Siamo in una fase, dove nessuno prende un’iniziativa o una decisione forte. Sulla questione dei passi in realtà non si è ancora capito qual è l’obiettivo: vogliamo fare cassa? Vogliamo limitare l’accesso, per renderli più attrattivi per altre forme di frui- zione? L’obiettivo condiziona chiaramente la scelta della soluzione. Personalmente ritengo che la chiusura dei passi in alcuni giorni, o periodi, consentirebbe d’incentivare una fruizione da parte dei ciclisti, che sono tantissimi e possono essere una risorsa turistica enorme per la Valle di Fassa. Lo vediamo quando facciamo il Sella Ronda Day a fine giugno”. Gianni Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski Le esigenze d’infrastrutturazione pubblica non riguarda solo la rete stradale, ma si estendono anche a una serie di dotazioni collettive a servizio dei turisti e della popolazione locale. “Le grosse strutture sportive e ricreative in val di Fassa non sono pubbliche. Non abbiamo un pa- lazzetto dello sport che secondo me sarebbe di grossa utilità, anche in chiave turistica, L’unica pi- scina che abbiamo è a Canazei, è aperta al pubblico solo in stagione turistica ed è di una società privata. Nella pianificazione urbanistica io inserirei un palazzetto dello sport, che dia un servizio sovra comunale, ubicato nel centro valle è quindi comodo per tutti. Se ne parla da anni. In un pa- lazzetto dello sport puoi svolgere tante attività, anche i congressi. Un grosso meeting, oggi non sai dove organizzarlo, c’è il tendone di Pozza di Fassa che però non è il massimo. A Pozza ci sarebbe spazio per questa infrastruttura”. Riccardo Franceschetti Sindaco di Moena, Assessore CdF, al- bergatore.
  • 26. 26 “Gli albergatori hanno investito molto in qualità, ora questa qualità va portata al di fuori dell’azienda, nei servizi sul territorio. Fuori dagli alberghi oggi non c’è niente. Se d’estate c’è brutto tempo, il turista non sa dove andare. Bisogna creare punti d’aggregazione, spazi coperti, centri commerciali, attrazioni dove la gente possa passare la giornata. Non abbiamo spazi in cui organizzare eventi. Se va bene c’è qualche tendone, assolutamente inadeguato alle esigenze”. Cele- stino Lasagna Presidente Associazione Albergatori della val di Fassa. “Tutte le società sportive, in questo momento hanno grossissime difficoltà a organizzare le attività per i giovani perché purtroppo le strutture sportive sono quelle che sono. Ci troviamo a dover com- battere con gli orari, perché l’unica palestra è quella delle medie, che serve anche l’istituto d’arte e il liceo, prima ci sono tutte le attività della scuola, poi ci sono i corsi che organizza il Comune, poi entrano le società sportive”. Giorgio De Luca artigiano e responsabile Skiteam. “Un problema in valle è l’assenza di servizi. Ad esempio, il sistema di taxi in centro Fassa. Se ho necessità di andare a Bolzano con il taxi non ho questo servizio. Qui, su dieci aziende di trasporto pubblico, tutti fanno o skibus o fanno servizio estivo su Gardeccia con il pulmino. Fai fatica a tro- vare un’auto che ti porta da qualche parte. Non c’è un equilibrio, perché uno si compra il pulmino, d’estate fa avanti e indietro a Gardeccia, d’inverno lo dà all’APT per fare skibus, ed è a posto. Ma tu Comune dici, se tu vuoi avere una licenza a 360° all’interno di questo Comune, tu mi dai un ser- vizio diverso, un notturno, un diurno, ecc. Questo è un discorso da fare a tutti i livelli, in tutti i set- tori”. Claudio Bernard imprenditore, presidente consorzio impianti 4. Le esigenze di riequilibrio della struttura ricettiva Il turismo invernale ha rappresentato dagli anni ’60 un potente motore per lo sviluppo dell’economia fassana. Dopo una fase di avvio a destinazione quasi élitaria, lo sviluppo turistico ha vissuto il suo massimo periodo di espansione attorno alla fine degli anni ’70 e durante gli anni ’80, quando diventa un prodotto turistico di massa. Il primo risultato di questo intenso processo di svi- luppo è stato la crescita esponenziale della ricettività turistica della Valle: cresce la ricettività alber- ghiera, che tende sempre più ad adeguarsi alle esigenze e ai ritmi della vacanza invernale, ma cre- scono ancor di più la ricettività extralberghiera e, in particolare, le seconde case. Nel 2010 sono stati rilevati nel Comun General de Fascia 291 alberghi, 142 esercizi complementari, 2.544 alloggi privati e 4.823 seconde case (per seconde case s’intendono le case di proprietà dei non residenti). L’attuale ripartizione dei posti letto per tipologia di struttura ricettiva è rappresentata dal
  • 27. 27 seguente grafico, da cui è evidente una netta predominanza della disponibilità di posti letto turistici nelle seconde case e negli alloggi privati. Figura 1 Ripartizione dei posti letto nelle strutture ricettive della Valle di Fassa Se tale crescita della struttura ricettiva è stata per anni compatibile con l’andamento delle presenze turistiche e comunque frutto di un processo spontaneo e non pianificato, oggi diversi interlocutori si domandano se sia ancora coerente con un mercato che già, da alcuni anni, ha dato segnali d’assestamento. La disponibilità ricettiva da fattore di competitività sembra oggi tramutarsi in un limite allo sviluppo della località. L’esigenza di riempire un cosi alto numero di posti letto, la frammentazio- ne dell’offerta, una domanda con minore disponibilità di spesa, determina una concorrenza interna al sistema locale. Gli operatori, sia delle strutture certificate, sia degli alloggi privati, rischiano di innescare una pericolosa spirale competitiva fondata sulla riduzione dei prezzi e una conseguente minore qualità dell’offerta. Per il bene delle attività esistenti e della redditività che l’intero sistema economico fassano si aspetta dal turismo, andrebbe fatto qualche ragionamento di selettività e di specializzazione dell’offerta. “Negli anni 90 la politica d’incentivi della Provincia Autonoma di Trento favoriva l’insediamento degli alberghi quattro stelle, pensando che sarebbe anche seguita una clientela quattro stelle, ma non è stato così. Sono stati creati gli alberghi quattro stelle perché c’erano gli incentivi, però sono stati creati in modo forzato. Abbiamo preso intere aree e abbiamo creato dei ghetti alberghieri: dieci alberghi a quattro stelle, uno attaccato all’altro. In quest’ottica di massificazione, adesso queste strutture, nei periodi di minore richiesta, competono soprattutto a livello di prezzo con le strutture di categoria inferiore. Questo porta a uno svilimento dell’offerta e anche a una conflittua- lità interna al sistema. Con tutti questi posti letto noi non siamo attualmente nella condizione di at-
  • 28. 28 trarre un turismo elitario. Chiaramente le situazioni aziendali sono diversificate. La crisi è a mac- chia di leopardo, gli imprenditori più accorti, capaci di investire non solo sulla struttura ma anche sulle proprie competenze lavorano bene anche in una situazione di questo tipo. In altre situazioni ci sono, invece, grosse carenze. Penso che in una pianificazione del turismo la qualità dell’ospitalità alberghiera sia al centro di una politica di rilancio, dobbiamo lavorare su un turismo che chiede qualità, anziché dare contributi agli ampliamenti, si cominciassero a dare contributi a chi da due camere ne realizza una”. Andrea Weiss Direttore APT “Un albergatore non rinuncerà mai ai suoi cinquanta posti letto per farne trenta di qualità superio- re. Con la diffusione del turismo intermediato dalle agenzie il criterio ottimale di dimensionamento dell’albergo è avere i posti letto sufficienti a dare ospitalità a un pullman di turisti, questo è il mas- simo di visione strategica. Di certo il futuro deve andare verso una riqualificazione delle strutture. Anche perché la competizione si è fatta dura, qualcuno non regge, c’è un problema di ricambio ge- nerazionale. Perciò, nei fatti, c’è una selezione che verrà sempre più fatta dal mercato. Il futuro si- curamente non può più essere giocato sull’offerta quantitativa di sessanta mila posti letto. Ce ne vogliono meno e di maggiore qualità”. Cesare Bernard Presidente Consei General “ E’ difficile pensare a una politica di riduzione dei posti letto. Anche se, secondo me, ci stiamo av- viando a una riduzione fisiologia indotta dal mercato. A Canazei, in via Pareda, ci sono alberghi chiusi da tre o quattro anni. La gestione di un albergo è sempre più complicata: la crisi, il ricambio generazionale, i finanziamenti dalle banche, si sta proprio tornando indietro. Ci sono alberghi chiusi che faranno fatica a riaprire perché non hanno avuto la continuità, non hanno fatto le ri- strutturazioni che andavano fatte e ora si trovano con strutture vecchie che non vale la pena di ri- mettere a posto. Negli anni passati hanno potuto trasformare gli alberghi in residence, a Pozza hanno trasformato alcuni alberghi in seconde case. Oggi questo non è più possibile c’è il vincolo alberghiero o al massimo di prima casa. Le stesse difficoltà le vedi anche con gli appartamenti, con le seconde case di proprietà dei locali ma ancora di più degli esterni. Fanno fatica ad affittare per cui o svendono o restano chiuse, se ne vedono molte in giro”. Enzo Iori Presidente APT “Più o meno si condivide l’idea che in questo momento la val di Fassa ha un dato inconfutabile che è quello di un numero di posti letto esageratamente alto per parlare di una destinazione modello. Partendo da questo presupposto c’è la necessità di una politica urbanistica orientata al riequilibrio del sistema in particolare per quanto riguarda il rapporto tra ricettività alberghiera ed extralber- ghiera. Siamo tutti consapevoli che è difficile ridurre i posti letto, ma sarebbe già interessante cre- are i presupposti affinché questi posti letto fossero innanzitutto riqualificati e maggiormente utiliz- zati. Riqualificare i posti letto significa anzitutto rimettere il sistema al livello di uno standard me-
  • 29. 29 dio, con spazi più ampi e luminosi, di maggior benessere. Far sì che i posti letto attuali abbiano la possibilità di essere venduti meglio, più apprezzati. Nell’alberghiero questo processo è già in parte avviato: ci sono comunque delle normative, la classificazione alberghiera prevede determinate me- trature per ottenere uno standard minimo suddiviso per categorie. Una cosa del genere andrebbe fatta anche nel residenziale. Ci sono tanti immobili fermi, utilizzati pochi mesi all’anno, magari di proprietà di un’unica immobiliare a cui conviene la politica dei monolocali con sei persone allog- giate in pochi metri quadri, anche per solo tre settimane all’anno”. Francesco Cocciardi Alberga- tore Moena “Gli alberghi vivono un momento delicato, i margini sono sempre più ridotti, gli investimenti effet- tuati sono grossi. Non si riesce a chiedere il giusto valore. Non so se la colpa è di noi albergatori, ma spesso siamo costretti a svendere. La domanda è inferiore all’offerta. Se fossimo capaci di valo- rizzarli, di usarli bene, sessanta mila posti letto non sarebbero troppi. Ci dobbiamo chiedere se riu- sciamo a sostenere certi numeri, e tutto dipende dalla disponibilità e qualità di servizi. Abbiamo sessanta mila posti letto, ma non abbiamo i servizi adeguati a tale ricettività. Il turista di una volta si accontentava, oggi sono molto più esigenti. Fai presto a perdere quote di mercato. Dobbiamo poi tenere presente che la maggior parte dei posti letto sono nelle seconde case. Se noi fossimo capaci di occupare queste seconde case, con una buona ricettività, con un turista che spende, credo che anche il PIL della Valle ne guadagnerebbe. In alternativa bisognerebbe che la Provincia o il Co- mun General cominciasse a fare politiche per riconvertire questo immerso patrimonio immobiliare e immetterlo sul mercato della prima casa, per le giovani coppie. Di certo non possiamo più pensa- re di continuare a costruire”. Stefano Weiss giovani albergatori Vicepresidente APT Il confronto con l’offerta ricettiva dei più diretti competitori, quali sono val Gardena e val Badia, è inevitabile. Tali località sono indicate come un modello turistico da imitare per la capacità che han- no avuto di contenere la proliferazione dell’offerta. In queste località il numero dei posti letto alber- ghieri è decisamente superiore a quello dei posti extralberghieri, ma quello che più conta è che, at- traverso vincoli urbanistici e misure fiscali di disincentivo, sono riusciti a contenere il numero di se- conde case. La seguente tabella riporta il dato relativo alle seconde case e l’incidenza delle seconde case sulla popolazione residente. Nel 2010 erano presenti nel Comun General de Fascia 4.823 se- conde case di proprietà di non residenti e 7.768 seconde case totali. Nel 2008 nel comprensorio turi- stico della val Gardena e nel comprensorio della val Badia erano presenti rispettivamente 1.505 e 1.053 seconde case totali.
  • 30. 30 Tabella 1 Confronti con i comprensori turistici della val Gardena e della val Badia Comun General de Fascia Val Gardena Val Badia Popolazione 9.860 15.666 6.006 Seconde case* 7.768 1.505 1.053 Incidenza % seconde case 78,78 9,61 17,53 * I dati per il Comun General si riferiscono al 2010, quelli per i territori della Provincia Autonoma di Bolzano al 2008 “La val Gardena e la val Badia, con più o meno la nostra stessa popolazione, hanno meno di venti mila posti letto e prezzi molto più alti dei nostri. Dovremmo imparare da loro: dimezzare i posti let- to e raddoppiare i costi. Ciò consentirebbe anche di qualificare l’offerta. Noi abbiamo sballato la proporzione tra posti letto alberghieri ed extralberghieri. Una stazione turistica sta in piedi quando le seconde case non superano il trenta per cento della ricettività. A Campitello abbiamo il sessanta per cento di seconde case. E’ il settore alberghiero che produce reddito costante, la seconda casa una volta costruita non produce più niente. Il calo dei posti letti dovrebbe essere fatto sull’extra al- berghiero, ma tale obiettivo è difficilmente praticabile”. Renzo Valentini Sindaco di Campitello e Assessore CgF “Ci vorrebbe una politica urbanistica in grado di promuovere ristrutturazioni fondate sulla qualità e non sulla quantità, fornendo standard minimi di qualità. Ce lo dimostrano i nostri cugini Garde- nesi e Badiotti, loro, anche in questo periodo di crisi, vanno meglio di noi perché hanno impostato il tutto su una politica di qualità e non di quantità. Comunque, credo che i posti letto in Valle di Fassa non siano tanti in termini assoluti, perlomeno quelli alberghieri. Abbiamo risorse ambientali uniche al mondo, i mercati da esplorare sono ancora molti, credo che lavorando bene si possano attivare nuovi flussi turistici. I mercati inesplorati non sono solo geografici, ma anche motivaziona- li. Tutti quando andiamo in vacanza cerchiamo emozioni nuove. Quindi anche noi dobbiamo impa- rare a valorizzare e vendere le emozioni che si possono vivere in val di Fassa. E’ anche vero che è difficile dare emozioni a sessanta mila persone in una settimana. Certamente dobbiamo investire in una diversificazione della nostra offerta, avendo però presente che la sommatoria di tante nicchie turistiche, non farà mai i numeri cui ci siamo abituati con lo sci. E’ un peccato che a livello alber- ghiero non si sia lavorato in un certo modo, pensando a strutture di maggiore qualità, con spazi più ampi e meno posti letto. Si è invece fatta la corsa a creare posti letto, sposando la causa della quantità anziché quella della qualità. Non possiamo più permetterci dei quattro stelle con le came- rette piccole”. Gianni Rasom Consigliere CgF e responsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski
  • 31. 31 5. La ricettività alberghiera: tra elementi di crisi ed esigenze di rinnovata competitività L’offerta alberghiera in val di Fassa è ormai da alcuni anni caratterizzata da una certa stabilità. Dai dati forniti dall’Apt risulta che nel 2000 i posti letto offerti negli alberghi di Fassa erano 16.658 e sono scesi nel 2009 a 16.464 per risalire a 16.772 nel 2011. Tale stabilità di offerta nel numero dei posti letto si è comunque accompagnata a investimenti finalizzati a ristrutturazioni, migliorie o ade- guamenti alle normative in necessaria risposta alla qualità attesa dall’ospite in un panorama di offer- ta di vacanza estremamente concorrenziale su scala mondiale. I forti investimenti nel costante processo di qualificazione delle strutture alberghiere hanno indotto una diffusa condizione d’indebitamento delle aziende che oggi sono alla ricerca di una redditività degli investimenti, perseguendo (o subendo) anche i modelli d’offerta low cost. La piccola dimen- sione di gran parte delle imprese alberghiere, gli alti investimenti che si sono resi necessari per of- frire servizi di maggiore qualità e i minori margini di redditività, inducono uno stato di crisi del set- tore cui si cerca di far fronte con proposte di creazione di reti d’impresa e di maggiore specializ- zazione degli esercizi su flussi turistici diversificati. Diverse sono anche le situazioni di crisi azien- dale conclamate per le quali ci si attende interventi istituzionali analoghi a quelli adottati, a livello provinciale, per le industrie manifatturiere in crisi al fine di prevenire acquisizioni da parte di soggetti economici esterni alla valle. “ Il settore alberghiero è debole perché la concorrenza al suo interno è enorme, le gestioni sono molto familiari con un grosso problema di ricambio generazionale. Siamo ancora alla proposta al- berghiera degli anni 80-90. Solo alcuni riescono a fare una proposta di qualità alta e a essere competitivi. Gli alberghi a conduzione familiare fanno oggi molta fatica a stare sul mercato, fanno tutto loro, molti non possono permettersi il personale. Questo porta tante volte a dismettere gli al- berghi, allora che si fa? Si vende, ma a chi? Anche questo è un grande problema, c’è un rischio di acquisizioni esterne. Bisogna creare qualcosa che tenga le risorse e l’imprenditorialità in valle. Ci vorrebbe una holding locale che riuscisse a gestire questo flusso di alberghi dismessi che purtrop- po sta sempre più crescendo”. Cesare Bernard Presidente Consei General “I figli d’albergatori non vogliono portare avanti l’azienda di famiglia. Gli alberghi si trasformano in residence e questo per noi è un grosso pericolo. Oppure, quando non hanno più una continuità di gestione, restano chiusi. Ci sono stati degli investitori russi che hanno comprato alberghi, hanno
  • 32. 32 presentato in comune un progetto d’ampliamento di venti mila metri cubi. Il comune chiaramente si è spaventato e ora anche i russi tentano di rivendere”. Fiorenzo Peratoner SIC “Ormai ci sono alberghi di una certa caratura, con il centro benessere, il wellness. Secondo me questo non è stato un grande business perché i costi di queste strutture sono oggi insostenibili. Sa- rebbe stato meglio creare un unico centro wellness a servizio di tutto il paese dove ogni albergo si poteva convenzionare. Eppure, per stare sulla breccia, l’albergatore ha dovuto fare questi investi- menti, magari andando poi in bassa stagione a praticare dei prezzi scandalosi. Una pensione com- pleta a trenta euro in un albergo tre stelle superiore non è possibile, questo sistema non da qualità al nostro turismo. Quando dico queste cose ai miei amici albergatori, mi dicono: hai ragione, però quando arriva la rata del mutuo e c’è da pagare il cuoco o il cameriere, come faccio. Purtroppo stiamo anche vedendo parecchi alberghi che stanno chiudendo, in passato alcuni alberghi sono sta- ti trasformati in appartamenti. In un periodo di crisi come questo è anche difficile trovare chi ti compra l’albergo, quindi si tira avanti”. Tullio della Giacoma Sindaco di Pozza di Fassa e Asses- sore CgF “Non dobbiamo nasconderci che in questo momento tante aziende sono in difficoltà. E’ stato inve- stito, però nella direzione sbagliata. Tantissime aziende hanno investito, hanno capito anche che hanno sbagliato, ma non sono nelle condizioni di fare una riconversione: hanno debiti, il mercato va male, c’è la stretta creditizia. E’ difficile dire all’albergatore punta sulla qualità, se ha i mutui in scadenza e non lavora, non ti sta neanche ad ascoltare”. Gianni Rasom Consigliere CgF e re- sponsabile informatica Consorzio Dolomiti Super Ski “Sono pronto a scommettere che tra qualche anno avremo diverse aziende alberghiere che chiude- ranno. Avremo questi grossi casermoni che non sapremo come utilizzare, anche perché oggi c’è il vincolo di destinazione. Dovremo cominciare a ragionare su come riutilizzarli”. Celestino Lasagna Presidente Associazione Albergatori della val di Fassa. “Il turismo negli ultimi dieci anni si è trasformato, l’albergatore oggi è tutto un altro mestiere. E’ finita l’epoca in cui uno rimaneva al bar, rispondeva ogni tanto al telefono e riempiva l’albergo ugualmente. Adesso la concorrenza è spietata, il mondo è più piccolo. C’è stata selezione, il busi- ness turistico alberghiero in questo momento è caratterizzato da albergatori bravi che guadagnano, ci sono gli albergatori che sopravvivono, poi ci sono quelli che stanno chiudendo perché non rie-
  • 33. 33 scono più a stare sul mercato. Volendo fare delle percentuali; secondo me vive bene un 35%, so- pravvive un 55% ed è in crisi un 10%”. Franco Lorenz Sindaco di Vigo di Fassa e Assessore CgF “C’è un fattore di crisi globale e ha colpito anche noi, il nostro sistema turistico sta vivendo un pe- riodo di declino già evidente da cinque o sei anni. L’apertura dei mercati ha fatto emergere nuove destinazioni ma soprattutto le ha rese accessibili a costi sempre inferiori, con i voli low cost. Noi abbiamo avuto flussi sempre maggiori ma con margini progressivamente inferiori. Le imprese più grosse hanno compensato con l’economia di scala, ma i piccoli sono andati in crisi. Quell’imprenditore alberghiero diffuso che era venuto fuori con le politiche di Malossini, con tutto questo stimolo all’imprenditoria alberghiera sta andando in crisi, non può più reinvestire, non ha quelle dimensioni tali che gli consentono di essere abbastanza forte per offrire dei servizi, avere dei margini sufficienti. C’è stato un equivoco di fondo molto grande, tra l’azienda a gestione familiare, che era quella nata con Malossini, e l’azienda con clima familiare che è quella che noi cerchiamo di mantenere, che è una nostra prerogativa. Nell’azienda familiare hai almeno quattro familiari che lavorano: padre, madre, due figli, uno fa il cuoco, uno fa il cameriere, uno fa la reception e aiuta dove serve. Era il classico modello degli anni 70-80, il modello che ha generato ricchezza, ma che oggi è in crisi o non c’è più. Oggi i figli spesso fanno altro, rimangono i genitori che assumono dipendenti stagionali, l’albergo diventa un’azienda vera e propria dove cerchi di mantenere un clima familiare, ma è un clima che ti costa un sacco di soldi, è complicato da gestire in strutture che per dimensioni sono totalmente sballate. Si cerca di compensare facendo investimenti sulla struttura, offrendo agli ospiti servizi di qualità. Negli ultimi dieci anni sono stati fatti molti investi- menti: chi li ha fatti entro una certa soglia, fino ai due milioni di euro d’indebitamento riesce a te- nersi in piedi; tra i due e i tre milioni di euro si galleggia ancora; ma dai tre milioni in su si è sull’orlo del baratro. Ci sono tanti alberghi che hanno fatto investimenti molto alti, sovradimensio- nati rispetto alla dimensione d’impresa. Chi ha quaranta camere non riesce a rientrare da un inve- stimento da tre milioni. Adesso stiamo cercando di affrontare la situazione, c’è una legge a cui stiamo facendo riferimento, riguarda le reti d’imprese che è questo tentativo di ottimizzare le ge- stioni avendo una dimensione critica sufficiente per proporre un servizio di un certo tipo con sere- nità. Dobbiamo trovare il modo d’intercettare i diversi flussi turistici, specializzando le nostre im- prese su offerte diversificate”. Francesco Cocciardi Albergatore Moena. Da quanto emerge dal racconto dei testimoni privilegiati, il settore alberghiero locale soffre di alcu- ne problematiche che incidono negativamente sulla tenuta del modello imprenditoriale: • la frammentazione delle unità locali e la mancanza di una coesione interna al settore;
  • 34. 34 • le imprese a prevalente carattere famigliare, con i membri della famiglia che coprono le posi- zioni lavorative più disparate; • le difficoltà di passaggio generazionale con le conseguenti dismissioni delle strutture; • la carenza di figure professionali intermedie, a fronte di una buona disponibilità di figure pro- fessionali per livelli più bassi e di laureati, che peraltro faticano a inserirsi in profili coerenti; • l’elevato turn over del personale, con basso impiego di manodopera locale e un alto impiego di manodopera immigrata. Tali problematiche sono il frutto di uno sviluppo per certi versi impetuoso e spontaneistico che non è stato accompagnato da un processo di adeguata professionalizzazione e crescita imprenditoriale all’interno delle strutture. Formazione, successione imprenditoriale e competenze coinvolte nel processo produttivo appaiono oggi i principali nodi evolutivi. “Io ritengo che la valle sia proiettata in un ambito internazionale ma non sia cresciuta di pari pas- so con quest’ambito. Il boom turistico è stato così veloce che non ha lasciato il tempo alla forma- zione. Ci sono senz’altro persone molto valide, che hanno visione strategia, ma sono cresciute indi- vidualmente, per proprie capacità e sensibilità personali, non c’è stata una crescita complessiva del sistema. Abbiamo subito la modernizzazione più che governarla. Ci siamo ritrovati al centro del mondo turistico senza sapere bene cosa questo comportasse. Adesso le persone sono un po’ più co- scienti ma manca la preparazione. A noi manca la capacità di pensare a nuove idee, di metterci at- torno a un tavolo e guardare al futuro. Abbiamo molte potenzialità, basta guardare alla natura, pe- rò purtroppo non sappiamo gestirla. C’è un grosso bisogno di formazione, di sviluppare maggiori capacità gestionali”. Cesare Bernard Presidente Consei General “Una cosa strana è che in val di Fassa non si è sviluppata una formazione alta in campo turistico. La scuola di Tesero in realtà non è molto frequentata dai fassani, c’è la scuola di Falcade lo sci college, che però è più sul discorso sportivo. Vanno piuttosto a Merano. In val di Fassa ci vorrebbe una cultura turistica diversa, più raffinata. E qui viene fuori il discorso della formazione, che negli anni è molto migliorato, c’è molta più gente che fa studi universitari. C’è però la generazione dei trenta quarantenni, anche figli di persone influenti della valle, che sono poco formati scolastica- mente e culturalmente ed è la generazione che ora comincia prendere le decisioni sullo sviluppo di questa valle. Dobbiamo sperare negli attuali ventenni che hanno fatto un maggiore investimento in formazione”. Annalisa Zorzi Insegnante