La valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro: quali sono i rischi da valutare, il processo da seguire per la loro identificazione, valutazione e le azioni da intraprendere per il trattamento dei rischi. Le diverse classi di rischio: i rischi per la salute, per la sicurezza e i rischi trasversali.
2. In cosa consiste la valutazione dei rischi?
Consiste in un esame sistematico di tutti gli
aspetti dell’attività lavorativa, volto a stabilire:
cosa può provocare lesioni o danni;
se è possibile eliminare i pericoli e, nel caso in
cui ciò non sia possibile;
quali misure di prevenzione o di protezione sono
o devono essere messe in atto per controllare i
rischi.
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Valutazione dei rischi
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3. Strumenti per la valutazione
Se necessari dati di letturatura;
Osservazione diretta (sopralluoghi, ispezioni
etc.);
Analisi degli infortuni e malattie professionali;
Analisi della documentazione (di sicurezza, di
conformità, schede tossicologiche, etc.);
Intervista con i lavoratori
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Valutazione dei rischi
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4. Strumenti per la valutazione
Acquisizione, se necessaria, di ulteriori
informazioni (sulle sostanze, sui preparati,
etc.);
Analisi dei compiti e delle mansioni;
Analisi delle procedure operative;
Recupero dell’esperienza, del vissuto, dei pareri
dei lavoratori;
Se necessari, campionamenti e rilevazioni
ambientali;
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Valutazione dei rischi
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5. Cosa si valuta
Layout dei reparti
Numero di addetti
Denunce manutenzione impianti
Schede di sicurezza sostanze
Controlli sanitari periodici
Procedure di lavoro
Elenco dispositivi di protezione
Esperienze del personale
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Valutazione dei rischi
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6. Come si valutano i rischi?
Fase 1 — Individuare i pericoli e i rischi
Fase 2 — Individuare i soggetti esposti
Fase 3 — Valutare e attribuire un ordine di priorità
ai rischi
Fase 4 — Decidere l’azione
Fase 5 — Intervenire con azioni concrete
Fase 6 — Controllo e riesame
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Valutazione dei rischi
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7. 1 – Individuare i pericoli e i rischi
Fattori sul luogo di lavoro che sono potenzialmente
in grado di arrecare danno:
trasversali
sicurezza
organizzativi
Strutture, Macchine
Energia elettrica,
Sostanze pericolose,
Incendio, Esplosione
Organizzazione del
lavoro
Fattori psicologici
Fattori ergonomici
Condizioni di lavoro
difficili
Infortuni
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salute
Agenti Chimici
Agenti Fisici
Agenti Biologici
Materiali
Radioattivi
Malattie professionali
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8. 2 – Individuare i soggetti esposti
Nella singola mansione/reparto/fase di lavoro è ora
possibile individuare il profilo di rischio di ogni
operatore risulta molto utile raggruppare i lavoratori
esposti in:
Gruppi Omogenei
di Esposizione (GOE)
Fase
reparto
mansione
Pericoli
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Valutazione dei rischi
Persone
esposte
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9. 3 – Valutare/attribuire un ordine di priorità
Stimare = attribuire un valore indicativo
qual è la probabilità che da esso derivi
effettivamente un infortunio o una malattia
professionale;
qual è la gravità del possibile danno se tale
probabilità si realizza.
Rischio = Probabilità x Gravità
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Valutazione dei rischi
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10. 3 – Valutare/attribuire un ordine di priorità
P
Probabilità
Definizione
1
Improbabile
Non sono noti episodi già verificati
Il danno si può verificare solo per una concatenazione di eventi
improbabili e tra loro indipendenti.
Il verificarsi del danno susciterebbe incredulità in azienda
2
Poco
probabile
Sono noti rari episodi già verificati
Il danno può verificarsi solo in circostanze particolari
Il verificarsi del danno susciterebbe sorpresa in azienda
3
Probabile
E’ noto qualche episodio in cui il pericolo ha causato danno
Il pericolo può trasformarsi in danno anche se non in modo
automatico
Il verificarsi del danno susciterebbe scarsa sorpresa in azienda
4
Molto
probabile
Sono noti episodi in cui il pericolo ha causato danno
Il pericolo può trasformarsi in danno con una correlazione diretta
Il verificarsi del danno non susciterebbe sorpresa in azienda
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Valutazione dei rischi
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11. 3 – Valutare/attribuire un ordine di priorità
D
Gravità
Definizione
1
Lieve
Infortunio o inabilità temporanea con effetti rapidamente
reversibili.
Esposizione cronica con effetti rapidamente reversibili.
2
Significativo
Infortunio o inabilità temporanea con disturbi o lesioni
significative reversibili a medio termine.
Esposizione cronica con effetti reversibili.
3
Grave
Infortunio o inabilità temporanea con lesioni significative
irreversibili o invalidità parziale.
Esposizione cronica con effetti irreversibili o parzialmente
invalidanti.
4
Gravissimo
Infortunio con lesioni molto gravi irreversibili e invalidità totale
o conseguenze letali
Esposizione cronica con effetti letali o totalmente invalidanti.
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12. 3 – Valutare/attribuire un ordine di priorità
4
Molto probabile
4
8
12
16
3
Probabile
3
6
9
12
2
Poco probabile
2
4
6
8
1
Improbabile
1
2
3
4
1
Lieve
2
Significativo
3
Grave
4
Gravissimo
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Valutazione dei rischi
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13. 4 – Decidere l’azione
Livello di
rischio
Misure
Rischio
altissimo
Attuare misure immediate di prevenzione e protezione dai rischi
(nell'impossibilità: bloccare temporaneamente il processo
produttivo).
Identificare misure di miglioramento nel breve periodo ai fini della
riduzione del livello di rischio
Rischio
alto
Attuare misure immediate di prevenzione e protezione dai rischi.
Identificare misure di miglioramento ai fini della riduzione del livello
di rischio.
Rischio
medio
Attuare misure immediate di protezione dai rischi.
Prendere in considerazione misure di miglioramento ai fini della
riduzione del livello di rischio.
Rischio
basso
Le misure non sono strettamente necessarie (quelle in corso sono
sufficienti).
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Valutazione dei rischi
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14. Fase 4 — Decidere l’azione
4
Molto
probabile
Prevenzione
9
3
Probabile
2
Poco probabile
Protezione
1
Improbabile
1
Lieve
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2
Significativo
Valutazione dei rischi
3
Grave
4
Gravissimo
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15. 4 — Decidere l’azione
Le ulteriori misure di prevenzione e protezione
evidenziate come necessarie per migliorare i livelli
di salute e sicurezza devono essere adottate
mediante un programma di attuazione, che
considererà:
i livelli di rischio e le priorità di riduzione
emerse
gli elementi tecnici, organizzativi, produttivi
ed economici dell’azienda
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16. 4 — Decidere l’azione
Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla
salute durante il lavoro non devono in nessun
caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
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17. 5 — Intervenire con azioni concrete
Mettere in atto le azioni attraverso un piano di
definizione delle priorità (non tutti i problemi possono
essere risolti immediatamente) e specificare:
le persone responsabili di attuare determinate
misure;
il relativo calendario di intervento;
le scadenze entro cui portare a termine le azioni
previste;
i mezzi assegnati per attuare tali misure.
Il programma di attuazione, considererà:
i livelli di rischio e le priorità di riduzione emerse
gli elementi tecnici, organizzativi, produttivi ed
economici dell’azienda
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18. 6 — Controllo e riesame
La Valutazione dei Rischi deve essere revisionata a
intervalli regolari per garantire che essa sia
aggiornata.
modifiche del processo produttivo
modifiche della organizzazione del lavoro;
in relazione al grado di evoluzione della
tecnica, della prevenzione o della protezione;
infortuni significativi;
risultati della sorveglianza sanitaria.
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19. Contenuti minimi del DVR
a) Una relazione sulla valutazione di tutti i rischi
per la sicurezza e la salute durante l'attività
lavorativa, nella quale siano specificati i criteri
adottati per la valutazione stessa;
b) L'indicazione delle misure di prevenzione e di
protezione attuate e dei dispositivi di
protezione individuali adottati;
c) Il programma delle misure ritenute opportune
per garantire il miglioramento nel tempo dei
livelli di sicurezza
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Valutazione dei rischi
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20. Contenuti minimi del DVR
d) L'individuazione delle procedure per
l'attuazione delle misure da realizzare, nonché
dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi
debbono provvedere, a cui devono essere
assegnati unicamente soggetti in possesso di
adeguate competenze e poteri;
e) L'indicazione del nominativo del responsabile
del SPP, del rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza o di quello territoriale e del medico
competente che ha partecipato alla
valutazione del rischio;
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21. Contenuti minimi del DVR
f)
L'individuazione delle mansioni che
eventualmente espongono i lavoratori a rischi
specifici.
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Valutazione dei rischi
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22. Quali rischi valutare?
Luoghi di lavoro – Titolo II
Attrezzature di lavoro – Titolo III
Movimentazione manuale dei carichi – Titolo VI
Videoterminali – Titolo VII
Agenti fisici (rumore, vibrazioni, CEM, ROA) Titolo VIII
Sostanze pericolose – Titolo IX
Agenti Biologici – Titolo X
Atmosfere esplosive – Titolo XI
Incendio – DM 10 Marzo 1998
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Valutazione dei rischi
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23. Il documento di valutazione dei rischi
Il datore di lavoro predispone un documento
contenente informazioni di dati e di criteri di
valutazione, oltre che di misure da adottare.
Sintesi dei contenuti del documento di valutazione
Rischio rumore
Rischio vibrazioni
Rischio incendio e piano di emergenza
Rischio esplosione
Rischio chimico
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24. I documenti di valutazione dei rischi
Rischio cancerogeno
Rischio MMC
Rischio microclimatico
Rischio radon
Rischio biologico
Rischio stress lavoro-correlato
Lavoratrici in stato di gravidanza
Rischio amianto
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Valutazione dei rischi
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25. Tabella dei rischi
Rischi per la sicurezza
(di natura infortunistica)
Rischi per la salute
(di natura igienico ambientali)
Rischi trasversali
(di natura organizzativa)
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Valutazione dei rischi
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26. Rischi per la sicurezza
Strutturali
Da macchine
Impianti elettrici
Sostanze pericolose
Incendio e/o esplosione
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Valutazione dei rischi
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27. Rischi per la sicurezza
Strutturali
Altezza, superficie, volume
Pavimenti e pareti
Solai e soppalchi
Porte e uscite
Locali sotterranei
Illuminazione
Da macchine
Organi di avviamento,
trasmissione, comando
Apparecchi di sollev.,
montacarichi e ascensori
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Apparecchi a pressione
Accesso a vasche, serbatoi,
piscine e simili
Valutazione dei rischi
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28. Rischi per la sicurezza
Impianti elettrici
Idoneità di progetto
Idoneità d’uso
Impianti di sicurezza
Da sostanze pericolose
Sostanze
Sostanze
Sostanze
Sostanze
infiammabili
corrosive
comburenti
esplosive
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Valutazione dei rischi
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29. Rischi per la sicurezza
Incendio
Presenza di materiale infiammabile
Carenza di sistemi antincendio
Carenza di segnaletica di sicurezza
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Valutazione dei rischi
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30. Rischi per la salute
Agenti chimici
λ
Agenti fisici
A
Agenti biologici
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Valutazione dei rischi
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31. Rischi per la salute
Agenti chimici
Polveri
Fumi
Nebbie
Gas
Vapori
CONTATTO PER:
ingestione
contatto cutaneo
inalazione
RISCHI:
intossicazioni
ustioni
cancerogenesi
alterazioni genetiche
ETICHETTATURA
Consigli di prudenza
Modalità di conservazione
Gestione delle
emergenze
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Valutazione dei rischi
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32. Rischi per la salute
λ
Agenti fisici
Rumore( 1
Vibrazioni( 2
Microclima( 3
Illuminazione( 4
Rad. non( 5
ionizzanti
P
[dB] Lp=20 log mis
prif
LEP,d< 80 dB(A)
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A
150
140
130
120
110
100
90
80
Valori in
70
Decibel 60
50
40
30
20
Soglia
Soglia
10
dell’udito
dell’udito
0
Soglia
Soglia
del dolore
del dolore
Valutazione dei rischi
FATTORI DI RISCHIO
Intensità del rumore
Durata di esposizione
EFFETTI
Mal di testa
Affaticamento,
difficoltà alla
concentrazione
Alterazioni transitorie
e reversibili
Lesioni traumatiche
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33. Rischi per la salute
λ
Agenti fisici
Rumore( 1
Vibrazioni( 2
Microclima( 3
Illuminazione( 4
Rad.non( 5
ionizzanti
A
FATTORI DI RISCHIO
Zona di contatto (mani,
piedi, glutei..)
Frequenza della vibrazione
Tempo di esposizione
EFFETTI
Danni all’apparato muscolo
scheletrico
Affaticamento psicofisico
Problemi circolatori
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Valutazione dei rischi
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34. Rischi per la salute
Agenti fisici
Rumore( 1
Vibrazioni( 2
Microclima( 3
Illuminazione( 4
Rad.non ionizzanti( 5
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FATT. AMBIENTALI
Temperatura
Umidità
Velocità dell’aria
Ricambi d’aria
FATT. PERSONALI
Dispendio energetico
(tipo di attività)
Abbigliamento
Affaticamento, stress
Allergie, irritazioni vie
respiratorie
Difficoltà concentrazione
Disturbi apparato circolatorio
Valutazione dei rischi
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35. Rischi per la salute
Agenti fisici
Rumore( 1
Vibrazioni( 2
Microclima( 3
Illuminazione( 4
TIPO DI
ATTIVITA’
Rad. non ionizzanti( 5
Intensità (lux)
Ubicazione (riflessi,
abbagliamenti)
Temperatura colore
Astenopia
Diminuzione vista
Affaticamento, stress
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Valutazione dei rischi
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36. Rischi per la salute
Agenti fisici
Rumore( 1
Vibrazioni( 2
Microclima( 3
Illuminazione( 4
Radiazioni( 5
non ionizzanti
Campo a bassa frequenza 0-100 kHz
Lampada ad
incandescenza
TV schermo PC
Attrezzi elettrici
Linea aerea 380 kV
effetti cancerogeni
mal di testa
disturbi del sonno
Campo alta frequenza 100kHz 300GHz
Trasmettitori
radiofonici
Radiotelefonia
Microonde
aritmie cardiache
aumento pressione
innalzamento
temperatura
VALORE MAX ESPOSIZIONE: 6 kV/m
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Valutazione dei rischi
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37. Rischi trasversali
Organizzazione del lavoro
Fattori psicologici
Fattori ergonomici
Condizioni di lavoro
difficili
Rev. 3 – Mar. 2013
Valutazione dei rischi
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38. Rischi trasversali
Organizzazione del lavoro
Processi di lavoro usuranti
Movimentazione manuale carichi
Lavoro al videoterminale
Fattori psicologici
, Intensità, monotonia, solitudine
complessità delle mansioni
situazioni di conflittualità,
mobbing
Rev. 3 – Mar. 2013
Valutazione dei rischi
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39. Rischi trasversali
Fattori ergonomici
Norme di
comportamento
Tipo di attrezzature
Comunicazione
Condizioni di lavoro difficili
Condizioni climatiche
esasperate
Lavoro in acqua
Carenza di motivazione
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Lavoro con animali
Lavori in atmosfere e
pressioni differenti dal
normale
Valutazione dei rischi
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40. Quali rischi valutare?
Art.28: “…ivi compresi … quelli collegati allo
stress lavoro-correlato … e quelli riguardanti le
lavoratrici in stato di gravidanza … nonché
quelli connessi alle differenze di genere, all’età,
alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi
alla specifica tipologia contrattuale”
Art.17: “… la valutazione di TUTTI i rischi …”
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Valutazione dei rischi
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Hinweis der Redaktion
A) RISCHI PER LA SICUREZZA
I Rischi per la Sicurezza, o Rischi di natura infortunistica, sono quelli responsabili del potenziale verificarsi di incidenti o infortuni, ovvero di danni o menomazioni fisiche (più o meno gravi) subite dalle persone addette alle varie attività lavorative, in conseguenza di un impatto fisico-traumatico di diversa natura (meccanica, elettrica, chimica, termica, etc.).
B) RISCHI PER LA SALUTE
I Rischi per la salute, o Rischi igienico-ambientali, sono quelli responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio biologico del personale addetto ad operazioni o a lavorazioni che comportano l’emissione nell’ambiente di fattori ambientali di rischio, di natura chimica, fisica e biologica, con seguente esposizione del personale addetto.
Tali rischi si possono suddividere in rischi derivanti da:
B1 Agenti chimici: rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a ingestione, contatto cutaneo, inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di polveri, fumi, nebbie, gas, vapori.
B2 Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:
B2-1 rumore - presenza di apparecchiatura rumorosa durante il ciclo operativo e di funzionamento con propagazione dell’energia sonora nell’ambiente di lavoro.
B2-2 vibrazioni - presenza di apparecchiatura e strumenti vibranti con propagazione delle vibrazioni a trasmissione diretta o indiretta
B2-3 radiazioni non ionizzanti - presenza di apparecchiature che impiegano radiofrequenze, microonde, radiazioni infrarosse, etc.
B2-4 microclima - carenze nella climatizzazione dell’ambiente per quanto attiene alla temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante, condizionamento
B2-5 illuminazione - carenze nei livelli di illuminamento ambientale e dei posti di lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione fine, finissima, etc.).
B2-6 radiazioni ionizzanti - per tali radiazioni si rimanda alle disposizioni del DPR n° 185/64.
B3: Agenti biologici: rischi connessi con l’esposizione (ingestione, contatto cutaneo, inalazione) a organismi e microrganismi patogeni o non, colture cellulari, endoparassiti umani, presenti nell’ambiente a seguito di emissione e/o trattamento:.
-involontaria (impianto condizionamento, emissioni di polveri organiche, etc.);
-incontrollata (impianti di depurazione delle acque, manipolazione di materiali infetti in ambiente ospedaliero, impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti ospedalieri, etc.);
-volontaria, a seguito di impiego per ricerca sperimentale in ‘vitro’ o in ‘vivo’ o in sede di vera e propria attività produttiva (biotecnologie).
C) RISCHI TRASVERSALI
Tali rischi, come evidenziato nella Guida della CEE per la sicurezza e la salute nelle PMI, sono individuabili all’ interno della complessa articolazione che caratterizza il " rapporto" tra l’ operatore e "l’organizzazione del lavoro" in cui è inserito. Il rapporto in parola è peraltro immerso in un "quadro" di compatibilità ed interazioni che è di tipo oltre che ergonomico anche psicologico ed organizzativo.
La coerenza di tale "quadro", pertanto può essere analizzata anche all’ interno di possibili trasversalità tra rischi per la sicurezza e rischi per la salute.
Tali rischi sono essenzialmente dovuti a:
C1 Organizzazione del lavoro: processi di lavoro usuranti: p.es. lavori in continuo, sistemi di turni,lavoro notturno; pianificazione dgli aspetti attinenti alla sicurezza e la salute: programmi di controllo e monitoraggio; manutenzione degli impianti, comprese le attrezzature di sicurezza; procedure adeguate per far fronte agli incidenti e a situazioni di emergenza; movimentazione manuale dei carichi; lavoro ai VDT.
C2 Fattori psicologici: intensità, monotonia, solitudine, ripetitività del lavoro; carenze di contributo al processo decisionale e situazioni di conflittualità; complessità delle mansioni e carenza di controllo; reattività anomala a condizioni di emergenza.
C3 Fattori ergonomici: sistemi di sicurezza e affidabilità delle informazioni; conoscenze e capacità del personale; norme di comportamento; soddisfacente comunicazione e istruzioni corrette in condizioni variabili; conseguenze di variazioni ragionevolmente prevedibili dalle procedure di lavoro in condizioni di sicurezza; ergonomia delle attrezzature di protezione personale e del posto di lavoro;
carenza di motivazione alle esigenze di sicurezza.
C4 Condizioni di lavoro difficile: lavoro con animali; lavoro in atmosfere a pressione superiore o inferiore al normale; condizioni climatiche esasperate; lavoro in acqua: in superficie (es. piattaforme) e in immersione.
A loro volta le tre macrocategorie possono essere divise in sottocategorie. Nel caso dei rischi per la sicurezza possono essere ulteriormente essere suddivisi in :
Rischi strutturali correlati all’ambiente di lavoro
Rischi derivanti dall’utilizzo di macchine ed attrezzature
Rischi derivanti dalla presenza di impianti, con particolare riguardo a quelli elettrici
Rischi correlati alla presenza e all’utilizzo di sostanze pericolose
Rischi di incendio correlati alla presenza di materiale combustibile/infiammabile e alla carenza di presidi antincendio
Strutturali
La legislazione vigente detta delle regole per le caratteristiche costruttive dei luoghi di lavoro:
Altezza, superficie e volume: i locali adibiti a lavorazioni industriali devono avere altezza netta non inferiore a m. 3, cubatura non inferiore a mc. 10 per lavoratore e ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq. 2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi. . Per i locali destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.
Pavimenti,soffitti, pareti e finestre: I locali adibiti a luoghi di lavoro devono essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori; avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria; essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità; i pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili e antisdrucciolevoli. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita e impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti né rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangono feriti qualora esse vadano in frantumi. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro, nonché per i lavoratori presenti nell'edificio e intorno ad esso.
Solai e soppalchi: I locali destinati a deposito devono avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo del solaio espresso in chilogrammi per metro quadrato di superficie. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio.
Porte ed uscite: Le porte e le uscite devono essere progettate in funzione delle persone presenti nel luogo di lavoro al fine di garantire in caso di esodo l’uscita ordinata di tutte le persone presenti.
Locali sotterranei: E' vietato adibire al lavoro locali chiusi sotterranei e semisotterranei. In deroga alle disposizioni del precedente comma, possono essere destinati al lavoro locali sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi si deve provvedere con mezzi idonei alla aerazione, alla illuminazione ed alla protezione contro l'umidità
Illuminazione: I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.Le superfici vetrate illuminanti e i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.
Da macchine
Riguardo ai macchinari la legislazione vigente detta norme precise per i dispositivi che devono essere presenti sulle macchine utensili. Il D.P.R. 547/55 prescrive per ogni macchina utensile le misure di protezione che devono essere utilizzate. Recentemente con il recepimento da parte dell’Italia della DIRETTIVA MACCHINE con il D.P.R. 459/96, tutte le macchine poste i commercio dopo il 21 settembre 1996 devono apporre il marchio CE. La presenza di tale marchio sul macchinario è garanzia del rispetto delle prescrizioni di sicurezza non solo contenute nel D.P.R. 547/55 ma anche nella normativa tecnica specifica di emanazione recente.
Riguardo ai macchinari la legislazione vigente detta norme precise per i dispositivi che devono essere presenti sulle macchine utensili. Il D.P.R. 547/55 prescrive per ogni macchina utensile le misure di protezione che devono essere utilizzate. Recentemente con il recepimento da parte dell’Italia della DIRETTIVA MACCHINE con il D.P.R. 459/96, tutte le macchine poste i commercio dopo il 21 settembre 1996 devono apporre il marchio CE. La presenza di tale marchio sul macchinario è garanzia del rispetto delle prescrizioni di sicurezza non solo contenute nel D.P.R. 547/55 ma anche nella normativa tecnica specifica di emanazione recente.
Impianti elettrici
Le prescrizioni di sicurezza relativi agli impianti elettrici sono contenute, trattandosi di rischi per la sicurezza, nel D.P.R. 547/55. Inoltre la L.186/68 prescrive che tutti gli impianti elettrici devono essere progettati ed installati conformemente alle prescrizioni del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI). Come è accaduto per i macchinari con la Direttiva Macchine, così per gli impianti elettrici la sicurezza intrinseca è assicurata ex ante con il certificato di idoneità rilasciato dal progettatore -installatore che assicura che l’impianto risponde alle prescrizioni di sicurezza della CEI.
Sostanze pericolose
Il controllo della pericolosità delle sostanze e dei preparati utilizzati avviene preventivamente al momento dell’acquisto. Infatti, il fornitore è obbligato a consegnare al momento della prima fornitura, o comunque qualora avvengano cambiamenti nella composizione del preparato o adeguamenti normativi, la scheda di sicurezza in 16 punti contenente tutte le prescrizioni di sicurezza per gli utilizzatori e l’ambiente.
Incendio esplosione
Il rischio di incendio è direttamente correlabile alla presenza di materiale combustibile / infiammabile, alla carenza di sistemi antincendio e di segnaletica di sicurezza. Inoltre, in caso di accadimento di un evento di emergenza è strettamente necessario che le uscite di emergenza risultino idonee al numero di persone presenti nell’ambiente e che le vie di uscita siano percorribili e sgombre di materiale che possa impedirne l’utilizzo.
Finora abbiamo discusso di fattori che possono portare all’infortunio: ossia ad un accadimento immediato del danno. Ora cominceremo a parlare di quei fattori i quali il contatto nel tempo provoca la malattia professionale. Nel caso di rischio chimico derivante dall’esposizione o utilizzo di sostanze pulenti valgono le misure di prevenzione e protezione menzionate per le sostanze nei rischi infortunistici.
È importante far notare che mentre nel caso di rischio infortunistico si parla di intossicazione acuta; in questo caso il tipo di intossicazione è cronico.
Numerosi prodotti chimici (sostanze, preparazioni, rifiuti) presentano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Il rischio deriva dal contatto dei prodotti pericolosi con l'organismo umano, in particolare per le condizioni di uso di questi prodotti.
Rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche tossiche o nocive in relazione a:
ingestione
contatto cutaneo
inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di
Polveri
Fumi
Nebbie
Gas
Vapori
Nell'intossicazione acuta, gli effetti sono immediati a seguito di una esposizione di breve durata con assorbimento rapido del tossico.
Nell'intossicazione cronica, gli effetti sono tardivi (da qualche giorno a diverse decine di anni) e sono conseguenti alla esposizione a dosi minime ma frequenti per lunghi periodi. Tali effetti dipendono dalla natura dei prodotti in causa, dalle operazioni eseguite (durata dell'operazione, frequenza, .....) e dalla sensibilità dell'organismo.
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Ogni recipiente contenente un prodotto pericoloso deve essere etichettato da chi l'ha riempito.
Il fornitore deve predisporre una scheda con i dati sulla sicurezza e deve trasmetterla all'utilizzatore.
Una priorità assoluta è rappresentata dal censimento dei prodotti pericolosi per limitarne l'impiego e cercare prodotti sostitutivi meno pericolosi, soprattutto per quelli cancerogeni.
Far conoscere la composizione dei prodotti o delle preparazioni pericolose (etichettatura chiara, informazione verbale o scritta, se necessario).
Informare sistematicamente in anticipo ogni lavoratore sui rischi che presentano per la sua salute o la sua sicurezza, prima di utilizzarli e sulle modalità operative oltre che sulle condizioni e le precauzioni per l'uso.
Limitare il numero dei lavoratori esposti all'azione dei prodotti pericolosi, controllare e rispettare i livelli di esposizione regolamentari, tener conto dei valori raccomandati (i valori limite di esposizione e i valori medi sono stati definiti per un grande numero di sostanze).
Sviluppare i mezzi di protezione collettiva (captazione alla fonte, aerazione, purificazione dei locali, mezzi di rilevamento...) o quando ciò non sia possibile, utilizzare gli equipaggiamenti di protezione individuale.
Predisporre una nota informativa con le avvertenze per ogni posto di lavoro che espone i lavoratori a prodotti pericolosi, per informarli sui rischi e le precauzioni da prendere.
COME SI MISURA IL RUMORE
Il rumore è causato da un'onda che si propaga in un mezzo provocandone una serie di compressioni e rarefazioni che vengono percepite dal nostro apparato uditivo. Esistono strumenti che misurano tali variazioni di pressione. L'unità di misura scelta è il Pascal. Una persona di udito medio può percepire un arco molto esteso di pressione, da 20 micro-Pascal a 100 Pascal (che corrisponde alla soglia del dolore). Allora per comodità, e perchè la sensazione sonora è proporzionale al logaritmo della pressione, si è introdotta la scala dei decibel (dB) esprimendola come il logaritmo del rapporto tra la pressione sonora misurata elevata al quadrato (grandezza proporzionale all'energia acustica) e una pressione di riferimento al quadrato. Il dB quindi è un numero "comodo" per rappresentare la pressione sonora.
La scala logaritmica così scelta fa si che raddoppiando l'energia sonora emessa da una sorgente si ha un aumento del livello sonoro di 3 dB. E questo spiega perchè nella normativa spesso ricorra il valore 3 dB.
Per valutare il rumore rispetto ai suoi effetti sull'uomo occorre stabilire una corrispondenza fra dati oggettivi (livello di pressione sonora e analisi in frequenza) e sensazione sonora. L'orecchio umano ha una diversa sensibilità alle varie frequenze. Per tener conto di ciò si introducono correzioni al livello sonoro utilizzando "curve di ponderazione" che mettono in relazione le varie frequenze con i livelli sonori. Sono curve stabilite a livello internazionale e sono contraddistinte con le lettere A, B, C e D. Nella maggior parte dei casi si usa la curva A e i livelli di pressione sonora ponderati con questa curva vengono indicati con dB(A).
Un altro aspetto importante nel valutare un rumore è la sua variazione nel tempo. Quasi sempre il livello sonoro non è costante, ma varia tra un valore massimo e un valore minimo. All'andamento variabile nel tempo si sostituisce un livello equivalente, cioè un livello costante che ha una quantità di energia sonora equivalente a quella del rumore variabile che si sta analizzando. Tale livello equivalente è indicato con il simbolo Lep. Ovvero si definisce (Lep,d) il livello costante cui dovrebbe essere esposto un soggetto per le otto ore di lavoro standard affinché subisca un’esposizione che abbia lo stesso contenuto di energia sonora di quella variabile cui è stato effettivamente esposto.
EFFETTI DEL RUMORE
Un soggetto esposto per un certo periodo in ambienti di lavoro a rumori elevati, subisce un innalzamento temporaneo della soglia uditiva, spesso accompagnato da ronzii, mal di testa e senso di intontimento psichico. Se tale esposizione si protrae nel tempo, può subentrare una lesione interna con perdita parziale o totale dell’udito (ipoacusia).
In caso di rumore di intensità superiore a 130-140 dB, si può verificare la rottura della membrana del timpano con conseguente otorragia (perdita di sangue dall’orecchio).
VALORI LIMITE NEI LUOGHI DI LAVORO
Il D.Lgs. 277/91 fissa 3 valori limite di esposizione al rumore (80, 85 e 90 dBA) il cui superamento comporta l’adempimento di relativi obblighi per il datore di lavoro e per i lavoratori:
< 80 dBA - Controllo dell’esposizione "ad opportuni intervalli" (non oltre i 3 anni), e comunque ogni qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni o nei macchinari. La relazione sulla valutazione del rumore deve rimanere a disposizione dei lavoratori.
80-85 dBA – Informazione ai lavoratori su: rischi derivanti all’udito dall’esposizione al rumore, misure adottate per ridurre il rumore, risultati della valutazione. Controllo sanitario a richiesta del lavoratore
85-90 dBA – Informazione ai lavoratori su: rischi derivanti all’udito dall’esposizione al rumore, misure adottate per ridurre il rumore, risultati della valutazione. Controllo sanitario obbligatorio con frequenza biennale, dotazione di mezzi di protezione individuali per l’udito (tappi, cuffie), l’uso è facoltativo
> 90 dBA - Informazione ai lavoratori su: rischi derivanti all’udito dall’esposizione al rumore, misure adottate per ridurre il rumore, risultati della valutazione. Controllo sanitario obbligatorio con frequenza annuale, uso dei mezzi di protezione individuali messi in dotazione, l’uso è obbligatorio
Il datore di lavoro è comunque obbligato a ridurre al minimo il rumore prodotto anche al di sotto di 80 dBA (art. 41 comma 1 D.Lgs. 277/91).
A tal fine si possono adottare diverse soluzioni :
• ridurre il rumore alla fonte (con interventi tecnici per limitare il rumore all’interno del macchinario, o acquistando una macchina meno rumorosa)
• ridurre la trasmissione del rumore (incapsulando il macchinario)
• ridurre al massimo il numero degli esposti
• alternare le persone esposte in modo da limitare le operazioni rumorose.
VIBRAZIONE: una perturbazione esterna al materiale determina un moto oscillatorio, rispetto alla situazione di equilibrio, producendo le vibrazioni meccaniche.
Le vibrazioni possono essere differenziate, sotto il profilo fisico, in funzione della frequenza, della lunghezza d’onda, dell’ampiezza, della velocità e dell’accelerazione.
In relazione alle lavorazioni, è possibile distinguere due criteri di rischio: il primo interessa le vibrazioni con bassa frequenza (si riscontrano ad esempio nei conducenti di veicoli), il secondo interessa quelle con alta frequenza (con riscontro nelle lavorazioni che utilizzano attrezzi manuali a percussione).
EFFETTI: La nocività delle vibrazioni dipende dalle caratteristiche e dalle condizioni in cui vengono trasmesse: estensione della zona di contatto con l’oggetto che vibra (mani, piedi, glutei,....), frequenza della vibrazione, direzione di propagazione, tempo di esposizione.
Gli effetti nocivi interessano nella maggior parte dei casi, sulla base di dati statistici, le ossa e le articolazioni della mano, del polso e del gomito; sono anche facilmente riscontrabili affaticamento psicofisico e problemi di circolazione.
PREVENZIONE: La prevenzione deve essere fondata su provvedimenti di tipo tecnico, organizzativo e medico, distinta a seconda se si è in presenza di basse o alte frequenze di vibrazione.
Le misure di ordine tecnico devono tendere a diminuire la formazione di vibrazioni da parte di macchine e attrezzi (primariamente in sede di progettazione, con controlli periodici sul macchinario), e successivamente a limitarne la propagazione diretta e indiretta sull’individuo (utilizzando adeguati dispositivi di protezione individuali).
Il lavoro da strumenti vibranti è da considerarsi tra quelli comportanti un maggior affaticamento psicofisico: da un punto di vista organizzativo, è opportuno introdurre turni di lavoro, avvicendamenti, ecc.
Le misure di ordine medico, data la gravosità del lavoro e la possibilità che esso determini alterazioni vascolari, osteoarticolari e neuromuscolari, riguardano soprattutto le visite di assunzione, in quanto è indispensabile una selezione professionale.
MICROCLIMA
Si possono definire condizioni di "benessere termico" quelle in cui l'organismo riesce a mantenere l’equilibrio termico senza l’intervento di alcuni meccanismi di difesa del sistema di termoregolazione. In altre parole il benessere termico rappresenta uno stato fisiologico caratterizzato dall’assenza di sensazioni di caldo o di freddo o di correnti d’aria.
Si definisce invece "stress termico" quelle condizioni microclimatiche nelle quali entrano in funzione i meccanismi di termoregolazione per mantenere l'equilibrio termico del corpo.
Il sistema di termoregolazione permette all’uomo di adeguarsi alle variazioni diurne e stagionali del clima. Evidentemente se le variazioni sono graduali, l’organismo umano tollera meglio gli sbalzi di temperatura.
L’acclimatazione è il fenomeno per cui mediante l’aiuto del sistema di termoregolazione l’organismo umano raggiunge uno stato più stabile di resistenza alle condizioni microclimatiche esterne con il minimo di sforzo delle sue funzioni e di consumo di energia.
L'adattamento è invece il fenomeno di acclimatazione a condizioni microclimatiche più onerose e richiede un particolare atteggiamento psichico e comportamentale verso queste situazioni.
L’adattamento può portare all’abitudine ossia ad accettare senza disagio psichico, condizioni inizialmente ritenute sfavorevoli o disagevoli.
Gli studi sugli effetti dell’ambiente termico sull’uomo sono stati diretti essenzialmente a determinare, da una parte, le condizioni che consentono il "benessere", e dall’altra, i limiti massimi di tollerabilità per esposizioni a temperature elevate.
TEMPERATURA
Temperatura superiore a 26 °C
• L’umidità relativa dell’aria deve essere inferiore a 60%.
• Deve essere garantita la circolazione di aria fresca nelle postazioni di lavoro particolarmente calde.
• La durata di esposizione dei lavoratori in ambienti caldi deve essere limitata.
• Deve essere previsto un periodo di progressiva acclimatazione al calore per i lavoratori neoaddetti alle mansioni o di ritorno da periodi feriali, con la limitazione della durata di esposizione al calore al 50% il primo giorno e l’aumento progressivo del 10% al giorno.
• Devono essere previste visite mediche periodiche per i lavoratori esposti alle alte temperature.
• Devono essere previsti periodi di riposo in locali con temperature miti.
Temperatura inferiore a 18 °C
• I lavoratori devono essere dotati di idonei indumenti per la protezione dal freddo.
• Devono essere previsti periodi di riposo in locali con temperature miti.
Temperatura compresa tra 18 °C e 26 °C
• L’umidità relativa deve essere prossima a 50% e comunque tale da evitare la formazione di nebbie e di condense.
• Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere dotate di schermi di protezione e isolamento tali da evitare un soleggiamento eccessivo.
• Le superfici calde/fredde devono essere opportunamente isolate e schermate.
• Le correnti di aria fredda e calda che incidono sulle persone devono essere opportunamente controllate.
• La temperatura dei locali di riposo, servizi igienici, mense e pronto soccorso deve essere compresa tra 20 °C e 23 °C.
• La temperatura nei locali di lavoro deve tenere conto degli sforzi fisici richiesti ai lavoratori (sollevamento e trasporto pesi, percorrenza di scale).
AERAZIONE
La composizione dell'aria negli ambienti di lavoro deve essere compatibile con il fabbisogno respiratorio dei soggetti che vi soggiornano: a tal fine occorre che siano assicurati il ricambio e l’eliminazione dell'aria viziata nonché dell'anidride carbonica prodotte dalla respirazione.
Il ricambio può essere effettuato mediante gli appositi dispositivi di aerazione o di purificazione dell’aria, ovvero in modo naturale mediante l’apertura di finestre, porte o vetrate.
Nei locali con inquinamento "non specifico" (dovuto alla sola presenza umana), il ricambio dell’aria deve soddisfare due esigenze:
- essere adeguato, in termini quantitativi e qualitativi, a preservare lo stato di salute dei lavoratori;
- non comportare sbalzi di temperatura.
Nei locali con inquinamento "specifico" (provocato, cioè, dall’emissione di sostanze pericolose usate o prodotte durante la lavorazione), si deve provvedere anche ad eliminare i fattori nocivi, ogni volta che ciò sia tecnicamente possibile:
- mediante sostituzione delle sostanze inquinanti con altri prodotti meno pericolosi;
- captando gli inquinanti alla fonte.
A ciò si provvede mediante gli impianti di ventilazione, che devono assicurare l’allontanamento degli inquinanti residui, nonché la immissione dell’aria di compensazione e supplementare per la eventuale evacuazione a seguito di incidenti.
Nell’impianto di aspirazione, viceversa, dovranno essere opportunamente curati il posizionamento degli aspiratori alla fonte, il loro ingombro, il livello sonoro e la eliminazione di correnti di aria indotte.
L’inquinamento "non specifico" dell’aria può concorrere all’insorgenza di modesti disturbi per la salute (manifestazioni irritative o allergiche a carico dell’apparato otorinolaringoiatrico), mentre l’inquinamento "specifico" può provocare rilevanti conseguenze per la salute (malessere, asma, intossicazione, vere e proprie malattie da agenti tossici inalati.) che possono aggravarsi in relazione alla durata ed alla intensità dell’esposizione.
Si devono fornire attrezzature di protezione individuale idonee ad affrontare le diverse situazioni di rischio, ed assicurare la manutenzione regolare degli impianti e dei dispositivi, per garantirne un costante livello di efficienza.
ILLUMINAZIONE
I luoghi di lavoro devono essere adeguatamente illuminati. A tal fine è opportuno che siano dotati di:
una quantità di luce adeguata per una corretta visibilità nell’ambiente di lavoro e, in particolare, per lo specifico compito visivo da svolgere;
una distribuzione ed una collocazione adeguata delle fonti (naturali e/o artificiali) di illuminazione, atte ad evidenziare eventuali situazioni di pericolo (ostacoli, spigoli vari, ecc.) e ad evitare fenomeni di abbagliamento;
una qualità dell’illuminazione che consenta di distinguere convenientemente i colori.
La carenza di tali requisiti può produrre conseguenze sulla corretta regolazione dell’apparato visivo, con effetti su:
a) per la nitidezza dell’immagine
più l’oggetto da osservare è vicino e di ridotte dimensioni, maggiore è lo sforzo che viene richiesto all’apparato visivo per vedere nitidamente; più l’illuminazione dell’oggetto è debole, più la nitidezza è ridotta ed aumenta lo sforzo di accomodamento;
b) per l’adattamento alla quantità della luce
gli oggetti riflettono in modo diverso la luce a seconda del loro colore (chiaro o scuro) e della loro superficie (opaca o brillante); i cambiamenti rapidi di direzione dello sguardo e/o la presenza nel campo visivo di zone a luminosità molto differenziata, impongono all’occhio una complessa attività di regolazione: per questa ragione occorre evitare tanto la visione diretta delle sorgenti luminose di notevole intensità, quanto i loro riflessi fastidiosi (dovuti a schermi, cristalli, vernici brillanti, ecc.); i contrasti sono tuttavia utili: un oggetto sarà più o meno facilmente visibile a seconda del contrasto dello stesso al fondo
EFFETTI SULLA SALUTE
La necessità di effettuare molteplici regolazioni della vista a causa di sfavorevoli condizioni di illuminazione, in rapporto con le operazioni da compiere, può affaticare sensibilmente l’apparato visivo; detto fenomeno che si manifesta agli inizi con irritazione degli occhi, finisce per determinare veri e propri disturbi.
Inoltre, la postura, eventualmente assunta per compensare insufficienti o inidonee condizioni di illuminazione del posto di lavoro, può provocare disturbi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
Al fine di prevenire i danni alla salute imputabili all’illuminazione, occorre adottare i correttivi che le norme di legge o di buona tecnica prescrivono in relazione alle possibili causali di rischio (tendaggi, corretto posizionamento della postazione di lavoro rispetto alle fonti di illuminazione, adeguamento della intensità,...).
Quanto, infine, alla intensità ed alle caratteristiche della illuminazione, è opportuno che esse vengano adeguate in relazione alle esigenze connesse al tipo di lavorazione/attività espletata.
Contro l’incidenza diretta o riflessa del flusso luminoso, possono essere adottate schermature, tendaggi, veneziane preferibilmente a lamelle orizzontali.
Effetti positivi possono riscontrarsi, inoltre, prevedendo, ove possibile, il corretto posizionamento delle postazioni di lavoro rispetto alle fonti di illuminazione, di cui dovrà curarsi la costante manutenzione e pulizia, soprattutto per le superfici vetrate o illuminanti.
Negli ultimi decenni, livelli di esposizione a campi elettrici e magnetici ed elettromagnetici sono aumentati con continuità e in misura considerevole; nel contempo, è andata anche aumentando la diffusione di tali esposizioni tra i lavoratori e la popolazione in generale.
Ciò ha portato i paesi più industrializzati, compresa l'Italia, a svolgere una vasta attività di ricerca, volta alla definizione dei meccanismi biofisici di interazione e alla descrizione dei principali effetti biologici e sanitari: sui risultati di tale ricerca è possibile poi basare la scelta di limiti di esposizione appropriati per gli ambienti di vita e di lavoro.
Quando un organismo interagisce con un campo elettromagnetico, il suo equilibrio viene perturbato, ma ciò non si traduce automaticamente in un effetto biologico apprezzabile e ancor meno in un effetto sanitario. Si può parlare di effetto biologico solo in presenza di variazioni morfologiche o funzionali a carico di strutture di livello superiore, dal punto di vista organizzativo, a quello molecolare.
Le informazioni fornite da studi sui sistemi molecolari, sebbene fondamentali per la comprensione dei meccanismi di interazione o patogenetici, non autorizzano al momento estrapolazioni a livelli organizzativi più complessi, come tessuti, organi e sistemi. L'induzione di un effetto biologico, d'altra parte, non comporta necessariamente un danno alla salute. Per poter parlare di effetto sanitario occorre, infatti, che l'effetto biologico superi i limiti di efficacia dei meccanismi di adattamento dell'organismo, meccanismi le cui caratteristiche variano con l'età, il sesso, lo stato di salute, il tipo e grado di attività del soggetto, nonché con le condizioni ambientali esterne, come temperatura e umidità o la contemporanea presenza di altri agenti nocivi.
Per quanto riguarda il campo magnetico, le attuali conoscenze scientifiche non suggeriscono alcun effetto nocivo sui principali parametri di sviluppo, comportamentali e fisiologici negli organismi superiori per effetto di esposizioni temporanee a induzioni magnetiche statiche fino a 2 T.
Dall'analisi dei meccanismi di interazione accertati, l'ICNIRP raccomanda che il limite di esposizione professionale sia pari a un valore di 200 mT mediato nel tempo su una giornata di lavoro, con un valore massimo di 2 T. Poiché le estremità non contengono grossi vasi sanguigni o organi critici, può essere consentito per esse un limite più elevato, pari a 5 T.
La definizione dei limiti operativi prevede poi due fasi distinte.
La prima prende in considerazione gli effetti sanitari che si intendono prevenire, la loro sussistenza e il loro andamento con la frequenza. I limiti di base, che sono gli unici veri limiti, vengono espressi mediante grandezze fisiche (grandezze dosimetriche) strettamente correlate agli effetti sanitari. II loro valore numerico viene determinato in base ai valori di soglia relativi alle risposte acute (stress indotto dall'aumento della temperatura corporea, effetti comportamentali, stimolazione di strutture e tessuti eccitabili) e dai fattori di sicurezza che, rispetto ai valori di soglia, le varie norme adottano.
La definizione dei livelli di riferimento costituisce la seconda fase del processo di limitazione delle esposizioni. I livelli di riferimento sono definiti mediante grandezze radiometriche che caratterizzano l'ambiente in cui avviene l'esposizione in assenza del soggetto esposto. Si tratta perciò di grandezze esterne, facilmente misurabili con una strumentazione relativamente poco costosa e largamente diffusa sul mercato.
La tipologia di questi rischi è particolare. Una volta che l’azienda è giunta ad adempiere a tutte le prescrizioni necessarie per eliminare o comunque ridurre ad un valore accettabile i rischi sopra menzionati, rimangono comunque dei rischi che possono essere ulteriormente ridotti con delle misure di tipo organizzativo.
Tali rischi sono individuabili all’interno della complessa articolazione che caratterizza il rapporto tra l’operatore e l’organizzazione del lavoro in cui è inserito. Il rapporto in parola è peraltro immerso in un quadro di compatibilità e interazioni che è di tipo oltre che ergonomico anche psicologico e organizzativo.
Organizzazione del lavoro.
Processi di lavoro usuranti (lavori in continuo, sistemi di turni, lavoro notturno).
• Carenze nella pianificazione delle misure di prevenzione e protezione.
• Carenze nella manutenzione degli impianti, comprese le attrezzature di sicurezza.
• Movimentazione manuale dei carichi.
• Lavoro ai videoterminali
Fattori psicologici
Intensità, monotonia, solitudine e ripetitività del lavoro.
• Assenza o carenza di partecipazione ai processi decisionali.
• Situazioni di conflittualità.
• Complessità delle mansioni.
• Carenza di controllo.
• Reattività anomala a situazioni di emergenza.
Fattori ergonomici
• Sistemi di sicurezza carenti.
• Informazioni non affidabili.
• Carenza di conoscenza e di capacità.
• Norme di comportamento non rispettate.
• Carenza di comunicazione e di istruzioni corrette
Condizioni di lavoro difficili
• Lavoro con animali.
• Lavoro in atmosfere superiori o inferiori alla norma.
• Condizioni climatiche esasperate.
• Lavoro in acqua, sia in superficie che in immersione.
• Possibilità di variazione delle procedure di lavoro.
• Carenza di motivazione alle esigenze di sicurezza.