2. “Chi sono io?” Questa è la domanda che si pone, prima o poi, ogni adolescente; e noi possiamo
immaginarcelo, mentre si guarda allo specchio, intento, trasognato, stralunato. Scruta il suo viso,
studia le espressioni che può assumere il suo volto.
Il volto prima di tutto e soprattutto, ma non solo quello.
Prima o poi ogni adolescente, maschio o femmina che sia, pone lo sguardo sul proprio corpo, uno
sguardo spesso schivo e sfuggente all’inizio, come per prendere un primo rapido contatto con una
realtà percepita confusamente e non ancora del tutto fatta propria. Uno sguardo poi più attento,
spesso deluso e severo, mentre mette a fuoco la propria immagine che emerge dallo sfondo delle
idealizzazioni infantili e si accorge che se ne differenzia irrimediabilmente. Solo alla fine può
guardarsi con uno sguardo benevolo, orgoglioso e compiaciuto, può piacersi ed essere contento di
come è, e ciò avviene solo molto tempo dopo l’inizio delle prime trasformazioni.
Il corpo, irreversibilmente diverso da quello dell’infanzia, rimane a lungo come uno sconosciuto,
nei confronti del quale si prova curiosità, ma anche timore e vergogna, desiderio di entrare in
intimità ma anche diffidenza, simpatia ma anche fastidio e ribrezzo, e soprattutto impaccio. Che
pena sentirsi così impacciato e ingombrante, come se quel corpo non fosse il tuo, tu che vorresti
essere solo muscoli e testa, e ti trovi invece tutto gambe e braccia, e pelo e brufoli e ormoni. E tu
che ti senti solo cuore, tutta palpitante di un sentimento nuovo, e ti ritrovi proprio quel sedere, e
quel seno e quei fianchi e non ti senti mai apposto.
Ogni adolescente si guarda, si studia, si odia, si maltratta, e solo alla fine si piace e si compiace del
cambiamento che è subentrato in lui con la pubertà.
Il corpo questo sconosciuto: Fornari diceva che co-noscere è co-nascere 1. Questa condizione che
vale tutta la vita, e che fa sì che ci sia chiesto e dato di nascere sempre di nuovo, assume forme
particolarmente evidenti al momento della pubertà, quando il ragazzo, attraverso il suo corpo nuovo
e la progressiva conoscenza attraverso di esso di se stesso e del mondo, nasce gradualmente alla
dimensione della sessualità. Per poter conoscere il suo corpo e con lui nascere a questa nuova
possibilità, deve però saper rinunciare a ciò che è stato e lasciare senza troppi rimpianti le fantasie
relative al corpo e alla sessualità che si era costruito durante l’infanzia. Come la farfalla per
dispiegare le ali lascia la sua crisalide e non rimpiange di non essere più bruco, così, alla fine del
lungo percorso dell’adolescenza, quando finalmente sa e può volare, ormai giovane adulto pronto a
spiccare il volo, l’ex adolescente lascia senza rimpianto alle spalle il corpo dell’infanzia attraverso
cui si è formato e le fantasie che lo riguardano. Chiude una porta per aprirne un’altra.
Ma ciò che pare avvenire tutto d’un colpo al momento del primo rapporto amoroso, ha in realtà
bisogno di un lungo periodo di preparazione, che attraversa tutta l’infanzia, la pubertà e
l’adolescenza, durante le quali viene intessuto quel bozzolo fatto da una parte di una graduale
appropriazione del proprio corpo, dall’altra di confronto tra questa realtà fisica e le fantasie che si
innescano su di essa, a partire dal quale diverrà possibile entrare nel mondo dello scambio amoroso
2
. E’ a partire da una saldo ancoraggio di base dentro il proprio corpo, costruito pazientemente nelle
prime fasi dell’infanzia attraverso il rispecchiamento attento della madre, del padre e dell’ambiente,
che vengono poste le basi per sentirsi bene anche nel proprio corpo sessuato.
Leggiamo assieme come Carlo Collodi termina il suo libro, bellissimo racconto delle avventurose
vicende attraverso le quali Pinocchio trova se stesso, dopo essere stato tante volte sul punto di
perdersi. Questo racconto, che ha affascinato non solo generazioni di bambini e di adulti, ma anche
tanti studiosi ed è stato oggetto di letture attente ed approfondite3, mi sembra poter essere utilizzato
anche da noi come spunto per fare un discorso relativo al modo in cui il bambino prima, il
preadolescente e l’adolescente poi, si impadroniscono progressivamente del proprio corpo.
1
F. Fornari. (1984) La riscoperta dell’anima. Laterza, Bari
2
L. Leonelli Langer, (1997) La porta chiusa. L’identità sessuale tra corpo e affetti, Franco Angeli, Milano.
3
A. Gagliardi, (1980) Il burattino e il labirinto. Tirrenia Stampatori, Torino offre una lettura appassionante ed
approfondita del racconto, passo per passo.
3. “A questo punto il sogno finì, e Pinocchio si svegliò con tanto d’occhi spalancati…..
…andò a guardarsi allo specchio, e gli parve d’essere un altro. Non vide più riflessa la solita
immagine della marionetta di legno, ma vide l’immagine vispa e intelligente di un bel fanciullo coi
capelli castagni, cogli occhi celesti e con un’aria allegra e festosa come una pasqua di rose.
…Pinocchio non sapeva più nemmeno lui se era desto davvero o se sognava sempre ad occhi aperti.
……- E il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto?
- Eccolo là,- rispose Geppetto: e gli accennò un grosso burattino appoggiato a una seggiola, col
capo girato sur una parte, con le braccia ciondoloni e con le gambe incrocicchiate e ripiegate a
mezzo, da parere un miracolo se stava ritto.
- Pinocchio si voltò a guardarlo; e dopo che l’ebbe guardato un poco, disse dentro di sé con
grandissima compiacenza:
- -Com’ero buffo, quand’ero un burattino! E come ora son contento di essere diventato un
ragazzino perbene!…-
Ogni volta che leggo questo libro, vi trovo descritto in modo magistrale e ironico quell’aspetto
dell’adolescenza di cui mi sto occupando.
In passato ho utilizzato questa lettura come traccia attraverso la quale provare a descrivere e a
comprendere alcuni aspetti salienti del rapporto affettivo che intercorre tra un adolescente e suo
padre4, ma possiamo prendere spunto da essa anche per parlare delle trasformazioni che avvengono
nel corpo e che fanno dell’adolescenza un’età del tutto speciale, un po’ trasognata e stralunata.
Possiamo ipotizzare che il burattino abbandonato sulla seggiola sia la crisalide che Pinocchio può
finalmente lasciare, ora che ormai è padrone del suo corpo.
Da gran conoscitore dell’animo dei ragazzi, Collodi ci presenta un Pinocchio che si sveglia come da
un sogno. E forse davvero si è trattato di un lungo sogno, eccitante ed angoscioso nello stesso
tempo, attraverso il quale è riuscito a diventare se stesso, mentre diventava padrone del suo corpo.
Tutti noi conosciamo l’affascinante condizione del sognare, il piacere del sogno dentro il quale tutto
può accadere, anche di essere contemporaneamente se stessi e diversi e di trovarsi in più posti allo
stesso tempo. Tutti facciamo esperienza, ogni volta che sognamo, di un mondo indistinto, dai
confini labili, dentro il quale è lecito vivere ciò che da svegli non è permesso, e che, per questo suo
carattere di libertà e di indeterminatezza, può offrire esaltanti sensazioni, ma anche provocare
inesprimibili angosce. Dentro il sogno, abitiamo il corpo in modo diverso: le sensazioni esterne ci
giungono ovattate e distorte, quelle interne sono ingigantite, deformate e danno origine ad immagini
che ci catturano. Conosciamo anche quel momento di passaggio, quando, nella fase del risveglio,
capiamo che si è trattato di un sogno e ricordiamo, a volte con sollievo altre con rammarico, chi
siamo, dove, con chi, che ore sono, abbandonando gradualmente le sensazioni che ancora ci
avviluppano e riprendendo contatto con la realtà della veglia.
Utilizzando la nostra esperienza, possiamo provare ad immaginare che il neonato viva nei confronti
del suo corpo e degli stimoli che gli giungono dall’esterno una condizione simile quella che noi
viviamo nel sogno, dove tutto tende a mescolarsi, confondersi, sovrapporsi, dando origine a stati di
estremo benessere o di inesprimibile tensione ed angoscia. Possiamo anche ipotizzare che il
processo di crescita e di conoscenza del mondo da parte del bambino parta da questa condizione
indistinta e vada verso la distinzione, passando attraverso un continuo progressivo sognare e
risvegliarsi, attraverso il quale egli si impadronisce del mondo mentre diventa padrone del proprio
corpo.
Collodi ci presenta un burattino di legno, e noi possiamo pensare ad un bambino che, pur essendo
incarnato fin dalla nascita in un corpo caldo e vivo, non lo conosce, non sa dare ancora un
significato ed un nome a ciò che gli accade, ha continuamente bisogno di essere pensato da una
4
L. Leonelli Langer, (1990) Le emozionanti avventure di Pinocchio (e di suo padre Geppetto). in (a cura di)
G.Pietropolli Chsrmet, L’adolescente nella società senza padri, Unicopli.
4. madre e da un padre che lo aiutino a trovare il senso di ciò che sente, perché la sua mente non sa
ancora formulare e contenere pensieri, come se avesse davvero la testa di legno.
E come Pinocchio per diventare ragazzo ha dovuto essere burattino, ma ha anche dovuto superare
questa condizione, così per potersi riconoscere in un corpo da ragazzo, in un corpo cioè quasi da
adulto, ogni adolescente ha dovuto essere bambino, ha dovuto stare immerso in una condizione di
indeterminatezza e ha dovuto riuscire ad emergerne.
Sono molto belle le sequenze nelle quali Collodi descrive Pinocchio alle prese con le sensazioni
provenienti dal proprio corpo. Le vicende della sua fame, che non sa ancora chiamare per nome, ma
che diventa sempre più prepotente e della sua incapacità a placarla, dei suoi tentativi maldestri di
arrangiarsi a farsi da mamma da solo, della sua rabbia e della sua impotenza si svolgono nell’arco di
una notte. Ma in esse noi possiamo vedere il lungo cammino, percorso come a tentoni di notte, che
il bambino fa alla scoperta del proprio corpo, attraverso il quale conoscere e vivere la vita.
Prima Pinocchio vede una pentola, ma si accorge che era solo dipinta (e noi sappiamo come un
neonato ed un bambino incorrano nella stessa delusione quando si rendono conto che il succhiarsi
il dito non placa la fame, e come questa delusione sia necessaria per distinguere l’illusione dalla
realtà). Poi scova un uovo nel monte della spazzatura, e crede quasi che sia un sogno…e resta a
bocca asciutta perché ne esce un pulcino. L’immagine dell’uovo, per come viene deposto, per il
fatto che possa essere mangiato e nello stesso tempo essere il luogo della nascita, esprime molto
bene in modo condensato la confusione del bambino circa le parti del corpo (bocca, ano, genitali) e
le loro funzioni. E noi sappiamo, Fornari lo ha messo molto bene in evidenza5, come il bambino si
trovi in un universo dove regna la confusione e sappiamo anche quanto il cammino per uscirne sia
lungo, faticoso e tortuoso, ma assolutamente necessario per uscire dall’illusione, crescere e
diventare davvero padrone del proprio corpo.
Alla fine di questa nottata, Pinocchio si addormenta vicino al fuoco, solo, infreddolito, affamato e
spaventato e si brucia i piedi nel tentativo di riscaldarsi. Sappiamo che al mattino, mentre “ aveva
sempre gli occhi fra il sonno” – e mi sembra importante questo sottolineare che il tutto avviene
senza che il protagonista sia completamente sveglio - si ritrova senza piedi ed è forse solo grazie al
fatto di riconoscere questa sua misera condizione che permette finalmente a Geppetto di prendersi
cura di lui.
Attraverso questa sequenza abbiamo visto in modo estremamente condensato sia i passaggi più
precoci delle vicissitudini del bambino alle prese con il suo corpo, sia le fantasie attraverso le quali
esprime il suo desiderio di non avere bisogno di nessuno, di fare tutto da solo e di essersi perfino
fatto da solo, lui che in realtà dipende così tanto dagli altri. I piedi bruciati ci dicono che queste
fantasie non hanno piedi e che se il bambino rimanesse sempre all’interno di esse non potrebbe
nemmeno sopravvivere. Da qui la necessità di continui risvegli e riconoscimenti.
Noi sappiamo che queste fantasie riguardano anche il modo in cui nascono i bambini e le differenze
tra i sessi, realtà non facile da comprendere per un essere dai genitali non ancora sviluppati, e quindi
impotente, come un burattino asessuato.
E’ necessario attraversare e superare tutto questo per crescere, ma ciò non avviene una volta per
tutte e con un unico passaggio, bensì attraverso un continuo andirivieni tra sogno e veglia, tra
confuse fantasie e ricognizioni allo specchio per appropriarsi della realtà.
Alla fine di questo andirivieni Pinocchio si ritrova ragazzino in carne ed ossa, lui che era di legno.
Eppure, prima di questa trasformazione definitiva, ne aveva già vissuto un’altra, di cui sembra
ormai dimentico: è diventato ed è stato per un periodo “ciuco”. Questa trasformazione temporanea,
che avviene in questo primo incarnarsi, seppure in un corpo da somaro, viene condivisa con il
compagno Lucignolo e con tutti gli altri ragazzi del Paese dei Balocchi.
Vediamo come viene descritta:
“… svegliandosi, gli venne fatto naturalmente di grattarsi il capo; e nel grattarsi il capo …Si
accorse con sua grandissima meraviglia che gli orecchi gli erano cresciuti più di un palmo. Voi
5
F. Fornari , (1975) Genitalità e cultura. Feltrinelli, Milano.
5. sapete che il burattino, fin dalla nascita, aveva gli orecchi piccini piccini: tanto piccini che, a occhio
nudo, non si vedevano neppure!
….Andò subito alla ricerca di uno specchio, per potersi vedere: ma non trovando uno specchio,
empì d’acqua la catinella del lavamano e, specchiandovisi dentro, vide quel che non avrebbe mai
voluto vedere… Lascio pensare a voi il dolore, la vergogna e la disperazione…”.
Si tratta di nuovo di un risveglio, uno di quei momenti in cui ci si districa a fatica dalle fantasie del
sogno e si prende contatto con una nuova realtà, quello in cui Pinocchio, attraverso un toccarsi
quasi immemore, avverte i primi segnali di una trasformazione che si è preparata a sua insaputa nel
corpo, e si trova diverso.
Possiamo pensare al turbamento del ragazzo o della ragazza pubere, cui accade di avvertire
confusamente le prime avvisaglie della trasformazione, che suscitano uno stato di allerta, e lo fanno
mettere in ascolto del corpo, (le orecchie nuove possono rappresentare sia le trasformazioni, sia la
nuova attenzione ai segnali del corpo).
Rispetto a queste nuove sensazioni, non è più possibile ora, nel momento della pubertà, utilizzare
direttamente il rispecchiamento da parte della madre o del padre, come è avvenuto invece finora per
tutte le altre tappe di sviluppo. Un nuovo pudore, funzionale alla crescita autonoma e al
disinvestimento dei genitori in preparazione dell’uscita dalla famiglia al momento della scelta
dell’oggetto d’amore e d’accoppiamento, fa sì che l’adolescente sperimenti una nuova solitudine.
Egli cerca quindi di arrangiarsi come meglio può, per potersi vedere e per poter riuscire a costruirsi
una nuova immagine di sé, nella quale inserire gli elementi che lo sviluppo continuamente
aggiunge, per non rischiare di continuare a pensarsi in un modo, mentre ormai è completamente
diverso. Potremmo ipotizzare che certi momenti di ritiro, durante i quali il preadolescente sembra
un po’ assorto e assente, siano momenti nei quali egli cerca di distinguere i contorni della propria
immagine che emerge ancora confusa delle nebbie delle fantasie infantili.
È vero che la prima reazione di fronte alla scoperta del proprio corpo sessuato può essere di dolore.
È vero che per certi versi i preadolescenti non vorrebbero vedere il cambiamento, perché ciò li
costringe alla rinuncia definitiva e dolorosa dell’illusione di poter diventare tutto e ogni cosa. Ogni
possibilità che prende corpo corrisponde infatti al dover constatare che altre infinite possibilità non
si realizzeranno più. È anche vero che spesso il primo moto dell’animo è quello di un senso di
vergogna, come se l’immagine riflessa, non potendo corrispondere alla perfezione sognata durante
l’infanzia, fosse davvero quella di un somaro, di cui non si può fare altro che vergognarsi. Però è
pur anche vero che il cambiamento è stato atteso, e che c’è in qualche angolo del proprio cuore una
reazione di giubilo che aspetta solo di poter esplodere. E questo giubilo può manifestarsi più
facilmente quando le impressioni legate alle trasformazioni del corpo vengono condivise con altri,
con quei compagni cui sta accadendo la stessa medesima cosa.
Vediamo che Pinocchio si copre come meglio può con un berretto quelle orecchie di cui ancora si
vergogna, e va alla ricerca dell’amico. Quando finalmente lo trova, vede che porta anche lui un gran
berretto di cotone sulla testa. “Che l’amico sia malato della mia medesima malattia?”
“…quando si videro colpiti tutti due della medesima disgrazia, invece di restare mortificati e
dolenti, cominciarono ad ammiccarsi i loro orecchi smisuratamente cresciuti, e dopo mille
sguaiataggini finirono col dare in una bella risata……E risero, risero, risero da doversi reggere il
corpo.”
In questa circostanza sembra proprio vero il detto “mal comune mezzo gaudio” e ben lo sanno gli
insegnanti, quotidianamente confrontati con la prorompente vitalità fisica e sessuale dei loro
giovanissimi allievi, sempre pronti a cogliere ogni occasione per dare sfogo alla voglia matta di
essere e di sentirsi gioiosamente maschi e femmine. Anzi, il male comune si trasforma, attraverso il
confronto con i compagni e l’appartenenza al gruppo monosessuale, in un bene accettato e
condiviso, di cui poter in certi momenti andar fieri e vantarsi.
Ma vediamo che per Pinocchio e l’amico la risata non dura per sempre, perché la trasformazione li
incalza e non concede loro tregua, facendoli turbinare incontro al “momento più brutto e più
umiliante …quando sentirono spuntarsi di dietro la coda ” e la voce si trasformò in un ragliare.
6. Questo momento può essere brutto dal punto di vista di un ragazzino che, perso nel suo paese dei
balocchi e incurante della realtà, si sia illuso di poter per sempre seguire solo il principio di piacere.
Egli può allora pensare che questa trasformazione si riveli una punizione umiliante e ingiusta, che
lo costringerà ad entrare nel mondo degli adulti, nel quale sarà obbligato a lavorare duramente e ad
accettare tutto pur di sopravvivere, abbandonando per sempre la capacità di ridere. Oppure può
essere umiliante per il ragazzo che pensa di dover ora esibire le sue nuove capacità fisiche o che
desidera farlo e allo stesso tempo teme di fallire, e comunque si sente sempre come in mezzo alla
pista di un circo, con tutti gli occhi puntati addosso. E in quanti momenti si sente così ,un
adolescente…In fondo questo Pinocchio ciuchino, al quale viene chiesto molto più di quanto non
sia in grado di fare, ci suscita un moto di simpatia. Lo vediamo, mentre si sente costretto ad esibirsi,
ma in cuor suo invoca la fatina, con i lucciconi agli occhi, e ci fa pensare alle nostre ragazze ai
nostri ragazzi a volte così provocatoriamente spavaldi nei loro corpi nuovi, con i quali pensano di
dover fare grandi cose, e nello stesso tempo così trepidi e pieni di nostalgia di un passato ancora alle
porte.
Pur con il sostegno del gruppo dei coetanei appartenenti allo stesso sesso, ogni adolescente deve
fare anche un percorso di crescita che lo vede solo, impegnato in prima persona. Ad un certo
momento anche le storie di Lucignolo e di Pinocchio si dividono e ciascuno deve percorrere da solo
la sua strada.
Pinocchio, che già una volta aveva perso i piedi, resta di nuovo azzoppato e stavolta, sembra, in
modo definitivo: gli viene infatti annunciato che rimarrà zoppo tutta la vita. Possiamo ipotizzare che
il riconoscimento da parte dell’adolescente dell’impossibilità di continuare a galoppare le fantasie
infantili, il rendersi conto del loro avere le gambe non solo corte come le bugie, ma anche rotte,
riconoscimento che avviene proprio durante il periodo delle esibizioni e delle prove durante le quali
può ancora immaginarsi bravo come un saltimbanco o magico come un mago in grado di fare tutto,
sia accompagnato da un senso di dolore e di perdita, che può farlo sentire davvero impotente.
Noi sappiamo che il nostro ciuchino zoppo viene legato e gettato in mare perché muoia annegato.
Potrebbe sembrare la fine, tragica e poco dignitosa, di un percorso di crescita interrotto. Ma
Pinocchio viene ripescato ed è di nuovo un burattino.
Una morte ed una rinascita, immagini forti per parlare di un’esperienza forte, attraverso la quale
ogni adolescente deve passare. Ci possiamo domandare il significato di questo ritrovarsi burattino.
Potrebbe trattarsi di un momentaneo percorso a ritroso, un momento di nostalgico ritorno ad una
condizione precedente, un tornare ad essere il bambino della mamma o il burattino della fatina. Ma
è proprio l’intervento della fatina che salva il ciuchino dall’annegamento e permette la
continuazione della storia, che altrimenti finirebbe tragicamente. Potremmo allora ipotizzare che
certi momenti di apparente regressione, che così frequentemente ritroviamo nei nostri adolescenti,
attraverso i quali sembrano dichiararsi ancora bambini bisognosi di attenzioni materne, siano la
condizione attraverso cui riescono a mantenersi a galla e a riprendere fiato, in funzione di
un’ulteriore trasformazione. Attraverso un continuo andirivieni tra la condizione di ciuchino e
quella di burattino, essi si riappropriano dei propri bisogni infantili di relazione, che avevano avuto
la tentazione di negare e che sono invece necessari per fondare il rapporto amoroso.
Il fatto che il nostro burattino trovi finalmente il padre dentro la pancia del pescecane da cui viene
mangiato quando si getta in mare per scappare, fa capire come questi momenti di passaggio, di
ritorno alla madre, possano trasformarsi in passi avanti verso la crescita e l’appropriazione del
proprio corpo sessuato solo grazie all’intervento della funzione paterna6, che aiuta a distinguere le
proprie fantasie onnipotenti riguardo al corpo, dalla realtà. Sappiamo che è proprio salvando il
padre, che Pinocchio salva se stesso…fino a diventare finalmente un ragazzo in carne ed ossa, felice
“come una pasqua di rose”. Anche in questa metafora ritroviamo il concetto della morte e della
rinascita, che ribadisce la necessità della rinuncia nei confronti dei desideri onnipotenti riguardo al
corpo per poter accedere alla capacità di usare il corpo nello scambio amoroso. Possiamo
6
G. Pietropolli Charmet, (1995) Un nuovo padre. Il rapporto padre-figlio nell’adolescenza, Arnaldo Mondadori
Editore, Milano
7. immaginare che quando Pinocchio si risveglia ragazzo, si accorge che gli manca qualcosa per essere
felice e si mette alla ricerca della sua Pinocchia, a cui non avrebbe mai potuto pensare e che non
avrebbe mai potuto trovare finché era solo un burattino o un asino.
Qui si introduce il discorso della necessità del tempo per permettere che il processo si compia, della
necessità della pazienza quando può sembrare che il tempo non passi mai e della necessità per ogni
adolescente di contare sull’aiuto di una fatina e di un Geppetto, che pur accettando di uscire di
scena e quasi di scomparire, rimangono tenacemente dietro le quinte, come testimoni e garanti della
possibilità di crescere.