3. „TUTTA L’INFELICITÀ DEGLI UOMINI
DERIVA DA UNA SOLA CAUSA, DAL NON
SAPERE STARSENE IN PACE, IN UNA
CAMERA.“
Blaise Pascal
(19 giugno 1623 – 19 agosto 1662)
4. Ragazzo di buona famiglia, il padre non lo
manda a scuola e cura lui stesso la sua
formazione
Le sorelle frequentavano il monastero di Port
Royal (vicine alla mentalità giansenista)
Pascal sviluppa e apprezza il pensiero
matematico ma si rende conto che questo
rigore razionale non risponde alle più grandi
domande dell’uomo (senso della vita?)
Filosofo esistenziale ante litteram
Autonomia del pensiero: non si è mai
accontentato delle verità fornitegli, ma le
ricerca in natura, non sui libri
VITA
5. Pascal si interessa ai giansenisti, una setta cattolica con
mentalità vicina al protestantesimo.
Si basava su:
spiritualità semplice, intima (rifiutava i riti e
l’esteriorità), rapporto intimo con il divino
Teoria della predestinazione: i giansenisti e i
protestanti credono che tutto sia predestinato e
determinato dal divino
Il cristianesimo invece crede più nella libertà
INTERESSE PER IL
GIANSENISMO
6. CRITICA AI GESUITI NELLE LETTERE PROVINCIALI
I gesuiti, sempre molto vicini al potere politico, nei tempi
della riforma protestante, avevano l’intento di riportare fedeli
all’interno della chiesa cattolica utilizzando una morale più
morbida
Pascal si scontra contro il lassismo dei gesuiti, che non
avevano una vera fede, non compiono una trasformazione
interiore
7. DIFESA DELLA
TEORIA
AGOSTINIANA
DELLA GRAZIA
A differenza del pensiero luterano secondo il
quale il destino dell’uomo è segnato, Pascal si
ritrova con il ragionamento di Agostino che
prevede che le azioni dell’uomo sono tali grazie
al libero arbitrio che le fa accadere. Queste
azioni sono anche di Dio, a causa della sua
grazia, che fa in modo che l’arbitrio dell’uomo le
generi. Per questo motivo Dio ci induce a fare
ciò che lui preferisce.
8. È la questione più importante su cui si
interroga l’uomo, è il valore morale che
mette in movimento l’uomo
Non può avvenire col pensiero
Secondo pascal è inconcepibile che gli
individui rimangano indifferenti di fronte
a questo interrogativo (essendo
impegnati in altre azioni vane) poiché
questo argomento si pone alla base
dell’esistenza umana e mette al centro
l’uomo stesso come principale problema.
Filo conduttore del filosofare pascaliano:
L’enigma dell’uomo e della vita per Pascal trova una soluzione solo
attraverso la fede
Emerge la religiosità del filosofare di Pascal, che esprime una tendenza
apologetica (=che ha per fine la difesa o l’esaltazione di una fede) che si
interessa di mettere in evidenza:
la mentalità comune, della scienza e della filosofia di fronte al problema
esistenziale
la capacità del cristianesimo di trovare una risposta adeguata a tale
problema
IL PROBLEMA DEL SENSO DELLA VITA
9. IL DIVERTISSEMENT
(=DIVERTIMENTO/DISTOGLIMENTO/DISTRAZIONE)
Il termine non indica il vero e proprio divertimento, piuttosto ha il significato filosofico di oblio e stordimento di sè
(allontanamento/distrazione da se stessi) a causa dell’immersione dell’uomo nelle attività quotidiane e sociali.
Qualunque aspetto della vita (attività anche più seria, matematica/scientifica) che distoglie l’uomo dall’interrogarsi sul
senso della vita, sul suo mistero profondo e sull’idea della morte diventa divertimento.
Il divertimento è una fuga per l’uomo da se stesso, ottenuta tramite una qualsiasi attività lavorativa e ricreativa.
L’uomo, attraverso il divertimento, fugge dalla sua infelicità (incertezza umana) e dai grandi interrogativi sulla vita e la
morte.
Il mistero che ci circonda non può essere risolto con la razionalità
L’uomo utilizza il divertimento come distoglimento dal vuoto interiore e dalla noia che si crea in lui quando vengono
sospese le attività.
10. IL DIVERTISSEMENT
L’uomo ha bisogno di distrarsi dalla sua miserevole condizione: non cerca le
cose, ma la ricerca delle cose. L’uomo non vive nel presente, ma in attesa del
futuro, quindi non vive mai effettivamente, ma spera di vivere.
Il divertimento, alla fine, è solo un’illusione che non genera felicità ma
distrae l’uomo dal dolore e dalla noia.
Senza il divertimento l’uomo affronterebbe la noia sicuramente in modo
diverso, ma il divertimento gli risulta piacevole poiché lo allontana dalle
preoccupazioni facendolo arrivare “distratto/inconsapevole” alla morte.
Pascal condanna l’uomo che non si interessa o che ignora la sua condizione,
ma lo incita ad accettare ed analizzare lucidamente la propria condizione.
11. SPIRITO DI GEOMETRIA E DI FINEZZA
Secondo Pascal esistono due tipi di sensibilità:
l’esprit de geometrie= lo spirito di geometria= è la ragione scientifica, il rigore logico con cui si affrontano gli argomenti della
matematica. Riguarda le cose esteriori (la realtà naturale) o gli enti astratti della matematica e procede attraverso le
dimostrazioni. Dio non è oggetto di meditazione, l’uomo è oggetto di meditazione
l’esprit de finesse= sensibilità del cuore= attraverso l’intelligenza del cuore l’uomo può rispondere al senso della vita. Non è
un dono di tutti. Ha per oggetto l’uomo e si basa sul cuore, sul sentimento e sull’intuito. Sullo spirito di finezza si fondano
l’eloquenza, la morale e la filosofia poichè solo attraverso il sentimento e il cuore si può ottenere un’eloquenza persuasiva.
L’uomo è infinitamente piccolo e fragile ma ha la capacità di concepire/sentire l’infinitamente grande.
Con lo spirito di finezza le cose si sentono, si percepiscono piuttosto che vedono.
Lo spirito di finezza vede l’oggetto di colpo (imminentemente) e a primo impatto (con un solo sguardo) senza passare attraverso
il ragionamento discorsivo.
Per quanto riguarda la matematica, lo spirito di finezza permette di cogliere i principi più semplici: le tre dimensioni dello spazio,
l’infinità dei numeri.
12. I LIMITI DELLA FILOSOFIA: L’ESISTENZA DI DIO NON È
DIMOSTRABILE
La filosofia ha dei limiti in quanto essa si pone i massimi problemi esistenziali
ma non li risolve tutti
I filosofi non sono riusciti a dimostrare l’esistenza di Dio poiché l’ordine e le
meraviglie del mondo (del creato) non provano a prescindere l’esistenza di Dio.
Solo per chi è credente la natura può essere vista come opera di Dio, ma per chi
è ateo può interpretarla anche senza ricorrere a Dio.
Per Pascal l’esistenza di un creatore non è chiara ma oscura e problematica
tanto quanto la sua inesistenza.
Le idee dei filosofi risalgono ad una entità astratta di Dio.
13. PARADOSSALITÁ
è il tratto caratteristico della condizione umana
nella quale esistono insieme e si affermano coppie
di contrari (grandezza/miseria,
sapienza/ignoranza, bene/male).
Una paradossalità non va ignorata o negata come
faceva la filosofia tradizionale, cercando di rendere
assoluto un solo aspetto ma questa va lucidamente
affermata e difesa poichè è pericoloso mostrare
all’uomo un aspetto senza mostrargli anche il suo
opposto.
14. (=filosofare e riflettere sulla filosofia= filosofia consapevole dei suoi stessi
limiti)
Filosofa sulla filosofia per capire i suoi limiti
è come una cerniera che lega ragione e religione, è al servizio della fede.
Si basa sul il cristianesimo visto come qualcosa di superiore alla ragione , in
quanto arriva dove la ragione non può arrivare.
La filosofia, pur lasciando irrisolti i problemi della natura dell’uomo e del suo
destino funge da stimolo a cercare risposte altrove, in quella forma di
conoscenza superiore che è la religione.
Per Pascal la problematica dell’uomo può essere risolta solamente attraverso Dio.
LA RAGIONEVOLEZZA DEL
CRISTIANESIMO
grado di spiegare anche ciò che la
ragione non riesce a spiegare.
Quindi la fede non è irrazionale poiché
consiste nel credere in qualcosa che è
superiore alla ragione.
METAFILOSOFIA
15. LA SCOMMESSA SU DIO
Per dimostrare la ragionevolezza della fede, Pascal si rivolge ai liberi pensatori ed elabora il concetto di scommessa,
secondo il quale l’uomo deve scegliere in che modo agire: se vivere come se Dio esistesse oppure vivere come se Dio
non esistesse.
L’uomo non può sottrarsi a questa scelta poiché ignorare la questione è di per sè un atto negativo.
Visto che la ragione non può aiutare l’uomo in questo ambito, bisogna comportarsi come è più conveniente.
Conviene scommettere sull’esistenza di Dio poichè chi scommette in questo caso, se vince, guadagna tutto e se perde,
non perde nulla.
Secondo Pascal conviene comportarsi come se dio esistesse e quindi scommettere sulla sua esistenza poiché in caso di
perdita, egli perderà solo i piaceri mondani ma in caso di vincita egli guadagnerà la beatitudine eterna donata da Dio.
16. LA SCOMMESSA SU DIO
Bisogna compiere il bene possibile attraverso la gentilezza (=attenzione verso l’altro) poiché ciò porta a vivere meglio.
La scommessa è più conveniente se la vincita è infinita e se a perdita è nulla.
Pascal riconosce che non è facile comportarsi come se Dio esistesse quando non si crede e quindi non si può vivere a
comando, ma bisogna lavorare per convincersi aumentando le prove dell’esistenza di Dio e diminuendo le passioni che
ostacolano la fede.
L’uomo deve impegnarsi nella fede non solo con la ragione ma con tutto se stesso nelle sue azioni quotidiane.
La morale diventa qualcosa di saldo poiché le sue norme derivano dall’amor di Dio e si fondano su esso.
17. La concezione della fede come “dono di Dio” rende
complessa e ambigua l’opera di Pascal.
Da un alto sembra dare importanza alla persuasione razionale
esaltando la ragionevolezza del cristianesimo (fa un’apologia
del cristianesimo in quanto religione ragionevole) e dall’altro
dice che la fede è un dono e non può essere una conquista
dell’uomo.
Ciò è collegato all’ambigua concezione della grazia.
A differenza del pensiero luterano secondo il quale il
destino dell’uomo è segnato, Pascal si ritrova con il
ragionamento di Agostino che prevede che le azioni
dell’uomo sono tali grazie al libero arbitrio che le fa
accadere. Queste azioni sono anche di Dio, a causa della
sua grazia, che fa in modo che l’arbitrio dell’uomo le
generi. Per questo motivo Dio ci induce a fare ciò che lui
preferisce.
Ambiguità sull’esistenza del libero arbitrio.
RICERCA UMANA E GRAZIA
DIVINA
18. RICERCA UMANA E
GRAZIA DIVINA
Le buone azioni che discendono dalla fede derivano
dalla grazia divina, che è un dono di Dio. Pascal
sembra valorizzare la ricerca umana ma di fatto la
annulla
La posizione di Pascal sulla grazia rimane legata al
giansenismo e più vicina alle tesi portestanti (che si
basano sulla predestinazione e sulla negazione
dell’iniziativa umana e del libero arbitrio)
Dottrina del Dio nascosto: si manifesta a chi ha già la
fede e si nasconde a chi non è credente (non
interviene) al tempo stesso risultando per gli uomini
non così chiaro da poter essere negato e non così
nascosto da poter essere affermato.
Dio si nasconde di fronte a coloro che lo tentano e si
rivela a coloro che lo cercano. E’ Dio che con la sua
grazia dà all’uomo l’occhio per vedere e l’orecchio per
udire, cioè la sensibilità per captare e percepire le sue
manifestazioni
Ambiguità del manifestarsi di Dio (inteso come
l’ottimo), Dio è nascosto nei fenomeni e l’uomo deve
cercarlo e scoprirlo
19. Pascal Critica il razionalismo cartesiano
Pascal accusa Cartesio (nonostante apprezzi il suo metodo) a
proposito di Dio: Cartesio si serve di Dio per dare un piccolo
inizio ad un ragionamento ma poi non ne se fa nulla
Cartesio dimostra l’esistenza di Dio ma poi non ne va a fondo
Rimane solamente un aspetto teorico che non cambia il mio
animo, credere in Dio non cambia la vita
Mentre invece secondo Pascal Dio deve essere una riflessione
centrale ed esistenziale
L’esistenza di Dio per Cartesio è utile per non cadere in errore
Pascal si converte ma non sa spiegare l’esistenza di DIo
Pascal sa che esiste grazie alla sua fede ma non sa dimostrarlo
CRITICA DI PASCAL A
CARTESIO
21. ”ANCHE SE LA CAPACITÀ DI
IMBROGLIARE È SEGNO DI ACUTEZZA
E DI POTERE, L'INTENZIONE DI
IMBROGLIARE È SENZA DUBBIO SEGNO
DI CATTIVERIA O DI DEBOLEZZA.”
Renè Descartes
(31 marzo 1596 – 11 febbraio 1650)
22. STRUTTURA
EMPIRISMO E RAZIONALISMO
LA VITA
IL METODO
IL COMPITO DELLA FILOSOFIA
IL DUBBIO
DUBBIO METODICO E IPERBOLICO
RAPPORTO TRA PENSIERO E REALTA’
I TIPI DI IDEE
ESISTENZA DI DIO
DUALISMO
23. SEICENTO: DUE CORRENTI DI PENSIERO
Si occupano entrambe del pensiero della conoscenza, ossia di come l’uomo può arrivare a conoscere la
realtà che lo circonda.
Descrivono il modo di funzionare dell’uomo.
24. EMPIRISMO
Si sviluppa prevalentemente in Inghilterra, culla della rivoluzione industriale
Considera l’essere umano alla nascita privo di contenuti: l’individuo nasce
come tabula rasa (mente dell’uomo priva di qualunque contenuto) ed è
l’esperienza che poi riempie la sua mente di contenuti.
Filosofia più pratica
Pensatori: Locke, Hume, Bartley, Hobbes
[Anche per l’empirismo la ragione è un criterio di verità, infatti Locke
ritiene che la ragione sia innata nell’uomo, grazie alla quale si possono
basare i rapporti tra le persone, ma la ragione non è l’unico criterio di verità,
poiché la ragione non avrebbe materiale su cui operare se non ci fosse
l’esperienza]
25. RAZIONALISMO
Si sviluppa nel continente
Ritiene che ci siano idee innate nella mente dell’uomo,
che la ragione sia l’unico criterio certo di verità.
Pensatore: Cartesio, Spinoza, Leibniz
26. La sua personalità segna la svolta decisiva
per il passaggio dal Rinascimento all’età
moderna
Temi rinascimentali: riconoscimento della
soggettività umana e l’esigenza di
approfondirla e chiarirla con un ritorno
diretto all’uomo; riconoscimento del
rapporto dell’uomo con il mondo e
l’esigenza di risolverlo in favore dell’uomo
Temi della filosofia di Cartesio: uomo
come soggetto, mondo come soggetto
CARTESIO
27. CARTESIO ED IL RAZIONALISMO
Cartesio è il fondatore del razionalismo: filosofia moderna che vede nella ragione il
principio unico di verità e lo strumento per elaborare una nuova visione complessiva del
mondo.
Paradosso: Questa filosofia così rigorosa è stata intuita da Cartesio in 3 sogni (momento
in cui si è a contatto con l’inconscio, momento irrazionale). L’uomo è fatto da ragione e
sentimenti, la componente irrazionale è molto presente.
Cartesio è un matematico, un filosofo, uno scienziato, si occupa anche di astronomia: la
filosofia non sì è ancora distinta dai saperi scientifici
Secondo Cartesio la riflessione è finalizzata alla ricerca di un metodo che sia
valido non solo per la scienza ma per tutta la conoscenza (sia per una ricerca
scientifica sia per una ricerca in qualsiasi altro ambito).
28. IL METODO
Il metodo è allo stesso tempo teorico e pratico: deve portare a
saper distinguere il vero dal falso, ma anche i vantaggi e li
svantaggi che si presentano nella praticità della vita umana.
Questo metodo è il risultato di una filosofia teorica e allo stesso
tempo pratica, che porta a conoscere tutti gli aspetti del reale. Il
metodo è per l’uomo un criterio di orientamento unico e
semplice da seguire, utile in ogni capo teoretico e pratico, che
abbia come fine il vantaggio dell’uomo nel mondo.
Per Cartesio metodo esiste già, è quello matematico ed è esteso a
tutta la conoscenza, non va limitato alla matematica: bisogna
quindi estrapolare i concetti dalla matematica. La matematica
però non deve essere presa cime un dogma, bensì deve essere
giustificata.
Bisogna quindi giustificare il metodo e la possibilità della sua
applicazione universale, riconducendolo al suo fine, ossia l’uomo
come soggetto pensante o ragione.
Le leggi matematiche portano a conclusioni esatte, chiare ed
evidenti
Estendendo l’applicazione del metodo ad altri ambiti,
l’obbiettivo è cercare la verità
Il criterio di verità però è l’uomo: nella prima regola è l’uomo
che percepisce le cose chiare ed esatte
Dalla matematica si passa alla filosofia
La regola della chiarezza e dell’evidenza deve accompagnare
l’uomo in ogni ambito del reale, e capire come può l’uomo
essere criterio di chiarezza ed evidenza
29. IL COMPITO
DELLA
FILOSOFIA
Formulare le regole del metodo, tenendo
conto del procedimento matematico, nel
quale le regole sono già applicate
Individuare un valore assoluto e universale
del metodo
Dimostrare l’efficacia del metodo nei vari
ambiti del sapere.
30. LE REGOLE DEL METODO
Si può teorizzare il metodo attraverso 4 momenti
Primo momento (fondamentale) = [regola della chiarezza e dell’evidenza] = non accettare per vero niente che non
appaia chiaro ed evidente: deve essere considerato vero ciò che è chiaro ed evidente, escludendo invece ogni elemento
sul quale si possa dubitare
Secondo momento= [regola dell’analisi]= si analizzano tutti gli elementi suddividendo un problema in tanti sotto-
problemi più semplici, da considerare separatamente.
Terzo momento= [regola della sintesi]= analizzare i concetti partendo da quelli più semplici, per poi arrivare
gradualmente a quelli più complessi.
Quarto momento= [regola dell’enumerazione e della revisione]= ripassare con attenzione tutti i passaggi precedenti e
controllare di aver applicato bene ogni regola. Attraverso l’enumerazione ci si accerta di aver compiuto un’efficace
analisi, attraverso la revisione si controlla di aver effettuato una buona sintesi.
31. IL DUBBIO
C’è un’unica verità inconfutabile (evidente), una certezza: il dubbio: ossia una
critica radicale di tutto il sapere già acquisito, in quanto l’uomo esiste come cosa
pensante, cioè come spirito, intelletto e ragione. L’esistenza del soggetto pensante è
certa, mentre le cose che il soggetto pensa non sono certe: può capitare infatti che
qualcosa che l’uomo percepisce non esista nella realtà, ma l’uomo esiste per certo,
poiché è in grado di percepire ciò che ha pensato.
Verità inconfutabile: l’uomo pensa
Può dubitare solo chi esiste: [cogito ergo sum]
Secondo Cartesio tutto è da mettere in discussione e bisogna considerare, almeno
provvisoriamente, come falsa qualsiasi cosa incerta.
32. IL DUBBIO
METODICO
Cartesio è indeciso se l’uomo sia un criterio di verità
Cartesio insegna il dubbio metodico: dubbio da
applicare con rigorosa accuratezza a ogni aspetto della
conoscenza facendo attenzione alle esperienze
sensibili che possono risultare ingannevoli ed
affidabili. I sensi non possono essere la fonte di
conoscenza, non possono essere la via della verità. Le
esperienze sensibili sono da mettere in discussione
anche perché nei sogni si hanno sensazioni simili a
quelle che si hanno quando si è coscienti, senza poter
ben distinguere i due momenti.
Dubbio metodico= metodo di conoscenza che
invita ad accettare solo le verità che appaiono
chiare ed evidenti (escluse le esperienze sensibili).
33. IL DUBBIO IPERBOLICO
Anche le conoscenze vere, sia nel sogno che nella veglia, possono essere però messe in discussone.
Dubbio iperbolico= (è un dubbio esagerato, in cui si vuole mettere alla prova tutto)= si mettono in dubbio anche le
verità matematiche.
Cartesio mette in dubbio anche la matematica: le verità della matematica sembrano tutte chiare ed evidenti, ma il dubbio
consiste nell’incertezza dell’origine della vita umana: Cartesio si chiede quindi se la nostra esistenza sia tutta frutto di un
inganno, di una potenza malvagia che regola le nostre azioni e che fa apparire come chiaro ed evidente ciò che in realtà è
falso e assurdo.
Il dubbio si estende in ogni ambito del sapere e diventa universale.
Cartesio distrugge ogni certezza, anche le cose che appaiono con certezza ed evidenza perché ci può essere un genio
maligno che inganna l’uomo
34. Unica certezza: l’uomo esiste come cosa pensante, che dubita
Il fatto che l’uomo esista come cosa pesante è un atto
intuitivo, di auto-evidenza, indiscutibile, non è frutto di un
ragionamento (per ragionamento si intende il silogismo
aristotelico: “se…allora..”)
È anche vero che può derivare da un ragionamento, nel
momento in cui l’uomo elimina ogni certezza, ma quella
certezza non riesce ad essere eliminata.
L’uomo è un essere pensante che ha delle idee (per idee si
intendono i contenuti dei suoi pensieri). L’uomo è certo che
queste idee esistono nel suo spirito, dal momento che esse
fanno parte di lui come oggetto pensante. L’uomo non è
invece sicuro che a queste idee corrispondano realtà effettive
all’esterno.
IL PROBLEMA DEL
RAPPORTO TRA PENSIERO
E REALTÀ
35. I TIPI DI IDEE
L’uomo, osservando se stesso (eliminando la forma del corpo ed identificandosi come esseri immateriali, cose pensanti)
scopre dentro di sé 3 tipi di idee (contenuti pensati):
avventizie: derivano dai sensi, dall’esterno dell’uomo
fattizie: create con l’immaginazione e con la fantasia dell’uomo
innate: esistono per esclusione, ci sono da sempre dell’uomo, sono idee che non provengono né dall’esterno né sono
inventate dall’uomo. A questo punto l’uomo deve riflettere sull’esistenza di Dio poiché Dio gli garantirà che le
percezioni che gli appaiono chiare ed evidenti siano anche vere. Le idee innate provengono da Dio. Dio, avendo
generato l’esistenza dell’uomo come cosa pensante, ha impresso nell’uomo le sue caratteristiche come essere perfetto
e infinito (Dio è un essere perfetto che contiene in sé tutte le perfezioni, non può non contenere anche la perfezione
dell’esistenza)
36. I TIPI DI IDEE
L’uomo scopre nella sua interiorità l’idea di perfezione e l’idea di infinito che provengono da un essere infinito e perfetto
che lo ha creato.
L’uomo non può non supporre l’esistenza di un essere infinito e perfetto che lo ha creato.
Idea di perfezione: esiste una perfezione con la quale l’uomo si confronta. L’uomo ha l’idea di perfezione
rispetto alla quale egli si giudica inferiore. Infatti l’uomo, identificandosi con una creatura imperfetta, afferma che esiste
una perfezione con la quale egli si confronta.
Idea di infinito: esiste un’idea di infinito con la quale l’uomo si confronta giudicandosi una creatura finita, limitata.
Il confronto avviene in modo implicito, avviene nel momento in cui l’uomo si sta caratterizzando come creatura finita e
imperfetta.
37. Per cercare di eliminare l’ipotesi del genio
maligno, Cartesio dovrà dimostrare
l’esistenza di Dio, un Dio buono che non
inganna l’uomo, un Dio perfetto che non
ha tanto un valore teologico, ma
gnoseologico poiché Dio rappresenta la
garanzia sia della verità che l’uomo
conosce sia dell’esistenza del mondo
esterno.
NECESSITÀ DI
DIMOSTRARE
L’ESISTENZA DI
DIO
38. L’IDEA DI DIO: PROVA ONTOLOGICA
L’idea di Dio è l’idea di una sostanza infinita, perfetta, eterna, immutabile, indipendente, onnisciente, onnipotente tale da
avere tutte le possibili perfezioni
L’esistenza di Dio è garantita sia dai suoi effetti (il fatto che l’uomo ha un’idea di perfezione e di infinito che provengono
dal creatore che gliele ha impresse) sia dalla definizione stessa di perfezione (perché insita nel concetto di perfezione anche
l’esistenza)
Se esiste questo Dio perfetto, è di sicuro più potente del genio maligno
Dio ci ha fabbricati in modo da poter arrivare alla verità (applicando con rigore e disciplina le quattro regole fondamentali
del metodo)
Non è possibile concepire Dio come essere perfetto senza ammettere la sua esistenza, perché l’esistenza è
una delle sue perfezioni necessarie.
39. DIO COME GARANTE
DELL’EVIDENZA
Con la dimostrazione dell’esistenza di Dio il percorso di
Cartesio giunge a compimento.
Dio, essendo un essere perfetto, non può ingannare l’uomo.
E il libero arbitrio dell’uomo ricevuto Dio non può indurlo
in errore
L’uomo approda alla conoscenza di Dio con un
ragionamento: Dio diventa il garante dell’evidenza, della
veridicità della sua conoscenza quando applica le regole con
correttezza.
Questo significa che tutto ciò che appare chiaro ed evidente
agli occhi dell’uomo deve essere vero, perché Dio lo
garantisce come tale in quanto è garante dell’evidenza.
40. LA POSSIBILITÀ
DELL’ERRORE
L’errore dipende solo dall’uomo e dal libero
arbitrio del quale è stato dotato dalla nascita
(fretta, approssimazione, dal non aver seguito bene
i passaggi del metodo cartesiano)
Essendo gli uomini costituiti da intelletto e
volontà, a un certo punto l’intelletto pone dei
quesiti, mentre la volontà ha fretta di avere una
risposta: questa fretta, questa mancanza di
applicazione delle regole del metodo fa
commettere all’uomo l’errore.
L’errore può essere evitato solamente
applicando le regole del metodo, in particolare
quella dell’evidenza.
41. L’uomo si trova in un mondo in cui la sua esistenza appare
chiara ed evidente ma del quale non ha ancora garanzia di
esistenza perché non si è ancora liberato dell’ipotesi del
genio maligno.
L’uomo esiste, è fatto di idee, il suo corpo gli sembra
esistere ma non ne è certo a causa dell’idea del genio
maligno
L’uomo può essere sicuro che il mondo esterno, così
come egli lo percepisce, con chiarezza ed evidenza, ed il
suo corpo, esistono. Devono quindi esistere delle cose
corporee corrispondenti alle idee che l’uomo ha.
Distinzione tra proprietà oggettive/reali
(=determinazioni quantitative) e soggettive (=dipendono
dalla percezione che ne ha il soggetto e non esistono nella
dimensione reale.
Ammettendo l’esistenza dei corpi, Cartesio associa alla
sostanza pensante, una sostanza corporea o estesa.
DUALISMO
42. DUALISMO
Quindi, secondo un dualismo ontologico, Cartesio divide la realtà in due zone distinte ed eterogenee:
Cartesio formula una teoria: il dualismo= ci sono due ordini di sostanze
la sostanza pensante (res cogitans)=incorporea, non estesa, libera
la sostanza estesa (res extensa)= corporea, spaziale, inconsapevole
Cartesio tratta la questione di anima e corpo, spiegandola attraverso la teoria della ghiandola pineale, concepita come la
sola parte del cervello che, non essendo doppia, può unificare le sensazioni che vengono dagli organi di senso.
Rapporto corpo-anima: soluzione non filosofica e incerta dal punto di vista anatomico.
Questi passaggi logici (in cui il ragionamento viene a mancare e subentra un atto di fede) ricordano l’incapacità di Platone
di spiegare la perfezione del mondo delle idee e l’imperfezione delle cose: ricorre al mito (Cartesio non ricorre mai al mito)
44. ““CON QUANTA IMPRUDENZA MOLTI
CERCANO DI LEVAR DI MEZZO UN
TIRANNO SENZA ESSERE IN GRADO DI
ELIMINARE LE CAUSE CHE FANNO DEL
PRINCIPE UN TIRANNO...”...
Baruch Spinoza
(24 novembre 1632 – 21 febbraio 1667)
45. STRUTTURA
LA VITA
SCOPO DELLA FILOSOFIA
LA RICERCA DEL BENE AUTENTICO
METODO GEOMETRICO
LA SOSTANZA
ATTRIBUTI E MODI
NATURA NATURANTE E NATURA
NATURATA
PROBLEMA FONDAMENTALE DELLO
SPINOZISMO
PENSIERO ED ESTENSIONE
LIBERTA’, FELICITA’ E RAGIONE
CONOSCENZA ED ETICA
46. Nasce nel seicento ad Amsterdam
Figlio di ebrei spagnoli scappati dalla persecuzione dei sovrani
cattolici
Rifugiati ad Amsterdam
Ebreo, educato alla tradizione ebraica, frequenta la sinagoga,
Fu scomunicato e cacciato dalla sinagoga. Scomunicato con
termini violenti, fu maledetto perché, nonostante frequentò la
sinagoga, poi la chiesa cattolica, poi quella protestante, non
troverà mai un appagamento al suo bisogno di spiritualità vera e
autentica in nessuna di queste chiese
Spinoza, come Giordano Bruno, rifiuta la religione
istituzionalizzata: (soprattutto nella sinagoga) non c’è la libertà di
pensiero, di analizzare criticamente ogni affermazione (cosa per
lui fondamentale). Si seguono dei dogmi.
Secondo la tradizione rabbinica un uomo è completo se studia i
testi sacri (torah) e se impara un lavoro manuale: Spinoza per
vivere impara a maneggiare le lenti, è un ottico
Studioso, tiene delle lezioni riservate ad un piccolo gruppo di
allievi: un suo allievo gli propone un vitalizio (500 fiorini) purché
lui si dedichi agli studi e all’insegnamento poiché ritiene che
ascoltare Spinoza sia fonte di arricchimento —> Spinoza è
umile: gliene bastano 300
LA VITA
47. SCOPO DELLA FILOSOFIA
Lo scopo della filosofia spinoziana è l’etica, ossia il fine di aiutare se stesso e gli altri a stare bene. Infatti la sua filosofia
ha come scopo quello di migliorare la qualità della vita dell’uomo, quindi ha un intento speculativo.
L’obiettivo della sua filosofia non è la metafisica ma l’etica
Raffinato pensatore al livello speculativo: l’obbiettivo non è arrivare a delle conclusioni molto articolate dal punto di
vista logico ma far stare bene l’uomo.
Tutto l’intento della sua speculazione è aiutare l’uomo (sé stesso per primo) ad essere felice, ma di una felicità vera che
dipende dall’uomo e dalla sua realizzazione interiore —> forte INTENTO ETICO
Filosofia concepita come via verso la salvezza esistenziale, che va oltre gli interessi principalmente metodologici (basati
sul metodo) di Cartesio
Riprende il suo ragionamento da dove l’ha lasciato Cartesio (dualismo, incertezza sul rapporto con Dio, cosa
pensante/estesa, utilità di Dio nell’ambito dell’esistenza marginale)
48. LA RICERCA DEL
BENE
AUTENTICO
Spinoza non predica l’ascetismo (la rinuncia, il digiuno per raggiungere il
bene) ma crede che l’uomo debba godere del bene terreno senza
attaccamento, senza ritenere questi beni terreni la fonte della sua felicità. I
beni terreni devono essere relativizzati, la felicità non deve dipendere dai
beni terreni.
Spinoza spera che l’uomo riesca a distaccarsi dai suoi desideri in quanto egli
ritiene bisogna ripulire il proprio animo dall’attaccamento ai beni terreni.
Spinoza compie una scrupolosa analisi dei beni universalmente ambiti e
desiderati dall’uomo (=le ricchezze, gli onori, i piaceri dei sensi) e ci fa
comprendere come essi siano vani in quanto non appagano veramente
l’animo e i suoi bisogni profondi, sono destinati a finire ed esclusivamente
esteriori, generano inquietudini e inconvenienti vari.
Nonostante la natura ingannevole dei beni terreni, essi hanno il potere di
vincolare la mente, ostacolando la ricerca di un bene superiore.
Per quanto riguarda i forti desideri dei sensi, secondo Spinoza attirano
l’attenzione dell’uomo ma, a seguito del piacere, segue una altrettanto forte
tristezza che perturba la mente.
Per quanto riguarda le ricchezze, esse sono dannose in quanto l’uomo, per
procurarsele molte volte va in contro a forti pericoli. Tuttavia Spinoza non
intende attaccare direttamente i beni terreni, ma intende criticarli i quanto
scambiati dall’uomo per il sommo bene. Di conseguenza, i beni terreni
diventano impedimenti per l’uomo per il raggiungimento del sommo bene.
Non condanna i beni finiti per la loro esistenza, ma per l’assolutizzazione che
l’uomo fa di essi scambiandoli per il sommo bene.
49. LA RICERCA DELL’ETERNO E DELL’INFINITO
Spinoza intende cercare il sommo bene, un bene tale da
poter soddisfare appieno l’animo dell’uomo,
procurandogli serenità e benessere interiore.
Secondo Spinoza il bene vero consiste nella ricerca
dell’eterno e dell’infinito, ciò che è eterno e infinito
riempie l’animo dell’uomo di pura serenità e lo rende
immune dalla tristezza, perché rende la mente colma di
una felicità stabile e ferma, e non di una gioia passeggera.
LO SPIRITO PANTEISTICO
Mentre per i filosofi cristiani l’eterno e l’infinito (il
sommo bene) si identificano con Dio, Spinoza segue lo
spirito panteistico secondo cui tutto è Dio, sia la materia,
sia lo spirito, quindi identifica la cosa eterna ed infinita
con il cosmo.
Inoltre, sempre per lo stesso motivo, Spinoza identifica la
gioia suprema dell’uomo attraverso l’unione della mente e
della natura. Se Dio è l’essere, non può non essere, inoltre
Dio è sia spirito sia natura
50. METODO GEOMETRICO
Spinoza ritiene che tutto sia strutturato secondo rapporti matematici (anche gli stati d’animo,
le sensazioni, le emozioni: trova regole geometriche a qualsiasi ambito); Il mondo/la realtà ha
una struttura geometrica, matematica (come Galilei, Pitagora). Si avvicina di più a Pitagora,
perché tutto ha un ordine matematico (Galilei si riferisce solo al cosmo)
Spinoza applica il metodo geometrico a qualunque circostanza= dà definizioni di stati
d’animo, ma ha il suo rigore, egli sa un procedimento espositivo basato su definizioni, assiomi
(principio evidente di per sé), teoremi, dimostrazioni, corollari. Il metodo geometrico può
essere definito come un metodo speculativo, analitico, logico, razionale, geometrico
Perché Spinoza usa questo metodo?
Era influenzato dalla moda matematizzante dell’epoca che perseguiva l’ideale di un sapere
rigoroso e universalmente valido.
Ammirava la matematica e la geometria, identificava in esse una garanzia di precisione e
sinteticità espositiva, nonché di distacco emotivo nei confronti dell’argomento trattato.
Era convinto che il reale costituisse una struttura necessaria di tipo geometrico.
51. METAFISICA:
LA SOSTANZA
Metafisica: concezione dell’universo del pensatore (argomento
fondamentale trattato da Spinoza)
Il concetto fondamentale da cui Spinoza parte per studiare la metafisica è
quello di sostanza.
La concezione tradizionale di sostanza prevede l’interpretazione aristotelica
del sinolo (inteso come il tutto che sta insieme, l’unione di materia e forma,
di cui la materia è il principio delle cose e la forma è l’insieme delle
caratteristiche essenziali del sinolo).
Infatti la sostanza era definita come forma, essenza necessaria di una cosa.
Secondo Cartesio vi erano due ordini di sostanze: la res cogita (=le cose che
producono pensieri) e la res estensa (=le cose che producono estensione= i
corpi). Pensiero ed estensione/ corpo e psiche/ res cogita ed estensa sono
due modi di manifestarsi dell’unica sostanza.
Secondo Platone la sostanza era individuate nel mondo delle idee.
52. PROPRIETÀ DELLA SOSTANZA PER SPINOZA:
è unica: Spinoza ragiona per assurdo: non può esistere un’altra sostanza più sostanzia-le che
l’ha creata. Nella natura non si possono dare due o più sostanze della medesima
natura/medesimo attributo e se le sostanze si distinguessero solo per le diversità degli attributi
si ammetterebbe che esiste un’unica sola sostanza del medesimo attributo. Non possono
esistere due o più sostanze dove una è più sostanziale dell’altra). La sostanza è una, è l’uno
tutto.
Spinoza non è convinto che Dio sia diverso da noi, quindi anche Dio è sostanza
è eterna (nel tempo): la sostanza è l’essere e in quanto essere non può che essere (non è esistita
nessuna sostanza che l’ha generata). La sostanza possiede di per sé l’esistenza, che non riceve
da altro ma solo da se stessa.
è increata: non può essere creata una sostanza, perché la sostanza è l’essere, è tutto, è Dio, non
serve un atto di creazione, c’è sempre stata, è eterna (contro il creazionismo cristiano ed
ebraico: va contro la chiesa), non ha bisogno di altro per esistere
è infinita (nello spazio): sfuggevole, se fosse finita dovrebbe essere limitata da un’altra
sostanza, il che è impossibile in quanto nella natura non si possono dare due o più so-stanze
della medesima natura/medesimo attributo.
53. La sostanza è una, è l’uno tutto e comprende
anche Dio.
Spinoza non è convinto che Dio sia diverso da
noi, quindi anche Dio è sostanza.
L’identificazione della sostanza con Dio implica
che Dio non sia esterno al mondo creato, ma
che ne faccia parte, che coincida con la natura
(=unica assoluta e infinita realtà)
Dio è natura.
Spinoza in tal modo arriva ad una forma di
panteismo che identifica Dio o la Sostanza con
la Natura e considera la Natura come una realtà
increata, eterna, sacra, infinita e unica, dalla
quale tutte le cose derivano e nella quale tutte le
cose sono (=sostanza).
Dio è tutto: è cosa che pensa (res cogita) e cosa
estesa (res estensa): Dio è pensiero e materia.
LA SOSTANZA È
DIO
54. LO SPIRITO
PANTEISTICO
Mentre per i filosofi cristiani l’eterno e l’infinito (il
sommo bene) si identificano con Dio, Spinoza
segue lo spirito panteistico secondo cui tutto è
Dio, sia la materia, sia lo spirito, quindi identifica la
cosa eterna ed infinita con il cosmo.
Inoltre, sempre per lo stesso motivo, Spinoza
identifica la gioia suprema dell’uomo attraverso
l’unione della mente e della natura.
Se Dio è l’essere, non può non essere
Le caratteristiche di Dio: Dio è sia spirito sia
natura.
Panteismo= dottrina filosofica che identifica Dio
con il mondo che lo circonda: secondo Spinoza
Dio e il mondo creato sono uno stesso ente, Dio
non crea il mondo, ma fa parte del mondo e con
esso costituisce una realtà globale che è la natura.
55. ATTRIBUTI E MODI
Gli attributi sono ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua es-senza, ossia ciò che noi
percepiamo come qualità essenziali/strutturali della sostanza.
Poiché la sostanza è infinita (in quanto la sua essenza è illimitata) anche i suoi attributi sa-ranno infiniti.
Degli infiniti attributi esistenti, l’uomo ne conosce solo due:
Pensiero= coscienza
Estensione= materia
L’essere umano percepisce solo queste due caratteristiche/due attributi (Spinoza in questo modo è costretto a scontrarsi
con l’esperienza.
Domanda senza risposta: se la sostanza è sempre la stessa in tutti i suoi infiniti attributi perché l’uomo ne scorge solo una
minima parte, in particolare due?
56. L’estensione ha a sua volta modi diversi di esprimersi, sono infiniti. I
modi sono le manifestazioni o le concretizzazioni particolari degli
attributi.
Si identificano con i singoli corpi (=modifica dei corpi, dell’estensione
come ad esempio la quiete, il movimento) e con le singole menti con le
loro idee (=modificazioni del pensiero).
I modi non hanno sostanzialità ma possono essere pensati solamente in
virtù degli attributi della sostanza.
I modi infiniti e finiti:
i modi infiniti= sono proprietà strutturali degli attributi stessi
Per quanto riguarda il pensiero (tutta la dimensione immateriale,
considerato come immaterialità) ci sono altrettanti infiniti modi di
esprimersi (intelletto, ragionamento, intuizione, pensieri, emozioni,
sentimenti)
i modi finiti= modi particolari= sono i singoli corpi, le singole menti,
i singoli oggetti, il singolo movimento, il singolo pensiero, la singola
emozione, la singola intuizione… (legati tra loro da una catena
causale infinita)
ATTRIBUTI E MODI
57. La sostanza può essere paragonata a un oceano sconfinato ed eterno, gli attributi (che
ne costituiscono l’essenza) all’estensione acquatica; i modi infiniti (che sono le
proprietà per-manenti degli attributi) e i modi finiti (che sono le determinazioni
particolari degli attributi) alle diverse onde.
Quindi, mentre le varie onde vanno e vengono, l’oceano (=sostanza) rimane in eterno
pur continuando incessantemente a specificarsi nelle varie onde.
La sostanza di Spinoza è la Natura come realtà infinita ed eterna, che si manifesta in
infinite dimensioni (gli attributi, tra i quali noi percepiamo solo il pensiero e
l’estensione) e che si concretizza in infinite modalità o forme d’essere (i modi).
Tutto ciò che esiste o è un attributo di Dio, o è una modifica interna dei suoi attributi:
Dio è la totalità e l’unità di tutte le cose e queste cose o sono idee o sono corpi.
Dio è tutto: è cosa che pensa (res cogita) e cosa estesa (res estensa): Dio è pensiero e
materia.
Spinoza considera la Natura come una realtà increata, eterna, sacra, infinita e unica,
dalla quale tutte le cose derivano e nella quale tutte le cose sono (=sostanza).
Dio è tutto: è cosa che pensa (res cogita) e cosa estesa (res estensa): Dio è pensiero e
materia.
ESEMPIO PER COMPRENDERE MEGLIO IL CONCETTO DI SOSTANZA, ATTRIBUTI E
MODI
58. NATURA NATURANTE E NATURA
NATURATA
Spinoza distingue tra la Natura naturante (=Dio e i suoi attributi, considerati come
causa) e Natura Naturata (=l’insieme dei modi visti come effetto). In questo modo
Spinoza ribadisce il concetto panteistico ci Natura che, essendo l’unica realtà
esistente risulta allo stesso tempo dare e figlia di se stessa.
La causa divina è immanente: la causalità divina nel pensiero spinoziano assume il
significato innovativo di attività produttrice il cui prodotto non esiste fuori dalla
causa, ma in es-sa stessa. (causa divina non trascendente: non ha senso parlare di
trascendenza, perché Dio è l’uno tutto)
Infatti dal momento che tutto è Dio, Dio non crea qualcosa di nuovo, ma piuttosto
si modifica esprimendosi in diversi modi.
Dio è l’uno tutto: Dio è tutto ciò che è ed è la causa di tutto
Non c’è differenza tra Dio creatore e creatura. Noi come parte del tutto, siamo
Dio.
L’uomo è come Dio, non è diverso dal creatore.
59. NATURA NATURANTE E NATURA NATURATA
Dio non può non esistere in quanto è l’essere (tutti i filosofi precedenti che hanno par-lato dell’essere non potevano
che far riferimento a Dio)
Per comprendere Spinoza bisogna liberarsi dall’idea di Dio-persona, come ci è sta-to trasmesso dalla nostra religione.
Dio è l’essere e in quanto tale non può non essere.
Spinoza aggiunge un senso di sacralità nei confronti del reale, della natura, della ma-teria, il rispetto nei confronti della
vita terrena. (per essere felici)
Spinoza, dicendo che Dio non può non esistere (differenza di Parmenide che ha usato termini rigorosamente
filosofici), aggiunge un senso di sacralità che bisogna acquisire nei confronti del reale che l’uomo deve acquisire per
essere felice.
Cammino spirituale che man mano avvicina l’uomo allo stato di benessere.
60. PROBLEMA FONDAMENTALE DELLO SPINOZISMO
Nel pensiero di Spinoza la creazione non c’è (come non c’era nel
pensiero dei greci antichi) perché la creazione significa che dal
nulla nasce l’essere ed è illogico.
L’essere (ossia Dio, ossia il tutto) ha un ordine e delle leggi al suo
interno necessari
Dio non è libero, o meglio esprime il massimo della libertà nel
massimo della necessità, nel rigore delle leggi con cui il cosmo è
organizzato
Il Dio natura di Spinoza si configura come l’ordine geometrico
dell’universo, il sistema o la struttura globale del tutto.
La natura spinoziana non è l’insieme o la semplice somma, ma è
un sistema ordinato che ha delle leggi necessarie al suo interno.
Dio che margine lascia alla libertà?
L’uomo è libero?
La libertà è condizionata da una
necessità?
Dio è libero?
61. PROBLEMA FONDAMENTALE DELLO SPINOZISMO
Dio, inteso come tutto, non è una somma di cose, ma è un sistema ordinato rigorosamente secondo leggi matematiche.
All’interno di questo sistema Dio non ha nessuna libertà, non può il tutto muoversi in una direzione piuttosto che in
un’altra.
In Dio libertà e necessità si identificano, perché la somma espressione di Dio sono le leggi che liberano il cosmo.
Oltre che immanente, la causalità divina è anche libera, nel senso che Dio agisce seguendo le sole leggi della propria
natura, senza alcun condizionamento esterno (dal momento che è sostanza infinita o totalità, all’esterno della quale non c’è
nulla che possa limi-tarla o condizionarla)
Dio risulta libero e limitato al tempo stesso. Libero perché agisce senza condizionamenti o costrizioni e limitato perché
agisce limitatamente alle virtù del suo essere.
La libertà dell’agire di Dio consiste precisamente nella sua necessità.
62. PARALLELISMO TRA
PENSIERO ED
ESTENSIONE
(SPIRITO/MATERIA)
Partendo dal discorso di Cartesio, Spinoza ritiene che
pensiero ed estensione siano due realtà qualitativamente
diverse, in quanto lo spirito non può mai essere materiale e
la materia non può mai essere spirituale. A questo punto
Spinoza si chiede quale sia il rapporto che lega le due
realtà, la connessione che esiste tra mente e corpo.
Spinoza ritiene che, pur non influenzandosi a vicenda
(quindi pur non essendo regolate da rapporti di causa-
effetto) corpo e mente siano legati da una sorta di
corrispondenza biunivoca, nel quale a ogni idea
corrisponde un’azione e viceversa.
Pensiero ed estensione, essendo due attributi di
un’unica sostanza, camminano in parallelo perché
sono espressioni di uno stesso ente, di una stessa
essenza.
Ad esempio ciò che avviene nel corpo è l’aspetto
esteriore della mente, così come la mente è l’aspetto
interiore del corpo, di questo unico essere che noi
siamo
Se penso ad una cosa, quella cosa si traduce subito in
qualcosa di fisico, in un’azione.
Qualsiasi cosa io penso, si traduce costantemente in
qualcosa di fisico.
63. VS
L’ETICA SPINOZIANA
Passo avanti rispetto all’etica stoica
Secondo Spinoza, per essere nel giusto,
bisogna amare ciò che accade anche se non ci
piace e riconoscerlo come un momento
necessario di un tutto
Spinoza vuole che l’uomo raggiunga la
felicità e si discosti dalle passioni che
possono renderlo schiavo e infelice (non
tramite il distacco, atarassia, come per l’etica
stoica) con una nuova passione che sia più
forte delle altre: l’amore per il tutto e per Dio.
Spinoza non predica l’ascesi (=rinuncia)
ETICA STOICA
Epicureismo, stoicismo: sono tutte filosofie dell’ellenismo
(momento di forte destabilizza-zione dell’individuo, in cui
l’uomo vive un senso di smarrimento. Crolla la poleis)
Riflessione etica: come si può essere felici in questo
mondo dove non ci sono più i tradizionali punti di
riferimento e il cittadino non si sente più parte di una
piccola realtà protetta (ossia la poleis)?
Nascono delle proposte etiche: sono tutte basate su
concetti di rinuncia (apatia, aponia, atarassia): assenza di
coinvolgimento emotivo, assenza di desideri
Epicuro infatti dice “vivi nascosto” (a differenza di
Aristotele, Socrate, Platone, secondo i quali l’impegno
politico era un impegno etico)
L’etica stoica invita l’uomo al distacco dalle emozioni,
all’accettazione di tutto ciò che accade con distacco, alla
sopportazione
L’ETICA
64. IL LUCIDO REALISMO DI UN MACHIAVELLI DELL’ETICA
Spinoza elabora una morale non prescrittiva ma descrittiva: Spinoza non
ci dice cosa dobbiamo fare, ma ci consiglia di analizzare il nostro stato
d’animo. Il comportamento deriverà da questa analisi e più è accurata
l’analisi e più il comportamento sarà eticamente corretto.
Spinoza ci invita a ragionare, ad analizzare con rigore geometrico ogni
stato d’animo.
Infatti Spinoza parla di geometrismo morale, che consiste nell’analizzare
le azioni umane con un’obiettività matematica sulla base della
convinzione che tutte le azioni umane, essendo casi particolari di leggi
universali, obbediscono a regole fisse e necessarie.
Per Spinoza, l’unico atteggiamento opportuno, giusto ed eticamente
corretto di fronte alle passioni non è quello di eliminarle o reprimerle,
ma quello di comprendere le regole a cui esse ubbidiscono e realizzare
che fanno parte di un tutto.
65. Illusione del libero arbitrio
Quando l’uomo crede di desiderare liberamente qualcosa, in realtà non è
libero, perché il desiderio è condizionato da una necessità.
Tutto è determinato da regole interne a questo immenso meccanismo
organizzato geometricamente e matematicamente. Per questo motivo, ogni
tentativo di sottrarsi alla forza delle passioni diventa illusorio, in quanto
equivale a un tentativo di sottrarsi alle leggi matematiche che regolano
l’universo.
RIFLESSIONE SULLA LIBERTÀ DELL’UOMO
66. Spinoza si domanda se l’uomo possa raggiungere in virtù della ragione una qualche forma di libertà (Una libertà
conquistabile è sicuramente legata alla razionalità)
Spinoza definisce la schiavitù umana come l’impotenza dell’uomo a moderare e a re-primere gli affetti, poiché
l’uomo, sottoposto agli affetti non è padrone di sé.
La mancanza di libertà e quindi la conquista della libertà per Spinoza sono legate esclusivamente al rapporto che noi
abbiamo con le nostre passioni e i nostri affetti.
La schiavitù si identifica quindi nel comportamento passionale, che è sempre dettato da una conoscenza inadeguata
della realtà(cioè da idee oscure e confuse), nei confronti dei quali l’uomo si sente impotente e passivo, il
comportamento razionale è dettato da idee chiare e distinte grazie alle quali l’uomo può essere attivo e consapevole.
La passione deve generare delle passioni antagoniste a quelle dolorose
L’uomo è anche ragione, cioè conoscenza
SCHIAVITÙ (COMPORTAMENTO PASSIONALE)…
67. Quando Spinoza parla di libertà si riferisce alla possibilità di acquistare consapevo-lezza e di comprendere il meccanismo delle
passioni, senza sentirsi sovrastato da esso. La libertà dell’uomo è determinata quindi da un’adeguata conoscenza della realtà.
La libertà dell’uomo si acquisisce quando l’uomo riesce a liberarsi dalle passioni
In quanto fonte di libertà, la conoscenza adeguata è per l’uomo il sommo bene e fonte di beatitudine.
Per l’uomo l’unica forma di libertà possibile consiste nel porsi come soggetto attivo e non puramente passivo della propria
tendenza all’autoconservazione.
Infatti, quando comprendiamo che tutto è necessario, la forza violenta dell’affetto svanisce.
La virtù in questo caso coincide con la libertà e consiste nell’agire, vivere, conservare il proprio essere secondo le leggi della
propria natura: agire in modo consapevole avendo una conoscenza adeguata di tutte le cose (comprese le proprie passio-ni)
L’uomo agisce virtuosamente solo quando ha una conoscenza completa di ciò che accade e ha delle idee adeguate
Una conoscenza adeguata porta l’uomo ad agire bene per ubbidire alla sua autoconservazione
Secondo Spinoza, tanto più conosciamo approfonditamente una passione, tanto meno siamo travolti da esso.
…E LIBERTA’ (COMPORTAMENTO RAZIONALE)
68. SITUAZIONE PARADOSSALE SULLA LIBERTA’
La libertà non è altro che la consapevolezza della propria necessità
Essere liberi vuol dire essere consapevoli di non poterlo essere mai, significa esse-
re consapevoli della propria dipendenza dal tutto (del fatto che tutto ciò che
accade, accade per necessità)
Ma se è vero che tutto ciò che accade, accade per necessità, la conoscenza
adeguata delle mie passioni è mancante della felicità: la felicità non è data né dal
lasciarsi andare, né dal controllo/repressione delle emozioni.
La via di mezzo è essere consapevoli dell’emozione (non reprimerla)
L’uomo in questo modo ha un comportamento adeguato, eticamente corretto, ma
non è felice.
Il comportamento eticamente corretto (che ubbidisce alla ragione: l’uomo si
comporta in modo razionale secondo un utile individuale e collettivo) non porta
alla felicità
69. PARALLELISMO
TRA
CONOSCENZA E
ETICA
Spinoza, sia nell’Etica, sia nel Trattato
sull’emendazione dell’intelletto, fa un
parallelismo tra la conoscenza e l’etica,
stabilendo tre livelli di consapevolezza a cui
corrispondono tre livelli di comportamento .
Primo livello di consapevolezza (è il più
basso) = livello nel quale gli eventi che acca-
dono ci appaiono come casuali e nel quale
siamo completamente preda della passioni,
senza nessun controllo/intervento della
ragione. Consiste nella percezione sensibile o
immaginazione mediante la quale si coglie la
realtà in modo oscuro e confuso (in questo
livello l’uomo si basa su idee oscure e
confuse). L’errore di questo tipo di
conoscenza consiste nella sua inadeguatezza,
ossia nel modo parziale e confuso di
rappresentare le cose. SI tratta quindi una di
una mancanza di conoscenza adeguata.
L’uomo in questo primo livello è schiavo e
sopraffatto dalle passioni
70. Secondo livello di consapevolezza = livello nel quale cogliamo e
conosciamo l’ordine razionale della natura (natura= tutto ciò che
accade) e di conseguenza il comportamento etico è basato sulla ragione:
l’uomo riesce a controllare le passioni, consapevole di quando una
passione diventa distruttiva o di quando invece può essere assecondata
perché conduce al bene.. In questo livello l’uomo usa idee chiare,
adeguate, proprie della ragione. Il secondo livello di consapevolezza si
identifica con una visione razionale del mondo. Vita secondo ragione o
secondo virtù, in cui l’uomo padroneggia il proprio sforzo di
autoconservazione e dirige in modo intelligente la propria condotta.
PARALLELISMO TRA CONOSCENZA E ETICA
71. Terzo livello di consapevolezza (riguarda i mistici, i santi, le
anime elevate: irraggiungibile) = cogliere l’ordine necessario
delle cose, accettazione amorevole di tutto ciò che accade e
vedere ciò che accade come momento necessario per
l’esistenza. A questo punto il comportamento etico non
richiede più sforzo e sacrificio perché l’amore dell’uomo
diventa amore per il tutto (a differenza dei primi due livelli).
L’obiettivo è centrato solo se ciò che si fa lo si fa con amore e
non come dovere.
Si fonda sull’intelletto e consiste nel concepire la realtà come
sostanza, cogliendone adeguatamente
Esempio. Gestione della rabbia. Capita di arrabbiarsi e di
avere una reazione piacevole (rabbia viene controllata,
canalizzata) o spiacevole (rabbia non controllata)
Momenti in cui la rabbia agisce inconsapevolmente
sull’uomo e solo successivamente l’uomo si rende conto
di aver sbagliato. Bisognerebbe pensare prima di parlare
per avere una reazione più razionale.
Spinoza invita a riflettere prima di agire, ad usare la ragione
non per reprimere il sentimento, ma per comprendere ciò che
accade. Spinoza invita a dare un senso a ciò che sta
accadendo.
Spinoza nel terzo livello parla di amore intellettuale
(ossimoro) legato al neoplatonismo di Plotino (liberarsi da
tutte le pesantezze dell’esistenza per ascendere alla
contemplazione del divino)
PARALLELISMO TRA CONOSCENZA E ETICA