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News 49/SSL/2017
Lunedì, 04 dicembre 2017
Delega ambientale e delega di sicurezza.
La delega in materia ambientale e le “simmetrie” con l’art.16 D.Lgs.81/08: le
esigenze organizzative, la subdelega, l’esercizio effettivo dei poteri delegati in una
recente sentenza e nei precedenti giurisprudenziali.
Una recentissima sentenza (Cassazione Penale, Sez.III, 20 novembre 2017 n.52636)
entra nel merito dei requisiti della delega di funzioni in materia ambientale e fa il
punto sulle analogie e i parallelismi tra quest’ultima e la delega di funzioni in materia
di salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art.16 D.Lgs.81/08.
Va premesso che il reato oggetto della sentenza è quello previsto dall’articolo 29-
quattordecies, comma 3, del D.Lgs.152/06, perché l’imputato, in concorso con B.A.,
la cui posizione era già stata definita, ed in qualità di direttore tecnico con delega in
materia ambientale presso l'insediamento produttivo della … S.p.A., (azienda
avente ad oggetto sociale la produzione e la lavorazione di laminati piani a caldo,
a freddo e rivestiti, nonché le lavorazioni metalliche in genere e la lavorazione di
prodotti siderurgici od affini), non aveva osservato le prescrizioni imposte dalla
Provincia di Alessandria con l' autorizzazione integrata ambientale (AIA) emessa nel
2009.
I fatti sono stati commessi e accertati nel 2014.
Con il primo motivo di ricorso l'imputato - quale direttore tecnico dello stabilimento -
lamenta il fatto che “il Giudice aveva motivato l'inefficacia liberatoria della delega
di funzioni rilasciata […] al B.A., delegato aziendale in tema di prescrizioni AIA, per la
non rispondenza dello stabilimento ai criteri dimensionali e di necessaria complessità
organizzativa elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di efficacia
liberatoria della delega di funzioni nei confronti del delegante ex art. 16, comma 3,
d. Lgs. 81/08.”
La Cassazione accoglie il ricorso del direttore tecnico (delegante), annulla la
sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Alessandria.
Nel far questo, la Corte esprime e chiarisce alcuni importanti principi legati ai
requisiti della delega di funzioni in materia ambientale e a quella in materia di
sicurezza regolata dall’art.16 D.Lgs.81/08.
Riepiloghiamo di seguito brevemente questi principi e prendiamo in esame qualche
precedente giurisprudenziale in materia.
 Il criterio dimensionale che giustifica la delega in materia ambientale va inteso in
senso qualitativo e non quantitativo
In materia di delega ambientale, la Cassazione in questa recente sentenza del
novembre 2017 richiama “i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità
secondo cui il criterio oggettivo dimensionale che giustifica la delega non va inteso
in senso quantitativo bensì qualitativo, avuto riguardo alla complessità degli
impegni e compiti da assolvere” (si veda in tal senso, tra i precedenti, Cass., Sez.III, n.
28126/04).
La Corte ricorda che in una precedente sentenza del 2015 (Cass., Sez.III, n.
27862/15, Rv 264197, PM in proc. Molino) “addirittura, in tema di reati ambientali,
non è più richiesto, per la validità e l'efficacia della delega di funzioni, che il
trasferimento delle stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell'impresa o, quanto
meno, dalle esigenze organizzative della medesima, attesa l'esigenza di evitare
asimmetrie con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la
quale, a seguito della entrata in vigore dell'art.16 del d.Lgs.n.81 del 2008, non
contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello delle
“necessità”; fattispecie in tema di reato previsto dall'art. 29 quattordecies del d. Lgs.
n. 152 del 2006.”
Secondo la Cassazione “si deve ritenere che tale più recente orientamento abbia
ormai superato la precedente impostazione della stessa Sezione che con sentenza
n.46710/13, Rv 257860, Antista, aveva affermato in tema di disciplina penale dei
prodotti alimentari, che la delega di funzioni poteva operare quale limite della
responsabilità penale del legale rappresentante della impresa solo laddove le
dimensioni aziendali fossero state tali da giustificare la necessità di decentrare
compiti e responsabilità, ma non anche in caso di organizzazione a struttura
semplice.”
In conclusione, sintetizza più avanti la Cassazione, “la valutazione deve essere
condotta in concreto sulle esigenze organizzative dell'impresa, intese per giunta
secondo un'accezione qualitativa e non quantitativa.”
La sentenza in commento richiama il precedente giurisprudenziale costituito da
Cass.Pen., Sez.IV, 23 settembre 2013, n.39158 che ha ricordato che la “Corte di
legittimità, già prima della codificazione prevista nel D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 16 e
17, ha statuito che sebbene “in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di
prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono
essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia
che fa capo al datore di lavoro, tuttavia, il relativo atto di delega deve essere
espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace,
dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di
intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo
per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi,
concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. 4 sent. 38425
del 22-11-2006 (ud. 19-6-2006) rv. 235184).”
2) La subdelega
Nella sentenza in commento - che, lo ricordiamo ancora una volta, ha ad oggetto
la delega in materia ambientale - la Corte esclude che sia fondata “la possibilità” -
avanzata dal precedente Giudice - “di un divieto di subdelega che non si riscontra
nella normativa che ha ritenuto di applicare analogicamente, perché il comma
3bis dell'art.16, d.Lgs. 81/08, come introdotto dall'art.12, comma 1, d.Lgs.106/09,
ammette espressamente la sub-delega, siccome il soggetto delegato può, a sua
volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare specifiche funzioni in materia di
salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2; la
delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude l’obbligo di vigilanza in capo
al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite; il soggetto al
quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta,
delegare le funzioni delegate.”
Nella fattispecie in materia di AIA, secondo la Cassazione “ne consegue che anche
rispetto al suddetto profilo, l'indagine in fatto sui rapporti tra il commissario,
l'imputato ed il B.A. avrebbe dovuto essere più penetrante, individuando il datore di
lavoro ed entrando nel merito dell'atto di delega.”
3) L’esercizio effettivo delle funzioni da parte del delegato in materia ambientale il
quale, al di là della forma della delega, “si sia realmente occupato della gestione
“ambientale” dell’impresa”. La distinzione tra la delega e l’esercizio di funzioni a
titolo originario
Concludiamo descrivendo brevemente il caso trattato da un’altra interessante
sentenza del 2015 - avente ad oggetto anch’essa la delega ambientale in materia
di AIA - e richiamando il principio che essa esprime.
In Cassazione Penale, Sez.III, 23 settembre 2015 n.38551, A.R. era stato dichiarato dal
Tribunale “colpevole del reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 29-quatuordecies,
comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, perché, quale direttore generale della società
(società titolare dell’autorizzazione) e procuratore speciale della società (società
cessionaria dell’autorizzazione), con espressa delega di funzioni in materia di
prevenzione e tutela ambientale per tutte le attività svolte presso lo stabilimento […],
esercitava l’attività dello stabilimento con inosservanza delle prescrizioni imposte
dall’autorizzazione integrata ambientale in ordine alle emissioni in atmosfera ed alla
gestione dei rifiuti. Il ricorrente è stato nominato direttore generale della il
19/03/2003, come da verbale di assemblea ordinaria dei soci…”.
A livello di poteri, “per consentirgli di esercitare tali prerogative, espressamente
accettate dal A.R., l’assemblea gli ha attribuito ampi poteri, esercitabili senza
preventiva autorizzazione. In ordine ai poteri e alle mansioni conferiti - prosegue il
verbale - il A.R. avrebbe risposto del suo operato direttamente all’assemblea.”
A fronte di questo quadro, A.R. ricorre in Cassazione contestando “l’idoneità di tale
atto a conferirgli valida delega”.
Ma la Cassazione replica che “la questione, così come posta, è del tutto errata e
fuorviante”, dal momento che “i principi che questa Corte ha elaborato in materia
di “delega ambientale” riguardano la sua attitudine a sollevare il delegante da ogni
forma di responsabilità ma non ad escludere quella del delegato che si sia
realmente occupato della gestione “ambientale” dell’impresa e abbia
effettivamente esercitato i compiti a lui assegnati, assumendosene le relative
responsabilità e rendendosi autore diretto delle violazioni accertate.”
Dunque la Corte dichiara inammissibile il ricorso in quanto “l’imputato si ferma, per
così dire, alla forma della “delega” ma non contesta, nella sostanza, di aver
esercitato le attribuzioni e le funzioni in essa analiticamente descritte che addirittura
gli conferivano la rappresentanza della società e lo rendevano responsabile
direttamente ed esclusivamente nei confronti dell’assemblea. Né ha eccepito che
le violazioni riscontrate fossero conseguenza di mancati investimenti necessari,
segnalati e non autorizzati dall’A.U.”
Ciò detto, “in ogni caso, osserva il Collegio che il verbale non contiene una delega
vera e propria: la delega comporta un trasferimento di poteri che ne presuppone il
possesso da parte del delegante.
Nel caso in esame, invece, l’affidamento delle prerogative è stato effettuato a titolo
originario dall’assemblea dei soci, ancorché su proposta dell’A.U., in quanto
attribuzioni funzionali tipiche della nuova figura di “direttore generale” nella quale
sono confluite parte delle competenze dell’amministratore unico con possibilità di
esercitarle in piena e totale autonomia anche rispetto a quest’ultimo.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali
relative alla salute e sicurezza sul lavoro
Corte di Cassazione Penale Sez.III - Sentenza n. 52636 del 20 novembre 2017 - Lavori di
manutenzione all'interno di un silos senza la disconnessione dell'energia elettrica del pavimento
mobile. Responsabilità del preposto
Corte di Cassazione Penale Sez.IV - Sentenza n. 39158 del 23 settembre 2013 - Infortunio mortale in un
frantumatore e responsabilità per la mancanza di presidi antinfortunistici
Corte di Cassazione - Penale, Sez. 3 - Sentenza n. 38551 del 23 settembre 2015 - Delega di funzione.
Fonte: puntosicuro.it
In Gazzetta Ufficiale la Legge europea 2017.
ROMA – Legge europea 2017. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.277 del 27
novembre 2017 la Legge 20 novembre 2017, n. 167 – Disposizioni per l’adempimento
degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. In vigore
dal 12 dicembre 2017.
Clp. Il provvedimento riporta all’articolo 15 una modifica all’articolo 10 del Decreto
legislativo 27 ottobre 2011, n. 186 in merito alle sanzioni per la violazione dell’articolo
48 del Regolamento (CE) n. 1272/2008 classificazione, all’etichettatura e
all’imballaggio di sostanze e miscele.
“Art. 10-bis (Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo 48 del regolamento in
materia di pubblicità). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola le
prescrizioni in materia di pubblicità di cui all’articolo 48, paragrafi l e 2, primo
comma, del regolamento è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria del
pagamento di una somma da 10.000 euro a 60.000 euro”.
Alcune disposizioni riguardano sicurezza alimentare, veterinaria, medicinali.
L’articolo 3 introduce disposizioni sulla tracciabilità dei medicinali veterinari e dei
mangimi medicati in attuazione delle 2001/82/CE e 90/167/CEE. Attraverso
modifiche al Decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193 vengono introdotte disposizioni
sull’invio dei dati alla banca centralizzata istituita con decreto del Ministro della
salute 15 luglio 2004 e sull’utilizzo della ricetta elettronica. Dal 1° settembre 2018
esclusiva sia per i medicinali che per i mangimi medicati.
Caseine e caseinati per alimentazione umana rientrano nell’articolo 12 che dispone
l’attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 e che abroga la 83/417/CEE. L’articolo 13
riporta quindi disposizioni per l’anagrafe equina per adeguamento al regolamento
(UE) 2016/429 e al regolamento (UE) 2015/262. Il Ministero della Salute dovrà definire
il funzionamento dell’anagrafe con decreto da approvare entro 180 giorni e di
concerto con il Ministero dell’Agricoltura. Avvalendosi della della banca dati
informatizzata istituita ai sensi dell’articolo 12 del Decreto legislativo 22 maggio 1999,
n. 196.
Ascensori. Con l’articolo 23 viene disposta l’attuazione integrale della direttiva
2014/33/UE, componenti ed esercizio.
“Al fine di assicurare l’integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa agli ascensori e ai
componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l’esercizio degli ascensori, il
certificato di abilitazione previsto dall’articolo 15, comma 1, del regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, è valido in tutto il
territorio nazionale ed è rilasciato dal prefetto in seguito all’esito favorevole di una
prova teorico-pratica innanzi a un’apposita commissione esaminatrice, dal
medesimo nominata e composta da cinque funzionari, in possesso di adeguate
competenze tecniche, dei quali almeno uno, oltre al presidente, con laurea in
ingegneria, designati rispettivamente dal Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dello sviluppo
economico, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL) e da un’azienda sanitaria locale, ovvero da un’agenzia regionale per la
protezione ambientale, qualora le disposizioni regionali di attuazione del decreto-
legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21
gennaio 1994, n. 61, attribuiscano a tale agenzia le competenze in materia.
La commissione è presieduta dal funzionario designato dal Ministero del lavoro o
delle politiche sociali. Alla prova teorico-pratica sono presenti almeno tre membri
della commissione, compreso il presidente. Al presidente e ai componenti della
commissione non spetta alcun compenso”.Prove di esame disposte dal prefetto del
capoluogo di regione, che stabilisce date, sedi.
Norme sanitarie gente di mare. Introdotta con l’articolo 14 la modifica dell’articolo
12 comma 5, del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71 al quale vengono
aggiunte queste parole: “purché tale periodo non sia comunque superiore a tre
mesi”. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: GU n.277 del 27 novembre 2017 Decreto 20 novembre 2017 n.67
Fonte: quotidianosicurezza.it
Registro infortuni e cancerogeni.
Approfondimento sulle novità relative ai Registri degli esposti ad agenti cancerogeni
o mutageni e biologici e degli infortuni (ai sensi del DLGS 81 del 2008 s.m.).
Pubblichiamo un approfondimento sulle novità relative ai Registri degli esposti ad
agenti cancerogeni o mutageni e biologici e degli infortuni (ai sensi del DLGS 81 del
2008 s.m.), a cura di Cinzia Frascheri (Giulavorista Responsabile nazionle CISL Salute
e sicurezza sul lavoro).
Registro degli esposti ad agenti cancerogeni o mutageni e biologici
Le disposizioni normative e procedurali, a carico del datore di lavoro, relative alla
tenuta dei registri dei lavoratori esposti agli agenti cancerogeni o mutageni (art.243,
DLGS 81 del 2008 s.m.), così come dei lavoratori esposti agli agenti biologici (art. 280,
DLGS 81 del 2008 s.m.) hanno trovato per lungo tempo completa sovrapposizione
con quanto previsto per il registro degli infortuni (sul tema, art.18, comma 1, lett. r,
DLGS 81 del 2008 s.m.).
Difatti, riferendosi a quanto disposto all’art.53, comma 6, prima delle significative
modifiche apportate nel 2015, nei riguardi dei registri degli esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni e biologici (al pari del registro degli infortuni) era previsto
rimanessero in vigore fino a «sei mesi» dopo l’adozione del decreto interministeriale
con il quale si sarebbe istituito il Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione (SINP).
Un Sistema innovativo (che ricordiamo, non previsto nel DLGS 626 del 1994),
finalizzato non solo alla costituzione di una banca dati informatizzata nazionale
prevista per raccogliere tutte le comunicazioni dei datori di lavoro relative agli
infortuni sul lavoro, a fini statistici e assicurativi, ma quale sistema più ampio di
gestione e di confronto dei flussi informativi, nonché dei dati relativi al quadro
occupazionale e di rischio, utili al promuovere interventi mirati di prevenzione. Un
utilissimo strumento che avrebbe dovuto essere istituito, secondo quanto disposto ai
sensi dell’art.8, comma 4, «entro 180 giorni» dalla data di entrata in vigore del DLGS
81 del 2008 s.m..
Pur considerando l’evidente ritardo accumulato nella costituzione del SINP (varato
solo nel 2016), negli anni quando disposto a carico del datore di lavoro in merito alla
tenuta dei registri ha proseguito la sua vigenza, dando piena concretezza anche
all’obbligo, sempre a suo carico, di far accedere il Rappresentante dei Lavoratori
per la Sicurezza (nelle sue diverse tipologie: aziendale e territoriale) ai dati in essi
contenuti (ai sensi degli artt.243, comma 1 e 280, comma 2), quale diritto finalizzato
all’espletamento della funzione. Non intervenute modifiche normative, sul punto
specifico, all’art.53, comma 6 del DLGS 81 del 2008 s.m. (cosa ben diversa per i
registri degli infortuni), le modalità di tenuta dei registri degli esposti agli agenti
cancerogeni e biologi sono perdurate in modo immutato fino al varo del Decreto
Interministeriale n.183, del 25 maggio 2016, con il quale è stato varato il SINP (a
partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in GU, avvenuta il
giorno 27 settembre 2016).
Trascorsi «sei mesi» da quest’ultima data, secondo quanto dettato dall’art.53,
comma 6, le disposizioni in merito alla tenuta dei registri degli esposti agli agenti
cancerogeni e biologi avrebbero dovuto essere abrogate, sostituendo la
registrazione dei dati con una comunicazione effettuata dal datore di lavoro in
modalità telematica, gestita dall’INAIL, finalizzata a consentire, per il suo tramite, il
trasferimento delle informazioni al SINP.
Vedendo sopraggiungere tale scadenza, non essendoci le condizioni per poter
sostituire la registrazione con una comunicazione telematica dei dati riferiti agli
esposti, cogliendo l’opportunità offerta dal Decreto Milleproroghe del 2016 (DL 30
dicembre 2016, n. 244, convertito nella L. 27 febbraio 2017, n.19), con l’art.3, comma
2, è stata introdotta una modifica al termine temporale dei «sei mesi»,
raddoppiandone il tempo, e indicando un nuovo termine pari a «12 mesi». Alla luce
di tale modifica, la data del 12 ottobre 2017, quale vigilia del compimento dei
dodici mesi previsti dall’avvio dell’operatività del SINP, segna concretamente l’inizio
per i datori di lavoro di effettuare la comunicazione relativa ai lavoratori esposti ad
agenti cancerogeni o mutageni e agli agenti biologici attraverso la modalità
telematica, predisposta dall’INAIL. Una comunicazione che, per il tramite
dell’Istituto, confluendo nel SINP, permetterà agli ispettori delle ASL di poter
accedere in qualsiasi momento a tali informazioni, ampliando così il sistema di
prevenzione e monitoraggio dei lavoratori esposti.
A fronte di tale importante novità, è opportuno comunque precisare che non muta,
e si conferma, quanto previsto agli artt. 243, comma 1 e 280, comma 2 del DLGS 81
del 2008 s.m., in base ai quali a carico dei datori di lavoro sussiste l’obbligo di far
accedere gli RSPP e gli RLS (nella loro duplice tipologia: aziendali e territoriali) alle
comunicazioni effettuate relative ai lavoratori esposti, sia per quanto riguarda gli
agenti cancerogeni che biologici. A garanzia di tale disposizione, difatti, l’INAIL ha
previsto la possibilità per il datore di lavoro di stampare i moduli contenenti le
comunicazioni, tenuto conto che il codice telematico di accesso azienda è
riservato al datore di lavoro.
Il passaggio dalla modalità cartacea dei registri degli esposti a quella informatizzata
non prevede alcuna perdita di informazioni, tenuto conto che quanto disposto non
ha subito modifica alcuna. Pertanto nelle schede di comunicazione informatizzate è
previsto che il datore di lavoro indichi per ciascun esposto l’attività svolta, l’agente
cancerogeno (o mutageno) e biologico utilizzato e, ove noto, il valore
dell’esposizione a tale agente. Fattore positivo, in questo senso, favorito dalla
modalità informatizzata, l’elenco già preordinato nel modulo da compilare degli
agenti cancerogeni o mutageni e biologici per i quali le disposizioni normative
prevedono il sottoporre gli esposti a sorveglianza sanitaria e, pertanto, a relativa
comunicazione.
A rimanere invariato è anche l’obbligo a carico del medico competente di istituire e
aggiornare per ciascun esposto una cartella sanitaria e di rischio, secondo quanto
previsto dall’articolo 25, comma 1, lett. c). A cura, invece, del datore di lavoro resta
confermato l’obbligo di comunicare ai lavoratori interessati, dietro loro richiesta, le
relative annotazioni individuali trasmesse e, tramite il medico competente, i dati
della cartella sanitaria e di rischio.
Registro degli infortuni sul lavoro
Secondo quanto disposto all’art.53, comma 6 del DLGS 81/2008 s.m., prima delle
significative modifiche apportate nel 2015, il registro degli infortuni (assieme al
registro dei cancerogeni o mutageni e biologici) era previsto rimanesse in vigore fino
a «sei mesi» dopo l’adozione del decreto interministeriale, con il quale si sarebbe
istituito il Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione (SINP). Un Sistema innovativo
che, come ricordato nel paragrafo precedente (non previsto nel DLGS 626 del
1994), fondamentale ai fini di un migliore sistema di prevenzione, avrebbe dovuto
essere istituito, secondo quanto disposto ai sensi dell’art.8, comma 4, «entro 180
giorni» dalla data di entrata in vigore del DLGS 81 del 2008 s.m..
Pur considerando, anche in questo caso, l’evidente ritardo accumulato nella
costituzione del SINP (varato solo nel 2016), negli anni quando disposto a carico del
datore di lavoro in merito alla tenuta del registro degli infortuni ha proseguito la sua
vigenza, dando piena concretezza anche all’obbligo, sempre a suo carico, di far
accedere il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (nelle sue diverse
tipologie: aziendale e territoriali) ai dati contenuti nel registro (ai sensi dell’art.18,
comma 1, lett o), quale diritto finalizzato all’espletamento della sua funzione.
Ad irrompere in tale assetto, determinato da tutt’altre ragioni, è giunto, in data 14
settembre 2015, il DLGS n.151 che, volto a semplificare e razionalizzare le procedure
di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro, ha introdotto alcune modifiche
nell’articolato del DLGS 81/2008, interessando, tra gli altri, quanto disposto in merito
al registro degli infortuni.
Mediante l’art.21, comma 4 del DLGS 151 del 2015 (decreto attuativo, delle più
ampia legge delega 10 dicembre 2014, n.183, più conosciuta come Jobs Act) è
stato disposto che «a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di
entrata in vigore del presente decreto, è abolito l’obbligo di tenuta del registro degli
infortuni» e, con l’art.20, comma 1, lett. h, la soppressione del riferimento «al registro
degli infortuni», previsto all’art.53, comma 6 del DLGS 81/2008, a partire dall’entrata
in vigore del decreto di riforma (prevista per il 24 settembre 2015).
La data del 23 dicembre 2015 (novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore
del DLSG 151/15) avrebbe, pertanto, rappresentato l’inizio di un periodo, in attesa
del varo del SINP, di grande confusione sussistendo l’obbligo, a carico del datore di
lavoro, di denuncia degli infortuni, ma allo stesso tempo, l’abolizione del registro.
Nello stesso giorno, però, colmando un vuoto normativo rilevante, l’INAIL, mediante
una propria circolare n.92 del 23 dicembre 2015, non sostituendosi al legislatore, ma
offrendo una soluzione concreta, introdusse per la prima volta il «Cruscotto
infortuni».
Con tale novità l’ente assicurativo mirava, secondo il dettato della stessa circolare,
ad «offrire agli organi preposti all’attività di vigilanza uno strumento alternativo» al
registro degli infortuni, realizzando un sistema finalizzato a fornire quei dati e quelle
informazioni utili all’attività ispettiva, a fronte dell’invariato obbligo di denuncia da
parte del datore di lavoro degli eventi infortunistici occorsi ai propri prestatori
d’opera. Disposizione quest’ultima, invariata e pienamente vigente, ai sensi
dell’art.53 del d.P.R. n.1124 del 1965 che, pur modificato anch’esso dallo stesso
DLGS 151/2015 (con l’art.21, comma 1, lett. b), manteneva sul punto quanto
previsto.
Il 25 maggio 2016, con il Decreto Interministeriale n.183, veniva definitivamente
varato il SINP, avviandosi così finalmente (a partire dal quindicesimo giorno
successivo alla pubblicazione in GU, avvenuta il giorno 27 settembre 2016) la
costruzione di quella tanto auspicata banca dati informatizzata nazionale volta a
raccogliere un insieme di dati utili fondamentali, al fine di promuovere interventi
mirati di prevenzione. Avviatosi il SINP, e constatando la rilevante portata del poter
avere a disposizione un sistema unico informatizzato di dati, nei mesi a seguire
apparve però evidente che l’interazione di così tanti flussi informativi avrebbe
richiesto un tempo più lungo di realizzazione di quanto ipotizzato.
Avvicinandosi così, da un lato la scadenza dei «sei mesi» per il passaggio dalla
tenuta dei registri degli esposti agli agenti cancerogeni e biologici (ai sensi
dell’art.53, comma 6) alla comunicazione telematica dei dati all’INAIL e, pertanto,
al SINP, ma non meno anche la scadenza per rendere concreto l’obbligo della
comunicazione, ai fini statistici, degli infortuni che comportano un’assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento (ai sensi dell’art.18, comma 1,
lett. r e comma 1-bis), cogliendo l’opportunità offerta dal Decreto Milleproroghe del
2016 (DL 30 dicembre 2016, n. 244, convertito nella L. 27 febbraio 2017, n.19), con
l’art.3, comma 2 e comma 3-bis, è stata introdotta una necessaria proroga
temporale; acquisendo così, nel passaggio da «sei mesi» a «12 mesi», un più ampio
margine per la messa a regime del sistema.
Giungendo a scadenza i dodici mesi, nella data del 12 ottobre 2017, l’INAIL ha
inteso onorare tale termine, dando avvio complessivo alle modalità di
comunicazione relative agli infortuni sul lavoro con quelle riferite ai lavoratori esposti
agli agenti cancerogeni e biologici, celebrando un anno di operatività del SINP,
inaugurando i due modelli informatizzati di raccolta delle comunicazioni. Con il varo
defintivo del sistema informatizzato di comunicazione riferito agli infortuni sul lavoro,
a partire dalla data del 12 ottobre, ai sensi dell’art.18, comma 1, lett. r) del DLGS
81/2008 s.m., tutto quanto disposto andrà interamente a regime.
- Per quanto riguarda la comunicazione degli infortuni che comportano un’assenza
dal lavoro superiore a tre giorni, per i quali attualmente era prevista la modalità del
“Cruscotto degli infortuni”, varato dall’INAIL, per i datori di lavoro non cambierà
alcunché, sul piano del merito, ma esclusivamente sul piano delle modalità
operative, considerato che anche per tale comunicazione è previsto un nuovo
portale dedicato.
- Per quanto concerne, invece, la comunicazione degli infortuni che comportano
un’assenza dal lavoro di almeno un giorno (escluso quello dell’evento), a fini statistici
e informativi, novità introdotta dal DLGS 81 del 2008 e per la prima volta resa
operativa, sarà anch’essa, a carico del datore di lavoro, obbligatoria.
Alla luce delle novità, anche in questo caso, si conferma che permane il diritto in
capo al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (aziendale e territoriale)
relativo all’accesso alle comunicazioni svolte dal datore di lavoro, in merito agli
infortuni sul lavoro, sia a fini statistici che assicurativi (ai sensi dell’art.18, comma 1,
lett. o, del DLGS 81/2008 s.m.). A tale fine, difatti, i moduli informatizzati da
compilare, nel portale dell’INAIL, sono stati tutti resi stampabili, tenuto conto che il
codice identificativo aziendale di accesso è previsto sia riservato unicamente al
datore di lavoro.
Fonte: puntosicuro.it
Prevenzione e protezione nei lavori in copertura, Quaderno Inail.
ROMA – Lavori in copertura. È stato pubblicato da Inail un nuovo Quaderno di
ricerca, il numero 15 – ottobre 2017 che affronta le misure di prevenzione e
protezione nei lavori sulle coperture, la sicurezza in caso di lavoro in quota.
Esecuzione in sicurezza dei lavori in copertura. Misure di prevenzione e protezione. Il
quaderno analizza in apertura la legislazione nazionale e regionale, le norme Uni (in
particolare la UNI 11560: 2014), passando poi a descrivere in dettaglio i rischi della
mansione, le coperture, modi e mezzi per l’accesso e l’esecuzione dei lavori,
tenendo come punto di vista primario quello dei dispositivi e delle installazioni in
grado di tutelare il lavoro.
Un’approfondita analisi tecnica che parte del presupposto dell’assenza attuale di
una legislazione nazionale esclusivamente riservata alle dotazioni per i lavori su
copertura. Una legislazione particolare intesa come successiva e conseguente a
quanto previsto dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro ( Titolo IV “Cantieri
temporanei o mobili” IV , “Capo II – Norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota” articoli 107,
111,112,113,115,122,126,140,146,148).
Così dalla prefazione del volume, Luca Rossi – Inail Dit, autore del volume: “Lo studio
cercherà, inoltre, di identificare e fornire informazioni e dati agli operatori di
settoreche possono essere utilizzati anche dalle istituzioni pubbliche per la loro
attività di verifica, controlloe indirizzo per condividere le misure di sicurezza da
adottare per l’esecuzione delle attivitàsulle coperture.Il documento non vuole
essere esaustivo, ma si propone di affrontare una parte delle problematicherelative
alla realizzazione delle citate misure, con particolare riguardo ai requisiti che
iprodotti debbono soddisfare”.
Questo l’indice:
 Riferimenti;
 Valutazione del rischio;
 Elementi caratteristici della copertura;
 Accesso e/o sbarco;
 Transito ed esecuzione.
(Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Quaderno Inail n.15 ottobre 2017
Fonte: quotidianosicurezza.it
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NEWS SSL 49 2017

  • 1. News 49/SSL/2017 Lunedì, 04 dicembre 2017 Delega ambientale e delega di sicurezza. La delega in materia ambientale e le “simmetrie” con l’art.16 D.Lgs.81/08: le esigenze organizzative, la subdelega, l’esercizio effettivo dei poteri delegati in una recente sentenza e nei precedenti giurisprudenziali. Una recentissima sentenza (Cassazione Penale, Sez.III, 20 novembre 2017 n.52636) entra nel merito dei requisiti della delega di funzioni in materia ambientale e fa il punto sulle analogie e i parallelismi tra quest’ultima e la delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art.16 D.Lgs.81/08. Va premesso che il reato oggetto della sentenza è quello previsto dall’articolo 29- quattordecies, comma 3, del D.Lgs.152/06, perché l’imputato, in concorso con B.A., la cui posizione era già stata definita, ed in qualità di direttore tecnico con delega in materia ambientale presso l'insediamento produttivo della … S.p.A., (azienda avente ad oggetto sociale la produzione e la lavorazione di laminati piani a caldo, a freddo e rivestiti, nonché le lavorazioni metalliche in genere e la lavorazione di prodotti siderurgici od affini), non aveva osservato le prescrizioni imposte dalla Provincia di Alessandria con l' autorizzazione integrata ambientale (AIA) emessa nel 2009. I fatti sono stati commessi e accertati nel 2014. Con il primo motivo di ricorso l'imputato - quale direttore tecnico dello stabilimento - lamenta il fatto che “il Giudice aveva motivato l'inefficacia liberatoria della delega di funzioni rilasciata […] al B.A., delegato aziendale in tema di prescrizioni AIA, per la non rispondenza dello stabilimento ai criteri dimensionali e di necessaria complessità organizzativa elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di efficacia liberatoria della delega di funzioni nei confronti del delegante ex art. 16, comma 3, d. Lgs. 81/08.” La Cassazione accoglie il ricorso del direttore tecnico (delegante), annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Alessandria. Nel far questo, la Corte esprime e chiarisce alcuni importanti principi legati ai requisiti della delega di funzioni in materia ambientale e a quella in materia di
  • 2. sicurezza regolata dall’art.16 D.Lgs.81/08. Riepiloghiamo di seguito brevemente questi principi e prendiamo in esame qualche precedente giurisprudenziale in materia.  Il criterio dimensionale che giustifica la delega in materia ambientale va inteso in senso qualitativo e non quantitativo In materia di delega ambientale, la Cassazione in questa recente sentenza del novembre 2017 richiama “i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il criterio oggettivo dimensionale che giustifica la delega non va inteso in senso quantitativo bensì qualitativo, avuto riguardo alla complessità degli impegni e compiti da assolvere” (si veda in tal senso, tra i precedenti, Cass., Sez.III, n. 28126/04). La Corte ricorda che in una precedente sentenza del 2015 (Cass., Sez.III, n. 27862/15, Rv 264197, PM in proc. Molino) “addirittura, in tema di reati ambientali, non è più richiesto, per la validità e l'efficacia della delega di funzioni, che il trasferimento delle stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell'impresa o, quanto meno, dalle esigenze organizzative della medesima, attesa l'esigenza di evitare asimmetrie con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, a seguito della entrata in vigore dell'art.16 del d.Lgs.n.81 del 2008, non contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello delle “necessità”; fattispecie in tema di reato previsto dall'art. 29 quattordecies del d. Lgs. n. 152 del 2006.” Secondo la Cassazione “si deve ritenere che tale più recente orientamento abbia ormai superato la precedente impostazione della stessa Sezione che con sentenza n.46710/13, Rv 257860, Antista, aveva affermato in tema di disciplina penale dei prodotti alimentari, che la delega di funzioni poteva operare quale limite della responsabilità penale del legale rappresentante della impresa solo laddove le dimensioni aziendali fossero state tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità, ma non anche in caso di organizzazione a struttura semplice.” In conclusione, sintetizza più avanti la Cassazione, “la valutazione deve essere condotta in concreto sulle esigenze organizzative dell'impresa, intese per giunta secondo un'accezione qualitativa e non quantitativa.”
  • 3. La sentenza in commento richiama il precedente giurisprudenziale costituito da Cass.Pen., Sez.IV, 23 settembre 2013, n.39158 che ha ricordato che la “Corte di legittimità, già prima della codificazione prevista nel D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 16 e 17, ha statuito che sebbene “in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro, tuttavia, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. 4 sent. 38425 del 22-11-2006 (ud. 19-6-2006) rv. 235184).” 2) La subdelega Nella sentenza in commento - che, lo ricordiamo ancora una volta, ha ad oggetto la delega in materia ambientale - la Corte esclude che sia fondata “la possibilità” - avanzata dal precedente Giudice - “di un divieto di subdelega che non si riscontra nella normativa che ha ritenuto di applicare analogicamente, perché il comma 3bis dell'art.16, d.Lgs. 81/08, come introdotto dall'art.12, comma 1, d.Lgs.106/09, ammette espressamente la sub-delega, siccome il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2; la delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite; il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate.” Nella fattispecie in materia di AIA, secondo la Cassazione “ne consegue che anche rispetto al suddetto profilo, l'indagine in fatto sui rapporti tra il commissario, l'imputato ed il B.A. avrebbe dovuto essere più penetrante, individuando il datore di lavoro ed entrando nel merito dell'atto di delega.” 3) L’esercizio effettivo delle funzioni da parte del delegato in materia ambientale il quale, al di là della forma della delega, “si sia realmente occupato della gestione “ambientale” dell’impresa”. La distinzione tra la delega e l’esercizio di funzioni a
  • 4. titolo originario Concludiamo descrivendo brevemente il caso trattato da un’altra interessante sentenza del 2015 - avente ad oggetto anch’essa la delega ambientale in materia di AIA - e richiamando il principio che essa esprime. In Cassazione Penale, Sez.III, 23 settembre 2015 n.38551, A.R. era stato dichiarato dal Tribunale “colpevole del reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 29-quatuordecies, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, perché, quale direttore generale della società (società titolare dell’autorizzazione) e procuratore speciale della società (società cessionaria dell’autorizzazione), con espressa delega di funzioni in materia di prevenzione e tutela ambientale per tutte le attività svolte presso lo stabilimento […], esercitava l’attività dello stabilimento con inosservanza delle prescrizioni imposte dall’autorizzazione integrata ambientale in ordine alle emissioni in atmosfera ed alla gestione dei rifiuti. Il ricorrente è stato nominato direttore generale della il 19/03/2003, come da verbale di assemblea ordinaria dei soci…”. A livello di poteri, “per consentirgli di esercitare tali prerogative, espressamente accettate dal A.R., l’assemblea gli ha attribuito ampi poteri, esercitabili senza preventiva autorizzazione. In ordine ai poteri e alle mansioni conferiti - prosegue il verbale - il A.R. avrebbe risposto del suo operato direttamente all’assemblea.” A fronte di questo quadro, A.R. ricorre in Cassazione contestando “l’idoneità di tale atto a conferirgli valida delega”. Ma la Cassazione replica che “la questione, così come posta, è del tutto errata e fuorviante”, dal momento che “i principi che questa Corte ha elaborato in materia di “delega ambientale” riguardano la sua attitudine a sollevare il delegante da ogni forma di responsabilità ma non ad escludere quella del delegato che si sia realmente occupato della gestione “ambientale” dell’impresa e abbia effettivamente esercitato i compiti a lui assegnati, assumendosene le relative responsabilità e rendendosi autore diretto delle violazioni accertate.” Dunque la Corte dichiara inammissibile il ricorso in quanto “l’imputato si ferma, per così dire, alla forma della “delega” ma non contesta, nella sostanza, di aver esercitato le attribuzioni e le funzioni in essa analiticamente descritte che addirittura gli conferivano la rappresentanza della società e lo rendevano responsabile
  • 5. direttamente ed esclusivamente nei confronti dell’assemblea. Né ha eccepito che le violazioni riscontrate fossero conseguenza di mancati investimenti necessari, segnalati e non autorizzati dall’A.U.” Ciò detto, “in ogni caso, osserva il Collegio che il verbale non contiene una delega vera e propria: la delega comporta un trasferimento di poteri che ne presuppone il possesso da parte del delegante. Nel caso in esame, invece, l’affidamento delle prerogative è stato effettuato a titolo originario dall’assemblea dei soci, ancorché su proposta dell’A.U., in quanto attribuzioni funzionali tipiche della nuova figura di “direttore generale” nella quale sono confluite parte delle competenze dell’amministratore unico con possibilità di esercitarle in piena e totale autonomia anche rispetto a quest’ultimo.” Anna Guardavilla Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro Corte di Cassazione Penale Sez.III - Sentenza n. 52636 del 20 novembre 2017 - Lavori di manutenzione all'interno di un silos senza la disconnessione dell'energia elettrica del pavimento mobile. Responsabilità del preposto Corte di Cassazione Penale Sez.IV - Sentenza n. 39158 del 23 settembre 2013 - Infortunio mortale in un frantumatore e responsabilità per la mancanza di presidi antinfortunistici Corte di Cassazione - Penale, Sez. 3 - Sentenza n. 38551 del 23 settembre 2015 - Delega di funzione. Fonte: puntosicuro.it In Gazzetta Ufficiale la Legge europea 2017. ROMA – Legge europea 2017. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.277 del 27 novembre 2017 la Legge 20 novembre 2017, n. 167 – Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. In vigore dal 12 dicembre 2017. Clp. Il provvedimento riporta all’articolo 15 una modifica all’articolo 10 del Decreto legislativo 27 ottobre 2011, n. 186 in merito alle sanzioni per la violazione dell’articolo 48 del Regolamento (CE) n. 1272/2008 classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio di sostanze e miscele.
  • 6. “Art. 10-bis (Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo 48 del regolamento in materia di pubblicità). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola le prescrizioni in materia di pubblicità di cui all’articolo 48, paragrafi l e 2, primo comma, del regolamento è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 euro a 60.000 euro”. Alcune disposizioni riguardano sicurezza alimentare, veterinaria, medicinali. L’articolo 3 introduce disposizioni sulla tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati in attuazione delle 2001/82/CE e 90/167/CEE. Attraverso modifiche al Decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193 vengono introdotte disposizioni sull’invio dei dati alla banca centralizzata istituita con decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004 e sull’utilizzo della ricetta elettronica. Dal 1° settembre 2018 esclusiva sia per i medicinali che per i mangimi medicati. Caseine e caseinati per alimentazione umana rientrano nell’articolo 12 che dispone l’attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 e che abroga la 83/417/CEE. L’articolo 13 riporta quindi disposizioni per l’anagrafe equina per adeguamento al regolamento (UE) 2016/429 e al regolamento (UE) 2015/262. Il Ministero della Salute dovrà definire il funzionamento dell’anagrafe con decreto da approvare entro 180 giorni e di concerto con il Ministero dell’Agricoltura. Avvalendosi della della banca dati informatizzata istituita ai sensi dell’articolo 12 del Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 196. Ascensori. Con l’articolo 23 viene disposta l’attuazione integrale della direttiva 2014/33/UE, componenti ed esercizio. “Al fine di assicurare l’integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa agli ascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l’esercizio degli ascensori, il certificato di abilitazione previsto dall’articolo 15, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, è valido in tutto il territorio nazionale ed è rilasciato dal prefetto in seguito all’esito favorevole di una prova teorico-pratica innanzi a un’apposita commissione esaminatrice, dal medesimo nominata e composta da cinque funzionari, in possesso di adeguate competenze tecniche, dei quali almeno uno, oltre al presidente, con laurea in ingegneria, designati rispettivamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dello sviluppo economico, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
  • 7. (INAIL) e da un’azienda sanitaria locale, ovvero da un’agenzia regionale per la protezione ambientale, qualora le disposizioni regionali di attuazione del decreto- legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, attribuiscano a tale agenzia le competenze in materia. La commissione è presieduta dal funzionario designato dal Ministero del lavoro o delle politiche sociali. Alla prova teorico-pratica sono presenti almeno tre membri della commissione, compreso il presidente. Al presidente e ai componenti della commissione non spetta alcun compenso”.Prove di esame disposte dal prefetto del capoluogo di regione, che stabilisce date, sedi. Norme sanitarie gente di mare. Introdotta con l’articolo 14 la modifica dell’articolo 12 comma 5, del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71 al quale vengono aggiunte queste parole: “purché tale periodo non sia comunque superiore a tre mesi”. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: GU n.277 del 27 novembre 2017 Decreto 20 novembre 2017 n.67 Fonte: quotidianosicurezza.it Registro infortuni e cancerogeni. Approfondimento sulle novità relative ai Registri degli esposti ad agenti cancerogeni o mutageni e biologici e degli infortuni (ai sensi del DLGS 81 del 2008 s.m.). Pubblichiamo un approfondimento sulle novità relative ai Registri degli esposti ad agenti cancerogeni o mutageni e biologici e degli infortuni (ai sensi del DLGS 81 del 2008 s.m.), a cura di Cinzia Frascheri (Giulavorista Responsabile nazionle CISL Salute e sicurezza sul lavoro). Registro degli esposti ad agenti cancerogeni o mutageni e biologici Le disposizioni normative e procedurali, a carico del datore di lavoro, relative alla tenuta dei registri dei lavoratori esposti agli agenti cancerogeni o mutageni (art.243, DLGS 81 del 2008 s.m.), così come dei lavoratori esposti agli agenti biologici (art. 280, DLGS 81 del 2008 s.m.) hanno trovato per lungo tempo completa sovrapposizione con quanto previsto per il registro degli infortuni (sul tema, art.18, comma 1, lett. r, DLGS 81 del 2008 s.m.). Difatti, riferendosi a quanto disposto all’art.53, comma 6, prima delle significative
  • 8. modifiche apportate nel 2015, nei riguardi dei registri degli esposti ad agenti cancerogeni o mutageni e biologici (al pari del registro degli infortuni) era previsto rimanessero in vigore fino a «sei mesi» dopo l’adozione del decreto interministeriale con il quale si sarebbe istituito il Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione (SINP). Un Sistema innovativo (che ricordiamo, non previsto nel DLGS 626 del 1994), finalizzato non solo alla costituzione di una banca dati informatizzata nazionale prevista per raccogliere tutte le comunicazioni dei datori di lavoro relative agli infortuni sul lavoro, a fini statistici e assicurativi, ma quale sistema più ampio di gestione e di confronto dei flussi informativi, nonché dei dati relativi al quadro occupazionale e di rischio, utili al promuovere interventi mirati di prevenzione. Un utilissimo strumento che avrebbe dovuto essere istituito, secondo quanto disposto ai sensi dell’art.8, comma 4, «entro 180 giorni» dalla data di entrata in vigore del DLGS 81 del 2008 s.m.. Pur considerando l’evidente ritardo accumulato nella costituzione del SINP (varato solo nel 2016), negli anni quando disposto a carico del datore di lavoro in merito alla tenuta dei registri ha proseguito la sua vigenza, dando piena concretezza anche all’obbligo, sempre a suo carico, di far accedere il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (nelle sue diverse tipologie: aziendale e territoriale) ai dati in essi contenuti (ai sensi degli artt.243, comma 1 e 280, comma 2), quale diritto finalizzato all’espletamento della funzione. Non intervenute modifiche normative, sul punto specifico, all’art.53, comma 6 del DLGS 81 del 2008 s.m. (cosa ben diversa per i registri degli infortuni), le modalità di tenuta dei registri degli esposti agli agenti cancerogeni e biologi sono perdurate in modo immutato fino al varo del Decreto Interministeriale n.183, del 25 maggio 2016, con il quale è stato varato il SINP (a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in GU, avvenuta il giorno 27 settembre 2016). Trascorsi «sei mesi» da quest’ultima data, secondo quanto dettato dall’art.53, comma 6, le disposizioni in merito alla tenuta dei registri degli esposti agli agenti cancerogeni e biologi avrebbero dovuto essere abrogate, sostituendo la registrazione dei dati con una comunicazione effettuata dal datore di lavoro in modalità telematica, gestita dall’INAIL, finalizzata a consentire, per il suo tramite, il trasferimento delle informazioni al SINP. Vedendo sopraggiungere tale scadenza, non essendoci le condizioni per poter sostituire la registrazione con una comunicazione telematica dei dati riferiti agli
  • 9. esposti, cogliendo l’opportunità offerta dal Decreto Milleproroghe del 2016 (DL 30 dicembre 2016, n. 244, convertito nella L. 27 febbraio 2017, n.19), con l’art.3, comma 2, è stata introdotta una modifica al termine temporale dei «sei mesi», raddoppiandone il tempo, e indicando un nuovo termine pari a «12 mesi». Alla luce di tale modifica, la data del 12 ottobre 2017, quale vigilia del compimento dei dodici mesi previsti dall’avvio dell’operatività del SINP, segna concretamente l’inizio per i datori di lavoro di effettuare la comunicazione relativa ai lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni e agli agenti biologici attraverso la modalità telematica, predisposta dall’INAIL. Una comunicazione che, per il tramite dell’Istituto, confluendo nel SINP, permetterà agli ispettori delle ASL di poter accedere in qualsiasi momento a tali informazioni, ampliando così il sistema di prevenzione e monitoraggio dei lavoratori esposti. A fronte di tale importante novità, è opportuno comunque precisare che non muta, e si conferma, quanto previsto agli artt. 243, comma 1 e 280, comma 2 del DLGS 81 del 2008 s.m., in base ai quali a carico dei datori di lavoro sussiste l’obbligo di far accedere gli RSPP e gli RLS (nella loro duplice tipologia: aziendali e territoriali) alle comunicazioni effettuate relative ai lavoratori esposti, sia per quanto riguarda gli agenti cancerogeni che biologici. A garanzia di tale disposizione, difatti, l’INAIL ha previsto la possibilità per il datore di lavoro di stampare i moduli contenenti le comunicazioni, tenuto conto che il codice telematico di accesso azienda è riservato al datore di lavoro. Il passaggio dalla modalità cartacea dei registri degli esposti a quella informatizzata non prevede alcuna perdita di informazioni, tenuto conto che quanto disposto non ha subito modifica alcuna. Pertanto nelle schede di comunicazione informatizzate è previsto che il datore di lavoro indichi per ciascun esposto l’attività svolta, l’agente cancerogeno (o mutageno) e biologico utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Fattore positivo, in questo senso, favorito dalla modalità informatizzata, l’elenco già preordinato nel modulo da compilare degli agenti cancerogeni o mutageni e biologici per i quali le disposizioni normative prevedono il sottoporre gli esposti a sorveglianza sanitaria e, pertanto, a relativa comunicazione. A rimanere invariato è anche l’obbligo a carico del medico competente di istituire e aggiornare per ciascun esposto una cartella sanitaria e di rischio, secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lett. c). A cura, invece, del datore di lavoro resta
  • 10. confermato l’obbligo di comunicare ai lavoratori interessati, dietro loro richiesta, le relative annotazioni individuali trasmesse e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio. Registro degli infortuni sul lavoro Secondo quanto disposto all’art.53, comma 6 del DLGS 81/2008 s.m., prima delle significative modifiche apportate nel 2015, il registro degli infortuni (assieme al registro dei cancerogeni o mutageni e biologici) era previsto rimanesse in vigore fino a «sei mesi» dopo l’adozione del decreto interministeriale, con il quale si sarebbe istituito il Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione (SINP). Un Sistema innovativo che, come ricordato nel paragrafo precedente (non previsto nel DLGS 626 del 1994), fondamentale ai fini di un migliore sistema di prevenzione, avrebbe dovuto essere istituito, secondo quanto disposto ai sensi dell’art.8, comma 4, «entro 180 giorni» dalla data di entrata in vigore del DLGS 81 del 2008 s.m.. Pur considerando, anche in questo caso, l’evidente ritardo accumulato nella costituzione del SINP (varato solo nel 2016), negli anni quando disposto a carico del datore di lavoro in merito alla tenuta del registro degli infortuni ha proseguito la sua vigenza, dando piena concretezza anche all’obbligo, sempre a suo carico, di far accedere il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (nelle sue diverse tipologie: aziendale e territoriali) ai dati contenuti nel registro (ai sensi dell’art.18, comma 1, lett o), quale diritto finalizzato all’espletamento della sua funzione. Ad irrompere in tale assetto, determinato da tutt’altre ragioni, è giunto, in data 14 settembre 2015, il DLGS n.151 che, volto a semplificare e razionalizzare le procedure di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro, ha introdotto alcune modifiche nell’articolato del DLGS 81/2008, interessando, tra gli altri, quanto disposto in merito al registro degli infortuni. Mediante l’art.21, comma 4 del DLGS 151 del 2015 (decreto attuativo, delle più ampia legge delega 10 dicembre 2014, n.183, più conosciuta come Jobs Act) è stato disposto che «a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, è abolito l’obbligo di tenuta del registro degli infortuni» e, con l’art.20, comma 1, lett. h, la soppressione del riferimento «al registro degli infortuni», previsto all’art.53, comma 6 del DLGS 81/2008, a partire dall’entrata in vigore del decreto di riforma (prevista per il 24 settembre 2015).
  • 11. La data del 23 dicembre 2015 (novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del DLSG 151/15) avrebbe, pertanto, rappresentato l’inizio di un periodo, in attesa del varo del SINP, di grande confusione sussistendo l’obbligo, a carico del datore di lavoro, di denuncia degli infortuni, ma allo stesso tempo, l’abolizione del registro. Nello stesso giorno, però, colmando un vuoto normativo rilevante, l’INAIL, mediante una propria circolare n.92 del 23 dicembre 2015, non sostituendosi al legislatore, ma offrendo una soluzione concreta, introdusse per la prima volta il «Cruscotto infortuni». Con tale novità l’ente assicurativo mirava, secondo il dettato della stessa circolare, ad «offrire agli organi preposti all’attività di vigilanza uno strumento alternativo» al registro degli infortuni, realizzando un sistema finalizzato a fornire quei dati e quelle informazioni utili all’attività ispettiva, a fronte dell’invariato obbligo di denuncia da parte del datore di lavoro degli eventi infortunistici occorsi ai propri prestatori d’opera. Disposizione quest’ultima, invariata e pienamente vigente, ai sensi dell’art.53 del d.P.R. n.1124 del 1965 che, pur modificato anch’esso dallo stesso DLGS 151/2015 (con l’art.21, comma 1, lett. b), manteneva sul punto quanto previsto. Il 25 maggio 2016, con il Decreto Interministeriale n.183, veniva definitivamente varato il SINP, avviandosi così finalmente (a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in GU, avvenuta il giorno 27 settembre 2016) la costruzione di quella tanto auspicata banca dati informatizzata nazionale volta a raccogliere un insieme di dati utili fondamentali, al fine di promuovere interventi mirati di prevenzione. Avviatosi il SINP, e constatando la rilevante portata del poter avere a disposizione un sistema unico informatizzato di dati, nei mesi a seguire apparve però evidente che l’interazione di così tanti flussi informativi avrebbe richiesto un tempo più lungo di realizzazione di quanto ipotizzato. Avvicinandosi così, da un lato la scadenza dei «sei mesi» per il passaggio dalla tenuta dei registri degli esposti agli agenti cancerogeni e biologici (ai sensi dell’art.53, comma 6) alla comunicazione telematica dei dati all’INAIL e, pertanto, al SINP, ma non meno anche la scadenza per rendere concreto l’obbligo della comunicazione, ai fini statistici, degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento (ai sensi dell’art.18, comma 1, lett. r e comma 1-bis), cogliendo l’opportunità offerta dal Decreto Milleproroghe del 2016 (DL 30 dicembre 2016, n. 244, convertito nella L. 27 febbraio 2017, n.19), con
  • 12. l’art.3, comma 2 e comma 3-bis, è stata introdotta una necessaria proroga temporale; acquisendo così, nel passaggio da «sei mesi» a «12 mesi», un più ampio margine per la messa a regime del sistema. Giungendo a scadenza i dodici mesi, nella data del 12 ottobre 2017, l’INAIL ha inteso onorare tale termine, dando avvio complessivo alle modalità di comunicazione relative agli infortuni sul lavoro con quelle riferite ai lavoratori esposti agli agenti cancerogeni e biologici, celebrando un anno di operatività del SINP, inaugurando i due modelli informatizzati di raccolta delle comunicazioni. Con il varo defintivo del sistema informatizzato di comunicazione riferito agli infortuni sul lavoro, a partire dalla data del 12 ottobre, ai sensi dell’art.18, comma 1, lett. r) del DLGS 81/2008 s.m., tutto quanto disposto andrà interamente a regime. - Per quanto riguarda la comunicazione degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni, per i quali attualmente era prevista la modalità del “Cruscotto degli infortuni”, varato dall’INAIL, per i datori di lavoro non cambierà alcunché, sul piano del merito, ma esclusivamente sul piano delle modalità operative, considerato che anche per tale comunicazione è previsto un nuovo portale dedicato. - Per quanto concerne, invece, la comunicazione degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno (escluso quello dell’evento), a fini statistici e informativi, novità introdotta dal DLGS 81 del 2008 e per la prima volta resa operativa, sarà anch’essa, a carico del datore di lavoro, obbligatoria. Alla luce delle novità, anche in questo caso, si conferma che permane il diritto in capo al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (aziendale e territoriale) relativo all’accesso alle comunicazioni svolte dal datore di lavoro, in merito agli infortuni sul lavoro, sia a fini statistici che assicurativi (ai sensi dell’art.18, comma 1, lett. o, del DLGS 81/2008 s.m.). A tale fine, difatti, i moduli informatizzati da compilare, nel portale dell’INAIL, sono stati tutti resi stampabili, tenuto conto che il codice identificativo aziendale di accesso è previsto sia riservato unicamente al datore di lavoro. Fonte: puntosicuro.it Prevenzione e protezione nei lavori in copertura, Quaderno Inail. ROMA – Lavori in copertura. È stato pubblicato da Inail un nuovo Quaderno di
  • 13. ricerca, il numero 15 – ottobre 2017 che affronta le misure di prevenzione e protezione nei lavori sulle coperture, la sicurezza in caso di lavoro in quota. Esecuzione in sicurezza dei lavori in copertura. Misure di prevenzione e protezione. Il quaderno analizza in apertura la legislazione nazionale e regionale, le norme Uni (in particolare la UNI 11560: 2014), passando poi a descrivere in dettaglio i rischi della mansione, le coperture, modi e mezzi per l’accesso e l’esecuzione dei lavori, tenendo come punto di vista primario quello dei dispositivi e delle installazioni in grado di tutelare il lavoro. Un’approfondita analisi tecnica che parte del presupposto dell’assenza attuale di una legislazione nazionale esclusivamente riservata alle dotazioni per i lavori su copertura. Una legislazione particolare intesa come successiva e conseguente a quanto previsto dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro ( Titolo IV “Cantieri temporanei o mobili” IV , “Capo II – Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota” articoli 107, 111,112,113,115,122,126,140,146,148). Così dalla prefazione del volume, Luca Rossi – Inail Dit, autore del volume: “Lo studio cercherà, inoltre, di identificare e fornire informazioni e dati agli operatori di settoreche possono essere utilizzati anche dalle istituzioni pubbliche per la loro attività di verifica, controlloe indirizzo per condividere le misure di sicurezza da adottare per l’esecuzione delle attivitàsulle coperture.Il documento non vuole essere esaustivo, ma si propone di affrontare una parte delle problematicherelative alla realizzazione delle citate misure, con particolare riguardo ai requisiti che iprodotti debbono soddisfare”. Questo l’indice:  Riferimenti;  Valutazione del rischio;  Elementi caratteristici della copertura;  Accesso e/o sbarco;  Transito ed esecuzione. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Quaderno Inail n.15 ottobre 2017 Fonte: quotidianosicurezza.it