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I Formaggi
Introduzione
Il settore lattiero-caseario è uno dei principali settori dell’industria
alimentare italiana, con un fatturato che supera i 15 miliardi di euro,
arrivando a pesare l’11% dell’intera industria alimentare italiana.
All’interno di esso, i due comparti più pesanti sono quello del latte ad
uso alimentare (2,4 mln di tonnellate prodotte nel 2014) e i formaggi
(1,1 mln di tonnellate nel 2014).
La produzione di formaggio
italiana ha una tradizione
millenaria e annovera ben
450 tipologie diverse di
formaggi, di cui 30 a
Denominazione Tipica o di
Origine.
Panoramica sui consumi
I principali trend che hanno indirizzato i consumi
formaggio:
 freschezza
 funzione d’uso
 innovazione
 prezzo
Panoramica sui consumi - 2
I consumi di formaggio sono stati stabili fino al 2012, ma da allora
hanno cominciato a declinare, nonostante i produttori si siano
adoperati per soddisfare le nuove esigenze dei consumatori e abbiano
prestato attenzione ai trend emergenti
Segmentazione
Secondo i dati Nielsen, esistono cinque
segmenti principali:
 Formaggi duri
 Formaggi semiduri
 Formaggi freschi e spalmabili
 Formaggi industriali
 Formaggi fusi
Caratteristiche della domanda
Trattandosi di un bene alimentare, la domanda di formaggio è
tendenzialmente rigida
Dal 1960 elasticità della domanda in media è pari a 0,18
È polverizzata grandissima mole di acquirenti (i consumatori)
che si rivolgono a distributori e aziende agricole per
acquistare formaggi
È differenziata il mercato è segmentato in cinque diversi
segmenti, e pertanto anche l’offerta è differenziata
(tantissime varietà di prodotti). Attenzione alle
nuove esigenze.
Formaggi duri
 Segmento importantissimo del settore lattiero caseario e
concentrato su prodotti DOP il 98% delle famiglie consuma
formaggi duri
 130.000 tonnellate commercializzate nel retail
 17% degli acquisti totali di formaggio
 26% del fatturato totale delle vendite di formaggio
 Andamento oscillante tra il 2012 e il 2015, tendenzialmente in calo:
-3% volumi di vendita nel 2012, stabilità l’anno seguente, -6% nel
2014.
Formaggi semiduri
 Segmento concentrato in larga
parte sui prodotti a
Denominazione di Origine
Protetta (pertanto simile al
segmento dei duri)
 Performance negative negli
ultimi anni (soprattutto Pecorino,
Fontina), si salva l’Asiago Dop
 Tra 2013 e 2014 persi notevoli
volumi di vendita, a causa di un
effetto inflativo per i prodotti del
segmento
 Importanza fondamentale
dell’export per far ripartire le
vendite
Formaggi industriali – freschi e
spalmabili
 Settore dinamico, nonostante la crisi: fino al 2012
vendite e consumi su buon livello, ma dal 2013
flessione; nell’ultimo anno -2,2% sulle quantità
vendute e -1,8% sul fatturato
 Categoria di prodotti che punta su gusto,
freschezza e versatilità
 Attenzione all’innovazione e alle esigenze del
consumatore in termini di qualità, provenienza dei
prodotti e praticità di utilizzo.
Formaggi fusi
 Comparto poco significativo: 5% in media delle vendite
di formaggi nei canali distributivi
 Essenzialmente importati da paesi esteri
 Polemiche circa gli aspetti nutrizionali e salutistici
 Vendite in calo
Canali distributivi
Le vendite di formaggi in Italia si veicolano attraverso due canali distributivi:
 Normal trade (distribuzione tradizionale: ambulanti, drogherie…)
 Distribuzione moderna (iper, superstore, supermercati, discount...)
La maggior parte degli acquisti sono effettuati all’interno della distribuzione
moderna
Ma il normal trade ha comunque una quota significativa…
1. 197 mln di kg venduti complessivamente
2. 1,3 mld di euro di fatturato
568 mln di kg venduti
complessivamente
5,7 mld di euro di
fatturato
Numero e dimensione delle
imprese
Le aziende facenti della
produzione di formaggio sono
diffuse in tutta Italia, da Nord a
Sud.
Numerosi sono sia i piccoli
caseifici, che importanti
industrie.
Coordinamento
Il coordinamento verticale
I vari attori della filiera sono
collegati tra di loro in modo
verticale (produttori,
trasformatori e distributori).
Il coordinamento orizzontale
Avviene tra stessi attori di
ogni fase della filiera ; per
esempio gli accordi che
vengono fatti tra produttori
di formaggio.
I principali metodi di coordinamento sono i seguenti:
• Consorzio
• Cooperative
• Accordi interprofessionali come i contratti quadro , che vanno a
definire i prezzi.
La forma di mercato prevalente
FASE 1: Rapporto tra produttori e trasformatori
A sua volta questa fase può essere scomposta in due
differenti modalità:
1. Filiera molto integrata
2. Forma di mercato oligopsonista
FASE 2: Rapporto tra trasformatori e distribuzione
Il prezzo del formaggio varia in base al prezzo del latte. Variazioni
nel prezzo d’acquisto del latte implicano una variazione nel
prezzo del prodotto trasformato.
Formazione del prezzo
Confronto prezzi origine e
consumo
Nei formaggi DURI possiamo notare come la
differenza risulti essere per:
 PARMIGIANO REGGIANO: 6,88 €/Kg
 GRANA PADANO: 5,16 €/Kg
Il PARMIGIANO REGGIANO risulta più costoso e
con un margine superiore rispetto al GRANA
PADANO.
L’andamento nel suo complesso risulta essere
positivo.
I FRESCHI, d’altra parte hanno un andamento
tendenzialmente negativo.
Il Settore Lattiero-caseario
Il lattiero caseario è il primo settore alimentare italiano e
rappresenta da solo più del 12% del fatturato complessivo del
food nazionale.
Il valore della produzione supera i 14,5 miliardi di euro.
 Ogni anno, le imprese italiane producono un milione di
tonnellate di formaggi (di cui 460.000 di prodotti DOP) e tre
milioni di tonnellate di latte alimentare.
 Introduzione delle Quote Latte dalla CEE nel 1984, riunisce
l'offerta di latte sul mercato imponendo ai produttori di
rispettare delle quantità limitate di latte da mettere in
commercio
 Scopo delle quote latte era di evitare che la produzione di
latte, diventando eccessiva, portasse a cali nel prezzo di
vendita alla stalla, con conseguente perdita di profitto per gli
allevatori.
 Le quote latte si configuravano infatti come uno strumento
Prezzi
 Prezzo del latte oggi: si registra intorno ai 35 centesimi al
litro.
 Il rischio per gli allevatori italiani: dover uscire dal mercato
comunitario.
 Causa: considerando che gli allevatori nostrani hanno costi di
produzione più elevati rispetto a quello di altri Paesi
dell'Unione Europea.
Prezzi a confronto:
Secondo i dati pubblicati sul sito del Clal a fine 2015:
il latte Italiano costa 35 centesimi, quello francese 31, quello
tedesco 32, quello ceco 30, quello polacco 28, quello lettone
22, quello estone 24 e quello lituano 19.
 Cifre allettanti per i trasformatori dal momento che ad oggi
non esiste alcun obbligo di etichettatura che indichi la
provenienza delle materie prime impiegate per formaggi, latte a
lunga conservazione e prodotti finiti.
L’andamento dei prezzi medi del latte crudo alla stalla, con focus di confro
nto tra prezzo del latte in Italia e Usa negli ultimi tre anni, mostrando, a
partire dal 2015, un andamento per lo più costante per il prezzo del latte in
Lombardia.
Sitografia : http://www.fedagri.confcooperative.it http://www.clal.it
Caratteristiche e dimensioni
dell’offerta
 Gli allevamenti aderenti nel 2013 ai
controlli sulla produttività del latte operati
dall’AIA (Associazione Italiana Allevatori)
sono 18.644
 Rappresentano il 38,4% del totale degli
allevamenti bovini ad orientamento
produttivo di latte, registrati in BDN
(Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe
Zootecnica) al 30 novembre 2013.
Offerta frammentata
 Il peso degli allevamenti
specializzati da latte o misti,
registrati dall’anagrafe zootecnica,
risulta molto frammentato da area
ad area.
 al Nord risulta pari al 48%
 al Sud non raggiunge il 23%
 al centro non raggiunge il 16%.
 Le regioni che presentano un buon
livello di adesione, sia in termini di
aziende che di capi controllati, sono
la Lombardia (52,2%) e l’Emilia
Romagna (49,6%) , quelle più
rilevanti per la produzione di latte,
che da sole detengono il 32,3%
delle stalle e il 59,2% delle
Stagionalità
La componente stagionale del latte è determinante.
A differenza di quanto succede tipicamente, nel 2013
l’oscillazione massima corrispondente al picco di produzione, si
sposta da febbraio ad aprile, dove assume il valore di + 5,6%
rispetto al valore medio, per poi ridursi a 2,8% nel mese di
giugno.
A partire da luglio gli scostamenti si spostano in campo
negativo, aumentando il loro valore assoluto fino a -5,8% in
ottobre.
Gruppi Strategici
All’interno di un settore si possono individuare
gruppi di imprese che seguono strategie simili e
che, pertanto, si caratterizzano per un analogo
posizionamento.
Essi vengono definiti “raggruppamenti
strategici”.
I cinque prodotti del settore produttivo sui quali
ci siamo focalizzati nella seconda fase del
nostro lavoro sono:
 Grana Padano
 Parmigiano Reggiano (Parmareggio)
 Pecorino Romano
 Pecorino Sardo
 Pecorino Toscano
Il marchio DOP
I prodotti caseari da noi analizzati rientrano nel vasto
numero di beni agroalimentari italiani a denominazione di
origine protetta.
Forte dimostrazione della grande
qualità delle nostre produzioni e del
forte legame che lega le eccellenze
agroalimentari italiane al proprio
territorio di origine.
DOP italiane
Con 252 prodotti registrati nell’albo europeo
ed un fatturato di circa 12 miliardi di euro,
l’Italia è il più grande produttore al mondo di
Dop.
Il 55% del valore di questi prodotti è
rappresentato dai formaggi, che assorbono
circa il 50% del latte prodotto in Italia.
Funzioni dei Consorzi
L’art.14 della Legge 21 dicembre 1999 n.526
stabilisce che ai Consorzi di Tutela riconosciuti
dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari
e Forestali (Mipaaf) siano attribuite funzioni di
tutela, promozione, valorizzazione, informazione
del consumatore e cura generale delle
indicazioni geografiche.
www.granapadano.it
Il caso Parmareggio
Il Consorzio, per quanto riguarda i prodotti
analizzati, compie attività di promozione del
prodotto, di conseguenza tale compito non è in
mano alla singola impresa.
Unica eccezione risulta essere Parmareggio,
azienda leader a livello mondiale nella
produzione e commercializzazione del
Parmigiano Reggiano.
Parmareggio è stata partner
commerciale della società
professionistica Pallavolo
Modena.
E’ un altro esempio
dell’intento di rendere unico il
proprio brand da parte
dell’azienda modenese.
Rimanendo nel tema delle strategie non di
prezzo, tese allo sviluppo del brand e del
prodotto, assumono una forte rilevanza la
ricerca e l’innovazione.
Parmareggio  alta qualità e ampia gamma di
prodotti
Ruolo dell’innovazione
Strategia fondamentale per emergere in un
mercato standardizzato e caratterizzato da
un’offerta poco diversificata come quello del
formaggio.
Prodotto e Packaging
Grana Padano e Parmigiano
Reggiano
Nel 1951 viene siglata una
convenzione nella quale vengono
indicate le norme precise della
denominazione dei formaggi e le loro
specifiche caratteristiche. In
quest’occasione il formaggio grana
viene distinto in due tipologie, Grana
Padano e Parmigiano Reggiano.
Informazioni ed etichettatura
 Placca di Caseina: inserita sulla superficie piatta della forma
al momento della formatura.
 Quadrifoglio: certifica la provenienza della forma, riportando
la sigla della provincia e il numero di matricola del caseificio
produttore.
 Losanghe: riportano alternativamente la scritta “Grana” e
“Padano”, vengono impresse sullo scalzo.
 Bollo CE: viene impresso mediante le fascere. Indica il
mese l'anno e lo stabilimento di produzione
 Marchio a Fuoco: Qualifica le forme attestandone la
corrispondenza ai dettami espressi nel Disciplinare di
produzione. Senza questo marchio il formaggio non può
essere né denominato né commercializzato come "Grana
Padano", anche nelle confezioni porzionate o grattugiate.
 RISERVA: qualifica le forme che oltrepassano i 20 mesi di
stagionatura.
Parmigiano Reggiano
Parmareggio
Parmareggio nasce nel 1983 a Montecavolo di
Quattro Castella.
La capacità di innovazione ha permesso,
attraverso una intensa attività di ricerca, di
sviluppare nuovi prodotti e nuove occasioni di
consumo del Parmigiano Reggiano.
In un mercato altamente concorrenziale,
attraverso il proprio brand, intende orientare il
consumatore nel processo di acquisto, offrendo
la garanzia di un prodotto distintivo.
Confronto Grana Padano e Parmigiano
Reggiano
Il prezzo del Grana Padano (9 mesi e oltre) viene
confrontato con il prezzo del Parmigiano Reggiano
(12 mesi e oltre), mentre quello del Grana Padano
(15 mesi e oltre) viene confrontato con il prezzo del
Parmigiano Reggiano (24 mesi e oltre).
Le disparità di prezzo fra Grana Padano e
Parmigiano Reggiano sottolineano differenze che
vanno ricercate in alcuni elementi caratterizzanti e
diversificatori:
 Area geograficamente più ristretta e in quantitativi
minori del Parmigiano Reggiano
 Alimentazione delle bovine diversa
Prezzi e produzioni 9-12 mesi
Prezzi 15-24
Pecorini
Il pecorino è un formaggio prodotto con latte di pecora. Il
formaggio pecorino è storicamente di origine
mediterranea ma è prodotto e diffuso anche altrove.
In Italia il pecorino ha raggiunto una produzione di tale
qualità che la Comunità Europea ha riconosciuto ben
sette Denominazioni di Origine Protetta (DOP). Le più
importanti sono il Pecorino Romano, il Pecorino Sardo e
il Pecorino Toscano.
Rintracciabilità
Ogni fase dei processi produttivi dei tre pecorini
viene monitorata documentando per ognuna gli
input e gli output. In questo modo, e attraverso
l’iscrizione in appositi elenchi gestiti dalle
strutture di controllo, degli allevatori, dei
produttori, degli stagionatori, dei confezionatori e
dei porzionatori, nonché attraverso la denuncia
tempestiva alle strutture di controllo delle
quantità prodotte, è garantita la tracciabilità dei
prodotti.
Il Pecorino Romano è
un formaggio italiano
la cui zona d’origine
comprende la
Sardegna, il Lazio e la
provincia di Grosseto.
Il Pecorino Toscano
è un formaggio
prodotto in Toscana,
in undici comuni del
Lazio e in due
dell’Umbria,
ottenuto da latte
esclusivamente di
pecora. Ne esistono
due tipologie, fresco
e stagionato.
Il Pecorino Sardo è
prodotto con latte di
pecora sardo e viene
commercializzato in
due versioni: una
giovane (o fresco) e
una matura (o
stagionato).
Etichettatura
Il Pecorino Romano
Il logo della denominazione
è costituito da un rombo in
linea continua o
tratteggiata, con angoli
arrotondati contenente la
testa stilizzata di una
pecora e con sotto la
dicitura Pecorino Romano.
La matrice imprime sulla
forma la denominazione
Pecorino Romano ed il
logo, in apposito riquadro la
sigla della provincia di
provenienza, il codice del
caseificio produttore, il
mese e l’anno di
produzione.
Il Pecorino Sardo
L’etichetta del produttore in
cui è presente il marcio del
Pecorino Sardo DOP
disposto a raggiera.
Un bollino numerato
rilasciato dal Consorzio di
Tutela che identifica
univocamente ciascuna
forma. Il bollino verde
individua la forme di
Pecorino Sardo Dolce,
quello blu le forme di
Pecorino Sardo Maturo
Il simbolo Comunitario che
contraddistingue le
produzioni DOP.
Il Pecorino Toscano
Si riconosce dal marchio di
origine che vinee apposto
su ogni forma. Il marchio
viene apposto ad inchiostro
sul formaggio a pasta
tenera e a fuoco su quello
stagionato, mentre sulle
porzioni preconfezionate
viene impresso su ogni
singolo pezzo.
I requisiti minimi
dell’etichetta del Pecorino
Toscano prevengono che
venga riportato il nome
“Pecorino Toscano DOP” o
“Pecorino Toscano DOP
stagionato”, il marchio a
colori ed il logo europeo
della DOP.
Comunicazione
Confronto Pecorino Romano-Sardo-
Toscano
Confronto Pecorino Romano-Sardo-
Toscano
I caseifici di Pecorino Romano sono circa 40, quasi il
doppio di quelli di Pecorino Toscano e Sardo, ma i
volumi di produzione del suddetto sono superiori di oltre
dieci volte.
Il leader di mercato del
Romano è Brunelli, unico
produttore ad aver costruito
una marca oltre al solo
marchio DOP.
Svolge continue attività di
marketing dagli anni ’60 che
negli ultimi anni si sono
sviluppate soprattutto attorno
al mondo del calcio di serie A

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Analisi di Filiera: il Formaggio

  • 2. Introduzione Il settore lattiero-caseario è uno dei principali settori dell’industria alimentare italiana, con un fatturato che supera i 15 miliardi di euro, arrivando a pesare l’11% dell’intera industria alimentare italiana. All’interno di esso, i due comparti più pesanti sono quello del latte ad uso alimentare (2,4 mln di tonnellate prodotte nel 2014) e i formaggi (1,1 mln di tonnellate nel 2014). La produzione di formaggio italiana ha una tradizione millenaria e annovera ben 450 tipologie diverse di formaggi, di cui 30 a Denominazione Tipica o di Origine.
  • 3. Panoramica sui consumi I principali trend che hanno indirizzato i consumi formaggio:  freschezza  funzione d’uso  innovazione  prezzo
  • 4. Panoramica sui consumi - 2 I consumi di formaggio sono stati stabili fino al 2012, ma da allora hanno cominciato a declinare, nonostante i produttori si siano adoperati per soddisfare le nuove esigenze dei consumatori e abbiano prestato attenzione ai trend emergenti
  • 5. Segmentazione Secondo i dati Nielsen, esistono cinque segmenti principali:  Formaggi duri  Formaggi semiduri  Formaggi freschi e spalmabili  Formaggi industriali  Formaggi fusi
  • 6. Caratteristiche della domanda Trattandosi di un bene alimentare, la domanda di formaggio è tendenzialmente rigida Dal 1960 elasticità della domanda in media è pari a 0,18 È polverizzata grandissima mole di acquirenti (i consumatori) che si rivolgono a distributori e aziende agricole per acquistare formaggi È differenziata il mercato è segmentato in cinque diversi segmenti, e pertanto anche l’offerta è differenziata (tantissime varietà di prodotti). Attenzione alle nuove esigenze.
  • 7. Formaggi duri  Segmento importantissimo del settore lattiero caseario e concentrato su prodotti DOP il 98% delle famiglie consuma formaggi duri  130.000 tonnellate commercializzate nel retail  17% degli acquisti totali di formaggio  26% del fatturato totale delle vendite di formaggio  Andamento oscillante tra il 2012 e il 2015, tendenzialmente in calo: -3% volumi di vendita nel 2012, stabilità l’anno seguente, -6% nel 2014.
  • 8. Formaggi semiduri  Segmento concentrato in larga parte sui prodotti a Denominazione di Origine Protetta (pertanto simile al segmento dei duri)  Performance negative negli ultimi anni (soprattutto Pecorino, Fontina), si salva l’Asiago Dop  Tra 2013 e 2014 persi notevoli volumi di vendita, a causa di un effetto inflativo per i prodotti del segmento  Importanza fondamentale dell’export per far ripartire le vendite
  • 9. Formaggi industriali – freschi e spalmabili  Settore dinamico, nonostante la crisi: fino al 2012 vendite e consumi su buon livello, ma dal 2013 flessione; nell’ultimo anno -2,2% sulle quantità vendute e -1,8% sul fatturato  Categoria di prodotti che punta su gusto, freschezza e versatilità  Attenzione all’innovazione e alle esigenze del consumatore in termini di qualità, provenienza dei prodotti e praticità di utilizzo.
  • 10. Formaggi fusi  Comparto poco significativo: 5% in media delle vendite di formaggi nei canali distributivi  Essenzialmente importati da paesi esteri  Polemiche circa gli aspetti nutrizionali e salutistici  Vendite in calo
  • 11. Canali distributivi Le vendite di formaggi in Italia si veicolano attraverso due canali distributivi:  Normal trade (distribuzione tradizionale: ambulanti, drogherie…)  Distribuzione moderna (iper, superstore, supermercati, discount...) La maggior parte degli acquisti sono effettuati all’interno della distribuzione moderna Ma il normal trade ha comunque una quota significativa… 1. 197 mln di kg venduti complessivamente 2. 1,3 mld di euro di fatturato 568 mln di kg venduti complessivamente 5,7 mld di euro di fatturato
  • 12. Numero e dimensione delle imprese Le aziende facenti della produzione di formaggio sono diffuse in tutta Italia, da Nord a Sud. Numerosi sono sia i piccoli caseifici, che importanti industrie.
  • 13.
  • 14. Coordinamento Il coordinamento verticale I vari attori della filiera sono collegati tra di loro in modo verticale (produttori, trasformatori e distributori). Il coordinamento orizzontale Avviene tra stessi attori di ogni fase della filiera ; per esempio gli accordi che vengono fatti tra produttori di formaggio. I principali metodi di coordinamento sono i seguenti: • Consorzio • Cooperative • Accordi interprofessionali come i contratti quadro , che vanno a definire i prezzi.
  • 15. La forma di mercato prevalente FASE 1: Rapporto tra produttori e trasformatori A sua volta questa fase può essere scomposta in due differenti modalità: 1. Filiera molto integrata 2. Forma di mercato oligopsonista FASE 2: Rapporto tra trasformatori e distribuzione
  • 16. Il prezzo del formaggio varia in base al prezzo del latte. Variazioni nel prezzo d’acquisto del latte implicano una variazione nel prezzo del prodotto trasformato. Formazione del prezzo
  • 17. Confronto prezzi origine e consumo Nei formaggi DURI possiamo notare come la differenza risulti essere per:  PARMIGIANO REGGIANO: 6,88 €/Kg  GRANA PADANO: 5,16 €/Kg Il PARMIGIANO REGGIANO risulta più costoso e con un margine superiore rispetto al GRANA PADANO. L’andamento nel suo complesso risulta essere positivo. I FRESCHI, d’altra parte hanno un andamento tendenzialmente negativo.
  • 18. Il Settore Lattiero-caseario Il lattiero caseario è il primo settore alimentare italiano e rappresenta da solo più del 12% del fatturato complessivo del food nazionale. Il valore della produzione supera i 14,5 miliardi di euro.  Ogni anno, le imprese italiane producono un milione di tonnellate di formaggi (di cui 460.000 di prodotti DOP) e tre milioni di tonnellate di latte alimentare.  Introduzione delle Quote Latte dalla CEE nel 1984, riunisce l'offerta di latte sul mercato imponendo ai produttori di rispettare delle quantità limitate di latte da mettere in commercio  Scopo delle quote latte era di evitare che la produzione di latte, diventando eccessiva, portasse a cali nel prezzo di vendita alla stalla, con conseguente perdita di profitto per gli allevatori.  Le quote latte si configuravano infatti come uno strumento
  • 19. Prezzi  Prezzo del latte oggi: si registra intorno ai 35 centesimi al litro.  Il rischio per gli allevatori italiani: dover uscire dal mercato comunitario.  Causa: considerando che gli allevatori nostrani hanno costi di produzione più elevati rispetto a quello di altri Paesi dell'Unione Europea. Prezzi a confronto: Secondo i dati pubblicati sul sito del Clal a fine 2015: il latte Italiano costa 35 centesimi, quello francese 31, quello tedesco 32, quello ceco 30, quello polacco 28, quello lettone 22, quello estone 24 e quello lituano 19.  Cifre allettanti per i trasformatori dal momento che ad oggi non esiste alcun obbligo di etichettatura che indichi la provenienza delle materie prime impiegate per formaggi, latte a lunga conservazione e prodotti finiti.
  • 20. L’andamento dei prezzi medi del latte crudo alla stalla, con focus di confro nto tra prezzo del latte in Italia e Usa negli ultimi tre anni, mostrando, a partire dal 2015, un andamento per lo più costante per il prezzo del latte in Lombardia. Sitografia : http://www.fedagri.confcooperative.it http://www.clal.it
  • 21. Caratteristiche e dimensioni dell’offerta  Gli allevamenti aderenti nel 2013 ai controlli sulla produttività del latte operati dall’AIA (Associazione Italiana Allevatori) sono 18.644  Rappresentano il 38,4% del totale degli allevamenti bovini ad orientamento produttivo di latte, registrati in BDN (Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica) al 30 novembre 2013.
  • 22. Offerta frammentata  Il peso degli allevamenti specializzati da latte o misti, registrati dall’anagrafe zootecnica, risulta molto frammentato da area ad area.  al Nord risulta pari al 48%  al Sud non raggiunge il 23%  al centro non raggiunge il 16%.  Le regioni che presentano un buon livello di adesione, sia in termini di aziende che di capi controllati, sono la Lombardia (52,2%) e l’Emilia Romagna (49,6%) , quelle più rilevanti per la produzione di latte, che da sole detengono il 32,3% delle stalle e il 59,2% delle
  • 23. Stagionalità La componente stagionale del latte è determinante. A differenza di quanto succede tipicamente, nel 2013 l’oscillazione massima corrispondente al picco di produzione, si sposta da febbraio ad aprile, dove assume il valore di + 5,6% rispetto al valore medio, per poi ridursi a 2,8% nel mese di giugno. A partire da luglio gli scostamenti si spostano in campo negativo, aumentando il loro valore assoluto fino a -5,8% in ottobre.
  • 24. Gruppi Strategici All’interno di un settore si possono individuare gruppi di imprese che seguono strategie simili e che, pertanto, si caratterizzano per un analogo posizionamento. Essi vengono definiti “raggruppamenti strategici”.
  • 25. I cinque prodotti del settore produttivo sui quali ci siamo focalizzati nella seconda fase del nostro lavoro sono:  Grana Padano  Parmigiano Reggiano (Parmareggio)  Pecorino Romano  Pecorino Sardo  Pecorino Toscano
  • 26. Il marchio DOP I prodotti caseari da noi analizzati rientrano nel vasto numero di beni agroalimentari italiani a denominazione di origine protetta. Forte dimostrazione della grande qualità delle nostre produzioni e del forte legame che lega le eccellenze agroalimentari italiane al proprio territorio di origine.
  • 27. DOP italiane Con 252 prodotti registrati nell’albo europeo ed un fatturato di circa 12 miliardi di euro, l’Italia è il più grande produttore al mondo di Dop. Il 55% del valore di questi prodotti è rappresentato dai formaggi, che assorbono circa il 50% del latte prodotto in Italia.
  • 28. Funzioni dei Consorzi L’art.14 della Legge 21 dicembre 1999 n.526 stabilisce che ai Consorzi di Tutela riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) siano attribuite funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale delle indicazioni geografiche.
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  • 31. Il caso Parmareggio Il Consorzio, per quanto riguarda i prodotti analizzati, compie attività di promozione del prodotto, di conseguenza tale compito non è in mano alla singola impresa. Unica eccezione risulta essere Parmareggio, azienda leader a livello mondiale nella produzione e commercializzazione del Parmigiano Reggiano.
  • 32. Parmareggio è stata partner commerciale della società professionistica Pallavolo Modena. E’ un altro esempio dell’intento di rendere unico il proprio brand da parte dell’azienda modenese.
  • 33. Rimanendo nel tema delle strategie non di prezzo, tese allo sviluppo del brand e del prodotto, assumono una forte rilevanza la ricerca e l’innovazione. Parmareggio  alta qualità e ampia gamma di prodotti
  • 34. Ruolo dell’innovazione Strategia fondamentale per emergere in un mercato standardizzato e caratterizzato da un’offerta poco diversificata come quello del formaggio. Prodotto e Packaging
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  • 36. Grana Padano e Parmigiano Reggiano Nel 1951 viene siglata una convenzione nella quale vengono indicate le norme precise della denominazione dei formaggi e le loro specifiche caratteristiche. In quest’occasione il formaggio grana viene distinto in due tipologie, Grana Padano e Parmigiano Reggiano.
  • 37. Informazioni ed etichettatura  Placca di Caseina: inserita sulla superficie piatta della forma al momento della formatura.  Quadrifoglio: certifica la provenienza della forma, riportando la sigla della provincia e il numero di matricola del caseificio produttore.  Losanghe: riportano alternativamente la scritta “Grana” e “Padano”, vengono impresse sullo scalzo.  Bollo CE: viene impresso mediante le fascere. Indica il mese l'anno e lo stabilimento di produzione  Marchio a Fuoco: Qualifica le forme attestandone la corrispondenza ai dettami espressi nel Disciplinare di produzione. Senza questo marchio il formaggio non può essere né denominato né commercializzato come "Grana Padano", anche nelle confezioni porzionate o grattugiate.  RISERVA: qualifica le forme che oltrepassano i 20 mesi di stagionatura.
  • 38. Parmigiano Reggiano Parmareggio Parmareggio nasce nel 1983 a Montecavolo di Quattro Castella. La capacità di innovazione ha permesso, attraverso una intensa attività di ricerca, di sviluppare nuovi prodotti e nuove occasioni di consumo del Parmigiano Reggiano. In un mercato altamente concorrenziale, attraverso il proprio brand, intende orientare il consumatore nel processo di acquisto, offrendo la garanzia di un prodotto distintivo.
  • 39. Confronto Grana Padano e Parmigiano Reggiano Il prezzo del Grana Padano (9 mesi e oltre) viene confrontato con il prezzo del Parmigiano Reggiano (12 mesi e oltre), mentre quello del Grana Padano (15 mesi e oltre) viene confrontato con il prezzo del Parmigiano Reggiano (24 mesi e oltre). Le disparità di prezzo fra Grana Padano e Parmigiano Reggiano sottolineano differenze che vanno ricercate in alcuni elementi caratterizzanti e diversificatori:  Area geograficamente più ristretta e in quantitativi minori del Parmigiano Reggiano  Alimentazione delle bovine diversa
  • 40. Prezzi e produzioni 9-12 mesi
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  • 45. Pecorini Il pecorino è un formaggio prodotto con latte di pecora. Il formaggio pecorino è storicamente di origine mediterranea ma è prodotto e diffuso anche altrove. In Italia il pecorino ha raggiunto una produzione di tale qualità che la Comunità Europea ha riconosciuto ben sette Denominazioni di Origine Protetta (DOP). Le più importanti sono il Pecorino Romano, il Pecorino Sardo e il Pecorino Toscano.
  • 46. Rintracciabilità Ogni fase dei processi produttivi dei tre pecorini viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi gestiti dalle strutture di controllo, degli allevatori, dei produttori, degli stagionatori, dei confezionatori e dei porzionatori, nonché attraverso la denuncia tempestiva alle strutture di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità dei prodotti.
  • 47. Il Pecorino Romano è un formaggio italiano la cui zona d’origine comprende la Sardegna, il Lazio e la provincia di Grosseto. Il Pecorino Toscano è un formaggio prodotto in Toscana, in undici comuni del Lazio e in due dell’Umbria, ottenuto da latte esclusivamente di pecora. Ne esistono due tipologie, fresco e stagionato. Il Pecorino Sardo è prodotto con latte di pecora sardo e viene commercializzato in due versioni: una giovane (o fresco) e una matura (o stagionato).
  • 48. Etichettatura Il Pecorino Romano Il logo della denominazione è costituito da un rombo in linea continua o tratteggiata, con angoli arrotondati contenente la testa stilizzata di una pecora e con sotto la dicitura Pecorino Romano. La matrice imprime sulla forma la denominazione Pecorino Romano ed il logo, in apposito riquadro la sigla della provincia di provenienza, il codice del caseificio produttore, il mese e l’anno di produzione. Il Pecorino Sardo L’etichetta del produttore in cui è presente il marcio del Pecorino Sardo DOP disposto a raggiera. Un bollino numerato rilasciato dal Consorzio di Tutela che identifica univocamente ciascuna forma. Il bollino verde individua la forme di Pecorino Sardo Dolce, quello blu le forme di Pecorino Sardo Maturo Il simbolo Comunitario che contraddistingue le produzioni DOP. Il Pecorino Toscano Si riconosce dal marchio di origine che vinee apposto su ogni forma. Il marchio viene apposto ad inchiostro sul formaggio a pasta tenera e a fuoco su quello stagionato, mentre sulle porzioni preconfezionate viene impresso su ogni singolo pezzo. I requisiti minimi dell’etichetta del Pecorino Toscano prevengono che venga riportato il nome “Pecorino Toscano DOP” o “Pecorino Toscano DOP stagionato”, il marchio a colori ed il logo europeo della DOP.
  • 51. Confronto Pecorino Romano-Sardo- Toscano I caseifici di Pecorino Romano sono circa 40, quasi il doppio di quelli di Pecorino Toscano e Sardo, ma i volumi di produzione del suddetto sono superiori di oltre dieci volte. Il leader di mercato del Romano è Brunelli, unico produttore ad aver costruito una marca oltre al solo marchio DOP. Svolge continue attività di marketing dagli anni ’60 che negli ultimi anni si sono sviluppate soprattutto attorno al mondo del calcio di serie A