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                         CANNE AL VENTO

Ricerca sulla cultura del “fumo” di hashish e marijuana fra gli
      adolescenti di sedici anni, i loro genitori e i docenti




   Presentazione al convegno “Più o meno sedici anni” a cura di:
              Gustavo Charmet e Rita Mascheroni




direzione scientifica:   Gustavo Pietropolli Charmet
coordinamento:           Alessandra Marcazzan
ricerca quantitativa:    Chiara Pellicciari e collaboratori
ricerca qualitativa:     Anna Verticale
                         Katia Provantini
Obiettivi della ricerca.

Quando abbiamo messo in cantiere questa ricerca-intervento non avevamo un'ipotesi precisa da
verificare ma solo una nebbia da dissipare. Essa avvolge il contesto culturale, affettivo e relazionale
dell'aspirazione del fumo di haschish e marijuana fra i ragazzi e le ragazze di Milano.

Non ci interessava approfondire gli aspetti statistici della vicenda: il numero dei fumatori abituali,
quello dei saltuari, la quantità giornaliera di fumo aspirato, la diffusione percentuale fra i ricchi e i
meno ricchi, quelli che abitano in periferia, fuori città o nelle cittadine dell'hinterland. Naturalmente
sappiamo bene che si tratta di faccende molto importanti perché riguardano l'epidemiologia del
fenomeno (dopo tutto si tratta pur sempre di droghe, almeno per il momento), ma ci sembrava
evidente che si trattasse di un fenomeno generazionale, al meno a Milano e che quindi i numeri
interessassero meno dell'analisi in profondità. In profondità nel senso culturale del termine: la
cultura del fumo di "canne", ecco il problema che volevamo esplorare. Non tanto quindi la ricerca
sulle cause, del tutto improbabile e fuggevole, ma la descrizione della cornice culturale in cui la
diffusione delle "canne" avviene; appunto la cultura delle "canne", la sottocultura del "fumo".
Ci sembrava che per intervenire con progetti educativi nei confronti di questa pratica fosse utile
conoscerne il codice, i valori ideali, i sistemi di rappresentazione: questo é un obiettivo realistico e
relativamente a portata di mano. Poi se si vuole si può attribuire senso e significato al sistema di
valori e rappresentazioni all'interno dei quali si sviluppa il fenomeno e arrischiare qualche ipotesi
intepretativa o almeno un'aggiunta di senso alla descrizione delle credenze e dei miti che nel loro
insieme costituiscono la cultura del "fumo" dell'attuale generazione di adolescenti milanesi.

Quindi il tema centrale delle ricerca consiste nel tentativo di capire bene quali siano i valori, gli
ideali, le credenze, gli obiettivi che i giovani hanno nei confronti del "fumo": approfondire i miti
affettivi, le rappresentazioni, i significati che ha per un sedicenne milanese accettare o rifiutare di
fumare assieme a qualche coetaneo una "canna": cosa gli faccia dire di no o di si, quale reazione
immagini possano avere i coetanei nei confronti della decisione che prenderà.
Può darsi che fumare assieme agli altri abbia un significato di accomunamento affettivo e
progettuale, che sia un calumet della pace generazionale, ma può anche essere che significhi
sottoscrivere un patto di solidaretà generazionale nella lotta contro i valori, i timori e le false
credenze del mondo educativo che li circonda.
Potrebbero attribuirgli il significato di una condotta sinonimo di crescita, di indipendenza, di
autonomia, di coraggio, di capacità e desiderio di esplorare altre dimensioni rispetto a quelle
contrattate e condivise con i genitori. Oppure potrebbero viverlo come obbligato atto di omaggio e
sudditanza ai voleri del gruppo dei coetanei che prescrive di consumare assieme un cilum
genrerazionale come emblema della potenza del gruppo se ci si vuole salvare nel labirinto della
crescita.
Potrebbe darsi che "fumare" fosse un segnale di disagio, l'espressione di una diffusa sofferenza, di
una fuga in massa verso la dimensione dell'anestesia etica, verso una dimissione generazionale dalla
fatica e dal dolore della crescita.
Il fumo potrebbe essere rivolto a qualcuno, avere il valore sociale di un messaggio, appunto di
fumo: forse ai genitori, forse agli adulti nel loro insieme, forse contro la scuola, lo Stato, la crescita,
la legge: insomma contro qualcosa opuure a favore di qualcosa di alternativo all'esistente, per
esempio la diffusione del pensiero, l'oriente, la leggerezza, l'appartenenza, la dissoluzione del
pensiero razionale occidentale.

D'altra parte i ragazzi fumano in gruppo con i coetanei ma vivono in una rete a maglie molto strette
di relazioni con la famiglia, la scuola e la cultura dei mass media: perciò é necessario capire come le
opinioni, i timori, le aspettattive ed i valori dei genitori interagiscano con gli affetti dei figli perché
potrebbe darsi che fosse l'interazione fra famiglia e gruppo dei coetanei che arricchisce di senso il
fumo. Potrebbe darsi che il fumo si sviluppasse nello spazio interstiziale esistente fra famiglia e
gruppo, per divaricarli e caratterizzarli come alternativi fra loro invece che come prolungamento
affettivo l'uno dell'altro.
Perciò abbiamo pensato che fosse indispensabile raccogliere con cura le opinioni delle madri e dei
padri nell'ipotesi molto probabile che fosse necessario conoscerla per potene ipotizzare l'importanza
ed il ruolo nel determinare la morfologia delle condotte di "fumo" da parte dei figli. Non sapevamo
bene fino a che punto i genitori conoscessero la natura e la diffusione del problema, se ritenessero il
fumo una condotta molto pericolosa o invece una pratica ludica, momentanea, un nuovo rito di
passaggio organizzato dal gruppo degli amici, che poi passa senza lasciare alcun segno nella
personalità e nella fedina penale o se invece ritnessero che il fumo fosse l'anticamera del buco o che
viceversa la diffusione del fumo potesse rappresentare l'antidoto generazionale nei confronti della
diffusione fra i giovani delle droghe pesanti. Non sapevamo se fossero al corrente che i loro figli
incontrano obbligatoriamente la proposta del fumo e che quindi devono decidere oppure se
ritenessero che solo in certi gruppi, e in certi ambienti i ragazzi possano incontrare il fumo. Non
sapevamo neppure se la cultura del ruolo di madre e di padre di sedicenne milanese preveda che il
fumo sia segnale di malattia, di devianza, di sofferenza o invece di capacità di esplorare la propria
realta antr pologica e relazionale dell'ecosistema in cui si cresce e che bisgna imparare a conoscere
per i riuscire ad adattarvisi bene e con successo. Non sapevamo con certezza se esistessero
differenze di posizione fra le madri e i padri, se fosero concordi o se invece la madre fosse più
intimorita dalle conseguenze ed il padre più spavaldo e ottimista o se invece il padre fosse contrario
per statuto all'odore delle canne in quanto attività illecita, trasgressiva, pericolosa per la salute e
magari la madre , più informata sugli usi e costumi degli amici dei figli e più in contatto con le altre
madri fosse più ottimista e ritenesse che i pericoli non sono poi così gravi da costringere a strenui
controlli. Perciò siamo andati dalle madri e dai padri e l'abbiamo chiesto direttamente a loro cosa
pensino del "fumo" e come si comportano nei confronti dei loro figli e del fenomeno in generale in
quanto fenomeno sociale allargato.
E poi c'é la scuola e dentro la scuola ci sono i docenti e la cultura dell'istituzione nei confronti del
"fumo". La nostra ipotesi era che la scuola fosse parte in causa nella partita del "fumo", che molti
aspetti del fumo vengano discussi e appresi nella scuola, almeno in quella zona della scuola che
viene utilizzata dai ragazzi come spazio di socializzazione con i coetanei e presa di contatto con le
cultura delle altre tribù. Ci sembrava molto interessante capire il significato del "fumo" a scuola, se
c'è, se significa qualcosa di diverso dal fumo al parco o nei paraggi della discoteca, ma soprattutto
ci sembrava essenziale capire la posizione culturale della scuola nei confronti della condotta del
fumo. In base a quali valori la scuola proibisce il "fumo", quali sanzioni somminstra in caso di
trasgressione, soprattutto se considera il fumo un tema che la riguarda o se invece abbia buoni
motivi per ritenere che il fumo faccia parte dell'extrascuola e che perciò spetti alla famiglia e ad
altre agenzie educative farsene carico. Questione essenziale quest'ultima poiché é necessario sapere
se la scuola si ritiene parte in causa nella gestione educativa della faccenda "fumo" se invece
ritenga che sia questione che riguardi il settore sanitario e sociale e non quello didattico ed
educativo in senso lato: é importante sapere bene quale sia la posizione culturale della scuola poiché
é forse negli spazi e nei tempi scolastici che potrebbe essere utile inserire degli spazi di riflessione
ed elaborazione sulla diffusione del fenomeno ed un conto é che la scuola senta come propria la
questione e faccenda ben diversa é invece se la scuola ritenga di non dovervi entrare proprio per
nulla.

Abbiamo perciò cercato di raccogliere e confrontare fra loro le opinioni sul fumo dei ragazzi, delle
madri, dei padri e dei docenti poiché riteniamo che sia il coro delle voci di questi attori sulla scena
del fumo ciò che concorre a determinare la cultura del "fumo" nella città di Milano.
Le scelte individuali dei ragazzi e quelle degli adulti si giocano all'interno di un quadro di
riferimento culturale che influenza i sentimenti ed il significato che ognuno da al fumo delle canne.
Conoscere la cultura del fumo significa perciò cercare di trasformare in parole e pensieri la nebbia
che avvolge i ragazzi che fumano e ridono e creare uno sfondo sul quale meglio si comprendano i
significati che al fumo regalano i genitori ed i docenti. Ognuno poi decide in base alla propria
storicità personale, ai propri valori ed in base al proprio specifico contesto di vita e di relazioni
affettive ed educative: questo livello privato di significato che il singolo ragazzo o genitore
attribuisce alla pratica del fumo non può essere oggetto di una ricerca di questo tipo. Però le
decisioni singole hanno un legame molto stretto col significato sociale che ha un determinata
condotta: perciò accontentiamoci di approfondire la conoscenza del codice che organizza la cultura
del fumo.
Noi siamo convinti che sia necessario tradurre il fumo in parole e pensieri, che questo sia un
obiettivo educativo importante ed anche necessario e che sia perseguibile solo se gli adulti che
hanno responsabilità educative si documentano sul significato reale e circostanziale che hanno le
condotte giovanili soprattutto quando si tratti, come nel casi del fumo, di un evento generazionale
che coinvolge tutte le classi sociali e tutte le tipologie di ragazzi appunto perché riguarda la
dimensione dell'essere adolescente in un contesto metropolitano come quello di Milano.
LA METODOLOGIA E LE SUE RAGIONI.
Per riuscire a capire la cultura che fa da contesto alla diffusione del fumo fra i ragazzi abbiamo fatto
delle scelte di metodo.
Innanzitutto abbiamo dovuto definire quale età dovessero avere i ragazzi ai quali chiedere di
lasciarsi intervistare per raccogliere le loro opinioni. Abbiamo deciso di rivolgerci ai ragazzi e alle
ragazze di sedici anni che frequentano, quando il loro percorso scolastico si é svolto regolarmente,
la terza classe degli istituti superiori.
Ci sembra che avere sedici anni comporti quasi sicuramente essere entrati in contatto personale con
la "questione canne", essersi cioé quasi sempre trovati a contatto con coetanei che hanno fumato e
lo raccontano o avere ricevuto la proposta di farlo o essersi trovati con una canna in bocca nel giro
del gruppo di amici. Insomma a sedici anni é quasi inevitabile aver dovuto definire la propria
posizione nei confronti della "cultura delle canne": in molti casi avere sedici anni consente di avere
effettuato personalmente qualche esperienza di fumo, conoscerne abbastanza bene gli effetti ed
essersi chiesti in base a quali valori si possa fumare oppure sia meglio astenersi dal farlo. Avere
sedici anni significa nel contesto di vita adolescenziale milanese far parte di un gruppo più o meno
allargato di amici ed aver avuto numerose discussioni con loro sulla questione "canne", aver
acquisita una buona esperienza sulle diverse modalità ed intenzioni con cui i ragazzi fumano o si
rifiutano di farlo, aver valutato gli effetti, i rischi, gli inconvenienti e gli eventuali vantaggi: avere
sedici anni consente anche di aver maturato opinioni personali sulla questione e non solo di essere
porta parola della posizione del gruppo o dei genitori. Insomma sedici anni ci sembrava l'età giusta
per proporre l'intervista: prima ci sembrava che potesse essere interessante però col rischio di
interloquire con ragazzi ancora lontani da una posizione personale e dopo i sedici anni la questione
canne é già troppo definita per essere interessante discuterla ancora. Quindi abbiamo deciso per i
sedicenni e siamo andati a cercarli nelle scuole.
Individuare la scuola come luogo di raccolta delle interviste e dei questionari non era inevitabile.
Potevamo scegliere di incontrare i ragazzi in altri luoghi di aggregazione o tentare di raggiungerli
individualmente nelle loro case attaverso appositi indirizzari. Abbiamo invece scelto di incontrarli a
scuola perché abbiamo pensato che potesse essere utile ai fini della ricerca che i ragazzi si
esprimessero anche mentre esercitavano il loro ruolo di studenti: se li avessimo avuti come
interlocutori in una casa privata, in un gruppo o al parco avremmo rischiato di avere delle
informazioni forse un pò sbilanciate verso il ruolo affettivo di adolescente o di membro del proprio
gruppo di amici. Invece a scuola un adolescente di sedici anni pensa e parla anche come studente e
se deve riferire la propria posizione nei confronti di un fenomeno che lo rigurda é probabile che lo
faccia sintonizzato anche con la cultura del ruolo di studente, quindi forse anche con una particolare
posizione critica e di maggiore mediazione culturale. Forse incontrandoli a scuola abbiamo perso un
pò di creatività e spontaneità ma abbiamo probabilmente guadagnato in riflessività e pensosità, che
dal punto di vista degli obiettivi della ricerca, centrata sulla definizione dela contesto culturale più
che sulle mtivazioni affettive personali, non é un bene trascurabile.
I ragazzi quindi li abbiamo cercati e trovati a scuola: per i genitori e gli insegnanti abbiamo invece
preso decisioni diverse.
La prima fase della ricerca era strettamente qualitativa, quindi basata su interviste "in profondità"
effettuate ad un piccolissimo numero di adulti, genitori e docenti. L'obiettivo di questa prima fase
era di ottenere delle informazioni qualitative sul fenomeno "canne" che consentissero di capire quali
potevano essere gli argomenti da indagare attraverso un'indagine estesa di tipo quantitativo,
destinata quindi a raccogliere le opinioni di un numero molto elevato di persone attraverso la
distribuzione di questionari. Abbiamo quindi deciso che i genitori ed i docenti dovessero essere
intervistati in gruppo, per sottolineare che l'obiettivo era di raccogliere le opinioni di un "ruolo" non
di una "persona".
L'obiettivo era infatti di capire come il ruolo docente pensa agli spinelli e alle canne: é la cultura del
ruolo docente sulla questione spinelli che é importante emerga e sia conosciuta e riconosciuta.
All'inizio della ricerca non sapevamo nulla delle posizioni del ruolo docente su questo tema: non
sapevamo cosa pensassero gli adulti che esercitano il mestiere di insegnanti con davanti dei
sedicenni che hanno sicuramente un elevato livello di coinvolgimento nella questione "canne",
certamente trascurabile quando sono seduti sui banchi di scuola ma certamente assai coinvolgente
appena fuori, già sui gradini esterni della scuola e nei suoi dintorni. Non sapevamo se pensassero
che la faccenda li riguardasse o meno e se si da quale punto di vista, solo didattico, o anche
educativo o disciplinare. Insomma non avevamo alcuna ipotesi di carattere generale a parte le nostre
conoscenze dirette di molti docenti e dei loro pensieri sui comportamenti sociali dei loro studenti
attuali.
Abbiamo perciò raccolto i docenti in piccolissimi gruppi e li abbiamo invitati a discutere moltissimi
temi connessi alla cultura degli spinelli. Hanno lavorato presso la sede del nostro istituto di ricerca.
Erano raggruppati in base all'anzianità di insegnamento perché ci sembrava che questa potesse
essere una questione di un certo peso nell'organizzare i pensieri su una questione di questo tipo,
forse maggiore della disciplina che si insegna o del tipo di scuola in cui si lavora.
Per quanto riguarda i genitori abbiamo preso una decisione drastica: abbiamo tenute separate le
madri dai padri e li abbiamo fatti lavorare sulla questione della gestione educativa del "fumo"
separatamente per essere sicuri di riuscire a capire le eventuali differenze di posizione delle madri
rispetto ai padri. Anche per i genitori si é trattato di lavorare in piccolissimi gruppi, per alcune ore,
senza conoscersi precedentemente, provenendo anzi da scuole diverse, cioé dall'avere figli che
studiano in scuole diverse fra loro. Anche per quanto riguarda l'eventuale differenza di
rappresentazione della questione "canne" da parte del ruolo paterno rispetto a quella materno non
avevamo alcuna ipotesi che ci sembrasse minimamente attendibile e quindi ci sembrava della più
grande importanza andare a vedere direttamente come stiano le cose in famiglia allorché il figlio ha
sedici anni e pone perciò direttamente o implicitamente la questione spinelli.
Dopo avere raccolto le interviste individuali degli studenti-adolescenti di sedici anni, le interviste di
gruppo dei genitori e dei docenti ci siamo posti al lavoro e abbiamo costruito un questionario da far
compilare a tutti gli studenti di sedici anni delle scuole della zona, a tutti i loro genitori e a un certo
numero dei loro docenti. Abbiamo costruito dei questionari centrati sulle questioni più importanti
che erano emerse dalle interviste, cioé dalla prima parte qualitativa della ricerca. Si tratta di
questionari semplici da compilare, relativamente sintetici e molto diretti, cioé con domande esplicite
riguardanti le convinzioni personali sulla questione "canne" e sul valore di determinate condotte sia
dei ragazzi che degli adulti di riferimento.
Infine abbiamo distribuito i questionari nelle terze classi e abbiamo aiutato i ragazzi a compilarli
dando loro le indicazioni necessarie. Abbiamo consegnato ai ragazzi i questionari per la madre e il
padre chiedendo di riportarli, una volta compilati, a scuola chiusi in una bsta anonima da infilare in
una apposita urna collocata in un sede predefinita della scuola. Dopo essere entrati in possesso dei
questionari ci siamo messi al lavoro e abbiamo codficato i dati e fatto i calcoli e le valutazioni che
ci sembravano interessanti ed utili. Dopo di ché abbiamo iniziatio a stilare il rapporto di ricerca.
RISULTATI E CONCLUSIONI.

- i ragazzi sostengono che fra loro e gli adulti, soprattutto i genitori, c'é più intesa di quanto
sotengano essercene i genitori che invece sottolineano le difficoltà a mantenere aperto il canale
della comunicazione. Potrebbe darsi che la quantità di comunicazione esistente vada bene ai figli e
molto meno bene ai genitori. Questi ultimi si sentono tagliati fuori dalle informazioni sugli
avvenimenti in corso e polemizzano a distanza sembrando loro che nulla costerebbe ai figli passare
qualche informazione in più. E' appunto sullo sfondo di questa condizione comunicativa che si
dipana la vicenda delle "canne" e del diverso significato che adulti e adolescenti attribuiscono al
fenomeno.

- I ragazzi sono convinti che gli insegnanti non conoscano bene il problema delle canne, che non ne
sospettino la diffusione, che ignorino il significato blando e di basso profilo che possiede. Pensano
anche che i loro docenti non abbiano voglia di sapere nulla che riguardi i problemi affettivi e
relazionali della loro crescita e che le canne facciano parte della zona di paesaggio sulla quale non
si posa mai lo sguardo dei docenti. I docenti invece sostengono di essere ampiamente al corrente
della diffusione delle canne, di conoscerne gli effetti ma di non esserne spaventati in quanto hanno
ragione di constatare che gli effetti del fumo sono di brevissima durata, recuperabilissimi e non tali
da intaccare l'apprendimento (sempre che, naturalmente, non se ne faccia uso abituale e
scritreriato); ma se la pratica é legata al divertimento e al piacere di stare in gruppo loro non hanno
da eccepire, trovandosi quindi molto vicini alle convinzioni dei ragazzi che sostengono, più o meno
la stessa posizione culturale nei confronti di canne e spinelli.

- I ragazzi e le ragazze appaiono coralmente convinti che le madri siano fortemente coinvolte nelle
vicende del fumo e che lo temano moltissimo ritenendo che possa dischiudere le porte ad altre
droghe e che comunque possa ingenerare dipendenza e quindi anomale condotte sociali e alterazioni
delle funzioni e delle competenze scolastiche. Secondo i ragazzi le madri sono molto ignoranti sulle
canne e confondono, in base a pregiudizi difficili da modificare, le canne con la droga. Le madri
invece ritengono di essere informate e di avere un timore moderato delle canne essendo invece
preoccupatissime per il virus, l'anoressia, la devianza ed altre disgrazie ben più gravi e
compromettenti delle canne che sono una moda sostanzialmente innoqua anche se non priva di
qualche rischio, aggravato dal silenzio che i ragazzi ritengono di dover conservare sul loro uso e
conseguenze. Diviene perciò possibile avanzare l'ipotesi che i ragazzi proiettino sulle madri la loro
paura di poter stabilire col fumo un rapporto di dipendenza e il timore di essere tentati di far uso
anche di altre sostanze ben più pericolose del fumo. La figura della madre si presta in adolescenza a
fungere da ricettacolo delle paure dei figli adolescenti che gettano nella madre una parte consistente
dei loro timori, così possono ridicolizzarli e controllarli, all'insegna del "se mi vedesse mia madre..
morirebbe di paura", il ché può anche succedere a volte senza escludere che un pò di paura di
perdere il controllo e subire qualche strana influenza possa averla anche chi l'attribuisce
comodamente alla madre, disfandosi di un fardello che è insopportabile in adolescenza a causa delle
richieste del gruppo di essere avventurosi e decisi ad entrare nell'area dello sconosicuto ed esotico,
cioé di tutto ciò che é al di fuori del regno del domestico e già noto, cioé del materno.

- I ragazzi e le ragazze di sedici anni pensano che il padre osservi da lontano la faccenda spinello,
ma senza esserne molto coinvolto, delegando alla madre gli interventi e l'elaborazione della politica
dei controlli e delle informazioni. Il padre dimostrerebbe scarso interesse e un mite coinvolgimento
nella gestione delle misure anticanna per molteplici motivi: a volte perché é lontano dalla
quotidianità dei figli e ignora tutto delle mode e dei rischi che incontrano, a volte perché ha fiducia
e quindi pensa che i figli prenderanno adeguate decisoni nei confronti di un'usanza che non può
certo coinvolgerli più che tanto, altre volte perché essendo molto informato per esperienze personali
giovanili di tutta la questione ha motivi per non temere gli spinelli e mettersi nella posizione di chi
attende che passi perché sa che passerà ed é solo questione di tempo, di crescita, di adolescenza e di
contatto con le sostanze, poi passa e si diventa grandi. I padri invece non sono affatto informati e
tranquilli: ritengono che i figli siano lontani dalle canne, ma ne sono molto spaventati e pensano che
sarebbe grave anzi gravissimo che i figli fumassero; sarebbe necessario, se tale infausto evento
s'avverasse intervenire con severi provvedimenti e drastici controlli poiché si sarebbe molto vicini
ai comportamenti ad alto rischio di dipendenza e comunque espressione di un'alterazione del
normale percorso di crescita. I padri perciò appaiono tranqulli agli occhi dei figli ma non lo sono
per i motivi che i figli ipotizzano bensì perché neppure immaginano cosa stia succedendo nei bagni
delle scuole superiori, nel parco giochi sotto casa e nel corso delle feste e degli altri incontri di
gruppo degli amici dei figli. Anche nel caso del padre sembra di poter avanzare l'ipotesi che la
rappresentazione del padre in fiduciosa attesa delle sagge decisioni dei figli e comunque abbastanza
disinteressato alla questione degli spinelli sia una costruzione dei ragazzi congrua col loro bisogno
di poter far conto su una figura paterna calma e potente, disposta a dare fiducia e pronta ad
intervenire in caso di bisogno ma disposta a regalare autonomia decisionale. I ragazzi hanno forse
bisogno di illudesi che il padre ci sia e quando hanno la prova che così non é costruiscono una
giustificazione della sua latitanza dicendo che é perché é sicuro di loro che non si fa sentire e non fa
domande, non perché non é interessato e non ha neppure idea di cosa stia succedendo nel loro
gruppo.

- Il padre sembra essere l'unico attore sulla scena delle canne che appare poco informato dell'aspetto
cruciale della questione: che la diffusione del fumo delle canne riguarda tutti i sedicenni. Li
riguarda nel senso che tutti debbono prendere la decisione di che uso farne e non si tratta di una
decisione semplicissima perché ci sono di mezzo significati e valori importanti. Le madri e gli
insegnanti sono molto più vicine di quanto pensino i ragazzi, appaiono informate sulla diffusione
delle canne e perciò sono in condizioni di contestualizzare il fenomeno. Ciò le aiuta a dare
all'eventuale fumo di canne del figlio o studente il significato di una condotta di prova quasi
inevitabile, priva di particolari signficatiche nonsiano quellirelativi alfatto che avendo sedici anni si
trova inevitabilmente acotatto con coetanei coinvolti nella pratica del fumo. I ragazzi che fumano
spnelli non sembrano essereguardati dai coetanei che non li fumano o daigenitori degli altri ragazzio
dai docenti come esposti a rischi gravi. I ragazzi invece riegono che i docenti se scoprono cge
qualcuno fuma si mettono in mente che possa essere o un deviante o un ragazzo con molti problemi.
Non é così ma i ragazzi proiettano anche sui docenti un bisogno di drammatizzare e prendere severe
contromisure che probabilmente alberga nel loro immaginario ma che non può essere da loro
riconosciuto per motivi fasespecifici.

- A parte il padre nessuno é fortemente contrario all'uso delle canne. I ragazzi che non fumano
esprimono la loro critica nei confronti dell'estrema diffusione delle canne ma non criminalizzano i
coetanei che lo fanno: anzi li trovano divertenti anche se un pò scemi. In un certo senso appaiono
forse un pò grati agli amici che fumano contribuendo così a rallegrare il clima relazionale del
gruppo. Le madri appaiono rassegnate e critiche, blandamente apprensive nei confronti di un'usanza
di cui sembrano conoscere la diffusione e che perciò considerano non espressiva di particolari
problemi e conflitti psichici; semmai hanno l'impressione che il pericolo possa derivare da una
complessiva fragilità ed immaturià dei ragazzi di sedici anni che potrebbero esporli, in stato di
alterazione mentale legato all'uso delle sostanze al rischio di cacciarsi in qualche altro guaio non
direttamente correlato all'uso delle sostanze ma da loro innescato indirettamente. I docenti sanno ma
fingono di nulla poiché in effetti hanno l'impressione di non poter governare il fenomeno, che
d'altra parte non li riguarda direttamente poiché a loro non sembra che esistano indizi che sia rivolto
alla scuola o che dalla scuola prenda le mosse, né che interferisca più di tanto con i processi di
apprendimento. Perciò si limitano a guardare al fumo come ad una moda di recente diffusione che
passerà come tutte le altre che hanno visto imperversare nelle loro aule importate da generazioni
diverse di ragazzi che si succedono con le loro imprese, idoli e valori e poi diventano adulti anche
loro, a causa del tempo che passa non certo per merito loro.

- In conclusione il fumo delle canne é ritenuto illegale solo dal padre: gli altri protagonisti non
pensano che si fumi contro la legge o contro l'autorità. La maggioranza concorda sul fatto che si
tratti di un usanza pacifica, tendenzialmente un pò regressiva, innoqua, fortemente gruppale,
amicale, generazionale, legata al divertimento, al piacere, al tempo libero, da collocare nel novero
delle moderate trsgressioni adolescenziali. Ne deriva che gli interventi non vengano ipotizzati come
repressivi, autoritari o punitivi: non ricorrono gli estremi per una campagna severa di controlli e
sanzioni. Neppure la scuola sembra essere animata da intenti punitivi e repressivi, pur costituendo la
canna una tragressione grave delle sue norme: la scuola sembra ritenerla più che altro un
comportamento adolescenziale un pò stupido ma non pericoloso; nelle gite scolastiche le canne
tengono banco ma non nessuno ritiene si tratti di droga. Le canne sono già proibite, ma non
vengono utilizzate su vasta scala per questo motivo: lo statuto della canna non é quello della
sostanza proibita: il suo successo é strettamente legato agli effetti che produce: tira fuori lo scemo
che c'é in loro, questo é il punto centrale della questione. Lo "scemo di gruppo" é l'effetto cruciale
della canna: tanti piccoli scemi e qualche scema che ridono affatellati dalla scemenza che trionfa e
diverte loro e i loro coetanei puliti che non si scandalizzano affatto, che anzi forse istigano e stanno
a vedere l'effetto che fa.

- L'identità di genere maschile o femminile orienta il significato della canna verso direzioni
moderatamente diverse, ma non sostanzialmente divergenti. Le ragazze non sono contrarie al fumo;
secondo la testimonianza di alcuni ragazzi lo praticano anche loro senza troppe inibizioni e spesso
istigano a farlo. Il fumo non é maschile e non é neppure femminile: é di gruppo, radicalmente
bisessuale e promiscuo. La decsione di fumare l'ha presa il gruppo: non sono stati né i maschi né le
femmine, ma il gruppo misto ha individuato nel fumo la sostanza che può andare bene a tutti,
maschi e femmine, destra e sinistra, ricchi e meno ricchi. Il fumo garantisce e sancisce le pari
opportunità nelle relazioni con le sostanze: sedicenni maschi e femmine possono accedere alla
nuova consuetudine senza forzare troppo i valori dell'identità di genere e avvertire lo strappo nei
confronti delle motivazioni di fondo. I maschi però preferiscono pensare che il fumo abbia un
significato iniziatico più evidente di quello che sono disposte a concedergli le femmine: un
significato più trasgressivo, di emulazione, di sfida per la crescita, di avventura, di gara fra maschi.
Le femmine colorano la canna di rosa e la vedono finalizzata a creare un buon clima relazionale,
un'intimità maggiore, un divertimento leggero, amichevole, sentimentale, anche se su un registro
nettamente sfasato rispetto al sedici anni di età.



Valutazione complessiva della "cultura" delle canne emersa dalla ricerca.

Si tratta, a nostro avviso, di una cultura orientata a legittimare direttamente o indirettamente il fumo.
I ragazzi bonificano l'uso del fumo in modo diretto. Lo prelevano dall'area delle droghe e lo
traslocano nella zona delle sostanze esotiche ma non pericolose. Considerano la sua illecità uno
stato anacronistico e frutto dell'ignoranza della cultura degli adulti sull'argomento. Sostengono che
le canne non sono puntate contro nessuno e che il loro fumo non innalza nessuno: fumare non é un
rito iniziatico, non é una protesta, non serve a contestare ed uccidere simbolicamente proprio
nessuno. Inoltre il fumo delle canne non é individuale ma gruppale: ciò gli conferisce una
legittimazione particolare poiché se lo fanno tutti non può certo essere considerato un'azione
violenta, ma soprattutto non può avere significati individuali. E' evidente che l'unico significato che
può avere é di essere un'usanza generazionale, come masticare il chwuing gum. I ragazzi pensano
che non se ne possa parlare né a casa né a scuola a causa dei radicati pregiudizi della cultura degli
adulti sull'argomento. I genitori sono troppo convinti che il fumo non riguardi loro: gli insegnanti
sono troppo convinti che riguardi tutti. Non é così, non sono informati e sbaglierebbero in tutti i
casi, sia decidendo che se il figlio fuma ha dei problemi e grossi sia decidendo che non c'é alcun
problema, che la situazione é sotto controllo e non c'é nulla da decidere. Perciò non se ne parla e si
aspetta che passi; sembra infatti questa l'attesa dei ragazzi, che la stagione del fumo si consumi e si
passi ad altro: di fatto non ci sono decisioni da prendere poiché vivendo nella cultura del fumo le
decisioni non sono più individuali ma collettive ed il gruppo ha deciso di lasciare la gente libera di
fare quello che vuole con le canne, basta che non si fumi da soli e troppo perché in questo caso la
faccenda esula dalle competenze del gruppo.
Complessivamenti ci pare legittima e documentata l'ipotesi che i ragazzi vorrebbero poterne parlare
molto di più sia a casa che a scuola. Innanzitutto perché a loro dispiace tradire la fiducia dei genitori
in particolar modo del padre che sanno che se venisse a sapere delle canne si arrabierebbe molto
anche perché non se l'aspetta e si sentirebbe imbrogliato su una questione che per lui é di sostanza:
non é affatto marginale se uno si fa le canne o no. Anche con la madre sarebbe molto meglio
poterne parlare perché é brutto lasciarla nell'ignoranza e nell'angoscia quando invece non c'é nulla
da preoccuparsi e da angosciarsi; basterebbe voler davvero capire, ascoltare, imparare
dall'esperienza invece che dal pregiudizio. Ed anche a scuola sarebbe bello poterne parlare e
sviluppare un ampio dibattitto perché fra i ragazzi c'é anche chi ha deciso di non fumare mai o di
smettere di fumare o di fumare solo molto saltuariamente. Le due culture, quella dei fumatori e
quella dei non fumatori hanno bisogno di confrontarsi, di polemizzare, anche di comprendere
meglio le ragioni l'una dell'altra.

Naturalmente é assai difficile individuare la strada della fondazione di un dipositivo istituzionale
congruo con queste esigenze di dialogo e confronto sull'uso dell'haschish e della marijuana.
Appaiono chiare alcune precondizioni che si desumono dal contesto complessivo dei dati della
ricerca. Innanzitutto niente allarmismi: questo é chiarissimo. Se si volesse avviare una campagna
preventiva all'insegna del rischio e pericolo del fumo delle canne sarebbe persa in partenza perché
proprio questo é il punto straordinario dell'attuale cultura adolescenziale sulle canne: averle
familiarizzate ed addomesticate fino ad un livello assolutamente impensabile da chiunque fino a
qualche anno fa. Ciò fa si che non si possa parlare sulle canne assumendole come tendenza a
rischiare: si rischia col virus, col buco, col motorino non con le canne: si rischia con l'acool, con
l'extasi, con la coca, non con le canne: é un dogma, meglio non metterlo in discussione. La radicale
leggitimazione delle canne é l'aspetto massimamente ideologico della cultura giovanile
sull'argomento: meglio non affrontarlo direttamente poiché nei confronti del rischio la cultura
giovanile ha predisposto una sottocultura che é in grado di sbaragliare completamente qualsiasi
insinuazione adulta sui rischi per la salute fisica o psichica. Coolui che parlasse animato da questa
intenzione finirebbe ben presto per perdere il diritto di parola in quanto manifestamente impreparato
ad affrontare l'argomento. D'altra parte é vero che i ragazzi non fumano in quanto é rischioso:
questo é certo e l'hanno spiegato con enorme e documentata chiarezza.

Come utilizzare i dati della ricerca.
- il primo dato da discutere é se ci sia voglia di dialogo fra i protagonisti della cultura del fumo. La
ricerca segnala una forte disponibilità alla parola da parte di tutti. I ragazzi non ne parlano non
perché ritengano che si debba fare così ma perché hanno motivi di ritenere che se raccontassero e
commentassero ci sarebbero da affrontare delle reazioni presumibilmente catastrofiche da parte dei
genitori e in parte anche da parte degli insegnanti. I genitori e gli insegnanti asseriscono che
vorrebbero parlarne ma che sono i ragazzi a fare i misteriosi, ma che a loro la distanza con i figli e
allievi proprio sul problema dell'uso delle sostanze non va affatto bene poiché aumenta l'nagoscia
dei rischi possibili e priva di informazioni utili a realizzare il proprio compito. Quindi una virtuale
disponibilità a trattare apertamente la questione ci sarebbe: é però necessario effettuare un lavoro
preliminare che attenui certe diffidenze.
E' infatti utile iniziare i lavoro con una drammatica campagna informativa. Notizie sulle sostanze, la
loro diffusione e reperibilità, i loro effetti e la capacità o meno di determinare dipendenze di varia
indole. Soprattutto appare utile diffondere notizie come quelle contenute in questa ricerca. Vannno
effettuati dei corsi ai genitori e ai docenti: va loro insegnato cosa pensano i ragazzi di sedici anni
delle sostanze e di loro.

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Charmet, Mascheroni - Canne al vento. Ricerca sulla cultura del “fumo” di hashish e marijuana fra gli adolescenti di sedici anni, i loro genitori e i docenti

  • 1. promossa e finanziata da ASL CITTA’ DI MILANO CANNE AL VENTO Ricerca sulla cultura del “fumo” di hashish e marijuana fra gli adolescenti di sedici anni, i loro genitori e i docenti Presentazione al convegno “Più o meno sedici anni” a cura di: Gustavo Charmet e Rita Mascheroni direzione scientifica: Gustavo Pietropolli Charmet coordinamento: Alessandra Marcazzan ricerca quantitativa: Chiara Pellicciari e collaboratori ricerca qualitativa: Anna Verticale Katia Provantini
  • 2. Obiettivi della ricerca. Quando abbiamo messo in cantiere questa ricerca-intervento non avevamo un'ipotesi precisa da verificare ma solo una nebbia da dissipare. Essa avvolge il contesto culturale, affettivo e relazionale dell'aspirazione del fumo di haschish e marijuana fra i ragazzi e le ragazze di Milano. Non ci interessava approfondire gli aspetti statistici della vicenda: il numero dei fumatori abituali, quello dei saltuari, la quantità giornaliera di fumo aspirato, la diffusione percentuale fra i ricchi e i meno ricchi, quelli che abitano in periferia, fuori città o nelle cittadine dell'hinterland. Naturalmente sappiamo bene che si tratta di faccende molto importanti perché riguardano l'epidemiologia del fenomeno (dopo tutto si tratta pur sempre di droghe, almeno per il momento), ma ci sembrava evidente che si trattasse di un fenomeno generazionale, al meno a Milano e che quindi i numeri interessassero meno dell'analisi in profondità. In profondità nel senso culturale del termine: la cultura del fumo di "canne", ecco il problema che volevamo esplorare. Non tanto quindi la ricerca sulle cause, del tutto improbabile e fuggevole, ma la descrizione della cornice culturale in cui la diffusione delle "canne" avviene; appunto la cultura delle "canne", la sottocultura del "fumo". Ci sembrava che per intervenire con progetti educativi nei confronti di questa pratica fosse utile conoscerne il codice, i valori ideali, i sistemi di rappresentazione: questo é un obiettivo realistico e relativamente a portata di mano. Poi se si vuole si può attribuire senso e significato al sistema di valori e rappresentazioni all'interno dei quali si sviluppa il fenomeno e arrischiare qualche ipotesi intepretativa o almeno un'aggiunta di senso alla descrizione delle credenze e dei miti che nel loro insieme costituiscono la cultura del "fumo" dell'attuale generazione di adolescenti milanesi. Quindi il tema centrale delle ricerca consiste nel tentativo di capire bene quali siano i valori, gli ideali, le credenze, gli obiettivi che i giovani hanno nei confronti del "fumo": approfondire i miti affettivi, le rappresentazioni, i significati che ha per un sedicenne milanese accettare o rifiutare di fumare assieme a qualche coetaneo una "canna": cosa gli faccia dire di no o di si, quale reazione immagini possano avere i coetanei nei confronti della decisione che prenderà. Può darsi che fumare assieme agli altri abbia un significato di accomunamento affettivo e progettuale, che sia un calumet della pace generazionale, ma può anche essere che significhi sottoscrivere un patto di solidaretà generazionale nella lotta contro i valori, i timori e le false credenze del mondo educativo che li circonda. Potrebbero attribuirgli il significato di una condotta sinonimo di crescita, di indipendenza, di autonomia, di coraggio, di capacità e desiderio di esplorare altre dimensioni rispetto a quelle contrattate e condivise con i genitori. Oppure potrebbero viverlo come obbligato atto di omaggio e sudditanza ai voleri del gruppo dei coetanei che prescrive di consumare assieme un cilum genrerazionale come emblema della potenza del gruppo se ci si vuole salvare nel labirinto della crescita.
  • 3. Potrebbe darsi che "fumare" fosse un segnale di disagio, l'espressione di una diffusa sofferenza, di una fuga in massa verso la dimensione dell'anestesia etica, verso una dimissione generazionale dalla fatica e dal dolore della crescita. Il fumo potrebbe essere rivolto a qualcuno, avere il valore sociale di un messaggio, appunto di fumo: forse ai genitori, forse agli adulti nel loro insieme, forse contro la scuola, lo Stato, la crescita, la legge: insomma contro qualcosa opuure a favore di qualcosa di alternativo all'esistente, per esempio la diffusione del pensiero, l'oriente, la leggerezza, l'appartenenza, la dissoluzione del pensiero razionale occidentale. D'altra parte i ragazzi fumano in gruppo con i coetanei ma vivono in una rete a maglie molto strette di relazioni con la famiglia, la scuola e la cultura dei mass media: perciò é necessario capire come le opinioni, i timori, le aspettattive ed i valori dei genitori interagiscano con gli affetti dei figli perché potrebbe darsi che fosse l'interazione fra famiglia e gruppo dei coetanei che arricchisce di senso il fumo. Potrebbe darsi che il fumo si sviluppasse nello spazio interstiziale esistente fra famiglia e gruppo, per divaricarli e caratterizzarli come alternativi fra loro invece che come prolungamento affettivo l'uno dell'altro. Perciò abbiamo pensato che fosse indispensabile raccogliere con cura le opinioni delle madri e dei padri nell'ipotesi molto probabile che fosse necessario conoscerla per potene ipotizzare l'importanza ed il ruolo nel determinare la morfologia delle condotte di "fumo" da parte dei figli. Non sapevamo bene fino a che punto i genitori conoscessero la natura e la diffusione del problema, se ritenessero il fumo una condotta molto pericolosa o invece una pratica ludica, momentanea, un nuovo rito di passaggio organizzato dal gruppo degli amici, che poi passa senza lasciare alcun segno nella personalità e nella fedina penale o se invece ritnessero che il fumo fosse l'anticamera del buco o che viceversa la diffusione del fumo potesse rappresentare l'antidoto generazionale nei confronti della diffusione fra i giovani delle droghe pesanti. Non sapevamo se fossero al corrente che i loro figli incontrano obbligatoriamente la proposta del fumo e che quindi devono decidere oppure se ritenessero che solo in certi gruppi, e in certi ambienti i ragazzi possano incontrare il fumo. Non sapevamo neppure se la cultura del ruolo di madre e di padre di sedicenne milanese preveda che il fumo sia segnale di malattia, di devianza, di sofferenza o invece di capacità di esplorare la propria realta antr pologica e relazionale dell'ecosistema in cui si cresce e che bisgna imparare a conoscere per i riuscire ad adattarvisi bene e con successo. Non sapevamo con certezza se esistessero differenze di posizione fra le madri e i padri, se fosero concordi o se invece la madre fosse più intimorita dalle conseguenze ed il padre più spavaldo e ottimista o se invece il padre fosse contrario per statuto all'odore delle canne in quanto attività illecita, trasgressiva, pericolosa per la salute e magari la madre , più informata sugli usi e costumi degli amici dei figli e più in contatto con le altre madri fosse più ottimista e ritenesse che i pericoli non sono poi così gravi da costringere a strenui controlli. Perciò siamo andati dalle madri e dai padri e l'abbiamo chiesto direttamente a loro cosa pensino del "fumo" e come si comportano nei confronti dei loro figli e del fenomeno in generale in quanto fenomeno sociale allargato.
  • 4. E poi c'é la scuola e dentro la scuola ci sono i docenti e la cultura dell'istituzione nei confronti del "fumo". La nostra ipotesi era che la scuola fosse parte in causa nella partita del "fumo", che molti aspetti del fumo vengano discussi e appresi nella scuola, almeno in quella zona della scuola che viene utilizzata dai ragazzi come spazio di socializzazione con i coetanei e presa di contatto con le cultura delle altre tribù. Ci sembrava molto interessante capire il significato del "fumo" a scuola, se c'è, se significa qualcosa di diverso dal fumo al parco o nei paraggi della discoteca, ma soprattutto ci sembrava essenziale capire la posizione culturale della scuola nei confronti della condotta del fumo. In base a quali valori la scuola proibisce il "fumo", quali sanzioni somminstra in caso di trasgressione, soprattutto se considera il fumo un tema che la riguarda o se invece abbia buoni motivi per ritenere che il fumo faccia parte dell'extrascuola e che perciò spetti alla famiglia e ad altre agenzie educative farsene carico. Questione essenziale quest'ultima poiché é necessario sapere se la scuola si ritiene parte in causa nella gestione educativa della faccenda "fumo" se invece ritenga che sia questione che riguardi il settore sanitario e sociale e non quello didattico ed educativo in senso lato: é importante sapere bene quale sia la posizione culturale della scuola poiché é forse negli spazi e nei tempi scolastici che potrebbe essere utile inserire degli spazi di riflessione ed elaborazione sulla diffusione del fenomeno ed un conto é che la scuola senta come propria la questione e faccenda ben diversa é invece se la scuola ritenga di non dovervi entrare proprio per nulla. Abbiamo perciò cercato di raccogliere e confrontare fra loro le opinioni sul fumo dei ragazzi, delle madri, dei padri e dei docenti poiché riteniamo che sia il coro delle voci di questi attori sulla scena del fumo ciò che concorre a determinare la cultura del "fumo" nella città di Milano. Le scelte individuali dei ragazzi e quelle degli adulti si giocano all'interno di un quadro di riferimento culturale che influenza i sentimenti ed il significato che ognuno da al fumo delle canne. Conoscere la cultura del fumo significa perciò cercare di trasformare in parole e pensieri la nebbia che avvolge i ragazzi che fumano e ridono e creare uno sfondo sul quale meglio si comprendano i significati che al fumo regalano i genitori ed i docenti. Ognuno poi decide in base alla propria storicità personale, ai propri valori ed in base al proprio specifico contesto di vita e di relazioni affettive ed educative: questo livello privato di significato che il singolo ragazzo o genitore attribuisce alla pratica del fumo non può essere oggetto di una ricerca di questo tipo. Però le decisioni singole hanno un legame molto stretto col significato sociale che ha un determinata condotta: perciò accontentiamoci di approfondire la conoscenza del codice che organizza la cultura del fumo. Noi siamo convinti che sia necessario tradurre il fumo in parole e pensieri, che questo sia un obiettivo educativo importante ed anche necessario e che sia perseguibile solo se gli adulti che hanno responsabilità educative si documentano sul significato reale e circostanziale che hanno le condotte giovanili soprattutto quando si tratti, come nel casi del fumo, di un evento generazionale
  • 5. che coinvolge tutte le classi sociali e tutte le tipologie di ragazzi appunto perché riguarda la dimensione dell'essere adolescente in un contesto metropolitano come quello di Milano.
  • 6. LA METODOLOGIA E LE SUE RAGIONI. Per riuscire a capire la cultura che fa da contesto alla diffusione del fumo fra i ragazzi abbiamo fatto delle scelte di metodo. Innanzitutto abbiamo dovuto definire quale età dovessero avere i ragazzi ai quali chiedere di lasciarsi intervistare per raccogliere le loro opinioni. Abbiamo deciso di rivolgerci ai ragazzi e alle ragazze di sedici anni che frequentano, quando il loro percorso scolastico si é svolto regolarmente, la terza classe degli istituti superiori. Ci sembra che avere sedici anni comporti quasi sicuramente essere entrati in contatto personale con la "questione canne", essersi cioé quasi sempre trovati a contatto con coetanei che hanno fumato e lo raccontano o avere ricevuto la proposta di farlo o essersi trovati con una canna in bocca nel giro del gruppo di amici. Insomma a sedici anni é quasi inevitabile aver dovuto definire la propria posizione nei confronti della "cultura delle canne": in molti casi avere sedici anni consente di avere effettuato personalmente qualche esperienza di fumo, conoscerne abbastanza bene gli effetti ed essersi chiesti in base a quali valori si possa fumare oppure sia meglio astenersi dal farlo. Avere sedici anni significa nel contesto di vita adolescenziale milanese far parte di un gruppo più o meno allargato di amici ed aver avuto numerose discussioni con loro sulla questione "canne", aver acquisita una buona esperienza sulle diverse modalità ed intenzioni con cui i ragazzi fumano o si rifiutano di farlo, aver valutato gli effetti, i rischi, gli inconvenienti e gli eventuali vantaggi: avere sedici anni consente anche di aver maturato opinioni personali sulla questione e non solo di essere porta parola della posizione del gruppo o dei genitori. Insomma sedici anni ci sembrava l'età giusta per proporre l'intervista: prima ci sembrava che potesse essere interessante però col rischio di interloquire con ragazzi ancora lontani da una posizione personale e dopo i sedici anni la questione canne é già troppo definita per essere interessante discuterla ancora. Quindi abbiamo deciso per i sedicenni e siamo andati a cercarli nelle scuole. Individuare la scuola come luogo di raccolta delle interviste e dei questionari non era inevitabile. Potevamo scegliere di incontrare i ragazzi in altri luoghi di aggregazione o tentare di raggiungerli individualmente nelle loro case attaverso appositi indirizzari. Abbiamo invece scelto di incontrarli a scuola perché abbiamo pensato che potesse essere utile ai fini della ricerca che i ragazzi si esprimessero anche mentre esercitavano il loro ruolo di studenti: se li avessimo avuti come interlocutori in una casa privata, in un gruppo o al parco avremmo rischiato di avere delle informazioni forse un pò sbilanciate verso il ruolo affettivo di adolescente o di membro del proprio gruppo di amici. Invece a scuola un adolescente di sedici anni pensa e parla anche come studente e se deve riferire la propria posizione nei confronti di un fenomeno che lo rigurda é probabile che lo faccia sintonizzato anche con la cultura del ruolo di studente, quindi forse anche con una particolare posizione critica e di maggiore mediazione culturale. Forse incontrandoli a scuola abbiamo perso un pò di creatività e spontaneità ma abbiamo probabilmente guadagnato in riflessività e pensosità, che dal punto di vista degli obiettivi della ricerca, centrata sulla definizione dela contesto culturale più che sulle mtivazioni affettive personali, non é un bene trascurabile.
  • 7. I ragazzi quindi li abbiamo cercati e trovati a scuola: per i genitori e gli insegnanti abbiamo invece preso decisioni diverse. La prima fase della ricerca era strettamente qualitativa, quindi basata su interviste "in profondità" effettuate ad un piccolissimo numero di adulti, genitori e docenti. L'obiettivo di questa prima fase era di ottenere delle informazioni qualitative sul fenomeno "canne" che consentissero di capire quali potevano essere gli argomenti da indagare attraverso un'indagine estesa di tipo quantitativo, destinata quindi a raccogliere le opinioni di un numero molto elevato di persone attraverso la distribuzione di questionari. Abbiamo quindi deciso che i genitori ed i docenti dovessero essere intervistati in gruppo, per sottolineare che l'obiettivo era di raccogliere le opinioni di un "ruolo" non di una "persona". L'obiettivo era infatti di capire come il ruolo docente pensa agli spinelli e alle canne: é la cultura del ruolo docente sulla questione spinelli che é importante emerga e sia conosciuta e riconosciuta. All'inizio della ricerca non sapevamo nulla delle posizioni del ruolo docente su questo tema: non sapevamo cosa pensassero gli adulti che esercitano il mestiere di insegnanti con davanti dei sedicenni che hanno sicuramente un elevato livello di coinvolgimento nella questione "canne", certamente trascurabile quando sono seduti sui banchi di scuola ma certamente assai coinvolgente appena fuori, già sui gradini esterni della scuola e nei suoi dintorni. Non sapevamo se pensassero che la faccenda li riguardasse o meno e se si da quale punto di vista, solo didattico, o anche educativo o disciplinare. Insomma non avevamo alcuna ipotesi di carattere generale a parte le nostre conoscenze dirette di molti docenti e dei loro pensieri sui comportamenti sociali dei loro studenti attuali. Abbiamo perciò raccolto i docenti in piccolissimi gruppi e li abbiamo invitati a discutere moltissimi temi connessi alla cultura degli spinelli. Hanno lavorato presso la sede del nostro istituto di ricerca. Erano raggruppati in base all'anzianità di insegnamento perché ci sembrava che questa potesse essere una questione di un certo peso nell'organizzare i pensieri su una questione di questo tipo, forse maggiore della disciplina che si insegna o del tipo di scuola in cui si lavora. Per quanto riguarda i genitori abbiamo preso una decisione drastica: abbiamo tenute separate le madri dai padri e li abbiamo fatti lavorare sulla questione della gestione educativa del "fumo" separatamente per essere sicuri di riuscire a capire le eventuali differenze di posizione delle madri rispetto ai padri. Anche per i genitori si é trattato di lavorare in piccolissimi gruppi, per alcune ore, senza conoscersi precedentemente, provenendo anzi da scuole diverse, cioé dall'avere figli che studiano in scuole diverse fra loro. Anche per quanto riguarda l'eventuale differenza di rappresentazione della questione "canne" da parte del ruolo paterno rispetto a quella materno non avevamo alcuna ipotesi che ci sembrasse minimamente attendibile e quindi ci sembrava della più grande importanza andare a vedere direttamente come stiano le cose in famiglia allorché il figlio ha sedici anni e pone perciò direttamente o implicitamente la questione spinelli. Dopo avere raccolto le interviste individuali degli studenti-adolescenti di sedici anni, le interviste di gruppo dei genitori e dei docenti ci siamo posti al lavoro e abbiamo costruito un questionario da far compilare a tutti gli studenti di sedici anni delle scuole della zona, a tutti i loro genitori e a un certo
  • 8. numero dei loro docenti. Abbiamo costruito dei questionari centrati sulle questioni più importanti che erano emerse dalle interviste, cioé dalla prima parte qualitativa della ricerca. Si tratta di questionari semplici da compilare, relativamente sintetici e molto diretti, cioé con domande esplicite riguardanti le convinzioni personali sulla questione "canne" e sul valore di determinate condotte sia dei ragazzi che degli adulti di riferimento. Infine abbiamo distribuito i questionari nelle terze classi e abbiamo aiutato i ragazzi a compilarli dando loro le indicazioni necessarie. Abbiamo consegnato ai ragazzi i questionari per la madre e il padre chiedendo di riportarli, una volta compilati, a scuola chiusi in una bsta anonima da infilare in una apposita urna collocata in un sede predefinita della scuola. Dopo essere entrati in possesso dei questionari ci siamo messi al lavoro e abbiamo codficato i dati e fatto i calcoli e le valutazioni che ci sembravano interessanti ed utili. Dopo di ché abbiamo iniziatio a stilare il rapporto di ricerca.
  • 9. RISULTATI E CONCLUSIONI. - i ragazzi sostengono che fra loro e gli adulti, soprattutto i genitori, c'é più intesa di quanto sotengano essercene i genitori che invece sottolineano le difficoltà a mantenere aperto il canale della comunicazione. Potrebbe darsi che la quantità di comunicazione esistente vada bene ai figli e molto meno bene ai genitori. Questi ultimi si sentono tagliati fuori dalle informazioni sugli avvenimenti in corso e polemizzano a distanza sembrando loro che nulla costerebbe ai figli passare qualche informazione in più. E' appunto sullo sfondo di questa condizione comunicativa che si dipana la vicenda delle "canne" e del diverso significato che adulti e adolescenti attribuiscono al fenomeno. - I ragazzi sono convinti che gli insegnanti non conoscano bene il problema delle canne, che non ne sospettino la diffusione, che ignorino il significato blando e di basso profilo che possiede. Pensano anche che i loro docenti non abbiano voglia di sapere nulla che riguardi i problemi affettivi e relazionali della loro crescita e che le canne facciano parte della zona di paesaggio sulla quale non si posa mai lo sguardo dei docenti. I docenti invece sostengono di essere ampiamente al corrente della diffusione delle canne, di conoscerne gli effetti ma di non esserne spaventati in quanto hanno ragione di constatare che gli effetti del fumo sono di brevissima durata, recuperabilissimi e non tali da intaccare l'apprendimento (sempre che, naturalmente, non se ne faccia uso abituale e scritreriato); ma se la pratica é legata al divertimento e al piacere di stare in gruppo loro non hanno da eccepire, trovandosi quindi molto vicini alle convinzioni dei ragazzi che sostengono, più o meno la stessa posizione culturale nei confronti di canne e spinelli. - I ragazzi e le ragazze appaiono coralmente convinti che le madri siano fortemente coinvolte nelle vicende del fumo e che lo temano moltissimo ritenendo che possa dischiudere le porte ad altre droghe e che comunque possa ingenerare dipendenza e quindi anomale condotte sociali e alterazioni delle funzioni e delle competenze scolastiche. Secondo i ragazzi le madri sono molto ignoranti sulle canne e confondono, in base a pregiudizi difficili da modificare, le canne con la droga. Le madri invece ritengono di essere informate e di avere un timore moderato delle canne essendo invece preoccupatissime per il virus, l'anoressia, la devianza ed altre disgrazie ben più gravi e compromettenti delle canne che sono una moda sostanzialmente innoqua anche se non priva di qualche rischio, aggravato dal silenzio che i ragazzi ritengono di dover conservare sul loro uso e conseguenze. Diviene perciò possibile avanzare l'ipotesi che i ragazzi proiettino sulle madri la loro paura di poter stabilire col fumo un rapporto di dipendenza e il timore di essere tentati di far uso anche di altre sostanze ben più pericolose del fumo. La figura della madre si presta in adolescenza a fungere da ricettacolo delle paure dei figli adolescenti che gettano nella madre una parte consistente dei loro timori, così possono ridicolizzarli e controllarli, all'insegna del "se mi vedesse mia madre.. morirebbe di paura", il ché può anche succedere a volte senza escludere che un pò di paura di perdere il controllo e subire qualche strana influenza possa averla anche chi l'attribuisce
  • 10. comodamente alla madre, disfandosi di un fardello che è insopportabile in adolescenza a causa delle richieste del gruppo di essere avventurosi e decisi ad entrare nell'area dello sconosicuto ed esotico, cioé di tutto ciò che é al di fuori del regno del domestico e già noto, cioé del materno. - I ragazzi e le ragazze di sedici anni pensano che il padre osservi da lontano la faccenda spinello, ma senza esserne molto coinvolto, delegando alla madre gli interventi e l'elaborazione della politica dei controlli e delle informazioni. Il padre dimostrerebbe scarso interesse e un mite coinvolgimento nella gestione delle misure anticanna per molteplici motivi: a volte perché é lontano dalla quotidianità dei figli e ignora tutto delle mode e dei rischi che incontrano, a volte perché ha fiducia e quindi pensa che i figli prenderanno adeguate decisoni nei confronti di un'usanza che non può certo coinvolgerli più che tanto, altre volte perché essendo molto informato per esperienze personali giovanili di tutta la questione ha motivi per non temere gli spinelli e mettersi nella posizione di chi attende che passi perché sa che passerà ed é solo questione di tempo, di crescita, di adolescenza e di contatto con le sostanze, poi passa e si diventa grandi. I padri invece non sono affatto informati e tranquilli: ritengono che i figli siano lontani dalle canne, ma ne sono molto spaventati e pensano che sarebbe grave anzi gravissimo che i figli fumassero; sarebbe necessario, se tale infausto evento s'avverasse intervenire con severi provvedimenti e drastici controlli poiché si sarebbe molto vicini ai comportamenti ad alto rischio di dipendenza e comunque espressione di un'alterazione del normale percorso di crescita. I padri perciò appaiono tranqulli agli occhi dei figli ma non lo sono per i motivi che i figli ipotizzano bensì perché neppure immaginano cosa stia succedendo nei bagni delle scuole superiori, nel parco giochi sotto casa e nel corso delle feste e degli altri incontri di gruppo degli amici dei figli. Anche nel caso del padre sembra di poter avanzare l'ipotesi che la rappresentazione del padre in fiduciosa attesa delle sagge decisioni dei figli e comunque abbastanza disinteressato alla questione degli spinelli sia una costruzione dei ragazzi congrua col loro bisogno di poter far conto su una figura paterna calma e potente, disposta a dare fiducia e pronta ad intervenire in caso di bisogno ma disposta a regalare autonomia decisionale. I ragazzi hanno forse bisogno di illudesi che il padre ci sia e quando hanno la prova che così non é costruiscono una giustificazione della sua latitanza dicendo che é perché é sicuro di loro che non si fa sentire e non fa domande, non perché non é interessato e non ha neppure idea di cosa stia succedendo nel loro gruppo. - Il padre sembra essere l'unico attore sulla scena delle canne che appare poco informato dell'aspetto cruciale della questione: che la diffusione del fumo delle canne riguarda tutti i sedicenni. Li riguarda nel senso che tutti debbono prendere la decisione di che uso farne e non si tratta di una decisione semplicissima perché ci sono di mezzo significati e valori importanti. Le madri e gli insegnanti sono molto più vicine di quanto pensino i ragazzi, appaiono informate sulla diffusione delle canne e perciò sono in condizioni di contestualizzare il fenomeno. Ciò le aiuta a dare all'eventuale fumo di canne del figlio o studente il significato di una condotta di prova quasi inevitabile, priva di particolari signficatiche nonsiano quellirelativi alfatto che avendo sedici anni si
  • 11. trova inevitabilmente acotatto con coetanei coinvolti nella pratica del fumo. I ragazzi che fumano spnelli non sembrano essereguardati dai coetanei che non li fumano o daigenitori degli altri ragazzio dai docenti come esposti a rischi gravi. I ragazzi invece riegono che i docenti se scoprono cge qualcuno fuma si mettono in mente che possa essere o un deviante o un ragazzo con molti problemi. Non é così ma i ragazzi proiettano anche sui docenti un bisogno di drammatizzare e prendere severe contromisure che probabilmente alberga nel loro immaginario ma che non può essere da loro riconosciuto per motivi fasespecifici. - A parte il padre nessuno é fortemente contrario all'uso delle canne. I ragazzi che non fumano esprimono la loro critica nei confronti dell'estrema diffusione delle canne ma non criminalizzano i coetanei che lo fanno: anzi li trovano divertenti anche se un pò scemi. In un certo senso appaiono forse un pò grati agli amici che fumano contribuendo così a rallegrare il clima relazionale del gruppo. Le madri appaiono rassegnate e critiche, blandamente apprensive nei confronti di un'usanza di cui sembrano conoscere la diffusione e che perciò considerano non espressiva di particolari problemi e conflitti psichici; semmai hanno l'impressione che il pericolo possa derivare da una complessiva fragilità ed immaturià dei ragazzi di sedici anni che potrebbero esporli, in stato di alterazione mentale legato all'uso delle sostanze al rischio di cacciarsi in qualche altro guaio non direttamente correlato all'uso delle sostanze ma da loro innescato indirettamente. I docenti sanno ma fingono di nulla poiché in effetti hanno l'impressione di non poter governare il fenomeno, che d'altra parte non li riguarda direttamente poiché a loro non sembra che esistano indizi che sia rivolto alla scuola o che dalla scuola prenda le mosse, né che interferisca più di tanto con i processi di apprendimento. Perciò si limitano a guardare al fumo come ad una moda di recente diffusione che passerà come tutte le altre che hanno visto imperversare nelle loro aule importate da generazioni diverse di ragazzi che si succedono con le loro imprese, idoli e valori e poi diventano adulti anche loro, a causa del tempo che passa non certo per merito loro. - In conclusione il fumo delle canne é ritenuto illegale solo dal padre: gli altri protagonisti non pensano che si fumi contro la legge o contro l'autorità. La maggioranza concorda sul fatto che si tratti di un usanza pacifica, tendenzialmente un pò regressiva, innoqua, fortemente gruppale, amicale, generazionale, legata al divertimento, al piacere, al tempo libero, da collocare nel novero delle moderate trsgressioni adolescenziali. Ne deriva che gli interventi non vengano ipotizzati come repressivi, autoritari o punitivi: non ricorrono gli estremi per una campagna severa di controlli e sanzioni. Neppure la scuola sembra essere animata da intenti punitivi e repressivi, pur costituendo la canna una tragressione grave delle sue norme: la scuola sembra ritenerla più che altro un comportamento adolescenziale un pò stupido ma non pericoloso; nelle gite scolastiche le canne tengono banco ma non nessuno ritiene si tratti di droga. Le canne sono già proibite, ma non vengono utilizzate su vasta scala per questo motivo: lo statuto della canna non é quello della sostanza proibita: il suo successo é strettamente legato agli effetti che produce: tira fuori lo scemo che c'é in loro, questo é il punto centrale della questione. Lo "scemo di gruppo" é l'effetto cruciale
  • 12. della canna: tanti piccoli scemi e qualche scema che ridono affatellati dalla scemenza che trionfa e diverte loro e i loro coetanei puliti che non si scandalizzano affatto, che anzi forse istigano e stanno a vedere l'effetto che fa. - L'identità di genere maschile o femminile orienta il significato della canna verso direzioni moderatamente diverse, ma non sostanzialmente divergenti. Le ragazze non sono contrarie al fumo; secondo la testimonianza di alcuni ragazzi lo praticano anche loro senza troppe inibizioni e spesso istigano a farlo. Il fumo non é maschile e non é neppure femminile: é di gruppo, radicalmente bisessuale e promiscuo. La decsione di fumare l'ha presa il gruppo: non sono stati né i maschi né le femmine, ma il gruppo misto ha individuato nel fumo la sostanza che può andare bene a tutti, maschi e femmine, destra e sinistra, ricchi e meno ricchi. Il fumo garantisce e sancisce le pari opportunità nelle relazioni con le sostanze: sedicenni maschi e femmine possono accedere alla nuova consuetudine senza forzare troppo i valori dell'identità di genere e avvertire lo strappo nei confronti delle motivazioni di fondo. I maschi però preferiscono pensare che il fumo abbia un significato iniziatico più evidente di quello che sono disposte a concedergli le femmine: un significato più trasgressivo, di emulazione, di sfida per la crescita, di avventura, di gara fra maschi. Le femmine colorano la canna di rosa e la vedono finalizzata a creare un buon clima relazionale, un'intimità maggiore, un divertimento leggero, amichevole, sentimentale, anche se su un registro nettamente sfasato rispetto al sedici anni di età. Valutazione complessiva della "cultura" delle canne emersa dalla ricerca. Si tratta, a nostro avviso, di una cultura orientata a legittimare direttamente o indirettamente il fumo. I ragazzi bonificano l'uso del fumo in modo diretto. Lo prelevano dall'area delle droghe e lo traslocano nella zona delle sostanze esotiche ma non pericolose. Considerano la sua illecità uno stato anacronistico e frutto dell'ignoranza della cultura degli adulti sull'argomento. Sostengono che le canne non sono puntate contro nessuno e che il loro fumo non innalza nessuno: fumare non é un rito iniziatico, non é una protesta, non serve a contestare ed uccidere simbolicamente proprio nessuno. Inoltre il fumo delle canne non é individuale ma gruppale: ciò gli conferisce una legittimazione particolare poiché se lo fanno tutti non può certo essere considerato un'azione violenta, ma soprattutto non può avere significati individuali. E' evidente che l'unico significato che può avere é di essere un'usanza generazionale, come masticare il chwuing gum. I ragazzi pensano che non se ne possa parlare né a casa né a scuola a causa dei radicati pregiudizi della cultura degli adulti sull'argomento. I genitori sono troppo convinti che il fumo non riguardi loro: gli insegnanti sono troppo convinti che riguardi tutti. Non é così, non sono informati e sbaglierebbero in tutti i casi, sia decidendo che se il figlio fuma ha dei problemi e grossi sia decidendo che non c'é alcun problema, che la situazione é sotto controllo e non c'é nulla da decidere. Perciò non se ne parla e si aspetta che passi; sembra infatti questa l'attesa dei ragazzi, che la stagione del fumo si consumi e si
  • 13. passi ad altro: di fatto non ci sono decisioni da prendere poiché vivendo nella cultura del fumo le decisioni non sono più individuali ma collettive ed il gruppo ha deciso di lasciare la gente libera di fare quello che vuole con le canne, basta che non si fumi da soli e troppo perché in questo caso la faccenda esula dalle competenze del gruppo. Complessivamenti ci pare legittima e documentata l'ipotesi che i ragazzi vorrebbero poterne parlare molto di più sia a casa che a scuola. Innanzitutto perché a loro dispiace tradire la fiducia dei genitori in particolar modo del padre che sanno che se venisse a sapere delle canne si arrabierebbe molto anche perché non se l'aspetta e si sentirebbe imbrogliato su una questione che per lui é di sostanza: non é affatto marginale se uno si fa le canne o no. Anche con la madre sarebbe molto meglio poterne parlare perché é brutto lasciarla nell'ignoranza e nell'angoscia quando invece non c'é nulla da preoccuparsi e da angosciarsi; basterebbe voler davvero capire, ascoltare, imparare dall'esperienza invece che dal pregiudizio. Ed anche a scuola sarebbe bello poterne parlare e sviluppare un ampio dibattitto perché fra i ragazzi c'é anche chi ha deciso di non fumare mai o di smettere di fumare o di fumare solo molto saltuariamente. Le due culture, quella dei fumatori e quella dei non fumatori hanno bisogno di confrontarsi, di polemizzare, anche di comprendere meglio le ragioni l'una dell'altra. Naturalmente é assai difficile individuare la strada della fondazione di un dipositivo istituzionale congruo con queste esigenze di dialogo e confronto sull'uso dell'haschish e della marijuana. Appaiono chiare alcune precondizioni che si desumono dal contesto complessivo dei dati della ricerca. Innanzitutto niente allarmismi: questo é chiarissimo. Se si volesse avviare una campagna preventiva all'insegna del rischio e pericolo del fumo delle canne sarebbe persa in partenza perché proprio questo é il punto straordinario dell'attuale cultura adolescenziale sulle canne: averle familiarizzate ed addomesticate fino ad un livello assolutamente impensabile da chiunque fino a qualche anno fa. Ciò fa si che non si possa parlare sulle canne assumendole come tendenza a rischiare: si rischia col virus, col buco, col motorino non con le canne: si rischia con l'acool, con l'extasi, con la coca, non con le canne: é un dogma, meglio non metterlo in discussione. La radicale leggitimazione delle canne é l'aspetto massimamente ideologico della cultura giovanile sull'argomento: meglio non affrontarlo direttamente poiché nei confronti del rischio la cultura giovanile ha predisposto una sottocultura che é in grado di sbaragliare completamente qualsiasi insinuazione adulta sui rischi per la salute fisica o psichica. Coolui che parlasse animato da questa intenzione finirebbe ben presto per perdere il diritto di parola in quanto manifestamente impreparato ad affrontare l'argomento. D'altra parte é vero che i ragazzi non fumano in quanto é rischioso: questo é certo e l'hanno spiegato con enorme e documentata chiarezza. Come utilizzare i dati della ricerca. - il primo dato da discutere é se ci sia voglia di dialogo fra i protagonisti della cultura del fumo. La ricerca segnala una forte disponibilità alla parola da parte di tutti. I ragazzi non ne parlano non perché ritengano che si debba fare così ma perché hanno motivi di ritenere che se raccontassero e
  • 14. commentassero ci sarebbero da affrontare delle reazioni presumibilmente catastrofiche da parte dei genitori e in parte anche da parte degli insegnanti. I genitori e gli insegnanti asseriscono che vorrebbero parlarne ma che sono i ragazzi a fare i misteriosi, ma che a loro la distanza con i figli e allievi proprio sul problema dell'uso delle sostanze non va affatto bene poiché aumenta l'nagoscia dei rischi possibili e priva di informazioni utili a realizzare il proprio compito. Quindi una virtuale disponibilità a trattare apertamente la questione ci sarebbe: é però necessario effettuare un lavoro preliminare che attenui certe diffidenze. E' infatti utile iniziare i lavoro con una drammatica campagna informativa. Notizie sulle sostanze, la loro diffusione e reperibilità, i loro effetti e la capacità o meno di determinare dipendenze di varia indole. Soprattutto appare utile diffondere notizie come quelle contenute in questa ricerca. Vannno effettuati dei corsi ai genitori e ai docenti: va loro insegnato cosa pensano i ragazzi di sedici anni delle sostanze e di loro.