Progetto BEPS: Action Plan 1 – Digital Economy
Sulla base della relazione finale 2015 diramata dall’OCSE, pubblichiamo il primo di una serie di articoli concernenti le 15 azioni del Progetto BEPS. L’azione N. 1 (ADDRESSING THE TAX CHALLENGES OF THE DIGITAL ECONOMY), riguarda le sfide della fiscalità nella Digital Economy.
1. Progetto BEPS: Action Plan 1 – Digital Economy
Sulla base della relazione finale 2015 diramata dall’OCSE, pubblichiamo il primo di una serie di
articoli concernenti le 15 azioni del Progetto BEPS. L’azione N. 1 (ADDRESSING THE TAX
CHALLENGES OF THE DIGITAL ECONOMY), riguarda le sfide della fiscalità nella Digital Economy.
I leader della politica, gli organi di stampa, e la società civile in tutto il mondo hanno espresso una
crescente preoccupazione riguardo alla pianificazione fiscale operata dalle multinazionali che,
sfruttando vuoti normativi nell’integrazione tra un sistema tributario e l’altro, ha artificialmente
ridotto il reddito ante imposta e allocato i profitti in una giurisdizione con minore pressione fiscale,
nella quale vengono svolte solo alcune delle attività che hanno generato quei profitti. In risposta a
tali preoccupazione, e a seguito della richiesta del G20, l’OCSE – come noto – ha pubblicato il
Piano BEPS, Base Erosion and Profit Shifting. La prima Azione del suddetto Piano riguarda le sfide
della fiscalità nella Digital Economy.
La TFDE (Task Force on the Digital Economy), una società ausiliaria della CFA (Committee on Fiscal
Affairs), nella quale gli Stati del G20 non appartenenti all’OCSE partecipano in qualità di Associati
di pari livello con i Paesi membri, ha deciso, nel settembre 2013, di sviluppare una relazione che
identificasse i problemi sorti con l’avvento della Digital Economy e le strategie per affrontarli. La
TFDE si è consultata approfonditamente con gli stakeholder, ha analizzato gli input ricevuti dalle
varie aziende, società civile, mondo accademico e Paesi in via di sviluppo, e ha pubblicato una
relazione provvisoria nel Settembre 2014, proseguendo con i lavori nel 2015. Sulla base dello
studio eseguito, l’OCSE ha evidenziato le seguenti raccomandazioni finali.
La Digital Economy (DE) è il risultato di un processo di trasformazione dovuto all’avvento e allo
sviluppo della tecnologia (Information and Communications Technology – ICT), la quale,
oggigiorno, è stata resa più economica, potente e standardizzata, migliorando l’operatività
aziendale e sostenendo l’innovazione in tutti i settori dell’economia.
Dal momento che la DE, in modo sempre maggiore, costituisce l’ossatura principale dell’economia,
sarà difficile, se non impossibile, separarla da tutto il resto per questioni meramente fiscali. I suoi
business model, peraltro, presentano delle caratteristiche potenzialmente rilevanti proprio da tale
ultimo punto di vista. Dette caratteristiche includono la mobilità, la necessità di informazioni, gli
effetti dei network, la diffusione di multi-sided business model, la tendenza a costituire monopoli
o comunque oligopoli, e la volatilità. Le tipologie di business model comprendono svariate versioni
di e-commerce, negozi di app, pubblicità online, cloud computing, piattaforme di network
partecipativi, trading ad alta velocità, e servizi di pagamento online. La DE, nel contempo, ha
anche accelerato e modificato la diffusione delle catene del valore che le multinazionali utilizzano
per svolgere le loro attività in tutto il mondo.
Sebbene, in generale, i business model della DE non generino sfide BEPS peculiari, alcune delle
loro caratteristiche accrescono determinati rischi BEPS. Orbene, identificati questi rischi, il piano
BEPS è stato arricchito dal lavoro sulle contromosse e sulle azioni da intraprendere onde
assicurare l’efficacia dei rimedi connessi alle soluzioni proposte.
2. Conseguentemente:
1) È stato deciso di modificare la lista delle eccezioni alla definizione di PE (Permanent
Establishment) in modo tale che ognuna di queste fosse limitata alle attività di carattere
“preparatorio o ausiliario”, introducendo una nuova legge anti-frazionamento per garantire
che non fosse possibile trarre beneficio da tali eccezioni mediante la frammentazione delle
attività aziendali tra aziende strettamente collegate.
Per esempio: il mantenimento di un magazzino locale di grosse dimensioni nel quale
lavorano un cospicuo numero di dipendenti addetti all’immagazzinaggio e alla spedizione
di prodotti venduti online a clienti, da parte di un unico operatore il quale cede prodotti
fisici (e il cui business model dipende dalla vicinanza del cliente e dalla necessità di
consegnare rapidamente allo stesso i prodotti acquistati), costituirà una stabile
organizzazione per quel venditore in base ai nuovi standard.
2) È stato, poi, deciso di modificare la definizione di PE tenendo in considerazione le
circostanze in cui falsi accordi di vendita di prodotti o servizi a un’azienda facente parte di
un gruppo, risultino di fatto nella conclusione del contratto, così che le vendite vengano
trattate come se fossero state effettuate dalla stessa compagnia.
Per esempio: quando la rete di venditori di un’azienda sussidiaria locale di un venditore
online di prodotti fisici o di un operatore online di servizi di pubblicità, ricopre
abitualmente il ruolo principale nella chiusura del contratto con potenziali grossi clienti per
quei prodotti o servizi, e questi contratti sono di norma conclusi senza alcuna
modificazione da parte dell’azienda madre, queste attività devono risultare come
direttamente eseguite per conto dell’azienda madre.
3) Inoltre, è stata rivista la guida dei prezzi di vendita, rendendo chiaro che il solo possesso a
titolo giuridico non genera necessariamente il diritto a tutto (o parte) del profitto che
scaturisse dalla vendita dei beni immateriali, ma che l’azienda del gruppo che ha svolto le
funzioni più importanti, contribuito alle attività di maggior rilevanza e sopportato i rischi
economici maggiori, secondo quanto determinato da un’accurata descrizione della vendita
in concreto, avrà diritto a un profitto commisurato. Indicazioni specifiche assicureranno
che la definizione del prezzo di vendita non sia inficiata dall’asimmetria informativa tra
l’ente che gestisce il sistema di tassazione e il contribuente, in ragione della complessità
della valutazione dei beni immateriali, o in ragione della peculiarità del contratto
sottoscritto, quale potrebbe essere un classico accordo di “costo per contributo” (cost
contribution arrangement).
4) Quanto, infine, alle strutture CFC, le raccomandazioni includono le definizioni di reddito
CFC che si riferisce specificatamente a quello prodotto nella DE, soggetto alla tassazione
della giurisdizione della società madre. Si prevede che l’attuazione di queste misure, come
delle altre misure previste nel progetto BEPS (per esempio: le quantità minime per poter
trattare gli accordi commerciali, il modo migliore per sviluppare le leggi a livello nazionale
sugli interessi e sugli altri pagamenti deducibili, l’applicazione agli indirizzi IP ai singoli
regimi relativamente ai requisiti di attività sostanziali richiesti dall’approccio “nexus”),
porrà rimedio sostanziale ai principali problemi originati dalla DE, sia per quanto concerne
3. l’effettiva giurisdizione del mercato, che per quanto riguarda la giurisdizione dell’azienda
madre, con l’obiettivo di mettere fine al fenomeno del c. d. “stateless income” (reddito
privo di stato).
L’avvento della DE ha anche posto altre sfide alle autorità politiche per quanto riguarda la fiscalità
in generale. Queste sfide concernono in particolare il citato nexus approach, nonché i dati e la
caratterizzazione per ragioni di tassazione diretta, che spesso si sovrappongono l’una con l’altra.
Ulteriori questioni direttamente connesse alla DE, sono poi quelle afferenti la riscossione dell’IVA;
in particolare quando i servizi e i beni materiali e immateriali sono acquistati da privati tramite
aziende fornitrici estere.
La TFDE ha, quindi, discusso e analizzato una serie di possibili soluzioni per affrontare queste sfide,
tenendo in considerazione l’analisi di quanto impatto economico abbia ciascuno di questi
problemi, e ha concluso che:
A) L’opzione di modificare le eccezioni allo status di stabile organizzazione (adottata in
risposta al lavoro svolto per l’Azione 7 del progetto BEPS, onde assicurare che la PE si
configuri solo per le attività realmente di natura preparatoria o ausiliaria), deve essere
oggetto di implementazione in tutti I trattati fiscali esistenti in maniera simultanea,
attraverso l’efficace adozione di uno strumento convenzionale multilaterale atto a
modificare i singoli accordi bilaterali preesistenti in funzione dell’Azione 15.
B) La riscossione dell’IVA sulle transazioni transnazionali, in particolare quelle che riguardano
aziende e consumatori, è un problema rilevante. Si raccomanda, dunque, a tutti i Paesi di
applicare i principi dell’International VAT Guidelines, tenendo in considerazione
l’introduzione del meccanismo di riscossione ivi presente nel loro sistema.
C) Tutte le altre opzioni prese in considerazione dalla TFDE, ossia:
(i) un nuovo nexus approach in base all’importante presenza economica
(ii) una ritenuta su alcuni tipi di transazioni della DE
(iii) un’imposta di perequazione
non sono consigliate in questa fase.
Questo perché, tra le altre motivazioni, ci si aspetta che:
- le misure specificatamente intraprese nel progetto BEPS per l’argomento in questione
abbiano un impatto rilevante sui problemi a esso creati dalla DE (identificati in
precedenza);
- le altre misure già insite nel progetto BEPS riducano comunque alcuni aspetti
concernenti le sfide della fiscalità in generale;
- l’imposta sui consumi possa essere efficacemente riscossa nel mercato di ciascun
singolo Paese di competenza.
D) Gli Stati hanno comunque la facoltà di introdurre una o più di queste tre opzioni nel loro
ordinamento nazionale come ulteriore misura preventiva anti BEPS, purché rispettino le
obbligazioni esistenti nei trattati bilaterali. In particolare, l’adozione di queste misure
4. nell’ordinamento nazionale richiederà ulteriori misurazioni delle differenti opzioni per
assicurare maggior chiarezza riguardo ai dettagli, oltre ad alcuni adattamenti per
mantenere la coerenza con gli adempimenti obbligatori – per l’appunto – già presenti nei
trattati internazionali sottoscritti.
Nel terminare la sua relazione, l’OCSE rappresenta come, considerato che queste conclusioni
possono modificarsi di pari passo con l’incessante sviluppo della DE, appare fondamentale
continuare a lavorare su detti problemi e controllare il suo naturale evolversi nel corso degli anni.
Per tale ragione, il lavoro proseguirà con il completamento degli impegni del progetto BEPS;
impegni che saranno svolti con la partecipazione di una vasto numero di stakeholder, sulla base di
una richiesta specifica per lo sviluppo, durante il 2016, della realizzazione di un comprensivo
processo di monitoraggio post-BEPS. Sarà, infine, prodotto, entro il 2020, un ulteriore report che
analizzi e spieghi questi successivi lavori, sempre con specifico riferimento alla Digital Economy.