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Elisabetta Maùti


Storie per la pappa
  e per la nanna
     Illustrazioni di Stefano Camelli
Indice
  Introduzione	                           9

  Storie per la pappa	                    13
  L’esercito dei cucchiai	                15
  La cucina stregata	                     23
  La fattoria di Tito e Rosella	          31
  Il pesciolino che non sapeva nuotare	   37
  Il boccone viaggiatore	                 45
  Il robot che aveva sempre fame	         51
  La famiglia Biribotti va in battello	   59
  Il domatore di leoni 	                  69
  L’accampamento indiano	                 81
  «Mastica, mastica»	                     91
Storie per la nanna	                            99
La favola del buio	                             101
La festa sulla luna	                            109
La lumaca Valentina e la mulattiera	            115
Piano e Forte	                                  123
Il giro del mondo	                              133
Le finestre del palazzo	                        139
Il topo che dormiva sempre	                     155
Il bambino che voleva essere come le talpe	     161
Il folletto e la pozione che fa addormentare	   169
L’albero dei sogni	                             177
Conclusioni	                                    185
Introduzione

Q      uesto libro è formato da venti favole, divise in due sezioni. Si tratta di favole pen-
       sate per accompagnare i nostri bambini quando devono mangiare oppure dormire.
Fino a una certa età, da uno a sei anni circa, mangiare e dormire sono attività fondamen-
tali nella vita di ogni bambino; non evidentemente dal punto di vista biologico, trattan-
dosi di funzioni vitali a qualsiasi epoca, ma dal punto di vista psicologico.
Il mangiare è legato alla socializzazione. Si mangia con gli altri.
Il genitore, la nonna o la baby-sitter che sono con noi, partecipano attivamente al mo-
mento del pasto. A volte anche troppo, investendo questa funzione di un’importanza
enorme che va molto al di là della mera attività biologica.
Un bambino che mangia ci fa sentire dei bravi nonni o dei bravi genitori. Quando invece
il cibo è accompagnato da un rifiuto da parte del piccolo, questo può scatenare forme
d’ansia nell’adulto che conducono spesso a dinamiche pericolose da gestire. Il momento

                                             9
del pasto si trasforma pian piano in un braccio di ferro che renderà sempre più difficile
il pranzo e in generale il rapporto con il cibo.
È invece auspicabile facilitare il pasto ricorrendo alle fiabe. Spesso anche i bambini più
mangioni non amano passare il tempo seduti a tavola: si annoiano, non ne capiscono la
funzione. Questo tempo risulta invece particolarmente importante perché, oltre a dare
l’apporto calorico necessario, è anche il momento in cui vengono trasmesse le regole del-
la socializzazione: come stare a tavola, come mangiare, come restare seduti o come tenere
le posate, ma anche il piacere di dedicare un certo tempo all’assaporare e alla parola che
accompagna la convivialità.
Il racconto, in alternativa alla televisione, diventa un’occasione di scambio e di crescita e
nel tempo verrà sostituito dal dialogo.
Anche il dormire è spesso preceduto dal racconto di una fiaba. È ora di andare a letto ma
il vostro bambino non ne vuole sapere. Non importa quanti anni abbia, se ha dormito
tutto il pomeriggio o se è sfinito. Comunque sia, non vuole ancora andare a dormire.
La favola è un buon modo per accompagnarlo in quel processo di rilassamento e progres-
sivo abbandono che lo farà addormentare e al quale resiste con tutte le sue forze.

                                             10
Si tratta di un momento delicato, che in parte lo spaventa come il buio e la notte in
genere. Per questo farlo in compagnia di un adulto è importante e serve a rafforzare il
rapporto di fiducia tra i due.
Le fiabe sono state pensate per aiutare gli adulti che hanno questo compito. Si tratta di
storie di fantasia, raccontate con un linguaggio semplice.
Frequentemente si trova il ricorso a un tema ripetuto più volte, che l’adulto farà coin-
cidere con il boccone da porgere nelle storie per mangiare, oppure con un ritmo che
diventa sempre più lento, in quelle per dormire. La durata della storia può sempre essere
aumentata o ridotta a seconda della quantità e delle porzioni proposte.
In alcune fiabe si trova il riferimento a oggetti della cucina, come nell’esercito dei cucchiai,
a cui l’adulto avrà facilmente accesso e che consentono di rapire l’attenzione del piccolo,
distraendolo dal cibo con stimoli visivi e tattili, oltre che uditivi, per rendere ancora più
semplice l’operazione di farlo mangiare.
In altre la trama richiede che venga aperta la bocca sia di chi mangia, ma anche di chi
racconta la storia. Attraverso il gioco fatto da entrambi, con il viso, verrà facilitato il
meccanismo del mangiare.

                                              11
Nelle fiabe per dormire il principio è il medesimo, ma evidentemente cambiano gli sti-
moli offerti. Il ritmo proposto non è solo più calmo, ma tende a modificarsi, allentandosi
e facilitando l’abbandono al sonno. La gestualità dell’adulto è sostenuta dalle immagini
presenti nelle storie. Si parla di finestre che si chiudono come gli occhi, oppure di sug-
gestioni da immaginare a occhi chiusi, come fanno le talpe sotto terra. La carezza della
mamma sul viso serve ad aiutare i più piccoli ad abbassare le palpebre, mentre si parla di
oggetti che spesso finiscono loro stessi per addormentarsi.
Tutte le storie possono essere lette oppure raccontate a memoria, arricchendole di parti-
colari nuovi, che magari risultano più funzionali per ogni specifico bambino oppure che
appartengono alla sua vita e che quindi riconosce come familiari.
Si tratta in breve di costruire un dialogo personalizzato, sulla base di una traccia data, at-
traverso passi e suoni noti e ripetuti. È proprio la ripetizione di ciò che è familiare quello
che dà gioia ai bambini di questa età.
Starà ai due partner, adulto e bambino, arricchire e completare ogni fiaba con suoni e
versi, quelli che il bambino troverà più divertenti, da ripetersi uguali ogni volta o da mo-
dificare, per rendere più personale e più divertente il racconto.

                                             12
L’esercito dei cucchiai

N      el cassetto della cucina si era accampato da molto tempo un esercito di cucchiai.
       All’inizio avevano scelto questo posto perché era riparato e offriva loro la possi-
bilità di stare nascosti e di riposare dopo le ultime battaglie. Poi però, con il passare del
tempo, si erano un po’ impigriti. Ciondolavano senza meta. Ogni tanto qualcuno usciva
in ricognizione in cerca di nemici, ma tutto sembrava assolutamente pacifico.
Questo almeno fino al giorno in cui arrivò nel loro cassetto la forbice. Si trattava di una
bella forbice argentata, che si dava moltissime arie. «Ma che aria pigra si respira qui den-
tro.» Fu questa la prima cosa che disse, dopo essere stata messa nel cassetto.
«Ricordo di aver visto molti militari nella mia vita, ma voi, mio dio, avete veramente
un’aria dimessa e polverosa. Per non parlare poi di quelle pance che vi ritrovate...»
«Effettivamente siamo un po’ ingrassati» pensò il tenente Cucchiaio guardandosi intor-
no, ma non lo disse.

                                             15
«Signora» disse invece rivolgendosi alla forbice «non sapete cosa state dicendo. Io e le mie
truppe siamo sul punto di partire per il campo di battaglia, una missione pericolosissima
ci attende.»
«Evviva» gridarono i cucchiai, che non ne avevano molta voglia, ma si erano sentiti mol-
to offesi dalle parole della forbice. Così iniziarono le manovre.
Indossarono le loro vecchie divise, armarono i fucili e si misero in marcia. Dopo alcune
ore avevano finalmente raggiunto il tavolo da pranzo; qui era stato appoggiato un piatto
pieno di cibo.
I cucchiai si sistemarono intorno.
«Questo è il campo di battaglia da cui sferreremo l’attacco.» Disse il tenente Cucchiaio.
«Nel piatto troverete tutte le munizioni di cui avrete bisogno.»
«Molto bene, signor tenente» ribatté il sottotenente «ma se posso chiedere, signore, con-
tro chi combattiamo?».
«Che domanda insulsa!» esclamò infuriato il tenente che non sapeva cosa rispondere.
«Combatteremo contro i nemici, è ovvio. Preparate le munizioni.»
I soldati si disposero in fila. Ciascuno caricò una pallottola di pappa.

                                            16
«Fuoco!» urlò il tenente. E il primo cucchiaio sparò. Il boccone attraversò la cucina e volò
dall’altra parte del tavolo, dove stava entrando in quel momento una bambina. Lei aprì
la bocca e lo inghiottì al volo.
«Buono!» disse la bambina.
«Fuoco!» urlò di nuovo il tenente e il secondo cucchiaio sparò il suo boccone. La bambi-
na aprì velocemente la bocca e afferrò anche questo.
«Fuoco!» si sentì di nuovo e il terzo cucchiaio lanciò il suo proiettile di cibo verso la bocca
di quella bambina che fu rapida a inghiottirlo.
«Ehi, piano» disse a quel punto con la bocca piena. «Mica ce la faccio a mangiare così
veloce e poi il mio papà dice che devo masticare lentamente.»
I cucchiai si fermarono. Il tenente taceva e si grattava un orecchio.
«Signore» chiese timidamente il quarto cucchiaio, quello a cui toccava sparare. «È sicuro
che quella bambina sia proprio il nostro nemico?»
«Ehm…» farfugliò il tenente che non sapeva più cosa rispondere. Intanto la bambina
aveva finito di mangiare quello che aveva in bocca.
«Allora, continuiamo? Io ho ancora fame e non mi sono mai divertita tanto a mangiare.»

                                              18
«Cucchiai,» disse il tenente con aria solenne «questa volta non combattiamo contro un
nemico: le nostre truppe sono mobilitate per un’azione utile. Forza, diamoci da fare».
«Fuoco!» gridò allora il sottotenente e fu la volta del quarto cucchiaio. «Aahm» fece la
bambina e continuarono così fino alla fine delle munizioni.




                                          20
Il topo che dormiva sempre

C     ’era una volta un topolino che aveva sempre sonno. Dovunque si fermasse per più
      di un minuto si addormentava.
Fino a che era piccolo, la cosa andava bene. Lo mettevano in carrozzina e lui dormiva, lo
sdraiavano su un prato e lui si addormentava, lo appoggiavano su un tappeto colorato e
dopo un po’ lo sentivano russare.
Col tempo si accorsero che si addormentava anche quando lo mettevano nel seggiolone;
si addormentava quando stava da solo o quando giocava con i suoi fratelli: si addormen-
tava sempre.
«Passerà quando andrà a scuola» diceva la nonna. Ma non fu così.
A scuola il topino andava volentieri, ma se stava fermo nel banco per più di un minuto
sentiva la testa pesante, gli occhi gli bruciavano, le palpebre si chiudevano e in men che
non si dica si addormentava.

                                           155
Lo stesso capitava quando giocava a pallone. Se per caso l’arbitro fischiava il rigore e i
suoi compagni ci mettevano più di un minuto a sistemarsi, ritrovavano il nostro topino
sdraiato sull’erba del campo, che schiacciava un pisolino.
Succedeva dappertutto. Al parco e allo zoo.
Succedeva perfino al supermercato.
«Perché dormi sempre?» gli chiedeva la mamma.
«Non è che dormo. È solo che mi metto comodo: appoggio la schiena, distendo le gambe
e le braccia, accomodo la testa su qualcosa di morbido; poi mi rannicchio e chiudo gli
occhi e mi sento così bene, e improvvisamente sono addormentato.»
«Ma cosa sogni?» chiese ancora la mamma.
«Niente» rispose il topino «io immagino di volare sopra un prato verde, pieno di fiori
colorati. Sento l’aria sul viso e il sole che mi scalda la schiena. Oppure immagino di pas-
sare sopra l’acqua trasparente del mare: sento il rumore delle onde — sciaff, sciaff, sciaff
— che passano sotto di me. Vedo i pesci colorati che si muovono silenziosi tra le onde. E
poi ancora immagino di volare tra gli alberi e di incontrare un gruppo di uccelli e partire
con loro per andare in posti lontani. Oppure…»

                                            156
«Non dire altro» disse la mamma facendo un lungo sbadiglio. «Credo di aver capito.»
Lo prese in braccio e si addormentò. Il topino naturalmente si addormentò di lì a poco
e il papà la sera li trovò così abbracciati, che dormivano profondamente.




                                         158
Conclusioni

M       angiare e dormire sono i momenti chiave dei primi anni della nostra vita. Man-
        giamo dalla mamma e dal papà e poi — pian piano — arriviamo a farlo con loro.
Ci addormentiamo tra le loro braccia, poi facciamo tappa nel lettone, quando ci sveglia
un brutto sogno; e con il tempo impariamo a addormentarci da soli, appena capiamo che
loro ci sono accanto, anche se stanno in un’altra camera.
Questi momenti rappresentano una pausa nello scorrere della quotidianità. Ci si ferma,
insieme e si mangia, oppure ci si rilassa e si conclude la giornata.
Le favole hanno il grande obiettivo di costruire un rituale intimo e privato, un momento
solo «nostro» — solo di questo bambino e della sua mamma —; oppure della coppia
genitoriale con i suoi piccoli; o ancora della nonna, che ospita i nipotini.
Un rituale che accompagna il momento della nanna, del sonno e del necessario lasciarsi
andare; oppure quello del pasto, del mangiare insieme, del condividere e parlare. Un

                                          185
momento nel quale i bambini sono protagonisti, e possono scegliere i personaggi che li
divertono o li rilassano di più; le trame che si adattano meglio a quel gioco a due che è
sempre il racconto di una fiaba.
Ma da questi momenti di sospensione, in cui le attività si fermano per mangiare o per
dormire, dipende il benessere e la tranquillità sia dei piccoli, che dei grandi. Dalla ca-
pacità che avremo avuto — come adulti — di costruire pranzi sereni e di ispirare notti
tranquille, dipende il senso di armonia della nostra quotidianità.
Le storie qui riportate possono essere utilizzate sia come testi da leggere o da raccontare,
che come modelli sulla base dei quali tessere, da soli o insieme ai bambini, storie diverse,
personali, tagliate sui gusti dei narratori e degli ascoltatori.
Come sempre, sarò felice di leggere ogni commento e osservazione che i lettori avranno
voglia di farmi pervenire all’indirizzo e-mail: e.mauti@libero.it.




                                            186

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Libro alimento autismo

  • 1. Elisabetta Maùti Storie per la pappa e per la nanna Illustrazioni di Stefano Camelli
  • 2. Indice Introduzione 9 Storie per la pappa 13 L’esercito dei cucchiai 15 La cucina stregata 23 La fattoria di Tito e Rosella 31 Il pesciolino che non sapeva nuotare 37 Il boccone viaggiatore 45 Il robot che aveva sempre fame 51 La famiglia Biribotti va in battello 59 Il domatore di leoni 69 L’accampamento indiano 81 «Mastica, mastica» 91
  • 3. Storie per la nanna 99 La favola del buio 101 La festa sulla luna 109 La lumaca Valentina e la mulattiera 115 Piano e Forte 123 Il giro del mondo 133 Le finestre del palazzo 139 Il topo che dormiva sempre 155 Il bambino che voleva essere come le talpe 161 Il folletto e la pozione che fa addormentare 169 L’albero dei sogni 177 Conclusioni 185
  • 4. Introduzione Q uesto libro è formato da venti favole, divise in due sezioni. Si tratta di favole pen- sate per accompagnare i nostri bambini quando devono mangiare oppure dormire. Fino a una certa età, da uno a sei anni circa, mangiare e dormire sono attività fondamen- tali nella vita di ogni bambino; non evidentemente dal punto di vista biologico, trattan- dosi di funzioni vitali a qualsiasi epoca, ma dal punto di vista psicologico. Il mangiare è legato alla socializzazione. Si mangia con gli altri. Il genitore, la nonna o la baby-sitter che sono con noi, partecipano attivamente al mo- mento del pasto. A volte anche troppo, investendo questa funzione di un’importanza enorme che va molto al di là della mera attività biologica. Un bambino che mangia ci fa sentire dei bravi nonni o dei bravi genitori. Quando invece il cibo è accompagnato da un rifiuto da parte del piccolo, questo può scatenare forme d’ansia nell’adulto che conducono spesso a dinamiche pericolose da gestire. Il momento 9
  • 5. del pasto si trasforma pian piano in un braccio di ferro che renderà sempre più difficile il pranzo e in generale il rapporto con il cibo. È invece auspicabile facilitare il pasto ricorrendo alle fiabe. Spesso anche i bambini più mangioni non amano passare il tempo seduti a tavola: si annoiano, non ne capiscono la funzione. Questo tempo risulta invece particolarmente importante perché, oltre a dare l’apporto calorico necessario, è anche il momento in cui vengono trasmesse le regole del- la socializzazione: come stare a tavola, come mangiare, come restare seduti o come tenere le posate, ma anche il piacere di dedicare un certo tempo all’assaporare e alla parola che accompagna la convivialità. Il racconto, in alternativa alla televisione, diventa un’occasione di scambio e di crescita e nel tempo verrà sostituito dal dialogo. Anche il dormire è spesso preceduto dal racconto di una fiaba. È ora di andare a letto ma il vostro bambino non ne vuole sapere. Non importa quanti anni abbia, se ha dormito tutto il pomeriggio o se è sfinito. Comunque sia, non vuole ancora andare a dormire. La favola è un buon modo per accompagnarlo in quel processo di rilassamento e progres- sivo abbandono che lo farà addormentare e al quale resiste con tutte le sue forze. 10
  • 6. Si tratta di un momento delicato, che in parte lo spaventa come il buio e la notte in genere. Per questo farlo in compagnia di un adulto è importante e serve a rafforzare il rapporto di fiducia tra i due. Le fiabe sono state pensate per aiutare gli adulti che hanno questo compito. Si tratta di storie di fantasia, raccontate con un linguaggio semplice. Frequentemente si trova il ricorso a un tema ripetuto più volte, che l’adulto farà coin- cidere con il boccone da porgere nelle storie per mangiare, oppure con un ritmo che diventa sempre più lento, in quelle per dormire. La durata della storia può sempre essere aumentata o ridotta a seconda della quantità e delle porzioni proposte. In alcune fiabe si trova il riferimento a oggetti della cucina, come nell’esercito dei cucchiai, a cui l’adulto avrà facilmente accesso e che consentono di rapire l’attenzione del piccolo, distraendolo dal cibo con stimoli visivi e tattili, oltre che uditivi, per rendere ancora più semplice l’operazione di farlo mangiare. In altre la trama richiede che venga aperta la bocca sia di chi mangia, ma anche di chi racconta la storia. Attraverso il gioco fatto da entrambi, con il viso, verrà facilitato il meccanismo del mangiare. 11
  • 7. Nelle fiabe per dormire il principio è il medesimo, ma evidentemente cambiano gli sti- moli offerti. Il ritmo proposto non è solo più calmo, ma tende a modificarsi, allentandosi e facilitando l’abbandono al sonno. La gestualità dell’adulto è sostenuta dalle immagini presenti nelle storie. Si parla di finestre che si chiudono come gli occhi, oppure di sug- gestioni da immaginare a occhi chiusi, come fanno le talpe sotto terra. La carezza della mamma sul viso serve ad aiutare i più piccoli ad abbassare le palpebre, mentre si parla di oggetti che spesso finiscono loro stessi per addormentarsi. Tutte le storie possono essere lette oppure raccontate a memoria, arricchendole di parti- colari nuovi, che magari risultano più funzionali per ogni specifico bambino oppure che appartengono alla sua vita e che quindi riconosce come familiari. Si tratta in breve di costruire un dialogo personalizzato, sulla base di una traccia data, at- traverso passi e suoni noti e ripetuti. È proprio la ripetizione di ciò che è familiare quello che dà gioia ai bambini di questa età. Starà ai due partner, adulto e bambino, arricchire e completare ogni fiaba con suoni e versi, quelli che il bambino troverà più divertenti, da ripetersi uguali ogni volta o da mo- dificare, per rendere più personale e più divertente il racconto. 12
  • 8. L’esercito dei cucchiai N el cassetto della cucina si era accampato da molto tempo un esercito di cucchiai. All’inizio avevano scelto questo posto perché era riparato e offriva loro la possi- bilità di stare nascosti e di riposare dopo le ultime battaglie. Poi però, con il passare del tempo, si erano un po’ impigriti. Ciondolavano senza meta. Ogni tanto qualcuno usciva in ricognizione in cerca di nemici, ma tutto sembrava assolutamente pacifico. Questo almeno fino al giorno in cui arrivò nel loro cassetto la forbice. Si trattava di una bella forbice argentata, che si dava moltissime arie. «Ma che aria pigra si respira qui den- tro.» Fu questa la prima cosa che disse, dopo essere stata messa nel cassetto. «Ricordo di aver visto molti militari nella mia vita, ma voi, mio dio, avete veramente un’aria dimessa e polverosa. Per non parlare poi di quelle pance che vi ritrovate...» «Effettivamente siamo un po’ ingrassati» pensò il tenente Cucchiaio guardandosi intor- no, ma non lo disse. 15
  • 9. «Signora» disse invece rivolgendosi alla forbice «non sapete cosa state dicendo. Io e le mie truppe siamo sul punto di partire per il campo di battaglia, una missione pericolosissima ci attende.» «Evviva» gridarono i cucchiai, che non ne avevano molta voglia, ma si erano sentiti mol- to offesi dalle parole della forbice. Così iniziarono le manovre. Indossarono le loro vecchie divise, armarono i fucili e si misero in marcia. Dopo alcune ore avevano finalmente raggiunto il tavolo da pranzo; qui era stato appoggiato un piatto pieno di cibo. I cucchiai si sistemarono intorno. «Questo è il campo di battaglia da cui sferreremo l’attacco.» Disse il tenente Cucchiaio. «Nel piatto troverete tutte le munizioni di cui avrete bisogno.» «Molto bene, signor tenente» ribatté il sottotenente «ma se posso chiedere, signore, con- tro chi combattiamo?». «Che domanda insulsa!» esclamò infuriato il tenente che non sapeva cosa rispondere. «Combatteremo contro i nemici, è ovvio. Preparate le munizioni.» I soldati si disposero in fila. Ciascuno caricò una pallottola di pappa. 16
  • 10.
  • 11. «Fuoco!» urlò il tenente. E il primo cucchiaio sparò. Il boccone attraversò la cucina e volò dall’altra parte del tavolo, dove stava entrando in quel momento una bambina. Lei aprì la bocca e lo inghiottì al volo. «Buono!» disse la bambina. «Fuoco!» urlò di nuovo il tenente e il secondo cucchiaio sparò il suo boccone. La bambi- na aprì velocemente la bocca e afferrò anche questo. «Fuoco!» si sentì di nuovo e il terzo cucchiaio lanciò il suo proiettile di cibo verso la bocca di quella bambina che fu rapida a inghiottirlo. «Ehi, piano» disse a quel punto con la bocca piena. «Mica ce la faccio a mangiare così veloce e poi il mio papà dice che devo masticare lentamente.» I cucchiai si fermarono. Il tenente taceva e si grattava un orecchio. «Signore» chiese timidamente il quarto cucchiaio, quello a cui toccava sparare. «È sicuro che quella bambina sia proprio il nostro nemico?» «Ehm…» farfugliò il tenente che non sapeva più cosa rispondere. Intanto la bambina aveva finito di mangiare quello che aveva in bocca. «Allora, continuiamo? Io ho ancora fame e non mi sono mai divertita tanto a mangiare.» 18
  • 12.
  • 13. «Cucchiai,» disse il tenente con aria solenne «questa volta non combattiamo contro un nemico: le nostre truppe sono mobilitate per un’azione utile. Forza, diamoci da fare». «Fuoco!» gridò allora il sottotenente e fu la volta del quarto cucchiaio. «Aahm» fece la bambina e continuarono così fino alla fine delle munizioni. 20
  • 14. Il topo che dormiva sempre C ’era una volta un topolino che aveva sempre sonno. Dovunque si fermasse per più di un minuto si addormentava. Fino a che era piccolo, la cosa andava bene. Lo mettevano in carrozzina e lui dormiva, lo sdraiavano su un prato e lui si addormentava, lo appoggiavano su un tappeto colorato e dopo un po’ lo sentivano russare. Col tempo si accorsero che si addormentava anche quando lo mettevano nel seggiolone; si addormentava quando stava da solo o quando giocava con i suoi fratelli: si addormen- tava sempre. «Passerà quando andrà a scuola» diceva la nonna. Ma non fu così. A scuola il topino andava volentieri, ma se stava fermo nel banco per più di un minuto sentiva la testa pesante, gli occhi gli bruciavano, le palpebre si chiudevano e in men che non si dica si addormentava. 155
  • 15. Lo stesso capitava quando giocava a pallone. Se per caso l’arbitro fischiava il rigore e i suoi compagni ci mettevano più di un minuto a sistemarsi, ritrovavano il nostro topino sdraiato sull’erba del campo, che schiacciava un pisolino. Succedeva dappertutto. Al parco e allo zoo. Succedeva perfino al supermercato. «Perché dormi sempre?» gli chiedeva la mamma. «Non è che dormo. È solo che mi metto comodo: appoggio la schiena, distendo le gambe e le braccia, accomodo la testa su qualcosa di morbido; poi mi rannicchio e chiudo gli occhi e mi sento così bene, e improvvisamente sono addormentato.» «Ma cosa sogni?» chiese ancora la mamma. «Niente» rispose il topino «io immagino di volare sopra un prato verde, pieno di fiori colorati. Sento l’aria sul viso e il sole che mi scalda la schiena. Oppure immagino di pas- sare sopra l’acqua trasparente del mare: sento il rumore delle onde — sciaff, sciaff, sciaff — che passano sotto di me. Vedo i pesci colorati che si muovono silenziosi tra le onde. E poi ancora immagino di volare tra gli alberi e di incontrare un gruppo di uccelli e partire con loro per andare in posti lontani. Oppure…» 156
  • 16.
  • 17. «Non dire altro» disse la mamma facendo un lungo sbadiglio. «Credo di aver capito.» Lo prese in braccio e si addormentò. Il topino naturalmente si addormentò di lì a poco e il papà la sera li trovò così abbracciati, che dormivano profondamente. 158
  • 18. Conclusioni M angiare e dormire sono i momenti chiave dei primi anni della nostra vita. Man- giamo dalla mamma e dal papà e poi — pian piano — arriviamo a farlo con loro. Ci addormentiamo tra le loro braccia, poi facciamo tappa nel lettone, quando ci sveglia un brutto sogno; e con il tempo impariamo a addormentarci da soli, appena capiamo che loro ci sono accanto, anche se stanno in un’altra camera. Questi momenti rappresentano una pausa nello scorrere della quotidianità. Ci si ferma, insieme e si mangia, oppure ci si rilassa e si conclude la giornata. Le favole hanno il grande obiettivo di costruire un rituale intimo e privato, un momento solo «nostro» — solo di questo bambino e della sua mamma —; oppure della coppia genitoriale con i suoi piccoli; o ancora della nonna, che ospita i nipotini. Un rituale che accompagna il momento della nanna, del sonno e del necessario lasciarsi andare; oppure quello del pasto, del mangiare insieme, del condividere e parlare. Un 185
  • 19. momento nel quale i bambini sono protagonisti, e possono scegliere i personaggi che li divertono o li rilassano di più; le trame che si adattano meglio a quel gioco a due che è sempre il racconto di una fiaba. Ma da questi momenti di sospensione, in cui le attività si fermano per mangiare o per dormire, dipende il benessere e la tranquillità sia dei piccoli, che dei grandi. Dalla ca- pacità che avremo avuto — come adulti — di costruire pranzi sereni e di ispirare notti tranquille, dipende il senso di armonia della nostra quotidianità. Le storie qui riportate possono essere utilizzate sia come testi da leggere o da raccontare, che come modelli sulla base dei quali tessere, da soli o insieme ai bambini, storie diverse, personali, tagliate sui gusti dei narratori e degli ascoltatori. Come sempre, sarò felice di leggere ogni commento e osservazione che i lettori avranno voglia di farmi pervenire all’indirizzo e-mail: e.mauti@libero.it. 186