1. News 03/SA/2014
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi
Sono 75 le segnalazioni diffuse dal sistema di allerta rapido comunitario per alimenti
e mangimi (Rasff) durante la terza settimana dell’anno.
L’elenco italiano si apre con tre allerta per la presenza di mercurio in due lotti di
squalo mako (Isurus oxyrinchus) surgelati e in un lotto di filetti di pesce spada (Xiphias
gladius) provenienti dalla Spagna.
Quattro i respingimenti alle frontiere effettuati dalle autorità italiane: pelapatate
cinesi per migrazione di metalli (cromo e manganese) e livello troppo alto di
migrazione totale, sempre dalla Cina viene rilevata migrazione di melammina in
oggetti per la tavola, pistacchi provenienti dagli Stati Uniti contaminati da
aflatossine, tracce di pesticidi (profenofos e tebuconazolo) in Centella asiatica in
arrivo dallo Sri Lanka.
Per quanto riguarda invece le notifiche di informazione (che non implicano un
intervento urgente) vengono segnalati: cadmio in farina di pesce dalla Spagna,
lotto di datteri provenienti dalla Tunisia infestati da insetti, livello troppo elevato
di Escherichia coli (330 MPN/100g) in mitili mediterranei (Mytilus galloprovincialis),
mercurio in lotto di pesce spada scongelato e in lotto di pesce spada (Xiphias
gladius) in filetti sottovuoto refrigerati tutti in arrivo dalla Spagna.
Sono diverse questa settimana le segnalazioni riguardanti prodotti italiani esportati:
un allerta danese segnala la presenza di escrementi di topo in datteri di origine
sconosciuta confezionati in Italia, le autorità slovene segnalano la presenza non
dichiarata di latte in un lotto di biscotti, l’Austria segnala la presenza di Salmonella
Livingstone in preparato di girasole biologico per mangimi veicolato dalla
Germania, mentre in Olanda vengono rilevate tracce di insetticida (omethoate) in
una partita di uva.
(Fonte:www.sicurezzaalimentare.it )
2. Macchine per caffè: rilasciano troppo piombo sostiene una ricerca dell’Istituto
tedesco per la valutazione del richio sicurezza alimentare tedesca Bfr
Alcuni tipi di macchine per caffè esaminate nei laboratori dall’Istituto federale
tedesco per la valutazione del rischio (BfR) rilasciano quantità elevate di piombo. La
notizia ha destato un certo scalpore e sono circolate informazioni errate su molti
giornali. Per questo motivol’Istituto tedesco per la valutazione del rischio (BfR) ha
diramato un comunicato ufficiale dove dice che il progetto ha ineressato otto
nuove macchine per caffè per uso domestico, all’interno di uno studio sul rilascio di
metalli pesanti dovuto a materiali a contatto con alimenti. Le macchine per caffè
testate evidenziavano un certo rilascio di piombo che però tende a diminuire con il
passare del tempo. Si è notato che 2 delle 3 macchinette a filtro cedevano
all’acqua concentrazioni di piombo superiori di oltre 100 volte rispetto ai parametri
stabiliti dall’Unione Europea per l’acqua potabile (10ug/Kg, con un valore massimo
di accettabilità fino a 40 ug/Kg). Il picco massimo di rilascio avveniva dopo la pulizia
con agenti decalcificanti. Tutte le altre tipologie di macchinette (cialde, capsule),
rispettavano invece i limiti relativi alla migrazione di piombo, prima e dopo
l’operazione di pulizia, avvicinandosi alla soglia dei 10 mg/Kg senza superarla.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Divieto di muta forzata: i chiarimenti del Ministero
Dopo che il Food Veterinary Office (FVO) ha formulato una specifica
raccomandazione con la quale invitava l’autorità Centrale competente ad
adottare azioni volte a proibire la pratica della muta forzata il Ministero della
Salute ha fornito alcuni chiarimenti relativi al divieto.
Destinatarie del chiarimento ministeriale oltre le associazioni di categoria sono
anche le Regioni e le Province autonome, le quali sono state invitate ad intensificare
i controlli sull’utilizzo negli allevamenti del riposo produttivo. Il ricorso a pratiche di
induzione forzata è soggetto a sanzioni amministrative nei casi previsti dall’art. 7 del
D. Lgs. 267/2003, dall’art. 7 del D. Lgs. 146/2001 ed a sanzioni penali nei casi in cui
sono prefigurabili le fattispecie di reato di maltrattamento di cui all’art. 544-ter ed
all’art. 727 del codice penale.
Di seguito i criteri di indirizzo che sono stati realizzati di concerto con il Centro di
Referenza Nazionale per il Benessere Animale c/o l’IZS della Lombardia e dell’EmiliaRomagna:
La muta
La muta è un evento naturale e stagionale nel corso del quale i volatili riducono
drasticamente l’assunzione di alimento, cessano la produzione di uova e
sostituiscono le proprie piume. Questo periodo di riposo produttivo è seguito poi da
una ripresa dell’ovodeposizione ad un tasso più elevato e con uova di qualità
superiore rispetto al periodo precedente la muta.La muta può anche essere indotta
attraverso il ricorso a tecniche che simulano gli eventi naturali e che avviano quindi
3. tale processo. L’induzione della muta, prolunga la vita produttiva della gallina
riducendo il numero di rimonte necessarie per produrre la stessa quantità di uova
con dei vantaggi dal punto di vista economico e dell’impatto ambientale. Negli
allevamenti intensivi, però, accanto a questi vantaggi ci sono degli aspetti negativi
dovuti al fatto che, tradizionalmente, al fine dell’avvio della muta, vengono utilizzate
pratiche non consentite dalla normativa cogente come la sospensione della
somministrazione dell’alimento associata o meno alla riduzione del fotoperiodo.
Fonte: http://www.sicurezzaalimentare.it
Novità dal Regolamento "Informazione Alimentare ai Consumatori": a rischio
indicazione stabilimento in etichetta?
Non tutti hanno notato che con l’entrata in vigore-prevista da dicembre 2014- del
Regolamento 1169/2011, “Informazione Alimentare ai Consumatori”, verrà fatto
obbligo di indicare in etichetta soltanto la azienda produttrice (“la casa madre”),
con riferimenti geografici per la localizzazione della stessa. Mentre va a scomparire
indicazione dello stabilimento specifico di produzione, qualora diverso da quello
dell’azienda produttrice in senso lato.
La norma- che di fatto era prevista anche dalla precedente direttiva europea, è
stata però in passato filtrata dalla normativa italiana, più restrittiva. Infatti, in deroga
al art. 3 par. 1 della Direttiva 2000/13 per l'Italia, l'indicazione della sede dello
stabilimento di produzione (decreto 109/92, art.3.1 lettera f) è ritenuta da indicarsi.
Questa scelta rifletteva la volontà di una maggiore trasparenza al consumatore.
Fonte: http://www.sicurezzaalimentare.it