La concorrenza sleale su internet e sui social: ipotesi e rimedi
Commercio elettronico e tutela dei segni distintivi
1. Commercio elettronico e tutela dei segni distintivi
Responsabilità degli intermediari e trend giurisprudenziali
Convegno AssoPa – Forum Medialaws
Milano, 30 marzo 2012
Marco Bassini
3. Perché?
Identità personale v. Identità digitale
L’identità personale dell’impresa
Centralità del ruolo degli ISP nel Web 3.0
Principi validi anche in altri settori
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6. Direttiva 2008/95/CE – Regolamento (CE) 207/2009
Articolo 5(1) – Articolo 9(1)
Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo.
Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:
a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui è
stato registrato;
b) un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza col marchio di impresa e
dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e
dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il
rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio di impresa;
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7. Direttiva 2008/95/CE – Regolamento (CE) 207/2009
Articolo 5(2) – Articolo 9(1)
c) ciascuno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai
terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al
marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è
stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se
l’uso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo
o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.
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8. Direttiva 2000/31/CE
Articolo 14
1.Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società
dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un
destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni
memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto
prestatore:
a) non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività o l'informazione è
illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di
circostanze che rendono manifesta l'illegalità dell'attività o dell'informazione;
b) non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le
informazioni o per disabilitarne l'accesso.
2.ll paragrafo 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l'autorità o il
controllo del prestatore.
3.Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, per un organo giurisdizionale o
un'autorità amministrativa, in conformità agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, di
esigere che il prestatore ponga fine ad una violazione o la impedisca nonché la
possibilità, per gli Stati membri, di definire procedure per la rimozione delle informazioni
o la disabilitazione dell'accesso alle medesime.
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9. Direttiva 2000/31/CE
Articolo 15
1.Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non
impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che
trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o
circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
2.Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società
dell'informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente
di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle
autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei
destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati
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11. Corte di giustizia UE, 23 marzo 2010
Google condannata in Francia per l’utilizzo, nell’ambito del servizio di posizionamento
AdWords, di keyword corrispondenti a marchi registrati (LVMH) da parte di inserzionisti
che offrivano imitazioni o si qualificavano come imprese concorrenti
Prestatore non fa uso nel commercio di segno altrui
Uso del marchio altrui da parte di terzi rileva se inficia funzione distintiva tipica del segno
distintivo: parametro di osservazione è l’utente normalmente informato e ragionevolmente
attento
Prestatore che offre servizi di keyword advertising opera come hosting provider
Contributo attivo: no scopo di lucro, si partecipazione nell’attività di sponsorizzazione
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12. Corte di giustizia UE, 12 luglio 2011
eBay convenuta nel Regno Unito per (i.) aver ospitato annunci relativi a prodotti contraffatti
o imitazioni e (ii.) aver pubblicato messaggi pubblicitari con collegamento a detti annunci
mediante servizi di keyword advertising
Uso del marchio registrato come inserzionista da parte del prestatore sussiste anche
quando agisca per promuovere la vendita di prodotti altrui. In ogni caso, violazione
sussiste solo se vi è pregiudizio alla funzione distintiva (v. caso Google)
No uso nel commercio di marchio come intermediario
Prestatore che offre servizi di keyword advertising opera come hosting provider
Contributo attivo: rilevanza trattamento dati degli utenti, definizione modalità scambio
offerte e proposte, servizi di ottimizzazione delle offerte
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13. Francia
• Tribunal de grande instance di Parigi, 18 marzo 2008
eBay viola l’esclusiva sul marchio registrato in ipotesi l’utente utilizzi un segno
corrispondente in offerte di vendita di prodotti di diverso valore
• Tribunal de commerce di Parigi, 30 giugno 2008
Condanna eBay per vendita di prodotti contraffatti sotto spendita dei marchi Dior e
Christian Dior
eBay qualificato come mediatore per incameramento di provvigioni, che vale a escluderne
il ruolo di prestatore neutro
Critiche:
-consapevolezza di eBay circa vendita di prodotti contraffatti: circostanza generica e non
specifica
-ad impossibilia nemo tenetur
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14. Francia
• Tribunal de grande instance di Parigi, 14 dicembre 2011
Condanna Google per aver permesso la registrazione mediante keyword corrispondente a
nome di una persona fisica di un collegamento a sito recante contenuti lesivi della sua
riservatezza
No esenzione di responsabilità perché:
-Google può conoscere contenuto anteriormente alla pubblicazione;
-possibilità illimitata di intervento di rimozione/blocco contenuti.
Controllo editoriale su informazioni immesse dagli utenti: prestatore svolge ruolo attivo,
che esclude esenzione di responsabilità
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15. Stati Uniti
Tiffany (NJ) Inc. v. eBay, Inc.
Nel 2008, Tiffany conviene eBay per violazione di marchio dovuta all’acquisto come
inserzionista di messaggi pubblicitari con collegamenti a offerte relative a prodotti
contraffatti
No uso distintivo del marchio: nominative fair use
Irrilevanza di attività commerciale svolta da eBay
No contributory infringement: attività di verifica dei contenuti basata su notice and take
down (segnalazione utente), no ad attività preventive di sorveglianza perché spetta a
utenti segnalare violazioni esistenti
Non basta consapevolezza generica
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17. Italia
Nessun caso specifico ma…
•Tribunale di Padova, Giudice per le Indagini Preliminari, 29 settembre 2011
Decreto di sequestro preventivo di 493 siti contenenti nel proprio nome a dominio il
termine “Moncler” sulla base della presunta illiceità delle attività di vendita svolte da alcuni
dei siti interessati (enfasi su ribasso prezzi, provenienza capi d’abbigliamento…)
Provvedimento abnorme: manca fumus boni iuris nei confronti di tutti i siti
Colpo di spugna annullato in sede di gravame
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18. Italia
•Proposta di legge “Fava” n. 4511, Modifica artt. 16-17 d. lgs. 70/2003
Modifiche al regime di responsabilità degli ISP:
-ampliamento base conoscitiva in funzione della quale ISP dovrebbe intervenire su attività
illecite (conoscenza pregressa);
-ulteriori ipotesi di deroga a esenzione responsabilità: adozione filtri preventivi, verifica
legittimazione a uso di marchi dei soggetti che agiscono come destinatari dei servizi,
verifiche in base a comunicazioni preventive dei titolari dei diritti…
Saggiamente abbandonato…
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20. La responsabilità ai tempi del Web 2(?).0
Difficoltà oggettiva: definizione di uniformi criteri di dettaglio in base ai quali escludere
ruolo attivo del prestatore (tentativo, maldestro, nel ddl “Fava”)
Ad impossibilia nemo tenetur: preoccupante trend verso l’aggravamento del ruolo degli
ISP, che snaturerebbe la tendenziale assenza di obblighi di sorveglianza in via generale
prevista dalla Direttiva 2000/31
Un problema di costi: ottimale allocazione dei “costi di responsabilità”
Si può cambiare, ma si deve riflettere
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