3. REGGIO APPROACH
Come nasce?
Questo approccio all’insegnamento-apprendimento nasce dal singolare incontro tra movimenti
femminili, amministratori, amministratrici, insegnanti, pedagogiste, genitori e la fondamentale
figura di Loris Malaguzzi, dopo la seconda guerra mondiale, intorno agli anni ‘50-’60.
Loris Malaguzzi nato a Correggio (RE) il 23 febbraio 1920, si laurea in pedagogia e si specializza
in psicologia. Si dedica all’attività pedagogica nei servizi educativi comunali che abbandonano la
denominazione di “Scuole materne” per adottare quella di “Scuole dell’infanzia”. Costituisce a
Reggio Emilia nel 1980 il Gruppo Nazionale Nidi-Infanzia col quale organizza numerosi convegni
in tutta Italia. Ideatore di due mostre importanti: “L’occhio se salta il muro” e “I cento linguaggi
dei bambini” che lo portano in viaggio per l’Europa e gli Stati Uniti, è fermamente convinto che
il bambino sia dotato di “cento linguaggi”, di cento modi diversi per esprimersi che l’adulto
dev’essere in grado di ascoltare, riconoscere e valorizzare favorendo situazioni/contesti in cui
possano emergere molteplici potenzialità.
4. Principali teorie alla base
del Reggio-Approach
Teoria dei cento linguaggi del bambino
Teoria sociocostruttivista
Ogni bambino ha suoi modi di
conoscere, di entrare in contatto
con il mondo. Bisogna quindi
fornire al bambino la possibilità
(contesti, materiali, tecniche) di
esprimersi.
La prospettiva sociocostruttivista ipotizza che le
interazioni sociali siano all’origine della costruzione
di abilità individuali e che il possedere abilità
individuali di una certa complessità permetta
all’individuo di partecipare successivamente ad
interazioni sociali più complesse, che consentono a
loro volta di costruire abilità di complessità
superiore. Si tratta di una prospettiva che può
essere definita come una causalità a spirale che
collega il funzionamento a livello sociale e il
funzionamento a livello individuale delle persone.
5. CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL
REGGIO-APPROACH
• Coinvolgimento nell’ambito educativo dell’intera comunità in quanto la realtà educativa del
Reggio Approach è completamente contestualizzata nel territorio in cui è sorta (si tratta di
una rete educativa);
• L’organizzazione del lavoro collegiale;
• L’importanza riconosciuta all’ambiente/contesto come interlocutore educativo;
• La presenza dell’atelier (utilizzato per attività manipolative, grafico-pittoriche e la
comunicazione verbale e non verbale accogliendo anche i linguaggi naturali, iconici,
multimediali ecc.);
• La fondamentale compartecipazione alla gestione da parte delle famiglie e dei cittadini;
• La presenza del pedagogista che coordina il lavoro degli insegnanti;
• L’organizzazione di spazi, tempi, gruppi (lavoro in piccolo e grande gruppo);
• Il valore del momento dell’assemblea del mattino e del momento di ricognizione;
• Il ruolo dell’adulto;
• La figura del bambino;
• La pedagogia dell’ascolto;
• L’importanza della progettazione, dell’osservazione, della documentazione e della
valutazione.
6. Eventuali settori d’intervento
METODOLOGIA DIDATTICA
-Tempi;
-Gruppi;
-Assemblee;
-Ruolo dell’adulto;
-Figura di bambino;
-Pedagogia dell’ascolto attivo;
-Osservazione, progettazione, documentazione e valutazione
SPAZIO E FINALITA’
7. LA METODOLOGIA DIDATTICA
I TEMPI
Il tempo è ben organizzato: inizialmente si ha il
momento dell’accoglienza (libera o strutturata),
successivamente c’è la prima assemblea (assemblea
del mattino durante la quale si fa il gioco dell’appello
e non solo), in seguito si svolgono varie attività in
piccolo o grande gruppo; poi si ritorna in assemblea
(questa volta si tratta di un’assemblea di
ricognizione). Ci si prepara per il pranzo, i camerieri
apparecchiano, (si pranza in sezione, il momento del
pranzo si configura anch’esso come momento
educativo), ci si riposa, poi si fa merenda e si gioca
liberamente in attesa dell’arrivo dei genitori.
8. I GRUPPI
Le varie attività si svolgono in piccolo o grande gruppo.
L’organizzazione in piccoli gruppi è gestita
scrupolosamente dalle insegnanti.
Si cerca di creare un gruppo in cui i vari aspetti, le varie
caratteristiche dei bambini si compensano.
L’alternanza tra grande e piccolo gruppo è indispensabile
proprio come altra situazione di apprendimento in
quanto consente negoziazioni e dinamiche comunicative
più frequenti, più approfondite.
9. LE ASSEMBLEE
Il tempo dell’assemblea del mattino è un
tempo molto speciale, è uno dei modi in
cui i bambini possono ritrovarsi come
gruppo sezione. L’intento è quello di
contribuire come insegnanti alla
costruzione di un gruppo che sa
condividere, discutere, darsi regole per
convivere, apprendere insieme, essere
protagonista dei percorsi di ricerca.
L’assemblea è parte della progettazione
didattica, luogo ponte con gli altri
accadimenti della giornata, dove non
solo si fa gruppo, ma si fa in gruppo,
dove non solo si fanno cose insieme, ma
si costruiscono dei saperi attraverso
l’incontro e la disponibilità all’altro.
A fine mattina approfondire a grande
gruppo in assemblea quanto emerso nel
contesto del piccolo gruppo permette ai
bambini di arricchire il proprio sapere
attraverso il contributo degli altri.
La ricognizione, partendo dai pensieri dei
bambini, dà la possibilità di generare
ulteriori approfondimenti e di rimettere in
gioco le idee.
La ricognizione è un modo per costruire
conoscenza.
10. IL RUOLO DELL’ADULTO
L’adulto ha un ruolo di supervisione, lasciando comunque i bambini liberi di
agire ed esprimersi come preferiscono. Interviene nel momento in cui la
situazione lo richiede. È un adulto “presente-assente”. Guida i bambini nel
percorso della conoscenza e del sapere, un sapere che però non è dato, non è
definito ma si crea partendo proprio dai bambini e dalle loro esperienze.
Si tratta di un adulto attivo e non passivo che davanti ad una domanda non dà
la risposta ma amplia la domanda stessa proponendo continue relazioni e
interconnessioni, propone la complessità come elemento naturale e
pertinente.
L’adulto non trasmette saperi certi, è portatore di idee, saperi, teorie
“parziali”. L’adulto è “ricercatore”, capace di meravigliarsi e stupirsi con i
bambini di fronte alle innumerevoli e sempre nuove scoperte.
Bambini e adulti agiscono insieme una costruzione di significati che chiede e
propone di conoscere e dialogare attraverso cento linguaggi dei bambini e
delle insegnanti (si parla dunque di apprendimento plurimo).
11. LA FIGURA DEL BAMBINO
Si tratta di un bambino “competente”, al quale sono attribuite molte
potenzialità. Competente nell’apprendere, nella continua capacità di
stabilire relazioni e interazioni con il mondo che lo circonda.
È “protagonista” di scelte. È un bambino “ricercatore”, costruisce ipotesi, si
pone domande e cerca risposte, cerca il significato delle cose.
Il bambino apprende “facendo” e “riflettendo sul proprio fare” (idea di
apprendimento come atto di costruzione). Tale apprendimento si alimenta
nella “relazione”, nell’incontro con l’altro (socio-costruttivismo).
12. LA PEDAGOGIA DELL’ASCOLTO
La “pedagogia dell’ascolto” è alla base di questo approccio. Ascoltando l’altro lo si
riconosce, gli si attribuisce valore; ascoltare è un segno di rispetto nei confronti
dell’altro. Ascolto inteso come “verbo attivo” che evidenzia reciprocità, legittimazione
reciproca dell’esistere, del riconoscere che l’altro ha qualcosa da dire.
Le insegnanti sono tenute a creare contesti idonei nei quali i bambini si sentano
riconosciuti e ascoltati, nei quali le loro idee e scoperte siano riconosciute.
La pedagogia dell’ascolto è una pedagogia trasformativa in quanto presuppone che
l’insegnante che si pone in situazione d’ascolto con i bambini accetti di cambiare se
stessa nella relazione, nell’incontro con i bambini.
L’ascolto è un processo permanente che alimenta riflessione, accoglienza e apertura
verso di sé e verso l’altro; è condizione indispensabile al dialogo e al cambiamento.
13. PROGETTAZIONE
L’azione educativa prende forma attraverso la
progettazione della didattica, degli ambienti, della
partecipazione, della formazione del personale e non
mediante l’applicazione di programmi ben definiti.
La progettazione è una strategia di pensiero e di azione
rispettosa e solidale con i processi di apprendimento dei
bambini e degli adulti, che accetta il dubbio, l’incertezza
e l’errore come risorse ed è capace di modificarsi in
relazione all’evolvere dei contesti.
Si realizza attraverso i processi di osservazione,
documentazione e interpretazione in un rapporto
ricorsivo.
14. OSSERVAZIONE
Si tratta di uno sguardo attento, attivo, mirato, che parte da
domande. È però necessario costruire contesti idonei per poter
osservare. Il contesto d’osservazione è anche sempre,
contemporaneamente, contesto di esperienza, scoperta,
costruzione di conoscenze per i bambini. L’adulto è “osservatore
partecipe”; dall’osservazione trae elementi per orientare,
riorientare il suo insegnamento. È un modo che ha l’insegnante
per stare vicino ai bambini, per ascoltarli. L’osservazione però
non è mai neutra, oggettiva, resta sempre un processo
d’interpretazione per cui non deve restare un atto individuale
(interosservazione): a questo proposito è importante
sottolineare il valore della documentazione e del confronto.
15. DOCUMENTAZIONE
È parte integrante e strutturante le teorie educative e le didattiche, in quanto dà valore
e rende esplicita, visibile e valutabile la natura dei processi di apprendimento soggettivi
e di gruppo dei bambini e degli adulti, individuati attraverso l’osservazione, rendendoli
patrimonio comune.
Tale documentazione realizzata in itinere viene rivista, ricostruita, risignificata e
valutata, cioè interpretata, nel confronto e con il contributo di diversi punti di vista.
La documentazione non è una fotografia della realtà, è piuttosto lo sforzo di
comprendere cosa accade nel momento dell’apprendimento, è il tentativo di
comprendere operando delle scelte, nella consapevolezza che quella che si racconta
non è mai una sola vera storia.
La documentazione permette di stare vicino ai bambini e conoscere la loro cultura; ciò
produce un cambiamento negli adulti, nei bambini, negli spazi e nelle didattiche.
Tale pratica consente una narrazione di senso permettendo di giungere ad una
valutazione e autovalutazione.
16. VALUTAZIONE
La valutazione, in quanto azione che mira ad una continua
attribuzione di senso e di valore, è un processo strutturante
l’esperienza educativa e gestionale.
Il processo valutativo appartiene alla totalità degli aspetti
della vita scolastica, quali apprendimento dei bambini,
professionalità del personale, organizzazione e qualità del
servizio, e si configura come azione pubblica di dialogo e di
interpretazione.
Grazie alla valutazione e all’autovalutazione è possibile
mettersi in gioco rivalutando quanto si è fatto come
insegnanti, come scuola, per i bambini, per sé stessi e per la
comunità intraprendendo percorsi di miglioramento.
17. SPAZIO E FINALITA’
Dal momento che lo spazio si configura come INTERLOCUTORE ATTIVO è necessario sia pensato,
organizzato e quindi strutturato in funzione della metodologia didattica illustrata.
Se si crede nelle potenzialità di un bambino competente, se bisogna renderlo autonomo,
protagonista di scelte, curioso, consapevole, capace di elaborare strategie e acquisire/consolidare
competenze, ne consegue che le insegnanti dovranno pensare e predisporre spazi di
gioco-ricerca idonei nei quali tutto sia ACCESSIBILE al bambino.
Di seguito saranno illustrate alcune tipologie di spazio.
1. “spazio del negozio” (utilizzato dai bambini per conoscere numeri, quantità e
l’attività di compra-vendita. Si tratta dunque di un gioco che consente un
primo approccio alla logico-matematica);
2. “spazio della costruttività” (qui si possono trovare vari materiali, anche di
riciclo, informali che permettono ai bambini di costruire ciò che vogliono
avendo a disposizione una vasta scelta di materiali);
3. “spazio dei tavoli” (vicino ai tavoli troviamo gli scaffali con vari giochi da
tavolo: puzzle, incastri, giochi di logico-matematica);
4. “spazio dei messaggi” (i bambini possono preparare un messaggio per un
amico e lasciarglielo nella sua cassettina);
18. 5. “spazio della lettura” (qui possiamo trovare vari libri, anche libri interculturali e
bilingui che possono stimolare la curiosità del bambino e permettergli di conoscere
altre culture);
6. “spazio dei travestimenti” (qui troviamo vestiti, scarpe, cappelli che permettono ai
bambini di travestirsi ed “entrare in un'altra realtà”);
7. “spazio del naturale” (in questo spazio i bambini manipolano materiali naturali,
giocano costruendo ciò che la loro creatività suggerisce);
8. “spazio del tavolo luminoso” (permette ai bambini di realizzare e osservare qualcosa
di “diverso” in quanto si ha un mix tra materiali vari e luce);
9. “spazio della grafica” (nel quale i bambini possono disegnare, ritagliare, incollare vari
materiali).
SPAZIO ESTERNO: Molto importante è anche la progettazione dello spazio
esterno utilizzato dai bambini soprattutto in primavera/estate, organizzato
anch’esso in angoli che stimolano il gioco simbolico all’aperto, la costruttività, la
misurazione (ad esempio si pensi alle sabbiere da giardino).
20. SCUOLA SENZA ZAINO
Di più recente creazione è la didattica innovativa della “scuola senza zaino” che nasce
in Toscana nel 2002 per la scuola primaria, ma si sta pian piano declinando e sperimentando
in altri ordini di scuola, tra cui ritroviamo la scuola dell’infanzia.
Trattandosi di una fase sperimentale di questo approccio (per quanto riguarda la scuola
dell’infanzia) non abbiamo una metodologia didattica fortemente radicata e precisa.
Tuttavia, in via sperimentale, si attua una distinzione degli angoli di gioco per colore,
una turnazione precisa dell’utilizzo di tali angoli, una definita tipologia di arredi; anche qui,
come nel Reggio-Approach, particolare attenzione è dedicata alla pannellistica di
documentazione, alla sobrietà degli ambienti, degli stimoli forniti ai bambini.
Tutto è pensato in funzione del bambino: la sezione non è piena di armadi e arredi per adulti.
Il momento del pranzo si svolge in sezione; i bambini a turno svolgono l’incarico del cameriere.
Pedagogia di riferimento della scuola senza zaino è senza dubbio quella montessoriana.
21. TRE VALORI CUI SI ISPIRA LA SCUOLA SENZA ZAINO
1.RESPONSABILITA’
2.OSPITALITA’
3.COMUNITA’
Rendere le scuole ospitali si caratterizza come un impegno di cambiamento, una responsabilità.
L’ospitalità implica non solo costruire ambienti belli da vedere, ma anche accogliere le diversità,
le unicità, i bisogni e in generale il percorso di crescita e di apprendimento.
Conoscere il mondo significa renderlo a noi comprensibile, trasformandoci e trasformandolo,
umanizzarlo per farlo diventare ospitale. La responsabilità e l’ospitalità si aprono alla costruzione
di una scuola comunità, luogo di condivisione, di cooperazione e co - costruzione del sapere.
22. Forti della convinzione che un mix tra la storia della pedagogia tradizionale (montessoriana,
socio-costruttivista) e le nuove didattiche innovative (Reggio-Approach, Scuola senza zaino)
possa essere funzionale alla nostra realtà abbiamo deciso di intraprendere questo progetto
sperimentale in cui una sezione della scuola dell’infanzia del plesso Montello si caratterizza
come sezione pilota aderente ad un APPROCCIO DIDATTICO INNOVATIVO IBRIDO prendendo
spunto dal Reggio-Approach e dalla Scuola senza zaino.
LA NOSTRA SCUOLA …
23. I NOSTRI SPAZI … in sezione
“Spazio morbido”,
in cui ci si riunisce
per il gioco
dell’appello, le
assemblee,
per guardare i libri,
cantare, giocare in
cerchio.
24. Spazio dei “giochi da tavolo” (qui si gioca con puzzle, memory, giochi di logico-matematica,
incastri, ecc.)
25. “Spazio della grafica e dei messaggi” nel quale si realizza un primo approccio alle lettere
e alle cifre, si realizzano messaggi per i compagni, grafiche, ecc.
26. “Spazio delle costruzioni”: qui si trovano costruzioni strutturate come i mattoncini e gli incastri,
ma anche costruzioni in legno, destrutturate, che consentono al bambino di sviluppare
maggiormente la propria creatività, stimolano la fantasia.
27. Lo “spazio della lettura” è importante in quanto anche se i bambini non sanno ancora
leggere possono comunque guardare le immagini e le parti scritte che fungono da
stimolo visivo: questo è uno tra i primi approcci alla lingua scritta sin dalla più tenera infanzia.
28. “Spazio del gioco simbolico”: qui i bambini mettono in scena il gioco del far finta che serve loro
per trasformarsi in qualcun altro, imitare scene di vita reali e attività che svolgono
gli adulti (cucinare, stirare, vestire, ecc.) e non solo. Inoltre sotteso al gioco dell’apparecchiare
la tavola ritroviamo un principio cardine della logico-matematica: la corrispondenza biunivoca.
29. IN SALONE …
“Spazio della compra-vendita”:
qui i bambini fingendo di fare
la spesa e pagando si avvicinano
al mondo dei numeri, delle
quantità, a concetti logico-
matematici.
30. “Spazio della costruttività naturale e con materiale di recupero”: in questo spazio i
bambini costruiscono ciò che preferiscono utilizzando materiali di recupero e naturali,
prevalentemente destrutturati, che stimolano la loro fantasia.